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DINAMICA DEI FLUIDI, Dispense di Dinamica Dei Fluidi

DINAMICA DEI FLUIDI Definizione di fluido. Densità  e peso specifico. Stato di tensione in un fluido. Risposta reologica: fluidi newtoniani e non newtoniani. Comprimibilità  dei liquidi. Accenni alle proprietà  reologiche del sangue e al comportamento meccanico dei vasi sanguigni. Equilibrio di un fluido pesante in quiete. Distribuzione idrostatica delle pressioni. Misure piezometriche: esempi applicativi. pinte idrostatiche su superfici piane: teoria generale. Spinte idrostatiche

Tipologia: Dispense

2009/2010

Caricato il 14/04/2010

jalieh
jalieh 🇮🇹

4.3

(200)

324 documenti

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Scarica DINAMICA DEI FLUIDI e più Dispense in PDF di Dinamica Dei Fluidi solo su Docsity! Francesca M. Susin DINAMICA DEI FLUIDI per il Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica a.a. 2008-2009 INTRODUZIONE AL CORSO Moti fluidi in sistemi fisiologici e in dispositivi terapeutici. La presenza di sostanze fluide (liquide o gassose) in natura, ovvero in sistemi artificiali prodotti dall’uomo, è senza dubbio così ampia da poter dire che il ruolo svolto dalla meccanica dei fluidi nell’ambito dei fenomeni fisici che regolano la vita sulla Terra è fondamentale. Nel caso dei sistemi fisiologici, e dei dispositivi terapeutici che la ricerca tecnologica mette a punto per sopperire alle fallanze dei sis temi fisiologici, sono numerosi gli esempi di grande rilevanza che possono essere proposti. Basti pensare al fatto che il corpo umano è prevalentemente composto da acqua, e che il regolare comportamento dei fluidi presenti nel nostro organismo è condizione fondamentale per il verificarsi di un corretto sviluppo e per il mantenimento di buone condizioni di salute. Con riferimento alla fisiologia umana, il sistema che riveste maggiore importanza sia per la complessità che lo caratterizza che per l’entità degl i sforzi che la comunità scientifica riversa nelle ricerche ad esso dedicate è il sistema cardiocircolatorio. La complessità del sistema cardiocircolatorio, che con estrema schematizzazione può dirsi costituito, dal punto di vista idraulico, da un insieme di condotti di dimensioni fortemente variabili (i vasi sanguigni) e da una doppia pompa dotata di valvole regolatrici (il cuore e le valvole cardiache), discende da numerosi fattori. Innanzi tutto, dal punto di vista della configurazione strutturale del sistema è necessario distinguere la presenza di due diverse reti vascolari , ciascuna con un proprio percorso ed un proprio scopo: la rete circolatoria polmonare e la rete circolatoria sistemica (Figura 1). Da notare che l’indagine di ogni specifico problema deve riguardare sia condizioni fisiologiche normali che condizioni patologiche, allo scopo di evidenziarne le differenze fondamentali dal punto di vista fluidodinamico. Accanto ai temi predetti, la dinamica dei fluidi nell’ingegneria biomedica esamina numerosi altri processi fisiologici, tra i quali la respirazione (nella quale il fluido principalmente coinvolto, l’aria, è comprimibile), la filtrazione renale ed i relativi meccanismi di eliminazione, la circolazione feto-placentare, la dinamica del vitreo oculare. La conoscenza dei moti fluidi fisiologici si rivela fondamentale anche nel fornire elementi per la corretta progettazione di dispositivi terapeutici e di procedure chirurgiche e per la verifica della regolarità dei processi fisiologici in presenza di protesi artificiali. A titolo di esempio, si ricordano alcune applicazioni di utilizzazione largamente diffusa e spesso cruciale, quali i dispositivi utilizzati nelle angioplastiche e nelle valvuloplastiche, le protesi valvolari cardiache, di origine biologica o meccanica, i dispositivi di assistenza ventricolare, i dispositivi di bypass cuore-polmoni. Figura 2. Dispositivo (stent) per l'eliminazione di una stenosi vascolare. La stenosi viene rimossa grazie all'elemento espandibile. In loco viene lasciata una protesi 'in misura', che favorisce il mantenimento della regolare sezione di deflusso. Non ultimo, infine, è il ruolo svolto dalle ricerche di fluidodinamica per l’elaborazione di criteri di diagnosi precoce di predisposizione a specifiche patologie, ovvero per la definizione di indici affidabili utili alla quantificazione clinica del grado della patologia e della sua evoluzione temporale. La conoscenza il più possibile di dettaglio dell’interazione tra la morfologia fisiologica ed i flussi fisiologici può permettere di stabilire se una anomala configurazione di una parte dell’organismo umano (si pensi, ad esempio, alla conformazione di una valvola cardiaca) può produrre malfunzionamenti e/o scompensi dell’intero sistema. E’ interessante chiedersi quali metodologie di indagine vengono oggi applicate alla dinamica dei fluidi. In generale, un ricercatore può svolgere le proprie indagini seguendo un approccio teorico, un approccio numerico ovvero un approccio sperimentale. In ambito biomedico, in particolare, l’approccio teorico ‘cade in difetto’ in virtù della difficoltà di applicazione che lo caratterizza quando il sistema indagato presenti anche solo modeste complessità. L’approccio sperimentale, in generale comunque sempre fortemente auspicabile per la verifica delle previsioni teoriche e numeriche, presenta ovvie difficoltà nella realizzazione di indagini ‘in vivo’ (peraltro, l’introduzione più o meno recente di dispositivi di indagine poco o per nulla invasivi ha prodotto un sostanziale progresso in questo settore) e presenta altresì non poche limitazioni nella riproduzione ‘in vitro’ delle condizioni fisiologiche esaminate, come ad esempio nell’adozione di fluidi ‘inerti’ adatti alla simulazione del comportamento ematico o nella messa a punto di dispositivi in grado di simulare gli effetti legati all’elasticità dei condotti vascolari. Risultano pertanto prevalenti, anche grazie alla sempre maggiore potenza dei mezzi di calcolo, le ricerche basate sulla modellazione numerica del processo fisiologico esaminato. Figura 3. Simulazione numerica del campo di velocità in una diramazione. E’ evidente che la modellazione numerica di moti fluidi anche semplici richiede il possesso di adeguate conoscenze teoriche. Nell’ambito del corso a cui le presenti dispense sono rivolte, l’esiguo numero di ore disponibili certamente non permette di raggiungere detto livello di conoscenza. Obiettivo primario del corso è pertanto quello di acquisire l’uso critico e cosciente degli strumenti teorici più semplici messi a disposizione dall’idraulica, per essere in grado di descrivere adeguatamente alcuni semplici casi di moti fluidi in ambito biomedico, ovvero di valutare ‘in prima battuta’ quanto accade in sistemi più complessi. Sistemi e unità di misura. Le grandezze fisiche caratteristiche dei fenomeni indagati nella meccanica dei fluidi vengono descritte adottando, quale sistema di misura, il Sistema Internazionale di Unità (SI), definito nella seguente Tabella 1. Grandezza fondamentale Simbolo Unità di misura SI Massa M kg (chilogrammo) Lunghezza L m (metro) Tempo T s (secondo) Tabella 1. Grandezze fondamentali e unità di misura nel Sistema Internazionale. Va da sè che nel SI la grandezza fisica Forza (F) è una grandezza derivata. Ricordando la legge fondamentale di Newton (forza=massa·accelerazione), l’unita di misura di F nel SI, detta Newton, è definita come la forza da applicare ad un corpo di massa pari ad 1 kg per imprimergli un’accelerazione di 1 m/s 2. Si ha cioè 1N = 1kg · 1 m/s 2 Talvolta, una forza risulta espressa in chilogrammi (chilogrammo peso, kp, per distinguerlo dal ‘chilogrammo massa’), secondo l’ormai desueto Sistema Tecnico. Poiché qualsiasi azione tangenziale corrisponde ad una deformazione continua dell’elemento sollecitato, che si manifesta con il movimento del fluido stesso. La condizione indisturbata di quiete si ristabilisce solo al cessare dell’azione tangenziale. Figura 1.2. Risposta di un fluido ad un'azione tangenziale. La deformazione continua di una sostanza fluida soggetta a forze tangenziali è strettamente legata alla natura dello stato di aggregazione delle molecole costituenti, tale da consentirne il reciproco scorrimento. Con riferimento alle caratteristiche di aggregazione molecolare è anche possibile operare per le sostanze fluide la distinzione tra liquidi, caratterizzati dal mantenere pressoché costante, pur nel reciproco scorrimento, la distanza tra le molecole, e gas, le cui molecole possono in generale reciprocamente distanziarsi in qualsivoglia modo. Ne consegue che mentre un gas assume il volume del recipiente che lo contiene, un liquido generalmente mantiene invariato il proprio volume. Nonostante la definizione di fluido (e, nei fluidi, la distinzione tra liquidi e gas) faccia riferimento e trovi spiegazione nella natura dell’aggregazione molecolare del fluido stesso, il comportamento di un fluido, sia esso liquido o gassoso, in quiete o in movimento, viene normalmente indagato nell’ipotesi di poter considerare il fluido come un continuo. In tal modo, preso a riferimento un volume fluido comunque piccolo, le grandezze fisiche che lo caratterizzano possono essere riguardate e definite come funzioni continue dei punti dello spazio occupato dal volume stesso. In particolare, indicati con V un volume elementare e con m e G rispettivamente la massa fluida contenuta in detto volume ed il peso di detta massa fluida, si definisce densità la grandezza lim V 0 m V ( 1.1 ) e peso specifico la grandezza lim V 0 G V ( 1.2) Va da sè che, stante la relazione tra la grandezza ‘massa’ e la grandezza ‘peso’, densità e peso specifico sono reciprocamente legati dalla relazione g , essendo g l’accelerazione di gravità. Un fluido si dice omogeneo quando le grandezze fisiche che lo caratterizzano non variano al variare della posizione, si dice isotropo quando sono indipendenti dalla direzione. 1.2 Stato di tensione in un fluido. Risposta reologica: fluidi newtoniani e non newtoniani. Si consideri una superficie elementare A appartenente ad un generico campo fluido, e sia n  il versore normale alla superficie, considerato positivo se uscente. Sulla superficie A si consideri agente la forza F comunque orientata (Figura 1.3a). Siano Ft e Fn le componenti rispettivamente normale e tangente alla superficie stessa, e P il punto con cui Atende a coincidere per A 0 . Si definisce sforzo normale  nel punto P la grandezza lim A 0 Fn A ( 1.3) e si definisce sforzo tangenziale   nel punto P la grandezza lim A 0 Ft A ( 1.4) Figura 1.3. Forza F sulla superficie elementare A (a), e sforzo normale   e tangenziale  nel punto P (b). L’insieme di sforzo normale e sforzo tangenziale costituisce lo stato di tensione nel punto P appartenente alla superficie A di normale n  . Lo stato di tensione dunque non rappresenta altro che la sollecitazione trasmessa attraverso la superficie A , con cui il punto P può essere confuso, da una parte all’altra del campo fluido al quale la superficie stessa appartiene. Si noti che in generale la superficie Apuò anche essere di separazione tra due fluidi (ad esempio la superficie libera dell’acqua a contatto con l’atmosfera), ovvero di contatto tra il fluido e una superficie solida (ad esempio la superficie interna di un vaso sanguigno). Un fluido non resiste, per sua natura, a sforzi normali di trazione. Per tale motivo, viene per convenzione considerato positivo il verso corrispondente alla compressione. Lo sforzo normale positivo viene denominato pressione, ed indicato con la lettera p. In un fluido soggetto a soli sforzi di pressione (il che si verifica nei fluidi cosiddetti perfetti ovvero nei fluidi in quiete) la pressione si mantiene inalterata in ciascuna direzione (Principio di Pascal). In un fluido cosiddetto reale è di fondamentale importanza stabilire il tipo di risposta reologica, cioè la natura del legame intercorrente tra gli sforzi tangenziali nel fluido e la risposta del fluido stesso a detti sforzi. Come affermato nella definizione di sostanza fluida (paragrafo 1.1), un fluido risponde ad una sollecitazione tangenziale deformandosi con continuità. Stabilire la risposta reologica del fluido equivale allora a definire con che velocità si deforma un elemento fluido soggetto ad una sollecitazione tangenziale. c ' v y ( 1.7) Per > c , cioè, il fluido si comporta come un fluido newtoniano di viscosità dinamica ' , la velocità di deformazione essendo però proporzionale alla differenza tra lo sforzo agente e lo sforzo critico c . 1.3 Comprimibilità dei liquidi. L’attitudine di una sostanza a modificare il proprio volume per effetto di una variazione di pressione è detta comprimibilità. Per i liquidi, il legame tra la variazione di volume dV e la variazione di pressione dp è di tipo lineare, secondo la relazione dV V dp E ( 1.8) dove E è il modulo di comprimibilità o di elasticità del liquido. Il segno meno nella (1.8) discende dal fatto che ad una variazione positiva di pressione corrisponde una variazione negativa di volume. La variazione di pressione può essere messa in relazione anche con una variazione della densità . Detta m la massa che caratterizza il volume liquido V , il principio di conservazione della massa impone dm=0. Poiché dm d V dV V d , si ha subito che dV V d e dunque anche d dp E ( 1.9) Un liquido aumenta dunque la propria densità (ovvero la diminuisce) all’aumentare (al diminuire) della pressione. Tuttavia, il modulo di comprimibilità dei liquidi è di norma piuttosto elevato; ad esempio per l’acqua a 20 °C E=2.12·109 N/m 2 , per il sangue umano E=1.67·10 9 N/m 2 . Di conseguenza i liquidi vengono normalmente riguardati come fluidi incomprimibili (per lo meno quando le oscillazioni di pressione a cui sono soggetti sono sufficientemente contenute), trascurandone le variazioni di volume o di densità conseguenti a variazioni di pressione. Un fluido omogeneo incomprimibile viene perciò usualmente definito come fluido a densità (e naturalmente a peso specifico) costante. 1.4 Accenni alle proprietà reologiche del sangue e al comportamento meccanico dei vasi sanguigni. Il sangue può essere definito come una sospensione di particelle solide1 (che normalmente occupano circa il 45% del volume disponibile) in un mezzo di dispersione fluido detto plasma, a sua volta definibile come soluzione colloidale prevalentemente acquosa di particelle perloppiù proteiche. Il plasma può normalmente riguardarsi come fluido omogeneo incomprimibile e newtoniano, la cui viscosità dinamica, per il plasma umano e alla normale temperatura corporea, è pari a circa 0,0012÷0,0016 kg/ms (viscosità dinamica dell’acqua a 20 °C circa pari a 0,001 kg/ms). Nell’uomo, il peso specifico del plasma è circa 1,025÷1,028 volte il peso specifico dell’acqua ( H2O 9806 N m 3 ). Al contrario il sangue, che viene ugualmente considerato un fluido incomprimibile, non può altrettanto in generale riguardarsi né come omogeneo né come newtoniano. In particolare, il sangue non può essere trattato come omogeneo quando scorre entro i vasi della rete capillare, il cui diametro medio è dello stesso ordine di grandezza del diametro e della distanza media tra i globuli rossi. In tal caso, anzi, tende addirittura a decadere la possibilità di considerare il sangue come un mezzo continuo. Solo quando il diametro del vaso sanguigno supera grosso modo i 100 m, il sangue può ragionevolmente essere ritenuto un fluido omogeneo, di peso specifico pari a circa 1,053÷1,059 volte il peso specifico dell’acqua. 1 Le particelle solide sono costituite principalmente dai globuli rossi (dischi biconcavi flessib ili con diametro, nella maggior parte dei mammiferi, di circa 8 m e spessore di circa 1 m al centro e 2-3 m al bordo). Vi sono poi i globuli bianchi, leggermente più grandi ma in numero decisamente inferiore rispetto ai globuli rossi (circa 1-2 globuli bianchi ogni 1000 globuli Anche la risposta reologica del sangue varia al variare della tipologia dei vasi in cui scorre. Misure sperimentali in vitro hanno mostrato che in generale il comportamento del sangue è assimilabile a quello di un fluido plastico di Bingham. Tuttavia, quando il flusso sanguigno è caratterizzato da velocità di deformazione maggiori di circa 60÷100 s - 1 la risposta reologica risulta essere sostanzialmente newtoniana, con viscosità dinamica 4 10 3 kg ms 2 (quattro volte superiore a quella dell’acqua). Nel distretto arterioso la velocità di deformazione supera usualmente (quanto meno in corrispondenza della parete dei vasi) il predetto valore di soglia, ed il sangue viene dunque normalmente ritenuto a comportamento newtoniano. Anche nella microcircolazione capillare la velocità di deformazione raggiunge valori elevati, ma gli effetti della presenza dei globuli rossi sulla risposta allo scorrimento non possono essere trascurati. Nella rete venosa, infine, soprattutto nelle grandi vene degli arti inferiori, il valore di soglia della velocità di deformazione può non essere superato. In tal caso il sangue tende a seguire un comportamento reologico di tipo pseudoplastico, eventualmente dipendente anche dalla durata della sollecitazione tangenziale. I caratteri di un moto fluido a pressione dipendono oltre che dalle proprietà fisiche del fluido anche dalle caratteristiche dei condotti entro i quali il moto si svolge. In particolare, quando il moto è governato da pressioni non costanti nel tempo (come accade alla circolazione sanguigna corporea durante un ciclo cardiaco completo) diventano di fondamentale importanza le proprietà meccaniche dei condotti (nel caso specifico, le proprietà delle pareti dei vasi sanguigni), intimamente legate alle modalità di propagazione delle onde di pressione. rossi). Infine le piastrine, più numerose dei globuli bianchi (circa 80-100 piastrine ogni 1000 globuli rossi) ma significativamente più piccole (sfere di circa 2-4 m di diametro). 2 Tale valore della viscosità dinamica del sangue umano può variare in maniera anche sensibile in funzione di numerosi fattori, tra i quali il più importante è probabilmente il valore ematocrito, definito come il rapporto percentuale tra il volume occupato dai globuli rossi in un dato campione di sangue ed il volume del campione stesso. Le misure sperimentali mostrano che all’aumentare dell’ematocrito aumenta la viscosità. Si noti anche che il valore ematocrito varia, in uno stesso individuo, in funzione dell’origine del campione su cui viene effettuata la misura: risulta massimo nel sangue venoso, minimo nel sangue capillare ed intermedio nel sangue arterioso. equivale a conoscerla in tutti gli altri punti del medesimo fluido. Detti rispettivamente 1 e 2 due qualsiasi punti appartenenti allo stesso campo fluido (Figura 2.1), la pressione p2 è immediatamente determinata dall’equazione fondamentale dell’idrostatica, nota che sia la pressione p1 e la posizione reciproca dei punti. Vale infatti p2 p1 h1 h2 p1 h1 2 (2.2) dove h1 2 è il dislivello tra i due punti (positivo se il punto 2 è inferiore al punto 1). Se il punto a pressione nota appartiene ad una superficie libera (di separazione tra il fluido e l’atmosfera) ed è perciò a pressione atmosferica patm 1 (punto 0 di Figura 2.1) la pressione di un generico punto interno al campo fluido risulta espressa dalla p patm z (2.3) dove z rappresenta la profondità del punto considerato, misurata a partire dalla superficie libera. Figura 2.1. Pressione assoluta in un fluido incomprimibile in quiete, in presenza di una superficie libera. Nell’equazione (2.3), la pressione p è la pressione assoluta. Si definisce invece 1 patm=101325 Pa. pressione relativa la pressione pr p patm . Dalla (2.3) si ha immediatamente che la pressione relativa in un punto è direttamente proporzionale alla profondità del punto rispetto alla superficie libera (ove questa sia presente) pr z (2.4) Nel seguito, salvo dove diversamente specificato, si indicherà la pressione relativa semplicemente con p, omettendo il pedice. 2.2 Misure piezometriche: esempi applicativi. Esempio 1 Un recipiente a tenuta contiene acqua ( =9806 N/m3) e aria. Calcolare la pressione dell’aria paria sapendo che nel piezometro semplice collegato al recipiente il menisco giace 0.12 m al di sotto della superficie aria-acqua (H=0,12 m). Rappresentare inoltre l’andamento della pressione relativa all’interno del recipiente. Nel volume d’aria contenuto nel recipiente la pressione si può considerare costante in ogni punto: il peso specifico dell’aria ( aria 12N/m3) è infatti tale che le variazioni di pressione sono significative solo tra punti posti a quote sensibilmente diverse. In particolare, allora, nel punto A di figura vale pA paria Si consideri poi la superficie orizzontale B-B’: tutti i punti che giacciono su tale superficie e appartengono all’acqua sono alla stessa pressione (B-B’ è una superficie isobara) ed in particolare quindi: pB pB' Applicando ora la (2.2) tra i punti A e B e osservando che il punto B’ è a contatto con l’atmosfera, si può scrivere (in termini di pressioni relative) pB pA H paria H pB' 0 Vale perciò pB paria H pB' 0 e dunque paria H 9806 0,12 1176,72 Pa L’aria contenuta nel recipiente è cioè in depressione (pressione relativa negativa, ovvero pressione assoluta minore della pressione atmosferica). Nel recipiente, la pressione varia secondo l’andamento riportato in figura: andamento costante (con p negativa) nell’aria, andamento idrostatico nell’acqua, per un generico punto della quale si può scrivere p pA z , z essendo la profondità del punto considerato rispetto al punto A. Si ha dunque p<0 da A a B (essendo z compreso tra 0 e H), p=0 in B (dove z=H) e p>0 da B al fondo (z>H). determinare il valore di 3 . La pressione nei punti A, B e C può essere calcolata applicando ‘in cascata’ l’equazione (2.2), osservando che nel punto 0, appartenente ad una superficie libera, la pressione è nota. Operando in termini di pressioni relative si ha dunque pA p0 1h 0 0.6 9806 0,3 1765,08 Pa pB pA 2h 1765,08 0,8 9806 0,3 4118,52 Pa pC pB h 4118,52 9806 0,3 7060,32 Pa Applicando al generico punto interno a ciascuno dei tre strati l’equazione (2.2), si può facilmente vedere che la pressione relativa varia secondo le relazioni strato superiore p 1z strato intermedio p 1h 2z strato inferiore p 1h 2h z dove z è la profondità del punto misurata a partire dalla superficie di separazione con lo strato sovrastante (coincidente, per lo strato superiore, con la superficie libera). La pressione in un generico punto risulta cioè essere pari alla somma del contributo idrostatico del fluido al quale il punto considerato appartiene e del termine rappresentativo del peso degli strati fluidi sovrastanti. Nella figura, si noti come l’inclinazione del contributo idrostatico vari al variare del peso specifico dello strato fluido. I punti C, C’ e C’’ appartengono alla medesima superficie orizzontale e, a due a due, al medesimo fluido (C e C’ all’acqua, C’ e C’’ al mercurio). Vale quindi pC pC' pC'' Dalla lettura al piezometro si ha immediatamente pC'' 3 ' Hg e dunque anche 3 pC'' Hg ' pC Hg ' 7060,32 13,56 9806 0,03 0,06 51187,32 N m3 pari a 5,22 . 2.3 Spinte idrostatiche su superfici piane: teoria generale. Una superficie a contatto con un fluido in quiete è soggetta, in virtù dello stato di pressione nel fluido, alla spinta A dAnpS  (2.5) dove A è l’area della superficie e p è lo sforzo di pressione agente sulla porzione elementare di area dA e versore normale n  . La spinta è dunque una grandezza vettoriale il cui modulo, direzione e verso dipendono in generale sia dalla distribuzione della pressione nella porzione di fluido che bagna la superficie che dalla geometria della superficie stessa. Si consideri il caso di una superficie piana a contatto con un fluido di peso specifico , nel quale la pressione è distribuita secondo la legge p p0 z (2.6) dove z è la profondità del generico punto misurata a partire dalla superficie che delimita superiormente il campo fluido, e p0 è la pressione costante che, eventualmente, insiste su detta superficie (Figura 2.2). Figura 2.2. Superficie piana bagnata da un fluido pesante in quiete.2 Il modulo di   S può essere facilmente ricavato sostituendo la distribuzione (2.6) nella 2 Asse y: disposto lungo la traccia della superficie piana, con origine nel punto O appartenente alla superficie da cui ha inizio il fluido. Asse Y: coincidente con l’asse y, ma con origine nel baricentro G della superficie. Asse X: perpendicolare all’asse Y, e con origine in G. _______________________________ Esempio 2 Il recipiente a cielo aperto di figura contiene una soluzione omogenea di acqua e cloruro di sodio di peso specifico =10.5 kN/m3. Sapendo che la larghezza del recipiente è pari a B=0.25 m, determinare la spinta   S (modulo, direzione, verso e posizione) che il fluido esercita sulla superficie rettangolare di traccia AB. Nulla cambia rispetto al caso precedente, se non la direzione della spinta (che è normale alla superficie) e dunque il verso della sua componente verticale. _______________________________ Esempio 3 Il recipiente a tenuta di figura, di larghezza B=0,3 m, contiene acqua. In corrispondenza del tetto del recipiente, un manometro fornisce pM=-4 kPa. Determinare la spinta   S (modulo, direzione, verso e posizione) che l’acqua esercita sulla superficie rettangolare di traccia AB. La pressione nel baricentro della superficie AB è pari a kPa 547,105,02,081,94zpp GMG Nel baricentro, dunque, la pressione risulta negativa. Il modulo della spinta vale pertanto N 6,65kN 0656,00,321,0547,1S dove il segno negativo indica che la spinta è ‘di trazione’ per la superficie AB. La posizione del centro di spinta (si ponga attenzione al fatto che nell’equazione che segue ‘S’ viene presa con il suo segno) è pari a mm 23,6m 1023,6 0656,0 707,010892,581,9 S senI yy 3 5 X GC Il centro di spinta risulta cioè superiore al baricentro (si veda la figura seguente). Infine, S è diretta lungo la normale alla direzione della traccia AB e, essendo negativa la pressione baricentrica, va dalla superficie verso il fluido. _______________________________ Esempio 4 Il recipiente a tenuta di figura, di larghezza B=0,3 m, contiene acqua (peso specifico ) e glicerina (g=1,27 ). In corrispondenza del tetto del recipiente, un manometro misura la pressione pM = 10 kPa. Su una parete verticale del recipiente è praticata un’apertura rettangolare, chiusa da una superficie piana di traccia AB. Determinare la spinta S  (modulo, direzione, verso) che i due fluidi esercitano sulla suddetta superficie. Determinare inoltre il momento esterno da applicare alla superficie AB affinché la superficie stessa, che è incernierata in Q, non sia apra. Nel caso in esame, in cui la superficie complessiva risulta bagnata da fluidi diversi, si deve valutare separatamente la spinta idrostatica che ciascun fluido esercita sulla porzione di superficie con cui è a contatto. modulo è pari alla somma algebrica dei momenti M1 ed M2, ed il cui verso di rotazione è opposto al verso del momento risultante. Assunto positivo il verso di rotazione orario, si ha pertanto, quale momento risultante esercitato dalle spinte idrostatiche 2211 bSbSM dove b1 e b2 sono i bracci di S1 ed S2 rispettivamente, valutati rispetto alla cerniera Q. Vale pertanto 43 10933,505,0525,01078,415,0386,1M 0,174 kNm positivo, cioè orario. Il momento esterno da applicare alla superficie AB affinché la stessa sia in equilibrio ha pertanto modulo pari a 0,174 kNm e verso di rotazione antiorario. _______________________________ Esempio 5 Il sistema di figura, contenente olio di peso specifico o=0,8, è chiuso da due pistoni a tenuta distanti tra loro h=0,15 m. I pistoni hanno spessore = 0,01 m e diametro rispettivamente pari a d1=0,1 m e d2=0,05 m, ed il materiale di cui sono costituiti ha peso specifico m=2,5. Sapendo che il pistone di sinistra è sollecitato dalla forza F1=10N, determinare l’entità della forza F2 da applicare al pistone di destra affinché il sistema si mantenga in equilibrio. Il pistone di sinistra è sollecitato, oltre che dalla forza esterna F1, dal peso proprio G1 e dalla spinta S1 trasmessagli dall’olio attraverso la superficie di base. Il pistone è in equilibrio, così come richiesto, se la somma vettoriale di tutte le suddette forze è nulla. Assumendo come positivo per la direzione verticale il verso della gravità e supponendo che S1 sia diretta verso l’alto (ma non può essere altrimenti, dato che sia F1 che G1 sono dirette verso il basso), si ha quindi la relazione (scalare) di equilibrio 0SGF 111 Il peso proprio del pistone è pari a N 925,1 4 1,0 01,098065,2 4 d G 22 1 m1 e la spinta dell’olio è data dalla 4 d pS 2 1 11 dove p1 è la pressione che agisce nel baricentro della superficie di base del pistone. Si ha quindi, dalla relazione di equilibrio Pa 338,1518 00785,0 925,110 4d GF p 2 1 11 1 Nota p1, la pressione p2 agente alla base del pistone di destra si ricava immediatamente dalla (2.2), risultando N 058,269515,098068,0338,1518hpp o12 La spinta che l’olio trasmette al pistone di destra è pertanto pari a N 292,5 4 05,0 058,2695 4 d pS 22 2 22 Il peso proprio del pistone è pari a N 481,0 4 05,0 01,098065,2 4 d G 22 2 m2 Il pistone di destra è a sua volta in equilibrio se la somma vettoriale di G2, S2 e della forza incognita F2 è pari a zero. Assumendo ancora come positivo per la direzione verticale il verso della gravità e supponendo che F2 sia diretta verso il basso, si ha la relazione scalare di equilibrio 0SGF 222 da cui subito N 811,4481,0292,5GSF 222 Il segno positivo ottenuto dal calcolo di F2 indica che detta forza è effettivamente diretta verso il basso, così come ipotizzato. 2.4 Spinte idrostatiche su superfici curve: metodo dell’equilibrio globale. Il calcolo della spinta idrostatica (2.5) non è normalmente di semplice svolgimento se la superficie sollecitata non è piana. La valutazione di   S per superfici curve può però essere effettuata attraverso l’applicazione di specifici metodi, tra i quali è spesso agevole il metodo dell’equilibrio globale (MEG). L’idea è di ridurre il calcolo della spinta su una superficie curva al calcolo di volumi di semplice configurazione geometrica ed al calcolo di spinte idrostatiche su superfici piane. Si considerino pertanto i seguenti Si ha pertanto, assunto come positivo per la verticale y il verso della gravità N 016,22702,20314,1SSy positiva, cioè concorde al verso assunto come positivo per y (↓). Per quanto riguarda il punto di applicazione, si osservi che la spinta idrostatica esercitata su una superficie a curvatura costante ha sempre retta d’azione passante per il centro di curvatura. Nel caso esaminato, pertanto, S  passa certamente per il centro O della sfera. ______________________________________ Esempio 2 Il recipiente di figura contiene acqua ed olio (o=0,8). Nel piezometro, il menisco è alla medesima quota del tetto del recipiente. Determinare la spinta (modulo, direzione, verso e posizione del centro di applicazione) che l’acqua esercita sulla superficie semisferica di traccia AB, sapendo che il suo raggio è pari a r=0,04 m. E’ opportuno, prima di esprimere la formulazione del MEG che si adotta quando la curvatura della superficie è tale per cui è la superficie stessa ‘ad entrare’ nel fluido (come nel caso in esame), introdurre il Principio di Archimede. Detto principio afferma che un corpo di volume V completamente immerso in un fluido incomprimibile di peso specifico  in condizioni di quiete riceve dal fluido la spinta jVdAnpF AA  (2.10) nella quale j  è il versore della verticale, diretto verso l’alto. La spinta di Archimede, espressa dall’equazione (2.10), è cioè una forza verticale diretta verso l’alto, pari al peso fluido del volume del corpo. Si immagini ora, con riferimento all’esercizio proposto, che nel recipiente sia immerso il corpo senza peso racchiuso dalla superficie semisferica3 e dalla superficie piana di traccia AB, secondo quanto rappresentato nella figura seguente. La spinta che l’acqua trasmette al corpo, data dall’equazione (2.10), può essere scomposta nella spinta S  trasmessa dall’acqua attraverso la superficie semisferica (la spinta incognita, dunque, richiesta dall’esercizio) e nella spinta ABF  trasmessa attraverso la superficie piana. Si può cioè scrivere AABAAA FFSdAnpdAnpdAnp ABsemisfera  3 La superficie semisferica che costituisce parte della superficie del corpo considerato è la medesima superficie proposta dall’esercizio. Poiché non se ne altera la geometria (forma e dimensione) né la collocazione all’interno del recipiente (quindi, si mantiene inalterato lo stato di pressione cui è soggetta) è la medesima anche la spinta che l’acqua le trasmette. avendo indicato con Asemisfera e con AAB l’area della superficie semisferica e l’area della superficie piana, rispettivamente. Si ha perciò, in base all’equazione precedente ABA FFS  (2.11) Nel caso in esame, entrambe le forze che concorrono a comporre S  sono verticali. Tale sarà quindi, necessariamente, anche S  . In particolare, per la spinta di Archimede si ha N 314,104,0 3 2 9806r 3 2 F 33A verticale, diretta verso l’alto ( ). Per la spinta trasmessa attraverso la superficie piana AB, applicando la teoria generale, ABABApFAB nella quale AAB e pAB sono rispettivamente l’area della superficie piana (che risulta essere un cerchio) e la pressione agente nel baricentro di detta superficie. Dai dati del problema, si ha subito Pa 52,41181,04,08,098061,04,0p oAB e dunque N 702,2004,052,4118S 2AB che, essendo pAB positiva, cioè diretta dal fluido verso la superficie, risulta diretta verso l’alto ( ). Si ha pertanto, assunto come positivo per la verticale y il verso opposto a quello della gravità N 388,19702,20314,1SSy negativa, cioè discorde rispetto al verso assunto come positivo per y (↓). Il modulo di S  è pari a N 494,121282,92335,64SSS 22 2 y 2 x La sua direzione, definita come l’angolo  che la retta d’azione forma con l’orizzontale, è pari a Sx S arctan y 55,12° mentre il verso si individua dalla composizione grafica di Sx e Sy. La retta d’azione di S  , infine, passa certamente per il punto O’, centro di curvatura della superficie (a curvatura costante) della valvola. La seconda parte dell’esercizio richiede, per la sua risoluzione, l’imposizione della condizione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera O. Devono cioè essere uguali ed opposti il momento esercitato da S  ed il momento esercitato dalla forza F  da applicare in A. Per la determinazione del momento esercitato da S  rispetto al polo O, la spinta può pensarsi applicata in un qualsiasi punto della sua retta d’azione. Considerandola, in particolare, applicata in O’, e scomponendola in Sx e Sy si osserva facilmente che Sy dà momento nullo, dato che la sua retta d’azione passa per il polo. La forza F  , quindi, deve avere modulo pari al modulo di Sx, e verso opposto F=64,335 N diretta verso destra (→). ______________________________________ Esempio 4 Il recipiente di figura è diviso in due vani, completamente separati grazie ad un setto rigido orizzontale. Nel setto è praticato un foro circolare, chiuso da una valvola sferica di raggio r=0,05 m. Sapendo che la pressione letta al manometro è pari a pM=1500 Pa e che l’acqua salata ha peso specifico s=1,03, determinare il valore del livello h necessario perché la valvola si mantenga in posizione. E’ immediato osservare che le forze che sollecitano la valvola (spinte idrostatiche trasmesse dai due fluidi alla semisfera superiore ed inferiore ris pettivamente) sono verticali, e passanti per il centro della sfera. La valvola si mantiene dunque in posizione quando la spinta sulla semisfera superiore e la spinta sulla semisfera inferiore sono uguali in modulo ed opposte in verso. Per entrambe le porzioni della valvola, la spinta si determina a partire dall’imposizione della relazione del MEG nella formulazione proposta per il caso di ‘superficie che entra nel fluido’ (equazione (2.11)). Per la semisfera superiore, a contatto con l’acqua salata, detta 1F  la spinta sulla superficie piana (cerchio mediano) che chiude la semisfera, la spinta idrostatica è data dalla 1As FFS s  essendo N 2,64305,0 3 2 980603,1r 3 2 F 33sA s (spinta archimedea, ↑) Nh 79,28605,0h980603,1rhrpF 22s 2 11 (certamente ↑, data la positività di h). Vale perciò, assunto come positivo per la verticale y il verso ↑ Nh 79,286643,2SS sys Per la semisfera inferiore, a contatto con l’acqua dolce, detta 2F  la spinta sulla superficie piana (cerchio mediano) che chiude la semisfera, la spinta idrostatica è data dalla 2Ai FFS i  essendo N 2,56605,0 3 2 9806r 3 2 F 33A i (spinta archimedea, ↑) dt dz z v dt dy y v dt dx x v t v a   (3.3) cioè anche, osservando che per definizione vale vx=dx/dt vy =dy/dt vz=dz/dt, zyx v z v v y v v x v t v a   (3.4) Alcune osservazioni emergono dalla relazione precedente: l’accelerazione discende sia da variazioni locali della velocità nel tempo (accelerazione locale o temporale, t v  ), che da variazioni spaziali della velocità (accelerazione spaziale o convettiva, vvv z v v y v v x v zyx   ); un fluido in movimento può subire accelerazione non nulla anche quando la velocità è costante nel tempo. 3.2 Linee di corrente, traiettorie, tubo di flusso, corrente, tronco di corrente. Si introducono di seguito alcune definizioni significative. Linea di corrente: è una linea che, ad un dato istante, è in ogni suo punto tangente al vettore velocità nel punto stesso. In un campo fluido in movimento esistono ∞ 2 linee di corrente il cui andamento cambia, in generale, al cambiare del tempo. Se il moto è permanente, anche l’andamento delle linee di corrente è invariabile nel tempo. In questo caso, le linee di corrente coincidono con le traiettorie (una traiettoria è l’insieme dei punti che vengono attraversati nel tempo da una data particella fluida in movimento). Si definisce tubo di flusso la porzione di fluido delimitata da una superficie (ideale) costituita dall’insieme delle linee di corrente che, ad un dato istante, si appoggiano ad una linea chiusa (che non sia, a sua volta, linea di corrente). Detta superficie non è, evidentemente, attraversata da flusso di corrente. Un moto nel quale si possa individuare una direzione prevalente, non necessariamente rettilinea, costituisce una corrente. La direzione del moto viene usualmente indicata con s (coordinata curvilinea). Una porzione di corrente delimitata da una superficie non attraversata da flusso e da due sezioni trasversali (normali, cioè, alla direzione s) rispettivamente ‘a monte’ e ‘a valle’ è detta tronco di corrente. Un tipico esempio di corrente è il moto entro un condotto, sia esso rigido o deformabile, e una porzione di condotto rappresenta un tronco di corrente. In un moto permanente, un tubo di flusso è anche tronco di corrente. Una corrente permanente in cui la velocità è indipendente da s si dice uniforme. 3.3 Portata, equazione di continuità, velocità media. Si consideri una superficie finita A appartenente ad un fluido in moto e, in essa, una superficie dA sufficientemente piccola da poter essere confusa con un punto. Sia v  il vettore velocità nel punto, e vn la componente di v  normale a dA. La quantità A n dAvQ (3.5) è detta portata. Essa rappresenta il volume di fluido che nell’unità di tempo attraversa la superficie A. Indicando con A, in particolare, la sezione trasversale di un tronco di corrente, in ogni punto della quale, per definizione, è v=vn, si ha A vdAQ . Si definisce velocità media nella sezione trasversale A la grandezza A Q V (3.6) L’applicazione del principio di conservazione della massa ad un tronco di corrente fornisce una delle equazioni fondamentali della dinamica dei fluidi, detta equazione di continuità. Essa afferma che la differenza tra la massa entrante e la massa uscente nel tronco di corrente in un dato intervallo di tempo è pari alla massa ‘aggiunta’ (ovvero ‘sottratta’) in detto intervallo di tempo alla massa inizialmente contenuta nel tronco di corrente stesso. La formulazione analitica generale dell’equazione di continuità per un tronco di corrente è 0 t A s Q (3.7) E’ immediato dimostrare che l’equazione (3.7) assume le seguenti formulazioni, in funzione delle diverse ipotesi che si assumono per il campo di moto: in una corrente di fluido incomprimibile in moto permanente (ovvero in moto vario purché entro un contorno indeformabile, cosicché la generica sezione trasversale si mantiene invariabile nel tempo) la portata si mantiene costante lungo la direzione del moto. Tale condizione è da intendersi valida, nel moto vario, ad un generico istante. Discende subito la seguente considerazione fondamentale: se A1 ed A2 sono due sezioni trasversali del tronco di corrente, in generale di diversa dimensione, e V1 e V2 sono le velocità medie nelle due suddette sezioni, si ha 2211 AVAVostcQ (3.8) L’equazione (3.8) mostra che, nelle ipotesi di lavoro sottolineate, in un condotto di sezione via via crescente la velocità va diminuendo (e viceversa). La portata fluente nel tratto di monte si determina a partire dalla definizione di velocità media (equazione (3.6)). Si ha pertanto l/s 105,026/sm 0005026,0 4 02,0 6,1AVQ 1-3 2 11 Poiché il fluido è incomprimibile e il moto è permanente, per l’equazione di continuità la portata Q fluente nel tratto di monte fluisce anche nel tratto di valle. In altre parole, lungo il condotto si ha portata costante. La velocità media nel tratto di valle può quindi essere immediatamente valutata dalla (3.6) ovvero dall’equazione di continuità nella forma (3.8), che porge m/s 4,6 01,0 02,0 6,1 d d Vcircolari) sezioni(per A A VV 22 2 1 1 2 1 12 _______________________________ Esempio 3 In un condotto circolare di diametro d=2 mm fluisce Q=0,02 l/s. Quale diametro d’ si deve assegnare ad un diverso condotto affinché vi fluisca una portata Q’=1,5.Q, mantenendo invariata la velocità media della corrente? Dalla definizione (3.6) si ha che, affinché nei due condotti sia abbia la stessa velocità media, deve essere 'A 'Q V A Q Si ha perciò, per l’area e per il diametro 225,15,1 Q 'Q d 'd Q 'Q A 'A da cui d’=1,225d=2,45 mm. _______________________________ Esempio 4 Nel nodo 1-2-3 di figura, attraverso la sezione 1 entra la portata Q1=0,1 l/s ed attraverso la sezione 2 esce la portata Q2=0,04 l/s. Sapendo che il fluido è incomprimibile e che il nodo è costituito da materiale infinitamente rigido, determinare il valore ed il verso della portata fluente attraverso la sezione 3. Date le ipotesi di fluido incomprimibile e di ‘recipiente’ indeformabile, al nodo si applica l’equazione di continuità nella forma (3.10). Assumendo che la portata Q3 sia uscente dal nodo si ha dunque l/s 06,004,01,0QQQ 3, sezione la attraverso portata laper cui, da QQQ 213 321 Il fatto che dall’equazione precedente la Q3 calcolata risulti positiva, indica che il verso ipotizzato per la Q3 stessa è corretto (Q3 uscente dal nodo). _______________________________ Esempio 5 Nel recipiente di figura, a pareti rigide e di sezione =1 m2, entra la portata Qe=0,5 l/s ed esce la portata Qu=0,3 l/s. Sapendo che il fluido è incomprimibile e che all’istante t=0 s la superficie libera è alla quota h0=0,1 m, determinare il tempo necessario affinché il livello nel recipiente si porti alla quota h1=0,18 m. Il problema si risolve attraverso l’equazione di continuità dei serbatoi (equazione (3.9)). In particolare, nel caso in esame la differenza tra la portata entrante e la portata uscente dal recipiente risulta essere costante nel tempo. Dalla continuità si ha quindi, per la velocità con cui si sposta il livello nel serbatoio v2  rappresenta il contributo delle forze di attrito viscose. Le caratteristiche di un campo di moto governato dall’equazione (4.1) risultano influenzate in maniera cruciale dal rapporto tra le forze di inerzia e le forze viscose. Detto rapporto, denominato numero di Reynolds, è in generale espresso dalla relazione LULU Re 00 (4.2) nella quale U0 e L rappresentano rispettivamente la velocità e la dimensione lineare caratteristiche del campo di moto considerato e    e  sono la densità, la viscosità dinamica e la viscosità cinematica del fluido. Nel caso di moto all’interno di un condotto circolare, in particolare, si assume U0=V (velocità media) e L=d (diametro del condotto). Il ruolo fondamentale svolto dal rapporto tra le forze di inerzia e le forze viscose è stato messo in evidenza per la prima volta nel XIX secolo da O. Reynolds in un celebre esperimento, teso alla visualizzazione delle caratteristiche del moto dell’acqua all’interno di un condotto circolare di diametro costante nel quale viene immesso, quale tracciante, un filamento d’acqua colorata. Si deve innanzi tutto considerare che se il moto si svolgesse in un sistema perfettamente isolato dall’esterno, cioè in assenza di perturbazioni delle sue grandezze caratteristiche (pressione, velocità, densità), il campo di moto presenterebbe indefinitamente (nel tempo e nello spazio) un carattere ordinato. Il filamento colorato, in particolare, si manterrebbe comunque ben delineato e compatto, e parallelo all’asse del condotto. In realtà, l’ambiente esterno trasferisce al campo di moto fluido disturbi che, anche quando estremamente piccoli, tendono ad alterare la regolarità del campo di moto stesso. L’alterazione è resa evidente, nell’esperienza di Reynolds, dalla deformazione del filamento colorato. Tuttavia, quando nel sis tema fluido le forze viscose sono sufficientemente elevate rispetto alle forze di inerzia (quando, cioè, il numero di Reynolds assume valori sufficientemente modesti) gli effetti dissipativi della viscosità riescono a smorzare i disturbi, e a mantenere il carattere ordinato del moto. Viceversa, quando sono preponderanti le forze di inerzia (quando, cioè, il numero di Reynolds assume valori sufficientemente elevati) i disturbi crescono in ampiezza sino a produrre nel campo la formazione di un insieme di infiniti piccoli vortici in condizioni di estremo ‘disordine’. In questa circostanza, il filamento colorato dell’esperimento di Reynolds non risulta più distinguibile dal resto del campo di moto, poiché il tracciante viene ‘trasportato e disperso’ dalle strutture vorticose. Figura 4.1. Esperienza di Reynolds (tratto da: Kamran Mohseni, Dep. of Aerospace Engineering Sciences, University of Colorado – Boulder). In sintesi, si può affermare che per un moto fluido governato dall’equazione (4.1) esistono due diversi possibili regimi dinamici, in funzione dell’entità del rapporto tra forze inerziali e forze viscose: regime di moto laminare, in cui, essendo Re sufficientemente modesto, sono preponderanti le forze viscose ed il moto si presenta regolare ed ordinato; regime di moto turbolento, in cui, essendo Re sufficientemente elevato, sono preponderanti le forze inerziali ed il moto si presenta estremamente disordinato. Per il moto uniforme all’interno di un condotto circolare, numerose indagini hanno permesso di stabilire che il regime laminare si produce e si mantiene quanto Re 2000 2500, mentre il regime turbolento corrisponde a Re 4000 circa. Per valori intermedi del numero di Reynolds, il carattere del campo di moto è di difficile classificazione, potendosi presentare condizioni che tendono alla laminarità ovvero alla turbolenza, anche in successione nel tempo e nello spazio, in relazione ad ulteriori fattori oltre che all’entità di Re. 4.2 Moto laminare in un tubo circolare. L’equazione (4.1) può essere risolta analiticamente quando il moto si svolge in un tubo circolare di diametro costante, in condizioni indipendenti dal tempo ed in regime di moto laminare (Re <2000 2500). In tali condizioni, che definiscono il cosiddetto moto di Poiseuille, l’unica componente di velocità non nulla è quella parallela all’asse s del condotto e, per un’assegnata distanza r misurata lungo un qualsiasi raggio, detta velocità è indipendente da s: il moto, cioè, è uniforme. Si determina, in particolare, per il profilo di velocità, l’espressione 22 0 rr 4 i rv (4.3) dove r0 è il raggio del condotto e i è la cadente piezometrica, definita dalla strutture vorticose locali che possono, qualora si estendano a tutta la corrente, determinare un regime turbolento. Giova anche osservare in questa sede che il carattere di pulsatilità del moto si manifesta prevalentemente nel distretto arterioso; nella rete venosa, viceversa, possono mediamente dirsi verificate condizioni di stazionarietà. Infine, si fa presente che quando si consideri la deformabilità dei vasi sanguigni, il vettore velocità presenta sia componente parallela all’asse che componente radiale. Figura 4.2. Moto laminare di fluido newtoniano soggetto ad un gradiente di pressione uniforme nello spazio e variabile sinusoidalmente nel tempo. Il moto si svolge entro un condotto circolare rigido. I profili di velocità rappresentati in figura corrispondono alla soluzione analitica del problema dedotta da Womersley (1955), per diversi istanti t adimensionalizzati con il periodo T dell’onda di pressione. 4.3 Esempi applicativi. Esempio 1 In un condotto circolare di diametro d=1 cm scorre un fluido incomprimibile newtoniano di densità =1,05 e viscosità dinamica =4 3. La portata fluente è Q=0,05 l/s. Determinare il numero di Reynolds Re del moto nel condotto, e stabilire la tipologia del regime dinamico. 3 Si ricorda che si può assumere, per l’acqua, =1000 kg/m3 e =10-3 kg/ms, da cui si ha =10-6 m2/s. Il numero di Reynolds può essere calcolato a partire dall’equazione (4.2), ricordando che per il moto entro il condotto circolare si assume usualmente come velocità caratteristica la velocità media e come lunghezza caratteristica il diametro del condotto. Vale pertanto VdVd Re Nel caso in esame la velocità media risulta pari a s/m 637,0 01,0 1005,04 d Q4 A Q V 2 3 2 e la viscosità cinematica s/m 10809,3 05,1 4 26 OH2 e quindi per il numero di Reynolds si ha 355,1672 10809,3 01,0637,0Vd Re 6 Poiché risulta Re 2000 2500, il moto entro il condotto risulta essere in regime laminare. _______________________________ Esempio 2 Il moto descritto nell’esempio precedente si svolge in condizioni indipendenti dal tempo. Determinare il valore della velocità massima nel condotto e il valore della velocità nei punti posti ad una distanza dall’asse pari a r=r0/2. Date le condizioni in esame, il moto risulta essere ‘alla Poiseuille’. Vale pertanto la relazione (si ricordi l’equazione (4.7)) m/s 274,1637,02V2vmax Il calcolo della velocità puntuale v(r) può essere effettuato per mezzo dell’equazione (4.3) purché sia nota la cadente piezometrica i. Quest’ultima può determinarsi utilizzando l’equazione (4.5) (ovvero la (4.6) o la (4.7)). Si ha pertanto 2 2 3 2 0 max 1022,6 005,0980605,1 1044 274,1 r 4 vi I punti distanti r=r0/2=0,25 cm dall’asse del condotto sono perciò caratterizzati dalla velocità 75,00025,0005,0 1044 1022,6980605,1 rr 4 i v 22 3 2 2/rr 22 0 0 m/s _______________________________ Esempio 3 All’interno di un tubo circolare di diametro d=0,02 m ed inclinato di =10° rispetto all’orizzontale fluisce la portata Q=0,06 l/s, costante nel tempo. Il fluido che vi scorre è incomprimibile e newtoniano (=1,05 ; =4  . Sapendo che le sezioni 1 e 2 di figura sono poste alla distanza x=5 cm, determinare la differenza di pressione p=p2-p1 In un tubo orizzontale lungo L=20 cm scorre, in condizioni laminari stazionarie, acqua. La differenza di pressione tra la sezione di valle e la sezione di monte vale p=p2-p1=-500 Pa. Determinare l’entità della portata fluente per i due seguenti valori del raggio: r0=0,5 cm e r0’=1cm. E’ immediato osservare che lungo un tubo orizzontale la quota piezometrica h* varia in virtù della variazione della sola pressione. Si ha, cioè, h * =p. Se il moto si svolge in condizioni laminari, detta p la differenza di pressione tra valle e monte in un tratto lungo L la portata risulta quindi data dalla relazione (si veda la formula di Hagen- Poiseuille) 8 r L p Q 4 0 Nel caso in esame dunque, per i due valori del raggio risulta rispettivamente s/l 812,9s/m 10812,9 1018 01,0 20,0 500 8 'r L p 'Q s/l 613,0s/m 1013,6 1018 005,0 20,0 500 8 r L p Q 33 3 44 0 34 3 44 0 Si noti che, in virtù del legame della portata con la quarta potenza del raggio, a fronte di r0’/r0=2 si ha Q’/Q=16. 5. CORRENTI MONODIMENSIONALI 5.1 Definizioni. Si definisce corrente monodimensionale (o lineare) un moto fluido che si svolge secondo una direzione prevalente sensibilmente rettilinea (asse della corrente) e che presenta limitata estensione trasversale rispetto alla lunghezza su cui il moto stesso si svolge. Le velocità attraverso ogni sezione della corrente possono dunque considerarsi parallele all’asse. Una corrente monodimensionale gode di una proprietà fondamentale: lungo la normale alle linee di corrente (lungo la normale all’asse) la pressione è distribuita idrostaticamente (equazione (2.1)). Ciò equivale ad affermare che lungo la normale alle linee di corrente la quota piezometrica h* presenta valore costante, indipendentemente dalla posizione del punto considerato. Tipicamente, il moto entro un condotto circolare di diametro costante e ad asse rettilineo costituisce una corrente monodimensionale. Si definisce energia specifica (o carico totale) nel punto generico di un fluido di peso specifico  la quantità g2 v h g2 v h p E 2 * 2 (5.1) E’ immediato osservare che l’energia E è misurata in termini di altezza. Si tratta, pertanto, di un’energia per unità di peso di fluido. I tre termini che compongono l’energia specifica hanno, dal punto di vista energetico, il seguente significato: h, quota geodetica del punto considerato misurata rispetto ad un prescelto piano orizzontale di riferimento, rappresenta il contributo dell’energia potenziale; g2 v2 , dove v è il modulo della velocità nel punto considerato, rappresenta il contributo dell’energia cinetica; p , dove p è la pressione nel punto considerato, rappresenta il contributo dell’energia ‘di pressione’. Si noti che la definizione di energia specifica è indipendente dalle caratteristiche del fluido e dai caratteri del moto. In generale, quindi, E risulta dipendere dalla posizione del punto considerato e dall’istante di tempo in cui detta grandezza viene valutata. 5.2 Equazione dell’energia per una corrente monodimensionale. Si può dimostrare che in una corrente monodimensionale di fluido pesante incomprimibile l’energia varia tra le generiche sezioni trasversali 1 e 2 (dove 1 è la sezione di monte e 2 è la sezione di valle) in base alla relazione (equazione dell’energia in forma integrale, o equazione di bilancio dell’energia) 21 s s 2 1 11 1 2 2 22 2 Eds t V gg2 V h p g2 V h p 2 1 (5.2) I diversi termini dell’equazione precedente hanno il seguente significato: g2Vhp 2 2222 è l’energia specifica caratteristica della sezione, nella quale p2 e h2 sono rispettivamente la pressione e la quota misurate nel baricentro della sezione 2, V2 è la velocità media nella sezione e 2 è un coefficiente correttivo che tiene conto dello scostamento della velocità puntuale dalla velocità media. Normalmente, per il moto entro un condotto circolare, ad 2 si assegna valore pari a 2 in regime laminare e pari ad 1 in regime turbolento. Le medesime considerazioni si applicano, naturalmente, alle quantità indicate con sjE .cont (5.4) nella quale j è la dissipazione unitaria (dissipazione per unità di peso fluido e per unità di lunghezza nella direzione del moto) definita dalla relazione sEj (j è infatti denominata anche cadente energetica). Tra le numerose espressioni proposte in letteratura per la valutazione di j la più generale è nota come formula di Darcy-Weisbach g2 V R4 f j 2 h (5.5) dove CAR h è il raggio idraulico della corrente, definito dal rapporto tra l’area liquida A ed il contorno bagnato C. Per il moto in pressione in un tubo circolare di diametro d, risulta essere 4dR h ; f è il numero di resistenza, cioè il coefficiente che quantifica la resistenza al moto offerta dalle pareti entro cui il moto stesso si svolge. L’entità dei fenomeni di attrito che generano le dissipazioni continue, e quindi il coefficiente f, dipende innanzi tutto dal regime dinamico del moto. Per il moto entro un condotto circolare, in condizioni di regime laminare alla Poiseuille (Re<2000÷2500) il valore di f è funzione esclusiva del numero di Reynolds. Si può infatti facilmente dimostrare 2 la validità della relazione Re 64 f (5.6) In condizioni di regime turbolento (Re>4000), al contrario, f risulta in generale dipendere sia dal numero di Reynolds che dalla natura della parete, secondo quanto 2 Si osservi innanzitutto che in un moto uniforme l’indipendenza della velocità da s fa sì che la cadente piezometrica i e la cadente energetica j coincidano. Sulla base di tale considerazione, l’equazione (5.6) emerge subito dall’uguagliare le espressioni di i e di j date rispettivamente dall’equazione (4.7) e dall’equazione di Darcy-Weisbach. espresso dall’equazione di Colebrook-White fRe 52,2 71,3 R4e log2 f 1 h 10 (5.7) dove e, denominata scabrezza equivalente assoluta, è la grandezza attraverso la quale si tiene conto delle rugosità presenti sulla superficie della parete di contorno (Figura 5.1). La struttura dell’equazione (5.7) mostra che un condotto di assegnata scabrezza relativa hr R4ee può manifestare, in termini di resistenza al moto, due diversi ‘comportamenti limite’. Per valori del numero di Reynolds sufficientemente piccoli da rendere prevalente la quantità fRe52,2 rispetto alla quantità 71,3R4/e h , il numero di resistenza f dipende esclusivamente dal numero di Reynolds. Si parla, in tal caso, di condizioni di parete idraulicamente liscia, per le quali la (5.7) si semplifica nella fRe 52,2 log2 f 1 10 (5.8) Per valori del numero di Reynolds viceversa sufficientemente grandi da rendere prevalente la quantità 71,3R4/e h rispetto alla quantità fRe52,2 , il numero di resistenza f dipende esclusivamente dalla scabrezza relativa. Si parla, in tal caso, di condizioni di parete idraulicamente scabra, per le quali la (5.7) si semplifica nella 71,3 R4e log2 f 1 h 10 (5.9) Quando, infine, il numero di Reynolds presenta valori tali da rendere ugualmente importanti entrambi i termini dell’argomento del logaritmo nell’equazione (5.7), l’equazione stessa deve essere considerata in forma completa. Si parla, in tal caso, di condizioni di transizione tra parete idraulicamente liscia e parete idraulicamente scabra. Figura 5.1. La parete di un condotto presenta, in generale, una successione apparentemente casuale di protuberanze e avvallamenti (a). La scabrezza equivalente assoluta e è pari al diametro di grani di sabbia (b) che, disposti uniformemente sulla parete, producono i medesimi effetti di resistenza al moto prodotti dalla scabrezza naturale. L’andamento di f in funzione di Re è rappresentato, in doppia scala logaritmica, nel Diagramma di Moody (Figura 5.5). In regime laminare, il grafico mostra l’andamento della curva (che in scala doppio logaritmica risulta una retta) di equazione (5.6). In regime turbolento, il grafico riporta l’andamento delle curve di equazione (5.7), ciascuna valutata per un prefissato valore della scabrezza relativa. 5.3.2 Dissipazioni localizzate. Figura 5.2. Distacco della corrente da un contorno curvo fisso e zona di scia a valle. In generale, quando una corrente incontra una variazione locale nella geometria dei contorni che la guidano, in corrispondenza della singolarità tendono a manifestarsi fenomeni di distacco della corrente stessa dalle pareti. In adiacenza ai contorni si stabiliscono zone di fluido che, pur essendo mediamente fermo, risulta animato da strutture vorticose che provocano dissipazioni di energia. Situazioni di questo genere si realizzano, ad esempio, subito a valle di allargamenti o di restringimenti di un condotto, in corrispondenza di gomiti o curve, in presenza di valvole e dispositivi di controllo, a seguito di diramazioni o confluenze. Per 42 10Re10  è funzione non solo del rapporto A2/A1 ma anche del numero di Reynolds Re2, secondo quanto riportato nella tabella a pag. 168 del testo citato. Variazione di sezione in presenza di un orifizio sottile ‘a spigolo vivo’. g2 V E 2 0 Per 50 10Re si ha 2 2 0 1 0 A A A A 1707,01 . Si osservi anche ora che il coefficiente  è funzione solo della geometria, attraverso entrambi i rapporti significativi (A0/A1 e A0/A2). Per 540 1010Re30 si adotta l’espressione 21 dove si ha: 1=  1(Re0, A0/A1) secondo quanto riportato in apposita tabella a pag. 175 del testo citato. =  (Re0) secondo quanto riportato in apposita tabella a pag. 175 del testo citato. 2= *, dove * è il valore del coefficiente che in uguali condizioni geometriche si calcolerebbe per numeri di Reynolds maggiori di 10 5 . Confluenza di due condotti. Si sviluppano dissipazioni localizzate sia nella corrente fluente dalla sezione 1 alla sezione 3 che nella corrente fluente dalla sezione 2 alla sezione 3. Vale: g2 V E 2 3 3131 nella quale il coefficiente 31 è valutato mediante l’espressione 2 3 2 3 2 2 3 2 31 A A Q Q Q Q 11 Nella relazione precedente  dipende, nel caso in cui A1=A3, dal valore dell’angolo  caratteristico della confluenza. In particolare, Idelchick fornisce i valori:   30° 1,74 45° 1,41 60° 1 90° 2 3 2 3 2 Q Q Q Q 55,1 g2 V E 2 3 2232 nella quale il coefficiente 32 dipende, nel caso in cui A1=A3, dall’angolo , dal rapporto tra le portate 3 2 Q Q e dal rapporto tra le aree 3 2 A A . Si riportano, a titolo di esempio, i valori di detto coefficiente proposti nel testo citato per diversi valori di 3 2 A A e di , e per 5,0 Q Q 3 2 . 3 2 A A 0,2 0,4 0,6 0,8 1 32 =30° 4,58 0,97 0,44 0,35 0,27 =45° 5,00 1,18 0,60 0,45 0,40 =60° 5,50 1,44 0,78 0,58 0,50 =90° 6,75 2,06 1,20 0,89 0,77 Diramazione in due condotti. Si sviluppano dissipazioni localizzate sia nella corrente fluente dalla sezione 1 alla sezione 3 che nella corrente fluente dalla sezione 1 alla sezione 2. Le espressioni di dette dissipazioni risultano essere piuttosto complicate. Per esse si rimanda al testo citato ed alle relative tabelle. 5.4 Esempi applicativi. dunque 1- 22 22 2 104,004 62,19 223,2 02,0 03161,0 g2 V d f j m 101,00125,010004,4LjE -1-122 _______________________________ Esempio 2 Un condotto di sezione circolare imbocca ‘bruscamente’ da un serbatoio. Determinare la dissipazione localizzata di energia Eimb che si verifica subito a valle dell’imbocco, nei seguenti due casi: a) d=2 cm =4.10-6 m2/s Q=0,1 l/s b) d’=20 cm '=4.10 -6 m 2 /s Q’=10 l/s L’imbocco brusco di una corrente da un serbatoio può essere assimilato al caso di un brusco restringimento in cui l’area della sezione di monte risulta molto maggiore dell’area della sezione di valle, cosicché 0AA 12 . Si ha perciò, detta V la velocità media della corrente nel condotto g2 V g2 V E 22 2 Nei due casi proposti, in particolare, si ha Caso a) m/s 0,318 02,0 101,04 d Q4 V 2 3 2 1592,357 104 02,0318,0Vd Re 6 Poiché Re risulta minore di 104, dalla tabella di Idelchik si desume, per 0AA 12 , 69,0 e dunque per la dissipazione m 103,556 62,19 318,0 69,0E 3- 2 imb Caso b) m/s 0,318 2,0 10104 d Q4 V 2 3 2 15923,57 104 2,0318,0Vd Re 6 Poiché Re risulta maggiore di 104, dalla relazione proposta nel paragrafo 5.3.2 si desume, per 0AA 12 , 5,0 e dunque per la dissipazione m 102,577 62,19 318,0 5,0E 3- 2 imb _______________________________ Esempio 3 Un condotto di sezione circolare sbocca ‘bruscamente’ in un serbatoio. Determinare la dissipazione localizzata di energia Esb che si verifica subito a valle dello sbocco, nei seguenti due casi: a) d=2 cm =4.10-6 m2/s Q=0,1 l/s b) d’=20 cm '=4.10-6 m2/s Q’=10 l/s Lo sbocco brusco di una corrente in un serbatoio può essere assimilato al caso di un brusco allargamento in cui l’area della sezione di valle risulta molto maggiore dell’area della sezione di monte, cosicché 0AA 21 . Si ha perciò g2 V g2 V E 22 1 essendo V la velocità media della corrente nel condotto. Nei due casi proposti, in particolare, si ha Caso a) m/s 0,318 02,0 101,04 d Q4 V 2 3 2 1592,357 104 02,0318,0Vd Re 6 Poiché Re risulta minore di 4000, dalla tabella di Idelchik si desume, per 0AA 21 , 2,2 e dunque per la dissipazione m 0,0113 62,19 318,0 2,2E 2 sb _______________________________ Esempio 5 Nel sistema di figura scorre, in condizioni laminari permanenti, un fluido incomprimibile di densità =1030 kg/m3 e viscosità dinamica =0,15 kg/ms. Determinare la portata Q fluente dal recipiente A al recipiente B nei seguenti due casi: a) trascurando le dissipazioni di energia localizzate; b) tenendo conto delle dissipazioni di energia localizzate, assumendo per la dissipazione di imbocco imb=0,7 e per quella di sbocco sb =2. Nel sistema di figura, il bilancio di energia ‘risolutivo’ è quello scritto tra i due serbatoi BABA EEE dove EA ed EB rappresentano l’energia specifica del fluido contenuto rispettivamente nel recipiente A e nel recipiente B. Per l’esplicitazione di questi termini, si noti innanzi tutto che per definizione un ‘serbatoio’ rappresenta una parte di un sistema idraulico nella quale, date le ‘grandi’ dimensioni del serbatoio stesso, la velocità del fluido è decisamente più piccola della velocità in condotta, tanto da poter essere trascurata. Si ha perciò .serb .serb h p E cioè l’energia specifica del fluido entro il serbatoio coincide con la quota piezometrica. Quest’ultima grandezza è certamente costante in ogni punto entro il recipiente, data la condizione di quiete. Pertanto, può essere espressa ponendosi in un qualsiasi punto dentro il serbatoio. Nel caso in esame, in particolare, si ha m 298,015,0 81,91030 1500 h p E m 596,020,0 81,91030 4000 h p E B 2 B A 1 A Le dissipazioni di energia che la corrente subisce passando dal recipiente A al recipiente B sono diverse nei due casi proposti. In particolare: caso a) si devono considerare le sole dissipazioni continue. Pertanto . g2 V d f j Weisbach,-Darcy da ,dove jLE 2 BA Essendo il moto, per ipotesi, in regime laminare, si ha per il coefficiente di resistenza Re 64 f Il coefficiente f, cioè, dipende a sua volta dalla velocità media in condotta (ossia dalla portata, incognita). Sostituendo nell’espressione di f la definizione di Re si arriva però facilmente ad ottenere, per l’equazione di Darcy-Weisbach V19,0 62,19 V 05,0 1030150,064 g2 V d 64 j 22 Sostituendo nell’equazione di bilancio di energia si ha pertanto 60,0V19,0298,0LV19,0298,0596,0 da cui subito si calcola la velocità m/s 614,2 60,019,0 298,0596,0 V La portata vale perciò, nel caso esaminato l/s 13,5/sm 00513,0 4 05,0 614,2VAQ 3 2 Il numero di Reynolds vale pertanto 66,897 103015,0 05,0614,2Vd Re cioè nel regime laminare, come ipotizzato. caso b) si devono considerare sia le dissipazioni continue che le dissipazioni localizzate. Quest’ultime, in particolare, data la geometria del sistema, risultano essere dovute unicamente alle dissipazioni di imbocco ed a quelle di sbocco. Si ha pertanto, per il bilancio dell’energia tra A e B g2 V g2 V jLEE 2 sb 2 imbBA dove V è la velocità media nel condotto. Si noti che la velocità, e dunque anche la dissipazione unitaria j, saranno diverse, in termini numerici, da quanto ricavato nel caso a). Lla relazione che esprime il legame tra j e V è invece ancora data da V19,0j . In sintesi, il bilancio di energia tra i due recipienti si scrive dunque 22 V138,060,0V19,0298,0V 62,19 7,2 LV19,0298,0596,0 da cui subito l’equazione di 2° grado in V AN 2 AN AN AN ANAN L g2 V d f Lj Poiché il regime di moto è laminare, si ha 0591,0 33,1082 64 Re 64 f AN AN e dunque m 275,02 62,19 955,0 02,0 0591,0 Lj 2 ANAN Dissipazioni localizzate: la corrente considerata risente della sola perdita di imbocco m 023,0 62,19 955,0 5,0 62,19 V 2 2 AN imb Si noti come l’entità di tale dissipazione sia, nell’esercizio proposto, molto piccola rispetto alla dissipazione continua. Energia nel recipiente: coincide con la quota piezometrica nel recipiente, pertanto m 6,11,15,0h p E A 1 A Dal bilancio dell’energia precedentemente scritto si ha subito m 302,1023,0275,06,1EEE NAAN Domanda 2). Relativamente alla portata fluente nel ramo NC, si può certamente affermare che essa scorre da N a C: C, infatti, è sezione di sbocco in atmosfera! Il bilancio di energia per la corrente che fluisce nel ramo in questione si scrive dunque da N a C CNCN EEE Si osservi a questo punto che le dissipazioni che la corrente subisce da N a C sono le sole dissipazioni continue: in corrispondenza di uno sbocco in atmosfera, infatti, non si verifica alcuna dissipazione di energia. Pertanto NC NC 2NC NC 2NCNCCN V576,01 62,19 V 01,0 850015,064 L g2 V d 64 LjE Energia nella sezione C: la sezione C è di sbocco in atmosfera: il fluido, pertanto, presenta pressione relativa nulla. Inoltre, dai dati del problema si ha hC=0. L’energia è pari perciò al solo termine cinetico 2 NC 2 NC C V102,0 g2 V 2E Il bilancio di energia da N a C pertanto porge 0302,1V576,0V102,0 NC 2 NC da cui per la velocità 102,02 302,1102,04576,0576,0 V 2 NC la cui soluzione fisicamente significativa è m/s 730,1VNC La portata è quindi pari a l/s 136,0/sm 000136,0 4 01,0 730,1AVQ 3 2 NCNCNC e il numero di Reynolds 33,980 850015,0 01,0730,1dV Re NCNCNC La portata lungo il ramo NB si determina imponendo l’equazione di continuità nel nodo N. Supponendo che detta portata sia uscente dal nodo si ha l/s 164,0136,03,0QQQ cui da QQQ NCANNB NBNCAN Il segno positivo del risultato mostra che l’ipotesi fatta circa il verso di QNB è corretta. Domanda 3). Conoscere il verso della portata nel ramo NB permette di scrivere in modo corretto l’equazione di bilancio dell’energia lungo il ramo stesso BNBN EEE Nell’equazione precedente, l’unico termine incognito è l’energia EB, che pertanto può essere immediatamente calcolata. Preliminarmente, conviene determinare la velocità media VNB e il numero di Reynolds ReNB
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