Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Chimica generale ed inorganica, Appunti di Chimica

Appunti di chimica generale ed inorganica

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 21/12/2016

terriiii92
terriiii92 🇮🇹

4

(4)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Chimica generale ed inorganica e più Appunti in PDF di Chimica solo su Docsity! Classificazione della materia La materia è tutto ciò che ha un volume e possiede una massa. La materia esiste in 3 stati di aggregazione: 1. Solido; 2. Liquido; 3. Aeriforme; Gli stati di aggregazione non dipendono solo dalla natura della materia, ma anche dalla temperatura e dalla pressione. La materia infatti può cambiare il suo stato fisico per variazioni della temperatura e/o pressione. Le trasformazioni fisiche sono dette PASSAGGI DI STATO. MATERIA Miscugli Sostanze pure Omogenei Eterogenei Elementi Composti Le sostanze pure hanno proprietà Caratteristiche: densità, temperatura Ebollizione, peso specifico. La materia è formata da piccolissime particelle che sono gli atomi, le molecole o gli ioni. Le particelle nei solidi vibrano attorno ad un punto fisso. Nei liquidi invece le particelle sono in contatto tra loro e scorrono le une sulle altre. Secondo la teoria cinetica dei gas, nello stato gassoso le particelle godono della massima libertà di movimento. Le miscele In chimica con il termine “miscela” si intende un miscuglio, ovvero un insieme di più sostanze. Nella miscela le singole sostanze che la compongono mantengono inalterate le loro proprietà chimica che hanno allo stato isolato. I miscugli risultano dall'unione fisica di due o più sostanze e hanno una composizione e quindi proprietà chimiche e fisiche variabili da punto a punto. I miscugli si distinguono in: • Omogenei: quando è costituita da un’unica fase. Acqua minerale, aria, benzina, acciaio. quando si presentano in un'unica fase e i componenti non sono più distinguibili, neppure al microscopio. I miscugli omogenei sono anche detti soluzioni, formate da una solvente, il componente più abbondante (che determina lo stato fisico del sistema), e da un soluto il componente dissolto nel solvente. Le soluzioni colloidali sono particolari sistemi intermedi tra un miscuglio eterogeneo e un miscuglio omogeneo, in cui si distingue una fase dispersa (formata da particelle di dimensioni comprese tra quelle di polveri microscopiche e quelle di singoli atomi) contenuta in una fase disperdente. • Eterogenei: Costituita da più fasi. Granito, sabbia, fango. Quando sono individuabili due o più fasi e i componenti sono distinguibili a occhio nudo o con l'ausilio di un microscopio (una sospensione è un miscuglio eterogeneo tra un solido e un liquido; un'emulsione è un miscuglio eterogeneo tra due liquidi immiscibili); La composizione NON è fissa. Separazione di una miscela È possibile separare i componenti di una miscela. In base al tipo di miscela (omogenea o eterogenea) ed in base alle proprietà fisiche delle sostanze che la compongono. • Filtrazione; • Centrifugazione; • Cristallizzazione; • Distillazione; • Cromatografia. I composti I composti sono sostanze pure dalle quali è possibile ottenere sostanze più semplici. Le proprietà chimiche dei composti e anche quelle fisiche sono diverse da quelle degli elementi che lo costituiscono. Il sale da cucina, NaCl, è costituito da sodio e cloro. La composizione degli elementi che formano il composto è FISSA e ben determinata. Un esempio di composto è l’acqua, da essa mediante un processo chiamato elettrolisi è possibile ottenere sostanze più semplici. Acqua distillata, sale da cucina, acetone, alcol etilico, zucchero, ammoniaca. Sostanze pure Sono sostanze pure i materiali che presentano caratteristiche ben definite. Un esempio di sostanza pura è l’acqua distillata perché ha proprietà ben definite ed è costituita da un solo tipo di materia. Le sostanze pure possono essere di 2 tipi: • Elementari o semplici, costituite da atomi dello stesso elemento chimico (Fe, Au, O2); • Sostanze composte, costituite da atomi di elementi diversi (H2O, NaCl). Stati di aggregazione La materia è tutto ciò che ha massa e possiede un volume. Può esistere in 3 diversi stati di aggregazione: A. Stato solido: Si presenta con una forma propria ed un volume proprio. Le forze di attrazione fra le particelle sono elevatissime, tanto da mantenere queste ultime in posizioni fisse: in alcuni solidi le particelle sono disposte regolarmente, secondo uno schema geometrico caratteristico (reticolo cristallino) e si parla allora di solido cristallino; in altri le particelle non sono disposte regolarmente e i solidi si dicono amorfi. Tra le particelle vengono esercitate delle forze, dette forze di coesione, che, data la loro intensità, conferiscono alla materia rigidità e compattezza. I solidi possiedono pertanto un volume e una forma propri e sono incomprimibili. B. Stato liquido: è dotato di un volume proprio ma la forma è quella del recipiente che lo contiene. l'intensità delle forze di attrazione tra le particelle è minore; queste ultime possono muoversi scorrendo le une sulle altre e cambiando continuamente posizione. Perciò, i liquidi possiedono un volume proprio, ma non una forma propria, che viene loro invece conferita dal recipiente che li contiene. C. Stato aeriforme: Non ha né volume né forma propria ma tende ad assumere la forma e il volume del recipiente che lo contiene. Le forze di attrazione fra le particelle sono praticamente trascurabili, per cui queste ultime possiedono una mobilità elevatissima, che tende a far occupare loro tutto lo spazio disponibile. Pertanto, le sostanze gassose non hanno forma né volume propri e sono comprimibili. Esistono 2 tipi diversi di aeriformi: ♦ Vapore, Si intende che, nelle condizioni date di temperatura, può passare allo stato liquido o solido per sola compressione; ♦ Gas, è un aeriforme che, in quelle stesse condizioni di temperatura, non può passare allo stato liquido o solido per sola compressione. Le trasformazioni di una sostanza da uno stato fisico ad un altro vengono chiamate passaggi di stato. Sono detti passaggi di stato le trasformazioni dei materiali da uno stato di aggregazione a un altro. In generale, fornendo energia sotto forma di calore a un materiale si favorisce il passaggio da uno stato di aggregazione in cui le particelle sono associate nel modo più compatto e ordinato (solido) a stati in cui sono associate in modo via via meno compatto e ordinato (liquido e aeriforme). L'inverso avviene sottraendo calore. Per ogni materiale formato da una determinata sostanza, i passaggi di stato avvengono a temperature ben determinate, a seconda della pressione a cui si opera (di norma si fa riferimento alla pressione atmosferica); per esempio, un massa d'acqua liquida si trasforma in vapore (ebollizione) a 100 °C e si quantità di sostanza mole mol intensità luminosa candela cd L’atomo I ragionamenti di Democrito erano puramente filosofici e la teoria atomica della materia fu in seguito abbandonata a favore di altre teorie, fino alla fine del XVIII sec., quando una serie di osservazioni sperimentali condotte dai chimici dell'epoca mise in luce alcune regolarità nel comportamento degli elementi nelle reazioni chimiche. In particolare, il chimico inglese J. Dalton (1766-1844), a cui si deve la prima spiegazione scientificamente valida della teoria atomica, enunciò tra le altre la legge delle proporzioni multiple. Questa legge dice che quando due elementi si combinano per formare composti diversi, le masse di uno dei due elementi, combinate con una massa fissa dell'altro, stanno tra loro secondo un rapporto espresso da numeri interi. Dalton ne dedusse che la materia è composta da particelle elementari, gli atomi, indivisibili e inalterabili, e che gli atomi di un determinato elemento sono identici tra loro. Oggi si sa che l'atomo non è indivisibile, ma è esso stesso costituito di particelle: si definisce atomo la più piccola parte di materia che ne conserva inalterate le proprietà chimico-fisiche. I primi modelli atomici Per descrivere la struttura e il comportamento degli atomi, che non potevano essere osservati sperimentalmente, i fisici ricorsero all'uso di modelli che giustificassero quegli esperimenti che si potevano condurre. Il primo modello atomico fu formulato attorno al 1904 dal fisico inglese J.J. Thomson, il quale in precedenza (1897) aveva dimostrato che l'elettrone, una particella con carica negativa, è un costituente degli atomi degli elementi. A seguito di questa scoperta egli ipotizzò che, poiché la materia è complessivamente neutra, dovesse esistere all'interno dell'atomo una carica positiva tale da compensare la carica negativa dell'elettrone. Egli immaginò l'atomo come una sfera di materia di carica elettrica positiva, all'interno della quale erano uniformemente distribuiti gli elettroni. Nel 1911 il fisico inglese E. Rutherford (1871-1937), a seguito di esperimenti eseguiti bombardando una sottile piastra d'oro con un fascio di particelle cariche positivamente (dette particelle alfa o radiazione alfa ), scoprì che le cariche elettriche all'interno degli atomi non potevano essere distribuite in modo uniforme, come proposto da Thomson. Se le cariche elettriche negli atomi del metallo fossero state distribuite uniformemente, le particelle alfa non avrebbero dovuto subire deviazioni rilevanti dalla loro traiettoria, mentre i risultati dell'esperimento mostravano che le particelle positive subivano forti deviazioni (anche di 90°). Questo, secondo le leggi dell'elettromagnetismo, si poteva spiegare supponendo che la carica elettrica positiva all'interno dell'atomo fosse concentrata in uno spazio ristretto. Rutherford ipotizzò quindi che gli atomi possedessero un nucleo centrale, di dimensioni molto minori dell'atomo, nel quale è concentrata tutta la carica positiva, che respingeva la carica positiva portata dalle particelle alfa. L'atomo di Rutherford è rappresentabile secondo un modello planetario, con un nucleo centrale, carico positivamente, attorno al quale ruotano gli elettroni carichi negativamente. Composizione dell'atomo alvo alcuni problemi di instabilità dovuti alla natura elettrica dell'atomo, che vedremo in seguito, il modello proposto da Rutherford è sostanzialmente esatto. L'atomo è composto da un nucleo centrale, nel quale è concentrata la quasi totalità della sua massa e tutta la carica positiva, attorno al quale stanno gli elettroni. Le dimensioni del nucleo, ricavate dagli esperimenti condotti da Rutherford, sono dell'ordine di 10-15 m, mentre le dimensioni dell'atomo nel suo complesso (comprendendo in questo caso anche le orbite su cui si presumono ruotare gli elettroni) sono di 10-10 m: l'atomo quindi si può considerare prevalentemente "vuoto". Gli elettroni (simbolo e) sono particelle cariche negativamente, la cui carica elettrica è la più piccola carica esistente in natura. Il nucleo è a sua volta composto da due tipi di particelle, i protoni (p), carichi positivamente, e i neutroni (n), elettricamente neutri. I protoni hanno carica elettrica uguale e di segno contrario a quella dell'elettrone e la loro massa (mp) è di 1,6726·10-27 kg, mentre i neutroni hanno carica elettrica nulla e massa (mn) paragonabile a quella del protone, (1,6749·10-27 kg). La massa del protone e quella del neutrone sono circa 2000 volte maggiori di quella dell'elettrone: quindi nel nucleo è concentrata la quasi totalità della massa dell'atomo. Poiché la materia è complessivamente neutra, il numero dei protoni deve eguagliare quello degli elettroni; questo numero viene chiamato numero atomico, indicato con Z, ed è caratteristico di ogni singolo elemento chimico. Un elemento chimico è una sostanza non decomponibile per mezzo di reazioni chimiche in sostanze più semplici ed è costituito da atomi dello stesso tipo, aventi cioè lo stesso numero atomico. Il numero di neutroni è indicato con N, e la somma del numero atomico e del numero di neutroni, detta numero di massa, indicata con A: indica il numero di particelle del nucleo. Due o più atomi possono presentare diverso numero di massa A e uguale numero atomico Z: questi atomi, che differiscono per il numero di neutroni nel nucleo, appartengono a un medesimo elemento e sono detti isotopi. Gli elementi chimici finora identificati sono 110 (di cui circa 90 sono naturali) e sono classificati in base al numero atomico nella tavola periodica. L'elemento con il numero atomico più basso (Z = 1) è l'idrogeno (H), il cui nucleo contiene un solo protone; l'elemento naturale con il numero atomico più elevato è l'uranio (U) con Z = 92. L'atomo di Bohr Il modello atomico di Rutherford, pur giustificando molte evidenze sperimentali, presentava delle incongruenze di carattere teorico. La maggiore difficoltà stava nel fatto che la forza elettrostatica di attrazione fra elettroni e protoni avrebbe dovuto far collassare il sistema. Inoltre una carica accelerata, secondo le leggi dell'elettromagnetismo classico, dovrebbe perdere energia perché emette onde elettromagnetiche e l'elettrone su un'orbita circolare (o curvilinea in genere) sarebbe soggetto a un'accelerazione centripeta. Dunque sarebbe costretto a percorrere orbite sempre più strette, fino a cadere sul nucleo. Per risolvere queste contraddizioni, N. Bohr (1885-1962) propose nel 1913 un nuovo modello di atomo, basato sul modello a nucleo di Rutherford, introducendo però due ipotesi fondamentali. La prima ipotesi stabilisce che gli elettroni possono occupare, senza irraggiare, solo determinate orbite circolari attorno al nucleo, dette orbite stazionarie, il cui raggio può assumere solo valori multipli interi del raggio di Bohr (corrispondente al raggio dell'orbita più interna). A ogni orbita corrisponde un valore dell'energia e si dice che l'elettrone si trova su un determinato livello energetico. La seconda ipotesi sostiene che, quando un elettrone passa da un livello energetico superiore (corrispondente a un'orbita più esterna) a un livello energetico inferiore (corrispondente a un'orbita più interna), emette la differenza di energia come energia elettromagnetica. La quantità di energia emessa nel salto da un livello all'altro corrisponde all'energia di un fotone, secondo la relazione di Planck: dove Ei ed Ef sono rispettivamente l'energia dell'elettrone nello stato, o livello, iniziale e l'energia dell'elettrone nello stato, o livello, finale. Gli isotopi Sono detti isotopi atomi caratterizzati da uno stesso numero atomico (quindi appartenenti a uno stesso elemento) ma aventi numero di massa differente. Gli elementi molto spesso possiedono due o tre isotopi. Per esempio, il carbonio presenta i seguenti isotopi: 612C, 613C, 614 C. Poiché la massa atomica di un elemento è data dalla media ponderata dalle masse atomiche dei suoi isotopi, essa non risulta mai rappresentata da numeri interi. Si definisce abbondanza isotopica la percentuale in peso con cui un isotopo è presente in un elemento. Gli isotopi di un elemento hanno lo stesso comportamento chimico, in quanto le proprietà chimiche sono determinate dal numero dei protoni (e quindi degli elettroni), mentre i neutroni sono chimicamente ininfluenti. Massa atomica e molecolare Una volta stabilito che esistono tanti atomi differenti quanti sono gli elementi (al tempo di Dalton ne erano noti circa 35, oggi ne conosciamo 109), si poneva il problema di valutarne il "peso'' (oggi si parla più correttamente di massa), per poter stabilire i rapporti quantitativi secondo cui si combinano gli atomi dei vari elementi o secondo cui reagiscono le molecole dei reagenti di una reazione. Poiché gli atomi sono, come è intuitivo, troppo piccoli per poterli ``pesare'' direttamente, Dalton stabilì di calcolarne, anziché il peso assoluto, il peso atomico relativo, prendendo come unità di riferimento l'atomo di un elemento di confronto, l'idrogeno, che è il più leggero degli elementi (peso atomico di H = 1). Attualmente si assume come unità di riferimento la dodicesima parte dell'isotopo più diffuso del carbonio, il carbonio-12 o 12C. Tale unità (1/12 della massa di 12C) prende il nome di unità di massa atomica (abbreviata in uma) o dalton (il suo valore è stato calcolato ed è pari a 1,66059 · 10-24 g). Si definisce massa atomica relativa di un atomo di un elemento il rapporto tra la massa di tale elemento e l'unità di massa atomica (1/12 massa 12C). Analogamente si definisce massa molecolare relativa la somma delle masse atomiche relative degli atomi componenti una molecola. La massa atomica relativa e la massa molecolare relativa sono espresse da numeri adimensionali. In alcuni casi si usa il termine più generale di peso formula (o massa formula ) che può essere riferito ai composti sia molecolari sia ionici, e a tutte le specie rappresentabili con una formula, come atomi e ioni (atomi o gruppi di atomi con un eccesso di carica elettrica). Poiché gli elementi in natura sono costituiti da miscele di due o più isotopi , la massa atomica di un elemento viene calcolata come media ponderata delle masse atomiche dei suoi isotopi. • Nel 1925-26 Heisenberg: PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE: è impossibile conoscere contemporaneamente con precisione la posizione e la velocità di una particella microscopica come l’elettrone. Tanto maggiore è la precisione sulla posizione tanto minore è quella sulla velocità e viceversa. Orbitali e numeri quantici Un orbitale è una regione dello spazio delimitata da una superficie di contorno a valori costanti di Ψ2 e all’interno della quale per la probabilità di trovare l’elettrone è molto elevata. Ogni orbitale è descritto da 3 numeri detti “NUMERI QUANTICI”_ 1. Numero quantico PRINCIPALE: n Assume valori interi positivi, n =1,2,3; 2. Numero quantico SECONDARIO: l Assume n valori, l = 0, …, n-1; 3. Numero quantico MAGNETICO: m l Assume 2l +1 valori, ml =-l, …, 0, …, +l. Nell’atomo di idrogeno ad n uguali corrispondono orbitali con energie uguali o “DEGENERI”. Ogni orbitale differisce per almeno uno dei numeri quantici cioè rappresenta una diversa distribuzione di carica nello spazio ovvero una diversa probabilità di trovare l’elettrone. • Numero quantico PRINCIPALE, n n=1,2,3, … • Numero quantico SECONDARIO, l l= 0, …, n-1 • Numero quantico MAGNETICO, ml ml = -l, …, 0, …, +1. l Orbitali 0 S 1 P 2 D 3 F Il numero quantico PRINCIPALE n (guscio o strato) determina le dimensioni dell’orbitale Ad n>corrispondono orbitali con volume >; Il numero quantico SECONDARIO l (sottostrato o sottolivello) determina la forma dell’orbitale; Il numero quantico MAGNETICO ml determina l’orientazione dell’orbitale. Numero quantico di SPIN Alcune proprietà dell’atomo risultano comprensibili solo assumendo che l’elettrone ruoti su se stesso (genera un campo magnetico). Nel 1925 Uhlenbeck e Goudsmit introdussero quindi il quarto numero quantico: il numero quantico di SPIN ms in grado di assumere due soli valori : + ½ e – ½ dipendenti dal possibile “senso di rotazione dell’elettrone”. Configurazione elettronica Indica come gli elettroni sono distribuiti nei vari orbitali. È correlata a molte proprietà fisiche e chimiche degli elementi. Criteri per l’assegnazione degli elettroni agli orbitali A. Principio della minima energia: ogni elettrone occupa l’orbitale disponibile a energia più bassa; B. Principio di esclusione di PAULI: in un atomo non possono esistere elettroni caratterizzati da identici valori dei 4 numeri quantici. Quindi in un orbitale possono essere presenti al massimo 2 elettroni che si differenziano per il loro numero di spin (Spin antiparalleli): C. Regola di Hund: se sono disponibili orbitali degeneri (uguale energia) gli elettroni occupano prima questi orbitali singolarmente (elettroni spaiati a spin parallelo). La tavola periodica Fu il chimico russo Dmitrij Mendeleev (1834-1907) che per primo, nel 1869, cercò di ordinare gli elementi chimici allora noti in una tavola, detta tavola di Mendeleev, disponendoli in ordine crescente di peso atomico; egli riuscì inoltre a prevedere l'esistenza di elementi allora sconosciuti. Tutti gli elementi chimici oggi noti sono stati ordinati per numero atomico crescente (anziché per peso atomico), in una tavola, detta tavola periodica degli elementi, o sistema periodico, molto simile a quella proposta da Mendeleev. Essa mette in evidenza come le proprietà chimiche e fisiche degli elementi variano in modo periodico al variare del loro numero atomico: si ha, cioè, il ripetersi di proprietà simili a intervalli regolari e ciò è dovuto alla distribuzione degli elettroni negli orbitali più esterni degli atomi. Nel sistema periodico, gli elementi sono ordinati in 7 righe orizzontali, dette periodi (numerati da 1 a 7), e in 16 colonne verticali, dette gruppi (numerati da I A a VIII A e da I B a VIII B). I gruppi riuniscono elementi con comportamento chimico affine (avendo lo stesso numero di elettroni di valenza). Alcuni dei gruppi A hanno denominazioni proprie: I A, metalli alcalini; II A, metalli alcalino-terrosi; VI A, calcogeni; VII A, alogeni; VIII A, gas nobili. Gli elementi dei gruppi B sono detti di transizione. Una linea più marcata separa, nella tavola periodica, gli elementi con caratteristiche metalliche (posti a sinistra della linea) da quelli con caratteristiche non metalliche (a destra della linea); alcuni elementi adiacenti alla linea possiedono caratteristiche intermedie (semimetalli). In natura i metalli sono tutti solidi (tranne il mercurio liquido), sono buoni conduttori di calore e di elettricità, sono lucenti, duttili e malleabili. I non metalli hanno caratteristiche isolanti: quelli solidi sono fragili, ma fra essi si trovano anche elementi allo stato gassoso e solo uno liquido, il bromo. Proprietà periodiche elementi In chimica si definiscono proprietà periodiche degli elementi quelle grandezze caratteristiche di ogni atomo i cui valori variano in maniera regolare, periodica appunto, lungo i periodi e i gruppi della tavola periodica. Si possono annoverare tra le proprietà periodiche le seguenti grandezze: ♦ Energia di ionizzazione: L'energia di ionizzazione di un atomo o di una molecola è l'energia minima richiesta per allontanare da esso/a un elettrone. ♦ Affinità elettronica: energia liberata dall’atomo che acquista un elettrone. ♦ Raggio atomico: misurata in base ad una distanza fra i nuclei della stessa specie. ♦ Elettronegatività: Tendenza di un atomo ad attirare verso di sé gli elettroni di legame. Metalli, non metalli e semimetalli La maggior parte degli elementi del sistema periodico sono metalli (sono quelli che occupano la parte sinistra e tutta la parte centrale della tavola periodica). Sono chiamati metalli gli elementi che tendono con facilità I metalli (più o meno spiccata) a perdere elettroni per realizzare con ciò la stabilità del gas nobile più vicino per numero atomico. Essi comprendono gli elementi dei sottogruppi I A (metalli alcalini), II A (metalli alcalino-terrosi), III A (a esclusione del boro) e quelli dei sottogruppi B (metalli di transizione). Un numero nettamente inferiore di elementi appartiene ai non metalli (quelli nella parte destra del sistema); sono chiamati non metalli gli elementi che tendono con facilità ad acquistare elettroni per realizzare la configurazione elettronica stabile del gas nobile ad essi più vicino come numero atomico. Essi comprendono alcuni elementi dei sottogruppi III A (boro), IV A (carbonio), V A (azoto e fosforo), VI A (calcogeni) e VII A (alogeni). Infine, a cavallo di una linea a scalini che separa metalli e non metalli, che va dal boro all'astato, si trovano alcuni elementi chiamati semimetalli, in quanto hanno proprietà intermedie tra quelle dei metalli e dei non metalli: essi sono il boro, il silicio, il germanio, l'arsenico, l'antimonio, il tellurio e l'astato. La tabella 4.1 riassume le principali proprietà dei metalli e dei non metalli. Tab. 4.1: Proprietà dei metalli e dei non metalli a confronto Tabella 4.1 PROPRIETÀ DEI METALLI E DEI NON METALLI A CONFRONTO metalli non metalli energia di ionizzazione bassa alta elettronegatività bassa alta lucentezza alta bassa deformabilità malleabili e duttili fragili conducibilità termica ed elettrica buona in genere assai scarsa stato fisico in condizioni normali solido (eccetto il mercurio, liquido) aeriforme o solido (eccetto il bromo, liquido) formazione di ioni perdono elettroni per formare ioni positivi acquistano elettroni per formare ioni negativi I legami chimici Si è osservato che gli atomi con otto elettroni nel livello più esterno, o ottetto elettronico, sono estremamente stabili e manifestano quindi una scarsa tendenza a partecipare a reazioni chimiche. Questa configurazione corrisponde a quella dei gas nobili della tavola periodica, che infatti hanno scarsissima tendenza a combinarsi con altri elementi. Gli atomi degli altri elementi che non hanno questa configurazione tendono a "stabilizzarsi", cioè a conseguire la configurazione elettronica più stabile dell'ottetto, uguale a quella del gas nobile più vicino nella tavola periodica; tendono quindi ad acquistare, perdere o mettere in comune gli elettroni del livello esterno interagendo con altri atomi e formando con questi legami chimici. Il legame chimico è la forza attrattiva che si stabilisce tra due o più atomi, uguali o diversi, che consente loro di unirsi formando molecole o aggregati cristallini. La valenza di un elemento è il numero di legami che può formare scambiando o compartecipando gli elettroni dello strato più esterno (elettroni di valenza). Il tipo di legame che si viene a stabilire tra atomi dipende sostanzialmente dalla elettronegatività degli atomi, cioè dalla misura della loro capacità di attrarre gli elettroni di legame. I due tipi fondamentali di legame chimico sono il legame ionico e il legame covalente. di protoni sia di neutroni hanno spin intero (per esempio il deuterio, ²H). In entrambi i casi sopra citati il numero di massa (somma di neutroni e protoni) è pari, in quelli in cui invece il numero di massa è dispari, lo spin è semintero. Il nucleo di idrogeno, per esempio, ha I=½. La RMN del nucleo di idrogeno (il protone) è sicuramente quella più nota e diffusa, sebbene ve ne siano molte altre. I nuclei aventi I diverso da zero possiedono un momento angolare di spin dato dalla relazione. Geometria in molecole Poliatomiche I legami covalenti sono direzionali, nel senso che essi formano tra loro angoli caratteristici che determinano la geometria della molecola. La geometria di una molecola e di conseguenza gli angoli di legame possono essere previsti in modo semplice applicando una teoria chiamata VSEPR ( repulsione tra doppietti elettronici dello strato di valenza). Regola delle Repulsioni tra coppie elettroniche (VSEPR) Se consideriamo una molecola triatomica AB2 l’angolo B-A-B può assumere valori tra 0° e 180°: poiché la geometria essenziale per descrivere la formula di struttura come si può prevedere? Si possono considerare gli atomi (coppie di legame) o le coppie di elettroni solitarie legati all’atomo centrale come cariche dello stesso segno sulla superficie di una sfera: esse si disporranno alla massima distanza tra loro. Geometria lineare Anidride carbonica: CO2 O C O Polarità del legame chimico I legami rappresentano una distribuzione elettronica simmetrica solo se uniscono atomi uguali (Legame covalente apolare o puro). Se gli atomi legati sono diversi la distribuzione degli elettroni di legame sarà asimmetrica e l’asimmetria sarà proporzionale alla differenza di elettronegatività tra gli elementi. Un atomo più elettronegativo attrae maggiormente gli elettroni di legame generando una densità elettronica più elevata nelle sue vicinanze e diminuendo quella intorno all’atomo meno elettronegativo LEGAME COVALENTE POLARE. Se la differenza di elettronegatività tra i due atomi è molto elevata gli elettroni di legame vengono attratti totalmente dall’atomo più elettronegativo localizzandosi su di esso: i due atomi si ionizzano. Il più elettronegativo acquista 1 elettrone, il meno elettronegativo perde 1 elettrone ed il legame che li tiene insieme è un legame ionico (solo attrazione elettrostatica). Sostanze elementari All’aumentare dell’elettronegatività degli elementi si passa da sostanze metalliche (più compatte) a sostanze covalenti macromolecolari (polimere a strati o a catena) poi alle sostanze molecolari solide (meno compatte) e quindi alle molecolari gassose. Ciò è evidente nel II periodo: • Li e Be sono solidi cristallini metallici; • B e C sono solidi covalenti (C: diamante, grafite) o molecolari (C: fullereni); • N, O e F sono gas costituiti da molecole biatomiche. Nel III periodo: Na, Mg e Al sono solidi cristallini e metallici. ♦ Si è un solido covalente; ♦ P e S sono solidi ed hanno più forme allotropiche molecolari e covalenti; ♦ CI è un gas costituito da molecole biatomiche; ♦ I gas nobili sono tutti monoatomici gassosi; ♦ Gli elementi dei gruppi d ed f sono tutti metalli solidi ad eccezione del Hg che è liquido; Si parla di polimorfismo o allotropia se uno stesso elemento dà luogo a sostanze elementari diverse per formula o struttura. Leggi dei gas Il comportamento di un gas perfetto è completamente definito da tre variabili indipendenti, dette variabili di stato, che sono la pressione (simbolo p) che il gas esercita sul recipiente, il volume (simbolo V) occupato dal gas e la temperatura (simbolo T, misurata in kelvin). Le relazioni tra le variabili di stato, dette leggi dei gas, definiscono completamente il comportamento di un gas in tutte le situazioni fisiche. Mantenendo costante una delle tre grandezze, e variando le altre due, si ottengono le tre leggi empiriche dei gas perfetti, ricavate sperimentalmente prima del XVIII secolo. Una trasformazione che avviene in un gas mantenendo costante la sua temperatura, e facendo variare pressione e volume, si dice trasformazione isoterma; una trasformazione a pressione costante si dice isobara, mentre una trasformazione a volume costante si dice isocora. 1. La legge di Boyle (v. fig. 13.1 A), enunciata nel 1662 dal chimico irlandese R. Boyle (1627-1691), stabilisce che a temperatura costante il volume di un gas è inversamente proporzionale alla sua pressione; 2. La legge di Charles (v. fig. 13.1 B), formulata nel 1787 dal fisico francese J. Charles (1746-1823), dice che a pressione costante il volume di un gas è direttamente proporzionale alla sua temperatura assoluta; 3. La legge di Gay-Lussac (v. fig. 13.1 C), formulata nel 1801 dal chimico e fisico francese J. Gay-Lussac (1778-1850), stabilisce che a volume costante la pressione di un gas è direttamente proporzionale alla sua temperatura assoluta. Legami secondari I legami secondari includono le interazioni tra molecole, sia polari sia apolari, genericamente indicate come forze di van der Waals che comprendono: le interazioni dipolo/dipolo; le interazioni tra molecole non polari; il legame a idrogeno. Le interazioni dipolo/dipolo sono dovute al fatto che tra le estremità a carica opposta delle molecole polari (per esempio, HCl) si esercitano reciproche attrazioni, per cui le molecole si orientano opportunamente, assumendo una struttura più ordinata. Le interazioni tra molecole non polari sono dovute alla formazione di dipoli istantanei a causa del moto disordinato degli elettroni che può determinare una momentanea distribuzione asimmetrica della carica degli elettroni stessi; il dipolo istantaneo creerà a sua volta per induzione elettrostatica, un dipolo indotto su un atomo vicino e tra i due dipoli si eserciterà quindi una debole forza attrattiva. Il legame a idrogeno è un'attrazione elettrostatica che si stabilisce tra un atomo di idrogeno, legato covalentemente a un atomo di piccole dimensioni e molto elettronegativo (fluoro, ossigeno, azoto), e un altro atomo dello stesso tipo di una molecola vicina. Il legame a idrogeno si manifesta in molecole fortemente polari come quelle del fluoruro di idrogeno, HF, dell'acqua, H2O, dell'ammoniaca, NH3. Le particolari caratteristiche chimico-fisiche dell'acqua sono una conseguenza dei legami a idrogeno che si instaurano tra ogni molecola d'acqua e le altre molecole vicine. Legge di azione di massa Questa relazione esprime la legge dell'equilibrio chimico, o legge dell'azione di massa, formulata nel 1864 dai chimici norvegesi W. Guldberg e P. Waage. Tale legge può essere così enunciata: in un sistema chimico all'equilibrio, a una data temperatura costante, il rapporto fra il prodotto delle concentrazioni delle sostanze ottenute e il prodotto delle concentrazioni delle sostanze reagenti, ciascuna elevata a un esponente corrispondente al proprio coefficiente stechiometrico, è una costante . Principio di Le Chatelier Gli effetti provocati dall'alterazione delle condizioni di equilibrio di un sistema sono descritti dal principio dell'equilibrio mobile (o principio di Le Châtelier-Brown): se si varia uno dei fattori che regolano l'equilibrio di un sistema, questo reagisce spostandosi nella direzione che tende ad annullare tale variazione e a ripristinare l'equilibrio del sistema. Tale principio è valido in modo generale per tutti gli equilibri sia chimici che fisici. Nel caso di un equilibrio di fase liquido-vapore si ha che: un sistema liquido-vapore all'equilibrio reagisce a un aumento di temperatura con l'evaporazione di una parte del liquido; aumenta in tal modo la pressione del vapore, finché viene raggiunto il suo valore di equilibrio alla nuova temperatura. Acidi e basi Gli acidi e le basi costituiscono due fondamentali classi di elettroliti, il cui comportamento, per la prima volta inquadrato scientificamente nella teoria di Arrhenius, fu in seguito oggetto di ulteriori interpretazioni — la teoria di Brønsted- Lowry e la teoria di Lewis — che determinarono un ampliamento in termini sempre più generali del concetto di ``acidità-basicità''. • La teoria acido-base di Arrhenius, formulata dal chimico svedese S. Arrhenius (1859-1927) nell'ambito della sua teoria della dissociazione elettrolitica , definisce acidi i composti che in soluzione acquosa liberano ioni idrogeno o protoni (H+) (reazione 1) e basi i composti che liberano ioni idrossido (o ossidrile). La teoria di Arrhenius presenta dei limiti: essa considera solo soluzioni acquose e, inoltre, non spiega perché composti come l'ammoniaca (NH3), privi di ioni idrossido, si comportano come basi. In seguito il chimico danese J. Brønsted (1879-1947) e il chimico inglese T. Lowry (1874-1936), indipendentemente, formularono una interpretazione più ampia degli acidi e delle basi, mettendo in luce la stretta interdipendenza dei concetti di acidità e basicità. • La teoria acido-base di Brønsted-Lowry definisce acido un composto in grado di cedere uno o più protoni a una base, e base un composto in grado di accettare uno o più protoni ceduti da un acido. In altre parole le proprietà acide di una specie si manifestano soltanto in presenza di una specie che può comportarsi da base e viceversa. Indicatori acido-base
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved