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il mercato e il denaro, Guide, Progetti e Ricerche di Sociologia Dei Processi Economici

tesina o progetto su "il mercato e il denaro" per l'esame di sociologia dei processi economici e del lavoro

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2015/2016

In vendita dal 14/09/2016

bimba28
bimba28 🇮🇹

4.5

(8)

38 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica il mercato e il denaro e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Sociologia Dei Processi Economici solo su Docsity! Il mercato e il denaro Un imprenditore si deve interrogare sul modo in cui impostare l'azione imprenditoriale prima di poter operare sul mercato di sbocco, ove colloca gli output destinati ai suoi clienti. Egli deve ad esempio scegliere la strategia aziendale e la strategia di marketing. Deve anche tener conto dell'area di mercato in cui operare, dell'assetto organizzativo e del prodotto. Il mercato è formato dall'insieme della domanda, costituita dall'insieme delle persone che sono disposte a pagare un prezzo per acquistare un prodotto, e dall'offerta, costituita dall'insieme dei soggetti che sono capaci di offrire tale prodotto. Inoltre il mercato comprende tutti i soggetti che hanno una relazione con l'impresa significativa per la sua esistenza e per il suo funzionamento. La struttura è l'apparato che produce i beni destinati ai clienti. La produzione si ottiene grazie alla comunicazione tra l'ambiente esterno e l'ambiente aziendale. Questo scambio genera ricchezza poiché accresce il valore finale dell'output rispetto a quello dell'input impiegato. Il prodotto è il risultato della trasformazione delle materie prime acquistate sul mercato di approvvigionamento. Per prodotto si intende tutto ciò che può essere offerto dall'impresa per soddisfare i bisogni del cliente. I benefici che un prodotto può offrire sono: benefici funzionali, attinenti all'uso in senso proprio del prodotto, e benefici psicologici, legati alle emozioni che scaturiscono. Non sempre però il prodotto soddisfa dei benefici reali: spesso il mercato fa nascere dei bisogni fittizi nei consumatori per indurli a comprare un prodotto che in realtà non gli occorre. Il sociologo Pakard constatò che i consumatori vengono costantemente influenzati e manipolati. Non appena il bisogno viene identificato, si promette al pubblico che l'unico modo di soddisfarlo è acquistando questo o quel prodotto. L'economista Galbraith mostra come sia l'aumento della produzione a creare la necessità di nuovi bisogni che inducono all'uso di beni di consumo. Ogni prodotto attraversa un ciclo di vita: la fase di lancio che inizia con l'inserimento del prodotto sul mercato, la fase di sviluppo che si caratterizza per un aumento progressivo delle vendite, la fase di maturità che è contraddistinta dalla vendita in continua crescita (obiettivo dell'impresa è quello di difendere la propria posizione nella mente dei consumatori differenziandosi dalla concorrenza) e la fase di declino caratterizzata dalle vendite che decrescono. Il prodotto viene poi posizionato sul mercato. In questa fase, si cercano delle strategie per far si che il prodotto trovi collocazione nella mente del potenziale cliente. Tra le strategie, vi è quella di evidenziare i benefici del prodotto, di esaltare le occasioni d'uso e di sottolineare i punti di debolezza dei prodotti proposti dai Competitors. La triangolazione fra il mercato, la sua struttura e il prodotto consente un governo consapevole. Il mercato è una forma di organizzazione delle relazioni economiche e prevede sia la proprietà privata dei beni economici che la libertà di contrattazione tra soggetti privati. Inoltre, è anche l'organizzazione attraverso cui la società determina a chi attribuire l'uso delle risorse economiche. All'interno del sistema “mercato” qualsiasi bene può essere acquistato o venduto. Esistono varie forme di mercato tra cui quello dei capitali. È il mercato in cui avviene il trasferimento delle somme di denaro dai risparmiatori ai soggetti bisognosi di finanziamenti. Il mercato dei capitali è suddiviso in mercato diretto e mercato aperto: il primo è quello in cui i soggetti contrattano personalmente le condizioni di concessione del credito, mentre il secondo è regolato da norme precise. Quest'ultimo è a sua volta suddiviso in mercato monetario, finanziario e dei cambi: nel mercato monetario vengono concessi ed ottenuti finanziamenti a breve termine (per durate non superiori ad un anno), nel mercato finanziario si hanno finanziamenti a medio-lungo termine (per durate comprese tra un anno e oltre i cinque anni) mentre nel mercato dei cambi vi è lo scambio tra i diversi mezzi di pagamento internazionali. Quando gli economisti parlano di mercato si riferiscono ad un meccanismo che consente ad acquirenti e venditori di fissare i prezzi e scambiare beni e servizi. L'economista Paul Samuelson definisce il mercato come “un meccanismo che consente ad acquirenti e venditori di interagire al fine di determinare il prezzo e la quantità di un bene o di un servizio”. Inoltre ritiene che “i prezzi coordinano le decisioni in un mercato” e che “più i prezzi sono elevati e più vi è una riduzione degli acquisti mentre più i prezzi sono bassi e più vi è un incoraggiamento al consumo”. I prezzi fungono da equilibratori. Il prezzo rappresenta da un lato il sacrificio affrontato da un cliente per l'acquisto di un bene o servizio e dall'altro il ricavo che l'impresa ottiene. Vi è una differenza tra costo e prezzo: il primo è ciò che l'azienda spende per realizzare il prodotto o il servizio mentre il secondo è ciò che il consumatore paga. Il prezzo influenza i rapporti di valore dell'impresa e del prodotto. I processi di determinazione del prezzo seguono tre classi di orientamenti: un orientamento ai costi, un orientamento alla concorrenza e un orientamento al mercato. Il prezzo, tendenzialmente, riflette l'andamento della domanda rispetto all'offerta: aumenta, se aumenta la domanda e diminuisce l'offerta, e diminuisce, se diminuisce la domanda e aumenta l'offerta. Su tale procedimento è fondata la Legge della domanda e dell'offerta. Il mercato funziona bene quando c'è un equilibrio tra domanda e offerta. È il mercato a stabilire la quantità e la qualità dei beni da produrre. Cosa produrre viene stabilito dalle decisioni di acquisto quotidiane. Si producono degli output che soddisfino i bisogni e gli interessi dei consumatori. Come produrre dipende dalla concorrenza tra i vari produttori, che tendono a massimizzare i profitti e a mantenere bassi i costi. Il sociologo Taylor riteneva che esiste una modalità ottimale di esecuzione per ogni tipo di lavoro. Una volta individuato quello che l'autore definisce come one best way, si avrà la sequenza di movimenti che determina il massimo rendimento con il minimo sforzo. L'eliminazione delle operazioni utili riduce gli sprechi di tempo e di materie prime. Per chi produrre dipende dalla domanda e dall'offerta sul mercato. Il mercato diventa un'istituzione autonoma e autoregolata, che ha acquisito la pretesa di formare la società poiché è diventata la scena rappresentativa del sociale. La logica del mercato uniforma a tal punto la vita collettiva che la società coincide quasi con il mercato. Anche il mercato ha bisogno di regole e di sanzioni. Se si vuole comprendere come rappresentare socialmente una cultura come quella contemporanea, si deve risalire allo strumento che rende possibile questa rappresentazione: il denaro. Nel momento in cui nasce lo scambio, è necessario individuare un valore fisso da attribuire ad ogni oggetto, cioè un costo: nasce così la prima forma di moneta detta “moneta naturale”. All'inizio era costituita dal bestiame, Il denaro è la raffigurazione del moderno, il linguaggio attraverso il quale la modernità pensa e si descrive. Marx aveva rilevato che nella società moderna ogni bene veniva trasformato in un valore di scambio dal momento che la moneta tende ad annullare il contenuto di beni e servizi. Il denaro tende a separare l'individuo dall'oggetto, perchè l'oggetto viene spogliato del suo valore emotivo, sentimentale e simbolico. Nei sistemi sociali strutturati, il denaro è un mezzo fondamentale per il controllo e la regolazione e svolge inoltre quelle funzioni che sono proprie delle differenze gerarchizzate. È stato De Tocqueville uno dei primi a discutere il ruolo del denaro nella società democratica, evidenziandone sia l’unica forma di differenziazione, sia il fatto di essere l’unico mezzo attraverso cui i cittadini possono ottenere delle prestazioni reciproche. Il denaro è una delle più importanti invenzioni e creazioni dell’umanità. In effetti, il denaro per millenni è stato e continuerà ad essere la soluzione dei più grandi problemi della vita sociale. Poiché nessun individuo, famiglia o gruppo umano è autosufficiente, necessitiamo tutti di poter scambiare beni e servizi. Noi abbiamo bisogno l’uno dell’altro e lavoriamo l'uno per l’altro. Ciò dà luogo all’interscambio cioè al mercato che, quando non esisteva il denaro, si concretizzava nel baratto. Il baratto pone due problemi: è difficile da realizzarsi (perché esige ogni volta la coordinazione delle decisioni di ciascun offerente con ciascun richiedente) ed è solitamente molto ingiusto (perché non c’è un criterio fisso né un meccanismo di mediazione per il valore dei beni e servizi che si scambiano). Il denaro risolve questi due problemi, servengo da unità di misura del valore dei fattori dei beni e servizi economici e servendo da mezzo di scambio universale, coordinando le decisioni di tutti i partecipanti al mercato attraverso il sistema dei prezzi. Ci sono altri due problemi economici che il denaro risolve. Gli individui e le società hanno bisogno di assicurarsi il futuro, il che presuppone il risparmio e l’accumulazione della ricchezza. Accumulare beni fisici che costituiscano ricchezza (grano, mattoni, ecc.) non è sempre possibile e può rivelarsi molto inefficiente visto che le cose si rovinano, perdono valore o vengono rubate. Il denaro, dunque, si trova a svolgere la funzione di servire come mezzo di accumulazione della ricchezza, o di servire come “riserva di valore”. Un altro problema che sarebbe irrisolvibile senza il denaro è la necessità di coordinare nel tempo le decisioni dei diversi agenti economici in maniera che le risorse produttive e i beni prodotti siano disponibili per ogni soggetto nel momento in cui siano necessari, senza restare inutilizzati o disoccupati per lunghi periodi di tempo. Il denaro fa in modo che ciò che si risparmia oggi (per essere speso domani) è disponibile oggi (in forma di credito o prestito) per coloro che ne hanno bisogno subito, ma possono pagarlo solo in seguito. Quando il denaro smette di essere affidabile come unità di misura del valore, smette di servire. Ogni cosa dipende dal denaro. Il denaro e la ricchezza (da “l'Uomo libero”) (a cura di Benedetto Brugia) Così abituati al condizionamento costante del denaro — ogni cosa dipende dal denaro, tutto il tempo deve essere dedicato a lui, l'intera esistenza deve essere sacrificata per lui — può apparire naturale considerarlo come un bene, anzi come il bene primario. Può essere quindi istintivo oggi identificare il denaro con la ricchezza. La ricchezza è disponibilità di beni. Per bene si intende qualcosa che soddisfa una necessità — o che può procurare un piacere — e al tempo stesso appaga l'istinto umano alla proprietà. Una casa è un bene, e rimane casa, con le stesse stanze, la stessa posizione, gli stessi muri, anche in tempo di crisi economica o di inflazione, anche dopo decenni. Un sacco di frumento può essere utilizzato per far pane, da esso possono derivare un tot di pagnotte, sempre lo stesso numero sia che le quotazioni della Borsa salgano, sia che scendano. Una somma di denaro segue invece le regole convenzionali che di volta in volta si stabiliscono, e a farlo non sono certamente gli individui, né i popoli, né i governi, ma i banchieri e le forze della finanza internazionale. Gioco di valute e inflazione creano situazioni sempre differenti, incerte e spesso imprevedibili. Chi avesse fatto l'errore di mettere da parte vent'anni fa cento milioni di lire, oggi si ritroverebbe una somma di valore più che dimezzato; chi allora avesse invece congelato l'equivalente in marchi oggi si ritroverebbe, convertendolo in lire, un valore notevolmente incrementato. In certi paesi dell'America Latina la cifra che a gennaio serve per comperare un'automobile, a dicembre è sufficiente appena per un biglietto del treno. Una vicenda accaduta recentemente ad un mio conoscente è particolarmente chiarificatrice sul rapporto tra denaro e ricchezza. Avendola ereditata, aveva iniziato la ristrutturazione dell'antica casa di famiglia. Mentre spostava una vecchia e pesantissima madia, appoggiata ad una parete chissà da quanto tempo, su un muro apparve un mattone un po' sconnesso. Fu sufficiente toccarlo perché si muovesse. Una volta estratto, nel buco comparve un piego di carte. Si trattava di banconote italiane degli anni Trenta, minuziosamente arrotolate, e di documenti concernenti la vendita di un terreno. Il nonno del mio conoscente, venditore di quel terreno, aveva riposto lì il suo “tesoro” e la sua morte improvvisa gli impedì di utilizzare quella somma. Si trattava di un gruzzolo considerevole: all'attuale potere di acquisto della lira sarebbero stati circa due miliardi. Il nipote, recatosi in banca per informarsi su cosa si potesse fare in casi del genere, scoprì che, dopo una complessa trafila burocratica, la Banca d'Italia era disposta a sostituire le banconote con altre in corso, di pari valore nominale. Meno di mezzo milione. Se quel terreno non fosse stato venduto, il mio conoscente lo avrebbe ereditato; avrebbe ereditato una ricchezza, così come se al posto delle banconote il nonno avesse nascosto dei lingotti d'oro o dei preziosi. Invece, lo sbigottito nipote si è ritrovato tra le mani poco più di carta straccia. In effetti, per gli individui e per i popoli, nonostante le mille metamorfosi che ha avuto, il denaro è rimasto sempre un puro e semplice strumento economico legato ad un tempo assai limitato e soggetto alle particolari situazioni del momento; quindi non un bene in sé, ma solo un mezzo di valore momentaneo per acquistare o vendere beni reali. Convenzionalmente, denaro può essere oggi la lira, ieri l'ecu, domani l'euro, può cambiare valore, può essere sostituito da titoli, cambiali o altro. Quando in Italia, negli anni Settanta, la circolazione di monetine risultò insufficiente per la necessità dei piccoli pagamenti — soprattutto per i pedaggi autostradali, l'acquisto di giornali o per le consumazioni al bar — fu messa in circolazione dalle banche una enorme quantità di “miniassegni” da 50, 100, 150 e 200 lire. Questi furono per anni utilizzati, assieme a gettoni telefonici e francobolli, come denaro e circolarono liberamente (1). Mezzi di pagamento diversi dai soldi “ufficiali” sono stati inoltre spesso usati e abbiamo notizia che circolano oggi in Italia, in Svizzera e in altre nazioni sotto forma di ticket, monete locali, buoni acquisto o altro. È sufficiente che un certo numero di cittadini, aziende o associazioni siano disposti ad accettarli che cominciano a funzionare esattamente come il denaro. Convenzionalmente si può, invece, stabilire di sostituire, nel mercato delle granaglie, sacchi di farina con sacchi di sabbia? «Nel 1929 gli americani che avevano investito nella Borsa di New York si ritenevano ricchissimi, ma bastò che qualcuno non credesse più nel valore di quelle azioni trascinando a valanga tutti gli altri, perché quella ricchezza si rivelasse per ciò che era: carta straccia. L'unico utilizzo ragionevole che se ne poté fare fu di incorniciarla a ricordo di una pazzia collettiva. Il valore di una mucca invece, per quanto possa variare, non può essere ridotto a zero, ci ricaverò sempre del latte o, alla mala parata, ne farò bistecche» (2). Nei recenti giorni della svalutazione del rublo, per le strade di Mosca si è vista gente pagare i propri acquisti con uova e bottiglie di vodka. Nel III secolo, sotto l'Impero di Settimio Severo, la grande inflazione costrinse a sostituire molti pagamenti — per esempio le paghe ai soldati — con beni in natura. È peraltro interessante osservare come oggi l'uso insistente di surrogati dei soldi cui abbiamo sopra accennato — ticket e buoni acquisto — indichi in maniera evidente la necessità di riavvicinarsi a forme che si avvicinano più al baratto che ad una normale circolazione monetaria: un buono-pasto è un bene concreto non soggetto a inflazione o speculazioni, così come un maglione, litri di benzina o qualsiasi altra merce. Non vogliamo certo affermare che il denaro debba essere distrutto “sic et simpliciter”, né dar corpo a nostalgie degli antichi baratti. Riteniamo invece che i soldi debbano tornare al loro originario ruolo di strumento di scambio, emesso a servizio del popolo, gestito nell'interesse nazionale e sottratto ai tentacoli della speculazione internazionale. Sosteniamo che l'economia deve essere strettamente sottoposta al controllo politico e di tutte quelle categorie che ogni popolo sceglie a propria guida e per propria tutela. Non è impossibile e probabilmente non sarebbe difficile se si ponesse mano a far ordine tra valori, principî e priorità, avendo ben chiari in mente gli interessi e la qualità della vita dell'uomo. Anche se oggi può sembrare incredibile, il denaro non è sempre esistito (3); come abbiamo visto, non esisteva negli antichissimi regni, è quasi scomparso per mille anni, nel Medioevo (4), non esisterebbe ancor oggi in gran parte del cosiddetto Terzo Mondo se non fossero arrivati i “liberatori” a portar dollari, malcostume e corruzione, distruggendo secolari economie autosufficienti. Eppure in quegli antichissimi regni e nel Medioevo gli uomini son vissuti lo stesso: han mangiato, si son vestiti, han fatto figli, hanno amato, gioito e patito, si son divertiti ed hanno lottato per la sopravvivenza, hanno dipinto e suonato, han pensato e scritto, hanno accumulato ricchezze, anche senza denari da guadagnare e spendere. Le terre han continuato anche allora ad avere padrone, contadini per coltivarle e fattori per organizzare il lavoro; i pagamenti avvenivano in natura, dividendo i frutti dei campi. L'istituto della mezzadria, erede di medievali contratti di lavoro, è sopravvissuto sino alla prima metà di questo secolo e non son pochi a rimpiangerlo. Era un'economia sostanzialmente autarchica, cooperativistica e tranquilla; senza grossi scossoni, c'erano solo da temere le bizze del tempo, ma per superare le brutte conseguenze della siccità o della grandine subentrava sempre quel solidarismo di gruppo oggi così obliterato. Dalla Rivoluzione industriale ad oggi, l'era del denaro virtuale, della globalizzazione, del potere mondialista è stata tutta una divaricazione tra ricchi e poveri con la quale i ricchi divengono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e più numerosi. Non a caso l'elemento più appariscente dell'attuale sviluppo economico è la disoccupazione. Un elemento destinato nei prossimi anni ad assumere toni sempre più drammatici e devastanti. Ha recentemente scritto Francesco Alberoni: «In realtà, se riflettiamo, ci accorgiamo che l'occupazione non cresce, anzi diminuisce. Che la ricchezza aumenta, ma per pochi e la povertà per molti. Che la qualità della vita peggiora. E crescono dovunque l'insicurezza, la violenza, la criminalità. La globalizzazione non ha prodotto uno sviluppo uniforme dell'economia. Ha fatto esplodere il capitalismo finanziario a spese di quello imprenditoriale. Non nascono milioni di nuove imprese produttive, non cresce una borghesia legata alla nazione, al territorio, alla città. I capitali corrono dove vi sono opportunità di profitti speculativi, spesso producendo paurose devastazioni umane e sociali. Il capitalismo, come sistema sociale, è formato di tre parti. Una puramente economica, speculativa, che non si preoccupa d'altro che del profitto. Questa non è capace di creare la solidarietà, le norme sociali, i valori che tengono unita la società. Da sola disgrega le nazioni, le comunità, la famiglia, produce anarchia e violenza. Poi ne esiste un'altra, rappresentata dagli imprenditori radicati nella propria comunità, con un'etica del lavoro, con un forse senso di responsabilità verso la propria impresa, i propri dipendenti. Che non mirano solo al guadagno ma anche al prestigio, al riconoscimento sociale. E infine vi è la terza parte formata dai movimenti che ricostituiscono la solidarietà sociale, i valori, gli ideali» (5).
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