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ANTONIO MONESTIROLI - L'Architettura secondo Gardella., Schemi e mappe concettuali di Laboratorio Di Progettazione II

Riassunto dei pensieri di Gardella sull'archiettura (politecnico di Milano)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2009/2010

Caricato il 18/01/2010

GiulioS
GiulioS 🇮🇹

4.5

(275)

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Scarica ANTONIO MONESTIROLI - L'Architettura secondo Gardella. e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Laboratorio Di Progettazione II solo su Docsity! ANTONIO MONESTIROLI “L’Architettura secondo Gardella”. Primo incontro: Ignazio Gardella: nato nel 1805 a Genova, nonno arch. e padre ing. civile. Maturità classica a Milano. Prima laurea in ing. Civile; seconda in arch. a Venezia (sotto G. Samonà). Gardella: - I maestri: Pagano - La sua generazione: Albini, Rogers - Gli allievi: Rossi, Canella, Polesello, Gregotti, Semerani, Grassi. Il pensiero di Gardella: l’idea dell’architettura come un’esperienza unitaria (tenere assieme i diversi aspetti dell’architettura). [eredità familiare + pensiero di Rogers uguale]. “Idea di architettura come progetto globale”. L’architettura è come un romanzo, è difficile separarne una parte; l’architetto della nostra tradizione è quello che tiene insieme la tecnica, la storia, la funzione, ecc. Distacco di Gardella dal Movimento Moderno, prima della crisi del M.M. (dopoguerra). Fascino dei razionalisti: dare una nuova forma al mondo intero. Gardella : “sono sempre stato affascinato dal mondo delle idee; senza un’idea forte, mi è difficile cominciare un progetto”. Gardella: “nella scuole d’architettura la conoscenza dell’arch. Antica, anche il rilievo dell’arch. antica, sia un esercizio indispensabile”. “Simbiosi con l’architettura”: molti progetti sono nati nel letto, appena sveglio, e, attraverso la memoria visiva, messi su carta successivamente. Progetto a cui più è affezionato: il “Dispensario”: difficile a quei tempi pensare la struttura indipendente dalle pareti perimetrali, contro la concezione classica di muri e colonne (utilità della preparazione classica: nell’arc. Delle colonne, il principio di indipendenza esiste già). Monestiroli: “l’unità sta nel metodo più che nei risultati”: Lavori di Gardella diversi tra loro, sempre con grandi sperimentazioni e strade differenti; ma tutti con una matrice comune: “ricerca sui rapporti tra le parti della costruzione”. Il metodo: prima di disegnare, mai anteporre una propria idea astratta, si parte dai problemi che pone il tema di progetto; poi, avuta una prima idea, si lavora su questa modificandola. “Non è vero che la prima idea sia sempre la migliore!” Secondo incontro: Laurea in ing. più legata all’idea moderna che dava più importanza alla parte tecnica del progetto rispetto a quella che si diceva “dell’ornato”. Tema: differenza fra arch. e ing. : l’arch. civile nella matematica è un’apertura utile alla professione di arch. Gardella ha sempre affrontato il tema dell’arch. partendo dalla costruzione, causa la sua laurea in ing., soprattutto la costruzione dell’idea che sta alla base dell’edificio, al quale gli ing. non pensano mai. La differenza tra arch. e ing. è tutta riferita all’espressività della costruzione che n0on è solo un fatto tecnico. Ing.: costruzione come insieme di elementi che devono stare in equilibrio. Arch.: costruzione come un insieme di elementi che devono comunicare, che devono dare un’emozione (LC) Gardella: l’arch. civile non si dovrebbe distinguere dalla figura dell’arch. Alvar Aalto: arch. da cui G. ha avuto maggiore influenza (es. Biblioteca di Vijpuri: differenza fra i due corrimano spiegata attraverso una ragione funzionale: un appoggio largo per la salita per sostenere la fatica; mentre un tubo di ferro sottile per lasciar scorrere la mano nella discesa. In realtà Aalto non lo ha fatto perché serviva ma perché raccontava l’esperienza del salire e dello scendere. Un ragionamento più razionalista del razionalismo) [cit. Garatti]. Gardella: “il funzionalismo ha ucciso il Movimento Moderno”. Influenza di Edoardo Persico: “l’arch. va al di là della sua ragione pratica; l’arch. come sostanza di cose sperate diventa espressione di civiltà”. Prog. Della torre di Piazza Duomo: subito dopo la laurea [Monestiroli: la prima opera di un’arch. contiene già un po’ tutta la ricerca che viene dopo; es. Mies, o A. Rossi]. Prog. In testa alla manica lunga di Palazzo Reale; sotto il Regime fascista. Prima scelta: rifiuto del Fascio Littorio e riferimento all’arch. del campanile. Interesse nell’avere un’esperienza graduale di tutto il contesto urbano: una scalinata interna permetteva di vedere gradualmente dalla piazza fino alla pianura lombarda. (“L’idea della passeggiata”). Un percorso verticale, attorno a un nucleo di pietra, con inseriti bassorilievi, tipo Colonna Traiana. Idea successiva: ingabbiare la scala in un loggiato, con vista continua solo sul cielo; interesse per la luce che illuminava i muri laterali e i frammenti della storia di Milano. Luce come una forma di decorazione perché mette in evidenza , sottolinea gli elementi del progetto, proprio come facevano gli antichi con la decorazione. Struttura del reticolo trave-pilastro (in quel periodo erano sempre della stessa sezione), G. ha costruito un sistema trilitico variando la sezione. Prog. Chiesa del Sanatorio (Alessandria): restauro: partenza dal tema della separazione tra uomini e donne, per andare oltre (i dati funzionali non vanno mai accettati come determinanti per la forma); G. “non credo al rapporto diretto fra funzione e forma, credo che la forma contenga molto più della funzione”. [M. : la funzione di un edificio è solo il punto di partenza per la definizione della sua forma; il carattere degli edifici di G. permane anche quando la forma cambia]. Terzo incontro: Dispensario antitubercolare (Alessandria,1933): inizia il progetto sulla base di un modulo che a causa dei serramenti è venuto meno. [Il modulo è una regola solo concettuale]. Prima c’è uno studio sul modo di affrontare la diagnosi da parte dei malati. Prospetto: influenza della finestre a nastro, quindi una eccessiva orizzontalità. Utilizzo di una “doppia trasparenza”: il vetrocemento e il grigliato di mattoni (influenza arch. rurale). Villa Borletti (Milano 1935): influenza di Mies; trasformazione della villa per creare un ambiente unitario da ambienti separati: lasciati i muri portanti e una facciata sostituita da una vetrata. Preferenze di G.: Muzio (i “milanesi”), rispetto ai “romani” (Piacentini, Libera: bravo). Critiche al gruppo di G.: accusa di tecnicismo; accusa di non essere arch. (come la pittura astratta: la non pittura). Il loro nemico era il monumentalismo: l’arch. diventa monumento quando interpreta esattamente il tema che le è proprio e quando si rende comprensibile (l’arch. deve sempre parlare un linguaggio comprensibile a tutti). [M. l’arch. non può essere astratta perché è prima di tutto costruzione]. Critica al movimento Moderno: supremazia della funzione, mitizzazione della tecnica e volere ricominciare tutto da capo rompendo con la storia e con la tradizione. (“costruire il mondo partendo dalla macchina”). G. “l’arch. ha una storia lunga, si tratta solo di proseguirla”; M. nel prog. di arch. vanno tenuti insieme storia tecnica e natura. G. “sono antidogmatico, quando comincio un prog. non so mai bene dove vado a finire”. M. “questa è la caratteristica di tutta l’arch. migliore: un continuo processo di conoscenza”. G. “una conoscenza a tutto campo, la conoscenza della vita”. Casa del Viticoltore: compare la finestra a tutta altezza poi sempre utilizzata da G.; importanza del tetto aperto verso la valle. G. “credo che sia abbastanza logico partire dalla pianta perché è l’elemento regolatore di un organismo architettonico, ma lo studio della pianta deve legarsi a quello delle sez. ; il mio criterio è disegnare l’orizzontale pensando al verticale.” Case di Cesate: come nella casa del Viticoltore c’è un rapporto evidente con l’arch. rurale. Casa al Parco Sempione: lite con il proprietario che voleva un piano in più e che G. ha fatto demolire. Idea di avere i soggiorni verso il parco e verso il giardino le camere da letto; due blocchi separati dalle scale e dagli ascensori. Continuità della struttura: idea di un piano orizzontale sul quale si posa l’alloggio con un suo andamento libero, indipendente dalla struttura che però doveva essere molto evidente. Casa Marchiondi: contrapposizione tra la naturalezza della pianta della casa e la rigidità della struttura (idea di L.C.). Pilastri evidenti solo al pianterreno; prevalgono i piani orizzontali sul quale appoggiano gli alloggi con pareti finestrate nella zona notte e pareti vetrate nella zona giorno. Disposizione un po’ casuale delle aperture, a seconda delle esigenze dei condomini. Grande libertà di movimento e vetrate a tutt’altezza che sottolineano i piani orizzontali. G.: “la parete vetrata è una quarta parete in una stanza”. Anche le ringhiere evidenziano l’orizzontalità del prospetto; G. “ciò corrisponde all’idea che il particolare è una parte del tutto, cioè deve far parte dell’unità del progetto” (il parapetto è uno degli elementi più evidenti della casa, perciò G. lo ha voluto sottolineare). Alfa Romeo (Arese): due grandi ali quadrate messe in diagonale, con un corpo di collegamento (corpo scale che crea simmetria e lascia liberi gli spazi per gli uffici). Importanza studio delle strutture, in ferro con travi forate per consentire il passaggio del condizionamento. Continuità dei pilastri in facciata. Riferimento alla storia, al palazzo della tradizione classica italiana (Olivetti: riferimento alla natura). Nono incontro: Palazzo dell’Agricoltura alla fiera di Milano: grande padiglione di due spazi espositivi sovrapposti; architettura affidata alla facciata sulla strada, al rapporto tra le diverse fasce orizzontali (riferimento al palazzo e a Venezia). Teatro di Vicenza (1968): idea, non di una macchina teatrale, ma di un edificio monumentale, per dare un valore al parco e che stabilisse un rapporto con gli altri edifici monumentali della città (G. “è qui che ho capito che la forma nasce dall’idea più che dalla funzione; forma-idea più che forma-funzione). G. seguace di Raffaello: forma molto precisa, un cubo spaccato in due, con fessura per le scale. “Spazio dilatato”: perimetro della sala non corrisponde alla platea, è più grande (sistema di pareti mobili); funzione polivelente del teatro, relazione tra attore e spettatore, luogo di incontro. Luogo di relazioni tra due parti a confronto che diventano due volumi e leggibili in quanto tali, ma tenuti insieme in una figura unica che rendesse il loro rapporto monumentale (due parti, un solo evento). Unità della forma, come un cubo composto da due prismi rettangolari. Scelta tipologica classica, sia del palco che degli ingressi, si presta ad un uso flessibile dell’impianto. Geometria: G. “ho idee precise, ma non idee fisse”, in alcuni casi serve una geometria più libera, in altri più rigida. M. “G. arch. Realista“, forte rapporto col tempo e con la realtà. G.”il disegno è uno strumento di costruzione di un mondo reale; il presente non esiste, quando lavoro penso al presente. Penso all’oggi avendo dietro il passato”. L’arch. partecipa all’avanzamento della conoscenza ed è un modo di conoscere la realtà del proprio tempo e di condurla a un livello più avanzato (non si può però parlare di progresso nell’arch. ogni arch. appartiene al proprio tempo). Teatro Carlo Felice (Genova): lavoro con A. Rossi. Idee fondamentali: torre scenica (sale e scende) e la piazza interna, come rapporto del teatro con la città. Interno fatto come un esterno, come una piazza di Genova (criticato). Decimo incontro: Facoltà di Architettura (Genova): parte del piano de S. Sivestro, dopo i bombardamenti. Spazio vuoto, lasciati ampi spazi liberi, con percorsi e allineamenti: alcuni definiti, altri lasciati con certa flessibilità (critica). Tema del rapporto tra piano particolareggiato e prog. di arch. Sistema di più piazze collegate da scale, su diversi livelli. Tema dell’aula a forma di navata (rapporto con la funzione non importante in G.). Pianta libera, volume semplice; forma condizionata dalla chiesa preesitente e dal piano particolareggiato; “un odo per continuare la Genova antica”. Tutti i servizi rimangono fuori, per sottolineare l’unità di spazio e per consentire una maggior flessibilità interna. G. “l’arch. è costruzione non solo dell’edificio, ma dell’idea su cui l’edificio si basa”. I dettagli vano sempre a definire l’unità di insieme, il particolare va inteso come parte di un tutto. Fronte con piastri che tengono vetrate a filo in modo da dare continuità di spazio. Stazione di Lambrate (1983): due facce, una sulla città e una sulla ferrovia; qui c’è una faccia sulla città esterna (ne fa da fondale) e una su quella interna (ruolo urbano). Il nucleo è la biglietteria e sala d’attesa (luogo transito città-ferrovia), a quota intermadia tra strada e ferrovia (visibile attraverso una grande vetrata, mentre finestre binate verso la città). Tetto a botte, adatta per un tetto abitabile (per conferenze). Università Bocconi: ampliamento dell’università di Pagano, spazio libero: due parti, un elemento ellittico (per accostamento di più aule anfiteatro); una serie di corpi a pettine (due corti aperte verso la strada, rapporto con la città). Indecisione nella scelta del “coronamento” dell’edificio (tre soluzioni). Serie di pilastri a tutt’altezza in mattoni, collegati da archi ribassati, fino a un unico cornicione (serie di arcate alte e strette, come in un acquedotto). Prospetti sempre uguali in tutti i corpi di fabbrica. [M. similitudine G. e Sullivan (distinzione fra semplicità delle strutture verticali e la ricchezza delle fasce orizzontali, distinzione elementi portati da quelli portanti), come in Bocconi, unico ornamento è la fascia orizzontale sotto le finestre. Palazzo di Giustizia (La Spezia): edificio semplice, con basamento sulla pendenza dl terreno, poi un piano aperto a portico (colonne) e cinque piani del tribunale. Riferimento al broletto. Gravità del volume sulle colonne = carattere dell’edificio. Tema della colonna, sul quale appoggia una piastra. Volume superiore segnato da fasce orizzontali con finestre binate degli uffici e finestre più grandi per le aule del tribunale (sfalsate in altezza), con creazione di un movimento del disegno delle facciate che non contraddice l’unità di volume (idea base del prog.) Undicesimo incontro: Prog. per piazza Duomo, nel 1934 e nel 1988, formalmente diversi ma concettualmente simili: idea di una scala per vedere la piazza da punti di vista diversi. Problema di trovare un elemento integrativo che per mettesse di dare una certa unità alla piazza. (ripreso prog. del Mengoni, poi Cattaneo) Piazza troppo grande, si è spaesati, l’idea è di accorciare la piazza per avvalorare la piazzetta reale (più bella). Idea di un corpo di fabbrica che accorciasse e rendesse regolare la piazza, elemento di chiusura, uno schermo, con uso dell’acqua che scende dall’alto (da chiuse leonardesche); un basamento traforato e una fessura al centro che lasciasse vedere la madonnina. Idea di un loggiato raggiungibile da due rampe di scale, con pezzi di scultura del Duomo. L’acqua scende da un grosso architrave in pietra (scenografico). Apertura del loggiato ad archi (per la prima volta li usa G.) unica forma per utilizzare le lastre di pietra senza l’utilizzo di bulloni, poi grande profondità della aperture (8 m). [M. “quando serve, al di là dei pregiudizi, si può usare anche l’arco”]. Molto spesso in arch. alcune forme sono abbandonate per motivi ideologici. [M. “io non ne sarei capace di utilizzare l’arco”]. Edificio legato al luogo dove doveva sorgere, uso del marmo di Candoglia, un edificio che ha bisogno di un interlocutore (il Duomo). Uso della pietra come condizione di durata nel tempo. Dodicesimo incontro: G. ha lavorato dal 1930 per tutto il ‘900 in cui ha dominato il binomio ragione-bellezza (si pensava che il mondo dell’industria potesse generare bellezza, oggi venuta meno la fiducia nell’industria: crisi culturale profonda). G. “è sbagliato tener distinti forma e contenuto, il contenuto fa parte integrante della forma e si rende riconoscibile attraverso essa”. Due aspetti dell’arch.: 1)sostanziale (in termini di misura; 2) essenziale, in termini di conoscenza. L’essenza è parte della sostanza: è giusto che cambi il mondo e assieme cambia l’arch. perché sostanza ed essenza sono parti di un tutto. G. “non credo più al rapporto tra ragione funzionale e bellezza, ma al rapporto bellezza-verità continuo a credere”. G. si allontana dal razionalismo perché crede che l’arch. sia qualcosa in più, di inafferrabile razionalmente. (i razion. Pensavano che la ragione degli edifici coincidesse con la loro funzione). G. “la verità delle cose corrisponde alla loro natura”. [M. “def. Di arch. come conoscenza e rappresentazione della natura degli edifici”; nel lavoro di G. c’è sempre una ricerca della natura di ciò che sta progettando]. M. “per raggiungere uno stile bisogna saper rinunciare a un proprio stile”, per G. prevale la natura di ciò che sta progettando, che alla fine impone le forme giuste (il suo stile). [simpatia per A.Aalto, usa forme che corrispondono alla natura delle cose]. Il vero insegnamento della natura è la corrispondenza fra forma e verità delle cose: quando facciamo un prog. dobbiamo cercare la verità e rappresentarla [Heidegger: “l’arte è messa in opera dalla verità”: bella def. per l’arch. che oggi cerca un’espressione alla moda]. G. contro il monumentalismo e contro i nuovi naturalisti. Interesse per Polesello e per Rossi (paragona il mestiere dell’arch. con quello del regista). G. “l’arch. deve essere colui che compone i diversi contributi e li traduce in architettura”. G. “il nostro lavoro richiede un grande senso di appartenenza alla collettività e un forte grado di realismo […]. L’arch. è conoscenza, conoscenza della realtà che è fuori di noi e che è sempre in mutamento. Il nostro punto di vista ha qualche speranza di essere condiviso solo se appartiene a quella realtà, se è in grado di rappresentarla cogliendone gli aspetti essenziali. Che poi sono gli aspetti essenziali della nostra vita”.
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