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Contratti - Titoli di Credito - Procedure Concorsuali, Appunti di Diritto Commerciale

Ottimi riassunti di diritto commerciale 2, utili per il ripasso finale.

Tipologia: Appunti

2013/2014

Caricato il 26/07/2014

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Scarica Contratti - Titoli di Credito - Procedure Concorsuali e più Appunti in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! Parte Terza : I CONTRATTI CAPITOLO 27 LA VENDITA 1. Nozione. Tipi. La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (art. 1470). Attraverso la stipula di contratti di compravendita,industriali e commercianti si procurano infatti larga parte dei beni necessari per lo svolgimento della loro attività;attraverso altri contratti di compravendita collocano sul mercato larga parte dei beni prodotti od acquistati. Attualmente la vendita internazionale di merci è regolata dalla Convenzione di Vienna del 1980,entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 1988. 2. Vendita reale e vendita obbligatoria. La vendita è un contratto consensuale: si perfeziona cioè col semplice accordo delle parti,senza che siano necessari la consegna della cosa venduta o il pagamento del prezzo. La vendita è inoltre un contratto con effetti reali. Il consenso delle parti è perciò di regola sufficiente perché la proprietà della cosa si trasferisca dal venditore al compratore,con conseguente passaggio in testa a quest’ultimo del rischio di perimento fortuito della cosa (art. 1465). Oltre la vendita con riserva di proprietà costituiscono casi di vendita obbligatoria la vendita di cose generiche,di cose future e altrui. Nella vendita di cose determinate solo nel genere,la proprietà passa al compratore con l’individuazione (art. 1378),che consente di isolare le cose che formano oggetto della vendita. Se si tratta di cose che devono essere trasportate,l’individuazione avviene anche con la consegna al vettore o allo spedizioniere. Nella vendita di cose future il compratore ne acquista la proprietà non appena la cosa viene ad esistenza (art. 1472),purchè si tratti di cose individuate. Non sempre però può essere agevolmente distinta dal contratto di appalto. La vendita è perciò nulla (meglio: inefficace) se la cosa non viene ad esistenza,salvo che le parti abbiano espressamente stabilito che il compratore deve ugualmente pagare il prezzo (vendita di speranza). Nella vendita di cose altrui (art. 1478),il venditore è obbligato a procurare l’acquisto della cosa al compratore e questi ne diventa proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista dal terzo. 3. Le obbligazioni del venditore. Le obbligazioni principali del venditore sono: 1)quella di consegnare la cosa al compratore; 2)quella di fargliene acquistare la proprietà,se l’acquisto non è effetto immediato del contratto; 3)quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa (art. 1476). Norme particolari regolano l’adempimento dell’obbligo di consegna quando si tratta di cose da trasportare da un luogo all’altro (art. 1510) o di merci per le quali sono stati rilasciati titoli rappresentativi. In particolare,la vendita su documenti (artt. 1527-1530) riguarda merci già consegnate ad un vettore per il trasporto o depositate in magazzini generali,per le quali il vettore o il magazzino abbiano rilasciato un titolo di credito rappresentativo. Ne consegue che la vendita di tali merci può essere realizzata anche mediante il trasferimento dei relativi titoli rappresentativi. Salvo patto o uso contrario,il compratore è a sua volta obbligato a pagare la merce contestualmente alla consegna dei documenti. PAGE 83 4. La garanzia per evizione. Si ha evizione quando il compratore perde in tutto o in parte la proprietà del bene acquistato o subisce una limitazione nel libero godimento dello stesso,a seguito dell’azione giudiziaria di un terzo che vanta diritti sulla cosa. Se l’evizione è stata totale,il venditore dovrà rimborsare al compratore il prezzo pagato e le spese sostenute,anche se immune da colpa (art. 1483) sarà inoltre tenuto al risarcimento integrale del danno se il fatto che ha prodotto l’evizione è imputabile ad un suo comportamento doloso o colposo. Se invece l’evizione è stata parziale,il compratore ha diritto solo ad una riduzione del prezzo,oltre al risarcimento dei danni. Può tuttavia chiedere la risoluzione del contratto se prova che non avrebbe acquistata la cosa senza la parte di cui non è diventato proprietario (art. 1484). La garanzia per evizione può essere esclusa dalle parti. È nullo però il patto che esclude la garanzia per l’evizione derivante da un fatto proprio del venditore (art. 1487). 5. Vizi. Mancanza di qualità. Buon funzionamento. Il venditore deve garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso (art. 1490). La garanzia copre di regola solo i vizi occulti. Il compratore è quindi tenuto a controllare,almeno sommariamente,la cosa quando l’acquista. La garanzia copre tuttavia anche: a) i vizi facilmente riconoscibili quando il venditore ha dichiarato espressamente che la cosa era esente da vizi; b) i vizi apparenti quando si tratta di cose da trasportare (art. 1511) e più in generale di cose che il compratore non ha potuto esaminare al momento della conclusione del contratto. La garanzia per vizi può essere limitata od esclusa,ma il relativo patto è improduttivo di effetti se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa (art. 1490). In presenza di vizi coperti dalla garanzia il compratore può chiedere: 1)la risoluzione del contratto (azione redibitoria),con il conseguente rimborso integrale del prezzo e delle spese sostenute; 2)la semplice riduzione del prezzo (azione estimatoria) in rapporto al minor valore della cosa a causa di vizi (art. 1492). Il venditore dovrà inoltre risarcire i danni ulteriori subiti dal compratore,se non prova di aver ignorato senza sua colpa i vizi della cosa (art. 1494). L’esercizio delle azioni derivanti dalla garanzia per vizi è soggetto a brevi termini di decadenza e prescrizione (art. 1495). Infatti: a)il compratore decade dalla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta,salvo che il venditore abbia riconosciuto l’esistenza del vizio o l’abbia occultato; b)l’azione si prescrive in ogni caso nel termine abbreviato di un anno dalla consegna. Dalla garanzia per vizi occulti fin qui esposta,la legge distingue il caso in cui la cosa venduta “non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata” (art. 1497). In tal caso il compratore ha diritto ad ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento. La relativa azione è però soggetta agli stessi brevi termini di prescrizione e decadenza stabiliti per la garanzia per vizi (art. 1497). L’azione di risoluzione per inadempimento non è invece soggetta a termini di decadenza e soggiace all’ordinaria prescrizione decennale quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella pattuita. Si ritiene infatti che si ha consegna di aliud pro alio non solo quando le cose consegnate appartengono ad un genere del tutto diverso,ma anche quando essa difetti delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale o a PAGE 83 stima stabilito al momento della conclusione del contratto. All’accipiens è tuttavia riconosciuta la facoltà di liberarsi di tale obbligazione restituendo le cose nel termine pattuito. In deroga del principio res perit domino,con la consegna della cosa tutti i rischi passano a carico dell’accipiens. L’accipiens non è invece obbligato ad adoperarsi per promuovere la vendita delle cose ricevute,anche se il contratto è indubbiamente stipulato per consentire la rivendita delle cose consegnategli dal tradens. 2. La somministrazione. È il contratto con il quale una parte (somministrante) si obbliga,verso il corrispettivo di un prezzo,ad eseguire a favore dell’altra parte (somministrato) prestazioni periodiche e continuative di cose (art. 1559). La somministrazione è un contratto tipicamente di durata. Consente di soddisfare un bisogno durevole del somministrato,attraverso la stipulazione di un unico contratto che assicura la regolarità delle forniture nel tempo e la stabilità dei prezzi. È un contratto che può avere per oggetto solo la prestazione di cose (in proprietà o in uso). Il contratto che ha invece per oggetto la prestazione periodica o continuativa di servizi costituisce appalto e non somministrazione. Il carattere continuativo o periodico delle prestazioni distingue nettamente la somministrazione di consumo dalla vendita anche a consegne ripartite. La somministrazione ha,infatti,per oggetto una pluralità di prestazioni ed è diretta a soddisfare un bisogno durevole del somministrato. La vendita ha invece per oggetto un’unica prestazione,anche se per agevolarne l’esecuzione da parte del venditore si stabilisce che la consegna debba essere frazionata nel tempo. Alle singole prestazioni in cui si articola la somministrazione di consumo si applicano tuttavia le norme che disciplinano la vendita obbligatoria (art. 1570). Tipica è la disciplina del quantum delle singole prestazioni (art. 1560). Le parti possono anche omettere di specificare in contratto l’entità delle prestazioni ed in tal caso si intende ex lege pattuita la quantità corrisposta al normale fabbisogno del somministrato al tempo della conclusione del contratto. È possibile stabilire inoltre un limite minimo e massimo. Il prezzo,se non è stabilito nel contratto,si determina secondo le regole di vendita,avendo riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni ed al luogo in cui queste devono essere eseguite (art. 1561). Nella somministrazione a carattere periodico il prezzo deve essere pagato all’atto delle singole prestazioni ed in proporzione delle stesse. In quella continuativa,il pagamento deve avvenire secondo le scadenze d’uso. La richiesta di risoluzione del contratto è possibile solo se ricorrono due condizioni: l’inadempimento ha notevole importanza ed inoltre è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti (art. 1564). È inoltre stabilito che,se l’inadempimento del somministrato è di lieve entità,il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto senza darne congruo preavviso (art. 1565). Fra i patti che le parti possono inserire nel contratto di somministrazione,la legge disciplina specificatamente il patto di preferenza ed il patto di esclusiva. Il patto di preferenza (art. 1566) è il patto con il quale il somministrato si obbliga a preferire,a parità di condizioni,lo stesso somministrante qualora intenda stipulare un successivo contratto di somministrazione per lo stesso oggetto. Tale obbligo non può eccedere la durata di 5 anni. La clausola di esclusiva può essere pattuita a favore del somministrante,a favore del somministrato o a favore di entrambe le parti. Se l’esclusiva è a favore del somministrante,il somministrato non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura,né,salvo patto contrario,può procurarsi con mezzi propri le cose che formano oggetto del contratto (art. 1567). Se PAGE 83 l’esclusiva è a favore del somministrato,il somministrante non può compiere,direttamente o indirettamente,forniture della stessa natura ad altri nella zona per cui l’esclusiva è concessa (art. 1568). Il rivenditore beneficiario dell’esclusiva opera allora come “concessionario di vendita in esclusiva” del produttore e può impegnarsi a ritirare periodicamente un quantitativo minimo di merce. 3. I contratti di distribuzione. l’esigenza delle grandi imprese di non disinteressarsi della commercializzazione dei propri prodotti,pur senza sopportarne i costi e i rischi,ha però determinato il diffondersi nella pratica di accordi contrattuali complessi ispirati dalla finalità di realizzare una più stretta integrazione economica fra produttore e rivenditori. Questi accordi consentono al produttore una penetrante ingerenza nella sfera decisionale dei propri rivenditori ed un coordinamento unitario della rete distributiva. Il contenuto minimo costante dei contratti che regolano i rapporti fra produttore e distributori integrati (contratto di distribuzione) consiste: 1) nell’impegno del distributore di acquistare periodicamente determinati quantitativi minimi a condizioni predeterminate nello stesso contratto di distribuzione; 2) nell’impegno ulteriore del distributore di promuovere la rivendita dei prodotti acquistati in una zona determinata,secondo modalità stabilite dallo stesso produttore. Nella pratica hanno tuttavia raggiunto un grado sufficiente di standardizzazione dando vita a due figure contrattuali socialmente tipiche: a) la concessione di vendita: b) il contratto di affiliazione commerciale (franchising). 4. La concessione di vendita. Nella concessione di vendita l’ingerenza del concedente nell’attività dei primi è assicurata da clausole che impongono ai rivenditori: a)un’efficiente organizzazione di vendita; b)l’acquisto di quantitativi minimi di merce a scadenze determinate e la detenzione di un minimo di scorte e di pezzi di ricambio; c)la pratica dei prezzi e di condizioni di rivendita prestabiliti dal produttore; d)la fornitura di assistenza tecnica alla clientela dopo la vendita; e)controlli periodici da parte del concedente sull’efficienza dell’organizzazione di vendita. Normale è anche la previsione di una clausola di esclusiva a favore del concedente,del concessionario o di entrambi. La concessione di vendita non è pertanto risolubile nello schema del contratto di vendita e si sottrae anche all’integrale inquadramento nello schema della somministrazione con elusiva a favore del somministrato. Si è perciò in presenza di un contratto atipico. 5. L’affiliazione commerciale (franchising). La nuova disciplina definisce l’affiliazione commerciale come il contratto con cui l’affiliante: a)concede verso corrispettivo all’affiliato la disponibilità “di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi,denominazioni commerciali,insegne,modelli di utilità,disegni,diritti di autore,know how,brevetti,assistenza o consulenza tecnica e commerciale; b)inserisce l’affiliato “in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti del territorio,allo scopo di commercializzare determinati prodotti o servizi”. L’affiliazione commerciale può essere utilizzata in ogni settore di attività economica: può riguardare non solo la vendita di beni (f. di distribuzione),ma anche la produzione di beni (f. di produzione) o la distribuzione di servizi (f. di servizi). L’affiliazione commerciale si caratterizza comunque rispetto alla PAGE 83 concessione di vendita per il fatto che l’affiliato: 1)è sempre tenuto ad utilizzare i segni distintivi (marchi ed insegna) dell’affiliante; 2)è tenuto ad adeguarsi completamente ai modelli operativi prefissati dall’affiliante in modo uniforme per tutti gli affiliati e che coinvolgono ogni aspetto dell’attività di distribuzione (formula commerciale). Pur essendo imprenditori economicamente e giuridicamente distinti dall’affiliante,l’immagine sul mercato dei distributori finisce perciò con l’identificarsi con quella del produttore. Ciò non manca di sollevare delicati problemi di tutela degli affiliati,soprattutto per quanto riguarda la cessazione del rapporto. A tutela dell’affiliato,l’attuale disciplina precisa che l’affiliante deve aver già sperimentato la sua formula commerciale sul mercato. Specificatamente disciplinati sono inoltre gli obblighi delle parti prima della conclusione del contratto. Il contratto di affiliazione commerciale deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità e deve indicare espressamente le condizioni di rinnovo,risoluzione o eventuale cessione. Deve altresì precisare,fra l’altro,gli investimenti e le spese richieste all’affiliato prima dell’inizio dell’attività,le percentuali che lo stesso è tenuto a versare all’affiliante,nonché l’incasso minimo che l’affiliato si impegna a realizzare. Il contratto può essere a tempo indeterminato o determinato,ma in quest’ultimo caso l’affiliante dovrà comunque garantire all’affiliato una durata minima sufficiente a recuperare gli investimenti effettuati. L’affiliante è tenuto a mantenere la massima riservatezza in ordine al contenuto dell’attività oggetto dell’affiliazione commerciale,in particolare sul know how che gli viene comunicato. Obbligo che permane anche dopo lo scioglimento del contratto. CAPITOLO 29 L’APPALTO 1. Nozione. Caratteri essenziali. L’appalto è il contratto con il quale una parte (l’appaltatore) assume,con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio,il compimento di un’opera o di un servizio,verso un corrispettivo in denaro (art. 1655). Oggetto dell’appalto può essere,quindi,sia il compimento di un’pera,sia il compimento di un servizio. A tal fine è necessario che la relativa attività sia svolta dall’obbligato con organizzazione di mezzi e con gestione a proprio rischio. L’appaltatore è perciò un imprenditore commerciale,di regola non piccolo. Netta è la distinzione fra appalto e vendita (o somministrazione). L’appalto ha per oggetto una prestazione qualificata di fare;vendita e somministrazione hanno invece per oggetto un dare. La distinzione diventa tuttavia meno agevole nella pratica quando ad una prestazione di dare se ne affianca una di fare. Comunque si ha appalto se la prestazione di fare (attività lavorativa) prevale su quella di dare (fornitura del materiale),si ha vendita nel caso contrario. La prevalenza deve essere valutata secondo lo scopo del negozio. Si avrà perciò vendita di cosa futura se il bene ordinato rientra nella normale produzione del venditore o le modifiche richieste rispetto al prodotto di serie sono marginali. Committente dell’opera o del servizio può essere sia un soggetto privato,sia lo Stato o un ente pubblico. La disciplina dettata dal codice civile è tuttavia applicabile integralmente solo agli apparati privati. 2. Le obbligazioni dell’appaltatore. Obbligazione fondamentale dell’appaltatore è quella di compiere l’opera p il servizio commessogli. L’appaltatore deve fornire anche la materia prima PAGE 83 Il subappalto è un contratto di appalto stipulato fra l’appaltatore ed un terzo,avente ad oggetto l’esecuzione della stessa opera o dello stesso servizio dal primo assunti nei confronti del committente. Il subappalto,totale o parziale,è possibile solo se è stato autorizzato dal committente (art. 1656). Appalto e subappalto sono contratti distinti anche se collegati. Obbligato e responsabile nei confronti del committente è e resta perciò l’appaltatore,anche se la sua responsabilità dipende dal fatto del subappaltatore. L’appaltatore può tuttavia agire in regresso verso il subappaltatore responsabile nei suoi confronti per difformità o vizi dell’opera. Deve però,a pena di decadenza,comunicare al subappaltatore,entro 60 giorni dal ricevimento,la denuncia proveniente dal committente. 7. La subfornitura. Le grandi imprese industriali spesso attuano forme di decentramento produttivo. Affidano cioè ad altre imprese,di regola medio-piccole,alcune fasi della lavorazione dei propri prodotti o la lavorazione di determinate componenti degli stessi o anche dell’intero prodotto,attraverso la stipula di contratti di regola inquadrabili nello schema dell’appalto. È questo il fenomeno della subfornitura,che si caratterizza per il fatto che il subfornitore di norma agisce secondo le direttive del committente,si avvale delle tecnologie di quest’ultimo ed è sovente assoggettato a controlli più o meno penetranti sulla qualità dei prodotti realizzati. Ai fini della legge,si è in presenza di un contratto di subfornitura quando: a)un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di una impresa committente “lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime fornite dalla committente medesima” (subfornitura di lavorazione),o “prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso” (subfornitura di prodotto); b)le prestazioni del subfornitore devono essere eseguite “in conformità a progetti esecutivi,conoscenze tecniche e tecnologiche,modelli o prototipi forniti dall’impresa committente” il contratto deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. E nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica,la forma scritta a pena di nullità è prescritta anche per gli ordinativi relativi alle singole forniture. Tuttavia,in caso di nullità per difetto di forma il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e al rimborso delle spese sostenute in buona fede per l’esecuzione del contratto. Per assicurare la trasparenza nel contratto di subfornitura devono essere specificati: a)i requisiti dei beni o servizi richiesti dal committente; b)il prezzo pattuito; c)i termini e le modalità di consegna,di collaudo e di pagamento. Si prescrive poi che il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un termine che non può eccedere i 60 giorni dal momento della consegna del bene o della comunicazione dell’avvenuta esecuzione della prestazione. Sempre al fine di tutelare il subfornitore,è poi stabilita la nullità di una serie di clausole. È nullo il patto che riservi a duna delle parti la facoltà di modificare unilateralmente una o più clausole del contratto di subfornitura. È inoltre nullo il patto che attribuisce ad una delle parti di un contratto di subfornitura a esecuzione continuata o periodica la facoltà di recesso senza congruo preavviso. È infine nullo il patto con cui il subfornitore disponga,a favore del committente e senza congruo corrispettivo,di diritti di privativa industriale o intellettuale. Il subfornitore è responsabile del funzionamento e della qualità della parte o dell’assemblaggio PAGE 83 da lui prodotti o del servizio reso,secondo le prescrizioni contrattuali e a regola d’arte. Non è invece responsabile per difetti di materiali o di attrezzi fornitigli dal committente,purchè li abbia tempestivamente segnalati. È nulla ogni pattuizione contraria. CAPITOLO 30 IL CONTRATTO DI TRASPORTO 1. Nozione. Tipi. Una parte (il vettore) si obbliga,verso corrispettivo,a trasportare persone o cose da un luogo ad un altro (art. 1678). Già il codice civile detta una disciplina differenziata per il trasporto di persone (artt. 1681-1682) e per il trasporto di cose (artt. 1683-1702). Inoltre,tale disciplina è integralmente applicabile solo ai trasporti terrestri su strada,in quanto: a) il trasporto marittimo ed il trasporto aereo sono specificatamente regolati dal codice della navigazione; b) il trasporto ferroviario interno da parte delle Ferrovie dello stato è disciplinato da apposite leggi speciali. Ne risulta un sistema normativo particolarmente articolato e complesso,anche per problemi di coordinamento fra codice civile,codice della navigazione,leggi speciali e convenzioni internazionali. 2. Pubblici servizi di linea. Disciplina comune a tutti i tipi di trasporto è quella dettata dall’art. 1679 per le imprese (private e pubbliche) che gestiscono servizi di linea in regime di concessione amministrativa. Per assicurare il servizio alla generalità degli utenti e per evitare abusi a loro danno,la libertà di contrarre di tali imprese subisce limiti identici a quelli posti per le imprese che operano in regime di monopolio (art. 2597). Il concessionario infatti: a)è obbligato ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa; b)deve rispettare la parità di trattamento fra i diversi richiedenti. 3. Il trasporto di persone. La conclusione del contratto non è soggetta a regole particolari ed è di regola accompagnata dal rilascio di un biglietto di viaggio. Questo è un semplice documento di legittimazione (art. 2002). Con la conclusione del contratto il vettore si obbliga non solo a trasportare l’avente diritto;ma anche a farlo arrivare indenne nel luogo di arrivo ed ad evitare perdite od avarie alle cose che il viaggiatore porta con sé. Ne consegue che il vettore: a)è responsabile ,secondo le regole generali in tema di inadempimento (art. 1218),per il ritardo o la mancata esecuzione dei trasporto; b) è inoltre responsabile dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il trasporto e della perdita od avaria del bagaglio se non prova di aver adottato “tutte le misure idonee ad evitare il danno” (art. 1681). Sono invece nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore. Alla responsabilità contrattuale del vettore fin qui esposta si aggiunge quella extracontrattuale fondata sul principio generale del neminem laedere (art. 2403). Il che comporta in pratica che il danneggiato potrà agire contro il vettore pur dopo la scadenza del termine annuale di prescrizione dell’azione contrattuale (art. 2951) in quanto l’azione extracontrattuale si prescrive nel più lungo termine di due anni (art. 2947). PAGE 83 4. Il trasporto di cose. Il trasporto di cose è contratto consensuale concluso tra il mittente ed il vettore. Il mittente è tenuto a fornire al vettore tutte le indicazioni necessarie per l’individuazione della cosa da trasportare e per l’esecuzione del trasporto (art. 1683). Tali indicazioni sono di regola contenute in un apposito documento,la lettera di vettura. Su richiesta del committente,il vettore è tenuto a rilasciargli un duplicato della lettera di vettura o una ricevuta di carico;documenti la cui funzione costante è quella di provare il ricevimento della merce da trasportare (art. 1684). Il duplicato della lettera di vettura o la ricevuta di carico possono essere rilasciati con la clausola all’ordine. In tal caso diventano titoli di credito rappresentativi della merce. Il possessore legittimo del titolo potrà perciò esercitare tutti i diritti derivanti dal contratto di trasporto o trasferirli mediante girata del titolo;avrà inoltre diritto la riconsegna della merce dietro restituzione del titolo al vettore (art. 1691). Titoli di credito rappresentativi sono anche: a)nel trasporto marittimo,la polizza di carico,la polizza ricevuta per l’imbarco e gli ordini di consegna; b)nel trasporto aereo,la lettera di trasporto aereo. Obbligo fondamentale del mittente è quello di pagare il corrispettivo del trasporto (porto o nolo),salvo che con apposita clausola questo non sia stato posto a carico del destinatario (porto assegnato). Obbligazione fondamentale del vettore è quella di eseguire il trasporto secondo le modalità convenute e di consegnare la merce al destinatario,dandogli prontamente avviso dell’arrivo (art. 1687). Dovrà chiedere immediatamente istruzioni al mittente in caso di inadempimenti o ritardi nell’esecuzione del trasporto (art. 1686) o nella riconsegna della merce (art. 1690),per cause a lui non imputabili. Il vettore risponde per la mancata esecuzione del trasporto o per il ritardo nell’esecuzione secondo le norme generali in tema di inadempimento contrattuale (art. 1218). Per sottrarsi al risarcimento dei danni dovrà fornire solo la prova negativa che l’inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile. Il vettore è inoltre responsabile per la perdita o per l’avaria delle cose consegnategli. È questa la cosiddetta responsabilità ex recepto del vettore,assoggettata ad una specifica e più rigorosa disciplina (art. 1693). Infatti,per sottrarsi al risarcimento dei danni il vettore è tenuto a fornire la prova positiva e specifica che la perdita o l’avaria sono dovute ad una delle seguenti cause a lui non imputabili: a)caso fortuito; b)natura o vizi delle cose trasportate o del loro imballaggio; c)fatto del mittente o del destinatario. Questo regime di responsabilità aggravata dal vettore è tuttavia temperato: 1)dalla presunzione di calo naturale (art. 1695),per le cose che sono di per sé soggette a diminuzione di peso durante il trasporto; 2) dalla riconosciuta validità delle clausole che stabi8liscono presunzione di caso fortuito per eventi che normalmente ne dipendono (art. 1694); c)dall’introduzione di limiti massimi all’ammontare del danno risarcibile. La limitazione non opera però per i danni derivanti da dolo o colpa grave del vettore. 5. Trasporto con pluralità di vettori. In molti casi per l’esecuzione del trasporto si rende necessaria la cooperazione di altri vettori,che può assumere forme giuridiche diverse e diversamente regolate. Nel trasporto con subtrasporto il primo vettore si impegna direttamente verso il mittente ad eseguire l’intero trasporto. Per la parte del percorso cui non può provvedere direttamente si avvale però di altri vettori,con i quali stipula contratti di trasporto in nome e per conto proprio,assumendo così nei loro confronti la veste giuridica di mittente. Pertanto,obbligato e PAGE 83 mandante e solo il mandante ad essere obbligato nei confronti dei terzi per gli atti compiuti dal mandatario-rappresentante. Perché tutto ciò si verifichi è però necessaria una specifica ed ulteriore manifestazione di volontà del mandante: la procura. Il mandato è infatti di per sé rappresentanza: abilita ed obbliga il mandatario ad agire per conto del mandante ma in nome proprio. Il mandatario senza rappresentanza stipula perciò in proprio nome i contratti con i terzi ed assume in proprio nome obbligazioni nei loro confronti. In coerenza col principio formale della spendita del nome,il mandatario senza rappresentanza “acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi,anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato” (art. 1705). Inoltre,i terzi “non hanno alcun rapporto col mandante”. In breve,nel mandato senza rappresentanza gli effetti,sia attivi che passivi,degli atti posti in essere dal mandatario sono imputati direttamente al mandatario e non al mandante. Da qui l’introduzione,per i crediti ed i beni acquistati dal mandatario nello svolgimento dell’attività gestoria,di specifiche disposizioni (artt. 1705,1706 e 1707)che contemperano le contrapposte esigenze di tutela del mandante e del mandatario e consentono al primo di reagire contro eventuali negligenze od infedeltà del secondo. Per i crediti è previsto che “il mandante,sostituendosi al mandatario,può esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato”,purchè ciò non pregiudichi i diritti che spettano al mandatario. La norma quindi conferisce al mandante una semplice legittimazione ad esigere i crediti di cui il mandatario è e resta titolare. Quando il mandato ha per oggetto l’acquisto di beni mobili,”il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio,salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede”. L’azione di rivendica è azione posta a tutela della proprietà (art. 948). Si è infatti chiarito che anche in tal caso non si realizza un acquisto diretto del mandante dal terzo,ma si ha un doppio trasferimento, sia pure automatico e contestuale. Il mandante cioè acquista pur sempre la proprietà del bene mobile dal mandatario,ma l’acquista nel momento stesso in cui questi acquista dal terzo,senza bisogno di un successivo atto di ritrasferimento. La disciplina è invece diversa quando il mandato ha per oggetto l’acquisto di beni immobili o mobili registrati. Il mandatario è obbligato a trasferire al mandante le cose acquistate ed in caso di inadempimento si osservano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo a contrarre. Qui la proprietà non solo è acquistata dal mandatario,ma a questi resta fino a quando non pone in essere l’atto di ritrasferimento a favore del mandante. Il mandante può tuttavia rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere il trasferimento del bene mediante sentenza costitutiva (art. 2932). I beni ed i diritti destinati ad essere acquistati dal mandante sono sottratti all’aggressione dei creditori del mandatario purchè risulti,in modo legalmente certo,che il mandato o l’acquisto del mandante è anteriore al pignoramento (art. 1707). 3. Obbligazioni del mandatario. Il mandatario deve eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia. La sua responsabilità per colpa è tuttavia valutata con minor rigore quando il mandato è gratuito (art. 1710). Il mandatario deve rispettare i limiti fissati nel mandato. In caso contrario l’atto resta a suo carico,salvo che il mandante non li approvi successivamente (art. 1711). Deve inoltre osservare le istruzioni ricevute dal mandante. Da queste tuttavia può (e deve) discostarsi quando circostanze ignote al mandante facciano ragionevolmente pensare che il mandante avrebbe dato la sua approvazione. Eseguito il mandato deve darne PAGE 83 comunicazione senza ritardo al mandante (art. 1712) anche per consentirgli di valutare se l’incarico è stato esattamente eseguito e porsi al riparo da eventuali contestazioni tardive. Conclusa l’attività gestoria,il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (art. 1713). Deve inoltre corrispondergli gli interessi legali sulle somme riscosse per suo conto (art. 1714). Salvo patto contrario,il mandatario non risponde verso il mandante delle obbligazioni assunte dai terzi con i quali ha contrattato. Questa regola subisce però eccezione quando,al momento della conclusione del contratto col terzo,il mandatario conosceva o doveva conoscere,con l’ordinaria diligenza,l’insolvenza di questo (art. 1715). Il mandatario può eseguire il mandato a mezzo di un’altra persona (sostituto),né a tal fine è necessaria l’autorizzazione del mandante dato che non sussiste un obbligo del mandatario di eseguire personalmente l’incarico ricevuto. Il mandante non è però senza tutela (art. 1717). Infatti: a)il mandante può agire direttamente contro il sostituto del mandatario; b)il mandatario è sempre responsabile delle istruzioni impartite al sostituto; c)il mandatario è responsabile anche dell’operato del sostituto,quando la sostituzione non sia stata autorizzata dal mandante o non sia necessaria per la natura dell’incarico. 4. Obbligazioni del mandante. Oltre a corrispondere al mandatario il compenso pattuito,il mandante: a)deve somministrargli i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni a tal fine contratte dal mandatario in proprio nome (art. 1719); b)deve rimborsagli le somme dallo stesso anticipate,con gli interessi legali dal giorno in cui l’anticipazione è stata fatta (art. 1720); c)deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico (art. 1720),in modo da tenerlo indenne da ogni perdita sofferta nell’attività gestoria. Al mandatario sono riconosciuti specifici mezzi di tutela dei propri diritti verso il mandante. Egli può soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha concluso,con precedenza sul mandante e sui creditori di questo (art. 1721). Ha inoltre diritto di privilegio sulle cose del mandante che detiene per l’esecuzione del mandato (art. 2761). 5. Estinzione del mandato. Il mandante può in ogni momento revocare l’incarico conferito al mandatario,dandogli un congruo preavviso se il mandato è a tempo indeterminato. Dovrà però risarcire i danni subiti dal mandatario,se il mandato è oneroso e non ricorre una giusta causa (art. 1725). Il mandato è irrevocabile anche se le parti hanno espressamente pattuito che è irrevocabile. In tal caso però,sempre in assenza di giusta causa,il mandante è tenuto al risarcimento dei danni anche se il mandato è gratuito (art. 1723). È invece irrevocabile ex lege il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di un terzo,salvo che non sia diversamente convenuto o ricorra una giusta causa di revoca,quale l’avvenuta realizzazione dell’interesse del mandatario o del terzo. Il mandato convenzionalmente irrevocabile si distingue perciò dal mandato in rem propriam. Nel primo caso,l’assenza di giusta causa espone solo al risarcimento dei danni,ma non impedisce la revoca. Nel mandato in rem propriam,invece,l’assenza di giusta causa rende improduttiva di effetti la revoca,dato che non è in gioco solo l’interesse del mandante. Infine,se il PAGE 83 mandato è collettivo,la revoca non ha effetto se non è fatta da tutti i mandanti,salvo che non sussista una giusta causa (art. 1726). Il mandatario può sempre rinunciare al mandato conferitogli,ma deve risarcire i danni al mandante se non ricorre una giusta causa. In ogni caso la rinuncia deve essere fatta in modo ed in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti;salvo il caso di inadempimento grave da parte del mandatario (art. 1727). Il mandato si estingue in caso di morte,interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario. Questa regola subisce però una duplice eccezione: a)il mandato non si estingue quando ha per oggetto atti pertinenti all’esercizio dell’impresa e questa è continuata,salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi (art. 1722); b)non si estingue inoltre per la morte o la sopravvenuta incapacità del mandante quando è stato conferito anche nell’interesse del mandatario o di un terzo (art. 1723). Il mandato si estingue infine in caso di fallimento del mandatario. Qualora invece fallisca il mandante,l’esecuzione del contratto è sospesa finchè il curatore abbia deciso se subentrare nel rapporto o scioglierlo. 6. Commissione e spedizione. La commissione è un mandato che ha per oggetto esclusivo l’acquisto o la vendita di beni,per conto del committente ed in nome del commissionario (art. 1731). Classico è l’esempio dei commissionari delle case automobilistiche. La disciplina della commissione ricalca quella del mandato senza rappresentanza,salvo alcune disposizioni specifiche. Il commissario ha diritto ad un compenso,di regola costituito da una percentuale sul valore d’affare,denominata provvigione (art. 1733) se il committente revoca l’incarico prima della conclusione dell’affare,al commissionario spetta ugualmente una parte della provvigione,determinata tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata (art. 1734). Le disposizioni più significative sono tuttavia quelle che regolano l’entrata in vigore del commissionario nel contratto (art. 1735) e lo star del credere (art. 1736). La prima norma introduce una parziale deroga al divieto del mandatario di acquistare per sé quanto ha avuto incarico di vendere,nonché di fornire egli stesso le cose che ha avuto incarico di comprare (art. 1471). Infatti,se la commissione ha per oggetto titoli,divise o merci aventi un prezzo ufficiale di mercato, il commissionario può rendersi contraente in proprio,salvo che il committente non abbia disposto diversamente. Inoltre,il commissionario ha ugualmente diritto alla provvigione,come se avesse dato regolare esecuzione al mandato. Con lo star del credere il commissionario si rende responsabile nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare e quindi per l’adempimento delle obbligazioni assunte dal terzo contraente nei suoi confronti. Il commissionario ha diritto in tal caso ad uno speciale compenso,di solito nella forma di un supplemento di provvigione. A differenza del mandato,infine,la commissione si scioglie ex lege per il fallimento di una delle parti. Dunque,anche in caso di fallimento del committente. La spedizione è un contratto di mandato con il quale le spedizioniere si obbliga concludere ,in nome proprio e per conto del mandante,un contratto di trasporto,nonché a compiere le operazioni accessorie (art. 1737). Netta è perciò la distinzione fra trasporto e spedizione. Lo spedizioniere si obbliga a stipulare con un vettore un contratto di trasporto,per conto del mandante. La legge del resto consente che lo spedizioniere provveda direttamente all’esecuzione parziale o totale del trasporto. Si ha in tal caso la figura dello spedizioniere-vettore,con la conseguenza che allo stesso faranno capo (anche) i diritti e gli obblighi del vettore (art. 1741). Lo spedizioniere deve PAGE 83 accordo col proponente, questi ceda a terzi il contratto di agenzia. L’ammontare dell’indennità non può superare un’annualità di retribuzioni,calcolata sulla media degli ultimi cinque anni o dell’eventuale minor periodo di durata del contratto (art. 1751). Il patto con cui si limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. La durata non può superare i due anni e deve riguardare la stessa zona, clientela e genere di beni o servizi oggetto del contratto di agenzia. Inoltre,l’agente ha diritto ad una indennità che,in mancanza di accordo,è determinata dal giudice in via equitativa. 3. La mediazione. È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare,senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione,di dipendenza o di rappresentanza (art. 1754). Il mediatore si distingue dagli altri soggetti che agevolano la conclusione di affari per la posizione di indipendenza rispetto alle parti a favore delle quali esplica l’attività intermediaria. Ne consegue che: a)il mediatore conserva piena libertà di azione anche se agisce su incarico di una delle parto e può in ogni momento disinteressarsi dell’affare; b)le parti sono libere di concludere o meno l’affare,anche se al mediatore è stato conferito uno specifico incarico; c)il mediatore ha diritto al compenso (provvigione) per il solo fatto che l’affare si è concluso per effetto del suo intervento (art. 1755) e quindi anche se non aveva ricevuto alcun incarico di mediazione. L’esercizio,anche occasionale o discontinuo,dell’attività di mediatore è subordinato all’iscrizione in appositi ruoli istituiti presso le Camere di commercio. L’attività di mediatore è incompatibile con l’esercizio di altre attività di lavoro autonomo o subordinato. È fatto divieto agli iscritti di delegare le proprie funzioni,se non ad altro mediatore iscritto nel ruolo. Restano soggetti ad una specifica disciplina i mediatori pubblici,i mediatori marittimi e i mediatori di assicurazione o brokers,nonché l’attività di mediazione creditizia. 4. La disciplina. Il diritto del mediatore alla provvigione matura con la conclusione dell’affare (art. 1755). Diversamente dall’agente il mediatore non corre perciò il rischio del buon fine dell’affare ed ha diritto alla provvigione anche se le parti non danno esecuzione al contratto concluso. È necessario però che l’affare sia stato concluso per effetto del suo intervento. La provvigione è di regola dovuta al mediatore da ciascuna delle parti. Se più sono i mediatori intervenuti nell’affare,ciascuno ha diritto ad una quota della provvigione (art. 1758). L’ammontare della provvigione è determinato dalle Camere di commercio tenendo conto degli usi locali. La legge 39/1989 ha inoltre espressamente stabilito che non ha diritto alla provvigione il mediatore non iscritto negli appositi ruoli,precisando inoltre che egli è tenuto a restituirla ove l’abbia già riscossa. Il mediatore è responsabile verso le parti se omette di far conoscere loro le circostanze a lui note,relative ala valutazione ed alla sicurezza dell’affare,che possono influire sulla conclusione dello stesso (art. 1759). Ed in ciò si risolve ed esaurisce per legge l’imparzialità del mediatore. Il mediatore risponde anche dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per suo tramite (art. 1759). Particolari obblighi di documentazione sono poi previsti per i mediatori professionali in affari su merci o titoli (art. 1760). Il mediatore è di regola estraneo all’esecuzione del contratto. Può essere però incaricato da una delle parti di rappresentarlo nei relativi atti di esecuzione (art. 1761). Può inoltre prestare fideiussione per l’inadempimento delle obbligazioni di una delle PAGE 83 parti (art. 1763). Il mediatore è infine responsabile ex lege per l’esecuzione del contratto quando tace ad un contraente il nome dell’altro. In tali casi il contraente palese ignora il nome dell’altro. Perciò il mediatore risponde personalmente dell’esecuzione del contratto nei confronti del primo e,quando l’ha eseguito,subentra nei diritti verso il contraente non nominato (art. 1762). Tuttavia la responsabilità del mediatore permane anche se dopo la conclusione del contratto,il contraente occulto si manifesta all’altra parte o è reso noto dal mediatore,sicchè ciascuno dei contraenti può agire direttamente contro l’altro (art. 1762). CAPITOLO 34 I CONTRATTI BANCARI 1. Impresa bancaria ed operazioni bancarie. Le imprese bancarie sono imprese commerciali la cui attività tipica consiste nella raccolta del risparmio fra il pubblico e nell’esercizio del credito. Le operazioni di raccolta del risparmio si definiscono tradizionalmente operazioni passive. Le operazioni di concessione di credito da parte della banca si definiscono invece operazioni attive. Si definiscono infine operazioni accessorie o servizi bancari le altre operazioni a carattere finanziario o strumentale che le banche tradizionalmente svolgono. Le banche svolgono oggi un ruolo centrale anche in nuovi settori dell’attività finanziaria che non rientrano della tipica funzione creditizia delle banche. La normativa riguardo il nostro sistema bancario è oggi racchiusa nel Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (Tub). È questa una disciplina che incide profondamente: a)sull’accesso all’attività bancaria,subordinato alla preventiva autorizzazione della Banca d’Italia; b)sulla struttura giuridica dell’impresa bancaria,che può assumere solo la forma si s.p.a. e di società cooperativa per azioni con capitale versato non inferiore a quello determinato dalla Banca d’Italia con riferimento ai diversi tipi di società bancarie; c)sullo statuto delle società e delle imprese bancarie; d)sull’organizzazione e sull’esercizio dell’attività bancaria,sottoposte a penetrante vigilanza da parte della Banca d’Italia,in conformità delle direttive emanate dal Cicr (comitato interministeriale per il credito ed il risparmio),per assicurare la sana e prudente gestione delle banche e la stabilità complessiva del sistema bancario. 2. Le operazioni bancarie nel codice civile. Le operazioni bancarie sono per la prima volta regolate dal codice civile del 1942 (artt. 1834-1860). Si tratta però di una disciplina per più versi parziale e lacunosa. La regolamentazione dei contratti bancari è restata perciò in larga parte affidata alle cosiddette norme bancarie uniformi. Sono queste condizioni generali di contratto predisposte non dalle singole banche,bensì dalla loro associazione di categoria,l’Abi (Associazione bancaria italiana). Le n.b.u. rappresentano perciò la principale fonte normativa dei contratti bancari e da esse non si può prescindere nella conoscenza della loro disciplina effettiva. 3. La disciplina generale dei contratti bancari. La legge 154/1992 ha introdotto una disciplina generale dei contratti bancari e finanziari che prevede una serie di obblighi di comportamento volti ad PAGE 83 assicurare adeguata trasparenza alle condizioni contrattuali praticate dalle banche e dagli altri intermediari finanziari. Le banche sono tenute a rendere note al pubblico le condizioni economiche delle operazioni e dei servizi offerti,mediante un avviso affisso nei locali aperti al pubblico e fogli informativi tenuti a disposizione della clientela. I contratti bancari devono essere redatti per iscritto. Inoltre un esemplare del contratto deve essere consegnato al cliente in modo da assicurargli la conoscenza e la prova delle condizioni che regolano il rapporto. L’inosservanza della forma scritta comporta la nullità del contratto,che però può essere fatta valere solo dal cliente. È fissato per legge anche il contenuto minimo obbligatorio dei contratti in modo da offrire al cliente un quadro chiaro delle condizioni economiche praticate dalla banca. Inoltre,è fatto divieto di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati. Le relative clausole contrattuali sono nulle e si considerano non apposte. E nulle sono anche le clausole che prevedono per i clienti condizioni economiche più sfavorevoli di quelle pubblicizzate. La nullità di tali clausole e l’inosservanza delle regole in tema di contenuto minimo del contratto comporta l’applicazione del tasso di interesse e delle altre condizioni economiche fissate per legge: per le operazioni attive si applica il tasso nominale minimo dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nei dodici masi precedenti la conclusione del contratto;per quelle passive,il relativo tasso nominale massimo. In mancanza di pubblicità,nulla è dovuto. Nei contratti di durata può essere pattuita la facoltà della banca di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali. Le variazioni devono essere comunicate al cliente con un preavviso di 30 giorni e con modalità fissate dalla legge;in caso contrario,le variazioni sfavorevoli ai clienti sono inefficaci. Inoltre ai clienti è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto senza spese entro 60 giorni dalla comunicazione e di ottenere l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. In ogni caso,nei contratti di durata il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura. Infine,nei contratti di durata è fatto obbligo alla banca di fornire per iscritto una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto,mediante la consegna del rendiconto e di un documento di sintesi delle principali condizioni contrattuali. Il cliente ha diritto di ottenere,a proprie spese,copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Un ulteriore contributo al miglioramento del grado di tutela dei clienti delle banche è stato poi determinato dall’applicazione al settore bancario della disciplina antimonopolistica nazionale;disciplina competente all’autorità garante per la concorrenza ed il mercato. 4. I depositi bancari. Costituisce un tipo particolare di deposito irregolare (art. 1782),che si caratterizza per il necessario intervento di una banca in veste di depositario. La banca acquista infatti la proprietà della somma ricevuta in deposito e si obbliga a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del termine convenuto (deposito vincolato), o a richiesta del depositante (deposito libero),con o senza preavviso (art. 1834). Il tasso di interesse sulle somme depositate,di regola più elevato per i depositi vincolati,e le altre condizioni economiche devono risultare dal contratto che attesta la costituzione del deposito o,in caso di libretto al portatore,del libretto stesso. Se non osserva tali prescrizioni,la banca dovrà corrispondere il tasso nominale massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nei 12 mesi precedenti la costituzione del rapporto. Gli interessi sono PAGE 83 a)le azioni cambiarie,compresa l’azione di regresso nei confronti dello scontatario che le ha girato la cambiale; b)l’azione causale,derivante dal rapporto di sconto,nei confronti dello stesso scontatario (art. 1859). Le operazioni su ricevute bancarie si distinguono dallo sconto in quanto il cliente non cede il proprio credito alla banca,ma le conferisce solo un mandato in rem propriam all’incasso accompagnato dalle ricevute di pagamento quietanzate. La banca,a sua volta,mette a disposizione del cliente,mediante accredito in conto corrente,il relativo importo senza attendere la scadenza e la riscossione del terzo debitore. 8. Operazioni bancarie in conto corrente e conto corrente bancario. Il regolamento in conto corrente comporta due effetti essenziali: a)il deposito o l’apertura di credito sono regolati nella forma tecnica del conto corrente. La banca apre cioè un conto intestato al cliente nel quale vengono annotati tutti i versamenti ed i prelevamento. La somma algebrica degli accreditamenti e degli addebitamenti determina l’ammontare del credito di cui il cliente può disporre in ogni momento.. b)il cliente può disporre delle somme non solo mediante prelevamenti in contanti,ma anche mediante l’emissione di assegni bancari. Può inoltre alimentare il credito disponibile anche mediante il versamento di assegni da riscuotere,se la banca li accetta. Riguardo il conto corrente bancario o di corrispondenza,il rapporto iniziale costitutivo della disponibilità può essere costituito indifferentemente da un deposito bancario,da un’apertura di credito o da entrambi. Inoltre è alimentato da ogni altro credito o sovvenzione comunque e sotto qualsiasi forma concessi al correntista. Il servizio di cassa che la banca si obbliga a svolgere per conto del cliente assume,d’altro canto,un contenuto più ampio ed articolato. La banca è infatti tenuta ad eseguire,nei limiti della disponibilità di conto,non solo gli ordini di pagamento a terzi ad essa impartiti mediante l’emissione di assegni bancari,ma anche ogni altro ordine di pagamento. La banca è inoltre tenuta a ricevere per conto del correntista tutti i versamenti disposti da terzi a favore dello stesso e ad eseguire gli specifici incarichi di riscossione di crediti verso terzi che le siano di volta in volta conferiti. Le possibilità operative sono così notevolmente ampliate. Identici restano comunque sotto il profilo giuridico gli elementi costitutivi: a)un rapporto iniziale di credito costitutivo della disponibilità; b)una componente gestoria,avente ad oggetto lo svolgimento del servizio di cassa,inquadrabile nel mandato generale con oggetto specifico; c)la regolamentazione nella forma tecnica del conto corrente. 9. La disciplina del conto corrente bancario. L’apertura del conto (contratto per iscritto) è accompagnata dal rilascio del carnet di assegni,che il cliente deve custodire con diligenza rendendosi responsabile dell’uso abusivo o illecito dei relativi moduli fino a quando non ha dato comunicazione scritta alla banca della perdita o sottrazione degli stessi. Il titolare del conto deve depositare la propria firma (specimen) per consentire alla banca di controllare l’autenticità della firma di traenza degli assegni bancari e degli altri ordini alla stessa indirizzati. Deve essere depositata anche la firma delle persone autorizzate a rappresentarlo. Nello svolgimento del servizio di cassa deve osservare la diligenza del mandatario e conformarsi agli obblighi di quest’ultimo. Tutti i movimenti derivanti dalle operazioni fra banca e cliente sono regolati mediante scritturazioni contabili. La regola dell’immediata disponibilità degli accreditamenti subisce tuttavia eccezione per PAGE 83 quelli derivanti da operazioni che comportano una successiva attività di incasso da parte della banca. Infatti il relativo importo è accreditato “con riserva di verifica e salvo buon fine” ed il correntista non ne può disporre prima che la banca ne abbia conseguito l’incasso,salvo che la banca consenta di disporre immediatamente anche di tali importi. Si distingue perciò fra saldo contabile determinato dalle annotazioni in conto delle diverse operazioni;saldo disponibile che indica l’ammontare giornaliero del credito di cui il cliente può disporre e saldo per valute,che rileva solo per il conteggio degli interessi. In base alla disciplina generale dei contratti bancari,sia il tasso degli interessi a favore del cliente (interessi passivi) sia quello degli interessi a favore della banca (interessi attivi),ovviamente più elevato,devono essere indicati nel contratto. Inoltre,l’aumento del tasso attivo durante lo svolgimento del rapporto è soggetto alla disciplina delle variazioni sfavorevoli al cliente. E in particolare,l’attuale disciplina precisa che le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria devono riguardare contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori e vanno applicate con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente. E con specifico intervento legislativo è stata postatine anche al fenomeno dell’anatocismo a favore esclusivo delle banche. Infatti,mentre gli interessi sui conti con saldo attivo per il cliente venivano accreditati e capitalizzati annualmente,i conti che risultavano anche saltuariamente debitori venivano invece chiusi di regola trimestralmente e sempre trimestralmente la banca addebitava gli interessi dovuti dal correntista. Mutando il precedente orientamento,la giurisprudenza ha infatti sancito la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi per violazione dell’art. 1283. Per effetto di questa disciplina e della relativa normativa regolamentare oggi la capitalizzazione degli interessi attivi e passivi avviene di regola trimestralmente e con la stessa cadenza la banca addebita al cliente le spese di tenuta del conto. Il conto corrente bancario è di regola contratto a tempo indeterminato. Il cliente ha diritto di essere informato con periodicità almeno annuale sullo svolgimento del rapporto,mediante invio da parte della banca di un estratto conto. Il cliente può proporre opposizione scritta nel termine,oggi fissato per legge,di 60 giorni dal ricevimento dell’estratto conto,decorso il quale lo stesso deve intendersi accettato. Il conto corrente può essere intestato a più persone,con facoltà di operazioni congiuntamente o disgiuntamente. Nel conto a firma disgiunta,che è il più diffuso,gli intestatari sono considerati,nei confronti della banca,creditori in solido del saldo attivo e debitori in solido del saldo passivo (art. 1854). La banca può perciò liberarsi pagando il saldo ad uno qualsiasi dei contestatari. Questi,d’altro canto,restano obbligati in solido verso la banca per eventuali scoperti,anche se imputabili ad uno solo dei contestatari. Nel conto ad intestazione congiunta,gli atti di disposizione devono provenire da tutti i contestatari. I versamenti possono essere invece fatti anche separatamente in quanto accrescono il credito disponibile. Un soggetto può avere con la stessa banca più rapporti o più conti. Questi restano fra loro distinti ed autonomi,sicchè la banca dovrà operare solo sul conto di volta in volta indicato dal cliente. Tuttavia,se un rapporto o conto presenta un saldo attivo per il cliente ed un altro un saldo passivo, i relativi saldi si compensano reciprocamente (art. 1853). Quando,come di regola accade,il conto corrente bancario è a tempo indeterminato,ciascuna delle parti può recedere dando un preavviso (art. 1855),che di regola è fissato in un giorno. Il conto corrente bancario si scioglie anche per il fallimento del PAGE 83 correntista ed in tal caso non solo il conto è normalmente in rosso,ma sovente accade che lo stesso presentava un saldo passivo già da prima della dichiarazione di fallimento. Come si vedrà,l’art. 67,1° fall., sottopone a revocatoria fallimentare i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti dal fallito nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. 10. Le garanzie bancarie omnibus. La fideiussione omnibus è una garanzia personale che si caratterizza innanzitutto per il fatto di essere una garanzia generale. Assicura infatti alla banca l’adempimento di qualsiasi obbligazione,anche futura,assunta dal cliente garantito. La posizione del fideiussore è perciò particolarmente gravosa in quando si trova a dover garantire una serie di obbligazioni non determinate al momento della concessione della fideiussione,anche se determinabili per relationem. Nella fideiussione per obbligazioni future,quale tipicamente è la fideiussione omnibus,deve essere stabilito l’importo massimo garantito (art. 1938). Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca,a semplice richiesta scritta,quanto dovutole essendo così preclusa la possibilità di opporre le eccezioni che spettano al debitore principale per rifiutare di adempiere. L’art. 1956 stabilisce che non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione prevista da tale norme. In caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore,la banca non può perciò continuare a concedergli credito senza ottenere l’autorizzazione per iscritto del fideiussore,anche se le n.b.u. continuano a porre a carico dello stesso l’onere di tenersi informato sulle condizioni patrimoniali del debitore. Passando al pegno omnibus,i beni costituiti in pegno a garanzia di un determinato rapporto possono essere utilizzati dalla banca a garanzia di tutti i crediti,presenti e futuri,vantati dalla stessa nei confronti del cliente. La clausola è valida nei rapporti fra banca e cliente,ma è in opponibile agli altri creditori. 11. Le garanzie bancarie autonome. Fenomeno largamente diffuso è anche l’intervento di una banca come garante. Le garanzie bancarie hanno nomi diversi (performance bond,repayment bond,bid bond) e sono variamente consegnate a seconda dell’operazione garantita. La loro regolamentazione convenzionale ha tuttavia raggiunto un grado sufficiente di standardizzazione e presenta quasi sempre due costanti: a)la banca garante si obbliga a pagare a prima richiesta; b)la banca si obbliga inoltre a pagare se l’obbligazione del debitore non è venuta ad esistenza o è divenuta successivamente impossibile. L’obbligazione di garanzia della banca è del tutto svincolata dall’esistenza,validità e coercibilità del rapporto garantito. La banca infatti non solo copre l’inadempimento del debitore,ma assicura in ogni caso la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario della garanzia. Non mancano d’altro canto rimedi per evitare possibili abusi. Si riconosce infatti che,in caso di comportamento doloso del beneficiario la banca escussa possa (e debba) ottenere,anche con provvedimento di urgenza,la sospensione giudiziale della garanzia,invocando l’exceptio doli. 12. I servizi di custodia. Il deposito di titoli di amministrazione. Due sono le figure specificatamente regolate dal codice: il deposito di titoli in amministrazione (art. 1838) ed il servizio delle cassette di sicurezza (artt. 1839-1841). Nel deposito di titoli in amministrazione la banca,oltre a custodire i titoli ricevuti (deposito regolare),assume anche l’incarico di provvedere all’esercizio di tutti i diritti inerenti ai titoli stessi. Per quanto riguarda gli PAGE 83 L’aspetto delicato della disciplina è costituito dalle clausole che regolano la risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore. È infatti previsto che l’impresa di leasing: 1)ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto anche in caso di mancato pagamento di un solo canone,quale ne sia l’ammontare; 2)ha diritto di trattenere integralmente i canoni riscossi,salvo risarcimento dei danni ulteriori. Merita di essere condivisa la distinzione introdotta dalla Cassazione fra leasing tradizionale o di godimento (beni strumentali di impresa) e leasing impuro o traslativo (beni di consumo durevole). Nel primo sottotipo l’art. 1526 non è applicabile e perciò l’impresa di leasing può senz’altro trattenere i canoni riscossi ed esigere a titolo di risarcimento danni i canoni ulteriori ed il prezzo di opzione. Nel secondo sottotipo,deve invece applicarsi per analogia l’art. 1526: l’utilizzatore dovrà perciò corrispondere solo un equo compenso per l’uso ed il risarcimento dei danni nella misura quantificata dal giudice. Una speciale disciplina è stata infine introdotta nel 2006 per regolare gli effetti del fallimento sui contratti di leasing finanziario pendenti. In caso di fallimento dell’utilizzatore infatti si applica la regola generale secondo cui il contratto rimane sospeso finchè il curatore,con l’autorizzazione del comitato dei creditori,non decide se subentrarvi o risolverlo;quando invece è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa durante il fallimento,il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore decida altrimenti. Se a contrario il curatore opta per lo scioglimento del contratto,il concedente ha diritto alla restituzione del bene e può trattener i canoni già riscossi,che non sono soggetti a revocatoria purchè siano pagati nei termini d’uso. Può inoltre insinuarsi al passivo per il credito vantato alla data del fallimento,decurtato di quanto ricavato eventualmente mediante una nuova allocazione del bene. In caso di fallimento del concedente,invece,il contratto prosegue automaticamente e l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare il bene alla scadenza,previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito. 4. Il leasing operativo. Il lease-back. Nel leasing operativo i beni sono concessi in godimento direttamente dal produttore,che si obbliga anche a fornire una serie di servizi collaterali. Ha in genere per oggetto beni strumentali standardizzati,quali macchine fotocopiatrici o calcolatori elettronici. La durata del contratto è più breve della vita economica del bene ed i canoni sono commisurati al suo valore d’uso. Si ritiene che il contratto rientri nello schema della locazione e resti assoggettato alla relativa disciplina inderogabile,compreso l’art. 1526 qualora sia prevista un’opzione di acquisto alla scadenza del contratto. Nel leasing di ritorno /lease- back) un imprenditore vende propri beni ad una società di leasing che ne paga il prezzo. Nel contempo,quest’ultima stipula con il venditore un contratto di leasing avente per oggetto gli stessi beni. Questi restano perciò nella disponibilità del venditore,che pagherà i canoni di leasing e potrà riacquistarli alla scadenza esercitando la relativa opzione. Il lease-back può quindi costituire un utile strumento di finanziamento alternativo per un imprenditore che si trova in temporanea difficoltà economica. Il lease-back non è infatti assimilabile alla vendita a scopo di garanzia. Ciò in quanto: a)nel lease-back manca un credito preesistente da garantire e soprattutto il bene resta nella disponibilità del venditore; b)la ragione del divieto di patto commissorio è quella di impedire che il debitore sia costretto a concedere in garanzia beni di valore superiore al credito concessogli,mentre nel leasing di PAGE 83 ritorno l’importo è di regola proporzionato al valore del bene trasferito in proprietà all’impresa. Nullità si potrà avere solo quando in concreto risulti una palese sproporzione fra credito garantito e valore del bene trasferito in proprietà alla società di leasing. 5. Il factoring. Il factoring è una nuova tecnica contrattuale di origine statunitense sviluppatasi per rispondere alle specifiche esigenze delle imprese che effettuano continue e consistenti vendite a credito nei confronti di una clientela numerosa e diversificata. Le imprese di factoring sono specializzate nella gestione dei crediti di impresa e offrono con un unico contratto di durata tutti i relativi servizi: tenuta della contabilità debitori;gestione dell’incasso dei crediti e dell’eventuale contenzioso;eventuale concessione di anticipazioni sull’importo dei crediti;eventuale assunzione a proprio carico di rischio di insolvenza. Il cliente che stipula un contratto di factoring può fruire nel tempo di tutte o solo di alcune di tali prestazioni pagando per ciascuna un compenso predeterminato. Nella prassi operativa italiana,il contratto di factoring è stato comunque strutturato utilizzando l’istituto della cessione del credito. Il nucleo essenziale del contratto di factoring è costituito dall’istituto della cessione dei crediti (art. 1260) e più esattamente si è in presenza di una cessione globale di crediti pecuniari futuri. Pertanto,con il contratto di factoring l’imprenditore cedente cede in massa al factor tutti i propri crediti presenti e futuri derivanti da contratti stipulati nell’esercizio dell’impresa o anche solo quelli derivanti da determinate operazioni. Il factor a sua volta si obbliga a gestire e riscuotere i crediti cedutigli,dato che il contratto di factoring non si esaurisce nella sola cessione globale dei crediti ma si caratterizza per la prestazione di ulteriori servizi da parte del factor. Nell’accorso di factoring deve essere specificato il (futuro) debitore ceduto e che la cessione può avere per oggetto solo crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo non superiore a 24 mesi. L’accordo di cessione globale determina l’automatico trasferimento dei crediti futuri al factor ma mano che gli stessi vengano ad esistenza. Il fornitore dovrà consegnare al factor tutti i documenti probatori dei crediti cedutigli e notificare al debitore l’intervenuta cessione nelle forme di diritto comune (art. 1264). La cessione avviene di regola pro solvendo: il cedente garantisce cioè nei limiti del corrispettivo pattuito,la solvenza del debitore ceduto. Inoltre,il relativo importo è di regola messo a disposizione del cedente solo dopo l’incasso. Il cessionario può tuttavia rinunciare,in tutto o in parte, alla garanzia della solvenza (cessione pro soluto). In tal caso il factor assicura al fornitore il pagamento del credito anche in caso di inadempimento del debitore;ed in tale evenienza il relativo importo è messo a disposizione alcuni mesi dopo la scadenza. Il factor può anche concedere anticipazioni sull’ammontare dei crediti ceduti,conteggiando gli interessi per il tempo dell’anticipazione. Le anticipazioni di regola non superano una determinata percentuale del valore nominale del credito ceduto. Inoltre,se la cessione è pro solvendo,le stesse devono essere restituite qualora il debitore non paghi. L’opponibilità ai terzi della cessione è infatti svincolata dalla necessità della notifica giudiziale (art. 1265) quando ricorrono le seguenti condizioni: il factor ha pagato,in tutto o in parte,il corrispettivo della cessione ed il pagamento ha data certa anteriore rispettivamente al titolo di acquisto degli aventi causa del cedente,al pignoramento dei suoi creditori o al PAGE 83 fallimento dello stesso. Specificatamente regolata è infine anche la revocatoria fallimentare dei pagamenti del debitore ceduto all’impresa di factoring. 6. La cartolarizzazione dei crediti. La cessione globale di crediti è ancora l’istituto su cui si fonda la cartolarizzazione dei crediti. L’operazione risponde allo scopo di facilitare lo smobilizzo di masse notevoli di crediti,anche di non agevole realizzazione,mediante l’incorporazione in titoli di credito di massa destinati ad essere per lo più sottoscritti da investitori professionali. Le operazioni di cartolarizzazione sono da noi utilizzate soprattutto dalle banche per smobilizzare masse di crediti in sofferenza e sono realizzabili secondo due modalità: a)cessione dei crediti ad una società veicolo che li acquista finanziandosi con i titoli emessi sul mercato e che vincola al pagamento degli stessi solo la massa dei crediti ceduti; b)cessione dei crediti ad un fondo comune di investimento chiuso avente per oggetto crediti. I caratteri essenziali dell’operazione di cartolarizzazione dei crediti possono essere così fissati: a)la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari esistenti o futuri,eventualmente individuati in blocco,ad una società cha ha per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione; b)l’emissione da parte di tale società di titoli di credito destinati a finanziare l’acquisto del portafoglio crediti ceduto; c)la destinazione esclusiva da parte della società cessionaria delle somme corrisposte dai debitori ceduti al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei relativi crediti,nonché al pagamento dei costi dell’operazione. I titoli emessi sono espressamente qualificati come strumenti finanziari. Se destinati ad essere collocati fra il pubblico,troverà perciò applicazione la disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari. Nel contempo,solo quando i titoli emessi sono offerti a investitori non professionali l’operazione di cartolarizzazione deve essere sottoposta a valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi (agenzie di rating),i cui requisiti di onorabilità e di professionalità sono stabiliti dalla Consob. I titolo emessi dalla società di cartolarizzazione sono integralmente sottratti alla disciplina delle obbligazioni di società ed in particolare ai limiti di emissione rapportati al capitale sociale. Infatti,i crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Nel contempo,i portatori dei titoli sono pienamente tutelati in caso di fallimento dei debitori ceduti in quanto i pagamenti da questi effettuati alla società cessionaria non sono sottoposti a revocatoria fallimentare. E sono parzialmente tutelati anche in caso di fallimento del cedente poiché sono drasticamente abbreviati i termini per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare dei confronti dello stesso. 7. Le carte di credito. Le carte di credito sono documenti che consentono al titolare di acquistare beni o servizi senza pagamento immediato del prezzo. Le carte di credito bilaterali sono rilasciate dalle stesse imprese fornitrici di beni o servizi e consentono di effettuare acquisti in tutti i punti vendita dell’emittente,con differimento del pagamento del prezzo. Le somme dovute sono infatti pagate periodicamente dall’acquirente,previo invio da parte del fornitore di un estratto conto con l’indicazione dell’importo dei singoli acquisti. Più note e di gran lunga più diffuse sono le carte di credito trilaterali. Esse sono emesse da imprese (in PAGE 83 specificazione e sviluppo nella normativa regolamentare emanata dalla Banca d’Italia e dalla Consob. In particolare,gli intermediari devono: a)comportarsi con diligenza,correttezza e trasparenza,nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b)acquisire dai clienti le informazioni necessarie ed operare in modo che gli stessi siano sempre adeguatamente informati; c)utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette,chiare e non fuorvianti; d)disporre di risorse e procedure,anche di controllo interno,idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; e)adottare ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente,o fra i clienti,e gestire tali situazioni in modo da evitare che incidano negativamente sull’interesse dei clienti; f)svolgere una gestione indipendente,sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidato. Altro principio generale è che tutti i contratti relativi a servizi di investimento devono essere redatti in forma scritta a pena di nullità,salvo quelli relativi a consulenza in materia di investimenti. È sancita la nullità relativa delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e per ogni altro onere a suo carico. Infine,nei giudizi per il risarcimento dei danni prodotti nello svolgimento dei servizi,spetta all’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta. L’attuale disciplina fissa per tutti i servizi di investimento il principio che gli strumenti finanziari ed il denaro dei singoli clienti costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e degli altri clienti. Sullo stesso non possono agire i creditori dell’intermediario o dell’eventuale depositario o sub depositario del denaro e degli strumenti finanziari. Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di loro proprietà. Con l’attuazione della direttiva Ce 21-4-2004,n. 39,è stato infatti soppresso il principio che gli intermediari devono eseguire i relativi ordini di acquisto e di vendita del clienti esclusivamente in detti mercati,in modo da garantire loro le migliori condizioni possibili. Sempre come regola generale è stabilito che,nell’offerta al pubblico di servizi fuori sede,la Sim e gli altri soggetti autorizzati devono avvalersi esclusivamente dell’opera di promotori finanziari. L’attività di questa figura di consulenti finanziari può essere svolta esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto. Questi è responsabile in solido degli eventuali danni arrecati a terzi dai promotori di cui si avvale. I promotori finanziari possono essere ausiliari autonomi o subordinati e devono osservare nel rapporti con la clientela le regole di presentazione e di comportamento stabilite dalla Consob,che ha nei loro confronti poteri regolamentari,di controllo ed eroga le relative sanzioni amministrative. È consentita anche la promozione ed il collocamento a distanza con tecniche di comunicazione che non comportano la presenza contemporanea del cliente e del soggetto offerente. Inoltre se il cliente agisce per fini non professionali,trova applicazione la disciplina della commercializzazione a distanza di servizi finanziari nei confronti dei consumatori. 2. La gestione di portafogli. Con tale operazione il cliente affida all’intermediario una determinata somma di denaro perché la investa in strumenti finanziari secondo criteri concordati di colta in volta col cliente o più spesso secondo modelli standardizzati. Gli PAGE 83 strumenti finanziari sono acquistati in nome e per conto del cliente (mandato con rappresentanza) e detenuti in deposito regolare dall’intermediario ,o,previo consenso scritto del cliente,in nome proprio e per conto del cliente (mandato senza rappresentanza). I criteri di gestione possono prevedere una discrezionalità più o meno ampia dello stesso per quanto riguarda le singole operazioni da compiere. Per questa attività,il cui carattere fiduciario risulta particolarmente accentuato,è dettata a salvaguardia del cliente una specifica disciplina,integrativa di quella generale. Il contratto deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità. Il contratto deve inoltre specificare una serie di dati stabiliti dalla Consob con proprio regolamento e,in particolare,le caratteristiche della gestione,le categorie di strumenti finanziari nelle quali può essere investito il patrimonio gestito e la tipologia di operazioni che l’intermediario può effettuare. Se il contratto è concluso fuori sede o con tecniche di comunicazione a distanza,al cliente è riconosciuto lo ius poenitendi. Il contratto acquista infatti efficacia dopo sette giorni dalla sottoscrizione (14 in caso di commercializzazione a distanza con consumatori) ed in tale periodo il cliente può recedere liberamente. Il cliente può sempre impartire istruzioni vincolanti sule operazioni da effettuare e deve poter recedere dal contratto in ogni momento. È nullo ogni patto che deroghi a tale disciplina e la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. Il patrimonio conferito in gestione dal singolo cliente costituisce a tutti gli effetti patrimonio separato da quello dell’impresa di investimento e degli altri clienti. B. GLI ORGANISMI D’INVESTIMENTO COLLETTIVO. 3. Caratteri generali. Gli organismi di investimento collettivo sono organismi con diversa forma giuridica che investono in strumenti finanziari o in altre attività il denaro raccolto fra il pubblico dei risparmiatori operando secondo criteri di gestione fondati sul principio della ripartizione dei rischi. Essi offrono ai risparmiatori uno strumento uno strumento alternativo di investimento più sicuro e conveniente rispetto all’investimento diretto,spesso scoraggiato dalla mancanza di conoscenza tecniche e dal rischio elevato. Consentono infatti una gestione di massa del risparmio raccolto;consentono inoltre di attenuare i rischi dell’investimento azionario attraverso un’opportuna composizione e diversi fazione del portafoglio titoli. Consentono infine un pronto disinvestimento se l’organismo collettivo è di tipo aperto;permettono cioè di ottenere in ogni momento il rimborso del capitale. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) possono assumere nel nostro ordinamento due diverse forme giuridiche: fondi comuni di investimento e società di investimento a capitale variabile (Sicav). In entrambe le configurazioni è presente una s.p.a. che ha per oggetto l’investimento collettivo del risparmio raccolto secondo il principio di ripartizione dei rischi. Nei fondi comuni gli investitori non diventano soci della società che provvede all’investimento collettivo. Le somme versate dagli investitori e le attività in cui le stesse sono investite costituiscono infatti un patrimonio autonomo da quello della società di gestione che lo amministra. Gli investitori ricevono come corrispettivo delle somme versate quote di partecipazione al fondo e non azioni della società di gestione. I fondi comuni di investimento possono essere di tipo aperto o di tipo chiuso. Nei primi i partecipanti possono ottenere in ogni momento il rimborso delle quote di partecipazione. Nei secondi invece il diritto di rimborso è riconosciuto solo a PAGE 83 scadenze predeterminate. Le Sicav sono invece organismi di investimento collettivo di s.p.a. nei quali l’investimento da parte dei risparmiatori avviene attraverso la sottoscrizione delle azioni emesse da tale società. Non si costituisce quindi un patrimonio separato ed è lo stesso patrimonio della società,di cui gli investitori sono soci,ad essere investito in strumenti finanziari o altri beni. La variabilità del capitale consente agli azionisti di recedere in ogni momento senza che occorra deliberare la riduzione di capitale. L’attuale disciplina riserva alle società di gestione del risparmio (Sgr) ed alle Sicav la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio. Tale è il servizio che si realizza attraverso lo svolgimento anche di una sola delle seguenti attività: 1)la promozione,istituzione ed organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; 2)la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento o di Sicav,di propria o altrui istituzione,mediante l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari,crediti,o altri beni mobili o immobili. 4. I fondi comuni di investimento. Struttura. Tipologia. I profili fondamentali possono essere così fissati: a)il fondo comune di investimento è un fondo istituito e gestito nell’interesse dei partecipanti da società specializzate in tale attività e dotate di specifici requisiti; b)il fondo comune è un patrimonio autonomo di pertinenza di una pluralità di partecipanti; c)le somme versate dei partecipanti sono invece investite dalla società di gestione in strumenti finanziari,crediti o altri beni mobili o immobili,secondo quanto specificato da un apposito regolamento di fondo; d)gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide sono custoditi presso una banca che provvede anche ad eseguire le operazioni decise dalla società di gestione; e)le quote di partecipazione sono tutte di uguale valore e attribuiscono uguali diritti; f)le gestione del fondo è sottoposta ad una serie articolata di controlli affidati a soggetti diversi. L’attuale disciplina rimette invece integralmente alla normativa regolamentare del Ministero dell’economia e delle finanze e della Banca d’Italia l’individuazione dei tipi di fondi consentiti. Nei fondi aperti gli investitori possono sottoscrivere in ogni momento quote del fondo,il cui ammontare non è perciò predeterminato al momento della sua istituzione. Nel contempo,i partecipanti hanno diritto di chiedere in ogni momento il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo. I fondi aperti non consentono di convogliare il risparmio verso l’investimento in imprese societarie non quotate i cui titoli non sono di pronto e facile realizzo,né verso lo stabile investimento in immobili. Da qui l’origine dei fondi di investimento chiusi,che si caratterizzano per il fatto che i partecipanti non hanno la libertà di entrata e di uscita propria dei fondi aperti. L’ammontare del fondo è infatti predeterminato al momento della sua istituzione e deve essere raccolto mediante una o più emissioni di quote di partecipazione che devono essere sottoscritte entro il termine massimo di 18 mesi. Nel contempo,il diritto di rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate. I fondi chiusi non possono comunque avere durata superiore a 30 anni. 5. La disciplina. PAGE 83 capitale. La Sicav si differenzia perciò da una comune s.p.a. per il fatto che è una società a capitale variabile. La costituzione delle Sicav deve essere preventivamente autorizzata dalla Banca d’Italia,sentita la Consob. Ai fini dell’autorizzazione è,fra l’altro,richiesto un capitale sociale iniziale non inferiore a quello stabilito in via generale dalla Banca d’Italia (un milione di euro). Il capitale sociale iniziale deve essere interamente versato dai soci fondatori all’atto della costituzione. Non sono ammessi conferimenti in natura. Non è consentita la costituzione per pubblica sottoscrizione. Lo statuto delle Sicav deve contenere indicazioni sui criteri di svolgimento dell’attività di investimento analoghe a quelle previste per il regolamento dei fondi comuni. La Banca d’Italia ne attesta la conformità alle prescrizioni di legge e di regolamento ed ai criteri generali dalla stessa fissati. Anche le Sicav sono tenute a designare la banca presso la quale devono essere depositati gli strumenti finanziari e le disponibilità liquide della società;banca alla quale è estesa la disciplina prevista per la banca depositaria nei fondi comuni. Il capitale di una Sicav è sempre uguale al patrimonio netto detenuto dalla società,valutato secondo i criteri fissati dalla Banca d’Italia. L’aumento di capitale avviene in via continuativa con l’emissione di nuove azioni;emissione che,al pari del rimborso,deve avvenire con la periodicità indicata nello statuto. Il prezzo di emissione è sempre pari alla frazione del patrimonio netto che esse rappresentano. Le azioni devono essere integralmente liberate al momento dell’emissione. Il capitale delle Sicav si riduce per l’esercizio da parte dei soci del diritto di rimborso delle azioni. Ai soci che recedono è rimborsato il valore delle azioni. Per incentivare l’investimento da parte dei risparmiatori,le azioni possono essere nominative o al portatore a scelta del sottoscrittore. Le azioni nominative e al portatore si differenziano però non solo per la legge di circolazione,ma anche per la misura del diritto di voto che attribuiscono. Infatti,mentre per le azioni nominative vale la regola di diritto comunitario (ogni azione attribuisce un voto),le azioni al portatore attribuiscono un solo voto per ogni socio,indipendentemente dal numero di azioni di tale categoria possedute. È possibile convertire in ogni momento azioni di una categoria in azioni dell’altra. Per i titolari di azioni nominative sono previsti specifici obblighi di trasparenza delle partecipazioni rilevanti. Inoltre,solo per le azioni nominative lo statuto può prevedere limiti all’emissione e particolari vincoli di trasferibilità. Lo statuto può prevedere l’esistenza di più comparti di investimento. Ciascun comparto costituisce patrimonio autonomo,distinto a tutti gli effetti da quello degli altri comparti. Non possono essere emesse (altre) categorie speciali di azioni. La Sicav non può acquistare o detenere azioni proprie,né può emettere obbligazioni. La presenza nelle Sicav di una massa mutevole di soci scarsamente propensi a partecipare alle assemblee,la sopra esposta differenzia fra azioni nominativi e azioni al portatore e ha poi ispirato l’introduzione di una specifica disciplina anche per le assemblee delle Sicav: sono soppressi i quorum costitutivi dell’assemblea ordinaria e dell’assemblea straordinaria di seconda convocazione,con la conseguenza che le stesse sono regolarmente costituite e possono deliberare quale che sia la parte del capitale sociale intervenuto;il voto può essere esercitato per corrispondenza se lo statuto lo consente. Al pari dei fondi aperti le Sicav non possono investire il loro patrimonio in beni immobili e diritti reali immobiliari,in crediti e titoli rappresentativi di crediti. Trovano inoltre integrale applicazione i divieti e i limiti fissati per i fondi aperti dalle norme prudenziali della Banca d’Italia in tema di contenimento e frazionamento del rischio. Le Sicav possono anche delegare la PAGE 83 gestione del proprio patrimonio ad una società di gestione del risparmio. Le Sicav in crisi sono soggette ad amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento. C. L’OFFERTA AL PUBBLICO DI PRODOTTI FINANZIARI. 8. Nozione. Disciplina. L’appello al pubblico risparmio per sollecitare la sottoscrizione di prodotti finanziari di nuova emissione (offerta pubblica di sottoscrizione) o l’acquisto di prodotti finanziari già emessi (offerta pubblica di vendita) necessita di una specifica disciplina a tutela del potenziali investitori. In base all’attuale disciplina,costituisce offerta al pubblico di prodotti finanziari “ogni comunicazione rivolta a persone,in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo,che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari”. La disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari non trova però applicazione quando l’offerta è rivolta ai soci investitori qualificati o a un numero di soggetti non superiore a quello indicato dalla Consob o l’ammontare complessivo non supera quello fissato dalla stessa Consob. Coloro che intendono effettuare un’offerta al pubblico di strumenti finanziari devono prima pubblicare un prospetto informativo. Il prospetto non può essere pubblicato finchè non è approvato dalla Consob. Per ottenere l’approvazione è necessario comunicare alla Consob l’intenzione di effettuare l’offerta allegando il prospetto destinato alla pubblicazione. Il prospetto informativo deve contenere le informazioni necessarie “affinché gli investitori possano prevenire a un fondato giudizio sull’investimento proposto,sui diritti ad esso connessi e sui relativi rischi”. Informazioni che vanno presentate in forma chiara,facilmente comprensibile ed analizzabile. Nei casi non previsti dalla normativa comunitaria,il contenuto del prospetto è stabilito dalla Consob. Ai fini dell’approvazione,la Consob verifica la completezza,coerenza e comprensibilità delle informazioni fornite nel prospetto e ne può esigere l’integrazione. Il prospetto è dunque una fonte particolarmente qualificata di informazioni sull’offerta;e la legge riconosce all’investitore il diritto al risarcimento del danno subito per aver fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle stesse. L’azione può essere proposta nei confronti dell’offerente,dell’emittente,dell’eventuale garante,nonché contro le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto. Risponde in solido anche l’intermediario responsabile del collocamento. Costoro possono esonerarsi da responsabilità solo offrendo la non facile prova d’aver adottato “ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso”. L’azione risarcitoria deve essere esercitata entro due anni da quando l’investitore ha scoperto le falsità o le omissioni del prospetto. La pubblicità di qualsiasi tipo concernente l’offerta deve essere effettuata secondo i criteri stabiliti dalla Consob al fine di assicurare la correttezza dell’informazione e la coerenza con il contenuto del prospetto. La relativa documentazione deve essere trasmessa alla Consob contestualmente alla sua diffusione;la Consob ne controlla il contenuto e può sospendere in via cautelare o vietare la diffusione. La Consob è investita di ampi poteri regolamentari al fine di assicurare il corretto svolgimento dell’offerta. Infatti definisce “le modalità di svolgimento dell’offerta anche al fine di assicurare la parità di trattamento tra destinatari”. Individua inoltre “le norme di correttezza PAGE 83 che sono tenuti a osservare l’offerente,l’emittente e chi colloca i prodotti finanziari nonché coloro che si trovano in rapporto di controllo o di collegamento con tali soggetti”. La Consob inoltre è investita di ampi poteri informativi al fine di accertare eventuali violazioni delle norme di legge e regolamentari in tema di offerta; e in tal caso può sospendere in via cautelare o vietare del tutto l’operazione. L’offerta al pubblico di prodotti finanziari è poi assoggettata ad una specifica disciplina integrativa quando presenta i caratteri dell’offerta fuori sede. L’offerta fuori sede di prodotti finanziari è infatti riservata ad intermediari professionali autorizzati allo svolgimento del servizio di collocamento di strumenti finanziari e a loro volta tenuti ad avvalersi dell’opera di promotori finanziari. All’investitore è riconosciuto lo ius poenitendi: l’efficacia dei contratti di collocamento di prodotti finanziari conclusi fuori sede o con tecniche di comunicazione a distanza è sospesa per la durata di sette giorni dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore,che entro tale limite può recedere senza spese né corrispettivo. CAPITOLO 37 MERCATO MOBILIARE E CONTRATTI DI BORSA. 1. Il mercato mobiliare. Il più antico e il più importante mercato mobiliare regolamentato italiano è la borsa valori. In essa vengono negoziati titoli di massa largamente diffusi fra il pubblico ammessi alle quotazioni ed altri strumenti finanziari collegati a titoli quotati. L’attuale disciplina configura l’organizzazione e la gestione dei mercati di strumenti finanziari come attività di impresa esercitata da società per azioni. L’istituzione,l’organizzazione ed il funzionamento di nuovi mercati regolamentati è perciò affidata all’iniziativa privata,previa autorizzazione della Consob. Nel contempo i mercati regolamentati esistenti sono stati privatizzati con la costituzione nel 1998 della Borsa Italiana s.p.a.,che gestisce la Borsa,il Mercato Expandi e il Mercato dei derivati (Idem). A questi mercati,preesistenti alla privatizzazione,si è aggiunto il Mercato MTAX,destinato alla negoziazione di azioni di società di medie dimensioni ad alto potenziale di sviluppo. L’organizzazione e la gestione dei mercati sono disciplinate da un regolamento deliberato dall’assemblea ordinaria della società di gestione sottoposto ad approvazione della Consob. La società di gestione provvede inoltre all’organizzazione ed al funzionamento del mercato e,in particolare,dispone l’ammissione,la sospensione e l’esclusione dalle negoziazioni degli strumenti finanziari e degli operatori,comunicando immediatamente i relativi provvedimenti alla Consob. Verifica inoltre il rispetto del regolamento. La Consob autorizza l’esercizio dell’attività sui mercati regolamentati e cura l’adempimento delle disposizioni comunitarie in materia. Vigila inoltre su quelli esistenti al fine di assicurare la trasparenza del mercato,l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. Vigila anche sulla società di gestione che è altresì assoggettata a revisione contabile obbligatoria. 2. I contratti di borsa. Sono contratti standardizzati che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di un determinato quantitativo di valori mobiliari individuati solo nel genere,la cui esecuzione è differita ad una scadenza predeterminata. Si atteggiano perciò come vendite a termine di azioni o di altri valori mobiliari,in PAGE 83 4. Il riporto. Fra i contratti di borsa rientra anche il riporto,disciplinato dagli artt. 1548-1551. il riporto è il contratto con il quale una parte (il riportato) trasferisce in proprietà all’altra parte (il riportatore) titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo. Nel contempo il riportatore si obbliga a trasferire al riportato,ad una determinata scadenza,la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie,verso il rimborso di un prezzo che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta (art. 1548). Con l’attuale liquidazione a contanti di tutti i contratti di borsa,il riporto,con durata massima di 10 giorni e facoltà di estinzione anticipata,può essere stipulato contestualmente ad un acquisto di azioni per procurarsi,per un breve periodo,le somme necessarie al relativo pagamento,in attesa che un rialzo delle quotazioni renda conveniente la successiva vendita (riporto a contante). La banca è tutelata dall’acquisto immediato di proprietà dei titoli e lucra la differenza fra il prezzo a pronti pagato (finanziamento al cliente) ed il più elevato prezzo a termine che il riportato le dovrà corrispondere alla scadenza per riacquistare la proprietà dei titoli. Il riporto fuori borsa può essere utilizzato anche per acquistare la temporanea disponibilità dei titoli del riportatore. Il prezzo a termine è perciò più basso di quello a pronti,ragion per cui il compenso è pagato dal riportatore al riportato (differenza dei prezzi). Si parla in tal caso di deporto. Il riporto è un contratto reale: si perfeziona cioè con la consegna dei titoli. Nel riporto la posizione del riportato è simile a quella dell’acquirente a termine di titoli di credito. È perciò stabilito che tutti i diritti accessori inerenti ai titoli dati a riporto spettano al riportato,eccezion fatta per il diritto di voto che spetta al riportatore. Se una delle parti si rende inadempiente,l’altra può agire per l’esecuzione coattiva,secondo la disciplina di diritto comune o secondo la speciale disciplina della liquidazione coattiva di borsa se ricorrono i presupposti per l’applicazione di quest’ultimi. CAPITOLO 38 IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE 1. Contratto ed impresa di assicurazione. L’assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore si obbliga,verso pagamento di un premio,a rivalere l’assicurato,entro i limiti convenuti,del danno ad esso prodotto da un sinistro (assicurazione contro i danni);oppure a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita) (art. 1882). L’assicuratore è un imprenditore ed un imprenditore che opera secondo specifiche regole tecniche,basate sul calcolo delle probabilità,che gli consentono di neutralizzare i rischi assunti con i singoli contratti di assicurazione. La situazione muta invece profondamente quando un soggetto assume professionalmente una gran massa di rischi omogenei. È in tal caso applicabile la legge statistica dei grandi numeri che consente di determinare con criteri matematici la probabilità media del verificarsi di un determinato evento. Per ciascuna categoria omogenea di eventi assicurati,l’assicuratore è perciò in grado di stabilire con sufficiente precisione di stabilire quale è il rischio medio che assume col singolo contratto. Essi,per un verso,offrono al singolo assicurato sicurezza di fronte alla possibilità di verificarsi di un determinato evento dannoso. Per un altro verso e nel contempo,consentono all’assicuratore di neutralizzare il rischio assunto con il singolo contratto,distribuendolo sulla massa degli assicurati,nonché di lucrare PAGE 83 la differenza fra i premi riscossi e gli indennizzi corrisposti. Funzione costante del contratto di assicurazione è anche e soprattutto quella di consentire la neutralizzazione del rischio per entrambi i contraenti,attraverso l’inserimento del singolo rischio in una massa di rischi omogenei sistematicamente assunti da un imprenditore che opera secondo i principi propri della tecnica assicurativa. Le imprese di assicurazione sono sottoposte,per il loro rilievo economico e sociale,ad un penetrante controllo pubblico volto a garantire,a tutela degli assicurasti,il rispetto delle regole tecniche dell’assicurazione ed una corretta e prudente gestione degli ingenti mezzi finanziari raccolti fra il pubblico attraverso l’incasso dei premi. Attualmente,l’attività assicurativa può essere esercitata solo da società per azioni,società cooperative per azioni e società di mutua assicurazione. L’inizio dell’attività è subordinato alla preventiva autorizzazione dell’Isvap. Il contratto di assicurazione stipulato con un’impresa non autorizzata è nullo,ma la nullità può essere fatta valere solo dall’assicurato. Le società di assicurazione non possono svolgere altra attività e devono ottenere l’autorizzazione dell’Isvap per poter assumere partecipazioni di controllo in società che svolgono attività diverse da quelle loro consentite. Le imprese di assicurazione devono tenere particolari scritture contabili,sono soggette a revisione contabile obbligatoria,devono redigere i bilanci consolidati di gruppo. Per salvaguardare gli assicurati dal rischio di insolvenza è poi prescritta la costituzione,con i premi raccolti,di speciali fondi per far fronte agli impegni futuri. Sono queste le cosiddette riserve tecniche,costituite da accantonamenti dei premi riscossi e diversamente articolate per il ramo danni ed il ramo vita. Gli importi corrispondenti devono essere investiti in attività che presentano particolare sicurezza di realizzo,predeterminate dall’Isvap. 2. I tipi di assicurazione. Le assicurazioni si distinguono in due grandi categorie: a)assicurazioni contro i danni; b)assicurazioni sulla vita. L’assicurazione contro i danni è denominata dal principio indennitario. L’indennizzo dovuto dall’assicuratore non può cioè superare il danno sofferto dall’assicurato. L’assicurazione sulla vita è invece sottratta all’applicazione del principio indennitario: il capitale o la rendita assicurata possono essere liberamente determinati dalle parti e sono in ogni caso dovuti dall’assicuratore al verificarsi dell’evento previsto. Da qui la previsione nel codice civile di una serie di norme specifiche per l’assicurazione danni (artt. 1904-1918) e per l’assicurazione vita (artt. 1919-1927). 3. La disciplina generale: il rischio e il premio. Il rischio ed il premio sono gli elementi essenziali di ogni contratto di assicurazione. Il rischio è la possibilit5à che si verifichi un determinato evento futuro ed incerto e può variamente atteggiarsi in relazione ai diversi tipi di assicurazione. Il contratto di assicurazione è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto. D’altro canto,se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto questo si scioglie ex lege. Peculiare è innanzitutto la disciplina dettata per le dichiarazione inesatte e le reticenze dell’assicurato che traggono in inganno l’assicuratore sulla reale entità del rischio e quindi sulla congruità del premio richiesto. Se vi è stato dolo o anche solo colpa grave da parte dell’assicurato, l’assicuratore deve richiedere di volersi avvalere di tali forme di tutela entro 3 mesi dalla scoperta dell’inesattezza o della reticenza. Diverse sono però le conseguenze se il sinistro si verifica prima della scadenza di tale termine. Nel PAGE 83 primo caso (annullamento)l’assicurato non dovrà pagare alcun indennizzo. Nel secondo caso invece si ha solo una riduzione proporzionale dell’indennizzo. Una specifica disciplina è poi dettata per l’ipotesi in cui il rischio assicurato diminuisca o si aggravi nel corso del contratto in misura tale da incidere sull’entità del premio pattuito. Il premio è il corrispettivo pagato all’assicuratore. Esso è composto dal premio puro,calcolato secondo criteri matematici,e dal compenso aggiuntivo dovuto all’assicuratore per il servizio reso. Il premio deve essere pagato anticipatamente,in unica soluzione o in rate periodiche. Se il premio non è pagato alle scadenza convenute l’assicurazione resta sospesa ed il contratto si risolve di diritto se,nel termine di sei mesi,l’assicuratore non agisce per la riscossione. Resta in ogni caso fermo il diritto dell’assicuratore all’intero premio relativo al periodo in corso ed la rimborso delle spese. Norme specifiche regolano poi la stipulazione del contratto di assicurazione per l’ipotesi in cui la persona che stipula l’assicurazione (contraente) sia diversa da quella che è titolare della situazione esposta al rischio (assicurato). Il contraente può innanzitutto agire in veste di rappresentante dell’assicurato (in suo nome e per suo conto). In tal caso tutti gli effetti del contratto di assicurazione si producono direttamente in testa all’assicurato: questi è tenuto al pagamento dei premi ed ha diritto al pagamento dell’indennità. Una duplice deroga è tuttavia introdotta dall’art. 1890 alla disciplina generale della rappresentanza (art. 1398) quando il contratto è stipulato da un rappresentante senza poteri. È infatti stabilito che: a)l’interessato può ratificare il contratto anche dopo la scadenza o il verificarsi del sinistro,così fruendo ugualmente della copertura assicurativa; b)il rappresentante senza poteri è tenuto personalmente a pagare i premi e ad osservare gli altri obblighi derivanti dal contratto fin quando l’interessato non abbia ratificato il contratto o non abbia rifiutato la ratifica. L’assicurazione può essere stipulata anche (in nome proprio ma) per conto altrui o per conto di chi spetta (art. 1891);forma quest’ultima alla quale tipicamente si ricorre per assicurare merci per le quali sono stati emessi titoli di credito rappresentativi. I diritti derivanti dal contratto spettante invece all’assicurato,che è persona determinata ed indicata nel contratto nell’assicurazione per conto altrui;è invece persona non indicata nel contratto nell’assicurazione per conto di chi spetta,identificandosi col titolare dell’interesse assicurato al momento del sinistro. In entrambi i casi l’assicuratore può opporre all’assicurato le eccezioni che avrebbe potuto opporre al contraente in dipendenza del contratto. Il contratto di assicurazione è un contratto consensuale,ma deve essere provato per iscritto. L’assicuratore è perciò obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto (art. 1888). La polizza può essere nominativa ed in tal caso ha solo funzione probatoria del contratto. Può essere però all’ordine o al portatore ed in tal caso consente anche il trasferimento del credito verso l’assicuratore,ma con gli effetti propri della cessione (art. 1889). Non si è quindi in presenza di titoli di credito,ma di semplici titoli impropri. 4. L’assicurazione contro i danni. L’assicurazione contro i danni copre i rischi cui sono esposti determinati beni o diritti,anche di credito,dell’assicurato (assicurazione di cose;può coprire anche il rischio cui è esposto l’intero patrimonio dell’assicurato,come si verifica nell’assicurazione della responsabilità civile verso terzi (assicurazione di patrimonio). La disciplina specifica dell’assicurazione contro i danni (artt. 1904-1919) è dominata dal principio indennitario,volto ad evitare che PAGE 83 questi,da provare per iscritto (art. 1919). Diverse rispetto alla disciplina generale (art. 1901) sono anche le conseguenze del mancato pagamento dei premi relativi agli anni successivi e,scaduto il termine di tolleranza previsto dalla polizza,il contratto si risolve di diritto ed i premi pagati restano all’assicuratore. Queste gravi conseguenze per l’assicurato sono tuttavia temperate da due istituti tipici dell’assicurazione sulla vita connessi alla funzione di risparmio della stessa: il riscatto dell’assicurazione e la riduzione della somma assicurata. Il riscatto consente all’assicurato di risolvere il contratto e di riavere una quota sui premi versati (valore di riscatto). Las riduzione gli permette di mantenere in vita il contratto nonostante l’interruzione del pagamento dei premi per una somma assicurata proporzionalmente ridotta. Il diritto di riscatto e di riduzione sorgono sol dopo che sia trascorso un certo numero di anni dalla conclusione del contratto (almeno tre). Figura diffusa di assicurazione sulla vita è l’assicurazione a favore di un terzo beneficiario. Questa assicurazione rientra nella categoria generale dei contratti a favore di un terzo,pur presentando alcune particolarità di disciplina. Il terzo beneficiario può essere designato non solo nel contratto,ma anche con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore o per testamento. La designazione del beneficiario è sempre revocabile con le stesse forme,salvo che il contraente non abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca ed il beneficiario abbia dichiarato di volere profittare del beneficio (art. 1921). La designazione,anche se irrevocabile,non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell’assicurato (art. 1922). Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione. A lui perciò sono opponibili le eccezioni fondate sul contratto di assicurazione,ma anche quelle fondate su altri rapporti fra assicuratore e stipulante. CAPITOLO 39 L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE 1. Nozione. L’associazione in partecipazione è il contratto con il quale una parte (l’associante) attribuisce all’altra (l’associato) una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari,verso il corrispettivo di un determinato apporto (art. 2549). Il contratto permette perciò all’associante di reperire mezzi finanziari per lo svolgimento della propria attività o anche per il compimento di determinate operazioni economiche,senza gravarsi di oneri fissi. Il corrispettivo dell’apporto è infatti costituito da una partecipazione agli eventuali utili. Inoltre l’associato è esposto anche al rischio di perdere il capitale apportato dato che,di regola,partecipa anche alle perdite dell’impresa dell’associante o dell’affare,sia pure solo nei limiti dell’apporto (art. 2553). L’associazione in partecipazione,se determina un cointeressamento dell’associato negli affari dell’associante,non dà vita alla formazione di un patrimonio comune né ad attività economica giuridicamente comune,ma solo a rapporti interni fra gli stessi. L’associante inoltre fa propri gli utili dell’impresa o dell’affare,salvo l’obbligo di corrispondere all’associato la quota di utili pattuita e di restituirgli l’apporto (al netto delle perdite) alla scadenza del contratto. 2. Disciplina. L’attività di impresa o l’affare dedotto in contratto sono e restano imputabili al solo associante. Infatti: PAGE 83 a)i terzi acquistano diritti ed assumono obbligazioni soltanto verso l’associante (art. 2551); b)la gestione dell’impresa o dell’affare spettano esclusivamente allo stesso associante (art. 2552). Nulla impedisce che l’associante attribuisca all’associato il potere di compiere atti di impresa in suo nome e per suo conto,ma in tal caso si ha un distinto rapporto contrattuale che si affianca all’associazione in partecipazione. Estremamente limitati sono i poteri di controllo che la legge riconosce all’associato,pur partecipe del rischio economico dell’impresa o dell’affare. Egli ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto o al rendiconto annuale se la gestione si protrae per più di un anno. I poteri di controllo dell’associato possono essere tuttavia contrattualmente ampliati. Se non p diversamente pattuito,la quota di utili spettante all’associato è proporzionale al valore dell’apporto e gli utili gli devono essere corrisposti con cadenza annuale se la gestione si protrae per più anni. Inoltre,salvo patto contrario,l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili. Le perdite che colpiscono l’associato non possono però superare il valore del suo apporto (art. 2553). Il contratto di associazione in partecipazione può essere stipulato con una pluralità di associati. È però richiesto,salvo patto contrario,il consenso dei precedenti associati (art. 2550) quando l’attribuzione di nuove partecipazioni è successiva alla stipula del contratto originario. Nulla impedisce d’altro canto che la posizione di associato possa essere trasferita. Parte quarta: I TITOLI DI CREDITO CAPITOLO 40 I TITOLI DI CREDITO IN GENERALE 1. Premessa. I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto ad una determinata prestazione. I titoli di credito costituiscono una famiglia varia e composita,perché varie e composite sono le operazioni economiche che determinano la loro emissione e diverso è perciò il contenuto del diritto da ciascuno attribuito. Il codice civile del 1942 ha nel contempo introdotto una disciplina generale dei titoli di credito (artt. 1992-2027). La previsione di regole comuni a tutti i titoli di credito consente di colmare eventuali lacune delle discipline speciali (art. 2001). Risponde inoltre allo scopo di fissare uno statuto generale direttamente applicabile a tutte le nuove figure di titoli di credito che la varia e mutevole realtà economica può creare (titoli atipici). 2. Funzione e caratteri essenziali dei titoli di credito. La loro funzione tipica e costante è infatti quella di rendere più semplice,rapida e sicura la circolazione dei diritti di credito,neutralizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la disciplina della cessione del credito. Le regole di circolazione più semplici e sicure sono certamente quelle previste per i beni mobili: la proprietà dei beni mobili si trasferisce con il semplice consenso e,inoltre,l’acquirente di un bene mobile è tutelato contro il rischio della mancanza di titolarità nel trasferente dalla regola “possesso di buona fede vale titolo”. La finzione giuridica consiste nel ritenere che oggetto di circolazione sia il documento anziché il diritto in esso menzionato. Si tratta però di una finzione che consente di stabilire un collegamento giuridico del PAGE 83 tutto particolare fra documento (bene mobile) e diritto in esso menzionato (entità immateriale) e di superare così in radice tutti gli inconvenienti propri della cessione del credito. Tale collegamento si esprime sinteticamente affermando che nel titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in quattro principi cardine: 1)chi acquista la proprietà del documento (cosa mobile) diventa titolare del diritto in esso menzionato. È questo il principio dell’autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare fissato dall’art. 1994 con norma che sostanzialmente ricalca il principio “possesso in buona fede vale titolo” proprio dei beni mobili. Il possessore in buona fede di un titolo di credito acquista invece il relativo diritto anche se acquista il titolo da un ladro e quindi da chi non è titolare del credito. 2)chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento. Sono questi i principi della letteralità e dell’autonomia in sede di esercizio del diritto cartolare fissati dall’art. 1993. Per contro,chi acquista un titolo di credito acquista un diritto che è autonomo dalla posizione del dante causa anche sotto il profilo del contenuto della pretesa azionabile. A lui sono opponibili solo determinate eccezioni (eccezioni reali),tassativamente indicate dall’art. 1993. 3)chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito,nelle forme prescritte dalla legge è senz’altro legittimato all’esercizio del diritto cartolare. È questa la funzione di legittimazione del titolo di credito fissata dall’art. 1992. Il debitore in base ad un titolo di credito può infatti pagare solo dietro presentazione del titolo ed è d’altro canto dispensato dal controllare la validità e regolarità dei documenti che provano i successivi trasferimenti. 4)i vincoli sul diritto menzionato in titolo di credito devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal titolo (art. 1997). Il titolo di credito è tutto questo,ma anche qualcosa di più in quanto il documento è anche strumento necessario e sufficiente per la circolazione del diritto e la costituzione di vincoli sullo stesso. Il titolo di credito attribuisce perciò a chi lo acquista in sede di circolazione un diritto letterale ed autonomo. Un diritto cioè il cui contenuto è determinato esclusivamente dalla lettera del titolo;un diritto inoltre che è indipendente dalla posizione dei precedenti portatori,sia per quanto riguarda l’acquisto della titolarità del diritto,sia per quanto riguarda il contenuto del diritto acquistato. In estrema sintesi è un documento necessario e sufficiente per la costituzione,la circolazione e l’esercizio del diritto letterale ed autonomo in esso incorporato. 3. La creazione del titolo di credito: rapporto cartolare e rapporto fondamentale. La creazione e il rilascio di un titolo di credito trovano giustificazione in un preesistente rapporto tra emittente e primo prenditore (rapporto fondato o causale) ed in un accordo fra gli stessi con cui si conviene di fissare nel titolo di credito la prestazione dovuta dal primo al secondo in base a tale rapporto (convenzione di rilascio o esecutiva). Il titolo di credito riproduce in forma semplificata e schematizzata l’obbligazione derivante dal rapporto fondamentale. La dichiarazione risultante dal titolo di credito costituisce il rapporto cartolare ed il diritto della stessa riconosciuto al prenditore del titolo il diritto cartolare destinato a circolare. 4. Titoli di credito astratti e causali. La connessione che si instaura fra rapporto fondamentale e rapporto cartolare non è però identica per tutti i titoli di credito. Al riguardo,i titoli di credito possono distinguersi in due grandi categorie: titoli astratti e titoli causali. Sono PAGE 83 un diritto di pegno sul titolo,a garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei confronti del girante. Il giratario acquista perciò un diritto autonomo,sia pure limitato. Al giratario non sono opponibili le eccezioni personali al girante. Il giratario in garanzia può inoltre esercitare tutti i diritti inerenti al titolo per il soddisfacimento del proprio credito verso il girante. 8. I titoli nominativi. I titoli nominativi sono titolo intestati ad una persona determinata. Essi si caratterizzano per il fatto che l’intestazione deve risultare non solo dal titolo,ma anche da un apposito registro tenuto dall’emittente (doppia intestazione). La nominatività è inoltre obbligatoria per le azioni diverse da quelle di risparmio e delle Sicav. E le azioni costituiscono la categoria più diffusa di titoli nominativi,anche se per esse è dettata una discip0lina parzialmente diversa da quella generale. Complesse sono le procedure per il trasferimento della legittimazione nei titoli nominativi. La doppia intestazione del nome dell’acquirente può avvenire secondo due diverse procedure. Una prima procedura prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni (o il rilascio di un nuovo titolo),a cura e sotto la responsabilità dell’emittente (transfert). Il transfert può essere richiesto sia dall’alienante sia dall’acquirente. L’alienante deve esibire il titolo e deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre,mediante certificazione di un notaio,di un agente di cambio o,per le azioni,anche di una banca a ciò autorizzata. L’acquirente che richiede il transfert deve invece esibire il titolo e deve inoltre dimostrare il suo diritto (cioè l’acquisto del titolo),mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un agente di cambio. Nel trasferimento per girata la doppia annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in tempi diversi: l’annotazione sul titolo (girata) è fatta dall’alienante;quella nel registro dell’emittente ad opera di quest’ultimo e si rende necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i relativi diritti. Nel frattempo,l’acquirente può trasferire ad altri il titolo,mediante ulteriore girata,dato che dal documento già risulta l’intestazione a suo favore. La girata deve essere datata,deve contenere l’indicazione del giratario (non può essere perciò in bianco) e deve essere sottoscritta anche da quest’ultimo se il titolo non è interamente liberato. La girata deve inoltre essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio o,per le azioni,anche da un funzionario di banca o da una Sim. La girata di un titolo nominativo attribuisce infatti al possessore solo “la legittimazione ad ottenere la legittimazione”;ad ottenere cioè l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente. Solo in seguito a quest’ultima il giratario consegue la legittimazione all’esercizio dei diritti inerenti al titolo. Per i titoli azionari,la preventiva annotazione nel libro dei soci non è tuttavia necessaria per l’esercizio dei diritti sociali. In base all’attuale disciplina il giratario che si dimostra possessore in base ad una serie continua di girate è legittimato ad esercitare tutti i diritti sociali. Resta tuttavia fermo l’obbligo della società di aggiornare il libro dei soci. 9. L’esercizio del diritto cartolare. La legittimazione. Il possessore qualificato del titolo può far valere il diritto cartolare nei confronti del debitore senza essere tenuto a provare il valido acquisto della proprietà del titolo e il conseguente acquisto della titolarità del diritto. È così spostato sul debitore l’onere di provare il difetto di titolarità,ove intenda resistere alla richiesta di adempimento. Nel contempo,”il debitore,che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore,è liberato anche se PAGE 83 questi non è il titolare del diritto”. E si badi,la liberazione del debitore non è subordinata alla sua buona fede,bensì all’assenza di dolo o colpa grave. 10. Le eccezioni cartolari. Il regime delle eccezioni che il debitore cartolare può opporre al portatore del titolo per sottrarsi al pagamento è fissato dall’art. 1993. Le eccezioni cartolari si distinguono in due grandi categorie: eccezioni reali ed eccezioni personali. Le prime sono opponibili a qualunque portatore del titolo. Le seconde sono invece opponibili solo ad un determinato portatore e non si ripercuotono sugli altri. Danno luogo ad eccezioni reali: a)le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo; b)la falsità della firma,da intendersi nel senso che la sottoscrizione non è giuridicamente riferibile a colui che figura dal titolo come debitore; c)il difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione del titolo; d)la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione. Sono invece eccezioni personali tutte le eccezioni diverse da quelle reali. In particolare vi rientrano: a)le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale che ha dato luogo all’emissione del titolo,opponibili solo al primo prenditore; b)le eccezioni fondate su altri rapporti personali con i precedenti possessori,opponibili solo a colui che è stato parte del relativo rapporto; c)l’eccezione di difetto di titolarità del diritto cartolare,opponibile al possessore del titolo che non ne ha acquistato la proprietà o l’ha successivamente persa. Per le eccezioni personali in senso stretto (difetto di titolarità) è applicabile la regola dettata dall’art. 1994 per l’acquisto a non dominio. L’eccezione di difetto di titolarità è quindi opponibile nei confronti di tutti i successivi possessori in malafede o colpa grave. Condizioni più rigorose sono invece richieste per l’opponibilità ai successivi possessori delle eccezioni personali fondate su rapporti personali. Ciò è possibile solo se l’attuale possessore nell’acquistare il titolo “ha agito intenzionalmente a danno del debitore”. È questa la cosiddetta exceptio doli,che richiede non solo la conoscenza (mala fede) o conoscibilità (colpa grave) dell’eccezione,ma una situazione più grave: il dolo. 11. L’ammortamento. A favore di colui che ha perso il possesso del titolo e la legittimazione sono apprestati rimedi che consentono di svincolare l’esercizio del diritto dal possesso del titolo. Questi rimedi sono diversi per i titoli all’ordine o nominativi e per i titoli al portatore. Per i titoli all’ordine e nominativi è previsto l’istituto dell’ammortamento. È questo uno speciale procedimento diretto ad ottenere la dichiarazione giudiziale che il titolo originario non è più strumento di legittimazione (decreto di ammortamento). Chi ha ottenuto l’ammortamento può infatti esigere il pagamento su presentazione del relativo decreto e,se il titolo non è scaduto,può ottenere dall’emittente un duplicato del titolo perduto. La procedura di ammortamento è ammessa solo in caso di smarrimento,sottrazione o distruzione del titolo e si articola in due fasi: la prima essenziale,la seconda eventuale. Si inizia con la denuncia al debitore della perdita del titolo e con il contestuale ricorso dell’ex possessore al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile;ricorso con il quale si chiede appunto l’ammortamento del titolo. Il presidente del tribunale,dopo gli opportuni accertamenti sommari sulla verità dei fatti e sul diritto del denunciante,pronuncia con decreto l’ammortamento. Il decreto deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e deve essere notificato al debitore,a causa del ricorrente. Solo con la notifica del decreto il debitore non è liberato se paga PAGE 83 al detentore del titolo. Il titolo perde cioè la sua funzione di legittimazione. Il debitore non può però pagare neppure l’ammontare prima che siano decorsi 30 giorni dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale. Entro questo termine,infatti,il terzo detentore del titolo può proporre opposizione contro il decreto di ammortamento depositando il titolo presso la cancelleria del tribunale. Si apre così un ordinario giudizio di cognizione,che ha per oggetto l’accertamento della proprietà del titolo e si chiude con la revoca del decreto se l’opposizione è accolta. La procedura di ammortamento non è ammessa per i titoli al portatore,salvo alcune eccezioni tassativamente previste per i titoli a circolazione ristretta (libretti di deposito e assegni bancari al portatore). Il possessore del titolo al portatore che ne provi la distruzione,ha tuttavia diritto ad ottenere dall’emittente il rilascio di un duplicato o di un titolo equivalente. Nel caso invece di smarrimento o sottrazione del titolo,chi ha subito tali eventi e li abbia denunciati all’emittente,dandone prova,ha diritto alla prestazione,decorso il termine di prescrizione del titolo. Solo così,infatti,il debitore è posto al riparo dal pericolo di un doppio pagamento. 12. Documenti di legittimazione e titoli impropri. I titoli di credito vanno tenuti distinti dai documenti che hanno solo una funzione di legittimazione. L’art. 2002 prevede due categorie di tali documenti: i documenti di legittimazione e i titoli impropri. I primi “servono solo ad identificare l’avente diritto alla prestazione”. Sono documenti di legittimazione,i biglietti di viaggio,di cinema o di teatro,i biglietti della lotteria,gli scontrini di deposito bagagli. Questi documenti legittimano il possessore semplicemente come titolare originario del diritto e non svolgono alcun ruolo ai fini della circolazione dello stesso. Il diritto,quando non è dichiarato incedibile,potrà perciò circolare solo nella forma e con gli effetti propri della cessione. I titolo impropri consentono “il trasferimento dei diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione” ma con gli effetti di quest’ultima. È,ad esempio,titolo improprio ,la polizza di assicurazione all’ordine o al portatore. Ai documenti di legittimazione ed ai titoli impropri non è perciò applicabile la disciplina dei titoli di credito (art. 2002). 13. La gestione accentrata dei titoli di massa. La circolazione dei titoli di credito non è senza pericoli dato il rischio di smarrimento o di furto dei titoli; pericoli che diventano particolarmente accentuati quando si tratta di titoli di massa diffusi fra il pubblico e che formano oggetto di intensa negoziazione. Da qui l’esigenza di rendere più sicuro il mercato dei titoli di massa a larga diffusione,attraverso l’adozione di meccanismi che consentono di ridurre il movimento materiale dei titoli ed i relativi pericoli. In base all’attuale disciplina che sostituisce quella introdotta nel 1986: a)l’attività di gestione accentrata si strumenti finanziari di emittenti privati è esercitata da apposite società per azioni a statuto speciale che operano sotto la vigilanza della Consob e della Banca d’Italia,anche se allo stato l’unico sistema operante è quello gestito dalla società Monte Titoli; b)sono ammessi al sistema azioni ed altri strumenti finanziari di emittenti privati ; PAGE 83 3)l’indicazione del luogo di pagamento. In mancanza,la cambiale tratta è pagabile nel luogo indicato accanto al nome del trattario;il vaglia cambiario,nel luogo di emissione del titolo. La mancanza o l’insufficienza originaria del bollo privano la cambiale della qualità di titolo esecutivo. La successiva regolarizzazione fiscale è comunque necessaria affinché il portatore possa esercitare in giudizio i diritti cambiari. 3. La cambiale in bianco. La cambiale che circola sprovvista di uno o più requisiti essenziali si chiama cambiale in bianco. E perché si possa parlare di titolo di credito cambiario,sia pure in bianco,basta la sola sottoscrizione autografa apposta sull’usuale modulo bollato o anche su un qualsiasi foglio di carta che porti la denominazione “cambiale”. Tutto il resto può essere aggiunto dopo ad opera del prenditore del titolo. Di regola,l’emissione della cambiale in bianco è accompagnata da un accordo di riempimento fra emittente e primo prenditore,con il quale si fissano le modalità del successivo riempimento del titolo. Chi rilascia una cambiale in bianco resta esposto al rischio che la stessa sia riempita dal prenditore in modo difforme da quanto pattuito nell’accordo di riempimento. Tale rischio è limitato se il pagamento della cambiale viene richiesto da colui con cui è intercorso l’accordo di riempimento. Il rischio è ben più grave se l’immediato prenditore,dopo aver completato il titolo in difformità degli accordi,lo giri ad un terzo. L’eccezione di abusivo riempimento è infatti un’eccezione personale. Essa non è opponibile al terzo possessore “a meno che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede”. In difetto di tale prova,il debitore dovrà pagare la cambiale e potrà solo chiedere il risarcimento dei danni all’autore dell’abusivo riempimento. Il portatore decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo tre anni dal giorno di emissione del titolo. Il riempimento tardivo non è però opponibile al portatore di buona fede al quale il titolo sia pervenuto già completo. 4. Capacità e rappresentanza cambiaria. L’assunzione di obbligazione cambiaria costituisce sempre atto accedente l’ordinaria amministrazione. Il rappresentante legale del minore o dell’interdetto può assumere obbligazioni cambiarie in loro nome solo previa autorizzazione del giudice tutelare. Per l’inabilitato ed il minore emancipato non autorizzato all’esercizio di impresa commerciale,è previsto che la loro firma sia accompagnata da quella del curatore con la clausola “per assistenza” o altra equivalente. In mancanza,il curatore è obbligato personalmente. L’obbligazione cambiaria può essere assunta anche a mezzo rappresentante. Questi deve far risultare dal titolo tale sua qualità,utilizzando la formula “per procura” od altra equivalente. Il rappresentante generale di un imprenditore commerciale può assumere obbligazioni cambiarie. Per contro,il rappresentante generale di chi non è imprenditore commerciale non può assumere obbligazioni cambiarie,salvo prova contraria. Il rappresentante cambiario senza poteri (o che ha ecceduto i poteri conferitigli) è per legge “obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio”. Vale a dire,è tenuto al pagamento in luogo del preteso rappresentato. 5. Le obbligazioni cambiarie. Nasce con l’obbligazione del traente o dell’emittente ed altre se ne possono aggiungere durante la vita del titolo. Le obbligazioni cambiarie sono rette da alcuni principi peculiari. Innanzitutto,l’invalidità della singola obbligazione cambiaria non incide sulla validità delle altre. È questo il principio della reciproca indipendenza o autonomia delle obbligazioni cambiarie. Inoltre,tutti PAGE 83 gli obbligati cambiari sono obbligati in solido nei confronti del portatore del titolo alla scadenza. Tuttavia,gli obbligati cambiari non sono obbligati tutti nello stesso modo,sia di fronte al portatore del titolo (rapporti esterni),sia nei rapporti reciproci (rapporti interni). Nei confronti del portatore del titolo,gli obbligati cambiari sono distinti in due categorie: obbligati diretti ed obbligati di regresso. L’azione nei confronti dei primi (azione diretta) non è subordinata a particolari formalità. L’azione nei confronti dei secondi (azione di regresso) presuppone invece il verificarsi di determinate condizioni sostanziali ed è subordinata a specifici adempimenti. Sono obbligati diretti: l’emittente,l’accettante ed i loro avvallanti. Sono obbligati di regresso: il traente,i giranti,i loro avvallanti e l’accettante per intervento. Diversa è anche la posizione degli obbligati cambiari nei rapporti reciproci. Nei rapporti interni infatti gli obbligati cambiari sono disposti per gradi,secondo un ordine tassativamente fissato per legge. Nella cambiale tratta accettata,obbligato di primo grado è l’accettante,obbligato di secondo grado è il traente,obbligato di terzo grado è il primo girante e seguono poi nell’ordine i successivi giranti. Nel vaglia cambiario,obbligato di primo grado è sempre l’emittente,seguono poi i giranti nell’ordine sopra indicato. L’avvallante assume invece un grado cambiario immediatamente successivo a quello dell’obbligato per il quale l’avvallo è stato dato ed identica regola vale per l’accettante per intervento. La graduazione delle obbligazioni cambiarie comporta che,se paga l’obbligato di primo grado,tutti gli altri sono liberati non solo nei confronti del portatore,ma anche nei rapporti interni. La cambiale può contenere anche obbligazioni di pari grado. E ciò si verifica quando più persone assumono la stessa posizione cambiaria: coemittenti,coavvallanti. 6. L’accettazione della cambiale. L’accettazione è la dichiarazione con la quale il trattario si obbliga a pagare la cambiale alla scadenza. Con l’accettazione il trattario diventa obbligato principale e diretto. La presentazione della cambiale per l’accettazione costituisce di regola una facoltà del portatore del titolo ed il traente può anche vietare che la cambiale sia presentata per l’accettazione. La presentazione per l’accettazione è tuttavia obbligatoria: a)nella cambiale a certo tempo a vista; b)quando la presentazione per l’accettazione è prescritta dal traente o da un girante,con eventuale fissazione del termine. La presentazione deve essere scritta sulla cambiale ed è espressa con le parole “accetto”,”visto” o altra equivalente,seguite dalla sottoscrizione del trattario. Vale tuttavia come accettazione anche la semplice sottoscrizione del trattario apposta sulla faccia anteriore della cambiale. L’accettazione deve essere incondizionata. Può essere limitata ad una parte della somma ed in tal caso il portatore potrà agire anticipatamente contro gli obbligati di regresso per la parte residua. Ogni altra modifica apportata dall’accettante al tenore della cambiale consente il regresso anticipato. Il rifiuto di accettazione della cambiale espone gli obbligati di regresso al pagamento prima della scadenza. Per evitare questa conseguenza la legge prevede l’istituto dell’accettazione per intervento.. in caso di rifiuto da parte del trattario,l’accettazione può essere cioè fatta da un terzo. L’accettante per intervento non diventa in alcun caso obbligato principale. Egli è infatti obbligato nello stesso modo di colui per il quale interviene e,nel silenzio,l’accettazione si reputa data per il traente. 7. L’avvallo. L’avvallo è la dichiarazione cambiaria con la quale un soggetto (avvallante) garantisce il pagamento della cambiale per tutta o per parte della somma. PAGE 83 L’avvallo è una tipica garanzia cambiaria. Esso deve risultare dal titolo o dal foglio di allungamento. È espresso con le parole “per avvallo” o altre equivalenti. Vale tuttavia come avvallo la semplice sottoscrizione apposta sulla faccia anteriore del titolo,purchè non si tratti della firma del traente o del trattario,o dell’emittente. L’avvallo può essere dato per uno qualsiasi degli obbligati cambiari e l’avvallante deve indicare per chi l’avvallo è dato. L’individuazione dell’avvallo ha particolare rilievo in quanto “l’avvallante è obbligato nello stesso modo di colui per il quale l’avvallo è stato dato”. Diventa cioè obbligato diretto,se l’avvallato è un obbligato diretto;di regresso se tale è l’avvallato. Nei confronti del portatore del titolo l’avvallante è obbligato in solido con l’avvallato e con gli altri obbligati cambiari al pagamento della cambiale. L’avvallante che paga la cambiale acquista i diritti ad essa inerenti contro l’avvallato e contro coloro che sono obbligati cambiariamente verso quest’ultimo. Ha perciò azione cambiaria di rivalsa per l’intero contro l’avvallato e contro gli obbligati di grado anteriore. L’avvallo può essere prestato anche da più persone congiuntamente per lo stesso obbligato cambiario. Si ha in tal caso la figura del coavvallo. L’avvallo è un’obbligazione di garanzia collegata con quella dell’avvallato,ma è pur sempre un’obbligazione autonoma rispetto a quest’ultima. Infatti,l’obbligazione dell’avvallante “è valida ancorché l’obbligazione garantita sia nulla per qualsiasi altra causa che un vizio di forma”. L’avvallo è perciò una tipica garanzia cambiaria che si differenzia nettamente dalla fideiussione. L’avvallo è una garanzia sostanzialmente autonoma,la fideiussione è invece una garanzia accessoria. Ne consegue che: a)l’avvallo invalido come tale non si converte automaticamente in una fideiussione; b)non sono applicabili all’avvallo le norme proprie della fideiussione che trovano fondamento nel carattere accessorio della relativa garanzia. 8. La circolazione della cambiale. Il trasferimento della cambiale mediante girata può essere escluso dal traente o dall’emittente,apponendo sul titolo la clausola “non all’ordine” o altra equivalente. In tal caso la cambiale è trasferibile solo nella forma e con gli effetti di una cessione ordinaria. La girata deve essere apposta sulla cambiale e deve essere sottoscritta dal girante. Altrimenti la girata è nulla. Anche la girata della cambiale può essere in pieno o in bianco. La girata in bianco,per essere valida,deve essere però scritta esclusivamente a tergo della cambiale o sull’allungamento. La girata deve essere incondizionata e qualsiasi condizione apposta si ha per non scritta. È invece nulla la girata parziale. La disciplina della cambiale si distacca invece da quella generale per quanto riguarda la funzione di garanzia della girata. Nella cambiale il girante risponde per legge,come obbligato di regresso,dell’accettazione e del pagamento della cambiale. Con apposita clausola il girante può esonerarsi da ogni responsabilità cambiaria per l’accettazione e/o per il pagamento. La cambiale può essere girata “per procura” o a titolo di pegno. 9. Il pagamento della cambiale. Legittimato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che giustifica il suo diritto con una serie continua di girate,anche se l’ultima è in bianco. Le girate cancellate si hanno per non scritte. Chi paga alla scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse e se il titolo contiene girate in bianco si presume che il sottoscrittore della girata successiva sia il beneficiario di quella in bianco. Chi paga non è invece tenuto a controllare l’autenticità della firma dei giranti e,più in generale,la validità PAGE 83 possessore della stessa può perciò iniziare la procedura esecutiva sui beni del debitore senza doversi preventivamente munire di un provvedimento giudiziale di condanna. Il portatore della cambiale può avvalersi in alternativa dell’ordinario procedimento di cognizione diretto ad ottenere sentenza di condanna. Su istanza del creditore,il giudice deve infatti emettere sentenza provvisoria di condanna se le eccezioni opposte dal debitore sono di lunga indagine,imponendo al creditore il versamento di una cauzione ove lo ritenga opportuno. Quanto alle eccezioni opponibili nel processo cambiario,anche per la cambiale opera la distinzione fra eccezioni reali ed eccezioni personali. Identico è inoltre il regime di comunicabilità al terzo possessore delle eccezioni personali fondate su rapporti personali. Tipica della cambiale è invece l’ulteriore distinzione fra eccezioni oggettive ed eccezioni soggettive. Sono oggettive quelle che possono essere opposte da tutti gli obbligati cambiari. Sono invece soggettive quelle che possono essere opposte solo da un determinato obbligato. Il binomio eccezioni reali-personali e quello oggettive- soggettive si fonda su criteri diversi. Il primo individua i portatori della cambiale ai quali una data eccezione è opponibile; il secondo individua invece gli obbligati che possono opporla. 13. Le eccezioni extracambiarie. Per realizzare il proprio credito il possessore della cambiale ha perciò a disposizione,oltre le azioni cambiarie,anche l’azione causale nei confronti del debitore che è stato parte del relativo rapporto. L’esercizio dell’azione causale è però subordinato ad una serie di cautele per evitare che il debitore contro cui si agisce con l’azione causale sia esposto al rischio di un doppio pagamento. Per poter esercitare l’azione causale è infatti necessario che: a)siano stati accertati col pretesto la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale; b)il portatore offra al debitore la restituzione della cambiale,depositandola presso la cancelleria del giudice competente; c)il portatore abbia inoltre adempiute tutte le formalità necessarie per conservare al debitore le azioni di regresso che possono competergli. Può infine verificarsi che il portatore della cambiale abbia perduto tutte le azioni cambiarie e non abbia alcuna azione causale da esercitare. In tal caso gli è consentito di agire contro il traente,l’accettante o il girante “per la somma di cui si siano arricchiti ingiustamente a suo danno”. 14. Ammortamento. La disciplina dell’ammortamento della cambiale sostanzialmente coincide con quella dettata in via generale dal codice per i titoli di credito all’ordine. È solo da notare che non è richiesto che l’opponente al decreto di ammortamento depositi il titolo. 15. Le cambiali finanziarie. La loro funzione è quella di offrire alle imprese uno strumento per raccogliere direttamente fra il pubblico capitale di credito a breve termine,alternativo rispetto al ricorso al credito bancario spesso eccessivamente costoso. Sono titoli di credito all’ordine emessi in serie,con scadenza non inferiore a tre mesi e non superiore a 12 mesi dalla data di emissione. La loro struttura è quella del pagherò cambiario,contengono cioè una promessa incondizionata di pagamento da parte dell’emittente. Sono equiparate per ogni effetto di legge alle cambiali ordinarie. La cambiali finanziarie devono avere un taglio minimo non inferiore a 50.000 euro. La denominazione di “cambiali finanziaria” deve essere inserita nel contesto del titolo in aggiunta agli altri requisiti formali. L’omissione comporta perciò nullità della cambiale. Nella cambiale finanziaria PAGE 83 devono essere indicati anche i proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuita;proventi di regola costituiti dalla differenza fra il valore nominale della cambiale e la minor somma corrisposta all’emittente. Le cambiali finanziarie possono essere girate esclusivamente con la clausola “senza garanzia” e quindi senza assunzione di obbligazione cambiaria di regresso da parte del girante. D’altro canto,l’emissione di cambiali finanziarie incontra una serie di limitazioni e cautele volte anche ad assicurare il buon esito delle stesse alla scadenza. In particolare,l’ammontare della raccolta fra il pubblico effettuata mediante cambiali finanziarie,unitamente a quella realizzata mediante obbligazioni o altri strumenti finanziari non può complessivamente superare i limiti fissati dall’art. 2412 per l’emissione di obbligazioni. CAPITOLO 42 L’ASSEGNO BANCARIO 1. Nozione. Caratteri essenziali. L’assegno bancario (chèque) è un titolo di credito che contiene l’ordine incondizionato diretto ad una banca di pagare a vista una somma determinata all’ordine di una determinata persona o al portatore. L’assegno è quindi uno strumento di pagamento alternativo rispetto alla moneta legale. L’assegno bancario è perciò un titolo di credito la cui disciplina nazionale è largamente coincidente in molti paesi europei ed extraeuropei. È redatto dal traente su appositi moduli prestampati fornitigli dalla banca (carnet di assegnai) ed ha la stessa struttura della cambiale tratta. Figurano infatti tre persone: il traente che dà l’ordine di pagamento alla banca e risponde ex lege del mancato pagamento; la banca-trattaria alla quale l’ordine di pagamento è rivolto; il prenditore. L’assegno bancario è un titolo di credito astratto,formale ed esecutivo. Di regola incorpora una pluralità di obbligazioni reciprocamente indipendenti,solidali e disposte per gradi. La disciplina dell’assegno bancario presenta alcune significative differenze rispetto a quella della cambiale tratta. Le principali differenze possono essere così sintetizzate: a)trattario può essere solo una banca; b)il rapporto di provvista fra traente e banca trattaria può essere costituito esclusivamente da fondi disponibili esistenti presso la banca e utilizzabili mediante l’emissione di assegni bancari; c)l’assegno bancario non può essere accettato dalla banca trattaria; d)l’assegno bancario è sempre pagabile a vista e deve inoltre essere presentato per il pagamento entro brevi termini; e)l’assegno bancario è assistito da una particolare disciplina sanzionatoria volta a reprimere l’uso abusivo di assegni bancari. 2. I requisiti dell’assegno bancario. È necessario distinguere i requisiti (formali) di validità dell’assegno bancario dai semplici requisiti di regolarità. La mancanza dei primi comporta che il titolo non vale come assegno bancario. La mancanza dei secondi,invece,espone a sanzioni amministrative pecuniarie. Costituiscono semplici requisiti di regolarità: a)l’esistenza presso la banca trattaria di fondi disponibili ,per una somma almeno pari all’importo dell’assegno emesso; b)l’esistenza di una convenzione,espressa o tacita,che attribuisce al traente il diritto di disporre mediante assegni bancari dei fondi disponibili. PAGE 83 L’emissione di assegni bancari senza l’osservanza delle condizioni in esame configura un illecito,oggi depenalizzato e colpito da sanzioni pecuniarie ed accessorie. Semplice requisito di regolarità è anche l’osservanza delle norme sul bollo. In mancanza,l’assegno bancario perde la qualità di titolo esecutivo. Sono invece requisiti di validità: 1)la denominazione dell’assegno bancario inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui lo stesso è redatto; 2)l’ordine incondizionato di pagare una somma determinata; 3)l’indicazione del trattario può essere solo una banca; 4)l’indicazione del luogo di pagamento,ma in mancanza vale come luogo quello indicato accanto al nome del trattario; 5)la data e il luogo di emissione dell’assegno; 6)la sottoscrizione del traente. 3. La posizione della banca trattaria. Ogni menzione di accettazione apposta sull’assegno della banca trattaria ai ha per non scritta. La banca trattaria non assume quindi in alcun caso la posizione di obbligato cartolare nei confronti del portatore del titolo. Non mancano tuttavia strumenti,legali o convenzionali,che consentono di tutelare,sia pure parzialmente,l’aspettativa del portatore di pagamento dell’assegno. A tal fine la legge assegni prevede l‘istituto del visto. Il visto,scritto sull’assegno e firmato dalla banca,”ha soltanto l’effetto di accertare l’esistenza dei fondi ed impedirne il ritiro da parte del traente prima della scadenza del termine di presentazione”. Il visto ha tuttavia avuto scarsa diffusione,anche perché esso è sottoposto ad un’imposta di bollo suppletiva. Più diffuso è il cosiddetto benefondi. Consiste nella conferma,per lo più telefonica,dell’esistenza dei fondi da parte della banca trattaria,su richiesta della banca cui il titolo è girato per l’incasso. Il benefondi ha il valore di semplice informazione sull’esistenza attuale dei fondi e non comporta alcuna obbligazione extracartolare di pagamento da parte della banca trattaria (benefondi informativo). La banca può però impegnarsi espressamente a bloccare i fondi corrispondenti all’ammontare dell’assegno (benefondi con blocco). In tal caso essa è anche obbligata extracartolarmente a pagare l’assegno qualora risulti regolare. 4. Circolazione. Avallo. L’assegno bancario è normalmente un titolo all’ordine,ma può essere emesso anche al portatore. La circolazione dell’assegno bancario all’ordine è regolata da norme che sostanzialmente coincidono con quelle dettate per la cambiale. In particolare,anche il girante dell’assegno bancario risponde ex lege del pagamento come obbligato di regresso. Sola significativa differenza rispetto alla cambiale è che la girata al trattario vale come quietanza ed estingue il titolo. La circolazione dell’assegno al portatore è regolata dalle disposizioni generali del codice in tema di titoli al portatore. Anche l’assegno bancario può essere garantito mediante avallo,ma si tratta di istituto desueto data la breve vita del titolo. La relativa disciplina coincide con quella della cambiale. È però escluso l’avallo da parte della banca trattaria. 5. Il pagamento dell’assegno. L’eventuale postdatazione dell’assegno non impedisce al portatore di presentarlo anticipatamente per il pagamento,né alla banca di pagarlo. L’assegno bancario non solo è pagabile a vista,ma deve essere presentato per il pagamento,presso lo sportello della banca trattaria indicato nel titolo. Termine che per gli assegni emessi e pagabili in Italia è di otto giorni dalla data di emissione (nello stesso comune in cui fu emesso);di 15 giorni (in altro PAGE 83 Costituiscono invece requisiti formali di validità dell’assegno circolare: 1)la denominazione di assegno circolare inserita nel contesto del titolo; 2)la promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata; 3)l’indicazione del prenditore; 4)l’indicazione della data e del luogo nel quale l’assegno circolare è emesso; 5)la sottoscrizione della banca emittente. Non è invece richiesta l’indicazione del luogo di pagamento. All’assegno circolare si applica la disciplina del vaglia cambiario a vista. Tuttavia: a)la girata a favore dell’emittente estingue il titolo; b)il possessore deve presentare l’assegno per il pagamento entro 30 giorni dall’emissione. Nel contempo,si applica all’assegno circolare parte della disciplina dell’assegno bancario: quella in tema di assegno sbarrato,da accreditare,non trasferibile e turistico;nonché la disciplina dell’ammortamento. Però il prenditore di un assegno circolare non trasferibile,decorsi 20 giorni dalla denuncia dello smarrimento o della sottrazione,può senz’altro ottenerne il pagamento dalla filiale alla quale fu fatta la denuncia. La legge sugli assegni disciplina alcuni titoli speciali di pagamento emessi dalla Banca d’Italia e dai Banchi di Napoli e di Sicilia. Il più diffuso è il vaglia cambiario della Banca d’Italia,largamente utilizzato per i pagamenti della pubblica amministrazione ed in particolare per l’estinzione dei titoli di spesa dello Stato. È questo un titolo di credito all’ordine che contiene la promessa incondizionata della Banca d’Italia di pagare a vista . è rilasciato solo dietro versamento in contanti del relativo importo ed è pagabile presso tutte le filiali della Banca d’Italia. Parte Quinta: LE PROCEDURE CONCORSUALI CAPITOLO 44 LA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE 1. Crisi dell’impresa e procedure concorsuali. La crisi economica dell’impresa è evento di fronte al quale i mezzi di tutela individuati dei creditori previsti dall’ordinamento ed in particolare l’azione esecutiva individuale sui beni del debitore si rivelano strumenti inadeguati ed insufficienti. La sistemazione del dissesto degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali resta affidata agli strumenti di diritto comune ed in particolare alla procedura esecutiva individuale. Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo sono state invece previste speciali procedure,diversamente articolate,denominate procedure concorsuali. La legge regola attualmente cinque procedure concorsuali: 1)il fallimento; 2)il concordato preventivo; 3)la liquidazione coatta amministrativa; 4)l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza; 5)una speciale amministrazione straordinaria accelerata,destinata alle imprese di maggiori dimensioni. Le singole procedure concorsuali condividono alcuni caratteri costanti e comuni che è bene evidenziare subito. Esse sono tutte procedure generali e collettive. Coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore e non solo singoli beni, sono procedure collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore alla data in sui il dissesto è accertato e mirano ad assicurare la parità di trattamento degli stessi(par conditio creditorum). A tal fine le forme ordinarie di PAGE 83 tutela dei creditori sono sostituite ex lege da forme,sia pure diverse,di tutela collettiva. 2. Le singole procedure concorsuali. Queste sono diverse tra loro sotto più profili: presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione;finalità specificatamente perseguit5a e strumenti giuridici utilizzati;autorità investita nella procedura. Gli elementi caratterizzanti le singole procedure concorsuali possono essere così sintetizzati. Il fallimento è il prototipo delle procedure concorsuali. Ad esso sono soggetti gli imprenditori commerciali insolventi. È una procedura giudiziaria che mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente,opportunamente reintegrato,e a ripartirne il ricavato fra i creditori,secondo criteri ispirati dal principio della parità di trattamento. Dopo vari tentativi di riforma non pervenuti ad uno sbocco legislativo,si è infine arrivati ad una profonda revisione della legge fallimentare,dapprima con il d.l. 14-032005,n. 35 che ha ridisegnato radicalmente il concordato preventivo,poi con il d.lgs. 09-01-2006,n. 5,che ha incisivamente innovato la disciplina del fallimento ed ha soppresso l’amministrazione controllata. Maggiore autonomia al curatore nel determinare le modalità di liquidazione del patrimonio,che devono comunque privilegiare la cessione in blocco dell’azienda rispetto alla vendita dei singoli beni. Rafforzamento della funzione del giudice delegato ad organo di sorveglianza. Adeguamento della disciplina fallimentare ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Depotenziamento delle azioni revocatorie fallimentari. Agevolazioni della proposta di concordato fallimentare. Nel contempo,la nuova disciplina mira ad evitare che la crisi d’impresa sfoci in fallimento,e per questa ragione favorisce sotto vari profili gli accordi a ciò diretti. Si inserisce in questo disegno il nuovo concordato preventivo,che non presuppone più necessariamente l’insolvenza dell’imprenditore,bensì solo una situazione di crisi dell’impresa. Può inoltre perseguire la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma. Il concordato preventivo può quindi perseguire a seconda delle circostanze vuoi la liquidazione di tutto il patrimonio,vuoi il ritorno in bonis del debitore e la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dello stesso. Per agevolare l’erogazione di nuovi finanziamenti all’impresa in crisi,si prevede altresì che gli atti compiuti in esecuzione del concordato preventivo non sono soggetti a revocatoria. La liquidazione coatta amministrativa è invece una procedura che trova applicazione,in luogo del fallimento,nei confronti di determinate categorie di imprese che svolgono attività di particolare rilievo economico e sociale. È al pari del fallimento una procedura concorsuale che porta all’eliminazione dell’impresa dal mercato ed alla disgregazione del complesso produttivo,assicurando al contempo il soddisfacimento paritario dei creditori. Si differenzia però dal fallimento perché è una procedura amministrativa ( e non giudiziaria);inoltre può essere disposta dall’autorità di vigilanza anche per cause diverse dall’insolvenza. Nel sistema fin qui delineato si è inserita dal 10979 una nuova procedura concorsuale: l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. L’idea è quella di conciliare il soddisfacimento dei creditori dell’imprenditore insolvente con il salvataggio del complesso produttivo e la conservazione dei posti di lavoro. La disciplina è stata però radicalmente riformata nel 1999. ne è conseguita una procedura concorsuale mista articolata in due fasi. La prima si apre con la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria,che solo PAGE 83 in un secondo momento ammette l’imprenditore all’amministrazione straordinaria vera e propria dopo aver accertato che ricorrono concrete prospettive di riequilibrio economico dell’impresa. Altrimenti dichiara il fallimento. È invece devoluta all’autorità amministrativa (Ministero dello sviluppo economico) la gestione della procedura,che si caratterizza per l’automatica continuazione dell’esercizio dell’impresa insolvente,prima da parte di un commissario giudiziale e poi da parte di un commissario straordinario di nomina ministeriale. L’amministrazione straordinaria si converte in fallimento ove risulti che questi obiettivi non sono realizzabili. Punto critico della procedura di amministrazione straordinaria è perciò l’eccessiva complessità della fase di apertura,volta al preventivo accertamento giudiziario dei requisiti di ammissione. Ne consegue un inevitabile ritardo nell’insediamento del commissario straordinario. Il d.lgs. 23-12-2003,n. 347 ha pertanto introdotto regole speciali per la ristrutturazione delle imprese di maggiori dimensioni. Regole che prevedono l’immediata ammissione dell’impresa all’amministrazione straordinaria da parte del Ministero dello sviluppo economico su semplice richiesta della stessa.,finalizzata a realizzare un piano di risanamento. CAPITOLO 45 IL FALLIMENTO 1. I presupposti del fallimento. I presupposti per la dichiarazione del fallimento sono: a)la qualità di imprenditore commerciale del debitore; b)lo stato di insolvenza dello stesso; c)il superamento di almeno uno dei limiti dimensionali fissati dall’art. 1,l. fall; d)la presenza di inadempimenti complessivamente superiori all’importo fissato dalla legge. In merito al presupposto soggettivo va puntualizzato che l’ambito di applicazione del fallimento subisce una duplice limitazione in quanto: 1)il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di imprenditori commerciali individuate da leggi speciali; 2)il fallimento cede il passo all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi . L’imprenditore versa in stato di insolvenza quando “non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. L’insolvenza si manifesta di regola con l’inadempimento di una o più obbligazioni. L’insolvenza può tuttavia manifestarsi anche indipendentemente dagli inadempimenti,attraverso altri fatti esteriori: pagamenti con mezzi anormali;fuga o latitanza dell’imprenditore;chiusura del locali dell’impresa;trafugamento dell’attivo. È evidente perciò che altro è stato di insolvenza altro è inadempimento. Il primo è una situazione del patrimonio del debitore;il secondo è un fatto che rileva come uno dei possibili indici dello stato di insolvenza. Viceversa l’imprenditore può essere inadempiente senza essere insolvente. Così,non è insolvente l’imprenditore che ha mezzi patrimoniali liquidi e non paga perché ritiene di non dover pagare o trascura per negligenza di pagare. Non è inoltre insolvente l’imprenditore che non paga per cause che comportano solo una temporanea difficoltà di adempimento. In base all’attuale disciplina per aprire il fallimento devono verificarsi entrambe le circostanze. Fin quando i creditori sono soddisfatti ancorché irregolarmente,il dissesto non ha assunto per la PAGE 83 criteri di competenza funzionale e per territorio,il tribunale fallimentare è inoltre competente a decidere su tutte le controversie che derivano dal fallimento. Il giudice delegato vigila sulle operazioni del fallimento e controlla la regolarità della procedura. In particolare: a)nomina e revoca i componenti del comitato dei creditori e,nel caso di inerzia,pone in essere gli atti che rientrano nella competenza di tale organo; b)forma lo stato passivo del fallimento e lo rende esecutivo con proprio decreto; c)autorizza il curatore a stare in giudizio; d)decide sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori; e)emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio. Anche i provvedimenti del giudice delegato sono adottati con decreto motivato,impugnabile con reclamo dinanzi al tribunale fallimentare. Il curatore è l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare,e compie tutte le operazioni della procedura nell’ambito dell funzioni ad esso attribuite. È investito della qualità di pubblico ufficiale per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni. Il curatore viene nominato dal tribunale con la sentenza che dichiara il fallimento,ma conclusa l’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso,i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono chiederne la sostituzione,indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il curatore può essere revocato in orni momento dal tribunale anche d’ufficio. Entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento,il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito,indicando fra l’altro gli atti dello stesso che intende impugnare. La funzione centrale è quella di conservare,gestire e realizzare il patrimonio fallimentare sotto al vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. In particolare,è necessaria l’autorizzazione del comitato dei creditori per gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione,e l’autorizzazione del giudice delegato perché il curatore stia in giudizio come attore o convenuto. Il comitato dei creditori è composto da 3 o 5 membri scelti fra i creditori in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei credit stessi. L’organo è nominato dal giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza di fallimento. Al pari di quanto già visto per il curatore i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi possono effettuare nuove designazioni. Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore,ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge,o su richiesta del tribunale o del giudice delegato. Il parere espresso dal comitato dei creditori è obbligatorio ma per lo più non vincolante,salvo in alcuni casi. Esso autorizza inoltre il curatore a compiere una serie di atti,fra cui in generale tutti gli atti di straordinaria amministrazione,nonché il subentro del curatore nei rapporti contrattuali pendenti. Ha diritto di ispezionare tutti i documenti del fallimento,nonché di chiedere notizie e chiarimenti al curatore ed al fallito. Il comitato deve inoltre essere informato dal curatore nei casi previsti dalla legge. Può presentare istanza al tribunale per la revoca del curatore,e può esercitare l’azione di responsabilità contro il curatore revocato. I suoi componenti sono a loro volta soggetti a responsabilità secondo le regole previste per i sindaci di s.p.a.. Non viene richiamata però la norma sulla PAGE 83 responsabilità dei sindaci per culpa in vigilando,per non disincentivare la partecipazione dei creditori al comitato. Contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori il fallito e ogni interessato può proporre reclamo al giudice delegato entro 8 giorni dalla conoscenza dell’atto. 5. Effetti del fallimento per il fallito: effetti patrimoniali. La dichiarazione di fallimento produce molteplici effetti che investono il fallito,i suoi creditori ed i terzi che hanno avuto rapporti col fallito. Gli effetti nei confronti del fallito possono distinguersi in effetti patrimoniali,personali e penali. Iniziamo dai primi. Con la dichiarazione di fallimento il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità dei suoi beni,che passano al curatore,quale amministratore del patrimonio fallimentare. Lo spossessamento colpisce tutti i beni ed i diritti esistenti nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione di fallimento,eccezion fatta per quelli elencati dall’art. 46: a)i beni e i diritti di natura strettamente personale; b)gli assegni a carattere alimentare,stipendi,pensioni,salari e ciò che il fallito guadagna con la propria attività,nei limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; c)i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli ed i beni costituiti in fondo patrimoniale con i loro frutti; d)le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge. Inoltre,se proprietario della propria abitazione,il fallito ha diritto di continuare ad abitarla fino alla vendita,nei limiti in cui è necessario a lui ed alla sua famiglia. Se privo di mezzi di sussistenza,il fallito può ottenere dal giudice delegato la concessione di un sussidio a titolo di alimenti per sé e per la famiglia. Lo spossessamento si estende ai beni che pervengono al fallito durante il fallimento,a titolo gratuito od oneroso. Per i beni sopravvenuti vanno però addotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione degli stessi,le quali vanno soddisfatte in prededuzione. Il curatore fallimentare può perciò decidere di non acquistare i beni sopravvenuti quando ritenga che il loro valore sia inferiore alle passività da soddisfare ed ai costi per la loro conservazione,dato che in tal caso non riavrebbe alcun incremento della massa attiva. Del pari,il curatore può decidere di non acquistare all’attivo un bene esistente nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione di fallimento,o rinunciare a liquidarlo dopo che è stato appreso alla massa fallimentare,se l’attività di liquidazione appaia manifestatamene antieconomica (derelizione). In questo caso il bene ritorna nella disponibilità del fallito,ed i creditori possono su di esso esercitare azioni esecutive individuali. Con la dichiarazione di fallimento il fallito non perde la capacità di agire,né perde la proprietà dei beni oggetto dello spossessamento,fin quando gli stessi non siano stati trasferiti a terzi con atti di disposizione dell’amministrazione fallimentare. Nulla impedisce al fallito di iniziare una nuova attività di impresa. Gli atti posti in essere dal fallito sono però inefficaci rispetto alla massa dei creditori se hanno per oggetto beni e diritti ricompresi nello spossessamento. Le obbligazioni assunte dal fallito con tali atti potranno essere perciò fatte valere nei suoi confronti solo dopo la chiusura del fallimento,dato che l’inefficacia è relativa e non assoluta. Parimenti inefficaci sono i pagamenti eseguiti dal fallito ed i pagamenti da lui ricevuti dopo la dichiarazione di fallimento. La perdita dell’amministrazione e della disponibilità del patrimonio comporta infine che il fallito non può stare in giudizio,né come attore né come convenuto,nelle cause relative a rapporti patrimoniali compresi nel fallimento. In suo luogo starà in giudizio il curatore. 6. Effetti personali e penali. PAGE 83 Con la dichiarazione di fallimento il fallito vede limitati alcuni diritti civili garantiti dalla Costituzione: il diritto al segreto epistolare ed il diritto alla libertà di movimento. Il fallito è inoltre tenuto a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio e deve presentarsi agli organi della procedura ogni qualvolta è chiamato per fornire informazioni o chiarimenti. Un secondo gruppo di limitazioni riguarda le capacità civili del fallito. Fra l’altro il fallito non può essere amministratore,sindaco,revisore o liquidatore di società;non può essere iscritto nell’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti;non può svolgere la funzione di tutore,arbitro,notaio. Queste restrizioni colpiscono l’imprenditore per il solo fatto d’essere sottoposto a fallimento,e cessano tutte automaticamente con la chiusura. La dichiarazione di fallimento espone infine il fallito a sanzioni penali per fatti compiuti prima del fallimento o anche successivamente e che la legge configura come reati in quanto diretti a recare pregiudizio ai creditori. Sono: a) la bancarotta fraudolenta,che comprende una serie di fatti,elencati dall’art. 216,caratterizzati dal dolo dell’imprenditore; b) la bancarotta semplice,che è reato punito con pene più lievi in quanto riguarda fatti,elencati dall’art. 217,commessi dall’imprenditore solo con colpa, c) il ricorso abusivo al credito,che è il reato di chi ricorre o continua a ricorrere al credito dissimulando il proprio dissesto. La condanna per tali reati comporta,come pena accessoria,il divieto di esercitare un’impresa commerciale propria e di ricoprire uffici direttivi presso qualsiasi impresa,rispettivamente per dieci,due e tre anni. 7. Effetti del fallimento per i creditori. Il fallimento è diretto a soddisfare,secondo il principio di parità di trattamento,tutti coloro che sono creditori del fallito al momento della dichiarazione di fallimento. L’art. 52 dispone perciò che “il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito”. Dalla sua data i creditori del fallito diventano creditori concorsuali. I creditori concorsuali acquistano però il diritto di partecipare alla ripartizione dell’attivo fallimentare solo in seguito all’accertamento giudiziale del loro credito nelle forme stabilite dalla legge fallimentare. Diventano in tal modo creditori concorrenti. Non sono però tutti sullo stesso piano dato che il fallimento non fa venir meno le cause legittime di prelazione precedentemente acquisite. Da qui la distinzione fra i creditori chirografari e creditori privilegiati,garantiti cioè da pegno,ipoteca o privilegio. Il principio della par conditio creditorum non incide sui diritti specifici del creditori privilegiati. Questi hanno infatti diritto di prelazione sul ricavato della vendita del bene oggetto della loro garanzia,per il capitale,gli interessi e le spese. Se in tal modo non sono soddisfatti integralmente,per il residuo concorrono alla pari con i creditori chirografari. I creditori chirografari invece partecipano solo alla ripartizione dell’attivo fallimentare non gravato da vincoli,in proporzione del loro credito e sono quindi soddisfatti tutti nella stessa misura percentuale. Dai creditori concorrenti vanno poi tenuti distinti i creditori della massa. Sono tali coloro i cui crediti devono essere soddisfatti in prededuzione: vale a dire prima dei creditori concorrenti,per intero. Per i titolari di crediti prededucibili non opera quindi la par conditio creditorum nei confronti dei creditori concorsuali. I crediti prededucibili non contestati sono inoltre esonerati dal procedimento di accertamento dei crediti;e se i loro crediti sono anche liquidi ed esigibili possono essere pagati via via che diventano esigibili,al di fuori del procedimento di riparto. Sono crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge,nonché le obbligazioni sorte in occasione o in PAGE 83 1)gli atti a titolo oneroso,compiuti nell’anno anteriore,caratterizzati da una notevole sproporzione fra la prestazione a carico del fallito e quella carico della controparte (vendita di un immobile a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato); 2)i pagamenti di debiti pecuniari,scaduti ed esigibili,effettuati con mezzi anormali di pagamento,sempre se compiuti nell’anno anteriore al fallimento (datio in solutum); 3)i pegni,le anticresi e le ipoteche volontarie costituite,sempre nell’anno anteriore,per debiti preesistenti non scaduti. È forte qui il sospetto che il creditore conosceva lo stato di insolvenza,se ha avvertito il bisogno di tutelarsi prima della scadenza per un credito originariamente non garantito; 4)le garanzie indicate al punto precedente più le ipoteche giudiziarie per debiti preesistenti ma scaduti,poste in essere nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Per tutti questi atti spetterà al terzo convenuto in revocatoria dare la prova,non facile,che ignorava lo stato di insolvenza. La situazione processuale invece si ribalta per la seconda categoria di atti sottoposti a revocatoria giudiziale. È il curatore a dover provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza quando l’atto fu compiuto,trattandosi di atti che rientrano nel normale svolgimento dell’attività dell’imprenditore. Rientrano in tale categoria,purchè compiuti nei 6 mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. a)i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati con mezzi normali; b)gli atti costitutivi di diritti di prelazione per debiti sorti contestualmente; c)ogni altro atto a titolo oneroso. Non sono invece revocabili: 1)i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso; 2)i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro a dipendenti e collaboratori anche non subordinati; 3)le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo,destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti e affini entro il terzo grado. Quando la revoca ha ad oggetto atti che estinguono posizioni passive derivanti da rapporti continuativi o reiterati il creditore è tenuto a restituire al fallito solo l’importo di cui si è complessivamente ridotta l’esposizione debitoria del fallito nel periodo rilevante per la revocatoria (regola del massimo scoperto). Rientrano in questa ipotesi anche le rimesse effettuate su un conto corrente bancario,che sono irrevocabili nei limiti visti in precedenza. Inoltre,non sono revocabili i pagamenti e le garanzie concesse su beni del fallito, posti in essere in esecuzione di un piano di risanamento finanziario dell’impresa,purchè la ragionevolezza del piano sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili ed appartenente ad una delle categorie indicate dalla legge. Analoga esenzione è prevista anche per i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti;nonché per il pagamento,alla scadenza,di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo. Sono inoltre sottratte alla disciplina della revocatoria fallimentare alcune operazioni di finanziamento bancario: 1)per le ipoteche concesse a garanzia di operazioni di credito fondiario,alle opere pubbliche ed agrario e per i pagamenti effettuati dal debitore a fronte dei relativi crediti; PAGE 83 2)per le operazioni di credito su pegno. 9. Rapporti fra coniugi. Il coniuge di un prenditore difficilmente ignora lo stato di insolvenza di questo. Non è raro poi che il coniuge si presti a far da tramite per il compimento di atti pregiudizievoli ai creditori nell’approssimarsi della dichiarazione di fallimento. La disciplina della revocatoria fallimentare è resa più drastica quando i relativi atti di disposizione sono posti in essere fra i coniugi. E ciò sotto un duplice aspetto: a)è eliminato il limite temporale dettato in via generale e possono essere revocati tutti gli atti di disposizione fra coniugi a partire dal momento in cui il fallito aveva iniziato l’esercizio di un’impresa commerciale; b)la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del coniuge è sempre presunta. Sul coniuge del fallito graverà perciò in ogni caso l’onere di provare che ignorava lo stato di insolvenza dello stesso. Con la riforma del 2005 è stata invece soppressa la cosiddetta presunzione muciana. Vale a dire,la regola per la quale i beni acquistati a titolo oneroso dal coniuge del fallito nei 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento si presumevano acquistati con denaro del fallito. 10. Effetti del fallimento sui contratti in corso di esecuzione. L’imprenditore fallito è di regola al centro di una trama di rapporti contrattuali che non hanno ancora avuto esecuzione al momento della dichiarazione di fallimento. La risposta che la legge dà al problema non è unitaria. Le soluzioni prescelte possono tuttavia raggrupparsi in tre categorie. Vi è innanzitutto un gruppo di contratti che si scioglie di diritto a seguito della dichiarazione di fallimento. Rientrano in tale categoria: a)i contratti di borsa a termine su merci o titoli,quelli aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati ed il riporto; b)l’associazione in partecipazione,in caso di fallimento dell’associante; c)i contratti di conto corrente ordinario e bancario,commissione e mandato nel caso di fallimento del mandatario. La finalità liquidativa del fallimento è infatti incompatibile con la reciprocità delle rimesse propria del conto corrente. Fra i contratti che si sciolgono di diritto vi è anche l’appalto. Entro 60 giorni dal fallimento il curatore,previa autorizzazione del comitato dei creditori,può dichiarare di voler subentrare nel contratto offrendo idonee garanzie. Vi è poi un secondo gruppo in quanto per legge tali contratti sono ritenuti vantaggiosi per la massa dei creditori. Perciò il curatore subentra ex lege nel contratto e dovrà adempiere per l’intero e in prededuzione le relative obbligazioni. Rientrano in tale categoria: 1)il contratto di locazione di immobili. Il curatore può però recedere in ogni momento dal contratto corrispondendo (in prededuzione) al locatore un giusto indennizzo per l’anticipato recesso. Nel dissenso delle parti,l’indennizzo è determinato dal giudice delegato. Il curatore può recedere anticipatamente anche in caso di fallimento del locatore. Ma a tutela del conduttore in bonis si prevede che il recesso deve essere dichiarato entro un anno dal fallimento ed ha effetto solo dopo 4 anni dall’apertura della procedura; 2)l’affitto di azienda. Entrambe le parti possono tuttavia recedere entro 60 giorni corrispondendo alla controparte un equo indennizzo; 3)il contratto di assicurazione contro i danni in caso di fallimento dell’assicurato,salvo patto contrario. L’assicuratore può tuttavia recedere dal contratto adducendo che dal fallimento deriva un aggravamento del rischio; PAGE 83 4)il contratto di edizione che però si risolve se entro un anno il curatore non continua l’esercizio dell’impresa editoriale o non la cede ad altro editore; 5)il contratto di cessione di crediti di impresa (factoring),in caso di fallimento del cedente. Il curatore può recedere dal contratto,ma il recesso opera solo per i crediti non ancora sorti alla data della dichiarazione di fallimento; 6)il leasing finanziario,in caso di fallimento del concedente. Vi è infine un terzo gruppo di contratti la cui sorte non è prefissata dalla legge. Restano sospesi in seguito al fallimento di una delle parti e sarà il curatore,con l’autorizzazione del comitato dei creditori,a decidere se sciogliere il contratto o continuarlo. Il contraente in bonis può chiedere al giudice delegato di fissare un termine,non superiore a 60 giorni,decorso il quale il contratto si intende sciolto se il curatore non opta per la continuazione. In caso di scioglimento,il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento. Diventa cioè semplice creditore concorsuale. La riforma del 2006 ha stabilito che questa più elastica soluzione sia di regola residuale e si applichi quindi a tutti i contratti pendenti,anche preliminari,per i quali la legge non preveda diversamente. Rientrano in questa terza categoria: a)la vendita a termine o a rate con riserva di proprietà,ma con una significativa eccezione: il fallimento del venditore non comporta lo scioglimento del contratto; b)i contratti ad esecuzione continuata o periodica,come la somministrazione; c)il preliminare di vendita di immobili (compromesso),fermo restando che per essere opponibile al fallimento il contratto deve essere stato trascritto e la trascrizione deve essere ancora efficace alla data di apertura della procedura; d)il leasing finanziario in caso di fallimento dell’utilizzatore; e)il mandato in caso di fallimento del mandante,ma con una peculiarità. Se il curatore subentra nel contratto,i crediti del mandatario sono sì da soddisfare in prededuzione,ma solo per l’attività compiuta dopo il fallimento. La regola della sospensione del contratto è da ritenere applicabile anche al mandato in rem propriam;il mandato cioè conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi. Fra i contratti che sono soggetti alla regola della sospensione in via residuale meritano di essere ricordati in particolare: l’associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associato; il contratto di agenzia in caso di fallimento del preponente. 11. L’esercizio provvisorio dell’impresa. Con la dichiarazione di fallimento l’attività di impresa si arresta ed i beni aziendali sono destinati ad essere liquidati per soddisfarei creditori. Si può tuttavia avere una continuazione,sia pure provvisoria,dell’attività quando ciò e funzionale ad una migliore liquidazione del complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Due le ipotesi. La prima si ha con la dichiarazione di fallimento. Il tribunale nella sentenza che o dichiara può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa,anche limitatamente a specifici rami dell’azienda. La seconda interviene dopo che è stato nominato il comitato dei creditori. Questo deve infatti pronunciarsi sull’opportunità di continuare o di riprendere,in tutto o in parte,l’esercizio dell’impresa,fissandone anche la durata. La continuazione dell’esercizio dell’impresa è provvedimento che richiede particolare cautela date le conseguenze che la stessa produce per i creditori concorsuali e per l’imprenditore fallito. Durante l’esercizio provvisorio tutti i contratti pendenti proseguono salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli. E le obbligazioni assunte dal curatore per la continuazione PAGE 83 Per favorire ulteriormente la vendita dell’azienda si prevede che: a)l’acquirente non risponde delle obbligazioni pregresse; b)si può convenire con le rappresentanze sindacali che solo una parte dei lavoratori si trasferisca alle dipendenze dell’acquirente; c)i crediti ceduti insieme con l’azienda conservano tutti i privilegi e le garanzie,con relativo grado. Le somme che si rendono via via disponibili sono ripartite fra i creditori ed in questa sede acquista rilievo la distinzione fra crediti prededucibili,crediti privilegiati e crediti chirografari. Innanzitutto,si deve procedere al pagamento dei crediti prededucibili. Le somme necessarie per soddisfarli vengono prelevate dalle disponibilità liquide,con esclusione però di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. I crediti prededucibili liquidi e non contestati vengono soddisfatti man mano che diventano esigibili. Se però l’attivo non è presumibilmente sufficiente,gli stessi sono soddisfatti nell’ambito del procedimento di riparto,secondo i criteri della graduazione tra crediti (prededucibili) privilegiati e chirografari e della par conditio fra creditori di pari grado. Il ricavato della vendita dei beni oggetto di pegno ed ipoteca viene devoluto per il pagamento dei creditori a cui spetta la relativa garanzia. Quanto residua dopo il pagamento dei crediti prededucibili o assistiti da garanzia reale è destinato innanzitutto al pagamento degli altri creditori privilegiati,rispettando l’ordine dei privilegi. Quanto residua ulteriormente è infine destinato al pagamento proporzionale dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati per la parte del loro credito eventualmente rimasta insoddisfatta. Le ripartizioni parziali possono superare l’80% delle somme disponibili. Il 20% deve infatti essere accantonato per eventuali imprevisti,per pagare le spese della procedura e ogni altro credito prededucibili,e per i crediti incerti. 14. La cessazione del fallimento. Oltre che per concordato fallimentare,il fallimento si chiude per: a)mancata presentazione di domande di ammissione allo stato passivo nel termine stabilito dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Il che può verificarsi quando fra il fallito e tutti i suoi creditori è raggiunto un accordo extragiudiziario per il pagamento,di regola in percentuale,di quanto dal primo dovuto; b)pagamento integrale dei creditori ammessi al passivo e di tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione prima che sia compiuta la ripartizione integrale dell’attivo; c)ripartizione integrale dell’attivo. È questa l’ipotesi più frequente in pratica,che lascia i creditori concorrenti parzialmente insoddisfatti; d)impossibilità di continuare utilmente la procedura per insufficienza dell’attivo. La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale,su istanza del curatore,del fallito e di ufficio. È pubblicato nelle forme previste per la sentenza dichiarativa di fallimento ed è impugnabile con reclamo dinanzi alla corte di appello,e successivamente in Cassazione. Gli stessi rimedi sono esperibili anche contro il decreto che respinge la richiesta di chiusura del fallimento. Il decreto di chiusura ha effetto quando non è più impugnabile per scadenza dei termini. Con la chiusura del fallimento decadono gli organi preposti alla procedura e cessano gli effetti del fallimento,sia per il fallito,sia per i creditori. Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento (azioni revocatorie) non possono essere proseguite. Di regola,il PAGE 83 debitore rimane obbligato verso i creditori concorsuali non interamente soddisfatti attraverso il fallimento. Questi ultimi riacquistano perciò la possibilità di proporre azioni esecutive individuali contro l’ex fallito. La liberazione del fallito dai debiti residui può aversi soltanto quando il debitore ottiene l’esdebitazione dal tribunale fallimentare. L’esdebitazione è un beneficio concesso al fallito persona fisica in presenza di particolari condizioni soggettive ed oggettive;quindi ai soli imprenditori: a)che siano meritevoli per aver svolto in modo corretto la propria attività ed aver dimostrato buona condotta ed atteggiamento collaborativi durante la procedura fallimentare, b)il cui fallimento abbia consentito il soddisfacimento almeno parziale dei creditori concorsuali. Quanto ai requisiti di meritevolezza è ammesso al beneficio dell’esdebitazione solo l’imprenditore che: 1)ha cooperato con gli organi della procedura,fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile ed adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; 2)nei dieci anni precedenti non ha beneficiato di altra esdebitazione; 3)non ha distratto l’attivo,o esposto debiti inesistenti,cagionato o aggravato il dissesto del patrimonio o del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; 4)non è stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica,l’industria e il commercio,ed altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività di impresa. In presenza di queste condizioni,il tribunale con lo stesso decreto di chiusura del fallimento dichiara inesigibili nei confronti del debitore i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente. Se non è disposta con il decreto di chiusura,il debitore stesso può presentare istanza di esdebitazione con ricorso al tribunale entro l’anno successivo. Contro il decreto che concede o nega l’esdebitazione qualunque interessato può presentare reclamo alla corte d’appello. Rispetto ai creditori che non hanno partecipato al fallimento,però,l’effetto liberatorio si produce solo per l’eccedenza rispetto alla percentuale attribuita dal fallimento ai creditori concorrenti di pari grado. Sono comunque salvi i diritti vantati dai creditori contro i coobbligati,i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso. Il fallimento chiuso per ripartizione integrale o per insufficienza dell’attivo può essere successivamente riaperto. È necessario però che ricorrano le seguenti condizioni: a)non devono essere trascorsi 5 anni dal decreto di chiusura; b)nel patrimonio del fallito si rinvengono nuove attività che rendono utile la riapertura o,in alternativa,il fallito offre garanzie di pagare almeno il 10% ai creditori vecchi e nuovi. La riapertura del fallimento può essere richiesta dal debitore o da qualsiasi creditore. Al fallimento riaperto concorrono non solo i vecchi creditori,ma anche i nuovi. 15. Il concordato fallimentare. È un istituto che consente all’imprenditore fallito di chiudere definitivamente i rapporti pregressi attraverso il pagamento parziale dei creditori o altra forma di ristrutturazione dei debiti,ottenendo nel contempo la liberazione dei beni soggetti alla procedura fallimentare. La conclusione del concordato fallimentare si atteggia come una fattispecie complessa a formazione progressiva,le cui fasi PAGE 83 essenziali sono: la proposta; l’approvazione della maggioranza dei creditori; l’omologazione da parte del tribunale. La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori,da un terzo,ad anche dal fallito. Creditori e terzi possono proporre il concordato in qualsiasi momento,anche prima che sia reso esecutivo lo stato passivo,purchè sia stata tenuta la contabilità ed i dati contabili risultanti da essa e le altre notizie disponibili che consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Il fallito invece non può proporre il concordato prima che sia trascorso un anno dalla dichiarazione di fallimento e dopo che siano trascorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Il contenuto della proposta di concordato può essere variamente articolato,ed il ventaglio dell opzioni è stato sensibilmente ampliato con la riforma del 2006. l’ipotesi più frequente nella pratica è tuttavia l’offerta di un pagamento in percentuale e dilazionato. Si può proporre la suddivisione dei creditori in classi,secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei,offrendo trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse,purchè non si alteri l’ordine della cause legittime di prelazione. La proposta presentata dai creditori o da un terzo può ulteriormente prevedere che persone diverse dal fallito assumono la veste di obbligato principale per l’adempimento del concordato. In questo caso si ha la figura dell’assuntore del concordato. Può obbligarsi in solido col fallito (accollo cumulativo) o può restare il solo obbligato,se si prevede la liberazione immediata del fallito da ogni debito (accollo liberatorio). L’attuale disciplina puntualizza però che l’assuntore può limitare il proprio impegno ai soli creditori ammessi al passivo o il cui credito è in corso di accertamento al tempo della proposta. Come corrispettivo dell’accollo,all’assuntore viene di regola ceduto tutto l’attivo fallimentare;su di lui grava perciò il rischio della realizzazione dello stesso restando comunque tenuto nei confronti dei creditori adempiere gli obblighi derivanti dal concordato. La proposta di concordato è soggetta al preventivo esame del giudice delegato,tenuto a richiedere il parere vincolante del comitato dei creditori e quello non vincolante del curatore;quest’ultimo riferisce sui presumibili risultati della liquidazione e sulle (eventuali) garanzie offerte dal proponente. Espletati tali adempimenti preliminari,il giudice delegato ordina la comunicazione della proposta e dei relativi pareri ai creditori e fissa il termine entro il quale gli stessi devono far pervenire nella cancelleria del tribunale la loto dichiarazione di dissenso. Hanno diritto di voto i creditori chirografari ammessi al passivo,anche se con riserva,o,se la votazione ha luogo prima che sia stato reso esecutivo lo stato passivo,hanno diritto di voto i creditori chirografari che risultano dall’elenco provvisorio approvato dal giudice delegato. Non possono invece votare i creditori privilegiati,se ad essi si offre l’integrale pagamento,a meno che non rinuncino al privilegio. I creditori privilegiati di cui la proposta di concordato prevede la soddisfazione non integrale sono equiparati ai creditori chirografari per la parte residua del debito. Per l’approvazione della proposta di concordato è richiesto il consenso (anche tacito) dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Se sono previste diverse classi di creditori,è inoltre necessario che il concordato sia approvato dalla maggioranza delle classi. Se il concordato è approvato,su istanza del proponente si apre il giudizio di omologazione del quale è investito il tribunale fallimentare. Il tribunale procede ad un controllo solo di legalità. Valuta cioè la regolarità della procedura e l’esito della votazione,non invece la convenienza per i creditori della proposta. Il concordato PAGE 83 liquidazione della società. Regole più favorevoli al creditore separatista sono invece previste per l’altro tipo di patrimonio destinato previsto dalla legge: il finanziamento destinato (illustrate in precedenza). CAPITOLO 46 IL CONCORDATO PREVENTIVO GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI 1. Il concordato preventivo. Caratteri generali. Presupposti. L’imprenditore che si trova in stato di difficoltà economica,e che supera anche uno solo dei limiti dimensionali fissati dall’art. 1,2° comma,legge fall.,può evitare che la crisi sfoci in fallimento regolando i propri rapporti con i creditori mediante un concordato preventivo. Per stato di crisi si intende sia una difficoltà temporanea e reversibile che non consente all’imprenditore di soddisfare regolarmente i creditori,sia lo stato di insolvenza che giustificherebbe la dichiarazione di fallimento. È perciò una procedura concorsuale alla quale attualmente può essere riconosciuta una duplice finalità. Se la crisi è temporanea e reversibile,essa mira a superare tale situazione attraverso il risanamento economico e finanziario dell’impre3sa. Se la crisi è definitiva e irreversibile,il concordato preventivo può essere attuato prima che sia dichiarato il fallimento e serve ad evitare lo stesso. Il concordato preventivo è un concordato giudiziale e di massa. E al pari del concordato fallimentare libera definitivamente l’imprenditore per la parte eccedente la percentuale concordataria. L’imprenditore non subisce lo spossessamento e conserva,sia pure con particolari cautele,l’amministrazione dei beni e la gestione dell’impresa. Inoltre,il concordato preventivo non deve più condurre alla liquidazione del patrimonio del debitore insolvente per il soddisfacimento dei creditori ma può essere oggi legittimamente impiegato per il risanamento dell’impresa. Costituisce in definitiva un beneficio concesso all’imprenditore per favorire la composizione della crisi mediante una soluzione concordata con i creditori. E neppure è necessario soddisfare per intero i creditori privilegiati. Tali creditori devono però essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto gli stessi potrebbero conseguire,in ragione della loro collocazione preferenziale,sul ricavato in caso di liquidazione. Il concordato può perseguire la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;può consistere in una dilazione dei termini di pagamento,o nel soddisfacimento parziale dei creditori,o entrambe le soluzioni;può disporre l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta ad un assuntore;può infine prevedere la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei,con trattamenti differenziati per le varie classi,purchè non si alteri l’ordine delle cause legittime di prelazione. 2. L’ammissione al concordato. La procedura inizia con la domanda di ammissione del debitore,presentata con ricorso al tribunale competente,per la dichiarazione del fallimento. Alla domanda devono essere allegati: un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale,economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico delle attività con i relativi valori,nonché l’elenco nominativo dei creditori e dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore. La proposta e gli allegati devono inoltre essere accompagnati dalla relazione di un PAGE 83 professionista scelto dal debitore fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili appartenenti alle categorie professionali indicate dalla legge. Il professionista deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del paino. Ricevuta la domanda il tribunale svolge un controllo preliminare volto ad accertare se ricorrono i presupposti richiesti dalla legge per l’ammissione alla procedura. Per le proposte che prevedono la suddivisione in classi dei creditori,il tribunale verifica anche la correttezza dei criteri di formazione e del trattamento delle classi stesse. Se l’accertamento ha esito negativo,il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato;inoltre verifica l’esistenza dei presupposti per dichiarare il fallimento del debitore. Se invece ritiene ammissibile la proposta,il tribunale,con decreto non soggetto a gravame,dichiara aperta la procedura di concordato preventivo. Con lo stesso provvedimento il tribunale designa gli organi della procedura: il giudice delegato,cui è devoluta la direzione della procedura; un commissario giudiziale,che svolge essenzialmente funzioni di vigilanza e di controllo. Il decreto di ammissione è pubblicato nel registro delle imprese. Il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua l’esercizio dell’impresa,sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale. È però necessaria l’autorizzazione del giudice delegato per gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione. Il tribunale può però stabilire un limite di valore al di sotto del quale l’atto può essere compiuto senza autorizzazione. Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza la necessaria autorizzazione scritta del giudice delegato sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori al concordato. Inefficaci sono anche i pagamenti di debiti anteriori alla proposta di concordato compiuti senza l’autorizzazione del giudice delegato. Dalla data della presentazione del ricorso i creditori anteriori al decreto di ammissione alla procedura non possono,a pena di nullità,iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo. Non possono inoltre acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti,salvo che vi sia autorizzazione del giudice delegato. Restano sospese le prescrizioni e non si verificano le decadenze. Inoltre,resta sospeso il corso degli interessi e si producono gli altri effetti per i creditori propri del fallimento. Non trova invece applicazione la disciplina revocatoria fallimentare e non è richiamata la disciplina del fallimento per i contratti in corso di esecuzione. 3. Lo svolgimento della procedura. Intervenuta l’ammissione alla procedura,il procedimento per la concessione del concordato preventivo si articola in due fasi: l’approvazione della proposta da parte dei creditori e la successiva omologazione del concordato da parte del tribunale. Manca il preventivo accertamento giudiziario dello stato passivo. Nel contempo il commissario redige l’inventario del patrimonio del debitore ed una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto,sulla condotta del debitore e sulla proposta di concordato. L’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza dei creditori,presieduta dal giudice delegato. Valgono per l’esclusione dal voto regole identiche a quelle esposte per il concordato fallimentare. Identiche sono pure le maggioranze richieste per l’approvazione del concordato: la maggioranza dei crediti e,in caso di concordato con classi,anche la maggioranza delle classi. Se la proposta è respinta,il tribunale dichiara di ufficio inammissibile la proposta di concordato e su istanza dei creditori o del pubblico ministero e previo accertamento dei relativi presupposti,dichiara il fallimento del debitore con separata sentenza. Se PAGE 83 le maggioranze sono invece raggiunte,si apre il giudizio di omologazione. In sede di omologazione,il tribunale si limita a controllare la regolarità della procedura e l’esito della votazione,ma può spingersi ad un controllo di merito sulla convenienza del concordato quando sul punto è stata sollevata contestazione da parte di un creditore appartenente ad una delle classi dissenzienti. Se i risultati del controllo sono positivi,il tribunale omologa con decreto il concordato. Altrimenti lo respinge. Contro il decreto che omologa o respinge il concordato e l’eventuale sentenza che dichiara il fallimento è possibile proporre reclamo alla corte d’appello. Il concordato preventivo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura della procedura. Restano tuttavia impregiudicati i diritti dei creditori concordatari verso i coobbligati,i fideiussori e gli obbligati in via di regresso. Nel caso di società con soci a responsabilità illimitata,il concordato della società ha efficacia anche per i soci,che restano perciò liberati nei confronti dei creditori sociali per la parte eccedente la percentuale concordataria. 4. Esecuzione. Risoluzione ed annullamento del concordato. Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario giudiziale,secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione. Qualora il concordato consista nella cessione dei beni ai creditori,il tribunale nomina uno o più liquidatori ed un comitato di 3 o 5 creditori per assistere alla liquidazione;determina inoltre le altre modalità della stessa. Il concordato con cessione comporta il conferimento ai creditori stessi di un mandato irrevocabile in rem propriam a liquidare i beni e a ripartirne il ricavato fra di loro. Il concordato preventivo può essere risolto od annullato negli stessi casi previsti per il concordato fallimentare su ricorso di ciascun creditore. L’apertura del fallimento in seguito al mancato perfezionamento del concordato o alla risoluzione dello stesso solleva due delicati problemi. Un primo problema è se i termini a ritroso per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare decorrano dalla data del decreto di ammissione al concordato preventivo o da quella successiva della dichiarazione di fallimento. Prevalente è la prima soluzione. E veniamo al secondo problema. Gli atti legalmente compiuti in esecuzione del concordato preventivo non sono soggetti a revocatoria,e così pure i pagamenti di servizi strumentali all’accesso al concordato. Coloro che sono diventati creditori dell’imprenditore durante la procedura di concordato devono essere considerati nel successivo fallimento creditori della massa (e quindi soddisfatti in prededuzione)o all’opposto devono essere considerati creditori concorsuali (e quindi soddisfatti in percentuale)? Prevalente è l’orientamento che ammette la prededucibilità. 5. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono accordi stipulati fra l’imprenditore ed una maggioranza qualificata di creditori,i quali,una volta pubblicati nel registro delle imprese e ottenuta l’omologazione del tribunale,consentono di porre gli atti compiuti in esecuzione degli stessi al riparo dell’azione revocatoria fallimentare,qualora la crisi non sia superata e sopraggiunga il fallimento. Vanno distinti dal concordato preventivo in quanto non costituiscono un concordato giudiziale e di massa. Non sono concordati giudiziali perché non vengono stipulati nell’ambito di una procedura giudiziale;il tribunale interviene solo dopo la stipulazione in funzione di controllo. Non sono concordati di massa perché,secondo l’opinione prevalente,vincolano solo i creditori che vi aderiscono. PAGE 83 amministrativa di una società non si estende in alcun caso ai soci illimitatamente responsabili della stessa. Nei confronti dei soci a responsabilità illimitata trova tuttavia applicazione la disciplina della revocatoria fallimentare,relativamente agli atti degli stessi compiuti sul patrimonio personale prima dell’apertura della liquidazione coatta della società. 3. Il procedimento. Chiusura. Si sviluppa attraverso le fasi dell’accertamento dello stato passivo,della liquidazione dell’attivo e del riparto del ricavato fra i creditori concorrenti. Tutte queste fasi si svolgono però in sede amministrativa. Per quanto riguarda la formazione dello stato passivo,non è necessaria una domanda di ammissione dei creditori e lo stato passivo è formato di ufficio dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili,dei documenti dell’impresa e delle eventuali osservazioni od istanze dei creditori. Agli stessi il commissario è tenuto a comunicare,entro un mese dalla nomina,le somme risultanti a credito di ciascuno. Manca inoltre una fase di verificazione dello stato passivo. È sempre il commissario liquidatore che,entro 90 giorni dalla data del provvedimento di liquidazione,forma lo stato passivo definitivo e lo deposita nella cancelleria del tribunale,dandone notizia a coloro la cui pretesa non sia stata del tutto o in parte riconosciuta. Col deposito lo stato passivo diventa esecutivo. A questo punto si può aprire una fese contenziosa davanti all’autorità giudiziaria,con la proposizione di opposizioni e di impugnazioni. Alla liquidazione vi provvede il commissario,investito per legge di tutti i poteri necessari e che può procedere in piena libertà,salve le limitazioni stabilite dall’autorità di vigilanza. Per le vendite di immobili e la vendita in blocco di mobili sono però necessari in ogni caso l’autorizzazione di quest’ultima ed il parere del comitato di sorveglianza. Le ripartizioni parziali sono però facoltative e possono essere disposte anche prima che lo stato passivo sia stato reso esecutivo. Prima dell’ultimo riparto,il commissario liquidatore deve sottoporre all’autorità amministrativa di vigilanza il bilancio finale di liquidazione con il conto della gestione ed il piano di riparto fra i creditori. L0autorità di vigilanza ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale. Si può aprire a questo punto un ulteriore fase giudiziaria. Il tribunale può essere infatti investito delle eventuali contestazioni nel termine di 20 giorni,che decorre per i creditori dalla comunicazione dell’avviso di deposito e per ogni altro interessato dall’inserzione dello stesso nella Gazzetta Ufficiale. In mancanza di contestazioni, bilancio finale e piano di riparto si intendono approvati. Il commissario provvede alla ripartizione finale fra i creditori e,se del caso,alla cancellazione della società dal registro delle imprese. La liquidazione coatta amministrativa si può chiudere anche mediante concordato. Presenta però notevoli differenze rispetto al concordato fallimentare e si caratterizza in particolare per il fatto che non è richiesta l’approvazione dei creditori. La proposta di concordato,presentata dall’imprenditore,da uno o più creditori o da un terzo,previa autorizzazione dell’autorità di vigilanza,è infatti approvata direttamente dal tribunale. I creditori possono far valere le loro ragioni solo mediante opposizione presentata al tribunale prima dell’approvazione. CAPITOLO 48 L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE INSOLVENTI 1. Caratteri generali. PAGE 83 L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi risponde all’esigenza di una nuova procedura concorsuale idonea a conciliare il soddisfacimento dei creditori dell’imprenditore con il salvataggio del complesso produttivo in crisi e la conservazione dei posti di lavoro. In base all’attuale disciplina,l’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente “con finalità conservative del patrimonio produttivo,mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali”. L’attuale amministrazione straordinaria si atteggia come una procedura concorsuale nel contempo giudiziaria ed amministrativa,articolata in due fasi: la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria;la successiva eventuale apertura della procedura di amministrazione straordinaria vera e propria,subordinata all’accertamento delle “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”. Competente a disporre l’apertura e la cessazione di questa seconda fase è ancora l’autorità giudiziaria. È invece devoluta all’autorità amministrativa (Ministero dello sviluppo economico) la gestione della procedura che si caratterizza per l’automatica continuazione dell’esercizio dell’impresa insolvente da parte di un commissario straordinario. 2. Presupposti. Dichiarazione di insolvenza. La nuova procedura di amministrazione straordinaria è riservata alle imprese commerciali,anche individuali,soggette a fallimento,che rispondono ai requisiti ed alle condizioni fissati dalla legge. Vale a dire: a)hanno un numero di dipendenti non inferiore a 200 da almeno un anno; b)hanno debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio; c)sono in stato di insolvenza; d)presentano “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico”. Nella prima fase il tribunale si limita ad accertare lo stato di insolvenza e,in presenza dei primi due requisiti sopra indicati,deve astenersi dal dichiarare il fallimento e deve invece emettere una sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza. Si dà così avvio ad un procedimento diretto ad accertare se esistono concrete prospettive di risanamento e che può avere un duplice sbocco: l’apertura dell’amministrazione straordinaria o la dichiarazione di fallimento. Competente a dichiarare lo stato di insolvenza è il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale,che vi provvede di ufficio o su iniziativa degli stessi soggetti legittimati a chiedere la dichiarazione di fallimento. La sentenza è comunicata e resa pubblica con le stesse modalità previste per la dichiarazione di fallimento. È inoltre comunicata antro 3 giorni al Ministero dello sviluppo economico. Con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza il tribunale nomina il giudice delegato,nonché uno o tre commissari giudiziali in conformità delle indicazioni del Ministero dello sviluppo economico se pervenute o automaticamente. Inoltre,dà avvio al procedimento per la formazione dello stato passivo,che con l’attuale disciplina avviene in sede giudiziale secondo le regole proprie del fallimento. Gli effetti della sentenza che accerta lo stato di insolvenza sono però diversi da quelli della dichiarazione di fallimento. L’imprenditore insolvente conserva perciò l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa,che continua sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale e con le limitazioni esposte in sede di concordato preventivo. Il tribunale può tuttavia affidare la gestione dell’impresa al commissario giudiziale. E solo in tal caso l’imprenditore perde PAGE 83 l’amministrazione e la disponibilità di tutto il suo patrimonio. Nel contempo i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali,né possono acquisire diritti di prelazione salvo autorizzazione del giudice delegato. Con la sua autorizzazione,l’imprenditore può pagare i debiti anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza. È infine espressamente stabilito che i crediti sorti per continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono considerati crediti della massa e vanno soddisfatti in prededuzione. Se è dichiarata insolvente una società con soci a responsabilità illimitata,gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza si estendono ai soci illimitatamente responsabili,compresi i soci receduti esclusi o defunti. Si specifica che l’estensione a questi ultimi è possibile solo se la dichiarazione di insolvenza è pronunciata entro l’anno successivo alla data in cui lo scioglimento del rapporto sociale è divenuto opponibile ai terzi e sempre che l’insolvenza della società attenga a debiti contratti prima di tale data. Gli effetti della dichiarazione di insolvenza si estendono altresì ai soci la cui esistenza è accertata dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della società (soci occulti) o anche di una impresa individuale (società occulta). L’estensione può essere richiesta anche dagli altri soci o dal commissario giudiziale. 3. Apertura dell’amministrazione straordinaria. L’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è subordinata all’accertamento che ricorrano “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”. Tale risultato deve potersi realizzare tramite uno dei seguenti indirizzi alternativi: a)cessione dei complessi aziendali,sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno; b)ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa,sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni. Se ritiene che sussistono concrete prospettive di risanamento,il tribunale,con decreto motivato,dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria. Altrimenti,sempre con decreto motivato,dichiara il fallimento. Con il decreto che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria,il tribunale adotta i provvedimenti opportuni per la prosecuzione dell’attività dell’impresa sino alla nomina del commissario straordinario. L’amministrazione straordinaria si svolge infatti ad opera di uno o tre commissari straordinari nominati dal Ministro dello sviluppo economico e che sono sottoposti alla vigilanza dello stesso. Il commissario straordinario ha la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente,nonché degli eventuali soci a responsabilità illimitata ammessi alla procedura. Il Ministro dello sviluppo economico nomina anche un comitato di sorveglianza composto da tre o cinque membri,di cui rispettivamente uno o due creditori chirografari,che esprime pareri sugli atti del commissario nei casi previsti per legge e ogni qualvolta il Ministro lo ritenga opportuno. Per quanto non espressamente previsto si applicano all’amministrazione straordinaria le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa in quanto compatibili. Si producono perciò per l’imprenditore,i creditori ed i terzi gli stessi effetti della dichiarazione di fallimento che conseguono alla liquidazione coatta amministrativa. È poi dettata una specifica disciplina dei contratti in corso di svolgimento,volta ad agevolare la prosecuzione ed il risanamento dell’attività di impresa. Infatti,tutti i contratti continuano ad avere esecuzione fino a quando il commissario straordinario non decide se subentrare nel contratto o scioglierlo. I crediti dei PAGE 83
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