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04 CIMINO trasformatori speciali, Dispense di Macchine Elettriche

CORSO MACCHINE ELETTRICHE CIMINO

Tipologia: Dispense

2015/2016

Caricato il 23/03/2016

ezio.farinola83
ezio.farinola83 🇮🇹

4.3

(18)

150 documenti

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Scarica 04 CIMINO trasformatori speciali e più Dispense in PDF di Macchine Elettriche solo su Docsity! CAPITOLO IV Trasformatori speciali IV.1. Autotrasformatori – Trasformatori a prese Un autotrasformatore differisce da un comune trasformatore per il fatto che i suoi due avvolgimenti, di m1 e m2 spire, sono collegati secondo lo schema della fig. (IV.1). Si applichi ai morsetti A e B (che individuano in questo caso il primario del trasformatore) una tensione V1 , mentre i morsetti C e B (secondari) sono in circuito aperto. Si otterrà nel nucleo un flusso che indurrà fra A e B una f.c.e.m. praticamente uguale a V1 (trascurando la piccola caduta di tensione dovuta alla corrente di eccitazione I0 che percorre il primario). Ai morsetti secondari allora si avrà una tensione V2 legata alla V1 dal rapporto spire ossia dalla relazione: Fig. (IV.1) Se ora si chiudono i morsetti secondari su un circuito esterno (fig. IV.2) l’azione smagnetizzante ( m2 Ia) dovuta alla corrente Ia che si stabilisce nelle m2 spire, richiama una corrente I1>I0 che, trascurando la componente di eccitazione (che si può immaginare continui a circolare per proprio conto nel primario) sarà legata alla Ia dalla relazione m1I1= m2Ia. L’andamento delle correnti sarà quale appare dalla fig. (IV.2), da cui: Fig. (IV.2) Risulta pertanto per le potenze apparenti: come in un ordinario trasformatore. La ragione d’essere dell’autotrasformatore sta nel fatto che, a pari potenza apparente erogata dal secondario (A2=V2I2) la potenza costruttiva, ossia la potenza per cui deve essere dimensionato costruttivamente il trasformatore, risulta minore di quella di un ordinario trasformatore equivalente. Ciò per il fatto che il secondario (m2) risulta percorso soltanto da una parte della corrente erogata, precisamente, dalla corrente Ia=I2-I1, provenendo l’altra parte direttamente dalla linea che alimenta il primario. Il secondario deve quindi essere dimensionato per una potenza: che, sostituendo a K il suo valore ( ) si riduce a . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 55 Corrispondentemente il primario deve essere dimensionato per la corrente primaria I1, ma con un numero di spire m1 che corrisponde alla differenza fra la tensione primaria e la secondaria, quindi per la potenza: L’autotrasformatore ha per tanto una potenza, e quindi un peso ed un costo, che sono una frazione di quelli di un trasformatore equivalente. L’economia risulta tanto più sentita quanto più K è prossimo ad uno. Per es. se: risulta: Di modo ché un autotrasformatore dimensionato per 100 kVA fa lo stesso servizio di un trasformatore ordinario da 600kVA (1). L’impiego degli autotrasformatori è per tanto indicato quando occorre modificare di poco la tensione di un sistema, ossia quando si tratta di collegare due reti o due linee a tensione poco diverse. In tal caso perde ogni importanza il fatto, che costituisce per così dire il punto debole degli autotrasformatori, di avere cioè il primario metallicamente connesso al secondario, dal che deriva la necessità di isolare la linea alimentata dal secondario per la stessa tensione per cui è isolato il primario. Ovviamente anche gli autotrasformatori sono reversibili, e possono funzionare da elevatori di tensione, secondo lo schema della fig. (III.3), anziché da riduttori di tensione come prima considerato. Fig. (IV.3) In alcuni casi, per piccole potenze si utilizzano autotrasformatori a rapporto variabile in cui il morsetto secondario e connesso all’avvolgimento mediante un contatto strisciante mosso meccanicamente. In tal modo, a parità di tensione primaria, è possibile ottenere una tensione secondaria, che, variando le spire inserite in serie in detto avvolgimento, può essere variata con continuità potendo divenire tanto minore che maggiore (nel caso di autotrasformatore utilizzato come elevatore) della tensione primaria. Tali apparecchiature, normalmente utilizzate nei laboratori per ottenere tensioni variabili, vengono genericamente indicate come “variatore di tensione”. Tale scopo può essere ottenuto anche utilizzando un trasformatore anziché un autotrasformatore, in tale maniera oltre ad una tensione variabile con continuità si ottiene anche il vantaggio di separare elettricamente il due avvolgimenti a tutto vantaggio della sicurezza degli utilizzatori. I trasformatori a prese sono trasformatori a rapporto variabile, in quanto in essi o il primario o il secondario (eventualmente entrambi) sono provvisti di un certo numero di morsetti per modo che è possibile variare entro certi limiti il rapporto di trasformazione. Servono negli impianti di distribuzione per compensare eventuali variazioni della tensione primaria di alimentazione, assicurando una maggiore costanza alla tensione secondaria. Il rapporto può in genere essere variato di + 10 - 20 %. Il cambiamento del numero di spire deve farsi di regola a trasformatore disinserito; ma si costituiscono oggi correntemente trasformatori a prese, muniti di commutatore-inseritore che consente di modificare il rapporto . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 56 Dividendo la seconda e la terza delle (IV.2.1) rispettivamente per ed si ha: ricordando poi che i coefficienti di autoinduzione possono essere suddivisi nelle due aliquote relative al flusso di dispersione Lid ed al flusso principale Lim, può porsi: ; ed essendo: può scriversi: . Supponendo di poter trascurare la corrente a vuoto del trasformatore si ottiene: da cui: quindi: in cui si sono indicate con le impedenze di dispersione dei tre avvolgimenti in termini di riporto al primario. Le cadute di tensione ai morsetti del trasformatore a tre avvolgimenti intese come differenze vettoriali i cui moduli forniscono le cadute interne riferite all’avvolgimento primario, così come definite precedentemente sono pertanto: (IV.2.2) le relazioni (IV.2.2) sono fondamentali e si traducono nel circuito equivalente a stella riportato in Fig.( IV.8 ). Poiché il circuito semplificato si usa per determinare le cadute di tensione che non dipendono dalla corrente a vuoto, cioè dalla ammettenza derivata, questa di solito si omette. Il metodo ora esposto è detto della stella equivalente. La determinazione delle tre impedenze costituisce il punto delicato del problema, esse vengono calcolate tramite le impedenze binarie di corto circuito che a loro volta sono calcolabili o misurabili con prove binarie di corto circuito che interessano volta per volta due dei tre avvolgimenti del trasformatore. Fig. (IV.8) . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 59 Se si considera funzionate una sola coppia di avvolgimenti, lasciando il terzo inattivo, la caduta di tensione nei due avvolgimenti sarà data dal prodotto della impedenza binaria di corto circuito per la corrente del ramo rispetto al quale si è effettuato il riporto delle grandezze, scrivendo le relazioni in termini di riporto al primo avvolgimento si ha: ; ; Alimentando l’avvolgimento 1, caricando il 2 e lasciato il 3 inattivo si ha la situazione rappresentata in fig. (IV.9). Fig. (IV.9) D’altronde le relazioni (IV.2.2), avendo carattere generale, sono valide anche in questa condizione particolare di carico. Essendo sarà per cui la prima relazione delle (IV.2.2) diventa: (IV.2.3) Confrontando le relazioni (IV.2.3) con le precedenti si ha: (IV.2.4) Eseguendo le tre prove di corto circuito si può scrivere, in termini di riporto al primario: (IV.2.5) Le (IV.2.5) rappresentano tre equazioni in tre incognite che risolte in forniscono: (IV.2.6) Le (IV.2.6) sono relazioni tra numeri complessi; separando parti reali e parti immaginarie si ottiene per le resistenze e le reattanze: (IV.2.7) Queste relazioni ( dette formule di Boyajian) permettono di risalire, in sede di calcolo, alla stella di impedenze del circuito equivalente di fig.(IV.9), una volta calcolate le e le . La stella equivalente è così perfettamente definita. IV.3. Trasformatori in connessione Scott. La connessione di Scott permette il collegamento fra una linea bifase ed una trifase ed il conseguente trasferimento di energia fra le due linee in un senso o nell’altro secondo lo schema rappresentano nella fig. (IV.10). Dati i due trasformatori I e II, si suppone che i primari siano collegati alla linea trifase ed i secondari alla linea bifase, con rapporti di trasformazione: . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 60 e rispettivamente: Con ed numeri di spire primarie e secondarie del trasformatore II. Un terminale dell’avvolgimento primario del trasformatore I è collegato con il punto centrale A del primario del trasformatore II, mentre l’altro è collegato ad un conduttore della linea trifase. Fig. (IV.10) Se la linea trifase ha le tensioni concatenate rappresentate da una terna di vettori di moduli uguali, sfasati fra di loro di 120°, il diagramma delle tensioni a vuoto assume la forma rappresentata nella fig.( IV.11 ). Fig. (IV.11) Le tensioni primarie dei due trasformatori sono rappresentate rispettivamente dal fasore per il trasformatore II e dal fasore per il trasformatore I e risultano sfasate tra loro di un quarto di periodo. Inoltre il rapporto tra il modulo della tensione e quello della tensione risulta uguale a cioè al rapporto tra i numeri delle spire primarie dei due trasformatori. Ne segue che il flusso nel nucleo dei due trasformatori ha lo stesso valore. Nei rispettivi secondari vengono pertanto indotte f.e.m. di uguale modulo e fra loro in quadratura. L’inserzione di Scott consente quindi di trasformare un sistema trifase simmetrico di tensioni in un sistema simmetrico bifase. La determinazione delle tre correnti ed del sistema trifase in funzione delle due correnti del sistema bifase, può essere fatta, in modo semplice, trascurando le perdite e le correnti magnetizzanti e supponendo che i versi assunti come positivi per le correnti siano quelli indicati nella fig.( IV.10). Si ottengono quindi le equazioni: Le prime due equazioni impongono che le ampersipre risultanti su ogni colonna siano nulle, mentre la terza annulla la corrente risultante. Il sistema ora scritto permette di ricavare le correnti: (IV.2.8) E’ facile verificare che se il sistema bifase di correnti costituisce una coppia simmetrica (uguale modulo e fasori a p/2) anche la terna trifase di correnti è simmetrica (uguale modulo e fasori equisfasati di 2p /3). La trasformazione trifase-bifase, in pratica, trova importanti applicazioni specialmente nell’alimentazione dei grandi forni elettrici, quando si vogliono alimentare due forni monofase di potenza paragonabile con una linea trifase. Per realizzare un carico poco squilibrato sulla linea trifase i due forni . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 61 A parità di impedenza di carico , l’errore del riduttore sarà poi tanto maggiore quanto maggiore è l’impedenza secondaria . Tale parametro deve essere quindi minimizzato agendo tanto sulla resistenza che sulla reattanza di dispersione secondaria. Entrambe le quantità dipendono dal numero di spire realizzato. Poiché ciò che interessa nel TA è il valore del rapporto si riduce a parità di rapporto riducendo contemporaneamente le spire primarie. Per questo motivo, molto spesso i TA sono a “spira passante”, si utilizza cioè una sola spira primaria realizzando un nucleo ferromagnetico toroidale su cui è avvolto il circuito elettrico secondario e facendo attraversare la finestra del trasformatore dal conduttore di linea primario. Tale realizzazione è schematicamente mostrata in fig. (IV.13). La configurazione toroidale del nucleo e la realizzazione di un circuito secondario con spire avvolte in piani radiali contribuisce inoltre alla realizzazione di valori di reattanza di dispersione molto ridotti. Nessun interesse, dal punto di vista della riduzione degli errori di misura riveste invece l’entità dei parametri primari. Fig. (IV.13) Dalla (IV.4.3) si ricava, infatti, che all’aumentare di essi si ottiene esclusivamente un aumento della caduta di tensione sul primario del riduttore. Facendo riferimento al circuito equivalente del TA in termini di riporto al primario riportato in fig. (IV.14), si analizza ora il comportamento dei riduttori di corrente in condizioni di funzionamento a vuoto. Naturalmente il riduttore sarà ipotizzato come alimentato a corrente impressa di valore costante. A circuito secondario aperto la corrente secondaria è nulla, la corrente deve quindi attraversare l’impedenza derivata del circuito equivalente. Mentre in condizioni normali di funzionamento è attraversata dalla sola corrente , molto piccola, a vuoto la corrente coincide con la corrente primaria. Aumenteranno quindi tanto la componente magnetizzante che la componente attiva di con conseguente aumento del flusso di lavoro, che porterà il nucleo magnetico in spinta saturazione con conseguente aumento delle perdite nel ferro Per meglio comprendere l’effetto della saturazione conseguente al funzionamento a vuoto, è possibile svolgere il procedimento semplificato basato sulla caratteristica magnetica linearizzata riportata in fig. (IV.15). . Fig. (IV.14) In detta figura è infatti riportata nel secondo quadrante la linea spezzata composta di due segmenti rappresentativi del legame in linearità ed in saturazione. Si ipotizza cioè di lavorare con due soli valori di permeabilità differenziale, uno rappresentativo del funzionamento valido per valori di . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 64 inferiori alla saturazione ed un altro rappresentativo del funzionamento in saturazione. Nel primo quadrante di fig. (IV.15) è poi rappresentato un semiperiodo della sinusoide di f. m. m. primaria che nel funzionamento a vuoto, avendo trascurato il ciclo di isteresi, è totalmente magnetizzante. E’ possibile costruire per punti la legge di variazione nel tempo dell’induzione, legge che è riportata nel terzo quadrante. Con la semplificazione operata risulta evidente che al crescere della f.m.m. primaria si ottiene una induzione proporzionalmente crescente fino a raggiungere il ginocchio della caratteristica magnetica; l’induzione resta quindi costante finche con il diminuire del valore istantaneo della f.m.m. la macchina non esce di nuovo dalla saturazione. L’induzione è quindi variabile nella schematizzazione effettuata solo con macchina non satura, mentre con macchina satura rimane perfettamente costante. Ciò comporta l’esistenza di f.e.m. indotte solo in assenza di saturazione, con valori tanto più elevati quanto maggiori sono le variazioni di induzione e quindi di flusso nel tempo. Dati gli elevati valori di corrente magnetizzante, nel funzionamento a vuoto si hanno picchi di tensione indotta molto forti che possono mettere in crisi l’isolamento degli avvolgimenti tanto tra le spire che verso massa. E’ necessario inoltre notare che gli elevati valori di induzione raggiunti nel funzionamento a vuoto, anche se di breve durata, possono potare a valori di induzione residua tanto elevati da mettere in crisi la precisione del riduttore ove questo venga successivamente impiegato. Fig. (IV.15) IV.5. Il trasformatore di tensione (TV) Si è visto che per un trasformatore a vuoto vale: (IV.5.1) disponendo quindi di un voltmetro di impedenza interna infinita (consumo nullo) dalla misura della si può risalire immediatamente al valore della essendo: (IV.5.2) In pratica l’impedenza dei voltmetri non è infinita, ed il fatto che altri carichi possono essere collegati in parallelo al voltmetro (frequenzimetro, bobine volumetriche di wattmetri e contatori, relè voltmetrici ecc…) può portare l’impedenza di carico del TV a valori non elevati fig. (IV.16). Di conseguenza la (IV.5.1) non è più verificata in quanto il trasformatore è sotto carico e (generalmente ). Se però l’impedenza serie della macchina è sufficientemente piccola, la c.d.t. ossia , ed il rapporto effettivo di trasformazione non varia col carico. . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 65 Quindi un TV è un trasformatore in cui la , quindi la , deve essere molto ridotta, mentre la può assumere i normali valori in quanto comunque provoca cadute trascurabili. Per i TV non si fornisce la potenza nominale, bensì la prestazione (VA), cioè il prodotto della tensione nominale secondaria per la massima corrente erogabile (ad un determinato ) senza che siano superati i massimi errori di rapporto e di angolo caratteristici della classe cui appartiene la macchina. Fig. (IV.16) La tensione secondaria è normalizzata in 100 V (più raramente) 150V. Il fatto che l’impedenza serie di un TV sia ridottissima rende estremamente pericolosi i corti circuiti sul lato secondario. Per questo motivo nel secondario o alternativamente nel primario di un TV sono sempre inseriti dei fusibili allo scopo di interrompere la corrente di macchina prima che assuma valori tali da distruggere la macchina stessa. IV.6. Unità di regolazione Si può avere la necessità di regolare la tensione in un trasformatore fondamentalmente in due casi: 1 ) Quando a tensione primaria costante e c’è necessità di variare la tensione secondaria. 2 ) Quando la tensione primaria è variabile e c’è la necessità di mantenere costante la tensione secondaria. Nel primo caso si può allora variare il numero delle spire primarie, essendo infatti: e si ottiene un flusso variabile quindi una tensione secondaria variabile. Tale tipo di regolazione viene usata, ad esempio, negli autotrasformatori per forni. In questo tipo di regolazione, bisogna distinguere tra regolazione a vuoto o comunque a carico interrotto e regolazione sotto carico. Infatti, nella regolazione sotto carico entrano in gioco i transitori di corrente, dovuti alle extracorrenti di apertura. E’ da ricordare che la regolazione delle spire si effettua sempre nel circuito a corrente minore. Per effettuare la regolazione nel caso 2 si può ancora variare il flusso; infatti, il problema è ora quello di mantenere costante al variare di V1, quindi di . Per far ciò basta variare le spire N1 in modo da mantenere contante il flusso e quindi . . Isastia Cimino - Fondamenti di Macchine Elettriche 66
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