Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Eresie nel III secolo, Tesi di laurea di Storia Medievale

Fenomenologia delle eresie nella Chiesa Cattolica durante il III secolo d.C. L'obiettivo dell'elaborato è esporre in maniera dettagliata quelle che furono le vicissitudini a cui andò incontro la Chiesa di Roma nel contrastare fenomeni scismatici ed eresie.

Tipologia: Tesi di laurea

2013/2014
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 23/06/2014

soldierfrankie1
soldierfrankie1 🇮🇹

4

(2)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Eresie nel III secolo e più Tesi di laurea in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Introduzione Argomento dalle mille vicissitudini, il problema delle eresie ha permesso alla Chiesa di Roma, scossa nel III secolo dal vescovo in pectore Novaziano, che causò uno scisma dopo l’elezione al soglio petrino di Cornelio, di rafforzarsi sempre di più nel tentativo di debellarle. Un processo durato quattro secoli, disseminato di incidenti diplomatici e religiosi, che ha portato alla formazione di una Chiesa solida e diffusa nel mondo. Le prime eresie si sono diffuse in Asia minore già dal secondo secolo d.C., espandendosi poi in Africa e nel resto dell’Occidente. Per comprendere come nasce l’eresia, è necessario capire come e dove si è diffuso il Cristianesimo. Nel primo capitolo si affronta tale tematica, trattata nelle Lettere paoline e negli Atti degli apostoli, opere nelle quali si narra la diffusione del Cristianesimo dopo la morte e risurrezione del Cristo. Da esse, scritte originariamente in greco, si apprende che il Cristianesimo è stato soggetto a diverse diatribe riguardanti il comportamento da assumere nei confronti dei nuovi fedeli, soprattutto verso coloro che si erano convertiti al Cristo abbandonando il paganesimo. Sono proprio questi ultimi a dar vita ad una sorta di secessione interna nei primi nuclei cristiani, essendo stato imposto loro il rispetto della Legge; nasce così un rifiuto verso la stessa e le sue dure norme comportamentali, fino al rifiuto della Scrittura giudaica. Tuttavia non si può ancora parlare di eresia, termine greco di matrice filosofica utilizzato poi in ambito religioso e con connotazione negativa, come spiegato in chiusura del primo capitolo. Nel secondo capitolo viene trattato lo Gnosticismo, la prima vera corrente eretica che ha dato vita a varie dottrine, prime fra tutte quelle di Valentino e Mani. Il primo è ricordato soprattutto per la sua speculazione sulle origini del mondo, il cui risultato è un racconto molto fantasioso che fonde religione e mitologia. Più lineare e concreta è la presa di posizione del persiano Mani, che fonda la sua dottrina sul semplice dualismo dei due principi opposti e coeterni, e ciò rende inutile una speculazione di fondo come quella valentiniana. Fusione di diverse dottrine che l’hanno preceduta, il manicheismo non è una religione sincretista, anzi fa di quest’unione il suo punto di forza, rendendola una religione coesa e solida, destinata a diventare la maggior antagonista della Chiesa di Roma per diverso tempo. Ebbe grande rilevanza anche grazie a Sant’Agostino, Dottore della Chiesa che ha combattuto le eresie, in particolare quella manichea, che aveva vissuto da giovane e da cui aveva avuto una forte delusione senza riuscire a risolvere i problemi esistenziali che lo attanagliavano. Di grande importanza è la sua testimonianza anti manichea espressa nelle Confessioni, la sua opera di maggior rilievo. Con Sant’Agostino viene fatta luce sulle altre eresie del tempo, quali il Donatismo, l’Arianesimo e altre di tal peso e diffusione che per contrastarle sono stati indetti vari Concili ecumenici. L’Arianesimo è stata sicuramente l’eresia più difficile da sconfiggere, ma quella mediante cui la Chiesa di Roma si è rafforzata; per combatterla infatti fu indetto il Concilio di Nicea, la pietra miliare del Cristianesimo perché le decisioni prese in esso hanno costituito un punto di non ritorno: con esse si è resa salda la Trinità divina e si è rafforzato il potere dei Sacramenti, messi seriamente in dubbio da Donato di Cartagine e dalla sua dottrina. Non di meno, Nicea è stata una guida per i Concili successivi, come quello di Calcedonia da cui è nato quello che sarebbe diventato il Credo moderno, definito nella forma attuale nel Concilio di Costantinopoli e pertanto detto Niceno- Costantinopolitano. Il rafforzamento della Chiesa Cattolica mediante la lotta alle eresie è da attribuire anche all’interessamento dello Stato nelle questioni religiose, prima con Costantino e la libertà religiosa nel 313 e poi con il riconoscimento ufficiale del Cristianesimo come religione di Stato, avvenuto nel 380 con l’editto di Tessalonica promulgato da Teodosio. Morto anche Giacomo e imprigionato Pietro, che però riuscirà a scappare dalla Palestina, per mano di Agrippa, nipote di Erode il Grande, la predicazione di Gesù viene diffusa dall’ultimo, in ordine cronologico, dei discepoli, Paolo di Tarso. Quest’ultimo, uno dei maggiori persecutori dei primi seguaci di Cristo, si convertì dopo un evento straordinario che lo coinvolse: In quei giorni, Paolo disse al popolo: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamalièle nell'osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?". Io risposi: "Chi sei, o Signore?". Mi disse: "Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti". Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: "Che devo fare, Signore?". E il Signore mi disse: "Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia". E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Ananìa, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: "Saulo, fratello, torna a vedere!". E in quell'istante lo vidi. Egli soggiunse: "Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Alzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome"».5 La sua conversione portò sconcerto nella piccola comunità siriana, che lo accettò pienamente solo grazie all’intervento dell’influente Barnaba. Egli ebbe quindi modo di predicare la Parola di Dio e di riflettere sull’osservanza della legge giudaica legata al problema della giustificazione, un problema che Paolo risolse con una presa di 5 Atti degli Apostoli 22, 3-16 posizione devastante per l’allora dimensione giudaica: secondo Paolo, Dio era venuto per salvare tutti e la salvezza la possono lucrare tutti, non con l’osservanza ligia e morale della Legge ma aderendo con viva fede a Cristo.6 Tale presa di posizione non fece una buona impressione sulla comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme che faceva capo a Giacomo. E fu proprio a Gerusalemme che, in un incontro tra Paolo e Barnaba da un lato e Pietro e Giacomo dall’altro, il discepolo di Tarso riuscì a convincere la comunità giudaizzante dell’assoluta buona fede della sua teoria. Pietro, dal canto suo, viene riconosciuto come il primo Apostolo ad aver esteso la conversione ai Pagani, anche se dalla lettura degli Atti traspare una sua indecisione riguardo a quale posizione prendere. Ne è chiaro esempio il così detto incidente di Antiochia, ove Paolo rimproverò Pietro che si era rifiutato di sedere a tavola con i cristiani di origine pagana: Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei? Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno».7 In seguito, l’uccisione di Giacomo da parte dei sommi sacerdoti giudei contribuì in modo netto a indebolire la posizione giudaica nei confronti di quella cristiana. 3. L’evoluzione del Cristianesimo: i rapporti col Giudaismo e la risoluzione dei contrasti interni Ciò che lega in modo indissolubile il Cristianesimo e il Giudaismo è il monoteismo, ossia la credenza in unico Dio. Con l’evolversi della nuova religione e l’allontanarsi sempre più netto da 6 MANLIO SIMONETTI, Op. cit., 2012 p. 24 7 Atti degli Apostoli 2, 11-16 quella da cui era scaturita, l’attenzione dei fedeli si sposta dall’osservanza della Legge alla fede in Gesù Cristo. All’interno del Cristianesimo si presentarono due quesiti che s’imposero nelle coscienze, ossia come conciliare la fede nella dimensione divina in Cristo con la credenza in un solo Dio dei giudei e come far combaciare la dimensione divina con quella umana. Di questo problema e di come venne risolto ce ne parla Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi: Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole. Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.8 A questi quesiti si dette risposta con la convinzione della futura parusia del Signore Gesù Cristo, con il suo ritorno sulla Terra nelle vesti di Sommo Giudice prima della catastrofe finale, un evento che Paolo e i seguaci prevedevano nella loro generazione o poco oltre. 8 Prima lettera di San Paolo Apostolo ai Tessalonicesi 4, 13-18 e 5 1-11 e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso. Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo. E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: e che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato: sicure. Per questo anche in un altro luogo dice: corruzione. Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione. Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè. Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti: mirate, beffardi, stupite e nascondetevi, poiché un'opera io compio ai vostri giorni, un'opera che non credereste, se vi fosse raccontata!».12 E Paolo, ritto in piedi in mezzo all'Areopago, disse: «Ateniesi, io veggo voi in tutto e per tutto singolarmente religiosi. Tanto è vero, che passando e vedendo i vostri simulacri, ho trovato perfino un altare con questa iscrizione: "Al Dio ignoto". Or quello che voi onorate senza conoscerlo, quello io annunzio a voi. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che vi si trova, Signore com'è del cielo e della terra, non abita in templi fatti dalla mano dell'uomo; e non può esser servito da mani d'uomini, quasi avesse bisogno di qualche cosa, dando egli a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli fece che l'umana progenie, nata da un solo, si spandesse su tutta la faccia della terra; e ha determinato il tempo e i confini della loro dimora, affinché cerchino Dio e si sforzino di trovarlo pur andando a tastoni. E non è già ch'egli sia lontano da ciascun di noi, poiché in lui abbiam la vita, il movimento e l'essere, come anche alcuni de' vostri poeti hanno detto: - Noi siamo progenie di lui. - 12 Id. 13, 16-41 Essendo dunque noi progenie di Dio, non dobbiamo credere che all'oro, o all'argento, o alla pietra scolpita ad arte e con ingegno umano sia simile la Divinità; E Dio, non tollerando più i tempi di siffatta ignoranza, fa oggi annunziare agli uomini tutti e da per tutto che facciano penitenza, avendo egli stabilito il giorno, in cui giudicherà il mondo nella equità per mezzo di un uomo da lui prescelto, facendone a tutti fede con risuscitarlo dai morti».13 6. Il Cristianesimo e il rapporto con Roma Non è facile spiegare come il Cristianesimo della prima ora si è rapportato con Roma. All’inizio non ci furono contrasti perché, come spiega Paolo, i Cristiani, già mal visti dai Giudei, volevano evitare di essere repressi anche dal governo romano, pertanto il discepolo di Tarso prese posizione a favore del potere imperiale: Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna.14 Accadde però che Nerone rovesciò la colpa dell’incendio di Roma del 64 sui Cristiana, facendoli ricercare ed uccidere in massa. Di tale persecuzione furono vittime anche Pietro e Paolo.15 Tacito sembra però negare la veridicità dell’accusa neroniana, forse fatta circolare perché proprio su Nerone puntavano le voci circa le cause dell’incendio: Nessuno sforzo umano, nessuna elargizione dell'imperatore o sacrificio degli dei riusciva ad allontanare il sospetto che si ritenesse lui il mandante dell'incendio. Quindi, per far cessare la diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e colpì con pene di estrema crudeltà coloro che, odiati per il loro comportamento contro la morale, il popolo chiamava Cristiani. Colui al quale si doveva questo nome, Cristo, nato sotto l'impero di Tiberio, attraverso il procuratore Ponzio Pilato era stato messo a morte; e quella pericolosa 13 Id. 17, 22-31 14 Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani 15 MANLIO SIMONETTI, Op. cit., p. 33 superstizione, repressa sul momento, tornava di nuovo a manifestarsi, non solo in Giudea, luogo d'origine di quella sciagura, ma anche a Roma, dove confluisce e si celebra tutto ciò che d'atroce e vergognoso giunge da ogni parte del mondo. Quindi dapprima vennero arrestati coloro che confessavano, in seguito, grazie alle testimonianze dei primi, fu dichiarato colpevole un gran numero di persone non tanto per il crimine di incendio, quanto per odio nei confronti del genere umano. E furono aggiunti anche scherni per coloro che erano destinati a morire, che, con la schiena ricoperta di belve, morissero dilaniati dai cani, o che fossero crocefissi o dati alle fiamme e, tramontato il sole, utilizzati come torce notturne. Per quello spettacolo Nerone aveva offerto i suoi giardini ed allestiva uno spettacolo al circo, confuso fra la folla in abito da auriga o salendo su una biga. Quindi, benchè le punizioni fossero rivolte contro colpevoli ed uomini che si meritavano l'estremo supplizio, sorgeva una certa compassione nei loro confronti, come se i castighi non fossero stati inflitti per il bene pubblico, ma per sadismo di un solo uomo.16 Se ciò che afferma Tacito corrisponde a verità, rimane da capire secondo quale criterio Nerone abbia ordinato il massacro di massa. A tale quesito, una possibile risposta ce la fornisce Tertulliano: Ai singoli delitti risponderò, che si dice commettiamo occultamente, che essi, invece, scopriamo commettere palesemente, in cui scellerati ci si giudica, sciocchi, degni di condanna, risibili. Ma poiché, quando la nostra verità ogni loro affermazione ha fronteggiato, alla fine a quella viene opposta l'autorità delle leggi, talché o si afferma che non c'è più luogo a considerazioni dopo le leggi, o, pur contro voglia, la necessità dell'obbedienza viene alla verità anteposta, mi scontrerò con voi prima sul fatto delle leggi, come con tutori delle leggi. Anzi tutto, quando duramente stabilite dicendo: 'A voi non è lecito esistere', - e codesto senza alcuna più umana considerazione prescrivete, voi di violenza fate professione, di dominio tirannico ingiusto, se affermate che per questo non è lecito, perché voi così volete, non perché deve non essere lecito. Che se per questo non volete che sia lecito, perché non deve essere lecito, senza dubbio codesto essere lecito non deve, perché si agisce male; e appunto con ciò stesso si presume che sia lecito l'agir bene. Se io avrò scoperto essere bene quello che la tua legge ha vietato, non è vero che in base a quella presunzione essa vietare non mi può ciò che a buon diritto mi vieterebbe, se fosse male? Se la tua legge ha sbagliato, essa, penso, da un uomo è stata concepita: non è caduta giù dal cielo.17 16 TACITO, Annales 15, 44, Garzanti Libri Milano 2003 17TERTULLIANO, Apologeticum 4, 2-5, Rizzoli Editore 1996 una particella caduta dal Pleroma, il mondo divino, albergava in alcuni eletti, i soli che entrati in possesso della gnosi, ossia la conoscenza di tale privilegio, fossero destinati a rientrare nel Pleroma. La conoscenza gnostica su cui si basa il concetto di gnosis è una conoscenza spirituale, è la conoscenza di Dio, ossia di qualcosa d’inconoscibile naturalmente. 2.2 Le fonti gnostiche Quando si parla di fonti gnostiche, si parla maggiormente di fonti antignostiche, nel senso che gran parte del materiale letterario a noi pervenuto va a comporre quel corpus di opere cristiane scritte per confutare lo Gnosticismo. Esse hanno costituito le sole fonti in nostro possesso, almeno fino al XIX secolo; a partire da questo periodo, numerose ricerche ci hanno fornito altrettanto materiale, per lo più in lingua copta e aramaica, ma anche in persiano, turco e persino cinese: ciò dimostra quanto fosse diffuso lo gnosticismo nell’ambito del primo cristianesimo. 2.3 La dottrina gnostica Secondo il principio gnostico, non è stato Dio a creare il Mondo ma gli Arconti, divinità demoniache inferiori, che non conoscono Dio e ne impediscono la conoscenza. In poche parole, il cosmo è visto come regno delle tenebre che si contrappone al regno della luce e Dio non può essere conosciuto tramite concetti naturali ma richiede rivelazione soprannaturale ed illuminazione. La terra, per gli gnostici, è la cavità più tetra del cosmo, che appare come una vasta prigione: in sostanza il cosmo è racchiuso fra sette sfere di pianeti, più il cielo delle stelle fisse e, tutto ciò che si frappone tra la terra e l’aldilà serve a separare l’uomo da Dio. I Sette Arconti governano ciascuno una sfera della prigione cosmica ed il loro governo è chiamato heimarméne. Il loro capo è il Demiurgo. In quanto all’uomo, è composto di carne, anima e spirito, quest’ultimo, il pneuma, nel suo stato iniziale immerso nell’anima e nello spirito, è ignorante 20. Il suo risveglio e la sua liberazione avvengono mediante la conoscenza. I pneumatici, come si autodefiniscono i possessori di gnosi, vivono appartati in questo mondo, sono in grado di dominare il governo degli Arconti e sono liberi dal giogo della legge morale poiché il pneuma è salvato nella sua natura e non può essere macchiato da ciò che deriva dalla retribuzione arcontica del Mondo. 2.4 Le origini bibliche dello Gnosticismo, Simon Mago «Io sono Dio (o un figlio di Dio, o uno Spirito divino). E sono venuto. Ormai il mondo sta per essere distrutto. E voi, o uomini, dovete morire a causa delle vostre iniquità. Ma voglio salvarvi. E voi mi vedete che ritorno di nuovo con potere celeste. Beato colui che ora mi ha adorato! Ma io rovescerò fuoco eterno su tutti gli altri, sulle città e sulle campagne. E gli uomini che non si rendono conto dei castighi in serbo per loro, invano si pentiranno e gemeranno. Ma io preserverò per sempre quelli che si sono lasciati convincere da me»21 20 Id. p. 64 21 ORIGENE, Contra Celsum, Morcelliana Brescia 1999, 7, 9 Così si presenta Simon Mago, il personaggio samaritano al centro di un noto episodio biblico in cui si scontrò con Filippo prima e Pietro poi: Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli rispose: «Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio. Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero. Ti vedo infatti chiuso in fiele amaro e in lacci d'iniquità». Rispose Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto».22 Simon Mago si riteneva dunque, ed era ritenuto dai samaritani, l’incarnazione di Dio e vedeva in Elena, una prostituta riscattata da un bordello di Tiro, l’Ennoia, ossia la generatrice degli angeli e degli eoni (le varie emanazioni del Dio primo), i quali avevano creato il mondo e per invidia avevano rinchiuso Ennoia in un corpo umano, costringendo la sua anima a trasmigrare da un corpo all’altro per l’eternità; il Sommo Dio, per salvare Ennoia e gli esseri umani, si era incarnato nello stesso Simon Mago. Per tali ragioni, l’eretico samaritano è ritenuto il fondatore dello gnosticismo. 2.5 Saturnino e gli angeli fondatori del mondo Andando oltre l’Ennoia di Simon Mago, Saturnino, teologo gnostico del II secolo, sostiene, come scrive Ireneo, che il Mondo è stato fondato da sette angeli: Saturnino come Menandro dichiara che c'è un solo Padre a tutti sconosciuto, che ha fatto angeli, arcangeli, potenze, dominazioni. Il mondo e tutto quanto vi è contenuto è stato creato da sette angeli. Anche l'uomo è creazione degli angeli: poiché infatti apparve una luminosa immagine dal sommo potere, quelli non avendolo potuta trattenere perché era tornata subito in alto, si esortarono a vicenda dicendo: «Facciamo un uomo a immagine e somiglianza». Essi lo fecero, ma la loro creatura non poteva stare in piedi, a causa dell'incapacità degli angeli, e si agitava come un verme.23 Uno dei sette angeli è il dio Ebraico24, che Cristo è venuto a distruggere. Secondo Saturnino, e anche secondo Marcione e i Valentiniani, uno dei setti angeli è il demonio. 22 Atti degli Apostoli, 8, 18-24 23 IRENEO DI LIONE (a cura di Dellagiacoma V.), Contro le Eresie, Editore Cantagalli, Siena 1992, I 23,5 24 HANS JONAS, Lo Gnosticismo, SEI, Torino 1973, pp. 149-50 2.6 Il pensiero marcioniano Nato a Sinope alla fine del primo secolo d.C., Marcione è stato un vescovo e teologo greco ed è considerato il primo a redigere un canone del Nuovo Testamento. Egli, infatti, selezionò solo alcuni libri del Nuovo Testamento di cui un solo Vangelo, quello di Luca, seppur epurato in parte. Tale selezione fu attuata per liberare le Sacre Scritture dalle interpolazioni giudaiche. Marcione è senza ombra di dubbio il caso più singolare tra gli gnostici, in cui rientra solo perché la sua visione è quella del dualismo anticosmico: egli rifiuta infatti le fantasiose origini mitologiche del mondo e non parla di Arconti; il suo pensiero si basa sul concetto del Dio Straniero, padre di Gesù Cristo, che salva l’umanità ancora del tutto estranea a lui. Tale Dio è straniero persino agli uomini. Quanto detto annulla una delle teorie fondamentali del pensiero gnostico, la quale afferma che gli uomini sono stranieri in questo mondo e che la loro assunzione al regno divino costituisce il ritorno alla vera casa: il Dio supremo dunque, nel salvare l’umanità salva ciò che gli appartiene. C’è però da dire che Marcione è sì gnostico ma è anche l’unico di essi a prendere sul serio la Passione di Cristo, seppur rimaneggiata e pertanto osteggiata dalla Chiesa Cattolica. Secondo il suo pensiero, Gesù Cristo è sì morto per salvare gli uomini, ma per salvarli dal Dio del Vecchio Testamento e farli figli del Dio buono e giusto, un Dio che concede la grazia con libertà, senza alcun legame obbligante. Inoltre è interessante l’ascetismo marcioniano, secondo il quale l’uomo, nella sua vita terrena, doveva astenersi da qualsiasi usanza appartenente al Creato, in quanto solo in questo modo si sarebbe garantito la salvezza eterna. Contrariamente avrebbe sfruttato ciò che era stato creato dal Demiurgo, pertanto sarebbe venuto meno alla chiamata del Dio buono, che secondo i marcioniti è un Dio in senso differente: in tal modo, non volendo lasciare nulla di terreno, si astengono non per moralismo ma per ostilità a colui che li ha creati.25 2.7 Valentino e la sua scuola Non si deve compiere il mistero del potere ineffabile e invisibile per mezzo delle cose visibili e corruttibili della creazione, né quello degli esseri impensabili e immateriali per mezzo delle cose sensibili e corporee. La salvezza perfetta è la conoscenza stessa dell’ineffabile grandezza: perché essendo venuti attraverso l’Ignoranza, il Difetto e la Passione, tutto il sistema generato dall’Ignoranza è dissolto dalla conoscenza. Perciò la conoscenza è la salvezza dell’uomo interiore; e non è corporea, perché il corpo è corruttibile; non è psichica, perché anche l’anima è un prodotto del difetto ed è come un abitacolo per lo spirito: spirituale deve essere perciò anche la [forma della] salvezza. 25 HANS JONAS, Op. cit. La religione manichea fonde le dottrine di Buddha, Zoroastro e Gesù, ma non per questo è una religione sincretista; al contrario, tale fusione garantisce maggiore stabilità e credibilità alla dottrina. Il fondamento della dottrina manichea è così spiegato da Teodoro bar Konai: Prima dell’esistenza del cielo e della terra e di quanto è in essi c’erano due nature, una buona e l’altra malvagia, separate l’una dall’altra. Il principio buono dimora nel luogo della Luce ed è chiamato “Padre della Grandezza”. Fuori di lui dimorano le sue cinque Sh’kina: Intelligenza, Conoscenza, Pensiero, Deliberazione, Risoluzione. Il principio cattivo è chiamato “Re della Tenebra” e dimora nella terra della Tenebra circondato dai suoi cinque Eoni, gli Eoni del Fumo, del Fuoco, del Vento, dell’Acqua e della Tenebra. Il mondo della Luce confina con quello della Tenebra e non c’è una parete di divisione tra di essi.29 I Manichei persiani chiamano le Tenebre personificate Ahriman, le fonti greche vi unirono il termine Hyle, ossia Materia. Quest’ultimo concetto è interpretato da Mani come una finzione mitologica. La Materia non è soltanto personificata ma possiede anche una propria natura spirituale, senza la quale non potrebbe essere male. Tale malvagità positiva è la sua essenza, non quella passiva che è cattiva solo per assenza di bene. Per quanto concerne i due regni, Luce e Tenebra, essi sono coeterni per quanto riguarda il passato ed esistono senza alcuna relazione, con la Luce che non desidera altro che la separazione dalla Tenebra, per nulla intenzionata ad illuminare il suo opposto; ciò accade perché la Tenebra è ciò ch’è destinata ad essere e da sola attua la propria natura, come del resto fa la Luce. Questa autosufficienza della Luce evidenzia la differenza del Manicheismo col Cristianesimo e con la gnosi siriaca, la quale tende ad affermare la Luce come responsabile del dualismo attuale. Ma se Luce e Tenebra coesistono per conto proprio, come mai allora sono entrate in guerra? Severo, Teodoreto e Tito lo spiegano così: 29 HANS JONAS, Op. cit., p. 227 La Tenebra era divisa contro se stessa: l’albero contro i frutti e i frutti contro l’albero. Lotta e amarezza appartengono alla natura delle sue parti; la dolce tranquillità è aliena ad esse che sono piene di ogni malignità, e ciascuna distrugge ciò che le è vicino. Tuttavia fu proprio il loro tumulto che fornì loro l’occasione di sollevarsi ai mondi della Luce. Perché, in verità, questi membri dell’albero della morte, in partenza, non si conoscevano nemmeno l’uno con l’altro. Ognuno aveva soltanto la propria mente, ognuno non conosceva che la propria voce e non vedeva che quello che aveva dinanzi agli occhi. Solo quando uno di essi gridava essi lo udivano e si voltavano con impeto verso il suono. Così, eccitati e incitandosi a vicenda, si combatterono e si divorarono uno con l’altro senza smettere di urtarsi con forza a vicenda, finché non s’accorsero della Luce. Nello svolgimento della guerra, infatti, alcuni inseguiti altri inseguitori, giunsero ai confini della Luce, e quando scorsero la Luce – una visione meravigliosa e gloriosa, molto superiore alla loro – ne provarono piacere e meraviglia; e si riunirono – tutta la Materia della Tenebra – e si consultarono sul modo di potersi unire ad essa. Ma a causa del disordine delle loro menti non si accorsero che il forte e potente Dio vi abitava. E si sforzarono di sollevarsi all’altezza, perché non era mai giunta fino a loro una conoscenza di Dio e della Divinità. E così senza comprendere gettarono uno sguardo forsennato su di essa suscitato dalla concupiscenza allo spettacolo di quei mondi benedetti, e pensarono di potersene appropriare. E trascinati dalla passione che era in loro, desiderarono ora con tutte le loro forze di combattere per ridurle in loro potere e mescolare la loro Tenebra con la Luce. Riunirono tutta l’oscura e dannosa Hyle, si sollevarono tutti insieme con le loro innumerevoli forze, e, nel desiderio del meglio, sferrarono l’attacco. Attaccarono in un corpo solo, per così dire, senza conoscere il loro avversario, perché non avevano mai sentito parlare della Divinità.30 In questo passo fantasioso dell’inventiva di Mani, viene descritto ciò che del resto fa parte della linea generale iranica, ossia che la visione della Luce provoca nella Tenebra invidia e avidità. Da qui scaturisce l’attacco alla Luce, in quanto il desiderio della Tenebra non è di essere ma di possedere il meglio ed il riconoscerlo produce risentimento. Tale attacco costringe la Luce ad uscire dal suo riposo e a generare le creazioni. Come la Luce, pacifica, si sia organizzata per combattere le Tenebre, lo descrive Teodoro bar Konai: 30 Id., p. 231 Quando il Re della Tenebra progetto di salire al posto della Luce, il timore si sparse tra le cinque Sh’kina. Allora il padre della Grandezza ne prese atto e disse: “Io non manderò in battaglia nessuno dei miei Eoni, le cinque Sh’kina, poiché le ho create per la pace e la beatitudine. Io stesso andrò in vece loro e condurrò la guerra contro il nemico.”31 Il regno della Luce era incapace di combattere perché Dio non era malvagio, non aveva nulla di malvagio con cui castigare la Materia. A questo punto la prima creazione del regno della Luce è l’Uomo Primordiale, inghiottito però dalla Tenebra, ma si pensa che sia stato esso stesso a farsi inghiottire, prevedendo l’esito di ciò; l’Uomo Primordiale, infatti, agisce come sedativo sulla Tenebra, che viene così sconfitta e conquistata. La seconda creazione fu il Macrocosmo, poi venne il Messaggero, con il quale ebbe inizio la rivoluzione cosmica con cui fu resa possibile l’ascesa della Luce imprigionata dalla natura. L’ultima creazione è opera del Re della Tenebra, l’ultima arma con cui cerca di sconfiggere la Luce, donando a tale creazione tutta la Luce rimastagli a disposizione. Questa creazione è quella di Adamo e Eva. In pratica l’uomo è creazione diabolica, pertanto ciò spiega il perché i manichei si ostinino ad astenersi dal sesso e da tutto ciò che riguarda il corpo. In conclusione il Gesù manicheo è un’emanazione del Messaggero e la sua incarnazione è nel mondo vegetale ed è la forma sofferente dell’Uomo Primordiale. La storia manichea del mondo, in sostanza, è un continuo processo di liberazione della Luce. Capitolo 3 31 Id., p 232 spinse la Chiesa a rimarcare l’efficacia dei sacramenti, condannando il carattere giudicatorio del donatismo. 3.6 Ario Ario era un eresiarca alessandrino vissuto nel IV secolo. La sua dottrina fu condannata dal Concilio di Nicea nel 325 (voluto da Costantino che nel 313 aveva dichiarato la libertà religiosa nell’impero). Egli sosteneva che solo il Padre può essere considerato l’unico vero Dio e che Gesù, intermediario tra Dio e il mondo, esisteva nel pensiero del Padre prima di tutti i secoli. Quindi Gesù viene considerato da Ario come il primogenito della stirpe umana, esistito per la volontà del Padre di creare l’uomo e completamente estraneo alla sostanza di Lui. Tale teoria causò preoccupazione in chi voleva tener saldo il concetto di Trinità e portò prima alla condanna ad Alessandria di Ario, costretto quindi all’esilio nel 321, e poi all’indizione di un Concilio, che confermò la condanna ricevuta in patria. 35 Reintegrato vescovo da Costantino, l’eresiarca alessandrino morì prima di poter riprendere la cattedra e divenne nelle leggende cattoliche una sorta di servo di Satana.36 3.7 Agostino d’Ippona e le eresie Nel periodo descritto in questo capitolo, molto importante è la figura di Agostino di Tagaste, eretico manicheo convertitosi alla religione Cristiana e divenuto in seguito vescovo d’Ippona. Figlio di un modesto funzionario e di Monica, una cristiana convinta, la giovinezza di Agostino fu tormentata dalla ricerca della Verità, in quanto leggendo le Scritture gli parve di vedervi uno stile rozzo e privo d’attrazione. Ricevette un’educazione molto raffinata, anche grazie ad un ricco proprietario di Tagaste, Romaniano e poi, attratto dalla patina razionale con cui si presentava, si avvicinò al Manicheismo37. Seguì tale dottrina religiosa per nove anni, poi ebbe un crollo psicologico dopo l’incontro con Fausto di Milevi, il maggiore esponente della dottrina di Mani e si trasferì a Roma dopo aver constatato l’inciviltà degli universitari della sua città, dove era docente di Retorica, anche se nella Roma non trovò un ambiente ospitale come s’immaginava. Rivoltosi ad un’alta carica pubblica, ottenne la cattedra di Retorica a Milano e lì, grazie alla madre Monica che lo seguì durante tutto il periodo di ricerca teologica, si avvicinò al Vescovo Ambrogio ed iniziò un percorso di conversione che lo portò ad essere battezzato la notte di Pasqua del 387. Ritornato in Africa un anno dopo rispetto a quanto aveva previsto, e ciò a causa della morte della madre, 35 FRANCESCO SABA SARDI, Il Grande libro delle religioni, Mondadori Milano 2002, p. 88 36 Ib. 37 PAOLO FEDELI, Il sapere letterario, Fratelli Ferraro Editore, Firenze 2007, voll. VI, vol. III B, pp. 993-4 Agostino combatté fermamente il Manicheismo e il Donatismo38 e fu ordinato Sacerdote a furor di popolo mentre era ad Ippona intenzionato a fondarvi un monastero, così come fece. Ordinato vescovo, morì ad Ippona mentre la città era accerchiata dai barbari. Di Sant’Agostino si conservano diverse opere, scritte senza sosta durante il periodo di conversione fino alla morte; la più importante è senza dubbio le Confessioni. L’opera narra tutta la sua vita, forti sono le motivazioni con cui schiaccia le eresie del suo tempo che da giovane aveva conosciuto e abbracciato. Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tu guida, entrai nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto. Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce. O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me». Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù», «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita»; e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne». Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini. Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io 38 Ib. l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.39 3.8 Nestorio Teologo e patriarca di Costantinopoli nel IV secolo, Nestorio affermava che in Cristo la natura umana e quella divina si fossero congiunte senza tuttavia fondersi. Il nestorianesimo si diffuse persino in Cina, dove rimase poco oltre la metà del IV secolo, quando poi decadde sotto la pressione islamica di Tamerlano.40 3.9 I Concili Ecumenici e la condanna definitiva delle eresie Fra il quarto e il quinto secolo, numerosi furono i concili che condannarono le diverse eresie e quello di Nicea fu senza ombra di dubbio una pietra miliare per le successive dispute religiose; in esso si dibatté sulla questione di Ario e della sua teoria. Tale Concilio fu fortemente voluto da Costantino nel 32541, per risolvere autorevolmente un conflitto dottrinale e porre fine alle controversie religiose. Si riunirono in esso circa trecento vescovi che determinarono la cacciata di Ario assieme ad altri due vescovi.42 La definizione nicena non riuscì, nonostante tutto, a ristabilire la pace dottrinale, le controversie legate ad essa andarono avanti per oltre mezzo secolo; il Concilio fu però di grande importanza per la Chiesa perché emanò nuove norme organizzative per essa. Un altro importante Concilio fu quello che si tenne ad Efeso nel 431, convocato in gran fretta da Teodosio per sopprimere la dottrina nestoriana, in particolare si discusse il concetto secondo il quale Maria non poteva essere considerata Madre di Dio ma Madre di Cristo, in quanto il logos abitava nell’uomo Gesù come in un tempio.43 Importante fu anche il Concilio di Calcedonia del 451che diede definizioni ben precise in ambito teologico, appoggiato dallo Stato che, come vedremo nel paragrafo successivo, aveva abbracciato il Cristianesimo più di un secolo prima. 3.10 Teodosio e la religione di Stato L’editto di Tessalonica, o di Teodosio, nel 380 costituì una svolta per la storia del Cristianesimo, impose la fede cristiana in tutto l’Impero secondo le nuove norme formulate a Nicea. Fece di Teodosio il vero fondatore della Chiesa di Stato. L’Impero romano si cristianizzò per decreto ma in 39 SANT’AGOSTINO (a cura di De Monticelli R.), Confessioni, Garzanti Editore 2012, 7, 16 40 Ib. 41 Cfr. supra, p. 24 42 ANDREA DUE’, Atlante storico del Cristianesimo, Jaca Book Milano 1997, p. 51 43 Ib.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved