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Il ruolo delle XII tavole nel diritto romano, Esercizi di Istituzioni di Diritto Romano

TESTO INTEGRALE 12 TAVOLE CON ALCUNE ANNOTAZIONINon è stato semplice per noi studenti di un terzo, appena entrati nella nuova realtà del triennio, riuscire a trovare una modalità di intervento nel  Simposio 2007 ­ 2008 che fos­se al contempo seria e realizzabile nelle poche settimane che vanno dall’inizio dell’anno scolastico alla presentazione del lavoro.La scelta di approfondire il testo delle XII TAVOLE è legata al percorso di studi storici iniziato nel biennio con l’analisi dei primi codici

Tipologia: Esercizi

2011/2012

Caricato il 29/05/2012

nellos92
nellos92 🇮🇹

4.5

(14)

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Scarica Il ruolo delle XII tavole nel diritto romano e più Esercizi in PDF di Istituzioni di Diritto Romano solo su Docsity! PREMESSA Non è stato semplice per noi studenti di un terzo, appena entrati nella nuova realtà del triennio, riuscire a trovare una modalità di intervento nel Simposio 2007 - 2008 che fosse al contempo seria e realizzabile nelle poche settimane che vanno dall’inizio dell’anno scolastico alla presentazione del lavoro. La scelta di approfondire il testo delle XII TAVOLE è legata al percorso di studi storici iniziato nel biennio con l’analisi dei primi codici di leggi scritte. Questi segnano un importante traguardo per le popolazioni antiche: il passaggio dalla forma orale a quella scritta permette la restrizione del libero arbitrio di una sola categoria sociale (quella aristocratica) e la nascita di una prima forma di tutela dei diritti e delle libertà delle classi inferiori. Nonostante il poco tempo a disposizione, e malgrado la grande quantità di materiale esistente sull’argomento, abbiamo potuto realizzare un lavoro chiaro e conciso, ma anche dettagliato. Partendo dal presupposto che i testi originali sono andati perduti, abbiamo effettuato per lo più un’analisi storico- stilistica dei frammenti ritrovati, grazie anche ad alcuni commenti recuperati in testi di autori successivi. Nell’esaminare un testo di questo tipo, ci è venuto spontaneo attualizzarlo confrontandolo con realtà più vicine alla nostra. PAGE \* MERGEFORMAT 1 Il risultato è il lavoro che presentiamo che, pur nella sua semplicità, ci ha permesso di acquisire una maggiore consapevolezza sul rapporto tra il diritto antico e quello moderno, fornendoci una visione generale dello sviluppo della legislazione nel corso dei secoli. In particolare questo lavoro costituirà il punto di partenza di un ulteriore approfondimento pluridisciplinare su “Processi e pene nel mondo antico, medievale e moderno”, nell’ambito del Progetto d’istituto Educazione alla legalità. Il III LA INDICE: • PREMESSA ……………………………………………………………………………… pag. 1 • CAPITOLO 1: LA STORIA • 1.1 INTRODUZIONE ………………………………………………………………. pag. 3 • 1.2 I PRECEDENTI ILLUSTRI ………………………………………………….. pag. 3 • 1.3 SITUAZIONE STORICA E LEGGI PRECEDENTI ALLE XII TAVOLE pag. 4 • 1.4 IL PRIMO E IL SECONDO DECEMVIRATO …………………………. pag. 6 • 1.5 SITUAZIONE STORICA DOPO LE XII TAVOLE …………………… pag. 7 • 1.6 LE XII TAVOLE NELLA STORIA ………………………………………… pag. 8 PAGE \* MERGEFORMAT 1 Al contrario, molti storici ritengono che sia stata la stessa civiltà babilonese ad essere uno spunto di riflessione per i legislatori romani. Il codice di Hammurabi, redatto intorno al 1750 a. C., è il più antico codice di leggi conservatosi integralmente e risale al re di Babilonia Hammurabi. Impresso su una stele di basalto e articolato su colonne orizzontali di scrittura cuneiforme (sedici colonne da un lato della stele e ventotto dall'altro), fu scoperto da un gruppo di archeologi francesi a Susa, in Iraq, nel 1902. La pietra, spezzatasi in tre parti, è ora ricomposta e conservata al Museo del Louvre a Parigi. L'origine divina della legge scritta è sottolineata da un bassorilievo nel quale Hammurabi è ritratto mentre riceve il codice dal dio Sole, Shamash, che a Babilonia era simbolo di giustizia. Il codice di Hammurabi non è un codice in senso stretto, ma un elenco di deroghe al diritto comune in vigore presso i Babilonesi. Inizia con la disciplina del processo, cui seguono le leggi sul diritto di proprietà, sui prestiti, sui depositi, sulle obbligazioni, sulla proprietà domestica, sul diritto di famiglia. Nella parte che disciplina i danni alla persona sono previste sanzioni per i danni causati dall'errore dei medici durante gli interventi operatori e per i danni causati da negligenza negli scambi commerciali. Nel codice sono inoltre fissate le tariffe per varie forme di servizi commerciali ed economici. Il documento termina con la celebrazione delle grandi opere di pace compiute da Hammurabi, che si credeva chiamato dagli dei "a d istruggere le forze del male e a far prevalere la giustizia sulla Terra". 1.3 SITUAZIONE STORICA E LEGGI PRECEDENTI ALLE XII TAVOLE In un momento particolarmente difficile della loro giovane storia, intorno al VI sec. a.C., i Romani dimostrarono di avere seri problemi di coesione interna. Il rapporto tra patrizi e plebei andava peggiorando sempre di più, a causa delle condizioni difficili sotto il profilo economico in cui versava la plebe, condizioni che erano notevolmente peggiorate proprio a causa delle continue guerre che Roma aveva dovuto combattere contro i suoi tanti avversari. In questa situazione di crisi, senza apparenti vie d'uscita, emerse la figura di Menenio Agrippa (VI-V secolo a.C.), uomo politico romano, console nel 503 a.C.. La sua figura è leggendariamente associata ai tumulti plebei del 494 a.C. (secessione sul Monte Sacro). In quella circostanza il nobile Menenio Agrippa, PAGE \* MERGEFORMAT 1 caro alla plebe, avrebbe ricondotto alla ragione il popolo, che aveva abbandonato Roma per rifugiarsi sull’Aventino; dopo avere pronunciato il celebre apologo nel quale paragonava la Repubblica al corpo umano – tutte le componenti del quale sono essenziali alla vita – Menenio Agrippa avrebbe infine promesso una legislazione che difendesse i debitori, nonché l’istituzione dei tribuni della plebe3, il cui scopo era quello di proteggere i plebei dagli abusi del potere. Quell’anno entrò nella storia leggendaria della città per una riforma che condizionò fortemente lo sviluppo degli avvenimenti successivi, un anno che il popolo romano considerò sacro, come sacra era considerata la vita dei tribuni della plebe; e anche quell’anonima collina al di là dell'Aniene diventò il Monte “Sacro”, un nome che verrà tramandato ai posteri, fino ai nostri giorni, dove uno dei più importanti e popolosi quartieri di Roma continua a portare il nome di quel colle sul quale si era sviluppato. Su quel monte venne più tardi costruito un importante tempio dedicato a Giove, che diventò oggetto di culto per tutti i plebei. I primi tribuni della plebe furono Caio Licinio e Lucio Albinio che, in questo modo, entrarono a far parte della storia di Roma. Con la secessione sul Monte Sacro, la plebe aveva conquistato un importante diritto: quello di essere rappresentata da propri magistrati. Ma questo importante successo non aveva certo risolto i problemi dei plebei e non aveva neanche appianato il rapporto con i patrizi, che continuava ad essere fortemente conflittuale. Una delle rivendicazioni più sentite dai plebei era legata all'assenza di leggi scritte, cosa che impediva ai loro tribuni di esercitare pienamente il loro ruolo. Infatti le decisioni e i giudizi più importanti spettavano a magistrati che erano espressione del patriziato, i quali si basavano su un concetto del diritto assolutamente arbitrario, applicando norme e procedure che per la maggior parte della popolazione erano assolutamente sconosciute. Il console Spurio Cassio, protagonista del trattato di pace con la Lega Latina, PAGE \* MERGEFORMAT 1 3 Erano due, venivano eletti esclusivamente dalla plebe e restavano in carica un anno. La loro forza si basava su due principi essenziali: la loro inviolabilità e il popolo aveva il diritto di uccidere chiunque attentasse alla loro vita, e il diritto di veto che consentiva loro di invalidare qualsiasi provvedimento del Senato che andasse contro i diritti di quella parte maggioritaria di cui loro divenivano i legittimi rappresentanti. Le loro case dovevano restare aperte notte e giorno perchè in ogni momento si potessero far valere i diritti violati di un plebeo. aveva elaborato, nel 486 a.C., una legge agraria per la ridistribuzione delle terre conquistate ai nemici. La legge, considerata troppo favorevole ai plebei, era costata cara a Spurio Cassio, il quale era stato gettato dalla rupe Tarpea, con una pretestuosa accusa di tradimento. La stessa legge era un continuo oggetto di contesa tra patrizi e plebei: come tutte le leggi non scritte, veniva infatti applicata in modo arbitrario. Le pressioni della plebe, finalizzate all'ottenimento di leggi scritte che limitassero il potere dei magistrati ed in particolare dei consoli, erano sostenute dalla minaccia di una nuova secessione. 1.4 IL PRIMO E IL SECONDO DECEMVIRATO Fu così che nel 451 a.C. furono designati dieci magistrati appartenenti ad importanti famiglie patrizie dell’epoca, i quali presero il nome di decemviri, incaricati di redigere un codice scritto di leggi (decemviri legibus scribendus). Essi erano: Appio Claudio, Tito Genucio, Publio Sestio, Lucio Veturio, Gaio Giulio , Aulo Manlio, Publio Sulpicio, Publio Curiazio, Tito Romilio e Spurio Postumio. Il primo decemvirato compose solamente dieci delle dodici leggi a noi pervenute e, per completare il codice, si decise di eleggere altri dieci magistrati, di cui tre di origine plebea. Le XII Tavole servirono infatti anche a rivalutare il peso della plebe, poiché fino a quel momento le decisioni e i giudizi più importanti spettavano a magistrati che erano espressione del patriziato4. Il secondo decemvirato perciò, formato da Appio Claudio (unico ad essere stato rieletto), Marco Cornelio Maluginense, Marco Sergio, Lucio Minucio, Quinto Fabio Vibulano, Quinto Petilio, Tito Antonio Merenda, Cesone Duilio, Spurio Oppio Cornicino e Manio Rabulejo, aggiunse le due tavole mancanti, dette inique da Cicerone5. Il secondo decemvirato lasciò il potere nel 305 a.C.. PAGE \* MERGEFORMAT 1 4 Di fatto le Leges Regiae, raccolta di norme formulate in età regia, erano note solo a chi esercitava la giustizia, prerogativa dalla quale i plebei erano esclusi. 5 Cicerone, Marco Tullio (Arpino 106 a.C. - Formia 43 a.C.) fu oratore, uomo politico e scrittore latino. Nacque in una famiglia ricca e influente dell'ordine equestre e fu avviato agli studi di retorica, diritto e filosofia, prima a Roma e in seguito ad Atene, a Rodi e a Smirne. Ritornato in patria nel 77 a.C., intraprese la carriera politica: divenne questore nel 75 a.C., senatore nel 74, edile curule nel 69, pretore nel 66 e console nel 63. 366 a.C., venne eletto il primo console plebeo, proprio nella figura di Lucio Sestio Laterano. 1.6 LE XII TAVOLE NELLA STORIA L’importanza delle Leggi delle XII Tavole durò anche nei secoli a venire: esse infatti continuarono ad essere insegnate ai giovani fino al II sec. d.C. e considerate le leggi di Roma anche dopo le grandi codificazioni dell’età Imperiale, compiute da Pompiniano, Ulpiano e Paolo 7. In parte mantenute dai giuristi dell’età severiana e, attraverso la loro opera, riprese nel Digesto giustinianeo (Corpus Iuris Civilis)8 sarebbero state ritenute Fons omnis publicis privatisque iuris anche nei secoli successivi e sono in parte ancora oggi alla base della tradizione giuridica di molti paesi europei. CAPITOLO 2: CONSIDERAZIONI CULTURALI In questa sezione vengono analizzate le considerazioni fatte da autori successivi alla stesura delle XII Tavole che, in alcuni loro scritti, commentano questo codice e la costituzione romana nel suo insieme, analizzandone pregi e difetti e paragonando questi testi ad opere precedenti dello stesso tipo; di seguito vengono trascritti alcuni brani tratti da loro opere o semplicemente delle frasi esplicative del loro pensiero sull’argomento. 2.1 MARCO TULLIO CICERONE Nel libro II del De Republica, Marco Tullio Cicerone9 racconta la storia della repubblica romana facendo obbligatoriamente riferimento anche all’aspetto legislativo. Nel capitolo I, riportando un discorso tenuto da Publio Cornelio Scipione10 , Cicerone parla della nascita e dello sviluppo della costituzione romana PAGE \* MERGEFORMAT 1 7 Famosi giuristi della Roma Antica. 8 Compendio dei più importanti codici del diritto romano elaborato da una commissione di giuristi (528-534 d.C.) durante l'epoca dell'imperatore Giustiniano I. 9 Vedi nota 5. 10 Publio Cornelio Scipione Africano Maggiore (Roma, 20 maggio 235 a.C. – Liternum, 3 dicembre 183 a.C.) è stato un politico e generale romano. Patrizio appartenente alla Gens Cornelia, sconfisse Annibale vincendo la battaglia di Zama. mettendola a confronto con quella greca e affermandone la superiorità: frutto dell’ingegno di un solo uomo e quindi soggetta alle modifiche dei successori in base alle convenienze personali, la costituzione greca, a differenza di quella romana, non era mai stata il risultato di una collaborazione costata tempo e compromessi. “… IS DICERE SOLEBAT OB HANC CAUSAM PRAESTARE NOSTRAE CIVITATIS STATUM CETERIS CIVITATIBUS, QUOD IN ILLIS SINGULI FUISSENT FERE QUORUM SUAM QUISQUE REM PUBLICAM CONSTITUISSET LEGIBUS ATQUE INSTITUTIS SUIS, UT CRETUM MINOS, LACEDAEMONIORUM LYCURGUS, ATHENIENSIUM, QUAE PERSAEPE COMMUTATA ESSET, TUM THESEUS TUM DRACO TUM SOLO TUM CLISTHENES TUM MULTI ALII, POSTREMO EXSANGUEM IAM ET IACENTEM DOCTUS VIR PHALEREUS SUSTENTASSET DEMETRIUS, NOSTRA AUTEM RES PUBLICA NON UNIUS ESSET INGENIO SED MULTORUM, NEC UNA HOMINIS VITA SED ALIQUOT CONSTITUTA SAECULIS ET AETATIBUS. NAM NEQUE ULLUM INGENIUM TANTUM EXTITISSE DICEBAT, UT QUEM RES NULLA FUGERET QUISQUAM ALIQUANDO FUISSET, NEQUE CUNCTA INGENIA CONLATA IN UNUM TANTUM POSSE UNO TEMPORE PROVIDERE, UT OMNIA COMPLECTERENTUR SINE RERUM USU AC VETUSTATE.” “…Egli soleva dunque dire che la nostra costituzione era superiore a quella d'ogni altra nazione perché, in quasi tutte quelle, le leggi e gli istituti eran dovuti all'opera d'un singolo legislatore: Minosse11, nel caso di Creta, Licurgo12 di Sparta e, poiché là la costituzione era stata spessissimo mutata, Teseo13 e Dracone14 e Solone15 e Clistene16 e molti altri per Atene sino a che lo Stato, PAGE \* MERGEFORMAT 1 11 Minosse: secondo la mitologia era figlio di Zeus e di Europa, fu re giusto e saggio di Creta. 12 Licurgo: (IX – VIII secolo a.C.) è stato, secondo la tradizione di Sparta, il suo principale legislatore. 13 Tèseo: nella mitologia greca era un leggendario re di Atene, figlio di Etra ed Egeo o di Poseidone, con cui Etra una notte aveva giaciuto. 14 Dracone o Draconte: fu il primo legislatore dell'antica Atene, nel VII secolo a.C.. 15 Solone: (Atene, 638 a.C. – 558 a.C.) è stato un legislatore, giurista e poeta greco antico 16 Clistene: (Atene, 565 a.C. – Atene, 492 a.C.) è stato un politico greco antico, portò avanti l'opera di Solone, e fu insieme a questo uno dei padri della democrazia. esangue e già sfinito, non fu risollevato dal dotto Demetrio Falereo17. La nostra costituzione, invece, é opera non di singoli ma del genio collettivo, né s'é costituita durante una sola vita umana ma nel corso dei secoli e delle età.” 2.2 TITO LIVIO Tito Livio18, nel libro III del suo Ab urbe condita, racconta il procedimento che portò alla redazione delle XII TAVOLE a partire dalle rivolte plebee, contro il libero arbitrio dei patrizi, fino all’ istituzione della commissione dei decemviri legibus scribundis che rimpiazzò le magistrature ordinarie, sia patrizie che plebee, redigendo nel 451 a.C. il primo corpo di leggi scritte a Roma. “ […] AB CONSULIBUS AD DECEMVIROS, QUEMADMODUM AB REGIBUS ANTE AD CONSULES VENERAT, TRANSLATO IMPERIO.” “ […] Il potere supremo passò dai consoli ai decemviri, così come in precedenza era passato dai re ai consoli.” Contenenti regole di diritto privato e pubblico, le XII TAVOLE sono il risultato di uno studio effettuato nel 454 a.C. da una commissione di tre membri (Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio, Publio Sulpicio Camerino) nominati dai concilia plebis, inviata a Atene con l'ordine di trascrivere le celebri leggi di Solone e di studiare a fondo le istituzioni, i costumi e i principi giuridici delle altre città greche. “ […] MISSI LEGATI ATHENAS SP. POSTUMIUS ALBUS A. MANLIUS P. SULPICIUS CAMERINUS, IUSSIQUE INCLITAS LEGES SOLONIS DESCRIBERE ET ALIARUM GRAECIAE CIVITATIUM INSTITUA MORES IURAQUE NOSCERE.” “ […] Vennero inviati ad Atene Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio e Publio Sulpicio Camerino con l'ordine di trascrivere le celebri leggi di Solone e di PAGE \* MERGEFORMAT 1 17 Demetrio Falereo: (Falero, 345 a.C. – circa 282 a.C.) è stato un oratore e politico greco. 18 Tito Livio: (Patavium, 64 a.C. – 17) è stato uno storico romano, autore di una monumentale storia di Roma, gli Ab Urbe Condita libri CXLII, dalla sua fondazione (tradizionalmente datata 21 aprile 753 a.C.) fino al regno di Augusto. 3. SI MORBUS AEVITASVE VITIUM ESCIT, IUMENTUM DATO. SI NOLET, ARCERAMNE STERNITO. 3. Se malattia o vecchiaia sono causa della mancata comparizione, venga dato [dall'attore al convenuto] un semplice veicolo. Se lo rifiuta, [l'attore] non è tenuto a dargli un carro coperto. 4. ASSIDUO VINDEX ASSIDUUS ESTO. PROLETARIO IAM CIVI QUIS VOLET VINDEX ESTO. 4. Per una persona possidente, faccia da garante un possidente. Per un proletario faccia da garante qualunque cittadino lo voglia. 5. NEX ... FORTI SANATI ... 5. Obbligazione ... plebei patrizi ... 6. REM UBI PACUNT, ORATO. 6. Se le parti si accordano, [il magistrato] decida. 7. NI PACUNT, IN COMITIO AUT IN FORO ANTE MERIDIEM CAUSSAM COICIUNTO. COM PERORANTO AMBO PRAESENTES. 7. Se non si accordano, [le parti] espongano la causa nel comizio o nel foro prima di mezzogiorno. Espongano la causa presenti entrambi. 8. POST MERIDIEM PRAESENTI LITEM ADDICITO. 8. Dopo mezzogiorno [il magistrato] aggiudichi la lite a favore della parte presente. 9. SI AMBO PRAESENTES, SOLIS OCCASUS SUPREMA TEMPESTAS ESTO. 9. Se entrambe le parti sono presenti, il tramonto del sole sia il limite ultimo [per la discussione]. 10. ...CUM PROLETARII ET ADSIDUI ET SANATES ET VADES ET SUBVADES ET XXV ASSES ET TALIONES ... EVANUERINT, OMNISQUE ILLA XII TABULARUM ANTIQUITAS ... LEGE AEBUTIA LATA CONSOPITA IST ... 10. In quanto scomparvero le antiche denominazioni di proletari e possidenti e clienti, di garanti e subgaranti, dei 25 assi e della legge del taglione e tutta quell'anticaglia delle XII tavole rimase come assopita dopo la pubblicazione della legge ebuzia ... TABULA II TAVOLA II 1A. DE REBUS M AERIS PLURISVE D ASSIBUS, DE MINORIS VERO L ASSIBUS 1A. Per le liti che avevano un valore di mille assi o più si scommetteva con PAGE \* MERGEFORMAT 1 SACRAMENTO CONTENDEBATUR ; NAM ITA LEGE XII TABULARUM CAUTUM ERAT. AT SI DE LIBERTATE HOMINIS CONTROVERSIA ERAT, ETIAMSI PRETIOSISSIMUS HOMO ESSET, TAMEN UT L ASSIBUS SACRAMENTO CONTENDERETUR, EADEM LEGE CAUTUM EST … . giuramento una somma di cinquecento assi, per le liti di minor valore una somma di cinquanta assi; così era stabilito infatti nella legge delle XII Tavole. Ma se si trattava di una lite sulla libertà di un uomo, anche se il suo valore era grandissimo, la stessa legge stabiliva che si scommettessero cinquanta assi [e ciò perché gli adsertores libertatis non siano troppo onerati]. 1B. PER IUDICIS POSTULATIONEM AGEBATUR, SI QUA DE RE UT ITA AGERETUR LEX IUSSISSET, SICUTI LEX XII TABULARUM DE EO QUOD EX STIPULATIONE PETITUR. EAQUE RES TALIS FERE ERAT. QUI AGEBAT, SIC DICEBAT : EX SPONSIONE TE MIHI X MILIA SESTERTIORUM DARE OPORTERE AIO. ID POSTULO AIAS AN NEGES. ADVERSARIUS DICEBAT NON OPORTERE. ACTOR DICEBAT: QUANDO TU NEGAS, TE PRAETOR IUDICEM SIVE ARBITRUM POSTULO UTI DES. ITAQUE IN EO GENERE ACTIONIS SINE POENA QUISQUE NEGABAT. ITEM DE HEREDITATE DIVIDENDA INTER COHEREDES EADEM LEX PER IUDICIS POSTULATIONEM AGI IUSSIT... . 1B. Si agiva mediante richiesta di un giudice, se tale tipo di azione era stabilita da una legge, come avveniva nella legge delle XII tavole rispetto a ciò che veniva richiesto sulla base di una stipulazione. chi agiva così diceva: "io affermo che tu mi devi dare diecimila sesterzi in base ad una sponsio. Io chiedo che tu ammetta o neghi". L’avversario sapeva di non dover dare. L’attore diceva: "poiché tu neghi, chiedo a te pretore di assegnarmi un giudice o un arbitro." E così in questo tipo di azione ognuno poteva negare senza penalità. Egualmente per la divisione dell'eredità fra i coeredi, la stessa legge imponeva di agire mediante la richiesta di un giudice. 2. ...MORBUS SONTICUS . . . AUT STATUS DIES CUM HOSTE . . . QUID HORUM FUIT UNUM IUDICI ARBITROVE 2. Se vi è una malattia grave ... o è stato fissato un termine con uno straniero ... qualora uno di questi PAGE \* MERGEFORMAT 1 REOVE, EO DIES DIFFISSUS ESTO. impedimenti vi sia per il giudice, l'arbitro o le parti, detto termine venga differito. 3. CUI TESTIMONIUM DEFUERIT, IS TERTIIS DIEBUS OB PORTUM OBVAGULATUM ITO. 3. Quegli al quale sia mancato il testimonio, vada girando davanti alla casa del testimonio ogni terzo giorno, svillaneggiandolo. TABULA III TAVOLA III 1. AERIS CONFESSI REBUSQUE IURE IUDICATIS XXX DIES IUSTI SUNTO. 1. In caso di riconoscimento del debito in giudizio o di condanna pronunziata, vi saranno trenta giorni fissati dalla legge [per l'adempimento]. 2. POST DEINDE MANUS INIECTIO ESTO. IN IUS DUCITO. 2. Dopo tale termine abbia luogo la cattura [del debitore]. Venga condotto avanti al magistrato. 3. NI IUDICATUM FACIT AUT QUIS ENDO EO IN IURE VINDICIT, SECUM DUCITO, VINCITO AUT NERVO AUT COMPEDIBUS XV PONDO, NE MAIORE AUT SI VOLET MINORE VINCITO. 3. Se non adempie al giudicato o se nessuno dà garanzia per lui avanti al magistrato, il creditore lo porti con sé e lo leghi con corregge o ceppi di quindici libbre; non più pesanti, ma se vuole di minor peso. 4. SI VOLET SUO VIVITO, NI SUO VIVIT, QUI EUM VINCTUM HABEBIT, LIBRAS FARIS ENDO DIES DATO. SI VOLET, PLUS DATO. 4. Se [il debitore] lo vuole, viva a sue spese. se non vive del suo, chi lo ha catturato gli dia una libbra di farro al giorno. Se vuole anche di più. 5. ERAT AUTEM IUS INTEREA PACISCENDI AC, SI PACTI FORENT, HABEBANTUR IN VINCULIS DIES SEXAGINTA. INTER EOS DIES TRINIS NUNDINIS CONTINUIS AD PRAETOREM IN COMITIUM PRODUCEBANTUR, QUANTAEQUE PECUNIAE IUDICATI 5. Vi era però nel frattempo il diritto di trovare un accordo; se esso non si trovava i debitori restavano prigionieri per sessanta giorni. Durante questi giorni veniva condotto per tre giorni di mercato consecutivi avanti al pretore nel comizio e veniva annunziato PAGE \* MERGEFORMAT 1 7C. ULPIANUS AD SABINUM: LEGE XII TABULARUM PRODIGO INTERDICITUR BONORUM SUORUM ADMINISTRATIO. 7C. Per la legge delle XII tavole il prodigo viene interdetto dall'amministrazione dei suoi beni. 7D. LEX XII TABULARUM ... PRODIGUM, CUI BONIS INTERDICTUM EST, IN CURATIONE IUBET ESSE AGNATORUM. 7D. La legge delle XII tavole stabilisce che il prodigo interdetto dall'amministrazione dei suoi beni, sia affidato alla curatela degli agnati. 8A. CIVIS ROMANI LIBERTI HEREDITATEM LEX XII TABULARUM PATRONO DEFERT, SI INTESTATO SINE SUO HEREDE LIBERTUS DECESSERIT . 8A. La legge delle XII tavole attribuisce al patrono l'eredità del liberto se questi è morto senza testamento e senza eredi. 8B. CUM DE PATRONO ET LIBERTO LOQUITUR LEX, EX EA FAMILIA, INQUIT, IN EAM FAMILIAM. 8B. Quando la legge parla di patrono e di liberto, dice che [i suoi beni ritornano] in quella famiglia dalla quale era stato liberato 9A. EA, QUAE IN NOMINIBUS SUNT, ... IPSO IURE IN PORTIONES HEREDITARIAS EX LEGE XII TABULARUM DIVISA SUNT. 9A. Quei diritti che consistono in pretese, vengono divisi secondo le quote ereditarie, come disposto dalle XII tavole. 9B. EX LEGE XII TABULARUM AES ALIENUM HEREDITARIUM PRO PORTIONIBUS QUAESITIS SINGULIS IPSO IURE DIVISUM 9B. Secondo le XII tavole i debiti ereditari vengono suddivisi di diritto tra le singole quote ereditarie. 10. HAEC ACTIO (FAMILIAE HERCISCUNDAE) PROFICISCITUR E LEGE XII TABULARUM. 10. Questa azione (per la divisione della comunione ereditaria) deriva dalle XII tavole. TABULA VI TAVOLA VI 1. CUM NEXUM FACIET MANCIPIUMQUE, UTI LINGUA NUNCUPASSIT, ITA IUS ESTO. 1. Quando uno faccia una solenne promessa di obbligarsi o una mancipatio, abbia valore legale ciò che è stato detto nella forma solenne. PAGE \* MERGEFORMAT 1 2. CUM EX XII TABULIS SATIS ESSET EA PRAESTARI, QUAE ESSENT LINGUA NUNCUPATA, QUAE QUI INFITIATUS ESSET, DUPLI POENAM SUBIRET, A IURIS CONSULTIS ETIAM RETICENTIAE POENA EST CONSTITUTA. 2. Siccome secondo le XII tavole era sufficiente di adempiere a ciò che era stato promesso con dichiarazione solenne ed era punito con una penale pari al doppio del dovuto chi rinnegava [la dichiarazione], i giureconsulti stabilirono una pena anche per chi semplicemente taceva. 3. USUS AUCTORITAS FUNDI BIENNIUM EST, . . . CETERARUM RERUM OMNIUM . . . ANNUUS EST USUS. 3. L'efficacia dell'usucapione richiede per un terreno due anni, per tutte le restanti cose un anno. 4. LEGE XII TABULARUM CAUTUM EST, UT SI QUA NOLLET EO MODO (USU) IN MANUM MARITI CONVENIRE, EA QUOTANNIS TRINOCTIO ABESSET ATQUE EO MODO (USUM) CUIUSQUE ANNI INTERRUMPERET. 4. In una legge delle XII tavole è stabilito che una donna la quale non voleva venire in manus del marito [in forza dell'usucapione annuale], doveva allontanarsi ogni anno per tre notti [dalla casa del marito] e così interrompere ogni anno l'usucapione. 5A. SI QUI IN IURE MANUM CONSERUNT ... 5A. Se alcuni in giudizio afferrano reciprocamente ... [la cosa contesa]. 5B. ET MANCIPATIONEM ET IN IURE CESSIONEM LEX XII TABULARUM CONFIRMAT. 5B. La legge delle XII tavole conferma sia la mancipatio che la in iure cessio. 6. ADVOCATI (VERGINIAE) . . . POSTULANT, UT (AP. CLAUDIUS) . . . LEGE AB IPSO LATA VINDICIAS DET SECUNDUM LIBERTATEM 6. I difensori di Virginia chiedono che Appio Claudio, secondo la legge che egli stesso aveva emanato, lasci la donna provvisoriamente libera. 7. TIGNUM IUNCTUM AEDIBUS VINEAVE SEI CONCAPIT NE SOLVITO. 7. Il trave o palo altrui congiunto con una casa o ad una vigna e che serve di sostegno, non può essere tolto. 8. LEX XII TABULARUM NEQUE SOLVERE PERMITTIT TIGNUM FURTIVUM AEDIBUS VEL VINEIS 8. La legge delle XII tavole non consente di togliere un palo o un trave che sia stato impiegato in una PAGE \* MERGEFORMAT 1 IUNCTUM NEQUE VINDICARE, ... SED IN EUM, QUI CONVICTUS EST IUNXISSE, IN DUPLUM DAT ACTIONEM. costruzione o in una vigna, né di rivendicarne la proprietà, ma concede azione per il doppio del suo valore contro chi si prova averlo impiegato. 9. QUANDOQUE SARPTA, DONEC DEMPTA ERUNT ... 9. ...e quando tagliate, fino a che non saranno tolte... TABULA VII TAVOLA VII 1A. XII TABULARUM INTERPRETES AMBITUM PARIETIS CIRCUITUM ESSE DESCRIBUNT; 1A. Gli interpreti delle XII tavole spiegano il termine ambitus come la striscia di terreno attorno al muro della casa. 1B. ... AMBITUS ... DICITUR CIRCUITUS AEDIFICIORUM PATENS ... PEDES DUOS ET SEMISSEM; 1B. Si chiama ambitus la striscia di terreno attorno agli edifici che ha una larghezza di due piedi e mezzo. 2C. ...SESTERTIUS DUOS ASSES ET SEMISSEM (VALET), ... LEX ... XII TABULARUM ARGUMENTO EST, IN QUA DUO PEDES ET SEMIS «SESTERTIUS PES» VOCATUR. 1C. Il sesterzio ha il valore di due assi e mezzo e di ciò sono prova le XII tavole in cui la misura di due piedi e mezzo viene detta "piede sesterzio” 2. SCIENDUM EST IN ACTIONE FINIUM REGUNDORUM ILLUD OBSERVANDUM ESSE, QUOD (IN XII TABULIS) AD EXEMPLUM QUODAMMODO EIUS LEGIS SCRIPTUM EST, QUAM ATHENIS SOLONEM DICITUR TULISSE. NAM ILLIC ITA EST: ἘΆΝ ΤΙΣ ΑἹΜΑΣΙᾺΝ ΠΑΡ' ἈΛΛΟΤΡΊΩΙ ΧΩΡΊΩΙ ὈΡΎΤΤΗΙ, ΤῸΝ ὍΡΟΝ ΜῊ ΠΑΡΑΒΑΊΝΕΙΝ· ἘᾺΝ ΤΕΙΧΊΟΝ, ΠΌΔΑ ἈΠΟΛΕΊΠΕΙΝ· ἘᾺΝ ΔῈ ΟἼΚΗΜΑ, ΔΎΟ ΠΌΔΑΣ, 2. Circa l'azione di regolamento di confini occorre sapere che si deve osservare ciò che era scritto nelle XII tavole più o meno secondo il modello di quanto scritto in quella legge che si dice Solone abbia dato in Atene. Perché in essa si legge: se qualcuno pianta una siepe vicino al fondo altrui, non può sporgerla oltre il confine. Se si tratta di un muro egli deve stare lontano un piede dal confine, se pero è una casa, deve osservare due piedi di distanza. PAGE \* MERGEFORMAT 1 12. SUB HAC CONDICIONE LIBER ESSE IUSSUS «SI DECEM MILIA HEREDI DEDERIT», ETSI AB HEREDE ABALIENATUS IST, EMPTORI DANDO PECUNIAM AD LIBERTATEM PERVENIET: IDQUE LEX XII TABULARUM IUBET. 12. Se il testatore ha disposto che [il suo schiavo] fosse libero alla condizione "se dà 10.000 [assi] all'erede", esso ottiene la libertà anche se è stato venduto dall'erede, se dà il danaro all'acquirente: così ordina la legge delle XII tavole. TABULA VIII TAVOLA VIII 1A. QUI MALUM CARMEN INCANTASSIT ... <CAPITE> ... 1A. Chi avrà cantato un canto infamante [sarà punito con la pena di morte]. 1B. XII TABULAE CUM PERPAUCAS RES CAPITE SANXISSENT, IN HIS HANC QUOQUE SANCIENDAM PUTAVERUNT : SI QUIS OCCENTAVISSET SIVE CARMEN CONDIDISSET, QUOD INFAMIAM FACERET FLAGITIUMVE ALTERI. 1B. Anche se le XII tavole stabiliscono la pena di morte in pochissimi casi, pure ritennero doverla stabilire in questi: se alcuno avesse offeso pubblicamente o avesse composto una poesia che fosse di infamia e vergogna per altri. 2. SI MEMBRUM RUP(S)IT, NI CUM EO PACIT, TALIO ESTO. 2. Se uno rompe ad un altro un membro, e non viene ad un accordo con lui, subisca la pena del taglione. 3. MANU FUSTIVE SI OS FREGIT LIBERO, CCC <ASSIUM>, SI SERVO, CL <ASSIUM> POENAM SUBITO. 3. Chi con la mano o con un bastone ha rotto un osso di un libero paghi una pena di trecento [assi], se di uno schiavo di cento cinquanta [assi]. 4. SI INIURIAM FAXSIT, VIGINTI QUINQUE POENAE <ASSES> SUNTO. 4. Se uno ha arrecato una lesione [meno grave delle precedenti], subisca la pena di venticinque assi. 5. ... RUP(S)IT ...SARCITO. 5. [chi] ha arrecato un danno ... deve risarcirlo. 6. SI QUADRUPES PAUPERIEM FECISSE DECITUR, ... LEX (XII 6. Se un quadrupede aveva cagionato un danno, la legge delle XII tavole volle PAGE \* MERGEFORMAT 1 TABULARUM) VOLUIT AUT DARI ID QUOD NOCUIT ... AUT AESTIMATIONEM NOXIAE OFFERRI. che venisse consegnato l'animale che aveva cagionato il danno o che venisse offerta una somma per il danno. 7. SI GLANS EX ARBORE TUA IN MEUM FUNDUM CADAT EAMQUE EGO IMMISSO PECORE DEPASCAM, ... NEQUE EX LEGE XII TABULARUM DE PASTU PECORIS, QUIA NON IN TUO PASCITUR, NEQUE DE PAUPERIE ... AGI POSSE. 7. Se la ghianda cade dal tuo albero sul mio fondo e io, mandandovi bestiame, la faccia mangiare, non puoi agire né in base alla legge delle XII tavole con l'azione per pascolo di bestiame poiché il pascolo non avviene sul tuo terreno, né con l'azione di risarcimento per danno arrecato da animali. 8A. QUI FRUGES EXCANTASSIT ... 8A. Chi avrà fatto incantesimi sui frutti dei campi ... 8B. ...NEVE ALIENAM SEGETEM PELLEXERIS... <CAPITE>... 8B. E se non avrai attirato a te [con magie] biade altrui ... 9. FRUGEM ... ARATRO QUAESITAM NOCTU PAVISSE AC SECUISSE PUBERI XII TABULIS CAPITAL ERAT, SUSPENSUMQUE CERERI NECARI IUBEBANT,... INPUBEM PRAETORIS ARBITRATU VERBERARI NOXIAMVE DUPLIONEMVE DECERNI. 9. Al pubere che di notte avesse fatto pascolare o avesse tagliato i frutti che si raccolgono nei campi coltivati, toccava la pena di morte in base alle XII tavole le quali ordinavano di impiccarlo ad un albero sacro a Cerere; l'impubere, a scelta del pretore, veniva fustigato oppure condannato a pagare il danno o il doppio del danno. 10. QUI AEDES ACERVUMVE FRUMENTI IUXTA DOMUM POSITUM COMBUSSERIT, VINCTUS VERBERATUS IGNI NECARI (XII TABULIS) IUBETUR, SI MODO SCIENS PRUDENSQUE ID COMMISERIT ; SI VERO CASU, ID EST NEGLEGENTIA, AUT NOXIAM SARCIRE IUBETUR, AUT, SI MINUS IDONEUS IST, 10. Chi avrà incendiato una casa o un mucchio di cereali ammucchiato presso la casa, deve, secondo quanto ordinano le XII tavole, essere legato, fustigato e bruciato, se egli ha agito coscientemente e volontariamente; se invece ciò accadde piuttosto per caso ovverosia per negligenza, verrà PAGE \* MERGEFORMAT 1 LEVIUS CASTIGATUR. ordinato che risarcisca il danno o, se non è in grado, che venga punito con pena più lieve. 11. CAUTUM ... EST XII TABULIS, UT QUI INIURIA CECIDISSET ALIENAS (ARBORES), LUERET IN SINGULAS AERIS XXV. 11. Nelle XII tavole è stabilito che colui il quale avrà illecitamente tagliato alberi altrui, paghi per ognuno venticinque assi. 12. SI NOX FURTUM FAXSIT, SI OCCISIT, IURE CAESUS ESTO. 12. Se alcuno ha commesso un furto di notte e se il ladro è stato ucciso, l'uccisione sia legittima. 13.LUCI ... SI SE TELO DEFENDIT, ... ENDOQUE PLORATO. 13. Di giorno [è legittima l'uccisione] se il ladro si difende con un'arma e [il derubato] ha lanciato grida di aiuto. 14. EX CETERIS ... MANIFESTIS FURIBUS LIBEROS VERBERARI ADDICIQUE IUSSERUNT (XVIRI) EI, CUI FURTUM FACTUM ESSET ... ; SERVOS ... VERBERIBUS AFFICI ET E SAXO PRAECIPITARI ; SED PUEROS IMPUBERES PRAETORIS ARBITRATU VERBERARI VOLUERUNT NOXIAMQUE ...SARCIR 14. Per gli altri ladri colti in flagrante, i decemviri stabilirono che se essi erano liberi venissero fustigati e aggiudicati al derubato [come schiavi]; se erano schiavi che venissero prima fustigati e poi gettati dalla rupe [Tarpeia]; invece i giovani impuberi, a giudizio del pretore, venivano fustigati e dovevano risarcire il danno. 15A. CONCEPTI ET OBLATI (FURTI) POENA EX LEGE XII TABULARUM TRIPLI EST … . 15A. Per le XII tavole la pena per il furtum conceptum e il furtum oblatum era il triplo del valore [della refurtiva]. 15B. LANCE ET LICIO <ITO> 15B. Con un piatto e una fascia ... 16. SI ADORAT FURTO, QUOD NEC MANIFESTUM ERIT ..., <DUPLIONE DAMNUM DECIDITO>. 16. Se [il derubato] agisce per un furto non flagrante, il reo sia condannato a pagare il doppio del valore della cosa. 17. FURTIVAM (REM) LEX XII TABULARUM USUCAPI PROHIBET ... 17. La legge delle XII tavole proibisce di usucapire la cosa rubata. 18A. XII TABULIS SANCTUM, NE QUIS UNCIARIO FENORE AMPLIUS 18A. Dalle XII tavole venne stabilito che nessuno dovesse ricevere quale PAGE \* MERGEFORMAT 1 3. DURAM ESSE LEGEM PUTAS, QUAE IUDICEM ARBITRUMVE IURE DATUM, QUI OB REM [IU]DIC[A]NDAM PECUNIAM ACCEPISSE CONVICTUS EST, CAPITE POENITUR? 3. Trovi tu che fosse una legge dura quella per cui il giudice o l'arbitro assegnato dal pretore, riconosciuto colpevole di aver ricevuto danaro per la questione da giudicare, venisse punito con la pena di morte? 4. QUAESTORES ... QUI CAPITALIBUS REBUS PRAEESSENT, ... APPELLANTUR QUAESTORES PARRICIDII, QUORUM ETIAM MEMINIT LEX XII TABULARUM. 4. I questori che sovraintendevano alle questioni punite con pena capitale erano chiamati questori parricidi, e di loro fanno menzione le anche le XII tavole. 5. LEX XII TABULARUM IUBET EUM, QUI HOSTEM CONCITAVERIT QUIVE CIVEM HOSTI TRADIDERIT, CAPITE PUNIRI. 5. La legge delle XII tavole ordina che colui che ha istigato i nemici o che ha consegnato un cittadino ai nemici, sia punito con la pena di morte. 6. INTERFICI ... INDEMNATUM QUEMCUNQUE HOMINEM ETIAM XII TABULARUM DECRETA VETUERUNT. 6. Anche le disposizioni delle XII tavole vietarono di uccidere chiunque prima che fosse condannato. TABULA X TAVOLA X 1. HOMINEM MORTUUM IN URBE NE SEPELITO NEVE URITO. 1. Un morto non sia né seppellito né bruciato entro la città 2. ... HOC PLUS NE FACITO: ROGUM ASCEA NE POLITO. 2. Non si faccia più di questo: il legno del rogo non venga levigato con l'ascia. 3. EXTENUATO IGITUR SUMPTU TRIBUS RECINIIS ET TUNICULA PURPURAE ET DECEM TIBICINIBUS TOLLIT ETIAM LAMENTATIONEM. 3. Dopo aver ridotto la spesa [per il funerale] e cioè a tre teli per il capo, una piccola tunica di porpora e 10 suonatori di flauto, [la legge] eliminò anche le lamentazioni [delle prefiche]. 4. MULIERES GENAS NE RADUNTO NEVE LESSUM FUNERIS ERGO HABENTO. 4. Le donne non si graffino le guance e durante la sepoltura non intonino lamentazioni. PAGE \* MERGEFORMAT 1 5A. HOMINE MORTUO NE OSSA LEGITO, QUO POST FUNUS FACIAT. 5A. Di un uomo morto non si raccolgano le ossa per fare poi un funerale solenne. 5B. EXCIPIT BELLICAM PEREGRINAMQUE MORTEM. 5B. Si fa eccezione per la morte in terra straniera o in guerra. 6A. HAEC PRAETEREA SUNT IN LEGIBUS ...: «SERVILIS UNCTURA TOLLITUR OMNISQUE CIRCUMPOTATIO» ... «NE SUMPTUOSA RESPERSIO, NE LONGAE CORONAE, NE ACERRAE». 6A. Ed ancora le seguenti disposizioni si trovano nelle leggi: "vengono eliminate le unzioni [del cadavere] da parte degli schiavi e ogni giro di bevute [al banchetto funerario]", "nessuna costosa aspersione, né lunghe corone né incensieri”. 6B. MURRATA POTIONE USOS ANTIQUOS INDICIO EST, QUOD … XII TABULIS CAVETUR, NE MORTUO INDATUR. 6B. Un indizio del fatto che gli antichi usavano bevande alla mirra, è che le XII tavole vietano di usarle per un morto. 7. QUI CORONAM PARIT IPSE PECUNIAVE EIUS HONORIS VIRTUTISVE ERGO DUITUR EI ... 7. A chi è stato incoronato per merito suo o della sua famiglia o per particolare valore, può essere messa la corona [sul cadavere]. 8. ... NEVE AURUM ADDITO. AT CUI AURO DENTES IUNCTI ESCUNT. AST IN CUM ILLO SEPELIET URETVE, SE FRAUDE ESTO. 8. E non deve essere usato oro [nella sepoltura]. Neppure se [al defunto] i denti sono stati legati con oro. Se però egli viene sepolto o bruciato con l'oro, non sia considerato illecito. 9. ROGUM BUSTUMVE NOVUM VETAT PROPIUS LX PEDES ADIGI AEDES ALIENAS INVITO DOMINO. FORUM ... BUSTUMVE USUCAPI VETAT. 9. Vi sono inoltre due leggi sui sepolcri; una che vieta di fare un rogo o di innalzare una nuova sede per roghi a meno di sessanta piedi dalla casa altrui senza il consenso del proprietario [al fine di evitare gli incendi]. L’altra che vieta l'usucapione del vestibolo del sepolcro o della sede per i roghi. PAGE \* MERGEFORMAT 1 TABULA XI TAVOLA XI 1. (DECEMVIRI) CUM X TABULAS SUMMA LEGUM AEQUITATE PRUDENTIAQUE CONSCRIPSISSENT, IN ANNUM POSTERUM XVIROS ALIOS SUBROGAVERUNT, ... QUI DUABUS TABULIS INIQUARUM LEGUM ADDITIS ... CONUBIA ... UT NE PLEBI CUM PATRIBUS ESSENT, INHUMANISSIMA LEGE SANXERUNT. 1. Dopo che i decemviri avevano redatto le dieci tavole con somma equità e saggezza, l'anno successivo fecero eleggere al loro posto altri decemviri i quali, aggiunte due tavole di inique leggi, ordinarono con una legge assolutamente inumana che non vi fosse diritto di connubio tra plebei e patrizi. 2. TUDITANUS REFERT, …. XVIROS, QUI DECEM TABULIS DUAS ADDIDERUNT, DE INTERCALANDO POPULUM ROGASSE. CASSIUS EOSDEM SCRIBIT AUCTORES. 2. Tuditano riferisce che i decemviri che aggiunsero due tavole alle dieci esistenti, interrogarono il popolo sull'inserimento di giorni intercalari [nel calendario]. Anche Cassio scrive che essi furono gli autori [di tale disposizione]. 3. E QUIBUS (LIBRIS DE REPUBLICA) UNUM ἹΣΤΟΡΙΚῸΝ REQUIRIS DE CN. FLAVIO ANNI F. ILLE VERO ANTE XVIROS NON FUIT ... QUID ERGO PROFECIT, QUOD PROTULIT FASTOS ? OCCULTATAM PUTANT QUODAM TEMPORE ISTAM TABULAM, UT DIES AGENDI PETERENTUR A PAUCIS. 3. Fra questi libri sullo stato ricerchi uno "istorikòn" su cn. Flavio, figlio di Annio. Questi però non visse prima dei decemviri. Che cosa ha quindi ottenuto rendendo pubblici i giorni fasti? Si crede che quella tavola sia stata tenuta nascosta per un certo tempo, affinché nei giorni in cui si poteva agire pochi si presentassero a far richiesta. TABULA XII TAVOLA XII 1. LEGE AUTEM INTRODUCTA EST PIGNORIS CAPIO, VELUTI LEGE XII TABULARUM ADVERSUS EUM, QUI HOSTIAM EMISSET NEC PRETIUM REDDERET ; ITEM ADVERSUS EUM, QUI 1. Con una legge fu poi introdotta la possibilità di prendere il pegno, come già disponevano le XII tavole verso colui che aveva comperato un animale da sacrificare e non ne pagava il prezzo; PAGE \* MERGEFORMAT 1 giustiziare l'assassino erano pratiche quotidiane che non erano discusse o criticate. Sebbene la formalizzazione della legge del taglione sia spesso accostata alla Bibbia, il principio è in realtà ancor più antico, poiché se ne ha una codificazione nel Codice di Hammurabi (una raccolta di leggi stilate durante il regno del re babilonese Hammü-Rabi, che regnò dal 1792 al 1750 avanti Cristo). Già presso i Babilonesi, dunque, la pena per i vari reati è spesso identica al torto o al danno provocato. La più celebre citazione della legge del taglione la ritroviamo nella Bibbia: «Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte» (Esodo, XXI,12), «Occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido» (Esodo XXI, 24-25). Il ricambio dell'offesa ricevuta entrata nella legislazione biblica, tuttavia, fu annullato e ribaltato dal Cristo: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. [...] Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Matteo, V, 38-45). Quando a Cristo fu chiesto il parere su un crimine per il quale era prevista la lapidazione, la sua risposta fu quella di abolire tale punizione: «Chi si sente senza peccato, scagli la prima pietra» (l'episodio di riferisce alla lapidazione dell'adultera - Giovanni, VIII, 7). Le parole di Cristo saranno a loro volta rinnegate dai comportamenti che la Chiesa di Roma assumerà nel corso dei secoli. Anche il testo sacro per l'Islam, il Corano, fa riferimento al ricorso alla legge del taglione, tuttavia contiene anche precetti miranti ad umanizzare i rapporti fra gli uomini. Il principio del taglione fu utilizzato anche nel diritto romano del periodo arcaico e molto più tardi nell'antico diritto germanico. Nell'antica Roma fu codificato proprio nella Legge delle XII Tavole. Nella Tabula I, si legge: Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto (liberamente PAGE \* MERGEFORMAT 1 traduco: "Se un tale romperà un membro a qualcuno, se non interviene un accordo, si applichi la legge del taglione"). 3.4 LA PENA DI MORTE Ovviamente la legge del taglione prevedeva anche la pena di morte per l'assassino, ma - come vedremo - si moriva anche per altri delitti. Antic ipando, si può affermare che, nel corso dei secoli, la pena di morte è stata considerata soprattutto un modo per mettere ordine. Già presso le comunità preistoriche, la pena di morte era presente come sanzione. Purtroppo, essendo le leggi tramandate solo oralmente, non sono giunte a noi testimonianze di codici penali scritti. Nel passaggio dalle forme consuetudinarie del diritto alle codificazioni scritte, la pena di morte è prevista in tutti i codici delle civiltà antiche. Notoriamente, la prima raccolta di leggi in cui si descrivono le pene da comminare a chi infrange le regole è il Codice babilonese di Hammurabi. Presso i Babilonesi la pena di morte era una sanzione prevista non solo per l'omicidio, ma anche per i crimini come il furto, il sacrilegio e le mancanze nell'esecuzione del proprio lavoro che provocavano una morte colposa. Si legge nel Codice di Hammurabi: "Posto che un costruttore abbia edificato una casa, ma la sua opera non abbia fatto salda e la casa che edificò sia crollata ed abbia ucciso il padrone della casa, questo costruttore sarà ucciso". La gravità della colpa e della pena comminata, tuttavia, dipendevano dalla classe sociale a cui appartenevano il colpevole e la vittima. Anche presso gli Egizi la pena capitale era applicata, oltre per coloro che infrangevano la "Regola universale" (Maat) - tra cui offendere o attentare alla vita del faraone -, anche per l'omicidio, il sacrilegio, il furto, lo spionaggio e le infrazioni fiscali. Le sentenze erano uguali per tutti, nobili e plebei, ricchi e poveri. L'applicazione della pena capitale prevedeva spesso l'annegamento nel Nilo all'interno di un sacco chiuso, oppure la decapitazione. L'antica Grecia non si sottrasse alla pena capitale. Tuttavia, se molti la consideravano strettamente collegata all'idea di giustizia (terrena e divina), altri preferirono superare quest'idea legata al semplice concetto di punizione PAGE \* MERGEFORMAT 1 come vendetta, rivolgendo le attenzioni alle finalità educative (exemplum) verso l'insieme della società. Platone, ad esempio, credendo nella relazione proporzionale tra crimine e pena, e pur considerando l'utilità delle pene per l'espiazione di una colpa del colpevole e per la prevenzione di ulteriori mali, preferiva far comminare in maniera eccezionale e solo per reati gravissimi la pena capitale (crimini contro lo Stato, assassinio premeditato, crimini gravi contro i genitori). Pittaco (650 a. C. - ca 570 a.C.), divenuto uno dei sette savi di Grecia, usurpatore del potere a Sparta, perdonò il poeta Alceo che aveva contro di lui cospirato ed ucciso suo figlio Tirreo, dicendo essere il perdonare più allo Stato utile che il punire: "Il perdono è migliore della vendetta". Nel mondo latino, almeno nei primi secoli, erano puniti con la morte solo i crimini considerati di pubblico tradimento, mentre per i delitti privati si applicava la legge del taglione. Da quanto si apprende dalla Legge delle XII Tavole, la pena capitale era eseguita mediante decapitazione, fustigazione a morte, impiccagione, taglio degli arti, annegamento, rogo, sepoltura da vivi (specie per le vestali che si macchiavano del reato di infedeltà). Per tutti coloro che non avevano la cittadinanza romana, invece, si prescriveva la crocifissione. I primi cristiani, colpevoli di voler sovvertire l'ordine pubblico, furono destinati invece ad una morte ancor più crudele: si preferì darli in pasto alle belve durante manifestazioni pubbliche. Nel Medioevo europeo molti potevano comminare pene, anche quella capitale. Questo perché il sistema fu caratterizzato da una grande sovrapposizione di poteri: il potere dello Stato era certamente riconosciuto al re o all'imperatore, ma a questi si affiancavano sia i feudatari sia i magistrati cittadini, investiti entrambi del compito di amministrare la giustizia. Accanto al potere politico, vi era tuttavia anche quello religioso, molto influente sui poteri civili, tanto che quest'ultimi divennero spesso il braccio armato della fede. Tutto questo determinò il frequente e discutibile utilizzo della pena di morte. Questa, che poteva essere decretata anche per i reati di furto (oltre che per tradimento e sacrilegio), si eseguiva attraverso la decapitazione, l'impiccagione, l'annegamento e tramite torture. PAGE \* MERGEFORMAT 1 • Con la bollitura il condannato moriva in un calderone pieno d'acqua fatto bollire lentamente. • Con il metodo del letto di ferro (o sedia) la vittima era lasciata morire gradualmente mentre il ferro sul quale poggiavano si riscaldava fino all'incandescenza. • La garrota consisteva in una panchina sulla quale veniva fatto sedere il condannato che si appoggia ad un palo intorno al quale passa un cerchio di ferro che lo stringe alla gola; una manovella a vite stringe sempre di più il cerchio finché sopravviene la morte per strangolamento, mentre un cuneo di ferro provoca la rottura delle vertebre celebrali. • Si moriva anche per pressatura, ossia quando il condannato era posto fra due lastre di pietra e quella superiore era caricata da pesi sino allo schiacciamento dello sfortunato. • Con il metodo del cavallo di legno la vittima era posta a cavalcioni su una struttura a “V”, quindi erano posti dei pesi ai suoi piedi affinché egli fosse tirato sino alla morte per divisione del corpo. • Ancor più crudele era la morte con il metodo del ca lderone. In pratica un recipiente di ferro era posto sullo stomaco del reo con l'apertura in basso e pieno di topi, quindi era riscaldato e i roditori, per uscire, non potevano fare altro che rosicchiare lo stomaco del condannato. • La vergine di ferro, invece, consisteva in una sorta di sarcofago di legno o ferro dalla forma femminile, vuoto da dentro e riempito con chiodi. Dopo aver inserito all'interno il condannato, si chiudeva il portello e l'occupante era trafitto dai chiodi o, come di diceva, era "abbracciato dalla vergine". • La morte da insetti era lunga e dolorosa, poiché il condannato era fissato al suolo e, dopo essere cosparso di una sostanza dolce, era abbandonato per essere mangiato lentamente da insetti. • La morte col pendolo era una doppia violenza, fisica e psicologica, poiché il condannato, che giaceva sulla schiena, vedeva scendere lentamente verso il suo corpo una lama mentre ondeggiava come un pendolo. • Per quanto riguarda lo scorticamento, al condannato era tolta a strisce la pelle con svariati strumenti. PAGE \* MERGEFORMAT 1 • Il supplizio della ruota, infine, consisteva nel legare il condannato ad un cerchio esterno di una ruota, che era fatta rotolare lungo un pendio spinato. 6.4 DALL’ETA’ DEI LUMI AD OGGI La Rivoluzione francese portò una novità: se fino ad allora le condanne differivano a seconda dell'estrazione sociale, da quel momento tutti divenivano uguali anche nel modo di morire. Così, su proposta di un medico francese, Joseph-Ignace Guillotin (1738 - 1814), furono abolite le differenze di condanna con l'introduzione della ghigliottina. Contrariamente a quanto comunemente si crede, la ghigliottina non fu inventata dal dottor Guillotin, da cui il nome. Si ha notizia di meccanismi somiglianti già dal Trecento in Irlanda e Inghilterra. In una stampa del 1307, conservata presso il British Museum di Londra, è raffigurata infatti l'esecuzione di un certo Murdoc Ballag attraverso un attrezzo simile all'attuale ghigliottina. Notizie di meccanismi con lama si hanno anche nel Cinquecento nella Roma papalina. Con il pensiero illuminista cominciò ad affacciarsi un ripensamento sulla validità della pena di morte: «Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale essere non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità». Con questa dichiarazione d'intenti inizia un lungo capitolo (il XXVIII) che il giurista Cesare Beccaria inserì nel suo pamphlet Dei delitti e delle pene (1764), con lo scopo di dimostrare l'inefficacia della condanna capitale come mezzo di prevenzione del crimine, ma anche la sua illegittimità sul piano giuridico. Argomentava Beccarla, a sostegno delle sue tesi, che con questa pena lo Stato per punire un delitto ne commetteva uno a sua volta: «Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio». La condanna di Beccaria, tuttavia, non fu espressa in termini assoluti: «La morte di un cittadino non può credersi necessaria, che per due motivi. Il primo, PAGE \* MERGEFORMAT 1 quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza, che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di un cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell'anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi». La seconda ragione, invece, si presenta «quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti». Comunque il giurista italiano sosteneva di gran lunga la prigione a vita anziché la pena capitale. L'idea del Beccaria di sostituire la pena capitale con la prigione a vita piacque in particolare al granduca di Toscana Leopoldo I, che nel 1786 abolì non solo la pena di morte ma anche la tortura (anche se la legge rimase in vigore solo quattro anni, poiché lo stesso Leopoldo la reintrodusse contro "ribelli e sollevatori"). La prima abolizione di fatto appartiene comunque alla piccola Repubblica di San Marino: l'ultima esecuzione ufficiale risale al 1468, mentre l'abolizione definitiva fu sancita per legge nel 1865. Nonostante il dibattito acceso da Beccaria, in Italia e fuori, il boia lavorò incessantemente fino alla fine del XVIII secolo. A partire dal XIX secolo, in numerosi Stati, prima Europei e poi in molti altri, la pena di morte fu abolita e sostituita dal carcere a vita. Nell'ultimo secolo ed a tutt'oggi essa ha continuato e continua ad essere applicata in prevalenza dai governi dittatoriali, come mezzo di eliminazione del dissenso, ma anche in Stati che si dichiarano democratici come gli Stati Uniti d'America. In Italia, tutti gli Stati preunitari (ad eccezione della Toscana) prevedevano la pena di morte, che nel 1889 fu tuttavia abolita dall'ordinamento del Regno con l'approvazione quasi all'unanimità da parte di entrambe le Camere del nuovo codice penale (durante il ministero di Giuseppe Zanardelli). La pena capitale restava però in vigore nel codice penale militare e in quelli coloniali. Tuttavia, la pena di morte era stata de facto abolita grazie al Decreto di amnistia del 18 gennaio 1878 di Umberto I di Savoia. Con il fascismo, la pena di morte fu reintrodotta per i più gravi delitti politici contro lo Stato (1926) e per quelli comuni (1930 - Codice Rocco). La sua abolizione, anche se non definitiva e totale, arrivò con la caduta del fascismo: il decreto legislativo n. 159 del 27 luglio 1944 la sostituì con la pena PAGE \* MERGEFORMAT 1 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA: • M. T. Cicerone, De re publica • G. Ferrario, Il costume antico e moderno • A. D'Alessandro, Dies geniales, la cui editio princeps è del 1º aprile 1522, pubblicata a Roma in aedibus I. Mazochi. • Dirksen, Uebersicht der bisherigen Versuche zur Kritik und Herstellung des Textes der Zwölf-Tafel-Fragmente Leipzig 1824 *M. VOIGT, Die XII Tafeln. Geschichte und System des Civil- und Criminal-Rechtes, wie - Processes der XII Tafeln nebst deren Fragmenten, in due volumi, Leipzig, 1883 • O. Diliberto, Materiali per la palingenesi delle XII Tavole, I, Cagliari 1992 • M. Crawford, Roman Statutes, II, London, 1996 • O. 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