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Il servizio Sociale - Elisabetta Neve, Appunti di Analisi Dei Dati Per La Ricerca Sociale

Riassunto di alcuni capitoli del libro Il servizio sociale di Elisabetta Neve

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 08/04/2016

Elisa9319
Elisa9319 🇮🇹

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Scarica Il servizio Sociale - Elisabetta Neve e più Appunti in PDF di Analisi Dei Dati Per La Ricerca Sociale solo su Docsity! LA NASCITA E IL PRIMO AFFERMARSI DEL SERVIZIO SOCIALE Il contesto italiano La nascita • Mentre nei paesi anglosassoni il servizio sociale nasce tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del 900; in Italia la sua nascita si colloca nell’immediato secondo dopoguerra e viene datata con l’apertura della prime 5 scuole nel 1945; • Miseria e degrado ma anche rinascita: 1946 nascita dell’Italia Repubblicana con il voto alle donne; formazione dell’Assemblea Costituente, connotata dall’impegno all’insegna dei nuovi valori: uguaglianza di tutti i cittadini, libertà di pensiero e di azione, diritti di tutti di partecipare alle decisioni sulle sorti della nuova Repubblica. (P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, «La maggioranza della DC guardava con diffidenza le riforme. Essa era disposta a promuovere aggiustamenti parziali del sistema che potessero limitare le tensioni sociali esistenti, ma non aveva alcuna voglia di modificare la struttura fondamentale») • Convegno di Tremezzo sul lago di Como 1946: primo convegno nazionale sul servizio sociale a respiro internazionale. Costituisce la pietra miliare che ispirò e confermò gli orientamenti e il sostanziale cambiamento di logica di cui si fece portavoce la nuova professione. • Si evidenzia la necessità di formare un nuovo professionista, l’assistente sociale, e di una riforma dell’assistenza in Italia e delle strutture amministrative, decentrando dallo Stato agli Enti locali (in coincidenza con il dettato costituzionale che prevedeva l’istituzione delle Regioni come organi del decentramento politico- amministrativo). • Dal Convegno emerse una nuova concezione dello Stato: fondamento del servizio sociale doveva essere il senso di responsabilità della collettività per il benessere di tutti • 1951-1953 inchiesta sulla povertà in Italia: quadro desolante: 85% delle famiglie povere al Sud; spesa assistenziale italiana ai primi posti nel mondo con risposte disomogenee e frammentarie sul territorio; • 1949 in Calabria: il 90% dei comuni non aveva scuole; l’85% non aveva canali di scolo e l’81% aveva acquedotti insufficienti; per ogni 1500 abitanti vi era un posto letto in Ospedale; circa il 49% della popolazione era analfabeta. LE PRIME SCUOLE • Scuole cattoliche (ONARMO); • Scuole laiche ad ispirazione cattolica (ENSISS Ente nazionale scuole italiane di servizio sociale) • Scuole laiche (CEPAS Centro di educazione professionale per assistenti sociali; UNSAS (Unione nazionale scuola assistenti sociali). Tutte le scuole erano accomunate dall’obiettivo di formare una maturità ed una consapevolezza dei problemi umani e sociali del momento. L’appoggio dell’UNRRA proseguito poi dall’AAI (Amministrazione aiuti internazionali) contribuì ad omogeneizzare secondo l’ispirazione del social work statunitense. Tutte si qualificarono come scuole teoriche pratiche (tirocinio nelle fabbriche, nei sanatori, nei centri sociali dell’UNRRA-CASAS). L’AFFERMARSI DI ALTRE SCUOLE • Nel 1947:12 scuole; • Negli anni ‘50: una cinquantina di scuole; (il lavoro dei primi assistenti sociali consisteva in una pratica ancora improvvisata e artigianale ma ispirata a valori e principi anche mutuati dalla cultura anglosassone) Fa eccezione l’ambito della devianza minorile che segnò l’inizio di una pratica professionale che andò ampliandosi e accumulando una cultura del servizio sociale (1947 costituzione informale dell’Ufficio studi e coordinamento per i minori traviati presso il Ministero della Giustizia) CONSIDERAZIONI • Il servizio sociale italiano (a differenza dell’Inghilterra e degli Stati Uniti) nasce al di fuori dell’ordinamento scolastico e delle Istituzioni dello Stato; l’estraneità delle scuole di servizio sociale al mondo accademico ha un peso sul mancato riconoscimento della professione. • La filosofia del neonato servizio sociale, coniata dalla cultura anglosassone era lontana dalla cultura e mentalità italiane; • In Italia vi era il vuoto della scienze sociali legato all’autarchia culturale fascista e all’impostazione idealista e umanista della scienza e della cultura italiane (negli Stati Uniti nella 2^metà dell’800 il neonato servizio sociale risentì invece delle nuove scienze sociali, sociologia e psicoanalisi); • La connotazione femminile non giovò allo sviluppo e al riconoscimento della professione. L’impiego degli assistenti sociali, terminata nel 1949 l’azione dell’UNRRA, si rivelò arduo, soprattutto a partire dagli anni ‘50 quando la maggior parte trovarono lavoro negli oltre 40.000 enti assistenziali. Gli a.s. rimasero ancorati a ideali di sviluppo di interesse di tutti i cittadini a fronte di scelte politico istituzionali orientate al mantenimento degli apparati dello Stato fascista; • Il divario tra bisogni e risposte nel contesto sociale tenderà a comprimere il servizio sociale verso i margini o verso una chiusura della professione IL CONTESTO SOCIO POLITICO DEGLI ANNI 50 • In termini di rapporto tra bisogni-risposte lo possiamo definire: periodo dei grandi squilibri; • Miracolo economico da un lato, squilibri nel tessuto sociale dall’altro (migrazione verso le città industrializzate, fuga dalle campagne al sud, disoccupazione delle donne prima impiegate nel lavoro agricolo,con proliferare delle periferie urbane e problemi di devianza,..); • Squilibri tra nord e sud tra città e campagne tra zone più industrializzate e zone depresse. • Il modello di sviluppo italiano è carente sul piano dei valori collettivi. Lo stato aveva stimolato lo sviluppo economico ma non aveva gestito le conseguenze sociali. In assenza di educazione al senso civico, di pianificazione, di servizi pubblici essenziali, la singola famiglia cerca un’alternativa nei consumi privati: usa la macchina per andare al lavoro, si reca dai medici privati, manda i figli negli asili privati..(Ginsborg). • I vuoti e le disfunzioni del sistema politico ed economico venivano scaricate sul sistema di assistenza. I SISTEMI ISTITUZIONALI DEGLI ANNI 50 • Il sistema previdenziale; tre grandi enti: INPS, per l’invalidità, la vecchiaia, la disoccupazione gli assegni familiari, l’INAIL per gli infortuni e le malattie professionali,L’INAM, per le malattie e le maternità. Pregio dell’automaticità delle prestazioni e dell’acquisizione di un diritto a ricevere da parte di chi aveva versato i contributi; • difetto: discriminazione e privilegi tra le varie categorie di cittadini lavoratori. • Il sistema sanitario:sistema misto pubblico-privato. Gestivano competenze sanitarie pubbliche: molti ministeri, gli ospedali, gestiti come enti autonomi fino alla fine degli anni ‘70, vari istituti per malattie fisiche e psichiche gestiti da personale religioso ma pagati da enti pubblici, gli stessi enti previdenziali, le Province, competenti per l’igiene ambientale, la profilassi e la cura di certe malattie endemiche e il ricovero dei pazienti • Assunzione di valore di tutto ciò che è collettivo, dell’assemblearismo; • Le cause dei problemi sociali vanno ricercate nel sistema stesso che per occultare le proprie inadempienze «inventa» un settore ad hoc-il sistema assistenziale»; • Critica alle istituzioni totali (manicomi, brefotrofi, case di riposo); teorie di Goffman; Realizzazione di alcune riforme: • 1968: trasformazione degli Ospedali da IPAB in enti pubblici al fine di una maggiore trasparenza possibilità di controllo da parte dello Stato; • 1969: riforma delle pensioni con l’introduzione dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita e la pensione sociale per gli ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito; • L.431/67 introduce l’istituto dell’adozione speciale: conquista del movimento dei genitori adottanti; sancisce per i bambini abbandonati la rottura dei legami di sangue con la famiglia d’origine e l’acquisizione a pieno titolo di figlio legittimo dei genitori adottanti; • 1970: approvazione della legge sul divorzio; approvazione dello Statuto dei lavoratori. IL SERVIZIO SOCIALE NELLA CONTESTAZIONE DEL 68 • La contestazione arrivò alle scuole di servizio sociale e comportò la chiusura di alcune scuole del nord e del centro e influenzò i programmi di altre; presi a bersaglio il case work , gli insegnamenti di psicologia, le materie professionali, tutto ciò che era tecnico, per enfatizzare la sociologia critica e l’economia; momenti di autogestione didattica da parte degli studenti (affrontano l’economia e la sociologia secondo l’ottica marxista); enfasi del gruppo e dell’assemblea; negazione del ruolo del monitore e del supervisore; scioglimento dell’ASISS; • Messa in discussione della pretesa neutralità dell’assistente sociale intesa come strumento del potere per mantenere lo status quo; • Le posizioni più estreme teorizzano oltre alla negazione dei ruoli, la lotta al di fuori delle istituzioni, in un disegno utopico di sconvolgimento della base del sistema economico sociale; • L’ala più moderata del movimento teorizzava l’assunzione, per l’assistente sociale, di un ruolo insieme tecnico e politico, finalizzato a lottare contro le istituzioni che creano e aggravano l’emarginazione ed il controllo sociale; • Consapevolezza da parte degli assistenti sociali che fosse necessario abbattere gli oltre 40.000 enti assistenziali e la necessità della centralità dell’Ente locale Comune; • Nei primi anni ‘70 alcune scuole, convinte dell’artificiosità della divisione dei tre metodi (case work, group work e comunity work) tentano di impostare l’insegnamento professionale in maniera unitaria, affermando che il servizio sociale si qualifica per un metodo, che di volta in volta si avvale di tecniche diverse a seconda delle esigenze della situazione. Si adottano modalità di lavoro di gruppo, si agevolano tirocini di «animazione politica del territorio»; si aboliscono i corsi di etica professionale. Si sposta l’attenzione dalle tecniche alle funzioni e alla collocazione del servizio sociale GLI ANNI 70: ANNI DELLE RIFORME Nuovi problemi sociali: • invecchiamento della popolazione con conseguente problema economico di garantire la pensione a più anziani e più a lungo e con problema delle malattie degenerative; • Aumento dell’occupazione femminile spesso confinato nel lavoro sommerso (lavoro nero) e progressivo restringimento della famiglia allargata: i giovani abitano separati dai genitori anziani, i figli diminuiscono; minori supporti tradizionali solidaristici; tendenza a delegare al pubblico una serie di compiti prima assolti dalla famiglia allargata; • Differenze tra Sud e Nord: al Sud tradizionale povertà; al Nord sacche di povertà: anziani con pensioni minime, disabili, tossicodipendenti. • stagione favorevole per il settore socio-sanitario: decentramento amministrativo alle Regioni; creazione della condizione per l’esigibilità di alcuni diritti dei cittadini; con la L 281/70 graduale trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni nelle materie previste dall’art. 117 della Costituzione, tra cui «la beneficenza pubblica e l’assistenza sanitaria e ospedaliera» ; • nel 1977 completamento del trasferimento dei poteri in campo socio assistenziale e sanitario alle Regioni; con il DPR 616/77 (attuativo della L.382/75) individuazione dell’ente locale comune , singolo o associato, quale ente privilegiato per la gestione delle competenze socio- sanitarie, comprese quelle di molti dei 40.000 enti sciolti con lo stesso decreto; • significato politico di tale scelta in quanto il Comune: è un ente di governo locale; è un ente democratico rappresentativo ed elettivo; è un ente autonomo territoriale; Ricondurre tutte le competenze assistenziali al COMUNE ha significato: • riconnettere gli interventi assistenziali nella più vasta politica di governo della vita complessiva delle persone; • considerare i destinatari dell’assistenza non cittadini «di serie B» o meri oggetti dell’intervento, bensì normali cittadini; • superare la categorizzazione giuridica e la settorializzazione degli interventi; • intervenire non attraverso l’erogazione di prestazioni ma la creazione di servizi; • l’appartenenza territoriale consente la continuità bisogno assistenziale bisogno sociale; • la trasparenza e vicinanza dell’ente comune alla propria popolazione garantisce vicinanza delle risposte assistenziali ai bisogni dei cittadini; • nel 1977 scioglimento di innumerevoli casse mutue (enti previdenziali) e con la L 833/78 istituzione del servizio sanitario nazionale con l’articolazione su tutto il territorio nazionale di unità sanitarie locali, quali strutture operative dei Comuni, dotate di propri organi di gestione e di controllo, il cui funzionamento viene regolato da leggi regionali e da apposito Piano sanitario regionale. Vengono affermati :prevenzione; partecipazione dei cittadini; programmazione degli interventi; • Legge 1044/71 istitutiva degli asili nido; • Legge istitutiva del nuovo diritto di famiglia (L.151/75) che sancisce la parità tra i coniugi anche rispetto alla potestà sui figli e quindi un maggior riconoscimento del ruolo della donna ed un rafforzamento della posizione giuridica dei figli (anche quelli nati fuori dal matrimonio); • Legge 405/75 istitutiva dei consultori familiari; • Legge 194/78 che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza; • Legge 685/78 sulle tossicodipendenze; • Legge 354/75 istitutiva dei centri di servizio sociale presso il Ministero di grazia e giustizia per i detenuti adulti • Legge 180/78 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori In sintesi i provvedimenti varati negli anni ‘70 riflettono una concezione dell’assistenza come diritto del cittadino, e non più come elargizione discrezionale, esemplare a questo proposito la legislazione sugli asili nido e sui consultori che stravolge l’approccio caritativo e marginalizzante che aveva contraddistinto le iniziative del potere pubblico nei confronti della maternità e dell’infanzia. Con le riforme più strettamente assistenziali si intrecciano riforme più strutturali quali quelle della scuola della sanità della famiglia, in una concezione di welfare state in linea con i paesi europei più avanzati. Più estesa e «scientifica» concezione del bisogno comprendente oltre all’esigenza biologica di sopravvivenza la sfera affettiva, gli aspetti psichici, la sfera sociale, la sfera e il diritto di libertà di scelta delle persone, l’esigenza riferita alle donne di pari opportunità con gli uomini. Le ombre: • mancata riforma dell’assistenza • modelli diversi di welfare state nei vari gruppi di Regioni • debito pubblico a causa del costo delle riforme e della distribuzione «allegra» di benefici a tutti , non ultimo l’aumento di occupazione nel settore pubblico per fornire i nuovi servizi di personale adeguato; • mancata riforma del sistema previdenziale che incide pesantemente sulla spesa pubblica. IL SERVIZIO SOCIALE NEGLI ANNI 70 • Il centro di interesse della professione si sposta dall’uso e dall’affinamento di tecniche alla dimensione politico istituzionale ed organizzativa delle risposte; • Il cambiamento può prodursi solo unendo le forze sociali a livello territoriale, al fine di indurre l’apparato istituzionale a funzionare in termini di prevenzione e di programmazione di servizi per tutti; • Necessità dell’assunzione di un ruolo politico oltre che tecnico da parte dell’assistente sociale; • Lavoro politicamente orientato dell’assistente sociale all’interno delle istituzioni di sensibilizzazione informazione e collegamento con le forze sociali nell’esercizio di compiti educativi e di contropotere all’interno delle istituzioni; • Lavoro di zona: gruppi di assistenti sociali che si proponevano di coordinare interventi e prestazioni dei diversi enti con riferimento ad una certa zona territoriale; • Anni ’73 - ’74: alcune amministrazioni di comuni istituiscono i Consorzi socio sanitari per gestire nuovi servizi; attuazione di alcuni servizi alternativi all’istituzionalizzazione di minori, handicappati, anziani, istituendo le prime iniziative di assistenza domiciliare, razionalizzando l’assistenza economica con l’istituzione di contributi per il minimo vitale. • quadro variegato delle scuole di servizio sociale; posizioni differenti rispetto all’inserimento del percorso formativo in ambito accademico. Servizio sociale e mondo delle risposte ai problemi sociali SISTEMI DI RISPOSTA AI PROBLEMI SOCIALI Si può leggere la storia dell’assistenza attraverso: • Sistemi di intervento: beneficenza, assistenza, previdenza, cura, solidarietà, carità, sicurezza sociale, servizi sociali… • Soggetti preposti a rispondere: famiglia, stato, enti, volontari, professionisti, istituti, chiesa… • Modello solidaristico: spinta spontanea verso l’altro; sostenuto da motivazioni religiose o filantropiche. Es: volontariato più o meno organizzato; possiamo trovare forti spinte solidaristiche anche in istituzioni pubbliche (che organizzano il loro intervento su un modello assistenzialistico); • Modello assistenzialistico: nasce con l’organizzazione dell’uomo in società; con la nascita del concetto di giustizia e diritto. Modello di aiuto più complesso, legato al tipo di società e di governo, forze private o apparati pubblici organizzano sistemi di aiuto funzionali agli obiettivi che la società si dà. Assistenza come modo per supplire alle carenze prodotte dal sistema socio economico. Le forme dell’assistenza: - previdenza - beneficenza - assistenza - sicurezza sociale
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