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Fiori nei cannoni (Amoreno Martellini) - Donzelli Editore, Appunti di Storia Della Cultura Giuridica Europea

Analisi sull'alternativa radicale tra guerra e pace come risposta ai problemi degli equilibri geopolitici, dei conflitti etici, sociali e culturali.

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 20/06/2016

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Scarica Fiori nei cannoni (Amoreno Martellini) - Donzelli Editore e più Appunti in PDF di Storia Della Cultura Giuridica Europea solo su Docsity! Riassunti di storia della pace : FIORI NEI CANNONI INTRODUZIONE In questo percorso sono evidenti processi di mutazione interna ed esterni ai movimenti pacifisti che accompagnarono e si nutrirono della trasformazione stessa del paese. Si potrebbe dire che il rifiuto della guerra sia una prerogativa generazionale e che ogni generazione lo abbia plasmato a suo modo e con i suoi strumenti critici. Il rapporto tra l'obiezione di coscienza e il servizio civile non ha conservato nel tempo la stessa valenza. Per i primi obiettori il rifiuto della divisa equivaleva alla mera affermazione del primato della coscienza individuale sulla legge degli Stati. Soprattutto negli anni 60, quando all'interno del pacifismo si registra un rapido ricambio generazionale, che si affaccia con sempre maggiore insistenza nel dibattito sull' obiezione di coscienza l'idea di un servizio alternativo a quello militare e la volontà di contrapporre un tempo utile a un tempo sprecato. Negli anni più recenti l'obiettore era colui che svolgeva un servizio civile. Il termine federalismo ha subito un processo analogo. Fino agli anni del secondo dopoguerra esso veniva sventolato come una delle bandiere più importanti del sogno pacifista. Negli anni recenti e fu assunto il significato opposto : dividere, scomporre, separare ciò che è unito, con buona pace di qualsiasi coloritura pacifista. Differenze tra le parole pacifismo nonviolenza e antimilitarismo. Il termine pacifismo sta indicare una generica disposizione a favore della pace, che non necessariamente deve contenere gli altri due termini. Gran parte del pacifismo di matrice cattolica era pronto a schierarsi a favore delle guerre giuste e a difendere l'istituzione militare. Se la nonviolenza deve per forza di cose contenere, l'antimilitarismo deve cioè ritirare lo strumento dell'esercito, l'antimilitarismo inteso come opposizione alle istituzioni militari non necessariamente deve fondarsi sulla scelta nonviolenta. PROLOGO : IN ORDINE SPARSO. UOMINI E IDEE CONTRO LA GUERRA NELLA PRIMA METà DEL NOVECENTO (1900-1945) Le reliquie di Tolstoj. La mattina del 21 dicembre 1937 Edmondo Marcucci, appassionato studioso di storia, si reca per la prima volta a fare visita a Tatiana Tolstoj la figlia maggiore del grande scrittore russo. I primi trovano nel suo salotto un libero spazio di discussione sui temi cari a Tolstoj, la pace la rinunzia alla violenza, inevitabilmente contrapposte al bellicismo e alla violenza del regime. I secondi si trovano un consolante ricordo dell'antica Russia ma soprattutto un aiuto materiale per far fronte all' estrema povertà in cui conducono l'esistenza. Ma la casa di Tatiana rappresenta anche qualcos'altro, in quelle stanze in quei corridoi nella figura stessa di questa donna si mantiene vivo come un fiore sotto una campana di vetro il pensiero di Tolstoj. In mezzo alle reliquie dello scrittore russo si conserva il modello di un pacifismo spirituale non violento, un pacifismo integrale, come veniva definito da chi lo praticava. Tra i tanti ricorda il padre l'interesse dello studioso viene attratto da una cartolina illustrata indirizzata allo scrittore, datata 1900 e 8. Sul retro si potevano leggere frasi scritte in italiano, erano parole di devozione di entusiasmo per le idee pacifiste e per la pratica della nonviolenza, vi era formulato il proposito di rifiutare il servizio militare. Emittente della cartolina era Luigi, zoccolaio Lombardo all'epoca già trentenne. La maturazione delle idee non violente aveva avuto in lui una gestazione molto lunga, iniziata all'alba del Novecento quando, militare di leva si era trovato a fronteggiare dei contadini in sciopero, con il brigadiere che minacciava di aprire il fuoco, è culminata nel clima rovente drammatico della Grande Guerra, quando richiamato alle armi si era rifiutato di indossare la divisa ed era stato perciò trascinato davanti alla corte marziale. In mezzo tra i due episodi, erano trascorsi 15 anni di letture tolstoiane: resurrezione, le radici del male, non posso tacere, la vita di Gesù, e molti altri scritti. Il 22 luglio del 1917, dopo aver rifiutato di indossare la divisa e di partire per il fronte, dopo essere stato portato in carcere militare, affronta un primo processo, davanti alla seconda sezione penale del Tribunale militare di Milano che lo condanna a 7 anni di carcere. Il giudice militare gli lascia però la possibilità di redimersi, proponendo la cancellazione della pena in cambio di una rinuncia a persistere nella sua ostinata condotta. Seguono mesi di carcere, di ospedali psichiatrici, di lavori forzati alle Saline di Margherita di Savoia. Finché viene condotto di nuovo in carcere, nei sotterranei della Caserma Garibaldi, a Milano, e lì il 2 agosto, alcuni soldati lo strappano a forza dalla inferriata della cella per condurlo ai piani superiori e costringerlo a vestire la divisa. Nei giorni successivi viene istruito un processo a suo carico, al giudice istruttore militare che lo interroga sui motivi del suo gesto lui risponde: I, per ubbidire alla legge di Dio, e secondo per protestare contro gli uomini cattivi, malvagi perché dicono e scrivono che Tolstoj è un pazzo. E al capitano presidente della Corte militare che gli chiese se abbia letto i libri di Tolstoj risponde: signor Presidente, se non avessi letto le sue opere non sarei qui davanti a loro signori ufficiali. Morirà nel 1954. Nel racconto ci sono alcuni elementi che sembrano incontrovertibili, le condizioni carcerarie, le modalità d'istruzione dei processi, la maggiore o minore fortuna giudiziarie degli imputati secondo della sensibilità della comprensione dei giudici militari. la Chiesa si rese conto della pericolosità del pensiero tolstojano e decise di colpirlo, prima ancora di colpire con la scomunica tutto il movimento modernista. In un articolo dal titolo il cristianesimo di leone Tolstoj, comparso nel giugno di quell'anno, il pensiero di Tolstoj, veniva confutato sia sul piano storico metodologico che su quello teologico dottrinale. All'indomani dell'Unità la classe dirigente liberale aveva rinunciato alla regionalizzazione dell'esercito per accentuarne la gestione degli uffici ministeriali romani, mascherando in tal modo il servizio militare con una sorta di turismo coatto, in virtù del quale i giovani venivano spediti a svolgerlo il più lontano possibile da casa. Il movimento operaio, trascurando questo processo di costruzione della nazione, rivolse la propria battaglia antimilitarista con una seconda motivazione, pur sempre decisiva all'interno delle scelte operate della classe dirigente, quella di allontanare il più possibile il soldato dalla sua gente, il nemico più pericoloso da combattere in quegli anni, non si trovava ne in africa ne al di là delle Alpi, ma all'interno dei confini nazionali. Era la sua testa montante dei movimenti popolari. Contro questi nemici l'esercito doveva aprire il fuoco, era dunque necessario che le truppe non avessero legami, che non fraternizzare, che non avessero remore nel momento in cui ricevevano l'ordine di sparare. Tutte le risorse della propaganda antimilitarista, bene allora mobilitate verso l'obiettivo di spingere i soldati a non sparare sulla gente, non trasformare le piazze e le strade piene di dimostranti, di lavoratori, in campi di battaglia. La canzone simbolo di questo filone è sicuramente “ il feroce monarchico bava”, composto in occasione dei modi per il carovita nel 1898. Quando il generale Bava Beccaris ordinò ai suoi uomini di sparare su una folla che insoddisfatto. Tra i libri che legge con tanta applicazione, gli capita sotto gli occhi il divin piano dell'amore di Russell. Per molti giovani si tratta di un fortunato escamotage per evitare il fronte a trascorrere mesi di guerra nella propria casa, ma l'osservanza letterale della parola della Bibbia impedisce al giovane testimone di Geova, di collaborare sotto qualsiasi forma alla separazione della guerra. Egli rifiuta così di indossare il bracciale pochi mesi dopo riceve puntualmente la cartolina precetto per recarsi al fronte. Nuovo gesto disubbidienza, ma questa volta per lui ci sono il processo e la condanna. Inizia la solita routine dalle carceri e il manicomio intervallato da nuovi tentativi più o meno violenti di ridurre all'obbedienza ed altri quattro processi. Infine accetta l'offerta di entrare nel corpo della Sanità Militare come porta feriti. Parte per il fronte nelle prime linee si distingue per coraggio e generosità, salvando un ufficiale rimasto ferito fuori dalla trincea davanti alle linee nemiche, ricevendo a sua volta una pallottola alla gamba che diverrà il congedo illimitato. Per il suo atto riceve a guerra finita una medaglia d'argento al valore militare che espressamente rifiuta. Muore nel 1938, non ancora cinquantenne, stremato dal regime carcerario. Il rifiuto del servizio militare costituiva il solo modo di rispettare integralmente il comandamento non uccidere. Così alcuni giovani, giunsero al gesto estremo del rifiuto della divisa e andarono incontro consapevolmente alle pene che tale scelta comportava. Questa pratica si mantiene viva anche durante il fascismo per riprendere con ancora più vigore nel secondo dopoguerra. Ernesto Teodoro Moneta, la sua gioventù fu segnato dalla partecipazione alle guerre per l'indipendenza nazionale, offrì pubblicamente il suo appoggio verbale ideale da prima la conquista italiana della Libia, poi alle tesi degli interventisti in occasione della prima guerra mondiale. Il 3 aprile del 1887 Moneta aveva fondato a Milano l'Unione Lombarda per la pace e l'arbitrato, divenuta successivamente società internazionale per la pace. Al momento della sua fondazione l'Unione Lombarda per la pace e arbitrato si presentava come il Comitato italiano dell'International arbitration and peace society Moneta giudicava l'obiezione di coscienza inutile perché procurava un danno a chi la praticava senza che l'obiettivo potesse essere raggiunto. Il 16 aprile 1916 nel corso dell'annuale assemblea della Società Internazionale per la Pace, Moneta aveva pronunziato la sua relazione morale, quasi un anno dall'intervento italiano nel conflitto la sua decisa presa di posizione a favore degli interventisti. La neutralità sosteneva, Moneta era del tutto ingiustificabile per due motivi, il primo dei quali consisteva nel fatto che gli Imperi Centrali avevano violato il codice della giustizia internazionale il secondo motivo riceveva nello Spirito ardentemente patriottico del paese nostro, vedeva nella guerra la conquista dei suoi confini. Baglietto nato nel 1908 da una famiglia contadina il giovane studioso di filosofia aveva attraversato nel suo percorso intellettuale il cristianesimo tradizionale l'idealismo crociano, ottenuta nel 1932 una borsa di studio si recò presso l'Università di Friburgo dove rimase alcuni mesi. L'anno successivo l'avvento al potere di Hitler lo convinse a lasciare la Germania ea stabilirsi in Svizzera, a Basilea. Le autorità italiane di inviare una cartolina precetto per svolgere il servizio di leva, Baglietto rifiutò di entrare in Italia e rimase esule in Svizzera fino alla sua precocissima morte, avvenuta nel 1940 pochi mesi prima dell'intervento italiano nel secondo conflitto mondiale. Aldo Capitini eluso il servizio militare, per problemi fisici che ne avevano decretato la non idoneità, insieme a Guido Calogero e altri, il centro dell'esperienza intellettuale la politica intorno alla quale si sviluppa una vasta rete antifascista, liberalsocialismo. Capitini ormai prossimo ai 40 anni, mostrava di aver metabolizzato ed elaborato in forma originale le idee di Gandhi, non lucido, perché io voglio stabilire unità d'amore sotto tutte le differenze, non eliminare questo con la violenza, eliminando insieme la possibilità che da lui, chiunque sia, mi venga un elemento importante. Aldo Capitini aderì alla rete liberal socialista. Prima di salire in montagna Giulio lo aveva raccolto intorno a sé un gruppo di studenti universitari formando una vera e propria scuola, un cenacolo di giovani intellettuali che trovavano nel lo studioso Vicentino un punto di riferimento. Lo stesso Gigi Ghirotti, il partigiano si fermò a ricordare il percorso dei giovani che si avvicinavano alla scuola di Giuriolo. A questi giovani Giuriolo fece conoscere il liberalsocialismo di Capitini e le idee della non collaborazione e della nonviolenza Giuriolo maturò la scelta partigiana e i suoi giovani lo seguivano. Molte delle storie hanno una caratteristica che li accomuna, esse sono state riscoperte raccontate tra la fine degli anni 40 e l'inizio degli anni 60. Alcune con intenti celebrativi come nel caso di Giuriolo , altra informazione relativa e memorialistica il ciabattino lui il musicista girovago Gagliardi ma anche lo stesso Capitini, altri ancora all'interno di ricostruzioni storiche e letterarie giornalistiche Cuminetti, moneta e Giuriolo. Gli anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale alla crisi della Baia dei Porci offrono ascolto a tutte queste storie SERRATE LE FILE . PACIFISMO, ANTIMILITARISMO, NON VIOLENZA NELLA SOCIETà ITALIANA DEL SECONDO DOPOGUERRA ( 1946-1960) La conclusione apocalittica della guerra lascia impresse negli occhi degli uomini e delle donne di tutte le generazioni di tutti i paesi le immagini terribili dei funghi atomici che s'innalzano sopra i cieli di Hiroshima e Nagasaki e far risuonare nelle orecchie le prime testimonianze, sulle atrocità consumate dai nazisti nei campi di sterminio, scoperto con orrore dall'arrivo delle Churchill alleati. Lo scoppio dell'atomica, costituisce anche un monito incombenti angoscioso del fatto che per la prima volta nella sua storia, l'umanità ha in mano la chiave per la propria totale autodistruzione, d'altra parte l'esperienza dell'Olocausto, ripropone con una forza tutta nuova l'interrogativo di tutte le guerre, relativo la ripartizione delle responsabilità tra chi impartisce ordini e chi li esegue e alla soglia morale dell'obbedienza. Nel corso degli anni successivi, la corsa agli armamenti e il clima di guerra fredda inizia a generare nuove tensioni e paure, subentra quasi ovunque una visione apocalittica del problema nucleare. Il 20 settembre del 1944 l'ex questore di Roma, Pietro Caruso in carica durante l'occupazione nazifascista, venne condotto davanti al giudice della Corte di Cassazione per rispondere di crimini atroci, tra i quali i rastrellamenti ai danni di antifascisti ed ebrei la compilazione della lista degli ostaggi per la strage delle Fosse Ardeatine. Caruso venne condannato a morte e fucilato due giorni dopo. Subisce di più, il tono di alcuni momenti che in quei concitati momenti vennero da fonti insospettabili. Così un uomo come Velio Spano, che negli anni successivi sarà il principale animatore della più grande organizzazione pacifista in Italia nel dopoguerra, quella dei partigiani della pace, e collaborerà con Capitini alla realizzazione di numerose iniziative di propaganda pacifista, dalle colonne dell'Unità buono contro la lentezza del processo di epurazione esaltando il comportamento dei francesi che in pochi mesi avevano processato migliaia di collaborazionisti molti dei quali erano stati condannati a morte. Sebbene gli imputati fossero tutti altri gerarchi e stretti collaboratori di Hitler alcuni di loro non rinunciarono alla possibilità di scaricare le responsabilità dei crimini commessi sul capo superiore . Il tema dell' obbedienza del soldato rimbalzò anche negli anni successivi e dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, quando si dovrebbe procedere a una ristrutturazione dell'esercito per rispondere, almeno sulla carta, alle nuove esigenze della neonata democrazia, nel dicembre del 1948 il generale Camillo Caleffi, intervenendo dalle colonne de Il Messaggero virgola si premurava di tranquillizzare il lettore che nel corso di tale processo di ristrutturazione i due cardini disciplinari, l'obbedienza e la subordinazione non saranno scossi. Nell'immediato dopoguerra, prima di incrociare la propria strada con quella dei primi obiettori migliori pastifici italiani furono impegnati a serrare le file, di organizzare un tessuto associativo che si era ormai logorato dopo la dittatura fascista e la guerra. Tra i diversi riferimenti culturali e le molteplici matrici reali che dietro vita una vivacità associativa quanto mai sorprendente al di fuori dei rinati partiti politici, una in particolare avrà un'importanza decisiva nei successivi sviluppi della utopia pacifista. Nell'immediato dopoguerra Capitini non aveva badato granché a non urtare la suscettibilità delle istituzioni curiali. Concluso il conflitto il professore perugino aveva dato vita ad una serie di attività ed iniziative che avevano lo scopo di mettere in pratica quell’ elaborazioni teoriche che era venuto perfezionando negli anni del fascismo è a cui aveva dato una veste compiuta negli elementi di un'esperienza religiosa del 1937 punto dapprima i corso centri di orientamento sociale, luoghi di confronto aperti alla gente comune, piccole assemblee popolari per libere discussioni su problemi amministrativi politici sociali educativi, nati per dare sostanza all'idea della democrazia del basso. Infine i centri di orientamento religioso si assumevano le caratteristiche di entrambi una partecipazione dal basso per attuare l'idea di una trasformazione religioso della società, seguendo percorsi assai distanti da quelli indicati dalla Chiesa di Roma. Fin dalle sue prime uscite pubbliche nella stampa nazionale, Capitini aveva ribadito la necessità di superare certi limiti del pacifismo, bisogna scendere più nel profondo rispetto al vecchio pacifismo, generico e sedentario. La stima e la considerazione di cui godeva nel mondo della cultura italiana e nel dopoguerra sono abbondantemente testimoniate dalle ricchissime relazioni epistolari, presenti nel suo archivio, con i più importanti scrittori poeti pittori filosofi storici dell'Italia di quegli anni. Nel 1948 Capitini aderì al Fronte popolare, pubblicò vari articoli sui motivi della sua adesione sottopose a Calogero un documento di intenti nel quale specificare valori su cui, doveva fondava il raggruppamento politico, tra questi campeggiava un forte richiamo ai valori della non violenza e della non collaborazione di matrice gandhiana. Condannato dalle istituzioni cattoliche per le sue idee sulla libertà religiosa, tenuto in isolamento dei partiti della sinistra per la dedizione totale alla causa non violenta, Capitini godeva però di un indiscusso credito del mondo dell'associazionismo pacifista che era fiorito negli anni di ricostruzione. Giovanni Pioli era nato nel 1877 era stato sacerdote è alto prelato fino a ricoprire l'incarico di vice rettore di Propaganda Fidei. Era entrato in contatto con molte associazioni pacifiste internazionali, opponendosi con coerenza prima all'intervento italiano nel primo conflitto mondiale, poi alle guerre di Mussolini, infine all'alleanza dell'Italia fascista con Hitler. Finita la guerra e oli aveva ripreso i suoi contatti con gli amici del pacifismo internazionale e nel giugno del 1947 aveva fondato a Milano una sezione italiana del war resister's International migliora la situazione londinese che raccoglieva tutti coloro che in varie forme con diversi mezzi si opponevano in tutti i paesi del mondo alla preparazione della guerra è allo svolgimento del servizio militare. Le critiche di Pioli alla rinascita dell'impegno pacifista nel paese apparivano troppo spinta anche da Aldo Capitini e al suo stretto collaboratore Edmondo Marcucci, rivolgendosi a pioli lo invitava ad apprezzare questo tentativo geologico per la pace che fa l'Italia, dopo il genere di processi, l'imputato, un'apertura di dibattito ammise le imputazioni che gli venivano addebitate, dichiarò di non aver obbedito agli ordini del superiore di non aver preso parte agli addestramenti militari. L'accusa il nocciolo come un rosario i temi dell' articolo 52 della Costituzione repubblicana, che prevedeva per tutti i cittadini l'obbligo di concorrere la difesa della Patria attraverso il servizio militare e della necessità della risposta armata di fronte un'eventuale aggressione. Il pubblico ministero concluse la sua requisitoria rimproverando la difesa che voleva spostare la discussione sul terreno etico filosofico, anziché sull' essenza del reato. La difesa insistette sui temi dell'esistenza di una legge superiore a quella dello Stato e della superiorità militare dei paesi che ammettono l'obiezione di coscienza chiedendo per l'imputato la assoluzione con formula piena. Minestrone va in forma schematica le motivazioni i principi ispiratori della sua scelta. Le prime erano radicate in un profondo senso di religiosità tradito dalla Chiesa cattolica che non aveva saputo dare risposte soddisfacenti, né sotto la petto spirituale nel dal punto di vista della dottrina sociale, alle esigenze di rifiuto sull'uso della violenza che affacciata sia nel suo animo fin dall'infanzia, erano venute a maturazione durante gli accadimenti l'ultima guerra. La sentenza del Tribunale Militare di Torino non conclude l'avventura di Pietro pinna, la scarcerazione lo metteva in condizione di dover di nuovo adempiere al servizio di leva. Appena giunto nella caserma, pinna rinnovò il soggetto di disobbedienza e agli ufficiali di turno le motivazioni della sua obiezione di coscienza. Il giudice militare agirono con tanta fretta che non fu possibile all'imputato chiamare i suoi difensori di fiducia e gli venne così assegnato un difensore d'ufficio che fece una carica sfondo contro l'obiezione di coscienza. Il caso ti iniziava a fare troppo chiasso, più di quanto non fosse prevedibile ed era necessario chiuderlo e archiviarlo in fretta. la sua conclusione è qualcosa di grottesco, ma racchiude al tempo stesso e con 6:00 di vizi di fondo di certi ambiti della vita emozionale. A Bari il medico militare voglio a tutti i costi visitarlo, li riscontro una inesistente nevrosi cardiaca per cui più riformato e congedato. All' inizio 900, la comparsa delle idee non violente di leone Tolstoj avevano trovato unite nella comune condanna le gerarchie cattoliche e i gruppi dirigenti del partito socialista e del movimento anarchico. Nella sostanza una guerra santa o una guerra di classe non poteva essere combattuta con i mezzi di Tolstoj. La prima potente contro il gesto di Pinna venne sparata da La Civiltà Cattolica, come era accaduto 50 anni prima per il turismo. Anche le parole erano le stesse, come se non fossero passate due guerre mondiali, la tragedia dell'Olocausto, gli orrori dell' atomica, violenza delle dittature, venne riproposta la medesima sottile distinzione tra precetti e consigli aprimi apparteneva l'obbligo di prendere parte alla guerra giusta, i secondi la rinuncia all'uso della spada della carità verso i nemici. Giusto il tempo di vedere l'esito del processo Pinna e, nel febbraio del 1950, sulle colonne della rivista comparve un articolo dalla laconico titolo l'obiezione di coscienza( teologo MESSINEO). il sacerdote asseriva che si sarebbe volentieri astenuto dal esprimere pubblicamente un'opinione, ma il suo intervento era stato sollecitato dal rumore giornalistico sollevato dal caso Pinna. Continuava Messineo, come ci sono guerre giuste e guerre ingiuste allo stesso modo potrebbero trovarsi obiezione di coscienza legittima in mezzo alle tante illegittime. la conclusione era così inequivocabile senza appello. La voce più critica nel panorama della stampa cattolica fu senza dubbio quella: dell' Adesso, espressione più importante del pacifismo cattolico. Il giornale, fondato da don Mazzolari proprio nel 1949, non affronto mai direttamente in tutti quei mesi il caso di PINNA, messi dichiara apertamente in modo definitivo a favore dell'obiezione di coscienza al servizio militare. Passeranno ancora diversi anni prima che i cattolici inizino a disobbedire alla legge degli uomini, ma il seme era stato gettato, allora esso venne generosamente nutrito dalla progressiva laicizzazione della società realizzata si negli anni successivi, e piano piano anche tra le disciplinate milizie cristiane inizio a crescere maturare il frutto del dissenso. Pietro serra, Arruolato in Marina, venne giudicato dal Tribunale militare di La Spezia il 3 aprile 1950. Tra i banchi della Difesa accanto a una figura storica dell'anarchismo italiano come Ugo fedeli, si rividero alcuni volti già noti, Bruno Segre avvocato difensore, calosce Marcucci testimoni. La frequenza con cui nei collegi difensivi ricorrono gli stessi nomine medesimi ruoli da un'idea, delle esiguità delle forze cui poteva contare il pacifismo integrale in questi anni. A dispetto di ciò, l'aula del Tribunale Russell affollata, c'erano anarchici di vecchia militanza, e giovani affascinati dal gesto del marinaio sanremese. Serva venne processato e condannato, un anno di reclusione col beneficio della non iscrizione al casellario e la scarcerazione. Ma la scarcerazione non avvenne, o meglio in attesa di una nuova destinazione il giovane obiettore viene assegnato al corpo di guardia nel carcere militare di Sarzana e per alcuni giorni fu negato qualsiasi permesso di uscita dalla caserma. Il 2 maggio serva venne trasferito al carcere militare di Gaeta. Neanche due mesi dopo ecco presentarsi il caso di Mario Barbani, di cui si è parlato. Barbani viene processato presso il Tribunale militare di Palermo alla fine di giugno, condannato a un anno di reclusione trasferito a Gaeta. Nell'estate del 1950, Il reclusorio militare di Gaeta si trovò ospitare tutti e tre vettori, insieme a loro erano reclusi alcuni testimoni di Geova che avevano rifiutato di svolgere il servizio militare e altri cittadini arrestati per vilipendio delle forze armate o per altri reati contro l'ordinamento militare. Il secondo reparto del carcere militare di Gaeta insieme a militari che si erano resi responsabili di atti di disobbedienza, ospitava anche alcuni civili nelle forze armate in virtù del quale tribunali militari distribuivano con disinvoltura condanna ai danni degli svolgeva attività pacifista o ancor di più propaganda antimilitarista. Il fondamento giuridico su cui si fondava questa invadenza delle procure militari nella vita civile era una concezione leggermente allargata, seppur lettera del codice militare di guerra. Tra il 1954-1955 giornalista e direttore di piccole testate locali, finirono sotto processo di fronte ai giudici militari non solo per il reato di vilipendio delle forze armate della polizia, ma anche per vilipendio del governo, dunque per un reato che con l'istituzione militare non aveva nulla a che vedere, essendo stato Commesso da civili a danno di civili alla fine del 1953, era stata emessa dal Tribunale militare di Milano la sentenza di condanna nei confronti dei due giornalisti cinematografici Renzo Renzi e Guido Aristarco virgola che suscitò reazioni di sdegno nel mondo della politica. la vicenda ebbe nota, ma data la sua importanza allo scalpore che suscitava comunque riassunta. Nel febbraio del 1953 la rivista cinema Nuovo diretta da Guido Aristarco, ospitava un articolo del critico Renzo Renzi dal titolo l'armata S'Agapò, nel quale si ipotizzava una sceneggiatura dedicato all'occupazione militare italiana in Grecia durante l'ultima guerra. La mattina del 10 settembre 1953 Renzi veniva arrestato a Bologna, nelle stesse ore a Milano la stessa sorte toccava Guido Aristarco, direttore responsabile della rivista in cui era comparso l'articolo. Tradotti nella fortezza di Peschiera rimasero un mese in attesa di processo. La prima udienza vengo aperta la mattina del 5 ottobre presso il Tribunale militare di Milano, il 9 ottobre alle 10:00 di sera, dopo 5 giorni dibattimento e 5 ore di camera ti consiglio, viene letta la sentenza virgola 7 mesi di reclusione per Renzi sei mesi per Aristarco, a entrambi vennero concessi i benefici di legge. Renzi Aristarco poneva la questione relativa al vilipendio delle forze armate su due livelli separati e distinti, l'uno politico l'altro più marcatamente civile. La prima questione riguardava allora molto dibattuto anche in sede storiografica, della continuità dello Stato, del conseguente suo esercito, nel passaggio dal ventennio fascista la democrazia repubblicana. Il processo, per bocca del pubblico ministero, aveva dato voce a taluni settori della società italiana per i quali la continuità dell'esercito italiano nel passaggio dal fascismo alla Repubblica non era mai venuta meno. Per costoro la critica alla campagna militare del fascismo e provare la diffamazione dell'esercito italiano e dei suoi caduti. Secondo livello in discussione s'incentrava invece sulla militarizzazione della vita civile. Non era infatti ammissibile se ne va da più parti che dopo oltre vent'anni dal congedo si potesse essere considerati a tutti gli effetti ancora militari. Il dibattito si protrasse per due anni dopo la condanna di due critici cinematografici finché, nell'ottobre del 55 il Parlamento giunse al varo della riforma sulla base del progetto di legge Moro-Taviani. La nuova legge su, un brutto compromesso tra le istanze progressiste, le più radicali delle quali chiedevano la soppressione dei tribunali militari in tempo di pace. A quelle della destra conservatrice e neofascisti dei vertici delle forze armate che avevano plaudito all'arresto di Renzi e Aristarco è che, più in generale vedevano nei tribunali militari uno strumento efficace per combattere le pericolose tendenze antimilitariste che andavano diffondendosi nel paese. La riforma Moro Damiani manteneva la giurisdizione delle procure militari sui civili che non avessero ancora compiuto il quarantacinquesimo anno di età, ma limitato a tale competenza e reati propriamente militari, alto tradimento, cospirazione rivelazione di segreti militari, introduzione clandestina e luoghi di interesse militare. Negli anni 50, il linguaggio cinematografico era l'unico che riuscisse a raggiungere le grandi masse. Il controllo dei suoi contenuti assumeva così un'importanza strategica e non è a caso che la legge sulla censura cinematografica arrivi negli anni 60. Per questo anche le strutture militari tentarono di inserirsi negli organismi preposti di controllo di tale linguaggio. Era l'inizio degli anni 50 quando un preoccupatissimo generale Efisio Marras Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, si darà queste parole una lettera indirizzata al Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi. Marras prendeva spunto da alcune pellicole girate nei mesi precedenti. Il prima era niente meno che il riso amaro, che senza eccessi di retorica può essere definito un pezzo di storia del cinema italiano. Al generale, il film de Santis non era piaciuto e non erano piaciute, alcune scene nelle quali veniva rappresentato un reparto di militari, dall'aspetto del comportamento poco edificante. Il successo del riso amaro era interpretato come una vera e propria iattura, che aveva moltiplicato gli effetti della luce disfattista gettata sulle nostre forze armate. Un secondo film è primavera, anch'esso con nomi prestigiosi nel caso tecnico Renato Castellani. Il film aveva come protagonista un giovane soldato di leva e molte delle situazioni che proponeva erano girate in ambienti militari. La pellicola di Castellani commetteva altre due gravi mancanze, metteva in piazza alcuni vizi atavici del nostro un provvedimento di censura nei confronti delle due pellicole esercito, e permetteva un vasto pubblico di civili di ridere di un ufficiale. La condanna di Marras era stata senza appello. un provvedimento di censura nei confronti delle tue pellicole, Marras mirava qualcosa di più e lo rendeva esplicitano le ultime righe della sua lettera. Il generale Arturo Scattini, il nome del circolo ufficiali delle Forze Armate d'Italia e le altre associazioni Darma, aveva preso carta e penna è scritto al ministro della Difesa Giulio Andreotti, per esprimere la preoccupazione nata in ambienti militari per le notizie e la preparazione di un film sulla al tema dei missili nato, ma la polemica sulle basi missilistiche era rimasta confinata nell'ambito delle normale dialettica politica in tempo di guerra fredda e non aveva assunto i caratteri una vera campagna anti nucleare. In Italia il fuoco della controversia sembrava risiedere nella appoggio e nella posizione della politica militare statunitense più che nella coscienza del pericolo atomico e nella necessario un salto di qualità della cultura pacifista. Il 24 settembre del 1961 il lungo corteo di persone aveva preso sfilare nelle vie di Perugia, per giungere qualche ora dopo alla Rocca di Assisi. Le istituzioni ufficiali avevano guardato con un certo sospetto se non proprio una versione all'iniziativa. I resoconti giornalistici parlano di 10000 persone. Fianco a fianco sfilavano esponenti di tradizione pacifiste lontane tra loro e inconciliabili uomini e donne famose intellettuale e contadini si lava la generazione dei ventenni accanto a quella dei loro padri. Le cronache raccontano Elio Petri avesse con sé una troupe cinematografica e che avesse mandato un attore del calibro di Salvo Randone a confondersi tra la folla per girare alcune scene in presa diretta. Fausto Amodei, uno dei più noti folksinger italiani, ritratto dalle fotografie mentre marzo e canta con la chitarra a tracolla, improvviso in quell'occasione le strofe di una canzone che sarebbe stato inciso qualche anno più tardi col titolo canzone della marcia della pace. La Marcia della Pace Perugia Assisi promesse risultati eclatanti, intangibile fu la costituzione di una Consulta per la pace che si riunì per la prima volta a Firenze nel gennaio del 1962, dopo essere stata ricevuta con tutti gli onori dal sindaco Giorgio La Pira. Venne creata una Giunta esecutiva, il Comitato Centrale, alla quale prendevano parte una ventina di persone alcune chiamate a titolo individuale, altri in quanto rappresentante associazione. Aldo Capitini venne eletto alla presidenza tra gli altri spiccavano i nomi di Ezio Bartalini, direttore dello storico periodico la pace, Bruno Segre difensore di tutti i primi obiettori di coscienza Italiane direttore dell'incontro, Velio Spano, il deputato comunista rappresentante del Comitato Italiano di movimento Mondiale per la Pace, Giuliano rendi esponente del Partito Radicale e del Comitato per il disarmo atomico e convenzionale nell'aria Europea. Nel marzo del 1962 100 ministrazione comunali dietro vita a Cortona la marcia dei Cento comuni. All'inizio del 1963 mentre il mondo sembrava respirare sollevato dopo il terribile incubo atomico esagitato e sconvolto nei mesi precedenti durante la crisi di Cuba si poteva dire che l'Italia aveva visto nascere sulla prima volta in movimento di opinione intorno al tema della pace. Furono proprio la marcia della pace la Consulta avere le prime crepe nella leadership di Capitini sul Movimento Nonviolento. L'adesione dalla manifestazione del partito comunista tira rilevata molto ingombrante di difficile gestione per gli organizzatori. il 20 settembre 1961 4 giorni prima dello svolgimento della Marcia della Pace Carlo Arturo Jemolo, aveva accettato non solo di partecipare alla marcia ma anche di tenere un breve discorso ai partecipanti, Jemolo andrò a Perugia marzo è giunto alla Rocca di Assisi nel suo discorso alla folla. Male accusa Capitini di aver voluto fare la marcia un'operazione politica non era soltanto nel mondo dei partiti. Quelle che lo ferirono di più furono probabilmente le accuse che gli piove addosso dagli amici del Movimento per la nonviolenza. All'inizio del 1964 due anni dalla nascita della Consulta Capitini deciso di rassegnare le sue dimissioni dalla carica di presidente dopo aver ricevuto una lettera da Marco Pannella di questo tenore, caro Capitini a più riprese da ogni parte ci sono elevate critiche allarmante al tuo modo di condurre il lavoro di ricostruzione e di crescita la Consulta italiana della pace. Probabilmente le parole del leader radicale dietro il colpo decisivo alla leadership del filosofo Perugino. L'anno precedente durante la seduta del 24 febbraio 1963, egli era stato duramente attaccato e si era trovato in difficoltà di fronte alle accuse mosse da alcuni componenti del Comitato Centrale, accuse di minimalismo per non aver saputo imprimere alla Consulta un indirizzo più deciso e audace dal punto di vista politico. Da allora in avanti l'opera del Partito Radicale sul terreno dell'obiezione di coscienza e della propaganda fascista diverrà continua massiccia, nelle sue XVI c'erano conferenze dibattiti su questi temi e verranno ospitati relatori di ogni tendenza politica e religiosa, per tutti gli anni Sessanta ma soprattutto nel decennio successivo tanto Marco Pannella quanto gli altri esponenti del partito mireranno a dare il massimo di visibilità immobilizzando circuiti propri della politica i mezzi messi a disposizione da un partito per quanto piccolo. il problema dell'obiezione di coscienza detrarlo con estremo che l'amore nel mondo cattolico nella prima metà degli anni 60, producendo al suo interno una spaccatura non più ricomposte un dibattito sufficientemente ampio per coinvolgere tutta la rete associativa e l'intero panorama editoriale del cattolicesimo italiano. Nel 1963 un giovane cattolico, Giuseppe Gozzini cresciuto nelle scuole salesiane formatosi nei Gruppi di Azione Cattolica, dichiarò la sua volontà di non indossare la divisa. Due anni dopo nel 1965 scoppiò con grande clamore il caso di don Lorenzo Milani, è difficile stabilire un rapporto di causa effetto tra questi due fatti e la distruzione del tema della non violenza nella cultura cattolica italiana. Le vicende di Gozzini e Don Milani nacquero dai semi della nonviolenza caduti in un terreno virgola quello dei circoli giovanili cattolici, degli oratori e delle sale parrocchiali. La chiamata alle armi di Gozzini e la sua prima dichiarazione di obiezione di coscienza sono successive di pochi giorni all'inaugurazione ufficiale, da parte del Papa buono, dei lavori del Concilio Vaticano II. In realtà erano pochi coloro che si aspettavano qualche cambiamento sostanziale dei lavori del Concilio e ancora meno coloro che ne avevano compreso la portata storica, prima del suo inizio. Giuseppe Gozzini collaborava in quegli anni ad alcuni riviste cattoliche tra le più attente ai tempi di impegno sociale, come adesso, quest'Italia, rinnovamento democratico. Qui aveva formulato la sua dichiarazione di obiezione di coscienza rifiutandosi di indossare la divisa per motivare la sua scelta aveva reso una dichiarazione scritta superiori. Secondo Livio Zanetti, chi firma un articolo sulla vicenda per l'espresso, il rinvio giungeva assai gradito agli organi giudicanti. Nel Livio Zanetti ma i giudici militari potevano immaginare che l'approvazione della legge sul riconoscimento dell'obiezione di coscienza si sarebbe fatto attendere altri 10 anni. Il processo viene ripreso il 11 gennaio del 1963. Il dibattito non fece registrare particolari novità rispetto ai precedenti processi a carico di obiettori, se non per quello che riguardavano la presenza sul banco dei testimoni. l'analogia è più importante consiste nel fatto che il processo Gozzini e il processo pinna furono i soli che riuscirono a suscitare un vasto dibattito nella società italiana, dibattito fedelmente ripreso e forse amplificato dalla stampa nazionale. Gozzini era il primo obiettore cattolico. Fatto sai che le settimane che seguirono il processo per fare una lunga coda di reazioni e prese di posizione pro o contro l'obiezione di coscienza, sulla stampa nazionale, in particolare su quella cattolica. A questa parata di opinioni non si sottrasse neppure l'Osservatore Romano. L'articolo coglieva due aspetti sulla questione. Il primo rivelava in Alessandrini spiccate doti di polemista, e gli rinfacciava La Stampa di sinistro di fomentare polemiche e dibattiti sul problema degli obiettori cattolici, dimenticando che nell'Unione Sovietica e nei paesi dell'Est e rifiuto del servizio militare non è neppure pensabile, mentre nei paesi capitalisti e sulla difesa in quanto segno di una crisi interna del sistema. La seconda questione sollevata da Alessandrini era invece di carattere più generale riguardava la natura della guerra nella società contemporanea. È importante evidenziare questo passo perché sul tema della guerra moderna si innestò un altro focolaio di scontro all'interno del mondo cattolico. Una risposta indiretta alle pozioni sollevabili Alessandrini penne da 2 articoli pubblicati da Padre Ernesto Balducci su orizzonti e sul giornale del mattino. Quest'ultimo Consorzio Cerveteri Fiorentino una denuncia penale un processo una condanna per apologia di reato comminatagli dal Tribunale di Firenze. nel 1965 vennero processati per rifiuto di obbedienza due giovani milanesi apparentemente molto distanti tra loro per culture e per scelte di vita, il primo, Ivo della savia, era un anarchico di 20 anni, si era iscritto al circolo culturale Sacco e Vanzetti virgola di Milano ma interrotto gli studi per problemi economici, aveva iniziato a lavorare come commesso in una libreria nonostante la sua giovane età il suo passato era già ben conosciuto dalla postura, per essere stato coinvolto soltanto alcuni mesi prima, nel rapimento del viceconsole spagnolo Elias punto era stato diffidato per aver affisso manifesti anarchici non autorizzati ai muri del capoluogo lombardo aveva già subito una condanna 5 mesi per rifiuto di obbedienza. Il secondo Giorgio viola, era un architetto di 26 anni, sposato e padre di due figli, impegnato attivamente nell'associazionismo cattolico. Ricevuto la cartolina precetto, si era presentato in caserma dove aveva dichiarato di essere obiettore di coscienza. Arrestato, era stato tradotto nel carcere militare di Peschiera in attesa di processo. 1965 un terzo giovane cattolico si dichiara obiettori di coscienza, Fabrizio Fabbrini, ventisettenne di Udine residente a Roma dove era sempre universitario la cattedra di diritto romano. A due mesi dal congedo Fabbrini si presenta i carabinieri e riconsegna, applicata e stirata la sua divisa da soldato. Cosa cristiano non posso accettare di prepararmi a uccidere di aiutare gli altri a preparare la guerra, scrivere una lettera indirizzata ai suoi superiori. Ma le parole che peseranno di più sul giudizio emesso dal Tribunale militare nei suoi confronti saranno quelle riservate ai generali, definiti o buffoni o criminali. Uscito di prigione, fu il Partito Radicale organizzare una conferenza stampa per spiegare le ragioni del suo gesto e raccontare la storia della sua scelta. tra la metà degli anni sessanta e l'inizio del decennio successivo si viene delineando un nuovo terreno di scontro su cui misurare le forze delle due opposte concezioni del sentimento patriottico, quello delle feste nazionali. Il 4 novembre 1965 vengono denunciati a Roma alcuni giovani radicali comunisti che in due manifestazioni separate e distinte distribuiscono volantini antimilitaristi. Il 4 novembre del 1968 alcuni giovani fiorentini distribuiscono volantini denuncia contro gli abusi di polizia e carabinieri nella repressione di manifestazione pacifista il volantino riporta frasi già pubblicate da alcuni giornali, il direttore erano stati denunciati e prosciolti. I giovani pacifisti vengono invece condannati a 6 mesi di carcere dalla Corte d'Assise di Firenze, per vilipendio delle forze armate, al termine di un processo nel quale il pubblico ministero aveva sostenuto che l'esercito è una religione. Le celebrazioni del 4 novembre rappresentano un bersaglio naturale scontato per la protesta organizzata dei pacifisti, lo scontro frontale con le forze armate non risparmia neanche le festività religiose, e in qualche modo legati alla vita militare. Così nei primi anni 70 a Loreto, patrona degli aviatori, dicembre un gruppo pacifista locale organizza proteste incontri per sensibilizzare i giovani sul tema dell'obiezione di coscienza. La prima parata militare si era svolto nel giugno del 1948 lungo i Fori Imperiali a Roma, l'anno successivo per celebrare l'ingresso dell'Italia nella NATO, le parate si erano moltiplicate e si erano svolte contemporaneamente in 10 città italiane. Il 2 giugno di quell'anno l'Italia repubblicana celebrò per la prima volta chiamando le forze armate come maestri di cerimonia alla sua festa.
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