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Abbandono e Affidamento a Balia a Firenze: Ruoli e Prassi., Sintesi del corso di Demografia

Questo documento raccoglie ricordanze e studi sulla pratica dell'affidamento a balia dei bambini a Firenze, a partire dal XIV secolo. Esploriamo le condizioni in cui i bambini venivano abbandonati, il ruolo delle istituzioni caritatevoli, la selezione e le modalità di esercizio delle vice-madri, e i criteri seguiti dai genitori. Il documento illumina l'ampiezza sociale dell'affidamento a balia e la differenza di prezzo tra balie di campagna e di città.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 13/12/2022

alberto5296
alberto5296 🇮🇹

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Scarica Abbandono e Affidamento a Balia a Firenze: Ruoli e Prassi. e più Sintesi del corso in PDF di Demografia solo su Docsity! GENITORI DI SANGUE, “GENITORI” DI LATTE. ANDARE A BALIA A FIRENZE La ricerca ha cominciato ad interessarsi all’abbandono dei bambini nelle società mediterranee. In particolare, Firenze e Siena, con i loro ospizi che ben presto si specializzarono nell’accogliere i “trovatelli”, sono state oggetto di studi specifici e dettagliati. Non solo le condizioni in cui i bambini venivano abbandonati, ma anche l’assunzione stipendiata di balie da parte di queste istituzioni caritatevoli, a partire dalla fine del XIV secolo. La storia dell’allattamento mercenario in questi luoghi istituzionali, per quanto sia potuta essere socialmente rilevante, differisce di molto da quella del lattante medio delle grandi città: i rapporti triangolari che si vengono a stringere tra le due coppie di genitori, quella naturale e quella affidataria, ed il bambino che circola tra l’una e l’altra. La borghesia fiorentina praticato assai largamente, a partire dalla metà del XIV secolo, l’affidamento a balia dei suoi bambini. Possiamo farcene un’idea grazie alla grande fioritura dei libri domestici, che registrano l’accoglienza ricevuta del neonato, e la sua sorte negli anni che seguono. Le preziosi annotazioni di queste ricordanze mettono in scena due diverse coppie di genitori, aprono anche il ricco dossier delle relazioni che intercorrono tra di esse, e ci fanno conoscere con precisione quale fosse il ruolo della balia e di suo marito nella vita di una famiglia. I libri domestici fiorentini non coprono l’insieme del quadro sociale, l’allattamento retribuito del quale ci informiamo resta pur sempre peculiare di uno strato abbastanza ristretto della società urbana. i 318 bambini qui studiati, nati da 84 coppie di coniugi e allattati da ben 462 differenti balie, appartengono per nascita, in gran maggioranza, alla buona borghesia fiorentina. Il 40% dei padri di questo campione non fa parte dei ceti dirigenti della città. Le ricordanze fanno apparire l’ampiezza sociale dell’affidamento a balia, almeno per quanto riguarda il XV secolo, mentre prima del 1360 è ancora piuttosto difficile farsene un’idea esatta. Mentre dopo il 1450 la metà delle famiglie in esame appartiene a ceti moderati. Tutti i libri di conti, da qualunque livello sociale essi provengano, fanno menzione di balie mercenarie, quando parlano delle nascite all’interno della famiglia; le ricordanze non segnalano mai in alcun modo che le madri fiorentine abbiano allattato i loro figli, a meno che non si tratti di circostanze eccezionali. Si dovrebbe poter scendere a un livello sociale ancor più basso, entrando nelle borgate del territorio che essa amministra, per ritrovare un mondo in cui la madre adempie alla naturale funzione di allattare i suoi figli. L’allattamento da parte di una balia salariata o di una schiava si è venuto imponendo, almeno a partire dalla metà del XV secolo, in una grande città come Firenze, senza che noi siamo in grado di tracciare i limiti esatti della sua pratica. Un Fiorentino che dà a balia uno dei suoi figli ad un’estranea, darà poi ugualmente a balia tutti gli altri, maschi o femmine, ad una salariata. Le ricordanze ci chiariscono largamente quali siano stati i criteri seguiti nella selezione di queste vice-madri, ed anche quali fossero le modalità d’esercizio ed il controllo esercitato sull’allattamento a balia. La scelta della balia A Firenze dare a balia un bambino implica per la maggior parte dei genitori una separazione dal bambino stesso. La tendenza generale è verso una certa sparizione della balia che vive sotto stesso tetto del suo datore di lavoro. Questa tendenza è soprattutto sensibile nei primi due terzi del XV secolo. La stessa constatazione s’impone, anche con maggior evidenza, per ciò che concerne lo spostamento del bambino in campagna, o il suo rimanere nella città di Firenze, presso dei genitori che seguono naturalmente con più sollecitudine il suo sviluppo. Le balie rurali sono in costante crescendo dal 1300 al 1530 (Tav. 1). La predominanza sempre più marcata delle balie esterne, e particolarmente di quelle rurali, lascia intravvedere le strategie messe in opera dai genitori, ma anche dalla coppia affidataria. Gli statuti comunali del 1415 e la pratica descritta dai libri di famiglia mostrano che il salario della balia varia ampiamente. Una balia in casa è un lusso che si paga molto più caro di quanto non costi una contadina che continui a vivere nella sua masseria. Se viene ad abitare presso il suo datore di lavoro, la donna guadagna dai 18 ai 20 fiorini all’anno. A seconda di quanto disti da Firenze la loro fattoria, le balie di campagna possono sperare nell’equivalente di 9-15 fiorini all’anno, che per giunta si svalutano progressivamente, mentre il salario di una balia che vive a Firenze si avvicina a quello di una che abiti nella casa del padre, tolte le spese di mantenimento che a quest’ultima sono contate in sovrappiù. I Fiorentini non erano affatto restii a mandare i loro neonati abbastanza lontano da casa loro e fanno a gara a magnificare la salubrità di queste contrade, non senza il malcelato intento di giustificare l’esilio della loro progenitura. Per quanto riguarda le nutrici fiorentine vere e proprie, il cui prezzo è poco abbordabile per molte borse, sembra che fossero riservate all’impiego per brevi periodi, nei primi giorni che procedevano l’arrivo della balia definitiva, o nei momenti di transizione da una balia a un’altra. Glie effetti di una simile differenza di prezzo devono essere considerati da due punti di vista: quello delle balie e quello dei genitori. I genitori considerano scontato che una balia non possa allattare se non un solo bambino alla volta, cioè il loro. A Firenze non si parla mai di fratelli di latte. O il bambino Fiorentino succede al figlioletto dalla nutrice, che viene svezzato alla svelta, oppure il miserello muore, e così “libera” il latte di sua madre, o infine viene messo a balia lui stesso, così che sua madre possa dedicarsi L’allattamento: una faccenda da uomini Nella gestione dell’allattamento a balia, gli interventi dei genitori hanno origine soprattutto dal padre. La contrattazione si conclude il più delle volte tra il padre naturale e il balio, “da soli”, talvolta tra il padre e la coppia che alleverà il bambino, talatra anche tra il padre e la sola balia. Della madre, non sentiamo neppure parlare; è il padre quello che discute con la balia “in casa” gli arrotondamenti del suo salario, che ne regola gli acconti e soprattutto è lui quello che sembra controllare l’intera gestione dell’allattamento e stabilirne il termine. Se hanno deciso di prendersi in casa la balia, i Fiorentini la sistemano nella parte alta della casa, vicino alla cucina, “nella camera delle serve”. In questo modo, è più facile per loro controllare gli spostamenti delle donne dal loro ambiente domestico, e sorvegliare la gente che esse frequentano. Tenere la balia in casa ha il vantaggio di evitare la possibilità che una gravidanza inattesa venga ad interrompere l’allattamento. Il balio viene talvolta a “visitare” la sua donna, e si sa che una balia costretta al celibato può essere un’esca appetitosa anche per altri…. Ma incidenti di questo genere restano abbastanza rari, e così si spiega il fatto che le balie ospitate in casa allattino per periodi assai più lunghi delle donne che restano col loro marito. Quando un bambino viene portato fuori dalla casa paterna, il controllo sul susseguirsi degli avvenimenti si allenta. Benché un autore, intorno al 1370, consigli al padre “sempre visita i fanciulli che dài fuori di chasa tua a baglia, spesso, a ciò che tu veghi chome stanno; e s’àno disagio, mutagli subitamente a altra baglia: e non lasciare per prezo”. Gli affidatari portano qualche volta il bambino a Firenze “a farlo vedere”. Ma le notizie, buone o cattive che siano, circolano soprattutto grazie a degli emissari che percorrono continuamente la campagna. È per mezzo loro che questi viene avvertito in caso di bisogno, quando la balia viene meno ai suoi doveri o il bambino si ammala. Le rotture di contatto Se la balia rimane incinta, o se il bambino non cresce bene, il padre sarà costretto a cercarsi una nuova nutrice e a rompere il contratto che lo legava ai balii. È a lui che tocca riconoscere eventuali alterazioni del latte, far confessare gravidanze tenute nascoste e prendere, se il caso, la decisione che s’impone. Il contratto d’assunzione di una balia precisa spesso che il salario è dovuto “mentre gli darà lacte buono e sano”, e che, se essa resta incinta, “debbesi a ogni descritione salvare la parte nostra [del padrone] secondo ragionevole usanza”. Dal momento in cui si accorge del suo stato, una balia onesta deve riportare il bambino ai suoi genitori. Le ricordanze mostrano chiaramente che il più delle volte lo fa. La gravidanza è stata onestamente confessata, e i balii, giudicando che il bambino era ormai pronto, hanno talvolta colto l’occasione per svezzarlo. I sospetti formulati dal padre del bambino dimostrano che egli non si è lasciato ingannare dalle ragioni addotte dai balii, e anzi li accusa di aver nutrito il bambino con latte cattivo più a lungo di quanto non dicano. In casi come questo, il padre sorveglierà la data in cui la balia partorisce, per dedurre dalla somma che le deve i mesi in cui la donna, pur essendo già incinta, ha continuato ad allattare. In totale il 36% dei cambi di balia di cui si conoscono le balie è motivato da una gravidanza, contro il 15% causato da una malattia della balia. Un seno inaridito o un latte “troppo vecchio” sono inoltre la causa del 16% delle interruzioni di contratto. Una volta su dieci, il pretesto che il padre invoca per riprendersi il bambino è che la balia lo trascura, o si comporta male, si ubriaca; nel 10% dei casi, infine, il lattante è tolto dalla nutrice perché si è ammalato (Tav. 4). Questi incidenti di percorso hanno come risultato quello di far sì che alcuni bambini vengano sballottati da una balia all’altra. In media, essi restano non più di una decina di messi presso una sola nutrice. Questa mobilità è forte soprattutto nel XIV secolo, e si va attenuando sensibilmente nel XV, e ancor più dopo il 1500 (Tav. 5). La morte del bambino Il 17,4% delle cessazioni di affidamento a balia sono imputabili al decesso del neonato. Nell’85% dei casi, è la “malattia” che s’è portata via il bambino; negli altri, i parenti affidatari sono costretti a confessare di essere la causa diretta della sua morte, e che lo hanno “affogato” mentre dormivano. In primo luogo, il padre non si appella ad altra giustizia che non sia quella divina. Anche quando ha il sospetto che l’incidente avrebbe potuto essere evitato, si mostra alquanto rassegnato, e non fa apparire il minimo dubbio sul fatto che l’atto non sia stato intenzionale. D’altra parte, si spiegherebbe assai male un soffocamento deliberato da parte di una balia pagata. Se ne deve concludere che i Fiorentini non si danno particolare pena per cercare di impedire i decessi che sopravvengono soprattutto prima dell’età di sei mesi? Del tutto normale, nel XIV secolo, che il bambino sia messo a dormire a fianco della sua balia. L’incidente può accadere persino davanti agli occhi dei genitori, sotto il loro stesso tetto. I bambini “affogati”, “schiacciati”, “stretti” del nostro campione non cominciano a comparire esplicitamente nei libri di famiglia che nel XV secolo, che si vadano moltiplicando all’inizio del XVI. Una certa sensibilizzazione nei confronti di questa causa di mortalità infantile si deve all’intervento della Chiesa, che nomina ufficialmente quell’atto come delittuoso, ed attira prontamente l’attenzione dei genitori e delle balie sulle loro responsabilità. Di pari passo con questa presa di coscienza, si cercano rimedi che possano evitare l’oppressione del bambino. Molte delle ricordanze registrano in dettaglio il corredo che accompagna il lattante. Su venticinque famiglie, tredici vi includono un culla, che nel XVI secolo è accompagnata da un dispositivo – archetto – che ha la funzione di impedire che le coperte soffochino il bambino, e che quest’ultimo rotoli a terra se viene cullato troppo brutalmente. Dovremmo supporre che la balia collocasse nel suo letto questo marchingegno. L’archetto non evita certo completamente gli incidenti. Questo non dissuade affatto la balia dal prendere il bambino con sé la notte, sottraendolo al suo meccanismo di protezione; o, se lo mette nel letto, esso si rivela una ben risibile protezione contro il pesante sonno dei balii. In due corredi vediamo comparire delle “cassette da mettere nel letto”, più specificamente destinate ad evitare il soffocamento del bambino, arnesi che probabilmente rispondono meglio alla gravità del problema, nel momento in cui la campagna della Chiesa contro quello che essa ormai caratterizza come un crimine tocca il suo culmine. Altri sistemi per evitare di vedersi restituire un corpicino senza vita sembrano avere per i genitori una grande importanza. Così, i lattanti lasciano le loro case bardati di numerosi talismani: una piccola croce, medagliette devozionali, ma anche il ramo o il mazzetto di corallo, sempre presenti nei corredi infantili. Questo arsenale magico dovrà tener lontano il malanno, e soprattutto il malocchio, al quale le balie imputano tutti i loro dispiaceri. Tra i bambini messi a balia, si può valutare il tasso di mortalità infantile intorno al 170%. Per i maschietti, esso è nettamente più alto che per le femmine. Questi tassi non includono la mortalità prima dell’affidamento a balia. L’accoglimento da parte della balia che si porta il bambino a casa avviene nelle settimane seguenti (Tav. 6). L’allattamento dei bambini dei mercanti e dei borghesi fiorentini, per mercenario che fosse, assicurava loro delle possibilità di sopravvivenza piuttosto decorose, e in tutti casi superiori a quelle che avevano in tempi ordinari i bambini abbandonati. La mortalità dei bambini accolti nell’ospizio di San Gallo nel periodo 1395-1406, anni colpiti dalla violenta peste del 1399-1400, conferma, con un tasso del 500%, la spaventosa mortalità dei bambini abbandonati. I neonati fiorentini resistono assai meno in primavera e in autunno dei loro fratelli già cresciuti; la primavera si porta via soprattutto i neonati. Lo svezzamento Lo svezzamento significa per il bambino la separazione, a breve termine, dalla donna che lo ha nutrito fino a quel momento, e la sua reintegrazione nella propria famiglia. I tre quarti dei redattori di ricordanze presentano se medesimi come i responsabili, o perlomeno i principali partecipanti al momento in cui si tratta di decidere l’inizio dello svezzamento. Né la balia, né tantomeno la madre compaiono mai come esperte in materia. Secondo la tavola 4, i decessi dello svezzamento rappresentano il 31,2% delle risoluzioni definitive del contratto di allattamento. Tre su quattro dei bambini messi a balia arrivano dunque ad
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