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costituzionalismo meticcio. oltre il colonialismo dei diritti umani, Appunti di Diritto Costituzionale Italiano E Comparato

Bonfiglio, riassunto dell'esame

Tipologia: Appunti

2016/2017
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Caricato il 03/01/2017

federicatrapani
federicatrapani 🇮🇹

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Scarica costituzionalismo meticcio. oltre il colonialismo dei diritti umani e più Appunti in PDF di Diritto Costituzionale Italiano E Comparato solo su Docsity! Costituzionalismo meticcio Oltre il colonialismo dei diritti umani Salvatore Bonfiglio Parte prima I diritti fondamentali visti nell’evoluzione Capitolo primo: I diritti fondamentali tra “natura” e storia 1. Introduzione Nel 2015 si sono celebrati gli Ottocento anni della Magna Carta del 1215, questo è un evento molto importante, in quanto il documento è il primo ad assumere una forma costituzionale. Nella storia conosciamo altri esempi però come la Costituzione o Carta di Medina elaborata da Maometto nel 622. Nonostante tutto la teoria del diritto e dello Stato, prendono forma solo in epoca moderna, con la formazione del moderno concetto di Stato, che a sua volta si afferma basandosi sulla filosofia illuminista e costituzionalista. Il tema dei diritti dell’uomo fu portato all’attenzione pubblica solo dopo la conquista delle Americhe con il caso degli Indios. 2. La concezione universale dei diritti naturali dell’uomo su basi teologiche e morali Francisco De Vittoria nel 1539 formulò la teoria del diritto naturale a tutela degli indios, con l’ausilio delle teorie di d’Aquino, formulò un pensiero in cui sostiene che la natura umana è unica tra gli esseri creati, quindi l’uomo possiede una natura razionale, ma anche un’anima razionale e spirituale, e proprio questo lo rende simile a Dio, in tal modo come ogni uomo, gli Indios sono simili a Dio. Contestualizzando la teoria di de Vittoria possiamo capire quindi che se si riconosce pari dignità oltre che agli individui anche agli Stati, occorre quindi riconoscerla anche per ogni cultura. In maniera particolare de Vittoria riconoscendo agli Indios questo diritto voleva evitare l’attuazione di pratiche considerate disumane, per proteggere quindi gli Indios non solo dai loro simili, ma anche da sé stessi. Parallelamente a questa diffusione di pensiero si unì anche quella religiosa, e de Vittoria si pose a baluardo, sostenendo la libertà di religione, e quindi il diritto degli Indios anche a non voler essere battezzati. Riprendendo Locke, de Vittoria sottolinea che il principio di tolleranza è essenziale è che il riconoscimento del simile e anche dell’altro è alla base della tolleranza. Questo discorso negli anni fu ripreso più volte, soprattutto nel Cinquecento con dei veri e propri dibattiti, poi fu ripreso nel Seicento da Spinoza, Bayle e Locke, elemento chiave però è il principio della tolleranza religiosa, che assunse maggior importanza anche con i bill of rights americani. In particolar modo la carta dei diritti americana sosteneva che l’individuo non è individuo grazie allo Stato, ma grazie al diritto naturale, e per la prima volta in questa carta si legano due principi fondamentali il costituzionalismo e il giusnaturalismo, positivizzando i cardini di quest’ultimo. Nella storia costituzionale statunitense inoltre è importante sottolineare anche la teoria dei diritti innati, che ricorda anche le idee dei livellatori inglesi, che sono conquistati dai coloni con la Guerra di Indipendenza e sono stati tolti ai selvaggi. 3. La concezione razionale dei “diritti naturali” fondata su basi empiriche Ad oggi dall’Inghilterra e dagli Stati uniti ci giunge la distinzione tra “moral rights” e “legal rights”, distinzione che è comparabile con quella classica dei giuristi del continente europeo tra diritti naturali e positivi. Nel sistema del common low questo viene visto in maniera diversa, in quanto i diritti naturali sono diritti degli inglesi, secondo Coke il common law però non poteva essere inteso come fede cieca, in quanto rappresentava un’artificiale perfezione della ragione. Basandosi su questo concetto Coke contestò la pretesa di Giacomo I di essere “giudice” in una delle proprie corti, sottolineando che per essere giudici si dovevano avere le competenze tecniche date dallo studio della materia della legge. Per Coke il giudice doveva essere uno strumento per l’integrazione culturale e istituzionale. Importante è la decisione del 1610, nella quale fu evidenziato che il potere dei giudici era anche quello di controllare gli atti del parlamento. Un altro importante filosofo, Ugo Grozio, ci dà un’importante definizione di jus come una qualità che inerisce una persona, in maniera particolare Grozio sostiene che il diritto naturale non debba trovare giustificazioni in Dio, in quanto esso è indipendente, perché l’ordine naturale è frutto della razionalità umana. Infatti il contratto è stipulato su basi razionali, ma esso comporta, secondo Hobbes, l’alienazione di tutti i diritti naturali, fuorché uno il diritto alla vita. Secondo Locke all’interno dello Stato ci deve essere una divisione dei poteri, la funzione federativa (agire in campo di rapporti internazionali) e la funzione esecutiva deve essere data al Re, la legislativa alla Corona e alle Assemblee, la divisione tra Stato e Chiesa è essenziale, in quanto una cura delle anime non può appartenere alla giurisdizione del magistrato, e la Chiesa deve essere una società libera e volontaria, così che un individuo può decidere di uscire come di rientrare in modo libero. 4. La concezione storico-sociale dei diritti e delle libertà contro i “diritti universali” La Magna Carta, la Petition of Right e gli altri documenti riconducibili alle fonti costituzionali cercano costantemente di effettuare un riadattamento ai diritti, per adattarli al meglio al contesto sociale. In Inghilterra i diritti degli uomini sono andati di pari passo con la rivoluzione, in Francia invece a causa di un diverso contesto sono più astratti, ma sono molto più forti, difatti chiedono una vera e propria rottura con l’ancien régime. Montesquieu approfondisce alcune tematiche come: la natura delle cose, i fattori ambientali, il relativismo dei valori politici la loro incidenza sulle istituzioni e i rapporti sociali, con questi elementi darà vita allo spirito delle leggi. Inoltre si batte in particolar modo per la divisione dei poteri che però non è puramente giuridica, perché gli elementi sono ricondotti agli elementi sociali che li caratterizzano, tuttavia divide: potere legislativo ai nobili e rappresentanti del popolo, e il potere esecutivo dato al monarca. Rousseau invece basa la sua concezione su un governo misto che è fondamento del diritto democratico, che è dato dal principio di uguaglianza, per lui non esistono diritti naturali e quindi il diritto di proprietà non è un diritto naturale, nel suo “Progetto di costituzione per la Corsica” la proprietà dello Stato deve essere più grande e forte possibile, mentre quella del singolo deve essere piccola e debole. Al contrario di Rousseau, Burke, convinto conservatore, prende di mira i diritti naturali secondo la concezione classica e scolastica. 5. La concezione dei diritti di libertà dalla fase proclamazione a quella della loro prima costituzionalizzazione Alla proclamazione dei diritti generali, in Francia la situazione non era molto semplice, vi erano state alcune revisioni costituzionali negli anni 1971, 1973 e 1975, tuttavia nessuna di queste soddisfaceva i diritti naturali. Nelle costituzioni del periodo napoleonico i diritti non apparvero mai, se non nell’Atto addizionale delle costituzioni dell’Impero del 1815 la cui stesura collaborò Benjamin Constant. In questo atto vi era la creazione di un maggiore rigore pubblico. La Restaurazione, infine, non fu intorno all’ancien régime, infatti ci sono molti testi che confermano i diritti di libertà e a formazione degli Stati liberali. Nel 1830 fu instituita la Carta costituzionale monarchica, e nel 1834 fu istituita la prima cattedra proprio per spiegare quest’ultima. In tutta Europa in questi anni ci fu una rapida espansione del costituzionalismo, in maniera particolare in Belgio. La costituzione belga del 1831 prevede un procedimento speciale per la revisione costituzionale. 6. La concezione dei diritti di libertà tra nazionalismi e rigido positivismo giuridico A partire dalla seconda metà del XIX secolo l’idealismo venne sostituito dal naturalismo e la teoria di Darwin fu accettata anche in Germania. Durante questo periodo vi era una divisione tra la destra hegeliana che sostiene che tutto ciò che è reale è razionale, la sinistra hegeliana invece sosteneva che tutto ciò che è razionale è reale, d’altra parte invece gli anti-hegeliani sostengono che la concretezza del sapere scientifico è di ciò che è posto, cioè il dato di fatto. Quest’ultima teoria anti- hegeliana o positivista si sviluppa a partire dalla metà del XIX secolo, tuttavia a prevalere in questo periodo è il formalismo giuridico. Laband coniuga la sua scelta metodologica con i suoi orientamenti politici, di fatto divenne “vero e proprio giurista della corona”, il suo obiettivo era Capitolo Terzo: I diritti fondamentali e l’interpretazione evolutiva dei principi costituzionali 1. Valori, principi costituzionali e canoni interpretativi Nessuna teoria sui diritti umani è autosufficiente in forza dell’autoevidenza dei diritti stessi. I diritti fondamentali vanno disciplinati e soprattutto protetti nei diversi contesti, in conformità ai principi costituzionali, perché non è pensabile un costituzionalismo senza principi né un costituzionalismo senza diritti. I giudici sono coloro che devono garantire il rispetto di questi diritti, così di è andato a formare un dibattito che si basa sul concetto di juristocracy. In maniera particolare questo ha preso vita negli Stati Uniti, in quanto la Corte Suprema ha un eccesso di attivismo e secondo alcuni costituisce una minaccia. In Italia il dibattito sul ruolo delle corti costituzionali è vivissimo, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, anni in cui avviene una riesaminazione del peso politico delle sentenze della corte costituzionale, la quale tende a esercitare una funzione di suppellenza nei confronti del parlamento. Negli anni Novanta invece la situazione cambiò in quanto si ritiene eccessivo l’attivismo dei giudici da parte di chi vorrebbe difendere la democrazia politica dalla judicial dictactorship dal governo dei custodi. Per interpretare la costituzione gli operatori utilizzano alcuni principi che sono interni al dover essere giuridico, l’aderenza a quest’ultimi mantiene ferma l’autonomia del giudizio. L’attività del giudice che deve interpretare le leggi è comunque un’attività creativa in quanto richiede l’interpretazione del testo e del contesto. I canoni interpretativi più utilizzati sono due: • la ragionevolezza: criterio di ottimizzazione della tutela • la proporzionalità: in senso stretto Tuttavia il modello più utilizzato resta quello della proporzionalità, questi criteri però dovrebbero essere utilizzati assieme per evitare di sacrificare il nucleo essenziale dei diritti. La tecnica più giusta da utilizzare però è quella del bilanciamento non solo tra interessi, ma anche tra principi contrapposti, arrivando a porre il problema dell’individuazione dei principi supremi. A volte però effettuando il bilanciamento si arriva a perdere di vista quello che è il valore fondamentale: la dignità umana esteso a concetto di libertà ed eguaglianza. Il problema a cui l’interprete rischia di incorrere più spesso è dato dalla consapevolezza che la realtà effettuale cambia in relazione al contesto sociale, difatti il giudice deve essere conscio che nel momento in cui sostiene il suo lavoro mette in gioco il suo ruolo sociale e la sua autonomia giurisdizionale. In alcuni casi la responsabilità del giudice però è elevata, ossia quando vi sono alcune lacune. In Italia un esempio emblematico di questa responsabilità è costituito dal caso Englaro. Nella sentenza del 4 Ottobre 2007 la Corte di Cassazione sostiene che a causa di una lacuna nella legge non può applicare la costituzione. Questo caso è l’evidente conseguenza della mancata disciplina da parte del legislatore statale del cosiddetto testamento biologico. I Giudici qui hanno dovuto colmare una lacuna giuridica, infatti se il legislatore non interviene non possono che essere la corte di cassazione e la corte costituzionale ad intervenire e a far valere la tutela del nuovo diritto, in tal modo la corte costituzionale ha modificato questa parte della costituzione, anche la corte europea ha dovuto trovare una soluzione in merito conformandosi anch’essa. Da tutto ciò si evince il potere della costituzione e del supremo valore della dignità umana sul potere politico, tuttavia è importante sottolineare che a fondamento di questa vi è il consenso e in modo democratico il dissenso. Infatti in alcuni ordinamenti è prevista la dissenting opinion, negli USA le sentenze della corte suprema non sono prese necessariamente all’unanimità oltre ai consenzienti sono resi pubblici i nomi dei giudici che non approvano, questo è previsto anche in alcuni ordinamenti europei come in Germania e in Spagna, mentre in Italia sono state effettuate delle proposte per la sua eventuale riduzione. La principale funzione della dissenting opinion è quella di mettere in evidenza i difetti dell’orientamento della maggioranza, un esempio può essere quello di Curtis e McLean che manifestarono il loro dissenso nel caso Dred Scott vs Sanford. In conclusione la dissenting opinion è importante, perché apre la strada a quello che in un futuro potrebbe essere un ipotetico cambiamento, in più i principi e le linee guida devono evolversi così come le leggi stesse ed è per questo motivo che i principi stessi sopravvivono nel tempo. 2. Interpretazione evolutiva del principio di eguaglianza All’interno di una società moderna come la nostra è essenziale che vi siano i due principi fondamentali che stanno alla base di una buona vita collettiva cioè il principio di libertà e quello di eguaglianza. A volte però è difficile garantire a tutti questi diritti a causa del contesto sociale in cui siamo inseriti, così si creano i diritti sociali che hanno un loro specifico valore strumentale, cioè contribuiscono a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, infatti davanti alle disuguaglianze il diritto deve fornire uguali possibilità a tutti. 3. l’homo oeconomicus nella società liquida Un grande ostacolo alla promozione delle uguali opportunità può derivare dall’incapacità degli Stati e delle organizzazioni internazionali di fare i conti con il primato dell’economia sulla politica e sul diritto e delle connesse libertà economiche sui diritti sociali. Da questo capiamo che lo stato pone l’economia politica come una scienza sovrana da cui tutti dobbiamo dipendere, tuttavia non ci sono essenzialmente problemi, tranne che quando si parla delle istituzioni economiche indipendentemente dai problemi di sussistenza dell’uomo , questo disagio cresce come conseguenza delle cicliche crisi economiche. 4. Il velo islamico e il fondamento della ragione Oggi il tema dell’uguaglianza risulta essere sempre più complesso in quanto la maggior parte delle società si presentano come multiculturali. Nell’Ottobre del 1989 in Germania cadeva il muro di Berlino e in Francia invece si creava una crepa nel nome della laicità dello stato, in quanto veniva impedito di entrare in classe alle ragazze mussulmane che decidevano di non togliersi il velo. Successivamente sono state approvate due leggi una nel 2004 che vietava nelle scuole primarie e secondarie di indossare indumenti che ostentino l’appartenenza religiosa, la seconda nel 2010 che sanciva il divieto assoluto di portare il velo integrale. Queste leggi ed in maniera particolare quella del 2004 hanno in comune la caratteristica di dividere. A favore della manifestazione della propria religione si è battuta Amnesty International, poiché gli individui devono poter mostrare chi sono liberamente, e se si sentono di voler mostrare a tutti la loro religione devono poterlo fare. In Germania al contrario della Francia, vige il principio di neutralità. 5. Applicazione del principio di eguaglianza agli stranieri quindi attualmente avendo società multiculturali si ha il bisogno di reinterpretare i principi costituzionali, in grado di favorire la coesione sociale. Per quanto riguarda questa tematica in Italia l’art 35 comma 4 della costituzione riconosce la libertà di emigrazione, l’articolo si riferisce ai cittadini italiani all’esterno, e non menziona minimamente l’immigrazione, in quanto al tempo della nascita della costituzione l’Italia era uno di quei paesi che usciva quasi completamente distrutto dalla Seconda Guerra Mondiale e in quel momento nessuno pensò che gli individui nel futuro avrebbero voluto essere integrati nel nostro paese. Ovviamente ad oggi quest’articolo viene allargato e non inteso più nel senso stretto, per cui è ambivalente. Attualmente a causa dell’immigrazione quindi la Corte costituzionale italiana ha decretato che la dignità della persona e il principio di uguaglianza riguardano anche gli stranieri nonostante l’art 3 della costituzione fa riferimento solo ai cittadini, questo è stato decretato dalla sentenza 120/1967. Infatti a partire dal 1979 l’art 3 è stato modificato sottolineando che agli stranieri appartengono gli stessi diritti. Tuttavia negli anni Novanta questa situazione aveva ancora delle crepe in quanto comunque il giudice delle leggi aveva ammesso che nelle regole fondamentali ci fossero alcune ragionevoli differenziazioni poste tra lo straniero ed il cittadino, ma con la sentenza 198/2000 anche questo concetto è stato del tutto modificato. Oggi però l’immigrazione costituisce un problema che gli stati ancora non si decidono ad affrontare in quanto si è arrivati ad assumere istanze di chiusura nazionalistica, l’emblema di questa situazione lo possiamo ritrovare nell’elezioni al parlamento europeo del 2014 che ha rafforzato quei partiti che soprattutto in Francia e Regno Unito si sono messi a baluardo di questa teoria. 6. Il principio lavorista e la partecipazione come diritto sociale fondamentale esteso a tutti i lavoratori italiani e stranieri. Il fenomeno della migrazione quindi è un fenomeno che fin ora è stato sottovalutato di fatti ad oggi gli stati iniziano a porsi problemi che prima non si erano posti. Ad esempio in Italia la costituzione sancisce che per essere integrato un individuo deve svolgere un lavoro, poiché esso contribuisce allo sviluppo della persona. 7. Per una cittadinanza dei diritti fondamentali La cittadinanza sociale non corrisponde alla cittadinanza giuridica, essa non si risolve più come ius sanguinis o ius soli come condizione necessaria per il godimento dei diritti, ad oggi con la creazione delle società multietniche lo Stato dovrebbe concedere la cittadinanza a tutti coloro che decidono di stabilirsi ed operare all’interno di un paese. In Italia la corte costituzionale ha già accolto un criterio di cittadinanza effettiva nella sentenza 24 Giugno 2010 n227. Il problema della cittadinanza aperta e inclusiva però riguarda anche gli stranieri residenti legalmente nel territorio dell’Unione per lungo tempo. Al riguardo il consiglio europeo di Tampere 15/16 Ottobre 1999 aveva raccomandato che gli stati membri pervenissero ad un accordo in modo tale da riconoscere la cittadinanza dell’unione. Oltre al riconoscimento dei diritti sociali agli stranieri soggiornati in Italia da due anni o che abbiano contribuito alla capacità contributiva, potrebbero riuscire ad ottenere anche il permesso di partecipare alla vita politica ed ottenere il tanto agognato diritto di voto. Se questo vale per gli immigrati adulti, per i bambini bisognerebbe attuare una politica ancora più delicata, conferendo una cittadinanza italiana per nascita e introducendo una cittadinanza data da un determinato percorso scolastico. 8. Dalla retorica dei diritti universali alla cittadinanza europea interculturale L’interpretazione evolutiva dei diritti universali e dei principi costituzionali ci aiuta a definire quelli che sono ad oggi i diritti umani. Sul finire della guerra fredda in Jugoslavia e in Ruanda vi è stata la creazione di dei tribunali ad hoc istituiti dal consiglio di sicurezza delle nazioni unite. In particolar modo i fatti accaduti in Ruanda il negazionismo nei confronti del genocidio ha comportato un vero e proprio bisogno nello stabilire i diritti. Da qui si è avuta poi la necessità di creare una forte e indipendente corte la international criminal court in grado di essere un deterrente alle atrocità future e di dare validità al regime dei diritti umani. Questa corte attua la sua giurisdizione per quanto riguardano coloro che commettono un reato all’interno dello Stato Parte o da un cittadino di Stato Parte. Lo statuto dell’ICC è entrato in vigore a partire dal 1 Luglio 2002. Attualmente il glocalismo è utile, perché contribuisce a deideologizzare e localizzare i diritti umani positivizzandoli attraverso principi. L’Unione Europea fino a pochi anni fa era sprovvista di una costituzione sua vera e propria. Così creò un sistema di principi fondamentali non scritti costituiti dai diritti fondamentali, al riguardo si può dire che questo è un tipico caso di costituzionalismo meticcio. Parte Terza I diritti fondamentali nella ricerca interculturale tra teoria generale e comparazione giuridica. Capitolo Quarto: I diritti fondamentali tra relativismo culturale e comparazione giuridica 1. Principio pluralista e relativismo culturale Per rafforzare i principi dei diritti dell’uomo servono alcune teorie trovate mediante la ricerca interculturale. In un mondo in cui la globalizzazione sta diventando sempre più “assordante” non si possono riconoscere i diritti umani senza prima deideologizzare la stessa cultura dei diritti umani in modo tale che non sia identificabile. Sin dal 1966 la cultura è considerata come un elemento degno di protezione giuridica, tuttavia purtroppo ancora oggi ci sono Stati che manifestano ostilità nei confronti del pluralismo culturale e della valorizzazione delle diversità. La deideologizzazione presuppone la tolleranza e il rispetto dell’altro ma anche l’etica alla reciprocità. Non esistono valori oggettivi e valori assoluti, poiché ovviamente a causa delle diversità culturali non possiamo definirli, perché non si può creare un metro di misura. Non risulta essere minimamente strano vedere all’interno dei dialoghi multiculturali elementi di ricchezza. Le diversità sono oggetto di proprietà privata all’inizio veniva riconosciuta come un diritto inviolabile ora viene proprio riconosciuta e garantita dalla legge. Con l’evoluzione scientifica i diritti fondamentali hanno cambiato pelle anche in relazione all’influenza che ha l’innovazione scientifica stessa. I diritti fondamentali possono cambiare e possono nascerne di nuovi, come il diritto alla riservatezza, che non è soltanto libertà negativa, esso è un diritto funzionale al libero esplicarsi di una persona. Nella società digitale il diritto alla privacy ha un contenuto maggiore non solo per quanto riguarda l’estensione domestica ma anche oltre. Vale la pena ricordare che l’attuazione scientifica e tecnologica pone questioni nuove, in quanto le nuove innovazioni possono portare questioni di disuguaglianza, basti pensare alle madri surrogate, e qui si viene meno al principio generale mater sempre certa est. Uno degli aspetti più critici è quello relativo al riconoscimento giuridico, tuttavia questo è solo un esempio se ne potrebbero fare molti altri anche prendendo spunto dai cambi di sesso, dal diritto ad una morte dignitosa ecc. Capitolo Quinto: Il diritto e la Costituzione come esperienza storico culturale 1. Per una concezione “impura” del diritto. Oltre il positivismo teorico e metodologico Il carattere evolutivo dei diritti fondamentali conferma il bisogno dell’unione tra materie di diritto con le scienze sociali, la forma pura di diritto esclude ogni possibilità dell’inserimento di rapporti sociali. Kelsen in maniera particolare ci porta una teoria della forma pura di diritto che si basa sul diritto positivo, cioè razionalizza in senso formale e astratto l’oggetto del diritto con l’obiettivo di depurarlo sia dai contenuti empirici sia dai valori della morale e della giustizia. Tuttavia tutta questa purezza non può essere considerata come un bene, in quanto restringe il campo dell’interpretazione e anche degli strumenti per l’analisi. A partire dal 1930 Kelsen analizza quella che già sarà la sconfitta della democrazia in Germania, e qui abbiamo come elemento chiave la testimonianza di Treves, che nel 1933 fa pubblicare in Italia, prima che in Germania uno scritto di Kelsen in cui si batteva contro il nazionalsocialismo a favore della democrazia. Heller critica la concezione pura del diritto, perché essa sottolinea quello che è un positivismo senza positività. Nelle teorie istituzionaliste prevale la teoria che spiega il diritto mediante la sua funzione sociale, per questo ancora oggi l’opera di Santi Romano è essenziale, poiché ci aiuta a comprendere questo passaggio. Nell’opera l’orientamento giuridico, ci spiega i sistemi ed i fatti normativi. All’ora però aveva come esigenza primaria dimostrare l’unità dello stato e decise di utilizzare l’impostazione teorica pluralista. Nella sua prima formulazione la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici non poneva nessuna gerarchia tra le istituzioni, solo dopo il fascismo egli pone l’accento sullo stato che deve essere sovrano. La critica fatta non comporta un ritorno al giusnaturalismo, ma una correzione sul modo stesso di vedere il diritto, infatti è importante descrivere il diritto com’è, e quindi proprio per questo non si può cancellare la prospettiva assiologica nella misura in cui i valori fondamentali sono storicamente oggettivizzati, ed è per questa ragione che i principi fondamentali sono distinti ma non separati. 2. Significati e funzioni della nozione di “costituzionalismo meticcio” il concetto di costituzionalismo meticcio si presenta come modo di pensare, del giurista compartista attento alle diversità e ai cambiamenti. In queste condizioni il costituzionalismo meticcio assume le caratteristiche di un metacodice costituzionale fondato non sui principi astratti, ma su principi generali del diritto che influiscono sulla produzione di norme giuridiche. I principii generali regnano sul diritto positivo indirizzandone lo sviluppo quando essi si presentano come norme “aperte” agli elementi sociali che rappresentano la sostanza feconda del diritto, questo approccio permette di conoscere il carattere biunivoco di una relazione e i principi generali del diritto e i principi costituzionali. Quindi la nozione di costituzionalismo meticcio non soltanto riconosce, ma anche valorizza il carattere normativo della correlazione tra diritti e doveri. Una delle sue principali funzioni è quella di favorire il dialogo tra culture diverse. Esso oltre ad essere visto come modo di pensare e come fatto culturale legato alla contaminazione e alla circolazione dei modelli costituzionali si presenta anche come costituzionalismo di principi generali del diritto. Il costituzionalismo meticcio quindi può essere utilizzato come teoria ermeneutica del fenomeno giuridico che proietta le ragioni del pluralismo nella specifica dimensione del diritto a connotazione interculturale. Nella sua portata globale si riferisce all’interpretazione dei principi generali del diritto a carattere tendenzialmente universale e in tal senso irriducibili a qualsiasi confine, così da un lato opera con impostazione aderente al costituzionalismo classico e dall’altro integra la prospettiva del multiculturalismo liberale saldamente ancorata ai diritti individuali con quella del multiculturalismo democratico che valorizza le differenze culturali e sociali nell’ambito dell’assetto politico- istituzionale e della struttura costituzionale, a cominciare dunque i suoi principi.
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