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Appunti di misure industriale parte prima r1, Dispense di Misure Industriali

appunti di misure industriali

Tipologia: Dispense

2015/2016

Caricato il 02/11/2016

davideiannazzone
davideiannazzone 🇮🇹

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Scarica Appunti di misure industriale parte prima r1 e più Dispense in PDF di Misure Industriali solo su Docsity! UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO Facoltà di Ingegneria APPUNTI DALLE LEZIONI DI MISURE INDUSTRIALI PARTE PRIMA Novembre 2011 Prof. Ferdinando Luminoso PREFAZIONE L’attività professionale dell’Ingegnere ed in particolare dell’Ingegnere Industriale è caratterizzata da una molteplicità di prestazioni che vanno dalla progettazione alla direzione lavori, dal controllo della produzione al collaudo. Ognuna di queste fasi è sempre contraddistinta da misure di grandezze, la cui conoscenza è indispensabile sia per l’investigazione scientifica, sia per la sperimentazione e sia infine per le attività di controllo e di collaudo. In un mondo disseminato di impianti complessi e di macchine sempre più sofisticate, l’uso degli strumenti di misura è diventato sempre più intensivo: ne è un esempio illuminante la strumentazione di bordo dei velivoli e delle automobili. Spesso inoltre la misura delle grandezze fornisce importanti informazioni per la sicurezza delle persone, delle strutture e delle apparecchiature, nonché per il monitoraggio continuo di processi e di operazioni. Infine un importante campo di applicazione delle misure è il Collaudo. Quest’ultimo rappresenta la fase finale di ogni processo costruttivo, in quanto esso si concretizza in varie operazioni tese a verificare che l’oggetto del collaudo soddisfi le specifiche di progetto e quelle di legge, oltre quelle contrattuali. Ogni operazione di collaudo termina quindi con un giudizio emesso dal collaudatore e, nel caso di esito positivo, occorre che le costruzioni o gli oggetti abbiano superato “cum laude” l’esame o la verifica. E? la stessa etimologia della parola collaudo, che indica quindi a quale livello di bontà occorra spingere il giudizio sul rispetto delle specifiche. E’ fondamentale quindi che ogni Ingegnere conosca in maniera approfondita, sia la teoria della misura sia gli strumenti, in modo da poter avere un’esatta cognizione dei fenomeni posti alla sua osservazione. Il Corso di Misure Industriali si pone quindi l’obiettivo di fornire ai futuri Ingegneri i criteri e i metodi per effettuare operazioni di misura, soprattutto nell’ambito di sistemi meccanici e di impianti industriali. L'Autore CAPITOLO 1 METODI DI MISURA 1.1 Concetti introduttivi Misurare rappresenta un'attività fondamentale in ogni campo delle scienze applicate. Nel settore ingegneristico occorre confrontarsi con misure sia quando si esaminano problemi tecnici, sia quando si verificano prestazioni, sia ancora quando occorre tarare strumenti o investigare limiti dei modelli semplificativi adoperati. E’ infatti noto che tutta l’attività ingegneristica si fonda su ipotesi semplificative che danno origini a modelli semplici da applicare ai fenomeni fisici. Per penetrare la complessa fenomenologia della natura si fa ricorso ad una serie di “modelli teorici”, i quali, pur non essendo perfettamente aderenti alla realtà, riescono, in talune condizioni ed ipotesi, a descrivere abbastanza bene tale “realtà”. Si pensi ad esempio al modello del gas perfetto, che, pur non trovando riscontro nei gas reali, può essere utilizzato per lo studio di questi ultimi in opportuni campi di pressione e temperatura, con approssimazioni del tutto trascurabili. Compito principale dell’Ingegnere è però quello di stabilire, ogni qualvolta si adotta un’ipotesi semplificativa, i limiti operativi entro i quali essa possa essere considerata valida. Per tali motivi occorre molte volte procedere a misure per verificare la validità dei modelli adottati. Le misure servono anche a controllare processi: si pensi ad esempio al controllo della temperatura in un forno industriale, oppure a tarare strumenti o a verificare prestazioni. La misurazione è quindi il procedimento attraverso cui si assegnano valori numerici alla rappresentazione di grandezze fisiche. Essa ha come risultato un valore che rappresenta la misura. La metrologia è invece quella disciplina che concerne la qualità delle misure, mentre si intende per misurando il parametro sottoposto a misurazione. Le misure si distinguono in misure statiche e dinamiche. Le prime concernono misure stabili nel tempo di osservazione, le seconde, invece, sono soggette all’effetto del tempo sulla grandezza da misurare. I metodi di misurazione definiscono le modalità con cui la misura viene eseguita. Essi sono il metodo diretto, che si applica allorquando si è in grado di leggere direttamente la misura senza invocare l’ausilio di altre grandezze (ad esempio la lettura di una dimensione effettuata con un calibro) e il metodo indiretto, cioè quello relativo alla misura di una grandezza mediante il rilievo di un’altra grandezza correlata alla prima (ad esempio la misura di una forza attraverso la valutazione di un allungamento provocato da essa su una molla). Esistono diverse norme UNI che sono alla base della metrologia. Si ricordano le norme: = UNI 4546 (1984 — Misure e misurazioni: termini e definizioni generali); = UNI-CEI-ENV 13005 (2000 — Guida all’espressione dell’incertezza della misura). Una grandezza misurata è rappresentabile dalla formula: G= nb, | dove: G= grandezza da misurare n= numero reale i= incertezza Ugy= unità di misura Si ricorda che l’incertezza è un numero associato al risultato di una misurazione, che esprime la dispersione dei valori che possono ragionevolmente essere attribuiti al misurando. 1.2 Sistemi di misura Un sistema di misura è costituito da un insieme di unità di misura, convenzionalmente definite, utilizzabili per la misura di grandezze fisiche. Esso è caratterizzato da Grandezze Fondamentali e Grandezze Derivate. Le prime devono essere direttamente misurabili e pur potendo essere scelte arbitrariamente, devono essere in grado di descrivere l’intero universo scientifico. Le grandezze derivate sono ottenute, a partire dalle fondamentali, per mezzo di relazioni che le legano a queste ultime. Terzo elemento fondamentale di ogni sistema di misura è l’istituzione di campioni di riferimento per ogni grandezza. Esso costituisce la base per la definizione dell’unità di misura. Tale campione, pur potendo essere scelto arbitrariamente, deve possedere le seguenti caratteristiche: - accuratezza e cioè possibilità di essere definito con la minima incertezza; - accessibilità, nel senso che deve consentire il confronto con altri campioni secondari; - riproducibilità, cioè capacità di poter essere riprodotto; - invariabilità, cioè immutabilità nel tempo. Si ricorda che è sempre possibile esprimere una qualsiasi grandezza in funzione delle grandezze di base del sistema. Ciò avviene mediante l’utilizzo di equazioni dimensionali del tipo: (G]= [L}'{r Phu} ove [G] è la dimensione della grandezza derivata [L] è la dimensione di una grandezza fondamentale [7] è la dimensione di una grandezza fondamentale [M] è la dimensione di una grandezza fondamentale a, b, c sono gli esponenti da dare alle grandezze fondamentali che permettono di ottenere le dimensioni della grandezza derivata. Un sistema di misura dovrebbe essere: F0)= 4x2 +1:0+3x0+6x14+1.x72 quando x=10 Il mumero 10 costituisce la base del sistema di numerazione, mentre i coefficienti che compaiono nella relazione prendono il nome di cifre, costituite cioè da numeri interi compresi tra 0 e 9. Ogni numero si può esprimere nella forma a virgola mobile per cui: a=d-10P in cui d=a_} 101 +a-7 1072 +... +a_; 0° = 0, a_10_70-3...0_} Le # cifre a,0.3..04 costituiscono la mantissa del numero a mentre p costituisce la caratteristica. Si chiarisce il concetto con un esempio: Il numero 0,00218 si può scrivere come d = 0,218-1072 e quindi avremo: caratteristica p = -2 mantissa data da a, =2 Per determinare le cifre significative occorre seguire due semplici regole: e selozeroè l’ultima cifra essa è una cifra significativa; e gli zeri che si trovano a sinistra di un numero e quindi servono solo a localizzare il separatore decimale non sono cifre significative ad esempio nel numero 8,121 tutte le cifre sono significative, così come nel numero 2000, mentre il numero 000,6 ha una sola cifra significativa. L’arrotondamento si effettua eliminando tutte le cifre che seguono l’ultima cifra significativa in base alle seguenti regole: =» se la prima delle cifre eliminate è >S si aumenta l’ultima cifra significativa di unal unità; =» sela prima delle cifre eliminate è <5 l’ultima cifra significativa resta invariata; =» se la prima delle cifre eliminate è =5, si considera l’ultima cifra significativa. Se essa è dispari la si aumenta di una unità, se essa è pari la si lascia invariata. Ad esempio per arrotondare a quattro cifre significative il numero 12,376 si adotta il numero 12,38. Se invece si vuole arrotondare a quattro cifre significative il 12,373, si adotta il numero 12,37. Se invece si vuole arrotondare a quattro cifre significative 12,375 occorre adottare il numero 12,38, così come volendo arrotondare 12,365 si adotta il numero 12,36 1.3 Incertezza della misura e richiami di statistica Se si effettuano ripetute misure di una medesima grandezza si ottengono, in generale, risultati tra loro diversi. In altri termini si può affermare che il valore “vero” di una grandezza non è conoscibile, se non altro perché l’azione stessa del misurare influenza il fenomeno da investigare e ne impedisce la sua naturale evoluzione. In generale si assume come valore vero della grandezza il valore più probabile del misurando, intendendo come tale quello che si ricaverebbe da un gran numero di misure mediante apparecchi più perfezionati disponibili. E? quindi pacifico affermare che il valore vero di una grandezza è un concetto ideale e che ogni valore rilevato differisce dal valore vero di una quantità E, detta errore assoluto. In altri termini, se x è il valore rilevato e xy il valore vero si ha Ea = %m = %v Si definisce invece errore relativo il rapporto: E x -x a no Gli errori di misura possono essere distinti in: - errori sistematici, cioè legati alla causa che li ha prodotti da una legge fisica determinabile. Il loro effetto quindi può essere previsto e corretto; - errori accidentali, cioè provocati da cause occasionali. Essi hanno una distribuzione gaussiana. E’ noto che quando si ripete più volte, nelle stesse condizioni, la misurazione di una grandezza si ottengono, in generale, risultati diversi. A, l’incertezza tipo i, da associare alla singola misurazione xy risulta essere lo scarto tipo s, mentre l’incertezza tipo i da associare alla media aritmetica delle misure Xn risulta essere lo scarto tipo delle medie s,.In altri termini i(x) = s iXm) = Su La stima dell’incertezza di tipo B deve essere determinata valutando tutte le informazioni che si possono ottenere in relazione alla variabilità dei risultati e, quindi, alla loro distribuzione probabilistica. Tali informazioni possono includere precedenti dati di misura, dati di taratura degli strumenti, specifiche dei costruttori, dati di incertezza sui materiali utilizzati. In altri termini l’incertezza di tipo B non riguarda dati sperimentalmente acquisiti, bensì prevede la conoscenza a priori della distribuzione probabilistica associata ai risultati della misurazione. Per quantificare l’incertezza di misura di tipo B si ricorre alla varianza della distribuzione o alla deviazione standard Ove u è la media per una certa distribuzione probabilistica, che viene ottenuta pesando ogni valore x con la corrispondenza e densità di probabilità f(x). Anche per l’incertezza di tipo B può procedersi con i ragionamenti già fatti con quella di tipo A e quindi l’incertezza di tipo i da associare alla singola misurazione x risulta essere la deviazione standard della distribuzione 0, mentre l’incertezza tipo i da associare alla media aritmetica delle misure Xn , nel caso di misure ripetute, risulta essere la deviazione standard della distribuzione delle medie _ o 7" Gi Capitolo 1 - METODI DI MISURA In altri termini i(x)=0 IX m) = Cu Occorre inoltre introdurre il concetto di incertezza composta, in quanto, in molti casi, le incertezze di misura, ottenute sui singoli componenti di un sistema complesso vanno combinate tra loro per determinare l’incertezza complessiva che grava sulla misurazione. Se il risultato della misurazione y è ottenuto dall’elaborazione di più risultati di misure indipendenti tra loro (xx), cioè v= f(31,%2,--:Xk-Xn) l’incertezza che grava sulla stima del misurando finale e cioè l’incertezza composta è legata alle incertezze che gravano sulle singole misure x; mediante la relazione: (0)= s(£) (6)? k=1\ Nk Dove i(xx) sono le incertezze di tipo A o B che gravano sulle diverse quantità xx . Nella tabella di seguito riportate sono illustrate le espressioni dell’incertezza tipo composta per alcuni casi particolari. Funzione Incertezza Composta Assoluta y= 448 (= lid +18)? (0) = VA) +18)? ilu)= k-i(A4) i(v)= \B?i(4)? + A°i(B)? A 2 v5z i0)= ria o)? y=d" iV)= n A" (A) y= A+B+C i) = Vi(A)° +i(B)? + (0)? L’incertezza estesa /(y) riportato in un certificato o in un rapporto viene ottenuta moltiplicando l’incertezza tipo composta i(y) per un opportuno fattore di copertura k, per cui I) =k-i0) In tal modo l’incertezza definisce un intervallo dentro il quale si possa ritenere compreso con probabilità elevata il “valore vero” del misurando. Tale probabilità viene definita come livello di confidenza. In campo internazionale è stato deciso di adottare, se non diversamente indicato il fattore di copertura = 2. Se, come accade di solito, la distribuzione si può considerare Gaussiana, ciò associa i limiti dell’incertezza estesa. ad un livello di confidenza approssimativamente uguale al 95%. 1.4 Catena di misura Si definisce catena di misura l’insieme di strumenti collegati, tra loro mediante i quali un parametro viene acquisito ed elaborato dall’ingresso all’uscita, sino ad ottenere il valore di lettura. Pertanto una generica catena di misura è individuata dai seguenti elementi: - un sensore, cioè un elemento in grado di prelevare l’informazione dal sistema da misurare; - un sistema di trasmissione, che ha la funzione di trasdurre l'informazione; - un sistema di conversione, in grado di convertire la grandezza misurata in un’altra, di norma di tipo elettrico; - un sistema di elaborazione, in grado di elaborare il segnale rendendolo facilmente interpretabile; - un sistema di memorizzazione, ove tutti i dati raccolti ed elaborati vengono archiviati e memorizzati; 1.6 Misure e collaudi dimensionali Spesso nell’ambito dei collaudi, soprattutto dimensionali, delle produzioni in serie, occorre procedere all’estrazione dall’insieme degli oggetti prodotti, nominato universo statistico, un numero rappresentativo di oggetti, chiamato campione statistico, da analizzare con metodi statistici. E? per questo motivo che occorre aver assimilato alcuni concetti dell’analisi statistica, prima di procedere alla valutazione parametri misurati. In altri termini occorre associare al campione statistico un valore medio e una varianza, o uno scarto quadratico medio per valutare la dispersione dei dati misurati, per poi utilizzare tali informazioni al fine di avere indicazioni sull’universo statistico degli oggetti prodotti. Per analizzare il campione, si possono usare le seguenti formule statistiche, in parte già richiamate nel precedente capitolo 1.3. - Valore medio m o media aritmetica è definito dalla seguente relazione: 1 Ove: x; è il valore della misura -ma nè il numero dei valori - Scarto o deviazione d; che è la differenza tra ogni misura x; e la media x della serie di misure d,= fx 3) - Varianza v è la stima della dispersione dei valori osservati x; intorno alla loro media ed è data dalla relazione - scarto quadratico medio o deviazione standard, che è la radice quadrata della varianza e rappresenta un criterio di valutazione della dispersione dei valori intorno al valore medio E° interessante notare: 1 - che la media degli scarti —Yd è sempre nulla; nl - che la deviazione standard o è sempre positiva ed ha le stesse dimensioni di x; Tutto ciò premesso, è importante sottolineare che, a causa di vari motivi (errori di lettura, errori procedurali, ecc.) possono comparire, all’interno del campione statistico dati poco attendibili, che dovrebbero essere scartati prima di calcolare media e varianza. Poiché lo scarto di tali dati atipici non può essere affrontato con criteri soggettivi, occore utilizzare un criterio che fornisca un giudizio oggettivo sull’accettabilità dei campioni. Per tale esigenza ci viene in soccorso il criterio di Chauvenet, che da la possibilità di formulare un giudizio di accettabilità dei dati acquisiti. Tale criterio si fonda sull’ipotesi che la distribuzione sia gaussiana e quindi, affinchè sia applicabile, occorre verificare che la distribuzione delle frequenze dei valori del campione sia di tipo gaussiano. Per tale verifica occorre applicare il test del x? o di Pearson, che pone a confronto le frequenze assolute osservate fo; e quelle attese fa; nell’ambito delle classi di appartenenza in cui è suddivisa la distribuzione dei dati. In termini esemplificativi, ottenuti i dati x; del campione essi vengono suddivisi in m classi. 21 Detto: ail minimo degli x; b il massimo degli x; Ax; l’intervallo della classe j-ma Si avrà che E se le classi sono di ampiezza costante, sarà Ax = Ax J Inoltre ogni classe sarà caratterizzata dal valore centrale Vj pari alla media fra il valore massimo e minimo Va precisato che il numero di classi può essere definito in modo arbitrario e se esso è molto elevato Ax tende a diventare sempre più piccolo. Ogni classe quindi sarà caratterizzata da: - una base da, v, 1 - un’altezza y = —.— in J ove: v, = è il numero di volte in cui si sono misurati valori compresi nell’intervallo j-mo; n= è il numero totale di misure eseguite il prodotto y; . Ax; è proprio la frequenza con cui si sono registrati i valori nella classe jma. Capitolo 1 - METODI DI MISURA Adogni classe assoceremo: - il valore centrale v, - la frequenza assoluta osservata f,, (numero di elementi che vi appartengono) - la frequenza osservata percentuale Lm (%)=100- - la densità di frequenza osservata d, = va e otterremo la seguente tabella. p d n Valore Classi | Limiti delle classi | °"!"2! | Frequenza assoluta | FFOAUENZA — |pensità di frequenza | FF*9UENZA cumulata della percentuale percentuale classe 7 7 7 progressivo |> di Imm] | < dimm] || xImm] fi = 7.100 x > 2100 c@) 1 10,160 19,170 10,165 2 1,82 0,18 1,82 2 10,170 10,180 10,175 5 4,55 0,45 6,36 3 10,180 10,190 10,185 12 10,91 1,09 17,27 4 10,190 10,200 10,195 22 20,00 2,00 37,27 5 10,200 10,210 10,205 24 21,82 2,18 59,09 6 10,210 10,220 10,215 21 19,09 1,91 78,18 T 10,220 10,230 10,225 13 11,82 1,18 90,00 8 10,230 10,240 10,235 T 6,36 0,64 96,36 9 10,240 10,250 10,245 4 3,64 0,36 100,00 Capitolo 1 - METODI DI MISURA FREQUENZA CUMULATA {Eoasso 1) ques ne: g ne e" nen È do Mi Ctasso7 ” Classe 8 nz Classe ISTOGRAMMA DELLE FREQUENZE > » x nos g oa È, ness tICIasse 8 MCIasse 9 Classe Occorre poi calcolare, per ogni gruppo di valori le frequenze attese per ogni singola classe nell’ipotesi di una particolare distribuzione, generalmente gaussiana, con il seguente procedimento: a) per ogni classe j si calcolano gli scarti ridotti dei limiti inferiori e superiori Zmin € max Mediante le formule: b °) d (x; min — “medio ) _ _ (x jmax _ “medio) = simax = === Zjmin 7 5 5 ove s è la deviazione standard dalla distribuzione gaussiana si calcola la frequenza percentuale attesa fagj per classe j; per ogni classe si calcola il rapporto Rj Ri = (fari = faoj? / Faaj ove faoj è la frequenza assoluta osservata nella classe j; si calcola infine il valore del X° con la formula x 2- i Rj j71 si prestabilisce un rischio di errore 0 generalmente inferiore al 10% e si calcolano le due probabilità p=1-È p=È 2 2 nonché il numero dei gradi di libertà v=k-3 da alcune tabelle ricavabili dal sito www .itl.nist.gov/div898/handbook/eda/section3/eda3674.htm è possibile ricavare in funzione dei tre parametri pi p. € v si trova un intervallo dei valori compresi fra: (pv. x° (02.1) Eseguite le suddette operazioni è possibile effettuare il test chi-quadro o di Pearson, che serve per valutare quantitativamente appartengono ad un tipo di distribuzione. Nel caso in esame, avendo adottato la distribuzione gaussiana si calcola il valore del X° per la nostra serie di dati e si confronta tale valore con quello dei valori estremi dell’intervallo citato. 27 X}=9,10 + 0,05 X =5,30 +0,04 X}=11,20+0,10 Svolgimento iy = V0,05 + 0,042 +0,10? = 0,12 Risulta quindi 1.74 Esercizio n.4 Dovendo effettuare la misura di una massa incognita mediante una bilancia elettronica, un osservatore effettua un certo numero di misure ripetute in modo tale da rendere evidenti le cause di incertezza che si vogliono stimare (es. collocando la massa in posizioni diverse, ripetendo le misure durante un periodo sufficientemente Y=25,60+0,12 lungo da comprendere le variazioni di temperatura, ecc.) I dati rilevati risultano essere quelli rappresentati in tabella x(1) =100.0568 x(2) = 99.99646 x(3) = 99.93649 x(4) = 99.99458 x(5)=100.0761 x(6)=99.99119 x(7) = 99.98705 x(8) = 99.99824 x(0)= 1100.0437 Tabella delle misure (g) x(14)=99.96014 x(15)=99.92793 x(16) =99.93853 x(17)=100.0021 x(18)=99.97930 x(19)=100.0216 x(20) =99.97158 x(21)=100.0437 x(22) =99.96122 x(10) =99.98410 x(23) = 99.99166 x(11) =100.0140 x(24) = 99.95460 x(12) = 100.0120 x(25)=100.0684 x(13) = 99.96027 Svolgimento La migliore stima della massa incognita viene fornita dalla media delle 25 misurazioni: - 1 25 X=— Lx(i) = 99.995g 25i=1 La stima dell’incertezza di tipo A può essere semplicemente ricavata sulla base della stima dello scarto tipo del campione (confidenza al 95%) "n [12 _ s =.J_ 3 (x@-X) = 0.040g msi» 7-2 —-0.0169 \24:5 Jos s 1.7.5 Esercizio n. 5 Si stimi l’incertezza di tipo B correlata ad una misura effettuata con un’unica pesata della massa incognita mediante una bilancia elettronica con una portata pari a 120 ge coni seguenti dati: e Fontediincertezza: Incertezza tipo e Grandezza di riferimento 0.05 mg 31 ® Stabilità (3 mesi) 0.1 mg e Eccentricità 0.3 mg e Influenza della temperatura (a 20 + 5 °C) 0.4 mg e Linearità 0.2 mg e Ripetibilità 0.1 mg e Risoluzione 0.1 mg Svolgimento 1.7.6 Esercizio n. 6 Si determini l’incertezza associata alla misura dell’area A di una piastra avente superficie rettangolare di dimensioni xi e x: tali che x1=1,5+0,02 m. x,=1,0+0,04m. Svolgimento In riferimento al quesito, può considerarsi la seguente figura: Cronografo B Analogamente per il cronografo B risoluzione +0,1s (essendo la distribuzione di tipo rettangolare) anticipo = 0,03021 + 0,00004s/s Considerando il caso peggiore e cioè la durata più lunga dell’evento pari a 940s, avremo per i due cronografi: A) risoluzione = +0,005s; ritardo = 4,7+0,8s B) risoluzione = +0,1s; anticipo = 28,40+0,04s L’incertezza sarà quindi . i Ip? bti dove i, è l’incertezza di risoluzione ed i. è l’incertezza strumentale. In relazione ai due cronografi avremo: Cronografo A ip = +1/0,005? + 0,82 = +0,85(95%) Cronografo B ip = +01? + 0,04? = +0,1s05%) Confrontando tali valori, si deduce che il cronografo B è lo strumento più idoneo. L’Allievo eseguirà un utile esercizio anche nel caso in cui l’evento abbia durata minore e cioè pari a 860s. Constaterà che nel campo di durata prevista per l’evento il cronografo B è sempre più idoneo. Diverso è il discorso se considererà una durata dell’evento di soli 5 secondi. In tal caso constaterà che è il cronografo A ad essere più idoneo. 35 1.7.8. Esercizion.8 La frequenza fondamentale di oscillazione vor di una membrana circolare uniformemente tesa è data dalla relazione Siano D=23.64in T=19.2 Ibfift M=2,138:10* /b/in? Determinare il valore di voi nel SZ Soluzione Nel Sistema Internazionale la frequenza ha per unità s' = Hz. Per determinare il valore di vo; i dati vanno evidentemente espressi in unità SI e per far ciò conviene per prima cosa scrivere i fattori di conversione tra le varie unità. Essi sono: 1/b=0.453 kg 1/bf= 4.448N 1ft=0.3048 m lin=0.0254m Da questi seguono i valori dei dati nel SI (tenendo nei calcoli intermedi una cifra significativa in più) D=23.64inx 0.0254m/in= 0.6004m T= 193001 AAASNIIBF _ 280.2N/m ft 0.3048ft/m 4 Ib__0453b/kg OLE 0.1501kg/m? in 0.254 m? lin? M=2.138 10° Non resta che sostituire i valori calcolati nella formula. Si ottiene ve 240 (2802 _ sso 0 70.6004V0. 0 CAPITOLO 2 CENNI DI TEORIA DEI SEGNALI 2.1 Generalità Durante le operazioni di collaudo, soprattutto di sistemi meccanici, vengono spesso utilizzati dei sistemi di acquisizione ed elaborazione dati, in modo da acquisire, sotto forma di segnali elettrici, misure di grandezze fisiche. Tali argomenti, pur facendo parte di altre discipline, alle quali si rinvia per uno studio più approfondito, devono essere conosciuti dai collaudatori al fine di sviluppare competenze e capacità nell’analisi dei segnali e nell’esame dei dati. I notevoli progressi compiuti nel settore elettronico mettono oggi a disposizione dei tecnici un numeroso bagaglio di informazioni e di strumenti che garantiscono l’acquisizione e l’elaborazione dei dati per ogni occorrenza relativa alla misura, al rilevamento, al controllo e all’elaborazione di grandezze fisiche. Lo schema generale di un sistema elettronico prevede essenzialmente i seguenti blocchi: - acquisizione, che ha il compito di introdurre nel sistema le grandezze da elaborare, le quali possono essere di tipo fisico (temperatura, pressione, velocità, ecc.) o di tipo elettrico (segnali); - elaborazione, che elabora il segnale, analizzandolo e controllandolo eventualmente con opportuni parametri di riferimento; - emissione, che ha il compito di fornire all’uscita del sistema le grandezze risultanti dall’elaborazione, sia sotto forma di segnali elettrici sia sotto forma di grandezze fisiche, quali spostamenti o rotazioni; - controllo, che ha il compito di garantire, durante l'elaborazione il rispetto di parametri prestabiliti di riferimento. E? ovvio che tale schema elementare può essere ulteriormente arricchito di altri blocchi, allorquando si pone la necessità di meglio specificare ulteriori funzioni. 37 Nei trasduttori ad effetto induttivo, la grandezza elettrica da rilevare, modifica uno dei parametri che determina l’autoinduzione o la mutua induzione di un circuito elettromagnetico. 2.3 segnali I segnali assumono fondamentale importanza in tutti i settori della scienza della tecnica. Essi descrivono il modo di variare di una grandezza misurabile e pertanto possono essere rappresentati matematicamente da una funzione di una o più variabili indipendenti. I segnali provenienti dai trasduttori sono di norma continui nel tempo e possono quindi assumere tutti i lavori compresi tra un limite inferiore ed un limite superiore. Pertanto, considerato un intervallo di tempo compreso tra 0 e T, si ha la possibilità di acquisire infiniti valori del segnale (vedasi fig. 1). Segnale analogico Un segnale analogico ha un’ampiezza che varia in maniera continua nel tempo Ampiezza 6 5 4 3 2 1 Figura n. 1 In questo caso si parla di segnale analogico, che è quindi caratterizzato da un dato noto o disponibile all’utente con continuità nel tempo. In altri termini un segnale analogico può assumere un infinito numero di valori in un intervallo di tempo At, piccolo a piacere. Un segnale si dice invece digitale allorquando è caratterizzato da un dato noto o disponibile all’utente in forma discreta nell’intervallo di tempo considerato (vedasi fig.2). Ampiezza I d I =» Tempo Di Figura n.2 In tale figura è rappresentato il grafico di un segnale binario, cioè un segnale digitale che può assumere solo due valori. Si ricorda che in molte analisi di segnali torna comodo fruire della serie Fourier, che consente di esprimere il segnale variabile nel tempo, quale somma di segnali sinusoidali con ampiezze, frequenze e fasi diverse. Un segnale si dice determinato allorquando è conosciuto il suo andamento nel tempo o sotto forma di equazione o sotto forma di grafico e pertanto i suoi valori sono prevedibili in ogni istante. Il segnale aleatorio è un tipo di segnale di cui non si conosce a priori l’andamento, ma tutt'al più solo qualche caratteristica statistica. I segnali inoltre vengono suddivisi in: . periodici, allorquando il loro andamento nel tempo si ripete sempre in maniera uguale dopo ogni intervallo che prende il nome di periodo; 4 . aperiodici, quei segnali il cui andamento nel tempo non si ripete mai in modo uguale. 2.4 Conversione dei segnali nel campo analogico-digitale I segnali provenienti dai trasduttori sono continui nel tempo e possono assumere tutti i valori compresi tra un limite inferiore ed un limite superiore. Trattasi pertanto di segnali analogici che assumono infiniti valori nell’intervallo di tempo compreso tra 0 e T. Il segnale digitale invece è disponibile all’utente, come detto, in forma discreta nel dominio del tempo e può essere rappresentato con una sequenza di numeri. I principali vantaggi dei sistemi che acquisiscono ed elaborano segnali digitali sono: - velocità di elaborazione; - versatilità; - facilità di manipolazione, trasmissione, di registrazione e di riproduzione; - ripetibilità e riproducibilità; - bassa incertezza con costi relativamente contenuti. Pertanto assume fondamentale importanza convertire i segnali analogici (cioè variabili con continuità nel tempo) con tutto ciò che elabora segnali digitali (cioè variabili tra due livelli). I sistemi elettronici idonei ad assicurare tale conversione prendono il nome di convertitori A/D (Analogico / Digitale) e D/A (Digitale / Analogico). Le principali fasi della conversione A/D sono: - quantizzazione, allorquando il dato analogico viene suddiviso in un insieme di stati discreti; - codifica, allorquando si assegna una parola digitale ad ogni stato discreto secondo un opportuno codice. 4 Figura n. 5 Poiché l’errore di aliasing non è coreggibile a posteriori, vengono inseriti opportuni filtri sul segnale da campionare, i quali tagliano tutte le frequenze fi del segnale che sono superiori a f-/2 talvolta per evitare l’aliasing si alza la frequenza di campionamento fe 2.5 Isistemi diagnostici Nell’ambito delle procedure di collaudo di sistemi meccanici, comunque complessi, si è andato sempre più affermando l’utilizzo di sistemi diagnostici, i quali stanno assumendo una notevole importanza anche nel contesto delle politiche manutentive avanzate. Un sistema diagnostico si prefigge lo scopo di definire lo stato di degrado di un componente o di una macchina tramite la misurazione di alcune grandezze caratteristiche. Il principio di funzionamento di un sistema diagnostico consiste quindi nel monitorare, durante il normale ciclo di esercizio, uno o più parametri di controllo e di segnalarne tramite un opportuno dispositivo di allarme il superamento di limiti prestabiliti. Durante la fase di monitoraggio si ha la misurazione e la registrazione dei valori dei parametri significativi della macchina o dell’impianto ad intervalli temporali prestabiliti o su richiesta dell’operatore. Le principali caratteristiche che deve possedere un sistema diagnostico sono: - flessibilità; - semplicità; 4 - affidabilità. Nei sistemi meccanici assume forte valenza l’analisi dei fenomeni vibratori, data la loro stretta correlazione con le problematiche di mal funzionamento. Durante le operazioni di collaudo di una macchina occorre definire la condizione in cui sta operando il sistema sotto esame e si devono rilevare i valori di parametri capaci di individuare in maniera univoca la situazione di funzionamento. La procedura di collaudo che va dalla definizione di quali componenti del sistema analizzare fino alla prognosi di un danno al macchinario può essere standardizzata e suddivisa nei seguenti passi: - campionamento; - rilevamento; - diagnosi. Il campionamento rappresenta una parte fondamentale nella procedura di collaudo in quanto un errato campionamento può portare a risultati fuorvianti. Le tecniche di campionamento sono oggetto di specifiche normative e sono descritte ad esempio nelle norme ISO 4021. Il rilevamento rappresenta una parte in cui si opera la scelta dei componenti da sottoporre a monitoraggio, nonché la scelta dei parametri con cui monitorare il sistema. E’ fondamentale nel rilevamento controllare più parametri, ognuno dei quali capace, da solo, di descrivere opportunamente un eventuale condizione di danneggiamento. Solo in tal modo si riesce a disporre di dati ridondanti, per poter stabilire con certezza lo stato del macchinario. Così come per il medico è difficile accettare che le condizioni del malato siano determinate sulla base di un unico sintomo, anche per il collaudatore è opportuno individuare un set minimo di parametri in grado di offrire elementi certi di valutazione. Una volta rilevati i dati, avendo avuto l’accortezza di campionarli secondo criteri che non invalidino le informazioni, si può passare alla diagnosi. Essa rappresenta l’occasione per esprimere una valutazione, il più possibile oggettiva, sulla condizione del sistema sottoposto a collaudo, basandosi anche sul confronto tra i sintomi riscontrati e i sintomi tipici di sindromi note. AI fine di esprimere un giudizio valido sulle condizioni del sistema meccanico, il collaudatore deve possedere un ampio database di sindromi e dei relativi sintomi. Di norma questi database contenenti i valori critici dei vari parametri misurati sono forniti dalle case produttrici. Ad esempio, per i cuscinetti, la diagnosi consiste nella verifica del fatto che l’armonica che i dati storici associano a un determinato problema è aumentata di ampiezza. Pertanto il collaudatore deve essere particolarmente esperto o deve avvalersi di tecnici particolarmente esperti nell’interpretazione degli spettri dei segnali acquisiti. 2.6 Analisi delle vibrazioni Oggi esistono numerose possibilità di stabilire le condizioni dei macchinari attraverso le analisi delle vibrazioni, i cui dati vengono acquisiti di norma attraverso accelerometri posti sulle casse esterne degli apparecchi da monitorare. La scelta del punto in cui posizionare l’accelerometro è una fase critica del processo di collaudo, in quanto il corretto posizionamento ha notevole influenza sulle informazioni che si possono estrarre dall’analisi delle vibrazioni. Dall’esame dei dati acquisiti si procede, in prima istanza, con un’analisi del valore quadratico medio della velocità di vibrazione misurata, seguente le norme ISO 2372, che permettono di stabilire, a partire da tale dato le condizioni del macchinario. Tale approccio metodologico è molto semplice e fornisce prime e buone indicazioni sullo stato globale della macchina, ma nel caso in cui si individui un malfunzionamento il collaudatore non è in grado di risalire dalla sola analisi della velocità di vibrazione a quale sia il componente danneggiato. La ricerca di tale componente può essere fatta solo grazie alla relazione, più volte verificata, che esiste tra la nascita di particolari picchi sullo spettro del segnale acquisito e il guasto di alcuni componenti del sistema meccanico. Pertanto l’analisi dello spettro è fondamentale per l’individuazione del citato componente e richiede la presenza di un database con le frequenze a cui si manifestano comunemente i danneggiamenti dei vari componenti. 4 CAPITOLO 3 TARATURA STATICA DEGLI STRUMENTI 3.1 Generalità La taratura statica di uno strumento è l’analisi delle caratteristiche statiche di un sistema di misura o di un singolo trasduttore, una volta che essi siano stati posti in un ambiente controllato. In altri termini il trasduttore viene isolato da ciò che lo circonda, ponendolo in un ambiente in cui sono misurati e controllati tutti i parametri fisici che possono influenzare la misura stessa. L’operazione di taratura consiste nel far variare tutte le grandezze di ingresso significative, una per volta, mantenendo costanti le altre e registrando le corrispondenti uscite. Le grandezze di ingresso sono misurate con strumenti in grado di fornire misure con incertezze minori di almeno un ordine di grandezza di quella dello strumento da tarare. In altri termini nella taratura statica si stabilisce un relazione tra ingresso ed uscita, nella quale l’ingresso viene variato, in un certo campo di valori costanti, e l’uscita corrispondente varierà in un certo campo sempre di valori costanti che vengono accuratamente misurati. 3.2 Curva di taratura Registrando ed analizzando l’uscita per ingressi noti si ricava un grafico rappresentativo della taratura. Nella figura seguente sono riportante le grandezze rilevate in un grafico, nel quale, in ascisse sono evidenziati gli ingressi, in percentuale del fondo scala, e l’ordinata le uscite sempre in percentuale del fondo scala. Capitolo 3 - TARATURA STATICA DEGLI STRUMENTI 0 20 40 60 80 100 Ingresso [% f.s.] Nella figura sono anche evidenziate le bande di incertezza dell’ingresso e dell’uscita e appare chiaro come le incertezze dell’ingresso sono più piccole di quelle dell’uscita stessa. Considerando solamente le letture e cioè i valori centrali della fascia si può ottenere un grafico come il seguente. 100 N I , y (2) Ò hi spira n Ò + Ja Uscita [% f.s.] Na o © ‘ , o o pri tpis A ° N ifpisi fa + 4 + 0 20 40 60 80 100 Ingresso [% f.s.] Collegando i punti rappresentativi delle risultanze sperimentali con una curva si ottiene una spezzata, come la curva di taratura rappresentata in figura. 51 Capitolo 3 - TARATURA STATICA DEGLI STRUMENTI 100 i ; - 4 ] 801 i @ j <60 L 1 ù 1 240 4 1 = J Fi ] 220 + dl 0 pri pri prassi 0 20 40 60 80 100 Ingresso [% f.s.] Solitamente però per pervenire alla curva di taratura si utilizzano metodi ai minimi quadrati ipotizzando una dipendenza fra grandezze di ingresso e grandezze di uscita di tipo lineare. In altri termini la curva di taratura viene assimilata ad una retta, che è solitamente una retta di regressione ai minimi quadrati (vedasi figura). 100 y y y J J J vw Ò N curva di taratura Uscita De fs] o y & ° , prispor N Ò , o ° 0 20 40 60 80 100 Ingresso [% f.s.] Si definisce sensibilità statica assoluta S, la pendenza della curva di taratura. In altri termini dette g; le grandezze in ingresso g, le grandezze in uscita si ha: deu S,= © dg; Se la curva di taratura è una retta tale formula diventa Bu 8i Sa? Capitolo 3 - TARATURA STATICA DEGLI STRUMENTI INGRESSI Si parla invece di errore di risoluzione allorquando lo strumento non riesce ad apprezzare piccole variazioni dell’ingresso (vedasi figura seguente). Du ‘errore di zero gi Tutte le fonti di errore evidenziate in precedenza devono essere opportunamente combinate per assegnare ad ogni valore dell’ingresso un errore o l’incertezza dello strumento tarato. L’errore può essere espresso come percentuale della lettura (caso a), come percentuale della lettura del fondo scala (caso b), o come sovrapposizione delle due espressioni (caso c) — Vedasi figura seguente. 55 Capitolo 3 - TARATURA STATICA DEGLI STRUMENTI Yu Yu du gi gi Yi Nella vecchia terminologia della Teoria delle misure era introdotta anche la classe di precisione. Essa, per uno strumento analogico, rappresentava l’incertezza di lettura espressa come percentuale del fondo scala. Ad esempio ad un Voltmetro con un fondo scala 300V e classe di precisione 0,05 si assegnava una incertezza di lettura di 0:05 .300= 0,157 100 3.4 Esercizi 3.4.1 Esercizio n.1 La caratteristica di un trasduttore non lineare nel campo di valori 0 < gi < 10 ed è rappresentata dalla legge gu = 4gj+0,021g7 - 0,001g} Determinare la sensibilità minima e massima. Calcolare l’errore assoluto e relativo massimo che si commette, approssimando la caratteristica con una retta passante per gli estremi della curva. Svolgimento Ricordo che 84= 4-44 0,042 g;- 0,003 g? gi Impongo da =0 gi 0,042 — 0,006g; = 0 da cui gi = 0082 gi" 7.006 =7 per tale valore Sy = 4,147 ed assume il valore massimo. Mentre la sensibilità è minima per g; = 0edè pari a 4. Tanto si ricava considerando che l’espressione della sensibilità è una funzione di g; rappresentativa di una parabola conla concavità rivolta verso il basso. Per calcolare l’errore assoluto e relativo massimo occorre considerare il valore della grandezza in uscita agli estremi dell’intervallo in cui ricade il gi. Si rimette all’ Allievo il completamento dell’esercizio. 57 una griglia di materiale metallico dello spessore di qualche decina di micron, ottenuto per lo più mediante procedimento fotografico; un supporto in resina in grado di trasmettere le deformazioni dell’elemento elastico su cui viene incollato; adesivo, di piccolissimo spessore, per lo più bicomponente che lega il supporto all’elemento elastico; protezione della griglia, costituita da cera o resina, per evitare il danneggiamento del materiale metallico. Le caratteristiche metrologiche degli estensimetri sono per lo più costituite resistenza elettrica R, che dipende dalla resistività del materiale p, dalla sezione della griglia Se dalla sua lunghezza L secondo la legge R = pL/S; Sensibilità della deformazione data dal fattore di taratura o gage factor definito come K = (AR/R) / (AL/L). Di norma esso viene determinato per via statistica estraendo un campione significativo di estensimetri dall’intera produzione industriale; Sensibilità alla temperatura data dal fattore a = (AR/R) / AT ove AT è la variazione della temperatura e a è tipico del materiale considerato.; Portata che definisce il campo di utilizzo degli estensimetri, di norma variabile tra 0 e 3000ppm; Sensibilità trasversale definita dal rapporto tra il fattore di taratura e il fattore di dilatazione trasversale; Accuratezza data dalla combinazione delle caratteristiche metrologiche dell’estensimetro, del suo incollaggio sull’elemento elastico e della catena di misura su cui è inserito il sensore. 4.3. Ponte di Wheatstone Un normale estensimetro fornisce variazioni di resistenza talmente modeste che non sono facilmente determinabili con un normale ohmetro. Ad esempio se un estensimetro ha una resistenza di 120 ohm e un fattore di taratura k = 2, esso è tale che una deformazione di 3 ppm comporta una variazione di resistenza così calcolabile dalla definizione del fattore di taratura. aR-k(S)r- 2x3x1075 x120Q = 720,0 Appare evidente quindi che occorre utilizzare strumenti di misura diversi dal normale ohmetro. Per tale motivo si fa ricorso al ponte di Wheatstone rappresentato in figura. Cc % ° Ri R2 V. 10 ke ia I2 B E (alimentazione) Ra Rs 6. D © Vm (misurata) 61 Dove al posto delle resistenza Ri, R., R3 e R4 vengono sostituiti uno o più estensimetti. Nel caso in cui si abbia un solo estensimetro il circuito prende il nome di quarto di ponte, per due estensimetri si ha un circuito a mezzo ponte, utilizzando quattro estensimetri si ha un circuito a ponte completo. Si azzera il ponte in modo che il prodotto Ri R: sia uguale a R3 ed Ru. Se il ponte è equilibrato E E h 1) f a E ta) Vi-ve= iR=lR1 Va-Vo= E Ri Va Vo = E R Ri +R4 R,+R3 Ri R Vate aa) Vm _ | RyR3 — RR4 E \(Ri+R4)R7+83) Se il ponte o viene squilibrato per una piccola variazione AR, di R, si avrà un AVn tale che Vin + AV — (Ri +AR)R3 + RoR4 E (Ri+ AR +R4)(R3+R3) Il ponte è equilibrato. Vn=0 R;R3=R:R4 AV _ AR;R3 E (Ri+AR;+R4)R3+R3) Capitolo 4 - MISURE DI DEFORMAZIONE ED ESTENSIMETRI _____ 2€,(1+v) Trazione: posizionamento degli estensimetri e schema a ponte completo —_ < Va > Torsione: posizionamento degli estensimetri e schema a ponte completo In tali disposizioni, sia con il ponte completo, sia con il mezzo ponte, si è in grado di ottenere la cancellazione degli effetti dovuti alla temperatura, nonché la cancellazione di eventuali effetti dovuti alla presenza di forze di compressione o di trazione. Come è noto l’inserimento di uno strumento di misura in un circuito comporta inevitabilmente il sistema venga pertubato dal misuratore stesso, in quanto quest’ultimo assorbe energia. Pertanto, ogni qualvolta si inserisce uno strumento di misura all’interno di un ponte di Wheatstone si è in presenza di un errore di inserzione, in quanto il voltmetro introdotto per quantificare l’entità dello sbilanciamento del ponte incide sul misurando (tensione). Per tale motivo, al fine di contenere gli effetti di inserzione, si utilizzano voltmetri con impedenza interna abbastanza elevata rispetto a quella che caratterizza il ponte nel suo complesso. L’errore di inserzione £ può essere valutato mediante la seguente formula 1 l+ Ri Re E=- ove Ri èlaresistenza interna del voltmetro Re èlaresistenza equivalente che caratterizza il ponte di Wheatstone, ossia è la resistenza complessiva vista dal voltmetro ai capi dei morsetti cui questo è collegato. Per ricavare il valore di R. occorre riportarsi a noti problemi di elettrotecnica, ipotizzando di staccare il voltmetro e staccare il generatore di tensione che alimenta il ponte. In virtù di tale circuito modificato si ricava la resistenza equivalente rispetto ai cavi dei morsetti di collegamento del voltmetro con il ponte. Pertanto si può affermare che la tensione Vm misurata dal voltmetro è minore di quella effettiva a causa dell’errore di inserzione. Per ottenere l’effettivo valore di Vm e CIOÈ Vmeffetivo Si può utilizzare l’espressione Vineffettivo s ma Ove e è una grandezza presa con il proprio segno. Nelle figure seguenti sono riportati gli schemi cui occorre far riferimento per la determinazione della resistenza equivalente Re. Capitolo 4 - MISURE DI DEFORMAZIONE ED ESTENSIMETRI Configurazione iniziale del ponte di Wheatstone voltmetro e il generatore di tensione | Configurazione del ponte annullando il | Circuito modificato con il distacco del voltmetro e del generatore Circuito equivalente ricavato secondo le regole delle resistenze elettriche Circuito con l’inserimento della sola | resistenza equivalente vista dal | voltmetro ai capi dei morsetti cui è. collegato. Ricavata la deformazione si può determinare la forza esterna nel seguente modo: A= go? -d9)= da - 20,322).10-5m? o = Egj = 205-10° -748,6-10-5N/m? F=0-:A=31.711N 4.4.2 Esercizio n.2 Una cella di carico è costituita da quattro estensimetri elettrici a resistenza incollati su un cilindro di diametro D e misura il carico N in direzione assiale come schematizzato in figura. Sapendo che: a) Db) o d €) Si determini la sensibilità della cella e l’errore relativo di inserzione il diametro D = 50 mm; modulo di Young E = 205 GPa; coefficiente di Poisson v = 0,30; fattore di taratura K = 2,055+0,3%; tensione di alimentazione del ponte E = 10V all’utilizzo di un voltmetro con impedenza interna 1k92. Svolgimento rr O I dovuto Si suppone che gli estensimetri siano collocati in modo da cancellare gli effetti interferenti dovuti alla temperatura e alla flessione. 70 Capitolo 4 - MISURE DI DEFORMAZIONE ED ESTENSIMETRI AVm Si ricorda che la sensibilità S = e che sotto il carico N si ha una deformazione assiale pari a N . EA Utilizzando l’espressione degli estensimetri ed indicando con E la tensione che alimenta il ponte, si ha: AVm_K(N NN E KN ALII, VET E E 4\EA EA EA EA da cui segue g = Am _ K01+0 N 2 EA Essendo l’area A = 1,962 x 103 mÈ, si avrà: g-_ 205510 (1+0,3) = TIPI) __.3,10x1078 2x 205x109 x1,962x1073 71 CAPITOLO 5 L’ATTIVITA’ DI COLLAUDO 5.1 Generalità Così come già evidenziato l’attività di collaudo rappresenta la fase finale di ogni processo costruttivo, in quanto esso si concretizza in varie operazioni tese a verificare che l’oggetto del collaudo soddisfi le specifiche di progetto o quelle di legge, oppure quelle contrattuali. Ogni operazione di collaudo termina quindi con un giudizio emesso dal collaudatore e, nel caso di esito positivo, occorre che le costruzioni o gli oggetti abbiano superato “cum laude” l’esame o la verifica. L’attività di collaudo è quindi un'attività professionale che richiede non solo la profonda conoscenza dei processi progettuali ed esecutivi, ma anche quella relativa alle normative che presiedono alla costruzione delle opere, degli impianti e degli oggetti, nonché agli aspetti più squisitamente contrattuali. E’ importante precisare che le normative di natura tecnica e giuridica sono mumerose e quindi non si prestano a essere riportate in un testo teso a svolgere le funzioni di ausilio didattico. Ma non si può sottacere l’importanza, per il collaudatore, di reperire e comprendere tutte le normative che presiedono alla costruzione dell’oggetto da collaudare, anche se, nei tempi attuali, la “schizofrenia legislativa” che ha spesso caratterizzato il nostro Paese, rende ardua e complessa tale ricerca. Non sfuggirà all’Allievo ingegnere l’importanza di acquisire tutti i dati normativi, che sono, unitamente a quelli contrattuali, la base fondamentale per l’attività di collaudo. 72 Di norma i vari dati vengono acquisiti ed elaborati, anche mediante sistemi computerizzati. Ad esempio tra quelli più utilizzati vi sono gli analizzatori di spettro, che consentono di eseguire direttamente le trasformazioni di Fourier. Tra i metodi più utilizzati per l’esecuzione dei collaudi possono annoverarsi: - metodo visivo; - misura della temperatura; - misura del rumore; - misura della portata; - misure ultrasoniche; - misure di vibrazioni; - analisi sui materiali e sui lubrificanti. Particolare importanza assume il metodo visivo, che, a prima vista, potrebbe sembrare affetto da numerosi e gravi imprecisioni. Invece esso costituisce per il collaudatore il primo metodo per percepire anomalie o difetti, soprattutto in virtù delle pregresse esperienze acquisite. Gli attuali strumenti che sono in grado di migliorare la percezione visiva (microscopi, endoscopi, stroboscopi, ecc.) rappresentano un valido ausilio per il collaudatore il quale viene spesso posto in grado, anche mediante di sistemi di visione artificiale, di eseguire i primi controlli. Particolare importanza assumono poi i cosiddetti controlli non distruttivi, cioè quei controlli che non comportano la distruzione del campione su cui vengono eseguiti. Basti pensare per esempio all’accertamento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, che comprende una vasta serie di prove distruttive concernenti le sollecitazioni statiche di trazione, di taglio, di flessione, di fatica, ecc. Gli esami non distruttivi invece possono essere eseguiti direttamente sui pezzi finiti sia in fase di lavorazione per il controllo della qualità, sia in fase di manutenzione per accertare l’integrità dei pezzi nell’impiego. Appare evidente che le prove distruttive, per le produzioni in serie, vengono effettuate su un piccolo numero di pezzi con le procedure proprie della statistica, in modo da contenere i costi e da avere indicazioni sulla qualità dell’intera produzione. Talvolta, se sono in gioco problemi connessi alla sicurezza, le prove distruttive 75 concernono tutti gli elementi della produzione. Un esempio è costituito dai serbatoi per GPL destinati alle autovetture, che, in virtù di precise e severe normative, devono essere tutti, nessuno escluso, collaudati alla pressione di 45 bar e cioè circa 10 volte la pressione di esercizio. Inoltre solo l’un per cento dei serbatoi, scelto a caso, viene sottoposto ad una prova distruttiva che dimostri l’effettiva resistenza oltre la pressione di 100 bar. Le prove non distruttive sono soprattutto tese a verificare la presenza di difetti superficiali, discontinuità interne, inclusioni di gas, inclusioni di solidi, fessurazioni, segregazioni, attraverso metodologie standardizzate. Poiché le tecniche che possono essere utilizzate per tali prove sono numerose, il collaudatore deve essere in grado di scegliere anche la tecnica più opportuna per diagnosticare un difetto. Tale scelta è influenzata sia dal tipo di anomalia da rilevare, sia dal tipo di materiale, sia dalle caratteristiche geometriche e di accessibilità delle zone di indagine. 76 CAPITOLO 6 COLLAUDO DI IMPIANTI INDUSTRIALI 6.1 Generalità Il collaudo degli impianti industriali si pone, di norma, tra le attività più qualificanti dell’ingegnere industriale, che dovrà pertanto conoscere anche gli aspetti produttivi che l’impianto dovrà realizzare. Soprattutto nell’era moderna, in cui esistono numerosissime normative e disposizioni legislative in materia di attività industriale, occorre che il collaudatore prima di procedere alle attività di collaudo prenda visione puntuale di tutti gli elaborati progettuali e approfondisca tutte le normative che concernono l’attività. A titolo meramente esemplificativo, si riportano le principali materie nelle quali il nostro Paese e l’Unione Europea hanno introdotto numerose disposizioni, che danno luogo anche ad una notevole serie di adempimenti: - prevenzione degli infortuni; - igiene del lavoro; - urbanistica; - tutela del paesaggio; - opere in conglomerato cementizio armato e strutture metalliche; - costruzioni in zona sismica; - contenimento dei consumi energetici; - inquinamento acustico; - scarichi d’acqua; - scarichi di gas; - rifiuti solidi industriali; - antincendio; - generatori di calore; - apparecchi a pressione. e controllo degli accoppiamenti e del giusto senso di rotazione dei motori elettrici; e registrazione meccanica di tutte le apparecchiature quali freni, fine corsa, ecc.; e esecuzione, ove previsto, del rodaggio delle singole macchine; b) per la parte elettrico strumentale: e controllo ed accertamento della corretta finzionalità dei sistemi di comando, consenso e blocco; e prove di continuità della circolazione della corrente elettrica in cavi e conduttori; e verifica della funzionalità dei circuiti di commutazione dalla rete di alimentazione normale a quella di emergenza; Solo dopo aver verificato il funzionamento con le prove a vuoto si procede, mediante prove sotto carico, a verificare il funzionamento dell’impianto nel suo insieme con la presenza di materia prima o di prodotti da trasformare. In occasione di tali prove vengono verificati essenzialmente: - iparametri produttivi; - le sequenze funzionali; - gli allarmi e gli interventi di emergenza; - gli azionamenti idraulici; - gli azionamenti oleodinamici e pneumatici. 6.3 Collaudo provvisorio e definitivo Una volta espletate con esito favorevole le prove descritte nel precedente paragrafo, si può passare alla fase vera e propria di collaudo, durante la quale il collaudatore effettuerà tutti quei controlli, prove ed esami atti ad accertare la reale e corrispondenza dell’impianto alle normative di legge, al progetto e agli obblighi contrattuali. Di norma il committente ha la possibilità di distinguere la fase di collaudo in due sottofasi: la prima, detta di Collaudo provvisorio, e la seconda di Collaudo definitivo. Con l’esito positivo del Collaudo provvisorio l’impianto viene di norma accettato provvisoriamente dal committente, rimanendo alle imprese esecutrici l’obbligo della manutenzione e della conservazione sino al collaudo definitivo. La manutenzione e la conservazione consistono di tutti gli interventi e le prestazioni per mantenere le opere civili, le strutture metalliche, i macchinari e gli equipaggiamenti componenti l'impianto efficienti ed in buono stato d'uso. In questo periodo l'impresa è altresi tenuta ad eliminare difetti e manchevolezze che fossero divenuti evidenti dopo l'esecuzione del collaudo provvisorio. Entro i termini contrattualmente previsti (in genere 12 mesi dal collaudo provvisorio) avrà luogo il Collaudo definitivo. Esso accerterà la rispondenza alle prescrizioni contrattuali delle opere civili e degli impianti montati e verificherà che le eventuali modifiche o riparazioni, concordate nel corso del collaudo provvisorio, siano state eseguite. Verrà quindi emesso, a collaudo favorevole, il Certificato di Accettazione Definitiva, che, di norma, libera le somme trattenute a garanzia ed eventuali fidejussioni. Occorre ricordare che il collaudatore dovrà profondere ogni impegno, affinchè le prove siano eseguite correttamente, in quanto è proprio nel momento in cui l'impianto comincia a funzionare che possono emergere difficoltà legate alla progettazione ed alla costruzione degli equipaggiamenti e dei macchinari che lo compongono. Difetti dovuti a materiali inadatti o incompatibili, spessori non adeguati, isolamenti non difettosi, saldature non correttamente eseguite, ecc., dovrebbero essere stati individuati e/o ridotti al minimo, qualora le prove siano state svolte in maniera adeguata. L'eventuale riduzione od omissione di attività fondamentali quali radiografie di saldature, prove con gli ultrasuoni, operazioni di flussaggio, prove idrauliche ed altre procedure di avviamento, comporterebbe un consistente aggravamento del rischio. 81 E' inoltre raccomandabile che alle operazioni di avviamento siano presenti i fornitori delle macchine principali che, oltre a supervisionare le operazioni stesse, sono in grado di affrontare e risolvere con tempestività quegli imprevisti normalmente collegati al collaudo di macchine ed impianti di muova costruzione. Con riferimento alla pressione di esercizio, essi si distinguono in: - generatori a bassa pressione fino a 1 bar; - generatori a media pressione da 1 a 15 bar; - generatori ad alta pressione da 15 a 100 bar, - generatori ad altissima pressione oltre 100 bar. In relazione al tipo di combustibile utilizzato, si hanno: - generatori a combustibile solido (in pezzatura o polverizzato); - generatori a combustibile liquido; - generatori a combustibile gassoso. Con riferimento all’ubicazione del focolare, i generatori sono così suddivisi: - generatori a focolare interno (il focolare entra tutto a far parte della superficie di riscaldamento); - generatori a focolare esterno. Con riferimento al volume d’acqua in essi contenuto si ha: - generatore a grande volume d’acqua da 130 a 250 It. per mq di superficie riscaldata; - generatore a medio volume d’acqua da 70 a 130 It.; - generatore a piccolo volume d’acqua meno di 70 It. Spesso si adoperano ulteriori classificazioni in relazione al percorso effettuato dai fumi, ai valori della pressione in camera di combustione ed al tipo di movimento dell’acqua dell’interno del generatore. Con riferimento al percorso dei fiumi, i generatori vengono distinti in: - generatori a tubi di fumo se l’acqua bagna la parete esterna dei tubi al cui interno circolano i fumi caldi; - generatori a tubi d’acqua se l’acqua passa nell’interno dei tubi e i fumi all’esterno. 85 Per quanto concerne la pressione della camera di combustione si avranno: - generatori con camera in depressione (tiraggio naturale e tiraggio bilanciato); - generatori con camera in pressione. In riferimento al movimento dell’acqua nell’interno del generatore, si avranno vari tipi di circolazione e cioè: - a circolazione naturale; - a circolazione accelerata; - a circolazione forzata (unico circuito). 7.3. Principali norme sulla costruzione dei generatori di vapore AI fine di garantire la massima sicurezza di esercizio, in relazione alle notevoli pressioni interne, sia in relazione alle sollecitazioni cui sono sottoposti i vari componenti, la progettazione, la costruzione, l’esercizio dei generatori di vapori sono sottoposti, per legge, al controllo di vari enti pubblici o di enti autorizzati (ISPESL, ASL, Organismi certificati, ecc.). Prima della costruzione, il progetto di un generatore, firmato da un tecnico abilitato per legge, deve essere debitamente approvato. Le principali norme cui occorre fare riferimento sulla costruzione e sul collaudo dei generatori di vapore sono: - Direttiva PED 97/23 EC; - Linee guida 08/15 della Direttiva PED 97/23 EC; - Norme armonizzate EN 12952; - D.M. 21.11.1972; - Raccolta VSR per apparecchi a pressione; - Raccolta VSG per generatori di vapore; - Raccolta S per le saldature; - Raccolta M peri materiali. L’attività di collaudo di un generatore di vapore si articola in varie prove: - prove di collaudo eseguite per controllare le rispondenze del funzionamento del generatore al progetto o alle clausole dei contratti di fornitura; - prove di collaudo eseguite su singole parti; - prove di collaudo eseguite dopo lavori di riparazione, che abbiano comportato lo smontaggio o la sostituzioni di parti o di elementi essenziali; - prove sperimentali per accertare il comportamento del generatore se sottoposto a sollecitazioni superiori a quelle del normale esercizio. Le norme prevedono anche le modalità di effettuazione dei collaudi. 7.4 Prove di collaudo inerenti la determinazione del rendimento. Nel presente paragrafo si vuole illustrare la metodologia da adoperarsi per effettuare la prova idonea ad accertare la conformità dei valori del rendimento a quanto dichiarato dal Costruttore. A tal proposito si ricorda che il rendimento termico percentuale di un generatore di calore è rappresentato dal rapporto fra la quantità di energia utilizzata e la quantità di energia spesa. La conoscenza del rendimento è fondamentale in quanto essa permette di esprimere valutazioni di merito in riferimento alla qualità del generatore. 87 - portata di vapore prodotto; - pressione di vapore prodotto; - temperatura del vapore prodotto; - temperatura dell’acqua di alimento; - portata del combustibile consumato; - temperatura del combustibile all’ingresso del generatore; - potere calorifero inferiore del combustibile. L’Allievo farà utile esercizio redigendo un verbale di accertamento del rendimento termico nel quale, dopo aver descritto il programma delle prove, identificherà analiticamente la strumentazione da utilizzare edi parametri da rilevare. CAPITOLO 8 IL COLLAUDO DI UNA MACCHINA PROTOTIPALE 8.1 Introduzione Nel presente capitolo si vuole prendere in esame un particolare tipo di collaudo relativo ad una macchina prototipale realizzata dal Centro Italiano Ricerche Aerospaziali di Capua e che ha visto l’autore svolgere le funzioni di Direttore dei lavori. Tale macchina, denominata LISA “Laboratory of Impact Tests on Aerospace Structure”, è stata costruita dalla FERRARI S.p.A. Progetti Speciali di Modena, che ne ha curato anche la progettazione esecutiva. Il collaudo è stato effettuato dal Prof. Mariano CANNAVIELLO dell’Università di Napoli. La citata macchina, la cui descrizione sarà effettuata in seguito, rappresenta un utile esempio didattico per stimolare l’attenzione degli Allievi verso le procedure di collaudo funzionale e prestazionale di sistemi complessi. Essa, per le sue caratteristiche tipologiche e costruttive, rappresenta un importante modello di sistema complesso che coinvolge conoscenze non solo di carattere meccanico ma anche di carattere elettronico. Finalità della macchina è l’esecuzione di prove di impatto, per lo più distruttive, nelle quali un oggetto di prova (aeromobile, veicoli spaziali, ecc.) viene portato, con angoli e velocità predeterminate ad urtare con l’ausilio di un sistema di accelerazione tre differenti superfici di impatto: superficie dura (in conglomerato cementizio), superficie soffice (erba) e superficie d’acqua. 91 Capitolo 7 - IL COLLAUDO DI UNA MACCHINA PROTOTIPALE 8.2 Descrizione della macchina La macchina in questione è costituita da un insieme di macrostrutture e di vari sottosistemi che, opportunamente utilizzati, consentono di eseguire le prove di impatto. In riferimento alla figura, ove è illustrata l’intera struttura si distingue un portale, un sistema di elevazione del portale, un sistema di sollevamento del carrello, un sistema di frenatura del carrello stesso, torre di appoggio e un sistema idraulico associato al sistema di elevazione del portale. Il portale a mezzo dei suoi piedritti costituisce la guida al moto del carrello e quindi determina, con le sue caratteristiche geometriche di rigidezza, la traettoria dell’oggetto di prova. Il portale stesso è vincolato a terra attraverso due cerniere poste ai piedi dei piedritti, che consentono di variare l’inclinazione da 5 a 90°. Il sistema di elevazione consente di movimentare l’intero portale dalla posizione di riposo (5° rispetto all’orizzontale) in appoggio sulle torri di sostegno, fino all’angolazione richiesta per la prova stessa. Il sistema è costituito da due coppie di attuatori: la prima coppia relativa a degli attuatori principali agisce per l’intera corsa del portale, mentre la coppia di attuatori secondari collabora all’elevazione solo nella prima fase e cioè per angoli compresi tra 5 e 20°. 92 Capitolo 7 - IL COLLAUDO DI UNA MACCHINA PROTOTIPALE CONTROLLO RADIOGRAFICO CERTIFICATO D'ESAME RADIOGRAPHIC EXAMINATION Shito mon distri TEST CERTIFICATE ite GHIRARDI Sn. _Tpgumessa__ Ea E ER ==. Ss SS nei oi — È AE gas : a 403 | 15 mm | AGC RS sv ARBATOIO___ ACC. LEGATO!alloy steal d | com a ROA TENPO DIESPOSIZIONE, |Up-rg0 | SPEOINICA DESMNE TR con gyKx 225 | exposure time 1 20° (0,05 | reference specification ISPESL"Rac. SCIA _____ in — | tesa] Si TE | È È | _axa me |oos-001 | nasaconag | Manuae | _700__mm 5 5 TT rec N E R|-o-Feom |a a 2 monaca 3 | corra noire TERENTO Ea) "a REIT ANS TEA] PO - ucaaza rece rnazione PR_| 0-1 |A & & SE - SOFFISTUIVIRes hete PR POROSITA Int = imc ° SL - SUVELLAMENTOmasignameni o 1 + ncuugioNe DI css sovorunon CONTRELIO GUIA T_ cuenre sunioner GIUDIZIO Fee TONE sperato Tuoi io \ CONTROL sas ne + AccErTABIE AL MEI DIST ARTO MA ONAGCETTAIE . 039/2023988 - Fax 039/2321817 Nell’altra figura è riportata la lista dei certificati di prova contenuti nei piani di controllo di fabbricazione del portale. Capitolo 7 - IL COLLAUDO DI UNA MACCHINA PROTOTIPALE DOCUMENT NUMBER IDENTIFICATIVO TIRA esa LISA MC-4B-2837-7-PL-0004 anti | PROGRAMMA GENERALE |rev. 2 DELLE ATTIVITÀ DATE 31/01/1999 PAG. S Nel presente documento sono riportate le certificazioni di seguito elencate relative all’esecuzione del portale Impianto LISA: Certificati materiali di origine Rintracciabilità materiali utilizzati Certificati di controllo visivo e dimensionale Certificati di controllo magnetoscopico Certificati di controllo ultrasonoro Certificato di controllo verniciatura Specifiche e qualifiche dei procedimenti di saldatura Qualifiche dei saldatori e degli operatori per controlli non distruttivi ooccocoo cere [N° 01/99/A951 oso a —_ 2 Isueer or [CUENTECUSTOMER mes [COMMESSATIOE [rueGERINI PIETRO St [rRAvi couPOSTE SALDATE scatoraRI __ |noss [ORDINE CLIENTEIPURCHASE ORDER [PROGETTOPROGET [o6060.06001 |LsoRaTORIO isa” [OGGETTOIDGIET PEER TERRESTRE [PORTALE PER IMPIANTO GRANDI PROVE DI CRASH [cors osoosss ]ceRneICATI MATERIALI DI ORIGINE [RNTRACCIABILITA MATERIALI cernsican conmROLLO visivo E oMENSIONALE ERTIFICATO CONTROLLI ULTRASONORI ERTIFICATO CONTROLLI LIQUIDI PENETRANTI RERTIFICATO CONTROLLO RADIOGRAFICO CERTIFICATI CONTROLLI DISTRUTTIVI ]CERTIFICATO PROVE MECCANICHE [CERTIFICATO ANALISI CHIMICHE CERTIFICATI CONTROLLO TRATTAMENTI PROTETTIVI ]CERTIFICATO CONTROLLO VERNICIATURA [CERTIFICATO CONTROLLO ZINCATURA A CALDO [RISPECIFICHE PROCEDIMENTI DI SALDATURA [C]usta speciFICHE DI SALDATURA [R]auALIFICHE PROCEONENTI DI SALDATURA IX] auALIFICHE sALDATORI |ELENCO sALDATORI QUALIFICATI [R]quaLIFICHE OPERATORI CONTROLLI NON DISTRUTTIVI CONTROLLO QUALITA” TSPETTORE CUENTE ENTE ISPETTIVO. uaLITY CONTROL CUSTOMER INSPECTOR TESTING AUTHORITY 20107safpatwoaTE [oatamaTE Capitolo 7 - IL COLLAUDO DI UNA MACCHINA PROTOTIPALE Nella figura successiva sono riportati invece i verbali di controllo delle verniciature nonché quello relativo del controllo magnetoscopico effettuato sulle travi saldate. cv N° FOGLIO 1 Jsueer 337/99 DIT oe |98061-98060 [CLIENTE/CUSTOMER ITEM TEOMMESSANOE [RUGGERINI PIETRO [LABORATORIO "LISA" |A951 [ORDINE CLIENTE/PURCHASE ORDER PROGETTO/PROGET [COLONNE MARCA B6-B7 [TIPO DI ABRASIVO : [ABRASIVE TYPE: GRANIGLIA METALLICA PREPARAZIONE DELLA SUPERFICEJSUF ALTRO/OTHER ICIATURA/COATING COATN® TIPO DI VERNICE — MURI Z 3000 [PAINTING TYPE PENGUARD [MARCA [TRADE NAME JOTUN JOTUN [SPESS. PELLICOLA [THK.FILM 40 MICRON ‘40 MICRON [ICOLORE/RAL N° |COLOUR/RAL N° GRIGIO ROSSO OSSIDO [DATA ISPEZIONE INSPECTION DATE 19/07/99 20/07/99 [VERNICIATURA/COATING [MANO N° COAT N° TIPO DI VERNICE [PAINTING TYPE MARCA [TRADE NAME [ISPESS. PELLICOLA [THK.FILM ICOLORE/RAL N° |[COLOUR/RAL N° [DATA ISPEZIONE INSPECTION DATE SPESSORE TOTALE RISCONTRATO A FILM SECNO : MICRONS, THICKNESSES BUILD AT DRY FILM : MICRONS__ _ IMANOICOAT-MICRONS [TTT 50, 40 IPEZZUMARCHE VERIFICATE ITEMSIMARKS CHECKED TRONCO COLONNA MARCA__B6_N° 1 TRONCO COLONNA MARCA __B7_N°1 20/07/99|oatAATE P.F.C. N° FASE [CDE1 N° 03/99/951 7 CONTROLLO QUALITA" ISPETTORE CLIENTE ENTE ISPETTIVO QUALITY CONTROL CUSTOMER INSPECTOR TESTING AUTHORITY EUROTBAVI sal [PATAWDATE
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