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chimica inorganica - riassunto libro, Appunti di Chimica Inorganica

riassunto del libro di chimica inorganica. utilissimo per ripasso

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 15/04/2024

sofia-dalli-cardillo-2
sofia-dalli-cardillo-2 🇮🇹

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Scarica chimica inorganica - riassunto libro e più Appunti in PDF di Chimica Inorganica solo su Docsity! RIASSUNTO ESAME CHIMICA INORGANICA La chimica è la materia che studia la composizione della materia e le sue trasformazioni. ma da cosa è composta la materia? Per molti anni gli uomini si sono interrogati sulla composizione della materia. nell’antica Grecia vi erano due filoni di pensiero: democrito credeva che la materia fosse costituita da particelle indivisibili e piccolissime chiamati atomi, mentre zenone sosteneva che la materia fosse divisibile all’infinito. nonostante entrambe le ipotesi erano basate su credenze e non su dati scientifici, il pensiero di Democrito era corretto e fu confermato successivamente da evidenze scientifiche proposte da vari chimici come dalton. la materia, ossia tutto ciò che ha una massa e che ci circonda, può essere suddivisa in due classi: le sostanze pure e le miscele. tra le sostanze pure distinguiamo elementi e composti. gli elementi sono sostanze costituiti da atomi uguali e possono essere presenti in forma monoatomica, biatomica O2 o poliatomica S8, i composti sono insieme di due o più elementi definiti da rapporti stechiometrici costanti. le miscele sono date dalla combinazione di due o più sostanze pure e possono essere omogenee (componenti con stesse proprietà) o eterogenee. nel 1800 dalton propose un modello atomico che si fondava su diversi postulati, a loro volta fondati sulla legge di conservazione della massa di Lavoiseur (la massa in una reazione chimica si conserva) e delle proporzioni definite e costanti di Proust (un composto è la combinazione di sostanze che tra loro si trovano in rapporti definiti e costanti). secondo Dalton alla base della materia vi sono gli atomi, gli atomi di un elemento hanno le stesse proprietà chimica, quest’ultimo in una reazione chimica non scompare né si trasforma. l’atomo, nonostante sia indivisibile, è costituito da subparticelle, ossia i neutroni di carica neutra e massa 1uma, i protoni di carica +1 e massa 1uma (entrambi posti nel nucleo) e gli elettroni di carica -1 e massa trascurabile che girano attorno al nucleo in forma ondulatoria. oltre a queste particelle vi sono delle entità che costituiscono i protoni ed i neutroni denominati Quark i quali hanno carica +2/3 (UP, CHARM e TOP) e carica -1/3 (DOWN, STRANGE e BOTTOM), 2 UP e 1 DOWN formano i protoni, 1 UP e 2 DOWN formano i neutroni. gli elettroni nella chimica inorganica sono estremamente importanti, ecco perché diversi chimici si incentrarono sul loro studio. fino all’800 si pensava che l’interazione tra elettroni e nucleoni fosse un’interazione tra corpi materiali dotati di massa, successivamente invece, attraverso la meccanica quantistica si capì che gli elettroni muovendosi provocavano una perturbazione emanando energia elettromagnetica. la radiazione elettromagnetica è data dal campo magnetico e dal campo elettrico che agiscono perpendicolarmente, ed è definita da una lunghezza d’onda (λ) ossia la distanza tra due creste d’onda, da un’ampiezza e dalla frequenza (ν) ossia quante creste d’onda vengono rilevate in un’unità di tempo. il rapporto tra lunghezza d’onda e frequenza è inversamente proporzionale e può essere dimostrato utilizzando la velocità (spazio/tempo) poichè λ lo spazio e ν l’inverso del tempo, si ha che v= λ per ν. alla radiazione elettromagnetica è quindi associata un’energia, espressa dal postulato di Plank, secondo il quale E= ν per h (costante di Plank) e di conseguenza E= ν per h per n (n è il numero quantica, ν per h è il fotone, subparticella della luce). la radiazione eletromagnetica ha quindi proprietà ondulatorie e l’energia a essa associata è quantizzata. Bohr allora attraverso alcuni esperimenti capì che gli elettroni non si muovevano in tutto lo spazio intorno al nucleo ma nei rispettivi livelli energetici che possedevano un valore di energia e che l’elettrone eccitato poteva passare al livello successivo attraverso un balzo di energia quantizzata che non ammette valori intermedi. successivamente De Broglie equiparò l’equazione di Einstein con il postulato di Plank deducendo che λ= h/ m per c. quindi le onde potevano comportarsi come particelle materiali. heisenberg ipotizzò il contrario e che quindi anche gli elettroni potevano comportarsi sia da particelle che da onde (natura duale) e perciò enunciò il principio di indeterminatezza, secondo il quale dell’elettrone non è possibile conoscere contemporaneamente velocità e posizione. ecco che allora non si parla più di orbite ma di orbitali, ossia regioni atomiche dove è possibile trovare l’elettrone. shrodinguer ipotizzò che l’orbitale fosse dato da una funziona matematica e che più l’elettrone fosse vicino al nucleo più era possibile capire con esattezza la sua posizione. gli orbitali sono definiti da 3 numeri quantici: numero quantico principale (n), che assume valori da 1 a infinito, ci fornisce dati per capire l’energia di un dato orbitale; n.q. secondario o angolare (l), che assume valori da 0 a n-1 e che ci da informazioni sulla forma del sottolivello (s, p, d, f); n.q. magnetico, che assume valori da -l a +l compreso lo 0, ci da informazioni riguardo l’orientamento. il 4 n.q. è quello di spin che indica la rotazione dell’elettrone attorno al suo campo magnetico e che può assumere valori -1/2 e +1/2. un’atomo è definito da 2 parametri, il numero atomico Z dato dal numero dei protoni (in un atomo neutro anche degli elettroni) e il numero di massa A dato dalla somma dei nucleoni. gli isotopi sono atomi di un elemento che differiscono tra loro per A, quindi per il numero di neutroni (idrogeno, deuterio e trizio; carbonio e ossigeno). il peso atomico è dato dalla media dei vari isotopi dell’elemento. nel 1860 un chimico di nome Mendelev sistemò tutti gli elementi finallora conosciuti in una tavola, chiamata tavola periodica poiché sistemando gli elementi per Z crescente vi erano alcune proprietà che si ripetevano periodicamente. la tavola era divisa in gruppi verticali i cui elementi condividevano gli stessi elettroni di valenza (n di elettroni che interagiscono con gli altri atomi) e in periodi orizzontali che corrispondo all’ultimo livello dell’atomo dove vi sono elettroni. la tavola periodica numerata da mendelev aveva 8 gruppi A e 10 B, successivamente con la nomenclatura IUPAC la numerazione andò da 1 a 18. le proprietà periodiche sono il raggio atomico, ossia la metà della distanza tra nuclei di atomi uguali che corrisponde quindi alla nuvola elettronica e che diminuisce lungo il periodo poiché vi è maggiore forza attrattiva tra nucleo ed elettroni; l’energia di ionizzazione che è l’energia necessaria per strappare gli elettroni di valenza dall’ultimo livello e che diminuisce lungo il gruppo poiché gli elettroni sono molto lontani dal nucleo e meno attratti; l’affinità elettronica che è l’energia che si libera quando un atomo diventa un anione e infine l’elettronegatività che è la capacità di un atomo di attrarre elettroni. la configurazione elettronica è la disposizione degli elettroni nell’atomo, quella esterna è di fondamentale importanza poiché sono gli elettroni di valenza a passare da un atomo all’altro e a partecipare alla creazione di legami. per riempiere gli orbitali gli elettroni seguono alcune regole: secondo l’AUFBAU gli elettroni tendono ad occupare orbitali a energia più bassa (nel potassio verrà riempito primo il 4s del 3d), secondo il principio di Di Pauli ogni orbitale può contenere due elettroni di spin opposto e secondo Hund gli elettroni occupano il maggior numero di orbitali poiché elettroni con spin paralleli hanno minore energia e più stabilità. per rappresentare il guscio più esterno di un elemento si utilizza la struttura a puntini di Lewis che prevede di scrivere al centro il simbolo dell’elemento e attorno tanti elettroni quanti sono gli elettroni di valenza. sempre secondo Lewis gli atomi legano tra loro per raggiungere la stabilità seguendo la regola dell’ottetto, ossia gli atomi tendono ad avere una configurazione esterna di 8 atomi nel guscio di valenza come quella del gas nobile inerte più vicino secondo la tavola periodica. in questo modo un atomo tende a cedere elettroni diventando catione o acquistare elettroni diventando anione. questa regola ha delle eccezioni, ad esempio, per i metalli di transizione che possono avere più di una carica (Cu2+ o Cu+) e per gli elementi del può essere diversa da quella che ci si aspetta, in questo caso si parla di resa percentuale: resa reale/resa teorica x100. in una reazione, inoltre, vi è sempre del calore che può essere assorbito, reazione endotermica, o ceduto, reazione esotermica (combustione). il calore di reazione è il calore assorbito o ceduto durante una trasformazione chimica. un composto può essere definito attraverso tre formule: molecolare ossia vengono resi noti i reali rapporti tra gli atomi, minima (calcolabile attraverso le moli e poi tutto diviso il numero minore di moli) in cui i rapporti tra atomi sono ridotti al minimo denominatore comune e di struttura dove si evidenziano gli atomi legati e i vari legami. la chimica verde ha l’obbiettivo di ridurre l’impatto ambientale evitando spreco di sostanze e utilizzo di materiali tossici. noi nel mondo non veniamo a contatto con la materia sottoforma atomica bensì sottoforma di molecole. le molecole sono tenute tra loro attraverso interazione che però sono più deboli rispetto alle forze interatomiche, e queste stesse forze stabiliscono le proprietà fisiche della materia e sotto quale stato di aggregazione questa ci appare. in competizione con le forze di attrazione intermolecolari vi è l’energia cinetica che fa si che le molecole si muovano in un moto caotico. allo stato gassoso l’energia cinetica è più elevata rispetto le forze intermolecolari ecco che le molecole dei gas si muovono liberamento occupando tutto il volume che hanno a disposizione, nei liquidi l’energia cinetica ha valori minori e le molecole riescono ad avere un movimento più limitato, nei solidi l’energia cinetica è trascurabile e si trovano fisse in un composto. il comportamento di un gas ideale è definito dalla teoria cinetica che ha diversi postulati: i gas consistono in particelle in continuo movimento, il volume di queste è trascurabile (per i gas reali non lo è), le particelle urtano ma negli urti l’energia cinetica si conserva, non esistono forze attrattive tra particelle del gas (per i gas reali esistono), le particelle collidendo nelle pareti dove è continuto il gas esercitano una determinata pressione (F/A, le cui unità di misura sono mmHg, torr, barr, pascal e atm). un parametro per descrivere un gas la temperatura (altri parametri sono il volume in litri e la pressione in pascal), poiché con l’aumentare della temperatura aumenta l’energia cinetica delle molecole. i gas sono definiti da diverse leggi: la legge di boyle isoterma sostiene che volume e pressione siano inversamente proporzionali, la legge di charles isocora sostiene che pressione e temperatura siano direttamente proporzionali, la legge di gaylussac isobara sostiene che volume e temperatura siano direttamente proporzionali, avogrado sostiene che volumi uguali di gas uguali a stessa pressione e temperatura contengono lo stesso numero di molecole e infine le legge delle pressioni parziali di dalton sostiene che la pressione totale di una miscela di gas sia uguale alla somma delle singole pressioni parziali di ogni singolo gas. tutte queste leggi sono accomunate nella legge dei gas ideali in cui PV=nRT (R=0.0821). Nei liquidi le particelle sono più vicine e di conseguenza le forze intermolecolari sono più forti. ma quali sono queste forze intermolecolari? l’attrazione ione dipolo tra la carica dello ione e la carica opposta del dipolo, le forze di dispersioni di london tra molecole apolari dovute al fatto che in una molecola polare per un istante di secondo la densità elettronica in movimento crea un dipolo temporaneo che induce un dipolo nella molecola apolare vicina creando una debole interazione tra queste due molecole (ciò però dioende dalla polarizzabilità della molecola), le interazioni dipolo dipolo tra molecole polari in cui il polo negativo di una si attrae con il polo positivo dell’altra e infine il legame a idrogeno (le più forti) che si instaura tra una molecola contenente idrogeno che assume una carica positiva e una molecola in cui è presente un atomo elettronegativo come F, N, O che assumerà carica negativa. quando la temperatura diminuisce un gas diventa un liquido. le proprietà di un liquido sono diverse: la tensione superficiale che è data dalle forze intermolecolari poste sulla superficie; la tensione di vapore che è la pressione esercitata dal vapore di una sostanza verso la parte condensata della stessa quando vi è un equilibrio dinamico, ossia quando le particelle che evaporano sono di quantità uguale a quelle che condensano. infatti, in superficie vi sono particelle con energia cinetica maggiore che possono vincere le forze intermolecolari della sostanza evaporando, ecco perché poi quando un liquido evapora la sua temperatura diminuisce, perché restano solo particelle con energia cinetica minore. quando la pressione di vapore è uguale a quella atmosferica il liquido bolle. Il punto di ebollizione è la temperatura alla quale il liquido bolle. il punto normale di ebollizione per 1 atm è 100C. ad influenzare la pressione di vapore sono diversi fattori, come le forze intermolecolari, infatti più deboli sono più è facile vincerle e quindi il punto di ebollizione è piu basso (si pensi al punto di ebbolizione dell’acqua che è maggiore rispetto al metano), l’area superficiale poiché più grande è maggiora sarà il punto di ebollizione perché vi sono più siti di interazione da vincere affinchè il liquido bolla (metano bolle prima dell’esano). quando la temperatura si abbassa ancora di più un liquido solidifica in un solido le cui particelle sono ferme. i solidi possono essere cristallini o amorfi, cristallini se vi è una disposizione perioda a lungo raggio, altrimenti saranno amorfi. la curva di riscaldamento o di raffreddamento descriva al variare della temperatura i cambiamenti di fase. il calore per fondere 1gr di un solido è detto di fusione, mentre per far bollire 1gr di liquido il calore necessario è detto di vaporizzazione. tutti i cambiamenti di fase sono reversibili. è possibile passare dallo stato gassoso direttamente al solido e viceversa attraverso il brinamento e la sublimazione. è possibile dimostrare i cambiamenti di fase di una sostanza nel digramma di fase dove sono messe in correlazione pressione in atm nelle ascisse e temperatura in C nelle ordinate. durante un cambiamento di fase nonostante sia assorbito calore la temperatura resta costante poiché serve per vincere le forze di attrazione e passare allo stato successivo. durante il cambiamento di fase entrambi gli stati coesistono, quello che si forma e quello che si “distrugge”. il punto triplo è il punto dove coesistono tutti e tre gli stati. Una miscela è l’insieme di sostanze pure e può essere classificata in omogenea o eterogenea. si parla di miscela omogenea se i suoi componenti godono delle stesse proprietà e caratteristica e appare uniforme (viene anche chiamata soluzione), se invece la miscela è eterogena significa che i suoi componenti non godono delle stesse proprietà e sono distinguibili le fasi del sistema presentando quindi una superficie di separazione. alcuni sistemi come il plasma o il latte sono una via di mezzo tra questi due tipi di miscele e sono delle sospensioni. le soluzioni possono essere di diversi tipi: solide, liquide o gassose. le miscele di gas sono sempre omogenee mentre tra quelle solide solo le leghe sono omogenee. in ogni caso le soluzioni più comuni sono quelle liquide. in una soluzione è possibile distinguere un componente presente in minore quantità detto soluto e uno in maggiore quantità detto solvente. la distribuzione delle particelle in una soluzione è uniforme, il soluto e il solvente non si separano dopo essere trascorso un intervallo di tempo e non possono nemmeno essere separati per filtrazione, è possibile miscelare soluto e solvente in proporzioni sempre diverse, le soluzioni sono quasi sempre trasparenti e possono essere separate nei loro componenti puri. un’importante caratteristica delle soluzioni è la solubilità, ossia la quantità di soluto che può essere sciolta in un solvente ad una certa temperatura. attraverso questo parametro le soluzioni possono essere sature, in cui è stata sciolta la quantità di soluto massima possibile per quel solvente, insature in cui è ancora possibile sciogliere soluto e sovrassature in cui la quantità di soluto presente è maggiore rispetto la solubilità del solvente. un soluto può essere solubile o meno in una soluzione e ciò dipende da tanti fattori: la natura del solvente (il simile scioglie il simile), la temperatura che è direttamente proporzionale alla solubilità nei solidi e nei liquidi mentre inversamente proporzionale nei gas, la pressione che secondo la legge di henry in un gas è direttamente proporzionale alla solubilità. è possibile esprimere quanto soluto può essere sciolto in un solvente attraverso la concentrazione. la concentrazione può essere espressa in funzione del peso, del volume o di entrambi. quando una soluzione viene diluita viene aggiunto del solvente e perciò le moli del soluto non variano, per questo motivo la formula della diluizione prende in considerazione la molarità e il volume (M1V1=M2V2). parlando di soluzione si può parlare di diverse grandezze come molarità, molalità, frazione molare, normalità. l’acqua è il solvente universale e questa sua grande proprietà dipende dalla sua polarità e dalla possibilità di instaurare con altri atomi più elettronegativi legami a idrogeno. se un composto ionico viene posto in acqua, quest’ultima solvata o idrata gli ioni disciolti attraverso forze di attrazione tra la parte positiva dell’idrogeno di H2O e gli anioni e tra ossigeno negativo e i cationi. l’acqua, quindi, circonda gli ioni in soluzione, questi ultimi verranno chiamati idratati o solvatati. la solvatazione è l’interazione tra le particelle del soluto e del solvente. lo strato di solvatazione funziona da cuscinetto per le particelle. le sostanze che contengono acqua possono essere chiamati idrati. nell’acqua gli ioni migrano verso il polo negativo detto anodo e verso quello positivo detto catodo conducendo corrente. una soluzione che può condurre corrente è detta elettrolitica e una sostanza che reagendo con acqua si dissocia viene detta elettrolita. l’elettrolita può essere forte se si dissocia completamente e debole se si dissocia parzialmente. le sostanze che non si dissociano in acqua vengono detti non elettroliti, come il saccarosio. oltre i composti ionici anche i covalenti reagiscono con l’acqua senza produrre ioni ma sono solo solvatati. un composto covalente è solubile o meno in acqua se forma legami a idrogeno con questa. se le particelle del soluto hanno diametro maggiore di 1nm non si parla di soluzioni ma di colloidi. i colloidi disperdono la luce e sono stabili seppure molto grandi. l’effetto Tyndall è dovuto alla dispersione della luce per effetto delle particelle colloidali, noi riusciamo avvedere la lice che si disperde ma non riusciamo a vedere effettivamente le particelle. quando la dimensione delle particelle è superiore a 100nm parliamo di sospensioni. come fa a essere una colloide stabile? il movimento delle particelle di un colloide è casuale e viene chiamato moto browniano, questo moto origina molte collisioni tra le particelle ma, nonostante ciò, sono stabili per 2 motivi: le particelle colloidali possiedono un ampio strato di solvatazione quindi pur collidendo non si toccano del tutto ma è lo strato solvatato che si tocca, inoltre tutti i colloidi hanno lo stesso tipo di carica in soluzione e perciò le particelle si respingono. una proprietà colligativa è una proprietà delle soluzioni che non dipende dalla natura del soluto non volatile ma dal numero di particelle che il soluto non volatile (non passa facilmente allo stato gassoso) contiene. le proprietà colligative sono l’abbassamento crioscopico, l’innalzamento ebullioscopico, la pressione osmotica e l’abbassamento della pressione di vapore. una soluzione di solvente non puro ha una pressione minore rispetto alla soluzione pura e questo è dimostrabile attraverso la legge di raoult: Psolvente= P0solvente per Xsolvente, e quindi essendo la frazione molare del solvente come 1-Xsoluto, si avrà che P0solvente-Psolvente=P0solvente-Xsoluto. allo stesso modo in una soluzione pura la temperatura di congelamento sarà maggiore rispetto ad una soluzione non pura. al contrario una soluzione pura avrà temperatura di ebollizione minore rispetto a quella non pura. in generale si calcolano come prodotto tra la costante k e la molalità (ci interessa la massa e non il volume per evitare che la temperatura lo influenzi) e l’indice di van’t off (i). ultima proprietà colligativa è la pressione osmotica ossia la pressione che una soluzione deve applicare affinché il solvente non passi da una soluzione più diluita a quella più concentrata. attraverso la legge dei gas si può dedurre che la pressione osmotica sia MRT per i ossia l’indice di van’t off che indica il grado di dissociazione del soluto nella soluzione. due soluzioni possono essere tra loro isotoniche, ossia la pressione osmotica dell’una è la stessa dell’altra,
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