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Filosofia del Viaggio - Franco Riva, Schemi e mappe concettuali di Etica Sociale

Riassunto del libro "Filosofia del viaggio" per l'esame di Etica Sociale

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2016/2017

Caricato il 14/01/2017

SteveLast89
SteveLast89 🇮🇹

3.8

(8)

29 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Filosofia del Viaggio - Franco Riva e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Etica Sociale solo su Docsity! Filosofia del Viaggio Premessa: Oggi una delle cose più facili sembra viaggiare => tutto è in rete, tutto è movimento, tutto è luogo di arrivi e partenze. Parole del viaggio come "accoglienza" sono entrate con prepotenza anche nel linguaggio politico. Più il viaggio sembra entrare nell'esperienza umana più le parole vere del viaggio vengono meno: l'altro e il distacco da sè, responsabilità, unicità e fragilità della vita. Il viaggio è nel quotidiano, nel singolo, nel globale, nel locale, nella letteratura => di tutte le regole possibili, l'unica indispensabile è stare in guardia dall'eccesso di regole. Parte prima : viaggio accoglienza unicità. Viaggio comunità e racconto Una dimensione umana Il turismo è un fenomeno di massa recente della soc occidentale, nato col diffondersi del benessere e dello sviluppo tecnologico. L'uomo di natura è sempre stato nomade => ha bisogno di uscire da sè di andare verso l'altro e di ritornare a sè => incontro con l'altro come viaggio. Un viaggio circolare dove tutto sembra tornare al suo posto. Ma il vero viaggio per eccellenza guarda avanti senza contare la partenza della nascita e le tappe intermedie di crescita. Dal cerchio si passa alla linea. L'uomo è un essere in viaggio, e lo dimostra la società sempre in viaggio alla ricerca della configurazione migliore non toccabile (utopia) Il ripetersi dell'identico. Viaggio e globalizzazione Il viaggio vero nella globalizzazione è ancora possibile? Sembra facilitare il viaggio: unisce gli stili di vita, ma allo stesso tempo sembra impedirlo pur promettendolo di garantirlo all'ennesima potenza => da viaggio si rischia di passare a spostamento. Il mondo diventa una metropoli globale dove l'identico si ripete. La globalizzazione rende tutti uguale. Paradosso globalizzazione: viaggio si presenta come globale ma rischia di non essere un viaggio. Viaggio e consumo: Globalizzazione => consumismo come fenomeno generalizzato. Il rischio più grande è che il viaggio diventi prodotto, facilmente reperibile => dove viaggiare equivale a consumare e il consumo diventa la ragione del viaggio => viaggio assorbito dal consumo. Viaggiare diventa più facile ma il suo significato si impoverisce, viene meno il suo distacco da sè e dal quotidiano, quell'aura di rituale. Il viaggio come prodotto rischia di essere già consumato prima dell'utilizzo => diventa anonimo, e contraddice le caratteristiche del viaggio e di chi viaggia => il viaggio diventa per tutti ma di nessuno (la scelta è standard). Nel viaggio consumo viene meno l'incontro. Viaggio e alterità: Nel viaggio c'è un intreccio di alterità di s di t ma soprattutto di alterità umane => stili di vita e culture. Senza la percezione di alterità e dislocazione non c'è il viaggio => segna il passaggio dell'identità alla stessa (viaggio circolare) o dell'identità proprio ad un ritorno non preciso (viaggio lineare). Ulisse è il viaggio circolare in un mondo chiuso => partire per tornare a casa. Dove il rientro è importante tanto quanto il partire. Abramo è il viaggio dove io partire vale più del tornare perchè il mondo è aperto e ignoto. Alla casa si sostituisce la tenda del nomade. In Ulisse prevalgono la lontananza è il rammarico, in Abramo l'uscire il cominciare il viaggio. Dante => "nel mezzo del cammin.." i luoghi del viaggio sono i luoghi dell'esistenza, i momenti dell'esistenza. Viaggio che ha significato nella vita, in maniera immediata. Viaggio e racconto: Chi viaggia, racconta la propria esperienza. Viaggio-racconto si sovrappongono, compenetrano => viene fuori il carattere linguistico del viaggio, il suo itinerario. Self service globale: si è soli davanti alla merce. Il consumo giustifica l'esistenza. In questo mondo mercato non ci sono più pellegrini o vagabondi, siamo a casa ovunque. Accoglienza e globalizzazione: La globalizzazione e accoglienza si scambiano i volti => non ci sono più stranieri. L'accoglienza è globale => casa=mondo => la globalizzazione estende la casa. Perchè funzioni la casa-mondo non ci devono essere più i volti, si deve andare verso l'indistinzione => niente più alterità, non più spazio, non più diversità => globale è uniformità, irriconoscibilità. Prigioni dell'ospitalità: Tutti sono accolti perchè non ci sono più barriere => non ci sono più stranieri. Territorio, comunità, cultura sono aboliti, in favore di un territorio unico, di un territorio, comunità e cultura globali. L'esistenza è un'autostrada in cui si è inseriti dalla nascita e si va assistiti fino alla fine => esistenza a pagamento. L'inospitale: L'accoglienza globalizzata è la fine dell'accoglienza. Non c'è più incontro, non più viaggio => non entra e non si esce più da nulla, nemmeno l'ospite e l'ospitante perchè si è già tutti formattati. Denaro, viaggio e globalizzazione: Il denaro è come aria che circola nelle mani di tutti, ma si concentra in quelle di pochi. Non è più un avere ma una cultura unica, aria, alfabeti. Come aria perchè senza non si vive. Il denaro è un pensiero unico che divide e unifica all'infinito. Lo scambio dello scambio: Il denaro unifica perchè è l'unico linguaggio che non richiede traduzioni => essere è scambiarsi, l'uomo esiste solo nello scambio. L'unità del denaro rende veramente uguali, discriminando sempre di più. Il più e il meno: Denaro rimane legato ad un + e un - => ad una quantità. Anche la qualità è solo un'intensificazione della quantità. Nel globale per essere accolti si paga => accoglienza globale parla il linguaggio del denaro. Denaro e accoglienza: Il denaro in più e di meno nuoce all'accoglienza => col di meno ci si accontenta, e si è sempre insoddisfatti. Anche perchè nel globale senza denaro si è fuori => accoglienza che genera il suo contrario. Non si è senza denaro => non si ha la sensazione di essere veramente accolti. Col più del denaro l'accoglienza diventa inutile => ci si sente temporaneamente dei, per i quali tutto è aperto. Anche qui si percepisce un di meno => perchè il più non è mai sufficiente. + e - che significano la stessa cosa Il denaro accoglie se stesso: Il denaro da mezzo diventa essere => senza non si è => ma nell'essere del denaro si è privati di ogni qualità. Crea una frenesia nel viaggio mondializzato => bisogna sempre essere in movimento => chi si ferma è perduto. Il denaro ospita solo se stesso. Denaro e insicurezza : Con una lingua che parlano tutti non dovrebbero esserci conflitti => ma il denaro permette ma allo stesso tempo vieta, apre e chiude l'ospitalità. Il denaro per vivere ha bisogno di quell'insicurezza del mai abbastanza, che rende tutto frenetico => il denaro non basta mai. Il denaro smentisce se stesso perchè non può garantire se stesso. Denaro è velocità, possibilità e scambiabilità => interrompere lo scambio è un pensiero impossibile per il denaro. L'inaffidabilità del denaro è la sua forza il suo fascino. Affidabilità e inaffidabilità arrivano a coincidere. Contropensieri: Pensieri di essere tu, io senza +o- Di un'accoglienza prima dello scambio, del globale, del denaro. Idea di un incontro. Viaggio e unicità Oltre lo scambio: Oltre lo scambio non c'è il dono che lascia la supremazia allo scambio => è solo un intervallo ritenuto buono nella rete dello scambio. È qualcosa che sfugge allo scambio però => non scambiabile fino in fondo. La resistenza sta anche nel massimo e nel minimo del valore delle persone/ cose scambiate che sono solo limiti in cui lo scambio si muove. Viaggio e unicità: Il viaggio nello scambio è ambiguo => viaggio = scambio di ciò che non si può del tutto scambiare (ironia). Il viaggio nega l'identico e afferma l'unico, la differenza dal resto che è la matrice stessa del viaggio => la sua possibilità. L'irripetibile: Trovare l'altro è anche un farsi trovare => stare in viaggio. L'irripetibile è dove sono io, ma senza essere fino in fondo io, dove , c'è anche l'altro => le cui definizioni sono possibili e impossibili. L'unicità dello scambio sta in ciò che resiste nello scambio. L'irripetibile non ha valore perchè è fuori dal valore. L'irripetibile è ciò che rende l'unicità del luogo e degli spazi => nessun luogo è identico perchè ogni luogo è cultura e ogni cultura è luogo. I Sentimenti sono la misura dell'irripetibile => ciò che rende irripetibile ciò che per il tempo normale è comune. L'altro è ciò che fa essere i miei occhi e il mio mondo. Nell'irripetibile non c'è più differenza tra viaggio esteriore e interiore, tra corpo e spirito. Dire l'irripetibile: Libertà e viaggio: Staccarsi e distaccarsi è il momento decisivo del viaggio => liberazione da una monotonia, da una ripetizione da una costrizione. Nessuna libertà sorge senza un no => coraggio di fuga, rottura, dove però c'è una direzione nuova. Rottura e pericolo sono intrinseci al viaggio. La libertà è un viaggio che impone un rischio, l'uscita da una situazione. Il viaggio è una libertà: uscita di casa, interruzione del solito cammino. Viaggio e politica: Una società senza viaggi è una società senza libertà => questa associazione viaggio-libertà fa pensare ad una componente politica bel viaggio. Il viaggio è sempre più controllato monitorato, anche per sfruttarlo senza conseguenze (turismo di massa). Nel viaggio è colta la libertà della scelta, della possibilità => nella partenza tra rottura del progetto e legame con le proprie radici, che rischiano di diventare catene. Viaggiatori, turisti e vagabondi: Il turista non è sempre viaggiatore => possono mancare spirito di intraprendenza, interessi di conoscenza. Diverso dai due è il vagabondo senza casa nè meta, e non voluto da nessuno, perchè non esiste non consumando. Il turista vede nel vagabondo ciò che è e non vuole essere e nel viaggiatore una figura eroica. 3 figure evolute nella storia. Il vagabondo è la figura più sporca e indesiderata ma che conserva il motivo del viaggio => la verità del viaggiatore e del turista è nella figura che nessuno vuole e vuole essere. Dalla parte dei vagabondi: Il vagabondo è una condizione di rottura senza più ritorno => rifiuto di identificarsi. Il vagabondo è il terrore del turista perchè può essere una condizione dovuta ad un insuccesso dell'esistenza. Ma si può anche scegliere => star fuori non vedendo un'accoglienza in cui identificarsi. Vagabondo per insuccesso o per scelto hanno in comune il rifiuto => senza vagabondaggio non c'è viaggio. Appelli. Codici. Morali: Più aumenta il viaggio generalizzato e il turismo di massa => più deve aumentare il senso di responsabilità. L'etica del viaggio è un'etica della responsabilità. Codice Mondiale di Etica del Turismo promosso dall'organizzazione Mondiale del Turismo nel 99' e adottato dall'Onu nel 2001. In questi appelli alla responsabilità, negli inviti all'etica la disperazione per qualcosa difficile da recuperare. Il singolo e il sistema. Equivoci della responsabilità: Questi appelli ribadiscono la libertà di viaggiare senza ostacoli, ma la necessaria responsabilità. Responsabilità che rischia di essere ipocrisia perchè non definisce l'irresponsabile => ricondurre il viaggio ad avventura dell'io che incontra gli altri, che sono solo gratificazione di sè all'interno dell'esperienza eccezionale del viaggio. La responsabilità sorge di fronte all'altro => non corregge ma orienta diversamente => c'è da inizio viaggio => non solo appelli e codici destinati a non essere applicati. Più retorica che etica: Le etiche e le retoriche si strutturano sulla prima persona, e necessitano di una specificazione che riporta all'io. Rischio che l'etica scivoli nella retorica => il rischio è quello della ripetizione, di insistere anche dove non c'è viaggio e rottura => situazione bloccata. La forza del viaggio non è solo nella rottura ma nella direzione che essa propone => l'alterità che si annuncia. Retorica della finitezza => non uscita di casa per descrivere e osservare tra gioia e rimpianto il suo sgretolarsi. Il viaggio è un sentimento di un cammino, esigenza di responsabilità. Il viaggio è fine delle precedenti sicurezze => frattura insuperabile. Viaggio. Altro. Etica-anarchia: Nel viaggio la possibilità arriva prima di ogni preparazione => al viaggio si è sempre impreparati => stordimento di sè => viaggio come chiamata. Nel viaggio non c'è paura di anarchia e disordine, perchè la loro paura è amore per la stabilità, negazione del viaggio. Parte seconda Viaggiare Parlare Incontrare Otto regole per viaggiare Buber: "Cominciare da se stessi, ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi, ma non preoccuparsi di sè" Viaggiare è lasciarsi scuotere: Incontrarsi, lasciarsi scuotere => non bisogna accontentarsi di ciò che è nostro => si viaggia solo al di là di se stessi. La vita è un esporsi, un cammino (Dante). Non è mai un viaggio quello incentrato solo su di sè, che usa gli altri come strumento per sè. 1a regola: viaggiare è lasciarsi incontrare dall'altro. Sentire l'altro, la meraviglia: Senza meraviglia e stupore non c'è viaggio => restituiscono il senso dell'altro, diverso da me, qualcosa che mi costringe a pensare. Ogni pensiero è viaggio => quando si pensa e viaggia niente rimane più come prima. Marco Polo in Oriente vede cose meravigliose, quasi infinite (paesi e città), ma lo sono ancora di più le persone con cui parla. Persone e meraviglia si intrecciano nel viaggio. Non c'è viaggio, parola, racconto, senza distacco fa sè. Il segreto del viaggio è il momento di crisi, di uscita. 2a regola: di fronte all'altro-nella meraviglia, nell'infinito, nella crisi- sta la vera partenza di un viaggio Stare in viaggio: Nella meraviglia, l'infinito si presenta come un distrarsi da sè, un viaggio. Nell'esodo verso l'altro l'infinito si annuncia nell'abbandono delle certezze, delle sicurezze ma anche carceri del proprio io e nell'attrazione verso l'altro prima di ogni calcolo di reciprocità. Eroi sbiaditi: Bauman nei viaggi di oggi vede eroi nuovi e pallidi => Bauman vede come viaggiatore un io che consuma viaggio, che incontra l'altro come ripetizione e soddisfazione di sè => il tutto riassunto dalla figura del turista sempre pronto al cammino => cammino che non è nè partenza o meta, perchè il viaggio globale è sempre metafora di un vivere consumano di un esistere in se stessi. Il turista di oggi fugge dai luoghi, dall'incontro => deve consumare più cose possibili. Per questo il vagabondo è il suo incubo, ciò che non deve essere o diventate. Vagabondi e turisti, eroi e antieroi del viaggio contemporaneo. Viaggio. Rito. Passaggio: Viaggio e racconto sono simili nella struttura => è il momento di crisi/rottura a dare senso al viaggio e al racconto. Non solo entrambi liberano un evento, ma combaciano il ritmo, la struttura tanto che si trova una dimensione linguistica del viaggio e una dimensione itinerante del racconto. De Certeau : "ogni racconto è un racconto di viaggio-un'esperienza dello spazio- di un passaggio". I momenti decisivi della vita sono segnati da un passaggio => questi riti sono come le crisi del viaggio e del racconto => distruzione e ricreazione di un mondo sociale Nel rito la comunità si libera e si spoglia di se stessa per rigenerarsi sempre di nuovo (Turner) Tornare?: Il viaggio sottolinea la crisi come il rito e il racconto => la conclusione ha un fascino interno => può esserci o non esserci, positiva o negativa. Il viaggio riesce quando nessuno torna come alla partenza. Non riesce quando si ritorna semplicemente a casa, ma rimane l'insoddisfazione e la delusione. La conclusione del viaggio spiazza. In Abramo l'infinito è l'andare sempre avanti verso una meta che non è data da soli ma che si sente come propria. Per Ulisse la situazione cambia sempre => la partenza finale è sempre impedita. Anche dopo il rientro all'isola Ulisse sembra non riuscire a stare a casa. Andare fuori, partire. La verità è nomade: Tornare è meno importante che partire => viaggio inizia con uscita da sè, l'identità sa solo di essere trovata più che cercata. L'apertura rischia di essere ridotta a conquista dell'altro => il viaggio è ricerca non per iniziativa dell'io, ma per una risposta che si intuisce vagamente ma si sa che è la propria destinazione. Viaggiare per confermare sè rende il viaggio superfluo e minaccioso. La ripresa: L'infinito nel viaggio e nel racconto è presente sia nel fatto che il viaggio si lascia raccontare e il racconto viaggiare ma anche nella parte che non è totalmente dicibile => l'indicibile governa viaggio e racconto. L'infinito viene comunicato per il dovere e il piacere di comunicarlo una volta percepito (come al rientro di un viaggio). Kierkegaard dice che la vita è necessario riprenderla continuamente => anche il paradosso del viaggio e del racconto => il non finito del viaggio e del racconto è l'essere stesso del viaggio e del racconto. Incompiuto, non imperfetto: Incompiuto è un modo dell'infinito, non dell'imperfetto => l'infinito nel viaggio e nel racconto si annuncia già nella struttura dove ci sono voci che sfondano i loro limiti. Questa pluralità irriducibile lascia il viaggio e il racconto nel loro incompiuto. Il non finito rifiuta le forme del racconto monocorde (pretesa di narrazione ad una voce) e del racconto globale (vuole riportare tutte le voci ad una terza persona) => stesso esito. Responsabilità. Giustizia: Sembra che nel viaggio tutto vada verso la responsabilità => gli appelli alla responsabilità possono sembrare ipocriti (dopo catastrofe avvenuta) e tardivi (arrivano dopo che il viaggio è diventato moltiplicazione del consumo, proiezione dell'io conquistatore sul mondo). Scarto tra i richiami alla responsabilità e una civiltà narcisistica del sè che interpreta il viaggio come movimento dell'io. La responsabilità compete a tutti prima del viaggio e dell'incontrare. Ma c'è un altro modo per dire che la vera destinazione del viaggio è l'umanità dell'umano. Il nuovo altri. Geografie dell'umano. Dare nomi, indicare luoghi: Ogni uomo è paesaggio per chi l'osserva => quando vediamo l'altro non scattano solo la meraviglia e la sorpresa di ogni viaggio e pensiero => anche dinamiche del dare nome, misurare, del disegnare mappe. L'altro è sempre faccenda geografica. Dare nome per posizionarsi e osservare i territori => definisce il dove dell'io e dell'altro, del noi e degli altri. Dare nomi per indicare quello che è sicuro, dell'Io, e quello che è straniero, anche rischioso, dell'altro. Capita anche che dare nomi sia rubare il nome agli altri (viaggi coloniali). A partire da un luogo: Dire altro all'altro mostra come l'Io prenda se stesso come punto di riferimento anche nel dare i nomi => dare i propri nomi dell'io all'altro. Anche Husserl per dire altro, parte dall'io, alter ego, alter io => si parte sempre dall'io, per parificare l'altro, ma anche per distanziarlo da sè. Si riconosce però da un lato la stessa dignità => grande sforzo => si riconosce la sua irriducibilità/originarietà ma solo con i nomi dell'io. L'altro fa scoprire una zona diversa, ma il parametro resta sempre l'io e ciò che sa => altro, ma io. Parigi, l'Umanità: Operazione diversa dal colonialismo occidentale => dare all'altro il nome dell'io significa trovare una zona di rispetto e irriducibile => impossibilità di coincidere nello stesso luogo e nella stessa nazione. Il nome dell'altro mostra una differenza inalienabile anche se misurata a partire dall'io. Situazione ambigua => si annuncia l'altro nella sua meravigliosa varietà, ma non si riesce a dire la differenza dell'altro se non attraverso la differenza dell'io: Luogo dell'altro diverso ma anche troppo vicino. Lezioni di geografia: Il nuovo altro è l'altro che non si può addomesticare, che mi viene incontro più della mia voglia di incontro. Il senso del "tra". Multiculture, interculture: L'oggettività del mondo comune è in funzione della prossimità con altri => centrale è il senso del "tra" => solo il "tra" riesce a dire il mondo umano nella sua umanità, nella prossimità dell'altro. Tra segna differenza tra multicultura e intercultura. Il multiculturalismo che smaschera il punto di vista dominante, il monopolio culturale e la propensione coloniale dell'Occidente => choc di chi ha vissuto questa vissuto questa illusione. "Tra" come situazione di fatto più che come compito al dialogo e all'accoglienza. E segna il passaggio all'intercultura: senza i rischi di esasperazione delle differenze (diversità e conflitto) e di privilegio di alcuni gruppi sugli altri, di stereotipare gli altri. Il tra oltre le culture mette in movimento i luoghi dell'umano => regioni di confine che si collegano e separano allo stesso tempo (Waldenfels). Geografie dell'umano sono cartine della prossimità, sempre possibile, mai garantita a priori. Il paradosso del luogo: Al luogo viene affidato l'incontro, ma sembra esserci una resistenza che non lo fa esprimere fino in fondo. Paradosso: tutto dell'umano tende al luogo, ma tutto del luogo sembra resistere all'umano. Può essere dovuto all'eterna lotta tra spirito e corpo => Heidegger, Ricoeur (privilegio del tempo/spirito nel durezza materica della pietra vs leggerezza spirituale della parola). Scalfire il primato del tempo/spirito => intineranza (viaggio, esodo, corpo) come condizione umana fondamentale/ tonalità spaziale (corpi e luoghi) delle parole dell'umano (tra, dialogo, incontro, prossimità)/ l'ospitalità (continuo rovesciamento tra chi ospita e chi viene ospitato). Fine del disprezzo del paradosso, durezza e disprezzo del luogo. Sordi e ottusi: Geografo Saint Exupery => non lascia mai il suo studio => i monti non si spostano e l'effimero non interessa. Le mappe le disegna sulla base delle info degli esploratori che se interessati sono verificate per la loro moralità. Ma la moralità non è una qualità del soggetto. Senza responsabilità per l'altro, senza distrazione da sè non c'è moralità. Senza l'effimero nessuna geografia dell'umano.
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