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Processo Penale: Fase Dibattimentale e Sospensione Esecuzione Condanna, Study notes of Law

Il processo penale italiano, con particolare attenzione alla fase dibattimentale e alla sospensione della esecuzione della condanna. Viene discusso il patteggiamento, la sentenza anticipata di proscioglimento, le questioni preliminari e le procedure di appello. Il testo illustra anche la distinzione tra esame diretto e controesame, il ruolo del procuratore generale e della repubblica nell'appello, e la sospensione della esecuzione della condanna in determinati casi.

Typology: Study notes

2015/2016

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Download Processo Penale: Fase Dibattimentale e Sospensione Esecuzione Condanna and more Study notes Law in PDF only on Docsity! INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE Capitolo XX Le indagini preliminari Le indagini preliminari sono la fase del procedimento in cui viene verificato il fondamento della notizia di reato e se vi sono sufficienti elementi per procedere nei confronti di chi è indicato, o risulterà in seguito, come possibile autore dell'illecito. Sono dette “Preliminari” per non confonderle con le “probatorie” rappresentate dall’istruzione dibattimentale (art 496 e ss). Ma non significa che un dibattimento seguirà necessariamente all'indagine preliminare. Inoltre il termine preliminare non può indicare un minore approfondimento o completezza: il PM dovrà compiere “ogni attività necessaria” (art 358) F 0E 0 sarà quindi escluso il superfluo e cercato un adeguamento caso per caso, ma non è ammesso un ridotto impegno investigativo. Il dovere di completezza delle indagini da parte del PM è stata sottolineato anche dalla Corte costituzionale (sent 88 / 1991). La disciplina delle indagini preliminari è contenuta nel libro V (assieme a quella sull'udienza preliminare); ma le norme sull'interrogatorio dell'indagato sono nel libro I (soggetti); quelle sulle ispezioni, sulle perquisizioni, sui sequestri e sulle intercettazioni nel libro III (prove); quelle sui provvedimenti restrittivi nel libro IV (misure cautelari);e quelle sull'utilizzazione dibattimentale dell'attività del PM e della PG nel libro VII (giudizio). Il codice non afferma mai che le indagini preliminari cerchino la verità, ma a spazzare via ogni dubbio circa il possibile distacco tra realtà e conclusioni processuali ci ha pensato sempre la Corte costituzionale, affermando che: “fine primario e ineludibile del processo penale non può che rimanere la ricerca della verità” (sent 255/1992). Quindi tale fine permea anche le indagini preliminari; a questo si aggiunge il principio di non dispersione delle prove: impone di salvare il più possibile di quanto raccolto in tale fase del PM ( F 0E 0 declaratoria d'illegittimità parziale della direttiva 76 della delega del 1987 per il nuovo codice: questa mortificava tale principio). La formulazione dell'imputazione è un effetto eventuale delle indagini preliminari (il PM può richiedere l'archiviazione) ma lo sviluppo delle indagini può avere comunque riflessi negativi per l'imputato: le determinazioni intermedie del PM (condivise dal GIP) possono portare a misure cautelari, anche sulla base di elementi che non hanno alcuna valenza probatoria. Quanto raccolto durante le indagini preliminari condiziona dunque l'eventuale prosecuzione del procedimento e può addirittura costituire il presupposto e la motivazione di una sentenza definitiva emersa nel corso delle indagini stesse (richiesta di applicazione della pena art 447) o nell'udienza preliminare (giudizio abbreviato art 438 e ss). Non tutte le indagini sul PM sono preliminari: vi sono le “indagini suppletive eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio” (art 419 c 3), non solo successive alle preliminari, ma rispondenti a finalità diverse: non all'esercizio dell'azione penale, già avvenuto, bensì all'accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio da parte del GUP. Vi sono poi le indagini integrative del PM (art 430) successive all'emissione del decreto che dispone il giudizio e quindi finalizzate a corroborare elementi già acquisiti per sostenere l'accusa in dibattimento. Infine è possibile la regressione del processo alle fase delle indagini preliminari per completare le stesse (art 421 bis): il PM “svolge le ulteriori indagini” a seguito di “ordinanza per l'integrazione delle indagini” emessa dal GUP. Ad es.: notizia appresa dalla stampa o privatamente dal PM. Legittimano PM e PG all'esercizio delle loro prerogative, tra cui il potere di acquisizione diretta della notizia di reato (330), passando da notizia atipica a tipica. LE CONDIZIONI DI PROCEDIBILITA' In casi legislativamente previsti, l'obbligo per il PM di svolgere “le indagini necessarie per le determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale” (art 326) è subordinato alla presenza di tali condizioni. La previsione di condizioni di procedibilità deve rispondere a ragioni oggettivi compatibili con il sistema costituzionale (ad es illegittime quelle apposte ai reati commessi in servizio dalle forze dell'ordine F 0E 0 Corte cost 94/1964). Ogni ostacolo frapposto irrazionalmente all'intervento con indagini del PM violerebbe il principio d'uguaglianza e quello dell'obbligatorietà dell'azione penale (artt 3 e 112 Cost). Le condizioni di procedibilità sono: 1. La querela; 2. La richiesta e l'istanza; 3. L'autorizzazione; 4. La presenza del colpevole nel territorio dello Stato F 0E 0 essa non è esplicata come condizione di procedibilità nel cpp. Art 345 F 0E 0 il difetto originario o sopravvenuto di una condizione di procedibilità (anche se affermato in un provvedimento di archiviazione o in una sentenza di non luogo a procedere) non impedisce l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto nei confronti della stessa persona se la condizione di procedibilità sopravviene o viene meno la condizione personale che rende la condizione necessaria. 1. LA QUERELA Dichiarazione con cui la persona offesa dal reato manifesta la volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato. Tale volontà è di rilievo in casi tassativi, nei quali la rilevanza individuale del bene giuridico protetto induce ad escludere la regola normale = la perseguibilità d'ufficio. Nella pratica la querela può essere la prima notizia del reato, ma rimane comunque un elemento condizionante l'esercizio dell'azione penale e, prima ancora, l'espletamento delle indagini preliminari. In pendenza del termine per presentare querela (3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato, a meno che la legge non disponga altrimenti) il PM e la polizia possono compiere gli atti di indagini preliminari e gli incidenti probatori necessari: in caso di rinuncia alla querela (non presentazione), o di remissione della stessa (rinuncia), tale attività è come se non fosse mai stata compiuta (ma serve per evitare dispersione di elementi probatori nel caso che la querela venga poi presentata). Non è possibile procedere all'arresto in flagranza per un delitto perseguibile a querela, se questa non è presentata nemmeno oralmente (artt 380 c 3 e 381 c 3). La querela è soggetta alle forme previste per la denuncia (scritta o orale) ed ha gli stessi destinatari (con in più l'agente consolare all'estero = art 337 c 1). Con firma autenticata può essere presentata anche da un incaricato o inviata con raccomandata. Anche le persone giuridiche, gli enti e le associazioni hanno diritto di querela. Il contenuto non deve seguire forme prestabilite, purché sia chiara la volontà che si proceda penalmente (non serve qualificare giuridicamente il fatto, basta descriverlo; non serve nemmeno individuare l'autorità competente). Particolare cura è invece richiesta nell'identificazione del proponente, essendo un atto consentito solo ai soggetti legittimati, e che essi se ne assumono la responsabilità: il querelante, ad es, è condannato al pagamento delle spese processuali se vi sono colpa grave e domanda specifica; a risarcire i danni all'imputato o al responsabile civile in caso di sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione, se il fatto non sussiste o se l'imputato non l'ha commesso. Il termine per il minore di anni 14 o per l'infermo di mente decorre dal giorno in cui il decreto di nomina è notificato al curatore speciale (se non rappresentati dai genitori o dal tutore rispettivamente). LA RINUNCIA L'inutile decorso del termine previsto per la presentazione della querela (3 o 6 mesi) implica automaticamente la decadenza dall'esercizio del potere di querela. A tale termine non si applica la restituzione in termine (art 175) e nemmeno quello sospensivo dei termini processuali nel periodo feriale. In caso di rinuncia espressa la venuta meno del potere di presentare querela può aversi prima del decorso del termine (il dichiarante va identificato e la rinuncia è improduttiva di effetti se sottoposta a termine o condizione); così anche se la rinuncia è tacita = chi ha il potere di proporre querela compie fatti incompatibili con la volontà di querelare. LA REMISSIONE Manifestazione espressa di volontà della persona offesa di non voler dare un seguito penale al fatto illecito, in precedenza segnalato all'autorità giudiziaria F 0E 0 impone l'immediata liberazione dell'arrestato (artt 380 c 3 e 381 c 3). La remissione è dunque un perdono penalmente rilevante. Non produce però effetti se non vi è accettazione (a parte il caso che sia presentata contro ignoti) da parte del querelato (può avere interesse ad un giudizio per far risaltare la pretestuosità o l'infondatezza della querela). Può avvenire in qualunque momento prima della sentenza definitiva e dunque implicare l'annullamento di interi gradi processo (con spese a carico del querelato a meno che diversamente convenuto nella remissione). In casi previsti dalla legge non è consentita la remissione della querela. Spesso il giudice sollecita la remissione come forma impropria di definizione della controversia (istituzionalizzata per il giudice di pace): evita infatti il giudizio ed eventuali impugnazioni. La riformulazione ( con l. 479 / 1999) dell'art 555 ha configurato un tentativo di conciliazione per i reati perseguibili a querela, da parte del tribunale monocratico “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento” (555 c 3). 2. RICHIESTA ED ISTANZA Art 341 F 0E 0 l'istanza di procedimento, riservata alla persona offesa dal reato e assoggettata alle forme della querela, è una dichiarazione irrevocabile con la quale viene manifestata la volontà che si proceda per delitti comuni commessi all’estero: • dal cittadino F 0E 0 se si tratta di reati puniti con reclusioni > 3 anni; • dallo straniero F 0E 0 se si tratta di reati puniti con ergastolo o reclusione > ad 1 anno. La richiesta di procedimento è un atto discrezionale del Ministro della Giustizia (organo pubblico estraneo all'organizzazione giudiziaria) che chiede al PM di procedere: • per un delitto punibile a querela in danno del Presidente della Repubblica; • per un delitto politico commesso all'estero, ma punibile in Italia; • per un delitto comune compiuto dal cittadino all'estero con pena < 3 anni; • per un delitto dello straniero all'estero punito con pena > 1 anno F 0E 0 è necessaria la presenza del reo nel territorio dello Stato. Come la querela vanno proposte entro 3 mesi dalla notizia del fatto, ma sono irrevocabili. Il termine entro cui il PM deve chiudere le indagini decorre dal momento in cui gli pervengono istanza e richiesta. 3. L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE Prevista dall'art 343 circa casi tassativi (previsti dall'art 313 cp). La richiesta compete al PM che deve attivarsi per farla realizzare (art 344): in assenza di richiesta o in attesa dell'autorizzazione sono vietati gli atti più significativi d'indagine (fermo, misure cautelari personali, perquisizione personale e domiciliare, ispezione personale, ricognizione, confronto intercettazioni; tutti atti consentiti prima della richiesta – quindi anche in attesa dell'autorizzazione - in caso di arresto in flagranza per delitti gravissimi = art 380 c 1 e 2). La pendenza dell'autorizzazione a procedere non impedisce però atti di indagine diversi da quelli elencati e nemmeno di atti necessari ad evitare la dispersione delle fonti di prova (compreso l'incidente probatorio), oltre a tutti quelli consentiti dall'indagabile. La richiesta di autorizzazione a procedere deve essere presentata entro 30 giorni dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l'autorizzazione (termine perentorio altrimenti privo di garanzia). Se la necessità di autorizzazione sopravviene ad un processo in corso è necessaria la sospensione di questo in attesa della risposta alla richiesta (art 344 c 3). uffici di polizia per il tempo necessario per l'identificazione, e comunque non oltre le 24 h (l. 155/2005, prevede anche il rilievo coattivo di materiale biologico = capelli o saliva). L'accompagnamento per identificazione, pur avendo un contenuto chiaramente restrittivo, non è considerato limitativo della libertà: non dà dunque luogo a riparazione per ingiusta detenzione (ma il PM immediatamente avvertito può ordinare il rilascio). • Art. 350 F 0E 0 sommarie informazioni La PG può assumere sommarie informazioni dall'indagato “che non si trovi in stato di arresto o fermo” con la necessaria presenza di un difensore (da avvertire se nominato di fiducia o da nominare d'ufficio ad hoc). In tal caso prevale la garanzia circa la raccolta o il contenuto delle informazioni. L'opposto avviene “sul luogo o nell'immediatezza del fatto”: sia che l'indagato sia libero, arrestato in flagranza o fermato, l'ufficiale di polizia (non l'agente) può assumere sommarie informazioni anche senza la presenza del difensore (non basta l'espediente di portare l'indagato nel luogo di commissione del reato: occorre contestualmente l'elemento temporale e quello locale). Il diritto di difesa è però garantito dal divieto di comunicazione ed utilizzo delle informazioni assunte sul luogo e/o nell'immediatezza del fatto. Eventuali forzature del diritto al silenzio o del contenuto delle dichiarazioni rese non possono pregiudicare gli esiti del processo. Quanto detto vale per le dichiarazioni rese dietro domanda della PG (anche se l'art 350 non usa questo termine, si tratta di un vero e proprio interrogatorio): le dichiarazioni spontanee (= non sollecitate) possono essere: ricevute anche in assenza del difensore; documentate (non vi è divieto in proposito); utilizzate per le indagini preliminari e nell'udienza preliminare . Permane il divieto di utilizzo nel dibattimento ma è adesso consentito l'utilizzo nell'istruzione dibattimentale per contestare alla persona esaminata il diverso tenore delle dichiarazioni spontanee. La problematicità delle dichiarazioni spontanee nasce dalla necessità di conciliare il rispetto del diritto al silenzio (e all'avviso circa tale diritto) con le esigenze di non disperdere contributi informativi di provenienza dell'indagato. Meno problematiche risultano le sommarie informazioni dalla persona offesa o da chi può riferire circostanze (per le seconde la PG deve rispettare la disciplina del segreto): non vi è, di regola, materia di tutela del diritto di difesa: le dichiarazioni indizianti sono inutilizzabili (ma determinano l'assunzione della qualità dell'indagato). Anche i coimputati in procedimento connesso o collegato possono essere chiamati a rendere sommarie informazioni alla PG: in tal caso il difensore deve però essere avvisato; l'interrogato può esercitare il diritto di non rispondere, senza dover motivare le ragioni • Art. 352 F 0E 0 perquisizioni La PG può compierle di propria iniziativa “nella flagranza del reato o in caso di evasione”, quando vi è fondato motivo di ritenere che cose e tracce del reato suscettibili di cancellazione o dispersione si trovino occultate sulla persona (perquisizione personale) o in un determinato luogo o che in tale luogo si trovi l'indagato o l'evaso (perquisizione locale). Ciò è possibile anche quando sussistano particolari motivi di urgenza che non consentono l'emissione di un tempestivo decreto di perquisizione da parte dell'autorità giudiziaria 8art 352 c 2). La PG può precariamente sostituirsi all'autorità giudiziaria nell'emissione di misure limitatrici della libertà personale o domiciliare, normalmente di competenza dell'autorità giudiziaria (art 13 e 14 Cost). La PG deve però in tal caso informare entro 48 h il PM che può convalidare o meno la perquisizione. Trattandosi di un atto a sorpresa non è concepibile un previo avviso del difensore che se però vi riesce, può assistervi (art 356). La perquisizione domiciliare può avvenire anche in orario notturno. • Art. 353 F 0E 0 acquisizione di plichi sigillati o corrispondenze Vanno trasmessi al PM o bloccati in previsione di un sequestro (che non è dunque consentito ad iniziativa della polizia). Per la tutela della riservatezza la PG non può aprirli, salvo che con autorizzazione del PM per pericolo di dispersione di elementi probatori. • Art. 354 F 0E 0 accertamenti e rilievi urgenti sullo stato delle cose e dei luoghi nonché sulle persone Ratio: analoga preoccupazione rispetto al precedente. È esclusa la perquisizione personale, mentre sono compresi prelievi di materiale biologico con le modalità di prelievo dell'art 349. E' consentito alla polizia di procedere di propria iniziativa al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato. Il sequestro può essere conseguenza della perquisizione; va motivato in un verbale di cui copia va consegnata a chi (indagato o terzo) lo subisce. Il PM entro 48 h dalla ricezione del verbale convalida il sequestro se ne ravvisa i presupposti. E' assicurato, dopo l'esame del PM, un “riesame” (art 355) avanti il tribunale del capoluogo di provincia in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento, riconoscendo all'interessato un riesame anche nel merito, il giudice collegiale ed eventualmente la restituzione senza ritardo di quanto oggetto di sequestro. Il PM, se non dispone la restituzione, richiede al GIP la convalida e l'emissione del decreto di sequestro. Gli ufficiali di PG possono, nel corso delle indagini preliminari, procedere a sequestro preventivo d'urgenza. Tutta l'attività della PG va documentata attraverso apposito verbale perché è destinata a supportare l'attività del PM (verrà inserita nel suo fascicolo: art 357). Alcuni atti di PG sono inoltre destinati ad entrare nel fascicolo del dibattimento (art 431) e ad essere utilizzati con finalità probatoria (art 503, 511 e 512). ATTIVITA' DEL PM DELEGATA ALLA PG La PG svolge ogni indagine ed attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria (artt. 55 c 2 e 59 c 3). Il PM può avvalersi della PG per il compimento di attività di indagine o di atti specificamente delegati (artt. 327 e 370). Delegabili alla PG anche gli interrogatori e i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà (art 370). Risulta dunque restituito alla PG un forte ruolo investigativo, così com'era nel codice Rocco: questo per esigenze di tipo pratico come la sproporzione tra procedimenti e magistrati inquirenti, il bisogno di professionalità ecc. Il legislatore attribuisce agli atti di PG compiuti su delega rispetto a quelli compiuti dal PM una minore garanzia: è necessaria l'assistenza del difensore in caso di interrogatorio o di confronto solo se non vi proceda direttamente il magistrato (art 370). Per esplicita volontà legislativa tra gli atti delegabili rientrano le perquisizioni ed i sequestri. Ciò che non è consentito al PM non può essere oggetto di delega alla PG: ad es. il divieto per il PM di interrogare il detenuto prima del giudice (art 294 c 6), non può essere aggirato delegandolo alla PG. L'assunzione diretta di una prova e quella delegata alla polizia sono forme diverse della medesima attività, quindi devono essere uguali le sanzioni e le cause di non punibilità (Corte cost 101/1999). Discorso a parte per l'attività di contrasto che la PG può svolgere previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria (unico fine: acquisire elementi di prova per gravi delitti): es utilizzo di identità di copertura, acquisto simulato di materiale pornografico ecc. ATTIVITÁ DI INDAGINE DEL PM Il PM è chiamato a compiere “personalmente ogni attività di indagine” (art 370). Principio come detto eroso sia consentendo alla PG maggiori spazi di indagine “di propria iniziativa”, sia dotando il PM ampi poteri di delega. Il PM (avvalendosi se serva dei poteri coercitivi = art 378) compie ogni attività necessaria per verificare l'esistenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione penale F 0E 0 il contenuto delle indagini preliminari non è predeterminato, ma si adegua al caso concreto. Nonostante la teorica obbligatorietà dell'azione penale, di fatto il PM sceglie i procedimenti di cui occuparsi, compatibilmente con i tempi ed il carico di lavoro, e opera scelte discrezionali in grado di condizionare e delimitare il quadro probatorio (Corte cost 92 /1992 e 318 / 1992): conferma suo ruolo = titolare delle indagini. La sua attività non deve però essere superficiale. Il favor per un suo impegno personale è dimostrato dall'art 370 c 3 (consente indagini anche fuori dalla circoscrizione del proprio tribunale, se preferisca non delegare al PM del tribunale del luogo). Le indagini preliminari sono orientate a verificare se esistano elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio F 0E 0 PM libero di procedere o no a determinati atti F 0 E 0 interrogatorio dell'indagato atto facoltativo. Ma l. 479 / 1999 ha inserito art 415 bis = prima della scadenza dei termini delle indagini preliminari il PM deve avvertire l'indagato della conclusione delle indagini stesse, del deposito degli atti e di una serie di facoltà difensive, tra cui “chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio”. In presenza di tale richiesta “il PM deve procedervi” (475 bis c 3) F 0E 0 obbligatorio F 0 E 0 evidente natura di strumento difensivo, e non attività imposta da esigenze investigative. Tale strumento di autodifesa è indirizzato ad indurre il PM a riconsiderare la maturata intenzione di richiedere il rinvio a giudizio F 0E 0 avviso circa la facoltà di rendere interrogatorio non previsto se il PM sia orientato verso l'archiviazione. In realtà la previsione dell'art 369 bis ha meno rilievo di quanto possa sembrare: va inviata negli stessi casi dell'informazione di garanzia (369), quindi serve solo ad integrarne il contenuto ed a fornire la garanzia della nullità degli atti. E' dunque affidata al PM la scelta di se e quale spazio riconoscere alla difesa nelle indagini preliminari. Tale normativa non pare in contrasto con l'art 111 c 3 Cost: è il legislatore a decidere quale sia il più breve tempo possibile entro cui informare della natura e dei motivi dell'accusa. Art. 369 F 0E 0 informazione di garanzia L'informazione di garanzia, così come è disciplinata, non è un'informazione, perché l'indagato scopre di essere tale a seguito del compimento dell'atto cui il difensore ha diritto di assistere (ad es perquisizione o interrogatorio). Ma non è nemmeno una garanzia perché l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto (art 369) appaiono insufficienti se non si descrive il fatto addebitato. Inoltre l'istituto dell'informazione di garanzia è fallito nella prassi perché, nato per riconoscere ed ampliare il diritto di difesa, è diventato strumento di condanna anticipata. Risulta inutile l'invio “in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno” (369) quando in concreto la notizia diviene di dominio pubblico per altri canali e l'interessato viene a conoscenza della qualità di indagato prima di ricevere l'informazione stessa. Per questo la riforma ha agito nel senso di riservare l'invio ai casi in cui il PM intenda compiere un atto garantito, col solo risultato di accentuare la segretezza delle indagini preliminari, al di là della volontà del PM. L'informazione di garanzia è inviata anche alla persona offesa del reato al fine di consentirle, oltre all'esercizio dei diritti e delle facoltà a lei espressamente riconosciuti dalla legge, di contribuire allo svolgimento delle indagini presentando memorie ed indicando elementi di prova (art 90). Qui l'atto ha veramente contenuto informativo, perché l'offeso non è al corrente dell'esistenza o dello stato delle indagini (a meno che non sia sentito come persona informata dei fatti) data la disciplina del registro delle notizie di reato (art 335). Durante le indagini preliminari la persona danneggiata dal reato non ha alcun ruolo: le pretese civilistiche possono trovare spazio solo durante il processo (un intervento anticipato è possibile solo ove faccia valere la contemporanea a qualità di offeso, se esistente). Art 369 bis F 0E 0 informazione sul diritto di difesa Mentre l'informazione di garanzia, come detto, può essere aggirata con l'espediente di non compiere atti garantiti, l'informazione sul diritto di difesa va comunque inviata, a cura del PM, e “a pena di nullità degli atti successivi” in caso di omissione, prima dell'invito a rendere l'interrogatorio (369 bis c 1). Tale invito è obbligatorio solo quando l'indagato chieda di essere interrogato (415 bis), mentre negli altri casi è facoltà del giudice. ATTIVITA' INVESTIGATIVA DEL DIFENSORE Ove tempestivamente avvisato e comunque dalla ricezione dell'informazione di garanzia o di quella sul diritto di difesa, il soggetto sottoposto ad indagini preliminari può, a mezzo del difensore, presentare memorie e richiesta scritte al PM (art 367); può nominare un consulente tecnico ogni volta che lo ritenga utile, anche fuori dai casi in cui è disposta la perizia; può svolgere investigazioni a mezzo di investigatori autorizzarti per ricercare ed individuare elementi di prova a favore e conferire con le persone che possono dare informazioni (327 bis e 391 bis e ss) di cui il PM dovrà tenere conto ai fini dell'esercizio dell'azione penale; il difensore, quando assiste al compimento di atti, può presentare al PM richieste, osservazioni e riserve (364 c 7). Dunque, a meno che non completamente svolta attraverso atti non garantiti, nella fase di indagini preliminari il legislatore ha dato spazio all'attività investigativa del difensore diretta ad influenzare le determinazioni del PM e le decisioni del giudice in ogni stato e grado del procedimento (anche esecuzione e revisione). Il difensore, il sostituto, il consulente tecnico e l'investigatore privato autorizzato possono conferire con persone in grado di riferire circostanze utili alla posizione assistita attraverso: • colloquio non documentato; • ricezione di dichiarazioni scritte; • assunzione di informazioni da documentare. La parte pubblica non può obbligare attraverso poteri coercitivi le persone che si avvalgono della facoltà di non rispondere o di non rendere dichiarazioni per esercitare il diritto alla prova. Ma quelle stesse persone devono essere ascoltate dal PM entro 7 gg da quando il difensore ne faccia richiesta; in alternativa il difensore può chiedere l'incidente probatorio (391 bis c 1). Altre estrinsecazione dei poteri di indagine difensiva sono: • colloquio con persona detenuta diversa dall'assistito (391 bis c 7); • potere di richiedere documenti in possesso di una PA e di ottenerli, ove serva, a mezzo dell'autorità giudiziaria (391 ter); • potere di accesso a luoghi anche privati o comunque non aperti al pubblico (391 sexies e speties). Tali poteri possono creare interferenze con le indagini preliminari condotte dal PM o dalla PG: esse sono solo in parte circoscritte dal potere di segretazione F 0E 0 il PM può differire fino a 2 mesi l'attività difensiva dell'art 391 bis. Le investigazioni difensive confluiscono nel “fascicolo del difensore” formato e conservato presso il GIP (conoscibile dal PM prima della decisione su una richiesta delle altri parti); andrà poi a confluire nel fascicolo del PM dopo la chiusura delle indagini preliminari (391 octies). L'utilizzo della documentazione delle investigazioni difensive può avvenire in ogni stato e grado del procedimento (391 decies): ad es, può essere preventiva rispetto alle informazioni ex art 369 e 369 bis = l'indagato potrebbe sapere di essere tale per aver consultato il registro delle notizie di reato. In un caso come questo può essere utile a contrastare l'accoglimento della richiesta di misura cautelare o imporne la sua revoca o sostituzione. Può inoltre sopperire all'esiguo termine che l'art 415 bis riconosce per depositare documentazioni circa le investigazioni difensive (20 gg dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari). Tutti questi spazi riconosciuti al diritto di difendersi provando non devono elidere l'onere della prova a carico del PM né l'obbligo del PM di ricercare anche elementi a sostegno delle ragioni della difesa (art 358). L'occasione di difesa garantita da “l’avviso all'indagato della conclusioni delle indagini preliminari” sopra accennata (art 415 bis, introdotto con l.479 / 1999). Tale attività è imposta al PM quando è oramai orientato a chiedere il rinvio a giudizio → difficile pensare ad un mutamento d'opinione. Non elimina comunque l'eventualità di indagini indotte all'insaputa dell'interessato per mesi (fino a 2 anni per i reati più gravi). Consente la conoscenza della “documentazione relativa alle indagini espletate” per 20 gg dalla notifica dell'avviso, tempo che potrebbe essere insufficiente in caso di grande quantità di materiale da esaminare. Permette eventuali richieste dell'indagato di integrazione investigativa, ma non pare obbligare il PM a svolgere le indagini richieste (anche se, nel caso che decida di farlo, ha un certo termine per compierle). INCIDENTE PROBATORIO (art 392) Di regola l'attività del PM non ha valore probatorio, di solito nemmeno quando il difensore dell'indagato assista al compimento dell'atto. Ma se si presenta la necessità di anticipare nelle indagini preliminari il momento formativo della prova F 0E 0 incidente probatorio. Tale istituto deve avere secondo il codice applicazione eccezionale, perché è il dibattimento il luogo di formazione naturale della prova (per non dare spazio ad un'istruttoria che possa pregiudicare le sorti del processo, come avveniva nel sistema inquisitorio del codice Rocco). Data la natura eccezionale, i casi sono tassativi: • TESTIMONIANZA e CONFRONTO TRA PERSONE CHE IN ALTRO INCIDENTE PROBATORIO O AL PM HANNO RESO DICHIARAZIONI DISCORDANTI F 0E 0 due casi: 1. quando vi è fondato motivo di ritenere che una persona non potrà essere esaminata in dibattimento per infermità o altro grave impedimento; 2. quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso. Con la l. 66 / 1996 introdotto un nuovo caso di incidente probatorio circa la testimonianza di persona < di 16 anni testimone o vittima di reati sessuali, per evitarle la pubblicità del dibattimento. Disciplina analoga per il maggiorenne infermo di mente quando le esigenze lo rendano necessario od opportuno. • ESAME DELLA PERSONA SOTTOPOSTA AD INDAGINI SU FATTI CONCERNENTI L'ALTRUI RESPONSABILITA' O ESAME DELLE PERSONE INDICATE DALL'ART 210 = COIMPUTATI IN REATO CONNESSO F 0E 0 può avvenire anche al di fuori dei casi di infermità, grave impedimento o pericolo di inquinamento (Corte cost 428 / 1999), al fine di chiarire subito l'atteggiamento di collaborazione o meno dell'esaminando. Delle dichiarazioni così assunte è consentita la lettura dibattimentale (513 c 3). I verbali, le cose ed i documenti acquisiti nell'incidente probatorio vanno inseriti nel fascicolo del PM, che le può utilizzare sia per decidere sull'esercizio dell'azione penale; sono infine destinati a confluire nel fascicolo del dibattimento (431). Come detto il legislatore voleva evitare un ampio ricorso all'incidente probatorio; ma, dopo numerose riforme, si è sempre più allargato il campo d'applicazione di tale istituto. L'ultimo intervento riguarda l'art 391 bis c 11 = il difensore può richiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza o all'esame della persona che si sia avvalsa della facoltà di non rispondere o di non rendere dichiarazione al difensore o ai suoi collaboratori. Tale ipotesi è di fatto svincolata dalle ipotesi previste dall'art 392 c 1. Le parti sono ugualmente legittimate a richiedere incidente probatorio anche se tale necessità si presenti tra la fine delle indagini preliminari e l'inizio dell'udienza prelimiare (Corte cost 118 / 2001 e 368/2002). RUOLO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI (GIP) Provvede sulle richieste del PM, delle parti private e della persona offesa (328 c 1). E' sempre un organo monocratico. Nonostante le indagini preliminari siano attività di una parte, è sempre opportuno garantire un intervento costituzionale a salvaguardia di valori costituzionali e per comporre interessi contrapposti. Il GIP competente per territorio è individuato a norma degli artt 8 – 11. Il GIP non è responsabile della conduzione delle indagini, anzi è normalmente estraneo ad esse (spesso ne viene a conoscenza solo quando il PM gli sottopone le sue determinazioni circa l'esercizio dell'azione penale. E' chiamato dunque ad intervenire solo in casi circoscritti ed incidentali, a garanzie delle diverse parti e dei loro interessi: ruolo opposto a quello del giudice istruttore del codice Rocco, giudice investigatore che valutava il risultato delle proprie indagini. RUOLI DEL GIP 1. Garanzia giurisdizionale F 0E 0 imposta costituzionalmente quando siano in gioco diritti e libertà fondamentali: • decide sulla convalida delle misure precautelari (arresto in flagr e fermo); • decide sull'applicazione e sulla revoca delle misure cautelari; sulla modifica delle loro modalità esecutive (279) anche d'ufficio (299 c 3); • decide sulla proroga dei termini di custodia cautelare per gravi esigenze delle indagini preliminari; • riceve le dichiarazioni difensive dell'indagato detenuto, da interrogare non oltre 5 gg, per valutare se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari; • decide sulla richiesta di dilazione (per non più di 5 gg) presentata dal PM riguardo all'esercizio del diritto dell'indagato di conferire col difensore (104); • decide sulla sostituzione del difensore per incompatibilità (106); • decide sull'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza richiesta dal PM (312); • decide sulla richiesta di intercettazioni e sulla proroga del termine per il deposito di verbali e registrazioni; • dispone il sequestro preventivo e convalida quello disposto d'urgenza dal PM o dalla PG (321); • assicura l'equilibrio fra esigenze d'accertamento e tutela della salute dell'imputato e dei terzi ( 275 c 4 bis; 286 bis; 299 c 4 ter e quater). Queste ed altre competenze del GIP dimostrano la necessità di garantire la legalità del comportamento della parte pubblica e sottrargli le decisioni più incisive sui diritti fondamentali e sul patrimonio. 2. Autorità giurisdizionale di garanzia sulla formazione anticipata della prova mediante incidente probatorio F 0E 0 il giudice è considerato la miglior soluzione per il rispetto del principio iudici fit probatio nel caso che sia necessario anticipare dal dibattimento alle indagini preliminari l'assunzione della prova per le cause viste sopra. 3. Garanzia giurisdizionale sui tempi di svolgimento delle indagini. La Corte cost ha più volte affermato l'incompatibilità del GIP a svolgere un ruolo ulteriore nel processo a causa del pregiudizio che nasce dal compimento di atti incisivi (es adozione di misura restrittiva, rigetto di richiesta di archiviazione ecc) durante le indagini preliminari. Per quanto riguarda l'udienza preliminare la Corte ha affermato l'incompatibilità in alcuni casi precisi, anche se la sua giurisprudenza consolidata negava il carattere di valutazione sul merito dell'accusa circa la pronuncia del GUP sulla richiesta di rinvio a giudizio. Il legislatore ha adottato a riguardo due interventi successivi introducendo prima l'art 34 c 2 bis (1998) = il GIP non può essere giudice dell'udienza preliminare nel medesimo procedimento; poi l'art 34 c 2 ter (1999) = costituiscono eccezioni al principio dell'art 34 c 2 bis una serie di provvedimenti tipici delle indagini preliminari che non presuppongono un convincimento sul merito dell'azione penale (es autorizzazione sanitarie, permessi di colloquio, dichiarazione di latitanza ecc). In pratica il GIP continua ad essere giudice solo qualora il PM scelga l'archiviazione. La diversità fisica tra GIP e GUP vuole garantire che la decisione sull'imputazione venga adottata da un giudice terzo rispetto ai risultati delle indagini preliminari. Ma ciò può condizionare la sua capacità di controllo, poiché si esprime sul materiale preselezionato dal PM per convincere il giudice. Questo lo trasforma in sostegno per l'accusa, snaturandolo. Per ovviare a ciò il legislatore è intervenuto: • sottraendo discrezionalità al PM circa il materiale da presentare al giudice (291 c 1); • consentendo al difensore la presentazione diretta al giudice di materiale ritenuto rilevante (391 octies); • imponendo al giudice la valutazione esplicata di tutti gli elementi a favore dell'indagato (292 c 2 ter); • imponendo il previo interrogatorio dell'indagato rispetto alla decisione sulla sospensione all'esercizio di un pubblico ufficio o servizio (misura interdittiva, 289 c 2); • rimuovendo la subordinazione del giudice alla richiesta del PM riguardo le misure interdittive (abrogato 291 c 1 bis). DURATA DELLE INDAGINI PRELIMINARI Il termine normale di durata delle indagini preliminari è di 6 mesi dalla data in cui il nome della persona cui è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizia di reato (405 c 2) salvo il supplemento di indagini che il PM decida di svolgere a seguito di richieste dell'indagato (da concludere entro 30 gg, prorogabili per altri 30 al massimo = 415 bis c 4). Il termine è elevato ad un anno per i delitti menzionati nell'art 407 c 2 lett a) (tutti i delitti più gravi o riferibili alla criminalità organizzata: es devastazione, saccheggio; omicidio; violenza sessuale; ecc). In presenza di querela, istanza o richiesta il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al PM (405 c 3). Spesso i termini previsti dall'art 405 non sono sufficienti, per questo è prevista la possibilità di più proroghe (ciascuna per un tempo non superiore a 6 mesi); al GIP è affidata la verifica dell'esistenza della giusta causa (non basta la semplice volontà di continuare le indagini) addotta dal PM a sostegno della richiesta. Il GIP deve notificare la richiesta di proroga alla persona indagata e alla persona offesa (purché quest'ultima l'abbia chiesto), con avviso della possibilità di presentare memorie entro 5 gg dalla notificazione (art 406). Si cerca così di introdurre il contraddittorio in una fase in cui può essere totalmente mancato (sia perché spesso la richiesta di proroga è la prima notizia delle indagini che arriva all'indagato, sia perché anche se sia a conoscenza delle indagini, non può accedere al fascicolo del PM, può quindi solo limitarsi ad esprimere il proprio dissenso). Per i procedimenti riguardanti la criminalità organizzata non è prevista la notificazione della proroga: dopo la riforma del 1992 il termine per questo tipo di reati è stato allungato fino a 2 anni. Il GIP autorizza la proroga con ordinanza sulla base del fascicolo trasmessogli dal PM e delle eventuali memorie difensive, entro 10 gg dalla scadenze del termine per la presentazione di queste ultime (termine perentorio). Nello stesso termine, ove del caso, fissa un'udienza in camera di consiglio se ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga. Tale contraddittorio non cartolare è l'ultima occasione offerta al PM per convincere il GIP della necessità di ulteriori tempi di indagine. La richiesta va presentata entro la scadenza dei 6 mesi, ma l'ordinanza può intervenire dopo (purchè entro i 10 gg di cui si è detto). Lo stesso vale anche per le richieste di proroga successive: per queste è però richiesto un quid pluris rispetto alla giusta causa della prima proroga = caso di particolare complessità delle indagini o di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato. I termini di durata massima (si auspica si concludano prima) delle indagini preliminari non possono superare (salvo il differimento per consentire l'incidente probatorio ed il compimento delle indagini sollecitate dalla difesa) 18 mesi, o 2 anni nei casi dell'art 407 c 2 (che prevede ipotesi tassative alle • differimento per non + di 5 gg del diritto di conferire con il difensore (104 c 3), per evitare favoreggiamento verso i coindagati e la predisposizione di una linea difensiva; • differimento non oltre la chiusura delle indagini preliminari del deposito dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni se dal deposito può derivare grave pregiudizio per le indagini (art 268); • differimento dell'incidente probatorio richiesto dall'indagato quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagine preliminare (art 397). In tutte queste ipotesi la decisione sulla tutela del segreto spetta al GIP. Rientra nella discrezionalità del PM l'esercizio del potere di segretazione: divieto (penalmente sanzionato) imposto alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine. AVVISO ALL'INDIGATO DELLA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI Art 415 bis F 0E 0 più importante modifica apportata alla disciplina delle indagini preliminari. Conferisce in questa fase un contenuto concreto all'inviolabilità del diritto di difesa , che anche se affermato in ogni stato e grado del procedimento, era spesso disatteso durante le indagini preliminari. L'avviso va notificato sia all'indagato che al suo difensore (valorizza sia l'autodifesa che la difesa tecnica). E' previsto soltanto un termine ad quem = va notificato prima della scadenza dei termini delle indagini preliminari. Ma senza dubbio va inviato alla conclusione delle indagini preliminari senza attendere l'approssimarsi del termine. L'avviso deve contenere una sommaria comunicazione del fatto per il quale si procede, oltre che la data ed il luogo di questo; rende edotti i destinatari (tra i quali spicca l'assenza della persona offesa): • del deposito degli atti; • della facoltà di prenderne visione ed estrarne copia; • della facoltà (entro 20 gg dalla notifica) di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore; • della facoltà di chiedere al PM il compimento di atti di indagini; • della facoltà di presentarsi per rilasciare dichiarazione o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Dall'esercizio di tali prerogative per il PM non deriva alcun obbligo, tranne quello di procedere all'interrogatorio richiesto. Dunque è il PM a valutare la sufficienza delle indagini, ma è previsto un potere del GUP di integrare le indagini preliminari incomplete (421 bis, introdotto nel 1999). Attivarsi in base alle richieste dell'indagato può però costituire applicazione concreta del principio dell'art 358. Art. 415bis, c 4 F 0E 0 quando il PM, a seguito della richiesta dell'indagato, richiede nuove indagini, questo devono essere compiute entro 30 gg dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal GIP, su richiesta del PM, non più di una volta. Questo però comporta che il compimento degli stessi atti fuori dal termina siano inutilizzabili F 0E 0 il PM può, con la mera inerzia, vanificare il senso dell'avviso. L'art 415 bis mira a garantire il contraddittorio fra le parti fino a quel momento spesso mancante. Tale contraddittorio non si svolge sotto controllo giudiziale, ma può comunque toccare punti nevralgici (es completezza delle indagini o competenza del PM a svolgerle). Le disposizione del 415 bis si applicano anche al procedimento avanti al tribunale monocratico per quanto compatibili: ma l'art 552 c 2 esclude problemi di compatibilità, ricollegando la nullità del decreto di citazione a giudizio ( = tribunale monocratico) non preceduto dall'avviso ex 415 bis e dall'invito a rendere interrogatorio se richiesto dall'indagato. Art. 416, c. 1 F 0E 0 (anch'esso introdotto dalla l. 479 /1999) = la richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso di cui all'art 415 bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio qualora l'indagato l'abbia richiesto entro i termini. EPILOGHI DELLE INDAGINI PRELIMINARI INERZIA DEL PM Dopo aver compiuto ogni attività d'indagine necessaria senza eccedere i limiti temporali, il PM deve scegliere tra esercizio dell'azione penale e richiesta di archiviazione del procedimento. Ove non lo faccia il procuratore generale presso la Corte d'Appello dispone con decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari (art 412). I termini scaduti delle indagini vengono riaperti per compiere atti d'indagine indispensabili, e comunque per non più di 30 gg: passati questi il procuratore generale deve sciogliere l'alternativa appartenuta al PM. E' riconosciuta all'indagato (ha interessa ad essere ritenuto estraneo o ad avere una pronuncia celere) o alla persona offesa (ha interesse ad avere affermazione del proprio diritto anche attraverso la proposizione di questioni civilistiche nel processo) la facoltà di sollecitare il procuratore generale all'esercizio dei poteri che gli competono, in particolare l'avocazione (413 c 1). Il procuratore generale non ha alcun obbligo di rispondere alla richiesta da parte dei privati di attivarsi per l'avocazione. Ove invece le indagini del PM proseguano al di là dei termini F 0E 0 vi è solo ritardo nel formulare le richieste al GIP, l'eccesso di indagine viene sanzionato con l'inutilizzabilità dell'attività svolta dopo la scadenza dei termini. Può sembrare che tolga certezza alle indagini: ma oltre alla necessità di velocità nel processo vi è la possibilità di riaprire le indagini su richiesta del PM fondata sull'esigenza di nuove investigazioni, a seguito di decreto motivato del giudice (art 414), con nuovo decorso dei termini dell'indagine preliminare. ARCHIVIAZIONE Con le indagini preliminari il PM può pervenire a varie soluzione partendo dalla notizia di reato: • accertare che la notizia di reato è infondata (es invece che omicidio, morte naturale); • che la notizia di reato concerne un illecito verificatosi, ma non commesso dall'indagato; • che l'illecito è stato commesso, ma l'autore non è perseguibile per mancanza (originaria o sopravvenuta) di una condizione di procedibilità (es il diffamato ha rimesso la querela); • che la notizia è fondata, ma l'autore dell'illecito non è punibile essendo sopravvenuta una causa estintiva del reato (es amnistia, morte del reo, prescrizione ecc); • che il fatto oggetto delle indagini, ancorché illecito, non costituisce reato (civile, amm); • che la notizia è fondata e a carico dell'indagato vi sono elementi di colpevolezza acquisiti durante le indag prelim, ma non idonei a sostenere l'accusa in giudizio; • che la notizia di reato è fondata in merito alla commissione di un illecito penale, ma le indagini preliminari non hanno consentito di individuarne l'autore; • la Corte di cassaz ha decretato l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in sede di giudizio cautelare e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico dell'indagato. In tutti questi casi il PM presenta al GIP richiesta di archiviazione entro i termini previsti per l'inizio dell'azione penale (come detto, di solito 6 mesi). Non è prevista per economia processuale una richiesta del PM di sentenza di non luogo a procedere attraverso l'udienza preliminare. Con la richiesta motivata è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini (art 373) e i verbali degli atti compiuti davanti al GIP: questo deve valutare l'efficienza delle indagini e la correttezza delle conclusioni. Della richiesta di archiviazione è resa edotto la persona offesa dal reato (non l'indagato, che non ha interesse a contestare): se vuole può presentare, entro 10 gg, opposizione = richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari = dissenso dalle conclusioni del PM; l'offeso deve indicare le indagini richieste e i relativi elementi di prova, a pena di inammissibilità (art 408 e 410). Se l'opposizione è inammissibile o la notizia di reato infondata, il GIP pronuncia DECRETO motivato di archiviazione (altrettanto in caso non vi sia opposizione alla richiesta di archiviazione e condivida questa: 409 c 1). Capitolo XXI L’udienza preliminare GARANZIA DELL'IMPUTATO E ALTRE FUNZIONI L'udienza preliminare rappresenta un importante passaggio nei processi ordinari dinanzi al tribunale o alle Corte d'Assise (non è presente solo nei procedimenti a citazione diretta). Funzione principale F 0E 0 garanzia nei confronti dell'imputato: per la prima volta è in grado di far valere la sua difesa, nel contraddittorio tra le parti e davanti ad un giudice terzo e imparziale, con precisa conoscenza dell'imputazione e delle vicende svolte fino a quel momento. Molti qualificano l'udienza preliminare come filtro = permetterebbe di bloccare le accuse infondate grazie alla possibilità di emettere al suo termine la sentenza di non luogo a procedere. Si consente addirittura l'assunzione di prove in vista di un immediato proscioglimento. Però tale conclusione non può essere condivisa, poiché l'imputato può rinunciare all'udienza preliminare chiedendo che il processo vada immediatamente al dibattimento (419 c 5) F 0E 0 privilegiata l'eventuale volontà dell'imputato di rinviare la propria difesa alla sede dibattimentale (Corte cost 12 / 1993). A questa condivisibile prospettiva volontaristica vanno ricollegati i due riti speciali (giudizio abbreviato ed applicazione della pena, che hanno come termine ultimo di presentazione proprio l'udienza preliminare) che consentono di definire il processo senza andare al dibattimento. Vi sono però altre funzioni caratteristiche: 1. controllo sulla legittimità degli atti compiuti in precedenza; 2. potestà ordinatorie circa il modo di condurre il processo; in particolare: le declaratorie d'invalidità e di inutilizzabilità delle prove. Se si tratta di nullità assolute o di tipo intermedio, l'udienza preliminare è solo uno dei momenti in cui ne è prevista la dichiarazione (179 e 180). Le nullità relative, invece, comprese quelle verificatesi nell'udienza stessa, vanno invece eccepite prima del provvedimento che definisce l'udienza (181 c 2). Per l'inutilizzabilità la disciplina è analoga a quella delle nullità assolute (491 c 2); 3. decisioni sulla competenza: l'incompetenza definita difetto di giurisdizione è rilevabile ANCHE nell'udienza preliminare. Invece vanno eccepite, a pena di decadenza, PRIMA della conclusione dell'udienza preliminare; 4. il GUP verifica anche la completezza delle indagini preliminari; 5. a partire dall'udienza preliminare può essere sospeso il processo per una questione sullo stato di famiglia o sulla cittadinanza; 6. a partire dall'udienza preliminare è possibile riunire o separare i processi; L'art 34 c. 2bis impedisce che un giudice che è già stato GIP non possa poi essere GUP nello stesso procedimento (prima era uso quasi prassi costante, avallata dalla Corte cost). Le due funzioni sono state dichiarate incompatibili al fine di garantire l'intervento di un giudice non condizionato da decisioni precedenti F 0E 0 esclusi alcuni adempimenti in veste di GIP di scarso rilievo (art 34 c 2 ter). RICHIESTA DEL PM E SUOI REQUISITI. PROFILI D'INVALIDITÁ Presupposto dell'udienza è la richiesta di rinvio a giudizio che il PM può depositare nella cancelleria del giudice alla chiusura delle indagini preliminari. Alla richiesta è unito il fascicolo (contenente: la notizia di reato, la documentazione delle indagini preliminari e i verbali degli atti svolti davanti al GIP; se non devono essere custoditi altrove, sono allegati il corpo e le cose pertinenti al reato) → con il fascicolo devono essere trasmessi tutti gli atti fino ad allora compiuti (Corte cost sent 145 / 1991). Ad esso andrà anche aggiunta la documentazione relativa alle eventuali indagini del PM successive alla richiesta. Si mostrano così gli atti in precedenza rimasti segreti, in modo da consentire alle parti di accedere al processo avendone piena conoscenza. Elemento centrale della richiesta è l'imputazione, nei suoi due elementi fondanti: • la persona dell'imputato, di cui vanno specificate le generalità; le generalità della persona sono prescritte quando ne sia possibile l'identificazione, ma non sembra che l'inosservanza del precetto comporti immancabilmente l'invalidità; l'identificazione acquisisce però grande rilievo se una sua qualità (es. pubblico ufficiale) condiziona il titolo del reato F 0E 0 l'anonimato potrebbe pregiudicare seriamente le capacità difensive F 0E 0 nullità assoluta; • addebito a lui ascritto = fatto di reato + circostanze aggravanti o che comportino l'applicazione di misure di sicurezza, con la menzione dei relativi articoli (417 lett a) e b). Fatto e circostanze: è richiesta una descrizione chiara e precisa dell'episodio storico nei suoi profili oggettivi e soggettivi quale sarebbe accaduto alla luce dell'ipotesi accusatoria F 0E 0 insufficiente la trascrizione della fattispecie astrattamente tipizzata dalla norma incriminatrice. Non sono però previste sanzioni processuali F 0E 0 parte della dottrina e della giurisprudenza (Corte cost ord 131 / 1995) ha negato che eventuali carenze della richiesta diano luogo a declaratorie d'invalidità da parte del GUP. Ma tale atto segna l'inizio dell'azione penale F 0E 0 la mancanza degli elementi minimi dell'azione darebbe inevitabilmente luogo ad una nullità assoluta (es la richiesta non indica l'imputato). Altra parte della dottrina ritiene che eventuali carenze nella richiesta comprometterebbero la preparazione di un'adeguata difesa delle parti (per primo dell'imputato) F 0 E 0 nullità di tipo intermedio, Si obietta a tale impostazione che il vizio riguarda comunque l'imputazione F 0E 0 nullità assoluta; Altri requisiti della richiesta: • data: la sua carenza non comporta alcuna invalidità; • menzione delle fonti di prova : anche per questa nessuna invalidità , perché la consultazione degli atti è garantita dal deposito del fascicolo; • sottoscrizione del PM e richiesta di emissione del decreto: se la loro mancanza non è tale da compromettere la riconoscibilità dell'atto nella sua provenienza del PM e nel suo significato, è da escludere l'invalidità; nel caso opposto = nullità assoluta. Art 416 c. 1 F 0E 0 è nulla la richiesta del PM non preceduta dall'avviso di conclusione delle indagini e dall'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, se l'imputato l'ha richiesto entro 20 gg dall'avviso (la prescrizione riguarda l'intervento dell'imputato e quindi la sua inottemperanza dà luogo a nullità intermedia). PREPARAZIONE DELL'UDIENZA: AVVISI, CITAZIONI, TERMINI Perché si realizzi il contraddittorio nell'udienza preliminare, gli interessati devono poter avere adeguata conoscenza degli atti F 0E 0 artt 418 e 419: il GUP fissa con decreto la data dell'udienza preliminare e ne fa dare avviso all'imputato, con l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in contumacia, e alla persona offesa. All'avviso è allegata la richiesta del PM = l'imputazione è già formulata, ma con tale contestazione essa viene portata a conoscenza degli interessati. L'avviso va anche notificato al difensore dell'imputato e comunicato al PM, ma senza la richiesta: il primo è avvertito che ha facoltà di prendere visione degli atti; il secondo ne è l'autore. Il PM può protrarre le indagini anche dopo la richiesta di rinvio, ma, sempre in obbedienza al principio del contraddittorio, deve renderne noti i risultati prima dell'udienza. Nessun avviso è dato alla parte civile, che ha la facoltà di costituirsi per l'udienza preliminare (79 c 1). Invece il responsabile civile ed il civilmente obbligato sono citati secondo gli artt 83 ed 89. Tra notificazioni/comunicazioni ed udienza devono passare almeno 10 gg (per dare la possibilità di prepararsi al meglio per il contraddittorio). Sono cause di nullità assoluta perché pregiudicano la funzione essenziale dell'avviso = vocatio in iudicium F 0E 0 pari gravità rispetto all'omessa citazione dell'imputato (179): •l'omissione dell'avviso; •la mancata notificazione dell'avviso; •la notificazione invalida dell'avviso; •la mancata allegazione all'avviso della richiesta del PM; •se non è fatta menzione del luogo o della data dell'udienza. L'inosservanza di altre disposizioni è invece causa di nullità intermedia (es mancata citazione responsabile civile) = compromette le garanzie dell'art 180 lett b). Non sono compresi l'omissione o il ritardo dell'avviso alla persona offesa (non è parte); ma questa può far valere l'invalidità ricorrendo in Cass contro la sentenza di non luogo a procedere (428 c 3). Termini per la fissazione dell'udienza: il GUP deve provvedere entro 5 gg dal deposito della richiesta del PM e sempre a partire da questo momento la data dell'udienza non può andare oltre i 30 gg (418). Scopo = eliminare tempi morti. Ma non essendo prevista nessun tipo di invalidità, l'unico rimedio sono le sanzioni disciplinari, spesso non applicate. EVENTUALI VARIANTI ISTRUTTORIE: 1) COMPLETAMENTO DELLE INDAGINI PRELIMINARI; Le indagini preliminari, affidate alla PG ed al PM, devono essere complete = devono essere acquisisti tutti gli elementi necessari e sufficienti perché il PM riesca a stabilire se sia o no il caso di esercitare l'azione penale. Però può darsi che il GUP non si trovi nelle condizioni di poter decidere a causa della loro incompletezza F 0E 0 ne dispone un supplemento, indicando le indagini necessarie ulteriori, il termine entro cui vanno compiute e la data della nuova udienza (421 bis). La norma parla genericamente di provvedimento, ma nella rubrica si precisa che la forma è l'ordinanza. Questa va comunicata al procuratore generale, che è a questo punto legittimato ad emettere decreto motivato di avocazione. In tal caso il procuratore generale assume le funzioni del PM sostituito e non sarà vincolato alle precedenti conclusioni di questo, che vengono automaticamente caducate. Ha anche il potere di chiedere il non luogo a procedere al posto del rinvio a giudizio, ma non l'archiviazione. 2) INTEGRAZIONE PROBATORIA Qui non si raccolgono elementi capaci di fornire al GUP le ragioni di una decisione in un senso o nell'altro, ma si acquistano prove che si ipotizzano determinanti per la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. Il GUP ha potere di disporla su richiesta di parte o d'ufficio a patto che la decisività delle prove appaia evidente (422). Per evidente si intende una certezza suscettibile d'essere raggiunta attraverso operazioni intellettuali semplici e brevi. Ma bisogna considerare che qui si tratta di prevedere la valenza dimostrativa di acquisizioni future F 0E 0 per definizione esposte ad approssimazioni più o meno ampie ma pressoché immancabili. Tale conclusione è confermata dalla sentenza di non luogo a procedere: essa è doverosa non solo quando lo stato degli atti fuga ogni dubbio sull'opportunità di arrestare il processo, ma anche quando gli elementi raccolti risultano insufficienti o contraddittori (425 c 4). Quindi più che intendere la certezza come sopra detto, essa va ritenuta come un richiamo a non anticipare nell'udienza preliminare incombenze istruttorie riservate al giudizio (di regola). La ricerca ulteriore è legittima in questa fase sono in via eccezionale = se è ragionevolmente prevedibile, che i loro esiti condurranno ad un provvedimento liberatorio prima ancora del dibattimento. All'istruttoria si provvede nella stessa udienza preliminare, immediatamente o dopo un rinvio; l'audizione dei testimoni, periti, consulenti e degli imputati in un procedimento connesso è svolta direttamente dal giudice, ma la parte ha facoltà di porre domande a suo mezzo. L'esame incrociato (con domande dirette dalle parti) è previsto invece per l'interrogatorio, se lo richiede l'imputato. La richiesta di testimonianza ed il provvedimento che la dispone comportano (per polizia, PM e difensori) il divieto di assumere informazioni dalla persona fino a che la sua testimonianza sia assunta, venga dichiarata inammissibile o non abbia avuto luogo: questo a pena di inutilizzabilità (430 bis). Questo perché le manovre inquinanti sono tutt'altro che difficili da immaginare. L'integrazione non è da confondere con l'incidente probatorio (esperibile, in forza della sent. 77/1994 Corte cost, anche nell'udienza preliminare). Questo presuppone la richiesta di parte e concerne solo i mezzi di prova tassativamente elencati nell'art 392 (testimonianza, esame, confronto, perizia, esperimento giudiziale, ricognizione), ammessi sia se giovano alla difesa che all'accusa e assunti con le stesse modalità del dibattimento. Sono poi diversi gli effetti: le dichiarazioni acquisite a norma dell'art 422 (anche se chiamate prove) servono per la decisione dell'udienza preliminare e nell'eventuale giudizio successivo passano nel fascicolo del dibattimento solo in determinati casi; invece i mezzi cui è riferito l'incidente probatorio hanno lo stesso valore delle prove durante il dibattimento: infatti sono subito inserite dal GUP nel fascicolo del dibattimento. CONTESTAZIONI SUPPLETIVE Il tema dell'udienza preliminare è l'imputazione formulata dal PM. Ma se durante il suo svolgimento risulta che il fatto è diverso o è ipotizzabile un reato connesso o una circostanza aggravante (per il sopravvenire di ulteriori elementi o alla luce di una più attenta considerazione), l'imputazione viene modificata. Per il reato connesso non vi sono problemi: per l'art 423 siamo di fronte a concorso formale di reati o a reato continuato. Problematico, invece, il fatto diverso: pare corretto attribuire al termine fatto un significato ampio, comprensivo di tutti gli elementi qualificanti l'illecito = azione, omissione, evento, rapporto di casualità, dolo (o colpa o preterintenzione), dati circa il tempo, il luogo, lo strumento e oggetto materiale della condotta che individuano il fatto nella sua concretezza storica. In questi casi l'imputazione è modificata con la contestazione orale del PM all'imputato (o. se è contumace o assente, al difensore). La contestazione suppletiva può avere ad oggetto anche un fatto nuovo: il GUP la può autorizzare solo quando all'iniziativa del PM segue il consenso dell'imputato (423 c 2). Sapere, tramite la contestazione, quali varianti ha subito l'accusa, è la condizione minima per un'efficiente difesa (non la condizione sufficiente, per lo scarso tempo concesso). Le garanzie per la contestazione suppletiva nell'udienza preliminare sono minime rispetto a quelle assicurate per le contestazioni suppletive effettuate nel dibattimento: all'imputato non è notificato il nuovo addebito (si ritiene bastante la rappresentanza del difensore) e non gli è concesso un termine dilatorio. La Corte cost non ritiene questa una norma illegittima (sent 384/2006). Permangono comunque perplessità (anche se non riguarda, come detto, il fatto nuovo, per il quale serve il consenso personale dell'imputato). La contestazione suppletiva comporta sempre un'altra discussione ed un altro interrogatorio ad essa riferiti (421, 423 e 424 c 1). Sono applicabili le norme generali sull'invalidità, dato che mancano previsioni specifiche: se discussione ed interrogatorio sono omessi ciò è causa di nullità intermedia, trattandosi di intervento e assistenza delle parti. In corso d'udienza imputazione e contestazione coincidono (modificazione dell'accusa e comunicazione relativa sono atti simultanei con cui il PM esercita l'azione penale) → se la contestazione supera i limiti del 423 si avrà nullità assoluta. Quando all'atto della deliberazioni risultasse che il fatto è diverso da quello contestato, il GUP dovrebbe trasmettere gli atti al PM: manca una norma specifica, ma il PM è l'unico a cui spetta il potere di elevare l'imputazione F 0E 0 applicato per analogia il 521 c 2, così da garantire correlazione tra accusa e sentenza (Corte cost 88 / 1994). IL DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO. REQUISITI ED IPOTESI D'INVALIDITA' Se, esaurita la discussione, il GUP ravvisa elementi sufficienti per passare al dibattimento, emette un decreto che dispone il giudizio. E' l'atto conclusivo di un'udienza svolta in contraddittorio e con eventuali varianti degli accertamenti e dell'imputazione → sembra riduttivo decreto, ma ordinanza avrebbe dovuto avere la motivazione, con il pericolo di precostituire valutazioni giudiziali (che devono essere frutto esclusivo del dibattimento). Requisiti prescritti a pena di nullità = art 429 c 1 lett a), c), f): • generalità dell'imputato: devono identificarlo in modo certo; • fissazione del dibattimento con menzione del luogo, giorno ed ora in cui avrà inizio, con l'avvertimento che si procederà in contumacia nei confronti dell'imputato non comparso; • imputazione (la stessa formulata, ed eventualmente modificata, dal PM), in forma chiara e precisa, con l'indicazione dei relativi articoli di legge. L'individuazione del fatto è riservata all'iniziativa del PM, ma, attraverso l'estensione analogica dell'art 521 c 1 (relativo al dibattimento, manca una disposizione simile per l'udienza preliminare) il GUP può dargli una diversa qualificazione giuridica (espressione del principio iura novit curia). L'indicazione del giudice competente (429 c 1 lett e)) non è richiesta come condizione di validità: tale previsione suscita dubbi, superabili interpretando la menzione del luogo in modo da ricomprendervi sede e perfino sezione relative all'ufficio del giudice = individuazione indiretta di questo (art 132 att). Per la maggioranza della giurisprudenza l'omissione degli articoli di legge e dell'avvertimento circa la contumacia non costituisce causa di nullità: ma tale orientamento pare errato, perché in materia di nullità vale il principio di tassatività, e quei requisiti sono previsti testualmente. Il decreto di rinvio non è impugnabile → le nullità sono rilevate nel dibattimento; per il decreto privo di imputazione è necessaria la regressione all'udienza preliminare; carenze circa luogo, giorno, ora, avviso contumacia al decreto quale atto di citazione a giudizio la cui rinnovazione, in caso di nullità. È disposta dal giudice del dibattimento. Gli altri elementi del decreto non sono imposti a pena di nullità: es generalità della persona offesa, indicazione delle fonti d prova, dispositivo, sottoscrizione ecc. Differenza con le sentenze: la mancanza della sottoscrizione causa la loro nullità. L'omissione non dev'essere tale da impedire di riconoscere l'atto come proveniente dal giudice. Il decreto è immediatamente letto in udienza: equivale alla notificazione per le parti presenti (424 c 2). Va notificato per intero all'imputato contumace, all'imputato e alle persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento (429 c 4) → esclusa l'operatività della regola che l'imputato allontanatosi volontariamente è comunque presente. Trattandosi di citazione in giudizio, per le notificazioni omesse o nulla la nullità sarà assoluta rispetto all'imputato, intermedia per la persona offesa. contraddittorio nella formazione della prova è ragionevole supporre che l'incertezza sarà dissipata (Corte cost 74 / 1996). Art 425 c 3: “Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Il "comunque non idonei" rappresenta l'elemento comune tra elementi insufficienti e contraddittori = rappresentazione di fatti refrattaria a qualsiasi chiarimento → assurdo proseguire con indagini destinate all'insuccesso. Circa le fattispecie scriminanti, di non punibilità e di estinzione del reato dubbie esse sono equiparate a quelle certe; ma se vi è assenza totale di elementi capaci sia di confermarne che di smentirne l'esistenza, ci troviamo di fronte ad una fattispecie NON dubbia, MA ignota. In tal caso non può produrre gli esiti liberatori: non solo nell'udienza preliminare, ma nemmeno nel dibattimento (530). Invece, ovviamente, oltre all'insufficienza anche la carenza assoluta di elementi che dimostrino la presenza delle condizioni di procedibilità o proseguibilità impone l'affermazione che l'azione penale non doveva essere iniziata o proseguita (529 c 2). Art 425 c 4 F 0E 0 “Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca”. Ratio = l'accertamento della pericolosità sociale richiede analisi e valutazioni complesse, è dunque incompatibile con i limiti dell'udienza preliminare. Invece circa la confisca deve trattarsi di quella obbligatoria, perché la facoltativa presuppone una sentenza di condanna (240). Lo stesso vale per il proscioglimento per infermità mentale: non si può prosciogliere per difetto d'imputabilità se la misura di sicurezza risulti in concreto inapplicabile all'infermo di mente socialmente pericoloso. Questo perché la non imputabilità non è contemplata tra le cause di proscioglimento. Anche se così non fosse comunque il proscioglimento per infermità mentale, postulando la commissione del reato, è pur sempre una formula pregiudizievole ed affidarne la chiave al GUP vanificherebbe i canoni costituzionali degli art 3 e 24. Vi sarebbe infatti disparità in base al modello processuale adottato: si finirebbe per poter provare più facilmente l'inesistenza del reato nel giudizio direttissimo piuttosto che nel rito ordinario (che si potrebbe concludere prima del dibattimento). CONTENUTI EVENTUALI, REQUISITI, PUBBLICAZIONE E NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA L'art 425 c 5 richiama il 537 = sarà dichiarata la falsità di un atto o di un documento (ove accertata) ordinandone di conseguenza la cancellazione, il ripristino, la rinnovazione, la riforma. Se il proscioglimento è per insussistenza del fatto o per la non commissione da parte dell'imputato, il querelante è condannato dal GUP al pagamento delle spese anticipate dallo Stato, ma alla condizione (Corte cost 180 / 1993) che l'attribuzione del reato sia addebitabile a colpa del querelante. La remissione della querela (in mancanza di un esplicito accordo contrario) comporta l'accollo delle spese a carico del querelato. I requisiti della sentenza sono elencati nell'art 426: intestazione in nome del popolo italiano e dell'autorità che l'ha pronunciata; generalità dell'imputato e quant'altro serve ad identificarlo; generalità delle parti private; imputazione; motivazione; dispositivo; data e sottoscrizione. I 3 elementi più significativi sono prescritti a pena di nullità: • Sottoscrizione F 0E 0 segue le regole generali dell'art 110; • Dispositivo F 0E 0 qualifica in modo sommario (che in questo caso significa conciso, non approssimato) i motivi di fatto e di diritto. Da essi devono emergere i percorsi logico – giuridici attraverso cui si è arrivati alla decisione e i criteri adottati nella valutazione delle prove. E' l'elemento preminente della sentenza = ne esprime in forma sintetica e conclusiva il contenuto decisorio sia verso le formule liberatorie dell'art 425 c 1 che verso i contenuti eventuali. Deve menzionare gli articoli di legge applicati (ratio = esigenza di rendere comprensibile al massimo livello la portata). • Motivazione F 0E 0 redatta immediatamente; se impossibile il GUP provvederà a motivazione e deposito della sentenza entro 30 gg dalla pronuncia (424 c 4). La sentenza è pubblicata con la lettura in udienza ed immediatamente depositata in cancelleria, dove le parti hanno diritto di ottenerne copia; la lettura sostituisce la notificazione per le parti presenti (424 c 2 e 3). Per gli assenti: l'avviso di deposito va notificato a tutti coloro cui spetta il diritto d'impugnazione (128). Per l'imputato contumace l'avviso dev'essere integrato dall'estratto della sentenza (applicazione analogica del 548 c 3). Diversamente dal decreto di rinvio a giudizio, non è prevista notificazione per l'imputato allontanatosi volontariamente dall'udienza: è considerato presente F 0E 0 basta la lettura. RICORRIBILITA' PER CASSAZIONE Contro la sentenza di non luogo a procedere è consentito solo il ricorso per Cassazione (l. 46 / 2006). Vi sono legittimati (428 c 1): • il procuratore della Repubblica e il procuratore generale presso la corte d'appello • l'imputato, tranne che nelle ipotesi di non luogo a procedere per insussistenza del fatto o per non averlo commesso; • la persona offesa: nei soli casi di omessa o irregolare notificazione dell'avviso dell'udienza (428 c 2); invece la persona offesa che si è costituita parte civile può attivarsi attraverso tutti gli strumenti dell'art 606. • l'imputato, il querelante ed il responsabile civile possono ricorrere in ordine alle spese ed i danni. La Corte di Cassazione decide in camera di consiglio, nelle forme previste dall'art 127. EFFETTO PRECLUSIVO DEL PROVVEDIMENTO ALLO STATO DEGLI ATTI REVOCA Oltre all'impugnazione ordinaria, il codice prevede la revoca della sentenza di non luogo a procedere. Circa la cosa giudicata l'art 648 afferma l'irrevocabilità delle sentenze non più appellabili o ricorribili per Cass. Inoltre attribuisce l'effetto preclusivo solo alle sentenze e ai decreti penali divenuti irrevocabili. Parrebbe quindi che la sentenza conclusiva dell'udienza preliminare, poiché suscettibile di revoca, abbia natura totalmente diversa rispetto a questi. Ma in realtà sia la sentenza del GUP che quella pronunciata in giudizio hanno natura giurisdizionale perché sono entrambe dotate di natura preclusiva = quando non ne è più consentita l'impugnazione in via ordinaria acquistano stabilità impedendo, in linea di massima, che la stessa persona sia di nuovo sottoposta a procedimento penale sullo stesso fatto anche se diversamente considerato per titolo, grado e circostanze. Tale uguaglianza si desume dalla revocabilità della sentenza unicamente alle condizioni previste dall'art 434 F 0E 0 stabilità non assoluta, ma relativa. Anche le sentenze irrevocabili pronunciate in giudizio sono superabili mediante revisione (637 c 2) nei casi tassativamente previsti dall'art 630. Ratio di ambedue = evitare il rischio di una perenne ed illimitata persecuzione giudiziaria. Differenza = la revisione opera in funzione liberatoria di una condanna, la revoca sostituisce, eventualmente, una sentenza di non luogo a procedere con un decreto di rinvio. In ambedue le ipotesi è escluso un ripensamento in peius, anche se la conclusione precedente fosse palesemente erronea. La prima condizione della revoca, come detto, è che la sentenza non sia più soggetta a ricorso in Cass. Affermazione non condivisa da tutti, ma confermata dall'art 60 c 1, secondo cui la revoca comporta il riacquisto della qualità d'imputato. Se la revoca non fosse alternativa all'impugnazione ordinaria, tale qualità non sarebbe riassunta, perché non sarebbe mai persa. Infatti l'imputato rimane tale fino a che non sia più soggetta a imputazione la sentenza di non luogo a procedere. La seconda condizione è la sopravvenienza o scoperta di nuove fonti di prova idonee (da sole o assieme alle precedenti) a determinare il rinvio a giudizio F 0E 0 non un controllo della decisione effettuato con il riesame del materiale probatorio già agli atti. L'iniziativa compete in via esclusiva al PM non anche al prosciolto (ma in alcuni casi di proscioglimento vi sarebbe un interesse ad ottenerne più favorevoli). La domanda indirizzata al GIP può avere due oggetti: 1. rinvio a giudizio se le nuovi fonti di prova sono già state acquisite, ad es in un diverso procedimento; 2. di riapertura delle indagini se son o da acquisire. Debbono essere indicati specificatamente l'oggetto della richiesta con gli atti di prova; gli atti che li riguardano vanno depositati nella cancelleria del giudice. Il GIP, se ritiene la richiesta ammissibile, fissa la data dell'udienza e fa avvisare il PM, il prosciolto, il difensore e la persona offesa. Hanno diritto a partecipare gli interessati che compaiono (435). Capitolo XXII Il giudizio abbreviato Il giudizio abbreviato è un giudizio di merito sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato, che ha luogo nell’udienza preliminare o in sede di conversione di altro rito speciale. Esso è caratterizzato dall’esclusione del dibattimento e, quindi, anche dall’esclusione dell’acquisizione delle prove nel contraddittorio tra le parti; le prove utilizzate saranno quelle contenute nel fascicolo del PM, raccolte nel corso delle indagini preliminari. Affinché si possa procedere con il rito abbreviato è necessario che il PM abbia già formulato l’imputazione con l’esercizio dell’azione penale. RUOLO DEL PM E DELL’IMPUTATO Visto che il giudizio abbreviato comporta la rinuncia al dibattimento e quindi alle sue garanzie, la facoltà di rinunciarvi spetta esclusivamente all’imputato. Il PM, invece, non può avanzare la richiesta di rito abbreviato e, dopo la riforma attuata con legge 479/1999 (cd Legge Carotti), non può nemmeno consentire o meno alla scelta del rito. Il giudice, a sua volta, ha l’obbligo di accogliere la richiesta di giudizio abbreviato avanzata dall’imputato ( salvo il caso dell’art 438 co 5). Prima della legge Carotti, invece, il g. abbreviato poteva essere celebrato solo se il PM consentiva a tale rito e il giudice poteva non accogliere la richiesta se non riteneva decidibile il processo allo stato degli atti e riteneva invece necessario il dibattimento per un approfondimento probatorio. La volontà dell’imputato viene espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale. A seguito della riforma, l’imputato può scegliere tra due tipi di giudizio abbreviato: 1. GIUDIZIO ABBREVIATO ORDINARIO (art 438 co 1): dopo tale richiesta il PM non può esprimere dissenso e il giudice è obbligato a celebrare il giudizio; 2. GIUDIZIO ABBREVIATO CONDIZIONATO (art 438 co 5): è stato introdotto con la riforma; l’imputato subordina la richiesta di giudizio abbreviato ad una integrazione probatoria da effettuarsi in udienza davanti al giudice. In questo caso il giudice non è obbligato a disporre il giudizio abbreviato , ma può rigettare la richiesta quando: • Le prove richieste sono ritenute irrilevanti o inammissibili; • L’assunzione delle prove determinerebbe un appesantimento dell’udienza, incompatibile con la natura del rito abbreviato. Se, invece, la richiesta viene accolta e così anche l’integrazione probatoria, il PM può richiedere la prova contraria. All’assunzione delle prove si procede ai sensi dell’art 422, previsto per l’udienza preliminare. TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLA RICHIESTA La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano state formulate le conclusioni a norma degli artt 421e 422, e quindi nell’ambito dell’udienza preliminare. Nei casi in cui l’udienza preliminare non è prevista, è previsto un termine diverso per la presentazione della richiesta del rito abbreviato: • Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica: il decreto di citazione diretta a giudizio deve contenere a pena di nullità l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l’imputato può presentare la richiesta di g. abbreviato prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado; • Giudizio direttissimo: l’imputato può chiedere il g. abbreviato prima che sia dichiarato aperto il dibattimento; • Giudizio immediato: è previsto un termine di 15 gg per chiedere il g. abbreviato, tale termine decorre dall’ultima notificazione all’imputato del decreto di g. immediato. Il diniego del GUP o del GIP di ammissione del g.abbreviato condizionato può essere sindacato dal giudice del dibattimento, il quale, se valuta immotivato il diniego, può applicare, in caso di condanna, lo sconto di pena previsto per il rito abbreviato, sempre che, prima dell’apertura del dibattimento, tale richiesta sia stata rinnovata. PROFILI PREMIALI PER L’IMPUTATO • Riduzione della pena di un terzo, tenendo conto di tutte le circostanze, nel caso di previsione dell’ergastolo esso è sostituito da reclusione di 30 anni, nel caso di ergastolo con isolamento diurno esso è sostituito da ergastolo senza isolamento (per l’imputato colpevole); • Accelerazione dei tempi processuali e più rapida fuoriuscita dallo status di giudicabile (per l’imputato innocente); • Evitare l’udienza pubblica e quindi lo strepitus fori; • Cristallizzazione dell’accusa: una volta istaurato il g.abbreviato, il giudice non può svolgere attività integrativa ai fini della decisione e il PM non può modificare l’imputazione (congelamento del risultato delle indagini preliminari). Naturalmente, nel caso in cui venga accolta la richiesta di rito abbreviato condizionato e quindi l’integrazione probatoria, avrà luogo un g. non più allo stato degli atti già acquisiti, ma un g. aperto a mutamenti del quadro probatorio. In questo caso l’imputato perde il privilegio della cristallizzazione dell’imputazione, se ne deduce che il legislatore della riforma, pur avendo previsto il g.condizionato, carica di premialità maggiore l’abbreviato non condizionato, preferibile sotto l’aspetto dell’economia processuale, rendendolo più appetibile per l’imputato. IL RUOLO DELLA PARTE CIVILE • se la parte civile si è già costituita per l’udienza preliminare: deve decidere se accettare o no il rito abbreviato; • se l’ordinanza che dispone il g. abbreviato è stata pronunciata prima della costituzione di parte civile: • se il danneggiato si costituisce parte civile, questa costituzione viene considerata accettazione tacita del g.abbreviato; • se il danneggiato non vuole accettare il g. abbreviato non deve costituirsi parte civile o deve, se si è costituito, revocare la costituzione. In questo caso il giudizio abbreviato proseguirà senza la parte civile, libera di attivarsi in sede civile nei confronti dell’imputato. A seguito dell’intervento della parte civile il giudice dovrà pronunciarsi anche sulla relativa domanda di risarcimento o restituzione, perché il thema decidendum si estenderà anche alla responsabilità civile derivante dal reato. DECISIONE E LIMITI DELL’APPELLO L’udienza si tiene in camera di consiglio, senza pubblico, salvo che sia richiesta l’udienza pubblica da parte di tutti gli imputati, essa si svolge secondo le norme dettate per l’udienza preliminare. • Nel caso di giudizio abbreviato non condizionato, il giudice deve esaminare il fascicolo per accertare che il processo possa essere definito allo stato degli atti, ove ritenga di non poter decidere allo stato degli atti assumerà gli elementi necessari ai fini della decisione. • Nel caso di giudizio abbreviato condizionato, il giudice procederà all’integrazione probatoria richiesta dall’imputato. Venendo assunte nuove fonti di prova, può procedersi alla modifica dell’imputazione; in questo caso l’imputato potrà rivedere le sue scelte processuali e, cioè, potrà, entro 10 gg, revocare la richiesta di giudizio abbreviato, chiedendo di procedere nelle forme ordinarie. Se l’imputato non revoca la richiesta, il procedimento proseguirà nelle forme del g. abbreviato. All’esito dell’udienza, il giudice emette la sentenza di assoluzione o di condanna. La sentenza deve essere notificata all’imputato che non sia comparso. Non vi sono limiti al ricorso in cassazione. potendo favorire di fatto e di diritto il convincimento dell’imputato circa l’opportunità di percorrere la strada di questo rito speciale. La denominazione “patteggiamento” indica l’accordo sul quantum di pena maturato attraverso proposte e controproposte nell’ambito della rispettiva (e diversa) valutazione degli elementi processualmente acquisiti. Dovendo (o potendo) espiare la pena di cui si chiede l’applicazione, ben si comprende che la richiesta o il consenso dell’imputato sia un atto personalissimo e che non sia riconosciuta una pari legittimazione al difensore tecnico. Nell’ottica dell’imputato, la richiesta di applicazione della pena, pur non potendo essere considerata ammissione di colpevolezza, comporta la rinuncia a difendersi provando e l’accettazione degli elementi probatori acquisiti agli atti (la tutela della presunzione di non colpevolezza rimane affidata al giudice che può prosciogliere ex art. 129 nonostante concorde richiesta di applicazione della pena). Ove la richiesta di patteggiamento non venga condivisa dal PM o venga rigettata dal giudice, il semplice fatto di averla presentata non equivale legalmente ad una ammissione di reità utilizzabile contro l’imputato. Tra i presupposti normativi del patteggiamento non rientra la confessione dell’imputato ma, nella prassi, questo riconoscimento di responsabilità è spesso condicio sine qua non per ottenere il consenso del PM. È il difensore a dover valutare se gli elementi acquisiti o acquisibili consentano all’imputato di uscire dal dibattimento con una soluzione più favorevole di quella ottenibile attraverso un patteggiamento F 0E 0 in caso negativo è suo obbligo professionale prospettare all’assistito l’opportunità di avvalersi del rito differenziato, fermo restando che la decisione non può che essere dell’imputato. La responsabilità del difensore è stata accentuata dalla scelta del legislatore di anticipare all’udienza preliminare la sede naturale del patteggiamento F 0E 0 necessaria una immediata e approfondita valutazione del materiale probatorio conosciuto o conoscibile. La richiesta o il consenso possono essere formulati per iscritto o, se in udienza, oralmente: l’imputato, la cui presenza non è né necessaria né imposta può esprimere la sua volontà personalmente o a mezzo di procura speciale. Nella prassi, ove l’imputato non voglia o non possa essere presente, la procura è rilasciata al difensore perché patteggi al meglio la pena da applicare: questa formula aperta è consigliabile in tutti i casi in cui il consenso con il PM non sia stato previamente raggiunto e nei quali non si escluda la necessità di dover venire incontro con ritocchi alla eventuale valutazione di non congruità della pena originariamente proposta. La richiesta ed il consenso , quale che sia la parte che li formula, non devono essere motivati: il PM, in caso di dissenso, deve enunciarne le ragioni ed il suo parere negativo (comunque motivato) è ostativo a che si proceda con il rito differenziato. I PROFILI PREMIALI DELL’APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI Non vi è alcuna indicazione normativa circa le ragioni che dovrebbero indurre il PM a caldeggiare, appoggiare o proporre una richiesta di applicazione della pena ex art. 444. Ratio legis F 0E 0 il PM è il primo chiamato a valutare la congruità della pena da proporre, cioè la proporzione fra quantità della pena e gravità dell’offesa, anche alla luce del comportamento processuale fino ad allora tenuto dall’imputato. In tale direzione il PM può lavorare in vario modo, ad es. negando le attenuanti generiche o escludendo la prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti o, ancora, calibrando la riduzione di pena per il patteggiamento che può arrivare fino ad 1/3, ma che non necessariamente de’essere di 1/3. Pervenire ad un’applicazione della pena significa per l’indagante: • avere un riconoscimento della correttezza dell’esercizio dell’azione penale; • affermare il diritto violato; • esercitare un’azione di prevenzione generale e speciale; • offrire un’immagine tranquillizzante della capacità dello Stato di reprimere i reati in tempi ragionevoli; • disimpiegare il proprio ufficio da un carico giudiziario; • potersi dedicare ad altri procedimenti. Anche formalmente al PM è riconosciuta la facoltà di richiedere una definizione anticipata del procedimento; in ogni caso l’ordinamento dà per scontata la validità delle ragioni a sostegno della richiesta o del consenso espresso dal PM al punto da consentirgli una dichiarazione di volontà immotivata. Il patteggiamento si risolve nell’applicazione di una pena sulla cui entità concordano le parti ed il giudice: così facendo si evita il dibattimento e non si dà materia per le impugnazioni F 0E 0 l’economia processuale si coniuga con l’interesse dell’imputato a chiudere al meglio una pendenza che non gli consente prospettive più favorevoli e con l’esigenza di repressione adeguata del comportamento illecito. L’incentivo è in una pena mite (eventualmente sospendibile) o mitigata o in una sanzione sostitutiva o in una pena pecuniaria sempre di entità nota (il che toglie il rischio proprio del giudizio abbreviato di una pena superiore alle aspettative dell’imputato pur se ridotta come da legge). Il disincentivo è nella certezza della condanna che, nella prassi, diventa pressoché automatica, nonostante la previsione legislativa che il giudice possa ignorare il consenso delle parti all’applicazione della pena se deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129. Art. 444, c. 1 F 0E 0 affinché l’imputato rinunci al rito ordinario ed accetti di subire l’applicazione della pena vengono previsti corposi corrispettivi: innanzi tutto, la diminuzione fino ad 1/3 della sanzione o della pena da applicare purché attraverso questa riduzione e tenuto conto delle circostanze la pena da irrogare in concreto non superi i 5 anni di pena detentiva, soli o congiunti a pena pecuniaria di qualunque entità: l’istituto non è applicabile a reati puniti con pene edittali medio/alte ma diventa decisivo per consentire di aprire la strada: • ad una pena detentiva non superiore ai 2 anni F 0E 0 entità idonea a far usufruire dei periodici indulti o della sospensione condizionale della pena; • ad una pena detentiva non superiore ai 3 anni F 0E 0 entità compatibile con misure penitenziarie che rendono remota l’eventualità di una espiazione effettiva • ad una pena da espiare, ma quantitativamente contenuta nei 5 anni F 0E 0 tale da assicurare una ridotta permanenza in carcere. Art. 444 F 0E 0 gli effetti premiali comuni al atteggiamento per qualunque entità di pena (nei limiti di 5 anni), oltre alla riduzione fino ad 1/3 della pena sono l’inefficacia della sentenza, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento nei giudizi civili o amministrativi, la non pubblicità (ove il patteggiamento avvenga fino all’udienza preliminare) e i costi per la difesa tecnica più contenuti, essendo oggettivamente minore l’attività difensiva richiesta. Ulteriori effetti preliminari, circoscritti ai casi nei quali la pena patteggiata non superi i 2 anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, sono: • il non pagamento delle spese processuali (con esclusione di quelle dovute dalla parte civile ove non vi sia spazio per la compensazione totale o parziale); • la non applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza; • l’estinzione del reato se nel termine di 5 anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di 2 anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un reato della stessa indole (o non si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena inflitta); • la natura non ostativa, per la sospensione condizionale della pena, dell’applicazione di una pena pecuniaria o di una sanzione sostitutiva. La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente è anch’essa ridotta fino ad 1/3 in caso di patteggiamento. La sentenza di patteggiamento è vincolante in sede disciplinare. COMPETENZA E POTERI DEL GIUDICE Il momento di presentazione della richiesta è rilevante ai fini della individuazione del giudice competente a pronunciarsi. Art. 447 F 0E 0 nel corso delle indagini preliminari l’indagato (non “imputato” perché non vi è stato esercizio dell’azione penale) e il PM possono formulare la richiesta di patteggiamento presentandola al GIP; il giudice, con decreto fissa una udienza finalizzata alla decisione sulla richiesta, dando eventualmente un termine alla parte non richiedente per esprimere il consenso o il dissenso sull’altrui richiesta che, nel frattempo, non può essere né revocata né modificata. Almeno 3 giorni prima dell’udienza il fascicolo del PM è depositato nella segreteria del giudice per consentirgli di esprimersi sulla richeista di patteggiamento. L’udienza non è pubblica; il PM e il difensore sono sentiti se compaiono, non è previsto alcun ruolo per l’offeso dal reato (che non ha diritto nemmeno ad essere avvisato dell’udienza e che non può interloquire sulla richiesta) né, a fortiori, per i portatori di pretese civilistiche. Art. 448 F 0E 0 ove la richiesta di patteggiamento sia presentata per o durante l’udienza preliminare, nei procedimenti per reati che la prevedono, competente a pronunciarsi è il GUP il quale dovrà raccogliere il consenso della parte non richiedente e verificare la ritualità della richiesta di definizione anticipata. Valgono le norme sullo svolgimento dell’udienza preliminare, soprattutto quella sulla non pubblicità (che può rappresentare essa stessa un incentivo). L’udienza preliminare è il termine ultimo per la richiesta di applicazione della pena F 0E 0 l’imputato viene privato del contradditorio avanti il giudice perché, in occasione della prima volta in cui viene riconosciuto (e cioè nell’udienza preliminare), deve scegliere tra contraddittorio e patteggiamento nella consapevolezza che la scelta del primo gli precluderà definitivamente il secondo. In questo caso il patteggiamento non è una semplificazione del rito ma un mero beneficio; altrettanto può fare il giudice dell’impugnazione, se investito di un di un motivo di gravame che lamenta l’omessa riconoscimento da parte del giudice del grado precedente della mancanza di giustificazione per il dissenso della parte pubblica nei confronti della richiesta di patteggiamento avanzata dall’imputato. Il PM può appellare (e proporre ricorso) contro la riduzione di pena per patteggiamento applicata, in presenza del suo dissenso, dal giudice di primo (o di secondo) grado. SENTENZA DI PATTEGGIAMENTO E DANNEGGIATO DAL REATO Nessun ruolo è riconosciuto al danneggiato dal reato costituito parte civile rispetto alla scelta del rito di patteggiamento: non è tra le parti che possono chiedere (o il cui consenso è necessario per) il patteggiamento. Rispetto ad una richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari, si è in una fase del procedimento nella quale la pretesa civilistica non può essere inserita per cui la definizione anticipata può aversi comunque, anche all’insaputa della persona danneggiata dal reato. Rispetto ad un patteggiamento nell’udienza preliminare o nel dibattimento di primo grado, la parte civile costituita ha diritto a che l’imputato venga condannato al pagamento delle spese processuali sostenute e non compensabili in tutto o in parte, ma il giudice non può pronunciarsi sulla domanda di risarcimento o restituzione che imane tamquam non esset. La tutela della persona danneggiata è affidata alla sensibilità del PM (che può di fatto condizionare il consenso all’avvenuto risarcimento del danno, disconoscendo in caso contrario le circostanze attenuanti generiche o la loro prevalenza o negando che la pena di partenza debba essere quella minima o prossima al minimo) o alle esigenze dell’imputato (per il quale può essere essenziale vedersi riconoscere l’attenuante dell’art. 62 n. 6 cp (l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l'essersi, prima del giudizio adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato) al fine di ridurre la pena irrogabile nel limite che consente il patteggiamento. L’efficacia delle sentenze di patteggiamento (che equivale ad una condanna) nell’eventuale giudizio civile o amministrativo deve tener conto della peculiarità del rito speciale. Per la sentenza di patteggiamento pronunciata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare o predibattimentale, comunque non si porrebbe il problema di un’efficacia del guidicato nn essendo sentenza dibattimentale. Rimane il caso della sentenza di patteggiamento pronunciata nel giudizio, sentenza certamente rientrante nei requisiti della’art. 651: penale, di condanna e dibattimentale: anche in questo caso, nonostante la parte civile abbia partecipato alla fase precedente e, ove del caso, presentato la lista testimoniale, il giudice nel pronunciare la sentenza di patteggiamento non può decidere sulla domanda della parte civile. Il non vincolo per il giudice civile è non solo un incentivo per spingere al patteggiamento, ma è anche una posposizione degli interessi della parte civile che dovrà attivarsi in sede civile con il solo vantaggio di non dover attendere il giudicato penale, peraltro ininfluente. Altrettanto è da dirsi nel caso di richiesta di patteggiamento accolta dopo la chiusura del dibattimento di primo grado quando il giudice ritiene ingiustificato il dissenso del PM o il rigetto della richiesta concorde: la parte civile che ha partecipato e assunto le sue conclusioni vede le sue ragioni senza risposta in ossequio alla scelta premiale fatta dal legislatore. Con il patteggiamento si è rinunciato alla potenzialità probatoria del processo penale e si è accettata una decisione idonea a chiudere la prospettiva penale, ma incapace di semplificare la giustizia civile e amministrativa; la giustizia penale offre una risposta parziale alla domanda di giustizia troppo spesso fatta coincidere con l’aspettativa dell’imputato di uscire con minor danno possibile dal processo. L’ampliamento dell’istituto a pena fino a 5 anni (l. 134/2003) riduce i casi nei quali il danneggiato può esercitare l’azione civile in sede penale; diverso è il caso in cui, dopo una sentenza quale che sia (verosimilmente di condanna) a seguito di dibattimento in cui ha concluso la parte civile, si arrivi nel giudizio di impugnazione (sollecitato dal PM o dall’imputato) ad una sentenza di patteggiamento. Nel riconoscere la diminuzione di pena per patteggiamento, la Corte di cassazione ha il potere di decidere sulla pretesa civilistica di risarcimento dei danni cagionati dal reato o di restituzione. I RAPPORTI TRA IL PATTEGGIAMENTO E GLI ALTRI RITI SPECIALI Anche quando il procedimento abbia avuto inizio con altri riti speciali, viene favorita l’applicazione dell’istituto di cui agli artt. 444 ss. • Quando si procede con rito direttissimo F 0E 0 il giudice avvisa l’imputato della facoltà di chiedere il patteggiamento e cioè un epilogo decisamente favorevole per i casi contrassegnati da una evidenza probatoria contra reum (flagranza o reato); • Quando il giudice emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato F 0E 0 il decreto deve contenere l’avviso che l’imputato può chiedere l’applicazione della pena su richiesta delle parti, così da consentirgli di scegliere l’epilogo meno sfavorevole quando il processo non presenti prospettive migliori; • A seguito di decreto di condanna F 0E 0 con l’atto di proposizione l’imputato può chiedere il patteggiamento ove la pena di cui richiede l’applicazione possa essere meno grave di quella inflittagli; • Per quanto riguarda i rapporti tra giudizio abbreviato e patteggiamento F 0E 0 la giurisprudenza che consentiva la convertibilità dall’uno all’altro rito è stata superata da una pronuncia delle SS.UU. della Cassazione alla cui stregua la trasformazione del giudizio abbreviato nel patteggiamento (e viceversa) è da escludere per l’alternatività evidenziata da tutte quelle norme che. Regolando la facoltà dell’imputato di operare una scelta tra i possibili giudizi speciali, gli impongono un’esplicita opzione tra l’uno o l’altro procedimento. Va comunque escluso che la riduzione di pena prevista per il giudizio abbreviato si sommi alla riduzione di pena prevista per il patteggiamento, potendo l’imputato beneficiare esclusivamente della diminuente propria del rito concretamente applicato. In tutti questi casi la trasformazione del rito originario in quello del patteggiamento è subordinata al consenso del PM e alla valutaizone di congruità e correttezza fatta dal giudice. È invece ammissibile la richiesta di giudizio abbreviato subordinata alla domanda di patteggiamento. Attraverso le forme processuali penali è possibile altresì la applicazione della sanzione su richiesta nei casi circoscritti in cui alla commissione di un reato segua una responsabilità dell’ente per l’illecito amministrativo dipendente dal reato: ciò che è patteggiabile, da parte dell’ente, è la durata della sanzione interdittiva e l’entità della sanzione pecuniaria. Il decreto sicurezza (l. 125/2008) ha apportato alcune novità alla disciplina della direttissima dopo la convalida. In primo luogo, motivo ostativo al rito si ha quando la direttissima potrebbe pregiudicare gravemente le indagini: si pensi all’ipotesi dell’imputato che inizi a collaborare con la giustizia e la cui celere presentazione al dibattimento, con conseguente discovery degli atti, potrebbe incidere negativamente sulle investigazioni. Ulteriore novità, sempre legata all’art. 449, c. 4, è la eliminazione della facoltatività per il PM di attivare il rito direttissimo; pertanto, ricorrendo i presupposti ed in assenza del requisito negativo del pregiudizio alle indagini, è obbligatorio per il PM dopo l’arresto in flagranza chiedere di celebrare congiuntamente convalida e giudizio direttissimo. Nei casi di giudizio direttissimo senza convalida dell’arresto (perché l’imputato è libero o è in stato di custodia cautelare disposta dal GIP), rimane il solo termine dei 15 giorni. Quando il PM attiva il giudizio direttissimo dopo le 48 ore e prima della scadenza dei 15 giorni dall’arresto, è necessario che l’arresto sia convalidato e che a carico dell’imputato sia stata emessa misura cautelare. Le modalità di svolgimento del processo sono calibrate sullo status libertatis dell’imputato: 1. se è libero, il PM deve notificargli il decreto di citazione a giudizio, che vale anche come forma di contestazione dell’accusa e quindi legittima la celebrazione del giudizio in contumacia del prevenuto; 2. se è in vinculis (o per l’arresto operato dalla PG, ovvero per una misura cautelare disposta dal GIP), l’imputato deve essere tradotto all’audienza e presentato direttamente davanti al giudice dibattimentale ed ivi il PM eserciterà l’azione penale. L’accelerazione del rito non può comportare un’attenuazione delle garanzie difensive, sicché all’udienza con la presenza necessaria del difensore, quest’ultimo ha diritto alla concessione di un termine per preparare la difesa ed ha facoltà di prendere visione ed estrarre copia degli atti delle indagini preliminari (art. 450). La celerità del rito autorizza il PM, imputato e la persona offesa (costituitasi parte civile) a presentare direttamente i testi in udienza, senza la preventiva autorizzazione del giudice. Il dibattimento, per il resto, segue lo schema ordinario, con il regime dell’esame incrociato e con lo sbarramento all’ingresso den fascicolo dibattimentale degli atti non aventi dignità di prova (tali sono, in genere, gli atti delle indagini preliminari). Il giudice dibattimentale, quale garante della legalità del rito, se ravvisa l’inesistenza dei presupposti per il giudizio direttissimo, ne impedisce la celebrazione, disponendo la restituzione degli atti al PM. Però, vertendosi nella fattispecie in tema di rito, le parti hanno poteri dispositivi in ordine allo stesso. Infatti, la mancata convalida dell’arresto a seguito eseguito nella supposta flagranza, non impedisce alle parti di accordarsi ugualmente perché prosegua il giudizio direttissimo. Le parti possono, inoltre, accordarsi perché l’udienza, invece di evolvere verso il dibattimento, prosegua secondo un rito speciale: l’applicazione di pena concordata (patteggiamento), ovvero le modalità del giudizio abbreviato. In caso di richiesta di giudizio abbreviato, conformemente a quanto previsto dall’art. 438, non necessita il consenso del PM ed il giudice è obbligato a disporre la trasformazione del rito. Poiché la norma richiama gli artt. 438, c. 3 e 5 e 442, anche in tale sede è possibile avanzare richiesta di abbreviato condizionata ad una integrazione probatoria ed inoltre è consentito al giudice disporre d’ufficio l’ammissione di mezzi di prova necessari per la decisione. La decisione del giudice, nel giudizio direttissimo, si conclude con una sentenza di proscioglimento o di condanna, in conformità degli ordinari schemi dibattimentali. Come già rilevato, essa però è solo limitatamente appellabile, nelle ipotesi di conversione del rito in giudizio abbreviato o patteggiamento; la limitazione dell’appello è il contrappeso delle misure premiali conseguite in tali riti. Nell’epilogo tipico del giudizio direttissimo, mancando previsioni premiali, mancano anche le contrapposte limitazioni dell’appello. IL GIUDIZIO IMMEDIATO Il procedimento speciale in esame si caratterizza, come il giudizio direttissimo, per l’assenza dell’udienza preliminare e quindi per il salto della fase delle indagini preliminari al giudizio dibattimentale. Esso ha pure in comune con l’altro la particolarità che è azionabile direttamente dal PM; però, a differenza del giudizio direttissimo, quello immediato può essere promesso anche ed autonomamente dall’imputato (ai sensi dell’art. 419, c. 5). Infine, mentre il giudizio direttissimo, per essere disposto, non richiede al intermediazione del GIP, quello immediato prevede una verifica del GIP, cui il PM o l’imputato, titolari di distinte e separate facoltà, rivolge la sua richiesta. Pertanto, il giudizio immediato salta l’udienza preliminare, per far giungere celermente il processo al dibattimento; esso è subordinato ad una richiesta di una delle due parti (di regola il PM, eccezionalmente l’imputato), senza necessità di consenso della controparte; è disposto con decreto del GIP, in assenza del contraddittorio, su base cartolare, in presenza dei presupposti di legge. Il codice di rito prevede tre ipotesi diverse in cui può essere richiesto e disposto il giudizio immediato: 1. giudizio immediato ordinario su richiesta del PM: in tal caso occorrono: • l’evidenza della prova; • il previo interrogatorio dell’indagato o quantomeno della notificazione all’indagato di un invito a presentarsi contenente l’enunciazione del fatto e le fonti di prova, in ordine al quale egli non sia comparso innanzi al PM; • il dato cronologico della formulazione della richiesta entro 90 giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 355. Il termine di 90 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, entro il quale il PM deve trasmettere alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta di giudizio immediato, decorre non già dall’iscrizione della notizia solo oggettivamente qualificata ma dal momento in cui è iscritto il nome della persona alla quale è attribuito. Nel caso in cui la richiesta di giudizio immediato venga avanzata dal PM dopo il novantesimo giorno, il GIP può egualmente emanare il decreto di giudizio immediato, ma ai fini della decisione non potrà utilizzare eventuali atti di indagine effettuati dopo la scadenza del termine; 2. giudizio immediato per l’imputato in custodia cautelare: il decreto sicurezza ha introdotto nel corpo dell’art. 453, i c. 1bis ed 1ter. Il PM richiede il giudizio immediato, per i reati in ordine ai quali l’indagato si trovi in regime di custodia cautelare (in carcere od agli arresti domiciliari). In tal caso la richiesta, che è obbligatoria, deve intervenire entro 180 giorni dal dì dell’esecuzione della misura (e non come per l’ipotesi ordinaria, entro 90 giorni dalla iscrizione nel registro notizie di reato). Il fatto che il dies a quo faccia riferimento alla “esecuzione” della misura, conferma l’esclusione di tale rito per i latitanti. Inoltre, il riferimento alla “custodia cautelare” esclude che la nuova disciplina sia applicabile per gli indagati gravati da misure coercitive non detentive o da misure interdittive. Dal che può desumersi che la ratio sottesa a tale ipotesi di giudizio immediato: non un’esigenza di celerità per finalità di garanzia degli imputati gravati da misure cautelari, bensì un’accelerazione procedurale per evitare scarcerazioni per decorrenza termini, fenomeno che da sempre genera allarme sociale e sfiducia nel sistema giustizia. Cause ostative all’attivazione della nuova ipotesi di giudizio immediato sono costituite: dall’eventuale pregiudizio delle indagini, che potrebbe essere determinato da un celere accesso al giudizio (con conseguente discovery degli atti); dalla sopravvenuta revoca o annullamento della misura custodiale per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In tal caso, infatti, viene meno l’evidenza della prova, che pur sempre è condizione immanente al giudizio immediato. Se nelle more è stata avanzata richiesta del rito, il GIP deve rigettarla (art. 455, c. 1bis); non sarà, ovviamente, praticabile neanche il giudizio immediato ordinario (art. 453, c. 1), difettando il requisito della evidenza della prova; 3. giudizio immediato su richiesta dell’imputato: in tali casi non occorre nessuno dei predetti requisiti. Le ipotesi sono tassative: • dopo che gli sia stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare; • dopo che gli sia stato notificato il decreto penale. Le ragioni che possono spingere l’imputato a richiedere il giudizio immediato sono, nel primo caso, accelerare la verifica dibattimentale dell’accusa, saltando l’udienza preliminare; nel secondo caso, non accettare la condanna proponendo opposizione avverso il decreto e richiedendo la verifica dell’accusa nel contraddittorio dibattimentale. La ratio che sta alla base della diversità di regolamentazione, a seconda che il giudizio immediato sia richiesto dal PM o dall’imputato, risiede nel fatto che il potere del PM di privare l’imputato della garanzia dell’udienza preliminare deve essere ancorato a più pregnanti presupposti, mentre il potere dell’imputato di rinunciare a siffatta garanzia trova l’unico limite che la sua iniziativa non serva a stroncare le indagini preliminari (perciò non può egli attivarsi prima che il PM abbia ritenuto di concluderle, formulando la richiesta di rinvio a giudizio o la richiesta di decreto penale) e che non intralci lo svolgimento dell’udienza preliminare (sicché egli deve attivarsi almeno 3 giorni prima della sua data). IL DECRETO DI CONDANNA: REQUISITI E CONTENUTI. SUA COMUNICAZIONE E NOTIFICAZIONE. LA COSA GIUDICATA L’accoglimento della richiesta comporta, da parte del GIP, l’emissione del decreto penale di condanna i cui requisiti. Sono enunciati nell’art. 460. Art. 460 F 0E 0 il decreto di condanna deve indicare: • le generalità dell’imputato e, quando occorre, del civilmente obbligato; • l'enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate; • la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell'eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale; • il dispositivo F 0E 0 la pena è inflitta nella misura richiesta dal PM e si devono specificare le ragioni che giustificano la diminuzione della pena (da precisare nella sua entità) al di sotto del minimo edittale. Inoltre, sono resi evidenti al condannato gli speciali vantaggi connessi al rito, nell’intento di incoraggiare l’acquiescenza rispetto ad un provvedimento nei cui confronti l’opposizione difficilmente sortirebbe un esito migliore. È possibile la concessione della condizionale mentre è sempre esclusa l’iscrizione della condanna nei certificati penali richiesti dall’interessato. La sospensione condizionale della pena comporta l’estinzione del reato se nel termine di 5 anni (per i delitti) e di 2 anni (per le contravvenzioni) il condannato non commette reati della stessa indole. L’estinzione degli effetti è particolarmente estesa dato che non restano precluse ulteriori concessioni dello stesso beneficio. La confisca è disposta solo quando è obbligatoria alla stregua dell’art. 240, c. 2 c. p. (delle cose che costituiscono il prezzo del reato; delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna), in caso contrario va ordinata la restituzione delle cose sequestrate. Dal decreto non conseguono pene accessorie né la condanna alle spese del procedimento. • l'avviso che l'imputato ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria possono nominare un difensore, e l’avviso che essi possono proporre opposizione entro 15 giorni dalla notificazione del decreto e chiedere mediante l'opposizione il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta delle parti . All’avviso si accompagna l'avvertimento che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo. Avvertimento ed avvisi sono da intendere come richiesti a pena di nullità intermedia, la loro omissione dovendosi riportare all’inosservanza delle regole riguardanti l’intervento e l’assistenza di tali soggetti. • la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che lo assiste. La notificazione del provvedimento costituisce una garanzia essenziale per i destinatari, i quali altrimenti ne rimarrebbero all’oscuro e sarebbero privati del diritto di opposizione: se la notificazione è impossibile per irreperibilità dell’imputato il procedimento non è consentito F 0E 0 lo stesso giudice che ha emesso il decreto lo revoca e restituisce gli atti al PM (lo stesso vale qualora sia impossibile la notificazione nel domicilio dichiarato). Il decreto non opposto diviene irrevocabile e esecutivo allo stesso modo di una sentenza, della quale è opinione diffusa che abbia la stessa natura giuridica. Ciò è vero ai fini del ne bis in idem, tuttavia, diversamente dalla sentenza e in ragione del meno approfondito accertamento che lo precede, il decreto non ha mai efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. L’OPPOSIZIONE E I POSSIBILI SVOLGIMENTI DEL PROCESSO Art. 461 F 0E 0 sono legittimati all’opposizione l’imputato ed il civilmente obbligato, anche a mezzo dei loro difensori. L’atto è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso il decreto, oppure del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui l’opponente si trova. Il termine è di 15 giorni a decorrere dalla notificazione, salva la restituzione in termini. L’opposizione, datata e sottoscritta dall’autore, deve indicare gli estremi del decreto, la data dello stesso ed il giudice che lo ha emesso; legittimazione, termini e forma sono prescritti a pena di inammissibilità. Con l’opposizione può essere nominato un difensore di fiducia. Non è richiesta l’esposizione dei motivi dell’opposizione; l’inammissibilità dell’opposizione è dichiarata dal giudice con ordinanza, contro la quale l’opponente è legittimato al ricorso per cassazione. Se l’opposizione è ammissibile, lo svolgimento del processo si adegua al tenore delle richieste in esse contenute, che possono proporre: • giudizio immediato F 0E 0 a tale caso va equiparata l’opposizione priva di richieste specifiche: valgono le regole dell’art. 456, c. 1,3, e 5 per i requisiti del decreto e la sua notificazione, nonché il termine per comparire di 30 giorni per l’avviso d’udienza al difensore. Tra gli interessati destinatari del decreto va richiamata l’attenzione sulla persona offesa: la conoscenza che sta per celebrarsi il giudizio le tornerà utile per l’esercizio dei diritti e delle facoltà attribuiti al soggetto passivo del reato, e anche, ove fosse danneggiata, per eventualmente costituirsi parte civile; • giudizio abbreviato F 0E 0 il GIP fissa con decreto l’udienza dandone avviso almeno 5 giorni prima al PM, all’imputato, al difensore e alla persona offesa; • applicazione della pena su richiesta delle parti F 0E 0 il GIP stabilisce un termine entro il quale il PM dovrà esprimere il proprio consenso, e dispone che la richiesta ed il decreto siano notificati. Nei giudizi conseguenti all’opposizione il decreto penale è revocato e non vige il divieto di reformatio in peius: le sentenze potranno infliggere pene più gravi e revocare benefici (il che tende a dissuadere dalle opposizioni temerarie o pretestuose). Inoltre, l’opponente non può più adire la strada di altri procedimenti speciali. Quando il PM non ha dato il consenso nel termine alla richiesta di pena concordata, ad avviso di un’attenta dottrina, la richiesta sarebbe rinnovabile nel giudizio prima della dichiarazione di apertura del dibattimento L’opposizione di uno tra i condannati è sufficiente a sospendere l’esecuzione del decreto penale anche nei confronti di chi se n’è astenuto, il che si spiega in vista di un eventuale proscioglimento dell’opponente perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato o non costituisce reato essendo stato commesso in presenza di causa di giustificazione. La condanna dei concorrenti rimasti inerti viene revocata per l’ovvia ragione che dispositivi come questi incidono, negandola per tutti, sull’esistenza stessa dell’illecito penale nei suoi profili oggettivi. L’opposizione dell’imputato si estende al civilmente obbligato, e quella di questo al primo di modo che entrambi figurano quali parti nel giudizio conseguente. Nel procedimento in esame trova posto anche la facoltà di chiedere l’oblazione, della quale, purché non l’abbia già fatto il PM nel corso delle indagini preliminari, va dato avviso all’imputato nel decreto penale stesso. La relativa domanda è presentata contestualmente all’atto di opposizione. Se non ammette l’oblazione, provvede con il decreto di giudizio immediato o riguardo al giudizio abbreviato, oppure stabilisce il termine per il consenso del PM all’applicazione della pena F 0E 0 si dà così pere scontato che l’opponente possa proporre le consuete richieste in subordine alla domanda di oblazione. È questione dibattuta (ma solitamente risolta in senso negativo) se l’opposizione sia o meno atto rinunciabile. L’ILLECITO AMMINISTRATIVO L’art. 64 del d. lgs. 231/2001 dispone che il procedimento per decreto può avere luogo anche nei confronti dell’ente responsabile per l’illecito amministrativo dipendente da reato. Allo stesso modo esso è ammissibile quando risulti applicabile la sola sanzione pecuniaria. L’iniziativa appartiene al PM il quale, entro 6 mesi dall’annotazione nel registro presenta al giudice, previa trasmissione del fascicolo, una richiesta motivata indicando la misura della sanzione. A proposito della quale è consentita al PM la riduzione fino alla metà del minimo per essa previsto. Il GIP, qualora non accolga la richiesta e purché non debba pronunciare sentenza di esclusione della responsabilità, restituisce gli atti al PM (è da supporre) con ordinanza. Per la restante disciplina il lo stesso disposto fa un testuale rinvio al libro VI, tit. V e all’art. 557 (procedimento per decreto). LA FASE DEL GIUDIZIO Capitolo XXVI Il giudizio PREMESSA La fase del giudizio di cui si occupa il libro VII del codice è suddivisa in tre precisi momenti processuali: quello degli atti preliminari al dibattimento, quello del dibattimento e quello della sentenza. GLI ATTI PRELIMINARI AL DIBATTIMENTO Gli atti preliminari al dibattimento hanno avuto nel c.p.p. 1988 un notevole ridimensionamento rispetto all’ ampio spazio loro garantito dal precedente c.p.p. 1930: in quest’ ultimo tale tipologia di atti aveva la precisa funzione di attutire il passaggio dalla fase dell’ istruzione –tipicamente inquisitoria- alla fase del giudizio; oggi, invece, non hanno più questa funzione perché non vi è passaggio da una fase ad un’ altra . Il processo è iniziato con la richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM e, dopo l’ udienza preliminare, l’ attività processuale si proietta dinamicamente verso il dibattimento. Peraltro in passato la fase degli atti preliminari, o predibattimentale, spesso costituiva un motivo di ritardo nel processo perché serviva al giudice del dibattimento per la formazione e la notificazione del decreto di rinvio a giudizio. Nel c.p.p. 1988, invece, il decreto che dispone il giudizio viene emesso dal GUP che fissa la data del dibattimento, rispettando il termine dilatorio di 20 giorni, notificandolo verbalmente alle parti presenti o facendolo notificare con atto separato all’ imputato contumace all’ udienza preliminare e con avviso ai difensori ed al PM Quindi, se l’ atto più importante, la vocatio in ius, si è già compiuto nell’ udienza preliminare, anche sotto questo aspetto il momento predibattimentale viene ridimensionato, conservando solo una funzione preparatoria al dibattimento; dunque, mentre in passato gli atti preliminari al dibattimento avevano una duplice funzione –ordinatoria rispetto alla fase dell’ istruzione e preparatoria rispetto alla fase del dibattimento- oggi hanno solo la funzione preparatoria. L’ organo che gestisce questo momento è il presidente del collegio (tutte le volte in cui a giudicare è un organo collegiale) il quale ha una competenza funzionale diversa da quella che avrà o ha già il collegio stesso, in quanto ex art. 468 autorizza le citazioni dei testimoni, dei periti e dei consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell’ art. 210 (persone imputate in procedimento connesso) e dispone anche in tema di atti urgenti. Le attività preparatorie al dibattimento sono: A) la prima attività che compete al presidente del tribunale o della corte d’ assise è quella di modificare la data fissata per il dibattimento dal GUP, anticipandola o differendola nn più di una volta (art.465 c 1). Vi è comunque l’ obbligo di rispettare il termine a comparire, facendo in modo che tra la notifica dell’ originario decreto e la nuova data dell’ udienza fissata intercorra un termine non inferiore a 20 giorni (termine libero nel quale non si computa né il dies a quo né il dies a quem). Il provvedimento del presidente è sempre comunicato al PM e notificato alle altre parti e, ove l’ udienza sia anticipata, fermo il termine intercorrente tra notifica e data dell’ udienza, va rispettato altresì il termine (anch’esso dilatorio) di 7 giorni tra la notifica del provvedimento e la nuova udienza (art.465 c 2). B) la seconda attività è quella di autorizzare con decreto la citazione dei testimoni, periti e consulenti tecnici , nonché delle persone elencate nell’ art. 210 (persone imputate in procedimento connesso), indicate dalle parti ex art. 468. Si tratta di un’ incombenza anticipatrice del diritto alla prova che si esercita nel momento dibattimentale. Ed infatti, volendo far assumere testimoni, periti, consulenti tecnici o i soggetti indicati dall’ art. 210, le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria almeno 7 giorni prima della data fissata per il dibattimento, la richiesta scritta, che deve indicare le generalità dei soggetti chiamati e le circostanze su cui deve vertere l’ esame. Tale termine (che è sempre di 7 giorni prima della data fissata per l’ udienza di comparizione dinanzi al tribunale in composizione monocratica) è, al tempo stesso, un termine dilatorio, perché termine libero, e perentorio, perché, ove trascorra, non è più consentito –di regola- alla parte l’ esercizio del diritto alla presentazione della lista. Il presidente deve autorizzare la citazione di questi soggetti escludendo solo le testimonianze manifestamente sovrabbondanti e quelle vietate dalla legge. La parte, a sua volta, ottenuta l’ autorizzazione, cita per l’ udienza fissata il testimone, il perito, il consulente tecnico o una persona indicata nell’ art. 210 (art. 468 c 2) salvo che non intenda presentarli direttamente in dibattimento. In base all’ art. 468 c 4 bis (introdotto dalla lex 356/92) nel caso s’intenda acquisire verbali di prove di altro procedimento penale, la parte deve farne richiesta contestualmente al deposito della lista; se però si tratta di verbali riguardanti dichiarazioni rese da persone, di cui le parti hanno chiesto la citazione, l’a autorizzazione della stessa è differita al momento di ammissione della prova nel dibattimento ex art. 495. … In ogni caso rimane impregiudicato il diritto delle parti alla “citazione alla prova contraria” e il dovere del presidente di disporre ex officio la citazione del perto nominato nell’ incidente probatorio (art. 468 c 4,5). C) ulteriori atti di competenza del presidente in questa fase sono i c.d. atti urgenti non rinviabili al dibattimento. L’art. 467, infatti, prevede l’ ipotesi che tra la data in cui è stato fissato il dibattimento e il dibattimento stesso sopraggiungano motivi di urgenza che inducano a ritenere che una prova non possa più essere assunta nel dibattimento –si tratta degli stessi casi che avrebbero consentito l’ incidente probatorio se si fossero verificati nella fase delle indagini preliminari-. Quando ricorrono le ipotesi di cui all’ art. 392 (casi dell’ incidente probatorio), il presidente può disporre, a richiesta di parte, l’ assunzione delle prove non più rinviabili, osservando tutte le forme previste per il dibattimento e dando avviso a tutte le parti, almeno 24 ore prima, del giorno, dell’ ora, del luogo stabiliti per il compimento dell’ atto –tali atti andranno poi inseriti nel fascicolo del dibattimento-. D) ultimo atto possibile, attribuito alla competenza del collegio e non del presidente, è la sentenza anticipata di proscioglimento. La configurazione di tale sentenza si ricava dall’ art. 129, norma che fa obbligo al giudice, in ogni stato e grado del processo, di immediata declaratoria di proscioglimento dell’ imputato in tutti i casi in cui riconosce che il fatto non sussiste, l’ imputato non l’ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il reato è estinto o manca una condizione di procedibilità. In alcuni di questi casi, è possibile nel predibattimento emettere una sentenza anticipata di proscioglimento: art. 469 “ se l’ azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita o il reato è estinto” e per accertarlo non occorra giungere al dibattimento, il giudice può emettere sentenza anticipata di proscioglimento, decidendo con procedimento in camera di consiglio ex art. 127, sentiti il PM e l’ imputato. Tale sentenza non esprime MAI un giudizio di merito, è inappellabile con gli ordinari mezzi di impugnazione, ma è ricorribile per Cassazione, può essere emessa solo se le parti, una volta sentite, non si oppongano e salvo quanto previsto dall’ art. 129 c2 ( F 0D F se risulti evidente che il fatto non sussiste o che l’ imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o, ancora, non è previsto dalla legge come reato, il giudice è tenuto a sperimentare il dibattimento per emettere la sentenza di assoluzione di merito con una delle formule appena indicate). 6) La stessa lettura è consentita per i verbali delle dichiarazioni rese da persona residente all’ estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo se non è assolutamente possibile l’ esame dibattimentale (art. 512 bis). 7) In base all’ art. 512 è sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’ acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all’ art 240 ( F 0D F documenti anonimi ed atti relativi a intercettazioni illegali). 8) Le dichiarazioni dell’ imputato rese nel corso delle indagini preliminari o nell’ udienza preliminare possono essere utilizzate, a richiesta di parte, quando l’ imputato è contumace o assente o si rifiuta di sottoporsi all’ esame (art.513) anche se tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all’ art. 500 c 4 ( testimone soggetto a violenza, minaccia, che dichiari il falso etc.); per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal testimone-imputato in un procedimento connesso, solo se non è possibile sottoporre il soggetto all’ esame perché, ad esempio, irreperibile, il giudice ne disporrà la lettura. c) L’ IMMEDIATEZZA E LA CONCENTRAZIONE PROCESSUALE Se oralità significa percezione diretta della prova da parte del giudice, è evidente che solo concentrando il dibattimento in una sola udienza si consente al giudice di avere saldi i ricordi della prova da porre a fondamento della sua decisione; se il dibattimento viene rinviato, il giudice per fissare i suoi ricordi deve necessariamente far ricorso alla verbalizzazione e, quindi, all’ atto scritto. I caratteri di immediatezza e concentrazione di desumono, innanzitutto, dall’ art. 477 ove è disposto che “quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo” e che la sospensione è ammessa solo per “ragioni di assoluta necessità e per un termine massimo che, computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i 10 giorni, esclusi i festivi”. Anche l’ art. 525 è riconducibile a tali principi nella parte in cui afferma che la sentenza è deliberata “subito dopo la chiusura del dibattimento” e che alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Dal combinato disposto di queste due norme emerge che il principio di immediatezza va inteso nel senso che va assicurato il diretto rapporto tra giudicante e soggetti della prova, mentre il principio di concentrazione significa che il dibattimento deve svolgersi con la maggiore celerità allo scopo di assicurare che il convincimento del giudice sia fondato sulla fedele percezione delle risultanze dibattimentali. d) IL CONTRADDITTORIO Tale principio sul piano formale si realizza, sul piano formale, con la contemporanea partecipazione delle parti contrapposte all’ attività processuale. Tuttavia non basta il rispetto formale, occorre garantire la attiva partecipazione alla formazione della prova. La maggiore garanzia di effettività è data: dalla partecipazione del PM e del difensore all’ esame diretto, senza il diaframma del giudice; dal diritto relativo alle richieste di prova ex art. 493; dal rinnovato art. 111 c 2,4 Cost. e) L’ IMMUTABILITA’ DELL’ ACCUSA E LA CORRELAZIONE CON LA SENTENZA L’ imputazione è considerata come il fatto storico al quale il PM da una qualificazione giuridica soltanto embrionale e, quindi, con un grado di modificabilità sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, mentre l’ accusa ha maggiore determinatezza e fondatezza essendo il risultato di un accertamento della verità dei fatti. Nel sistema vigente è solo al termine del dibattimento che l’ imputazione si determina e si trasforma in accusa, poiché, però, il giudice è chiamato a decidere su un fatto definito e storicamente circoscritto anche al fine di rispettare la correlazione fra accusa e sentenza, è necessario che vi sia un momento in cui l’ accusa debba cristallizzarsi, nel nuovo sistema questo momento è quello della conclusione dell’ istruzione dibattimentale ex art. 521. Infatti al di là delle 3 ipotesi possibili di nuove contestazioni, il principio che viene posto in evidenza è che il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’ imputazione, ma non può mai modificare il fatto. Infatti, qualora ritenesse che si tratti di un fatto diverso, il giudice dovrebbe restituire gli atti al PM perché inizi il processo ex novo dato che, quando muta sul piano fattuale uno degli elementi essenziali della fattispecie che la fa apparire diversa da quella contestata, si incide sul diritto di difesa dell’ imputato; diverso è il tema della qualificazione giuridica in quanto il fatto rimane invariato, ma il giudice, al quale viene demandata esclusivamente la valutazione del nomen juris del fatto, può qualificarlo giuridicamente in modo diverso (es. no furto ma appropriazione indebita), sempreché da tale diversa qualificazione non si determini una sua incompetenza per materia divenendo il reato di competenza superiore. f) LA NON REGRESSIONE E’ principio in forza del quale il processo deve proiettarsi dinamicamente verso la decisione finale e non può regredire ad una fase anteriore: mira ad accelerare la dinamica processuale. Il processo non può e non deve tornare alla fase precedente, salve, ovviamente, le ipotesi eccezionali come quella ad es. della restituzione degli atti al PM per l’esercizio ex novo dell’ azione penale. IL DIVIETO DI ARRESTO DEL FALSO TESTIMONE Il divieto è previsto dall’ art. 476 c 2 , è il frutto di una direttiva contenuta nella l.del. del 1987 ed è finalizzato ad evitare ogni possibile forma di coazione morale nei confronti di un testimone ritenuto falso o reticente. Il legislatore non ha escluso che il testimone falso debba essere perseguito e poi punito una volta accertata la falsità, ma ha voluto evitare il rischio di costrizioni morali prevedendo che il PM, in tali ipotesi, possa chiedere al giudice la trasmissione degli atti al suo ufficio per procedere per il reato di falsa testimonianza. GLI ATTI INTRODUTTIVI DEL DIBATTIMENTO: LA COSTITUZIONE DELLE PARTI Il dibattimento può idealmente dividersi in 3 momenti: gli atti introduttivi o operazioni preliminari (artt. 484-495); l’ istruzione dibattimentale (artt. 496-522); la discussione finale (artt. 523-524). Gli atti introduttivi del dibattimento –da non confondere con gli atti preliminari al dibattimento- hanno lo scopo di consentire la verifica delle condizioni necessarie affinchè il dibattimento possa svolgersi in modo ordinato e regolare. A tal fine assumono rilievo la preliminare verifica della regolare costituzione delle parti e della presenza del difensore dell’ imputato, dopo la quale il presidente, qualora non sia presente il difensore, ne designa altro in sostituzione per assicurare sin dall’ inizio la valida instaurazione del contraddittorio con il PM (art. 484 c 2). Per quanto riguarda l’ imputato, il combinato disposto degli artt. 484 c 2 bis e 420 bis rafforza il dovere del giudice di disporre, anche d’ ufficio, la rinnovazione della citazione a giudizio, non solo quando è provato, ma anche quando appare probabile, che l’ imputato non abbia avuto effettiva conoscenza della data fissata per il dibattimento e questo per assicurare la partecipazione dell’ imputato al momento di formazione della prova. L’ IMPEDIMENTO A COMPARIRE DELL’ IMPUTATO E DEL DIFENSORE: LA CONTUMACIA La disciplina relativa all’ impedimento e alla contumacia tiene conto del contemperamento tra l’ esigenza, da un lato, di assicurare all’ imputato la effettiva partecipazione alla fase centrale del processo e, dall’ altro, di garantire che il dibattimento si celebrato celermente, senza il ricorso ad espedienti dilatori. Occorre considerare anche che la nuova disciplina sulla contumacia attua i principi della CEDU e si adegua alle regole minime contenute nella Risoluzione 11/1975 del Comitato dei Ministri del Consiglio europeo che ha ritenuto ammissibile il giudizio senza la presenza dell’ imputato, purchè circondato da numerose garanzie: la citazione tempestiva, il rinvio per mancata comparizione, l’ avvertimento sulle conseguenze del mancato intervento, il rinvio in caso di legittimo impedimento o di necessità della comparizione, la presenza del difensore, la procedura dibattimentale usuale, la notificazione della sentenza, il ricorso contro la stessa e un nuovo giudizio in caso di assenza non giustificata, ma tardivamente comprovata per impossibilità dell’ imputato. Tali regole trovano la loro attuazione anzitutto nelle disposizioni ex artt. 484 c 2 bis e 420 ter che prevedono la sospensione o il rinvio dell’ udienza per l’ impedimento legittimo ( F 0D F impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento)dell’ imputato o del suo difensore purchè sia data prontamente comunicazione delle ragioni ostative al giudice procedente e l’ imputato non sia assistito da 2 difensori ovvero quando sia stato nominato un sostituto o quando l’ imputato non chieda che si proceda in assenza del difensore impedito –questa disciplina è estesa anche all’ udienza preliminare-. L’ imputato che non compare in udienza senza addurre alcuna giustificazione della sua assenza, viene dichiarato contumace dal giudice, dopo che sia stata verificata la regolare notificazione dell’ atto di citazione e che siano sentite le parti, se poi, nel corso del dibattimento, l’ imputato compaia, il giudice, se non è iniziata la discussione, revoca l’ ordinanza contumaciale: in tal caso, l’ imputato può anche chiedere di essere sottoposto all’ esame. Vi sono casi nei quali, nonostante l’ assenza dell’ imputato, non si verifica la sua contumacia: quando l’ imputato consenta o chieda che il dibattimento si svolga in sua assenza o, se detenuto, rifiuti di assistervi; quando l’ imputato –per il principio semel praesens semper praesens- dopo essere regolarmente comparso, si allontana dall’ aula di udienza. E’ il momento centrale del dibattimento nel quale si forma la prova e la imputazione prospettata dal PM trova o no il suo riscontro. Vi è un ordinato svolgimento e, di regola, si parte dalle prove indicate dal PM per poi assumere quelle delle altre parti private e terminare con quelle richieste dalla difesa – ciò non esclude che le parti possano concordare un diverso ordine-. L’ esame diretto dei testimoni è una delle espressioni più significative del diritto alla prova, nonché espressione di immediatezza sia perché si vuole evitare l’ intervento del giudice per garantirne la terzietà, sia perché le parti possono esaminare meglio i testimoni sugli elementi rilevanti del fatto, inoltre così si realizza il contraddittorio fra le parti. Il giudice può indicare alle parti temi di prova nuovi o più ampi utili per la completezza dell’ esame (art. 506 c 1) e può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate all’ art. 210 e alle parti, seppur dopo aver terminato l’ esame ad iniziativa delle parti. Tuttavia va precisato che nel procedimento minorile l’ esame viene condotto direttamente dal giudice, mentre nel procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica l’ esame può essere condotto dal giudice, ove vi sia accordo tra le parti (art. 559 c 3); inoltre è stata poi dichiarata l’ illegittimità costituzionale dell’ art. 498 per violazione dell’ art. 2 Cost. nella parte in cui non consente, nel caso di testimone maggiorenne infermo di mente, che il presidente, sentite le parti, ove ritenga che l’ esame del teste ad opera delle parti possa nuocere alla personalità del teste medesimo, ne conduca direttamente l’ esame su domande e contestazioni proposte dalle parti (C.Cost. sent. N. 283/97). Passando all’ analisi delle regole che stanno alla base dell’ esame diretto, occorre, innanzitutto, adottare ogni possibile cautela perché il testimone non ascolti, prima di deporre, quanto viene riferito da altro testimone. I testimoni vengono assunti l’ uno dopo l’ altro, secondo l’ ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati e, ex art. 497, prima che l’ esame abbia inizio,questi sono tenuti a fare dichiarazione sostitutiva del giuramento con cui assumono l’ impegno di dire tutta la verità senza nascondere nulla di quanto è a loro conoscenza, dopo essersi detti consapevoli della responsabilità morale e giuridica che assumono con la loro deposizione. Resa tale dichiarazione, sono tenuti a declinare le proprie generalità, previo avvertimento da parte del presidente –prescritto a pena di nullità e non dovuto per i minori di anni 14- dell’ obbligo di dire la verità per non incorrere nella penale responsabilità per falsa o reticente testimonianza; se, invece, ricorrono ipotesi di astensione per segreto familiare, il giudice, a pena di nullità, deve avvertire comunque il testimone della facoltà di astenersi ex art. 199 c 2. Nell’ ambito dell’ esame bisogna distinguere l’ESAME DIRETTO dal CONTROESAME: il primo è condotto dalla parte che ha chiesto di esaminare il testimone (o il perito o il consulente), il secondo, invece, è condotto dalle altre parti subito dopo l’ esame diretto, seguendo l’ ordine previsto dagli artt. 496 c 1 e 493 c 1. Gli SCOPI dell’ esame e del controesame sono radicalmente diversi poiché il primo mira a dare conforto all’ assunto che si intende provare, ad offrirne la prova e confermarlo, mentre il secondo, al contrario, tende a screditare le dichiarazioni già rese per minare la credibilità del testimone e, quindi, dimostrare l’ infondatezza della tesi contrapposta. L’OGGETTO sia dell’ esame che del controesame deve essere sempre un fatto specifico: il testimone deve essere esaminato sui fatti determinati che sono indicati nella lista testimoniale al momento del deposito della lista ex art. 468, anche se chi ha proposto l’ esame può proporre nuove domande per consentirgli di superare l’eventuale discredito cagionato alla prova dalle domande proposte in controesame e va esercitata innovando il tema delle “nuove domande” (art. 498 c 3).. E’ fatto DIVIETO di: esposizione narrativa dei fatti, al di fuori di specifiche domande, così come dovrebbe essere vietato porre domande che esulano del tutto dai capitoli specifici di prova per non violare il diritto alla controprova (art. 499 c 1); porre domande che possano nuocere alla sincerità delle risposte, le cd. domande nociva, cioè quelle che possono apparire intimidatorie e che non rispondono ai criteri di lealtà che devono contraddistinguere sempre il comportamento delle parti. Una regola DIFFERENZIATA per l’ esame ed il controesame e, invece, dettata in tema di cd. domande suggestive, quelle, cioè, che tendono a suggerire le risposte: sono vietate solo per l’ esame diretto. Tutte queste regole sono fatte rispettare dal presidente del collegio (o dal giudice monocratico), il quale vieterà sempre la proposizione di domande non pertinenti, di quelle vertenti su fatti che non rientrano nelle posizioni preannunciate dalle parti ovvero di quelle domande che non garantiscono la genuinità delle risposte o che non assicurano il principio di lealtà dell’ esame stesso. Un ruolo importante nella dinamica dell’ esame testimoniale è svolto dalle cd. CONTESTAZIONI che costituiscono lo strumento non solo per controllare la veridicità del contenuto della deposizione, ma anche per consentire la trasmigrazione delle dichiarazioni, rese precedentemente, dal fascicolo del PM a quello del dibattimento. In tal modo, l’ atto originariamente assunto nelle indagini preliminari con limitato valore di fonte di prova, assurge a dignità di prova per la semplice considerazione che la sua conoscenza non è più limitata solo alle parti, ma è estesa anche al giudice. Il legislatore del 1988 aveva originariamente previsto che le contestazioni fossero consentite solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto, che le dichiarazioni utilizzate per le contestazioni stesse potevano divenire mezzi di prova esclusivamente per stabilire la credibilità della persona esaminata e che, per quanto concerne il passaggio dal fascicolo del PM a quello del dibattimento, l’ acquisizione era consentita solo alle dichiarazioni assunte dal PM o dalla p.g. nel corso delle perquisizioni ovvero sul luogo e nell’ immediatezza del fatto (art. 500 c 2,3,4). Tuttavia questa organica disciplina è stata scardinata dagli interventi prima della Corte Cost. con la sent. 255/92 e poi del legislatore con il d.l. 306/92, i quali hanno, rispettivamente, dichiarato l’ incostituzionalità dei commi 3 e 4 art. 500 e profondamente sconvolto il precedente assetto normativo fissato dallo stesso art. 500 a causa delle esigenze di modifica urgenti per contrastare la criminalità mafiosa. Da ultimo, è intervenuta la l. 63/01 a sostituire l’ art. 500 e a rafforzare il principio che, di regola, le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste e che, se il teste rifiuta di sottoporsi all’ esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa le dichiarazioni non possono essere utilizzate salvo che non vi siano elementi concreti dai quali si possa desumere che il teste è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, nel qual caso le dichiarazioni precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e possono essere utilizzate. b) L’ ESAME DELLE PARTI PRIVATE Con le stesse regole previste per l’ esame ed il controesame testimoniale, le parti private che ne facciano richiesta o vi prestino il consenso possono essere sottoposte ad esame da espletarsi appena terminata l’ assunzione delle prove a carico dell’ imputato (art. 150 att.), le uniche differenze attengono al carattere meramente eventuale di questa tipologia di esame e al regime delle contestazioni F 0E 0 sono acquisibili al fascicolo del dibattimento non solo le dichiarazioni rese al PM, ma anche quelle rese alla p.g; dopo la modifica apportata dalla l. 63/01 all’ art. 503 c 4 che fa ora riferimento all’ art. 500 c2 –invece che al c 3-, sono utilizzabili le dichiarazioni precedentemente rese dall’ imputato anche in deroga al principio dell’ oralità. La parte civile può essere esaminata in tale veste solo se non deve essere assunta come testimone (art. 208), mentre l’ imputato può rifiutare di sottoporsi all’ esame e consentire al rilascio di spontanee dichiarazioni da rendere in ogni stato e grado del dibattimento (art. 494). Se poi, l’ imputato rifiuti di sottoporsi all’ esame e sia contumace od assente, il giudice dispone che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni da lui rese al PM, al g.i.p. o al GUP; tale lettura è consentita anche per le dichiarazioni rese dall’ imputato alla p.g. in sede di interrogatorio da questa effettuato su delega del PM ex art. 370 (dato che la C.Cost. con sent. 60/95 ha dichiarato l’ incostituzionalità dell’ art. 513 c 1 per contrasto con l’ art. 3 Cost.). Per quanto riguarda le dichiarazioni rese dal coimputato di un procedimento connesso, il legislatore con l. 267/97 ha stabilito –modificando l’ art. 513- che queste non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all’ art. 500 c 4 ( F 0D F testimone sottoposto a violenza, minaccia etc.). Per le dichiarazioni rese da uno dei soggetti indicati nell’ art. 210 c 1 ( F 0D F coimputati per cui si procede separatamente o che non possono assumere l’ ufficio di testimoni) il giudice dispone, secondo i casi, l’ accompagnamento coattivo del dichiarante o l’ esame al domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l’ esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contraddittorio; nell’ ipotesi di esercizio della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l’ accordo delle parti (art. 500 c 2).Se le dichiarazioni ex art. 513 sono state assunte nel corso dell’ incidente probatorio, si applicano le disposizioni sulle letture consentite ai sensi dell’ art. 511. c) LETTURE CONSENTITE E LETTURE VIETATE Per l’ utilizzabilità di determinati atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento occorre che il giudice, in deroga al principio dell’ oralità, ne disponga, anche ex officio, la lettura integrale o parziale. La disciplina è prevista dall’ art. 511 ove sono posti limiti alla lettura dei verbali di dichiarazioni, ammessa solo dopo che sia stata esaminata la persona che le ha rese, alla lettura della redazione peritale, prevista dopo l’ esame del perito, e alla lettura delle dichiarazioni orali di querela o di istanza, consentita solo per verificare le condizioni di procedibilità; altri casi tassativi di lettura sono quelli attinenti alla sopraggiunta impossibilità di ripetizione di alcuni atti assunti dalla p.g., dal PM, dai difensori delle parti private o dal giudice nel corso dell’ udienza preliminare (art. 512); quelli relativi ai verbali di dichiarazioni rese dal cittadino straniero non citato o non comparso (art. 512 bis); quelli riguardanti le dichiarazioni rese dallo stesso imputato. A parte i forti dubbi di legittimità cost. delle norme che consentono l’ utilizzo di dichiarazioni non assunte nel contraddittorio fra le parti, in violazione degli artt. 24 c 2 Cost. e 6 CEDU, la norma di maggior rilievo è l’ art. 514 che, vietando ogni altra forma di lettura non tassativamente elencata negli artt. Suddetti, costituisce efficace norma di chiusura vincolante per l’ interprete. d) ASSUNZIONE DI NUOVI MEZZI DI PROVA L’ art. 507 stabilisce che, al termine dell’ acquisizione probatoria, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche ex officio l’ assunzione di nuovi mezzi di prova anche relativi agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento. Trattasi, tuttavia, di un potere integrativo ed eccezionale del giudice che può essere esercitato, quindi, anche su istanza delle parti, le quali possono in tal modo supplire alla precedente carenza probatoria, tenendo conto dell’ esito dell’ istruzione dibattimentale compiuta. LE NUOVE CONTESTAZIONI Le nuove contestazioni sono determinate nelle ipotesi del: valutazione discrezionale del giudice. Circa i requisiti della sentenza, analiticamente elencati dall’ art. 546, meritano rilevanza i casi di nullità per mancanza della motivazione, per mancanza o incompletezza, nei suoi elementi essenziali, del dispositivo e per mancanza della sottoscrizione del giudice. C) ATTI SUCCESSIVI ALLA DELIBERAZIONE F 0E 0 una volta conclusa la deliberazione, dopo che il presidente ha redatto e sottoscritto il dispositivo, deve essere redatta, di regola, la motivazione coeva, rappresentata da una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata; solo in caso di impossibilità, quale eccezione alla regola, la motivazione della sentenza può essere redatta entro 15 giorni dalla pronuncia ovvero, in casi di particolare complessità, in un termine più ampio e non eccedente, comunque, il 90° giorno da quello della pronuncia (art. 544); altra eccezione è prevista, nelle ipotesi ex art. 533 c 3 bis, per la stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, per la quale viene accordata precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare, in tal caso, il termine di 90 giorni è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata la precedenza; infine, il comma 4 bis dell’ art. 154 att. Consente al presidente della corte di appello di prorogo rare, su richiesta motivata del giudice che deve procedere alla motivazione, il termine di 90 giorni per una sola volta e per un periodo massimo di ulteriori 90 giorni –altrettanto può fare il presidente del tribunale per i giudizi di primo grado-. Del resto, la regola della contestualità della motivazione, ulteriore espressione del principio di immediatezza, non trova frequentemente applicazione nella prassi giudiziaria, ma ciò non toglie che anche per la motivazione differita siano previsti dei termini ordinatori. Vige anche l’ obbligo di pubblicazione della sentenza attraverso la lettura del dispositivo in udienza da parte del presidente o di un giudice del collegio da lui delegato (art. 545). Se è coeva, viene letta anche la motivazione o una esposizione riassuntiva: in tal caso, la lettura equivale a notificazione per le parti che sono o devono considerarsi presenti all’ udienza; quando, invece, la motivazione non è contestuale ed il giudice non rispetti il termine di 15 giorni ovvero quello diversamente da lui stesso prefissato, a norma dell’ art. 544 c 3, la cancelleria provvede a far comunicare al PM e a notificare alle altre parti l’ avviso di deposito della sentenza, notifica che compete, in ogni caso, all’ imputato contumace e al procuratore generale (art. 548). I PROCEDIMENTI DAVANTI AI GIUDICI MONOCRATICI Capitolo XXVII Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica PROFILI GENERALI Secondo le indicazioni della legge delega (direttiva n. 103) si trattava di un rito che doveva svolgersi secondo criteri di massima semplificazione, con esclusione dell’ udienza preliminare e con possibilità di incidenti probatori solo in casi eccezionali. La scelta legislativa (d. lgs. 51/98 “istituzione del giudice unico di primo grado”) di unificare presso il tribunale la competenza per tutti i reati che non fossero attribuiti alla Corte d’ assise imponeva la soluzione di varie questioni: la conservazione o meno della tradizionale struttura collegiale dell’ organo, il rito più o meno semplificato da applicare etc. Il punto di equilibrio è stato trovato secondo uno schema articolato che prevede uno sdoppiamento del rito –a seguito dell’ ampliamento della fascia dei reati da consegnare al giudice monocratico secondo le indicazioni di cui all’ art. 33 ter-: per i reati meno gravi, indicati all’ art 550 ( F 0D F contravvenzioni e delitti puniti con la pena pecuniaria o con la pena detentiva fino a 4 anni etc.), si procederà con citazione diretta a giudizio senza udienza preliminare; per la residua serie di reati il procedimento transiterà alla fase dibattimentale a seguito dell’ udienza preliminare. Per il rito de quo non può parlarsi di procedimento speciale –espressione assegnata ai riti alternativi e sostitutivi al dibattimento- ma di procedimento semplificato. Tuttavia l’ accorpamento presso il tribunale dei reati che non erano attribuiti ex art. 5 alla Corte d’ assise è stato stravolto a seguito dell’ entrata in vigore del d. lgs. 274/00 con il quale molti di quei reati sono stati attribuiti alla competenza del GDP IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA CON CITAZIONE DIRETTA DECRETO DI CITAZIONE A GIUDIZIO Per i reati indicati dai commi 1 e 2 dell’ art. 550 il PM, ove intenda esercitare l’ azione penale, provvederà ad emettere un decreto di citazione diretta, cioè senza provvedere a richiedere il rinvio a giudizio, con conseguente esclusione dell’ udienza preliminare. Il PM dovrà comunque procedere ai sensi dell’ art. 415 bis ( F 0D F avviso all’ indagato della conclusione delle indagini preliminari) con l’ unica differenza che le eventuali patologie legate al deposito degli atti nonché alla mancata assunzione dell’ interrogatorio richiesto dall’ indagato ricadranno sul decreto di citazione diretta e non sulla richiesta di rinvio a giudizio. Contenuto del decreto di citazione a giudizio: l’ identificazione dell’ imputato e del difensore e quella della persona offesa; la formulazione dell’ accusa rivolta all’ imputato attraverso l’ enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, con l’ indicazione delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’ applicazione di misure di sicurezza, integrata dai riferimenti di legge; la data, la sottoscrizione del PM e dell’ ausiliario; l’ indicazione del giudice competente per il giudizio; luogo, giorno, ora della comparizione; l’ avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia ed in mancanza della nomina di un legale d’ ufficio; l’ avvertimento della possibilità –ricorrendone i presupposti- di accedere al rito abbreviato, al patteggiamento, all’ oblazione; la comunicazione della facoltà per le parti ed i difensori di prendere visione ed estrarre copia del fascicolo delle indagini preliminari depositato presso la segreteria del PM Il decreto di citazione dovrà essere notificato all’ imputato, al suo difensore e alla persona offesa almeno 60 giorni prima della data dell’ udienza di comparizione, riducibili a 45 in caso di urgenza. La mancanza del decreto o la carenza degli elementi strutturali previsti a pena di nullità determinerà, ai sensi dell’ art. 178 c1 lett. B e 552 c 2, la regressione del procedimento e la necessità per il PM, cui gli atti saranno trasmessi, di rinnovare il decreto e le attività successive. Gli eventuali vizi della notificazione integrano una nullità a regime intermedio. UDIENZA DI COMPARIZIONE Il PM è tenuto a depositare in segreteria il decreto di citazione unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove; è tenuto, altresì, dopo la notificazione, ad unire il decreto al fascicolo per il dibattimento che egli stesso provvederà a formare e a trasmettere al giudice per il dibattimento. Fino a questo momento spetta al g.i.p. assumere gli atti urgenti e provvedere sulle misure cautelari. L’ esaurimento di queste attività introduce la fase degli atti preliminari a dibattimento: almeno 7 giorni prima della data fissata dal decreto di citazione per la comparizione davanti al giudice competente per il giudizio, le parti, a pena di inammissibilità, possono depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti, consulenti tecnici, persone indicate nell’ art. 210 di cui si intende chiedere l’ esame e quelle di cui all’ art. 197 bis ( F 0D F persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l’ ufficio di testimone). Ricorrendone le condizioni, il giudice può pronunciare la sentenza predibattimentale (art. 469). L’ udienza di comparizione è articolata in 2 momenti: nel primo, dopo l’ accertamento della regolare costituzione delle parti e la discussione sulle questioni preliminari, è previsto lo svolgimento di quei diritti e di quelle facoltà riconosciuti all’ imputato che trovano nel rito ordinario collocazione nell’ udienza preliminare, nel corso di questa prima fase possono trovare estrinsecazione il rito abbreviato, l’ applicazione della pena, l’ oblazione, il tentativo di conciliazione. Nel secondo momento dell’ udienza di comparizione –al quale momento si darà corso qualora deve procedersi al giudizio- troverà estrinsecazione la fase dibattimentale vera e propria. RITI SPECIALI (DEFLATTIVI DEL DIBATTIMENTO) Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento si possono avanzare: solo da parte dell’ imputato, la richiesta di giudizio abbreviato con immediata prosecuzione del rito secondo le cadenze di cui agli artt. 438-443, ovvero domanda di oblazione secondo quanto previsto dagli artt. 162 e 162 bis c.p. –se il giudice accoglierà la richiesta, fisserà con ordinanza la somma da corrispondere con estinzione del reato a seguito dell’ avvenuto pagamento, se, invece, la richiesta sarà respinta, si procederà al dibattimento-; da parte dell’ imputato o del PM, la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’ art. 444 –ove vi sia il consenso della parte che non ha formulato la richiesta ed il giudice ritenga corretta la qualificazione del fatto, l’ applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti nonché congrua la pena, sarà pronunciata sentenza di patteggiamento, se, invece, la richiesta sarà rigettata, stante l’ incompatibilità del Capitolo XXVIII Il procedimento davanti al giudice di pace PREMESSA INTRODUTTIVA Con l. 374/91 è stata introdotta ex novo la figura del giudice di pace, al quale l’ art. 1 conferiva l’ esercizio della giurisdizione in materia civile e penale; diversi anni più tardi, con il d. lgs. 274/00 ed il relativo regolamento d’ esecuzione d.m. 204/01, viene a formarsi un complesso elaborato di norme, un vero e proprio sottosistema penale, ripartito in 3 titoli, rispettivamente dedicati al procedimento davanti al giudice di pace, alle sanzioni applicabili al medesimo, alle disposizioni finali e transitorie. I PRINCIPI GENERALI DEL PROCEDIMENTO L’ art. 2 del d. lgs. 274/00 formula 2 principi generali: A) il criterio strutturale, in positive ed in negative, di inquadramento della specifica disciplina processuale entro il più ampio contesto delle norme contenute nel codice; sotto il profilo positive, per quanto non previsto nel decreto, si stabilisce l’ osservanza “in quanto applicabili” di tutte quelle norme e disposizioni; sotto il profilo negativo, si caratterizza in modo differenziale il nuovo procedimento escludendosi testualmente l’ applicazione della disciplina codicistica relativa a diverse materie F 0E 0 l’ incidente probatorio, l’ arresto in flagranza ed il fermo di indiziato di delitto, le misure cautelari personali, la proroga del termine per le indagini, l’ udienza preliminare, i procedimenti speciali. B) il c 2 dell’ art. 2 enuncia, invece, una norma fondamentale che sorregge ed ispira la figura e la funzione del giudice di pace: nel corso del procedimento egli deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione delle parti ( F 0D F ovviamente per parti s’ intende i soggetti privati della lita, cioè l’ offensore e la persona offesa); ossia gli viene conferita una più spiccata funzione di carattere promozionale. I SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO L’ art. 1 ci presenta i titolari delle funzioni giudiziarie in primo grado: il PM e il GDP Alcune caratteristiche peculiari riguardano: l’ organizzazione dell’ ufficio del PM risulta concentrata in capo al tribunale nel cui circondario ha sede il GDP (e non, dunque, a livello di ciascuno dei GDP); il legislatore, senza riproporre la figura di un apposito giudice per le indagini preliminari, ha creato la figura del GDP cd. circondariale: quello del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il GDP territorialmente competente per il merito. LA COMPETENZA PER TERRITORIO La competenza per territorio è disciplinata dall’ art. 5 che tiene distinta la fase del giudizio da quella delle indagini preliminari: per quanto attiene alla fase del giudizio, è prevista l competenza del GDP del luogo in cui il reato è stato consumato, possono poi applicarsi le regole generali e suppletive previste dagli artt. 8 e 9 c.p.p.; per quanto attiene, invece, alle indagini preliminari, è competente il GDP circondariale. LA COMPETENZA PER MATERIA La competenza per materia –ferma restando quella del tribunale per i minorenni- è stata ritagliata da quella assegnata al tribunale. Al GDP, con determinazione di tipo qualitativo, è assegnata, in primo luogo, la competenza in ordine ad una serie di delitti e contravvenzioni contenuta nel codice penale: a) DELITTI (consumati o tentati) F 0E 0 percosse; lesioni personali perseguibili a querela; lesioni personali colpose, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione di quelle connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro; omissione di soccorso; ingiuria, diffamazione; minaccia; furti punibili a querela dell’ offeso; sottrazione di cose comuni; usurpazione; deviazione di acque e modificazione dello stato di luoghi; invasione di terreni ed edifici; introduzione o abbandono di animali e pascolo abusivo (purchè non si tratti di terreni, fondi, acque, edifici pubblici); danneggiamento; deturpamento e imbrattamento di cose altrui. Si tratta di delitti quasi tutti perseguibili a querela, esclusa l’ omissione di soccorso e il deturpamento e imbrattamento di cose altrui, sempre che si tratti di cose di interesse storico o artistico. b) CONTRAVVENZIONI F 0E 0 somministrazione di bevande alcoliche a minori, infermi di mente o persone in stato di manifesta ubriachezza; determinazione in altri dello stato di ubriachezza; atti contrari alla pubblica decenza; inosservanza dell’ obbligo di istruzione elementare. c) Al GDP è assegnata, inoltre, la competenza in ordine ad una cospicua serie di delitti e contravvenzioni contenuti in alcune leggi speciali. E’ però fatta salva la competenza del tribunale allorquando ricorra una o più delle circostanze previste da disposizioni concernenti determinati settori: in materia di ordine pubblico; mafia e misure di prevenzione; discriminazione razziale, etnica, religiosa. LE SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE Anche il GDP ha l’ obbligo di fare buon uso dei poteri discrezionali in tema di applicazione delle pene, enunciati negli artt. 132 e ss. del codice penale. • Per i reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ ammenda, continuano ad applicarsi le pene pecuniarie già previste dalle norme in vigore; le novità più interessanti sono rappresentate dalla configurazione di 2 peculiari tipi di sanzione: 1) la pena della PERMANENZA DOMICILIARE (art. 53) comporta l’ obbligo di rimanere, per un determinato periodo di tempo, presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza, il legislatore ha circoscritto l’ obbligo ai giorni di sabato e domenica (salva la possibilità per il GDP di stabilire diversamente) e per un periodo compreso tra i 6 e i 45 giorni. 2) la pena del LAVORO DI PUBBLICA UTILITA’ può essere applicata dal GDP solo su richiesta del condannato, ha una durata compresa tra i 10 giorni ed i 6 mesi e consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, lo svolgimento deve avvenire nella provincia di residenza del condannato per non più di 6 ore di lavoro settimanale (salvo che il giudice accolga la richiesta del condannato di andare oltre quel limite temporale). • Per quanto attiene ai reati diversi da quelli previsti nel comma 1 art. 52 ( F 0D F pena multa o ammenda di cui sopra), il legislatore ha configurato 3 tipi di ipotesi: 1) reato punito ex tunc con la pena della reclusione o dell’ arresto in alternativa rispetto a quella della multa o dell’ ammenda. In tale ipotesi si applica ex nunc la pena pecuniaria della specie corrispondente –multa o ammenda- nella misura da 258 € a 2582 €. Se però la pena detentiva ex tunc è superiore nel massimo a 6 mesi, ex nunc si applica la predetta pena pecuniaria ovvero la pena della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni ovvero la pena del lavoro di p.u. per un periodo da 10 giorni a 3 mesi. 2) reato punito ex tunc con la sola pena della reclusione o dell’ arresto. In tale ipotesi si applica ex nunc la pena pecuniaria di specie corrispondente, nella misura da 516 € a 2582 € ovvero della permanenza domiciliare da 15 a 45 giorni ovvero del lavoro di p.u. per un periodo da 20 giorni a 6 mesi. 3) reato punito ex tunc con la pena della reclusione o dell’ arresto congiunta con quella della multa o dell’ ammenda. In tale ipotesi si applica ex nunc la pena pecuniaria della specie corrispondente nella misura da 774 € a 2582 € ovvero della permanenza domiciliare da 20 a 45 giorni ovvero del lavoro di p.u. da 1 a 6 mesi. Alla pena irrogata, pur nel silenzio della legge delega al riguardo, non si applicano le disposizioni in tema di sospensione condizionale della pena e neppure le altre misure sostitutive della detenzione. LA CONNESSIONE ED I SUOI RIFLESSI SULLA COMPETENZA L’ art. 7 del d. lgs. 274/00 limita le ipotesi di connessione ad una duplice casistica : se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro; se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione e, dunque, in situazione di concorso formale. La connessione riversa i suoi effetti sulla determinazione della competenza: PER MATERIA F 0E 0 ferma l’ operatività nelle sole ipotesi di concorso formale di reati, è previsto che se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del GDP e altri a quella della corte d’ assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice superiore; tuttavia la connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi (es. perché si trovano in fasi cognitive diverse) e nei rapporti tra procedimenti di competenza del GDP e procedimenti di competenza di un giudice speciale. PER TERRITORIO F 0E 0 nel caso di reati commessi in luoghi diversi, operano dei criteri di tipo cronologico, cioè la competenza per territorio appartiene per tutti al GDP del luogo in cui è stato commesso il primo reato, oppure del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi. La richiesta di archiviazione a cura del PM è notificata in copia alla persona che abbia dichiarato di voler essere informata, deve essere precisato, inoltre, che nel termine di 10 giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari, ossia l’ opposizione alla richiesta di archiviazione F 0E 0 in tale atto di opposizione la persona offesa indica, a pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta di archiviazione o la prosecuzione delle indagini. Alla decisione sulla richiesta di archiviazione il giudice perviene sulla base di un contraddittorio soltanto cartolare; in base di accoglimento, dispone con decreto l’ archiviazione, in caso contrario, invece, restituisce gli atti al PM con ordinanza prescrivendo uno dei seguenti adempimenti: il compimento delle ulteriori indagini necessarie entro un termine fissato come indispensabile ovvero la formulazione dell’ imputazione entro 10 giorni. L’ ASSUNZIONE DELLE PROVE NON RINVIABILI Scartato il percorso dell’ incidente probatorio, a richiesta di parte e fino all’ udienza di comparizione, il GDP dispone l’assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento (art. 18). I PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE DI PACE CIRCONDARIALE Nel corso delle indagini preliminari e fino al deposito dell’ atto di citazione a norma dell’ art. 29 c 1, i poteri del GDP si concentrano nel GDP cd. circondariale. A lui è demandata la competenza a decidere (art. 19): • sulla richiesta di archiviazione; • sulla richiesta di apertura delle indagini; • sulle richieste di sequestro conservativo e di sequestro preventivo; • sull’ opposizione proposta dagli interessati contro il decreto del PM che dispone la restituzione delle cose sequestrate o respinge la relativa richiesta; • sulla richiesta di sequestro proposta dall’ interessato e contrastata dal PM; • sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche ovvero di altre forme di comunicazione, oltre che per i successivi provvedimenti riguardanti l’ esecuzione delle operazioni e la conservazione della documentazione. LA CITAZIONE A GIUDIZIO IN FORMA ORDINARIA Per la citazione a giudizio dell’ imputato davanti al GDP è previsto un itinerario duplice ed alternativo: PROCEDURA ORDINARIA F 0E 0 La citazione è disposta dal PM previa richiesta al GDP relativa alla indicazione del giorno e dell’ ora della comparizione; tale citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal PM o dall’ assistente giudiziario e deve contenere: le generalità dell’ imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo; l’ indicazione della persona offesa qualora risulti identificata; l’ imputazione (formulata dal PM) e l’ indicazione delle fonti di prova di cui si chiede l’ ammissione, con la particolarità che, se viene richiesto l’ esame di testimoni o consulenti tecnici, nell’ atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l’ esame; l’ indicazione del giudice competente, del luogo, del giorno, dell’ ora della comparizione, con il rituale avvertimento all’ imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia; l’ avviso a quest’ ultimo circa la facoltà di nominare un difensore di fiducia, in mancanza del quale sarà assistito d’ ufficio; l’ ulteriore avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del PM e che le parti ed i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia. La notifica è NULLA se F 0E 0 l’ imputato non è identificato in modo certo; manchi o sia insufficiente l’ indicazione dell’ imputazione, del giudice competente, del luogo, giorno, ora della comparizione, l’ avvertimento relativo al giudizio in contumacia, l’ avviso relativo alla nomina di un difensore d’ ufficio. Almeno 30 giorni prima dell’ udienza, nel congruo numero di copie, la citazione è notificata, a cura dell’ ufficiale giudiziario, all’ imputato, al suo difensore e alla aprte offesa, mentre l’ originale dell’ atto viene poi depositato nella segreteria del PM unitamente al fascicolo delle indagini e, qualora non debbano essere custoditi altrove, al corpo del reato ed alle cose pertinenti ad esso. LA CITAZIONE A GIUDIZIO DISPOSTA SU RICORSO DELLA PERSONA OFFESA Per i reati procedibili a querela è ammessa anche la citazione su ricorso della persona offesa. Questo itinerario alternativo era previsto ed imposto dalla legge-delega del 1999 e, ritenuto come una delle innovazioni più significative, evoca la figura di una sorta di citazione civile con effetti penali. Con la precisazione che una volta avviato, con l’ ausilio necessario di un difensore tecnico, il procedimento mediante la presentazione del ricorso è, però, rimesso al PM di aderirvi o meno, promuovendone la prosecuzione o l’ interruzione con le proprie richieste al giudice. La peculiarità aggiuntiva è che la presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela (art. 21). Il ricorso deve contenere: • l’ indicazione del giudice; • le generalità del ricorrente; • l’ indicazione del suo difensore e la relativa nomina; • l’ indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l’ identità; • le generalità della persona citata in giudizio; • la descrizione, in forma chiara e precisa del fatto che si addebita alla persona citata a giudizio, con l’ indicazione degli articoli di legge che si assumono violati; • l’ indicazione dei documenti di cui si chiede l’ acquisizione; • l’ indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta e delle circostanze su cui deve vertere l’ esame dei testimoni e dei consulenti tecnici; • la richiesta di fissazione dell’ udienza. Deve essere inoltre sottoscritto dalla persona offesa –o dal suo legale rappresentante- e dal difensore; a seguito della presentazione del ricorso, la cancelleria provvede a formare apposito fascicolo. A carico del ricorrente è disposta una serie onerosa di adempimenti (art. 22): • la comunicazione del ricorso al PM, a mezzo del deposito di una copia presso la sua segreteria; • la presentazione del ricorso, entro 3 mesi dalla notizia del fatto che costituisce il reato, nella cancelleria del GDP competente per territorio, con la prova dell’ avvenuta comunicazione di cui sopra; • l’ obbligo, se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela, di farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra copia presso la segreteria del PM • Il ricorrente che intenda costituirsi come parte civile deve provvedervi con la presentazione del ricorso, a pena di decadenza. L’ art. 24 prevede le ipotesi di inammissibilità del ricorso: • se il ricorso è presentato oltre il termine di 3 mesi ovvero fuori dei casi previsti (reati procedibili a querela); • se non contiene i dati indicati nell’ art. 21 ovvero manchi la sottoscrizione; • se è insufficiente la descrizione del fatto o l’ indicazione delle fonti di prova; • se manca la prova dell’ avvenuta comunicazione al PM Le richieste del PM con cui egli si assume il carico dell’ iniziativa ( F 0D F qualora ritenga il ricorso inammissibile, manifestamente infondato o presentato a giudice incompetente per territorio, egli esprime parere contrario alla citazione; in caso opposto, egli formula l’ imputazione nel senso di confermare l’ addebito contenuto nel ricorso o di modificarlo rettificando, ma senza incidere sul contenuto sostanziale), devono essere presentate nella cancelleria del giudice adìto dal ricorrente entro 10 giorni dalla comunicazione del ricorso. Decorso tale termine di 10 giorni, ma anche quando il PM non avesse presentato le richieste che gli competono, il GDP adotta gli opportuni provvedimenti consequenziali (art. 26): • nel caso di ricorso inammissibile o manifestamente infondato egli trasmette al PM per l’ ulteriore corso del procedimento; • nel caso di ricorso per un reato che però appartenga alla competenza di un giudice diverso dal GDP egli trasmette, a mezzo ordinanza, al PM;
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