Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Previdenza: a ciascuno il suo?, Sintesi del corso di Demografia

Riassunto dettagliato del volume.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 02/04/2024

Carlotta-C
Carlotta-C 🇮🇹

4.7

(33)

35 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Previdenza: a ciascuno il suo? e più Sintesi del corso in PDF di Demografia solo su Docsity! PREVIDENZA: A CIASCUNO IL SUO? – di Gustavo De Santis Popolazione e società – B019145 (B206) PROF. Gustavo De Santis AA 2022-2023 1 Capitolo 1 – Un messaggio dell’Imperatore L’obbiettivo del libro è quello di formulare una convincente proposta di riforma pensionistica. È necessario capire il tipo di sistema: un sistema a ripartizione contributiva senza capitali accumulati, oppure un sistema a capitalizzazione in cui il lavoro mette da parte una parte del proprio stipendio? O ancora un sistema misto? Pubblico o privato? Universale o specifico per le singole categorie di lavoratori? Capitolo 2 – L’incarico L’imperatore manda una lettera d’incarico con elencante varie caratteristiche che vuole all’interno del nuovo sistema: deve essere a ripartizione – o il più vicino possibile – e solo per estrema necessità può passare a quello di ripartizione. L’imperato esige un sistema che non debba più essere riformato e con un’idea forte alla base; inoltre il sistema precedente non era stato in grado di finanziarsi d solo e lo stato ha dovuto intervenire più volte, quindi il nuovo sistema si deve autosostenere. Un’altra necessità è quella di stabilire delle aliquote fisse e quelle che dovranno variare al fine di mantenere stabile il bilancio. Il trattamento deve essere equo per tutti i partecipanti e dovrà stimolare tutte le fasce di età lavorative. L’aliquota contributiva dovrà poi essere unica ed uguale per tutti. Inoltre le variabili devono essere semplici e chiare. La parte previdenziale deve essere – quindi il potersi mantenere da vecchi – è sempre stato confuso con la parte assistenziale: questi due aspetti devono essere ben distinti con un criterio semplice ed univoco e tutti devono poter ottenere l’una o l’altra cosa. L’imperatore poi si chiede se la differenziazione tra la gestione delle risorse per gli anziani che hanno finito di lavorare e quella dei ragazzi che ancora non hanno l’età per farlo sia logico trattarle in modo separato, e se è possibile pensare ad un passaggio “morbido” alla pensione con pima una fase di lavoro part-time. L’importante è che questo sistema si avvicini il più possibile alla logica della ripartizione. Capitolo 3 – Per cominciare, non facciamo brutte figure. Iniziamo tracciando un grafico. Il caso più semplice è quello delle persone che nascono, crescono e muoiono in tarda età (quindi che hanno attraversato tutte le fasi della vita), senza spostarsi (= emigrare). Nella figura 1 sottorappresentata le fasi della vita hanno tutte la stessa lunghezza di circa 25 anni (ulteriore semplificazione), in pratica stiamo affermando che: il migliore studia fino ai 25, lavora fino a 50 e muore a 75, in questo caso la fase lavorativa è però troppo corta. Per cambiare la situazione possiamo guardare la figura 2, dove gli intervalli sono 4 e di una durata di circa 20 anni: si è giovane fino a 20, adulto fino a 60 (suddiviso della fasi gi giovane adulto e adulto maturo) e vecchio ad 80 fino alla morte. Questo quadro è più realistico, ma può migliorare ancora se iniziamo a tenere conto della mortalità. Nella figura 3 è possibile vedere un modello grossolano del ciclo di vita, è bene sottolineare che non è realistico affermare che ad ogni scavalcamento di fase un soggetto muoia, però ci mostra come cambia la numerosità nel tempo. A questo però dobbiamo ancora aggiungere le migrazioni, che sono quasi paragonabili alla morte perché dal grafico ci scompare una variabile. Per mostrare il modello dobbiamo aggiungere delle nuove coorti. Il caso più semplice possibile lo abbiamo quando la nuova coorte è uguale alla precedente (figura 4). Le coorti di nascita si susseguono e di norma non 2 ET À Giovani Adulti Vecchi 1 2 3 TEMP O Gi o A d1 A d2 Ve c. 1 2 3 4 TEMP O ET À FIG. 1 FIG. 2FIG. 1 aspetti all’interno del sistema scegliendo cos’ il modello che si preferisce. Inseriamo quindi un nuovo parametro: Q – 0>Q<1 – se Q=1 il sistema è punta all’equità attuariale, se Q=0 il sistema è puramente solidale e le pensioni vengono distribuite a tutti i vecchi in parti uguali senza tener conto della storia retributiva. Sono ovviamente possibili molte soluzioni intermedie, per esempio, tramite una media ponderata. Pi (ogni singola pensione )=PQ Ci C +P(1−Q) La formula ci dice che a ogni vecchio si dà tendenzialmente una pensione media P legata alla storia contributiva Q e ad una componete legata alla storia dei suoi versamenti Ci, relativizzata alla media generale di questi versamenti C. Esempio → Se Q=1, un vecchio che ha versato il doppio dei contributi medi e per il quale Ci C =2 percepirebbe una pensione pari al doppio di quella media. Esempio → Se Q=0, la pensione del vecchio sarebbe pari alla pensione media. Esempio → Se Q = 0,5 la pensione del vecchio sarebbe più alta della media ma non arriverebbe al doppio. NB: Per far si che il sistema funzioni è necessario stabile quale grado di equità attuariale e quale di redistribuzione verso i poveri voglio inserire, ricordando che più si inserisce di un meno possiamo inserire dell’latro. Capitolo 7 – Large or small? Per un ipotetico cittadino ideale il sistema previdenziale è un servizio che gli permette di non preoccuparsi degli anni della vecchiaia. Per raggiungere questo fine però è necessario ammettere che il cittadino ideale non ha bisogno di un sistema obbligato e/o pubblico, anche se il rischio di fallimento e scelte fallimentari non è del tutto escluso e su questo il sistema pubblico offre più garanzie (anche se ti da meno). In questo senso la soluzione potrebbe essere un sistema pensionistico pubblico che ti dà una base su cui vivere ed un privato dove poter mettere da parte i propri risparmi. Ci sono però persone non particolarmente attente a questo genere di cose che rischierebbero di affidarsi esclusivamente alla quota statale e quindi vivere poi sotto la soglia di povertà. Per questi irresponsabili il sistema privato sarebbe inutile dato che già le quote obbligate sono sentite come “troppo”. C’è da tenere poi in considerazione una terza categoria di persone – oltre ai volonterosi e agli svogliati – ovvero quelle persone che non lavorano abbastanza durante gli anni adulti (es. casalinghe, persone con malattie, che hanno lavorato al nero senza pagare contributi, a bassa qualificazione ecc.). Queste pensioni non dovrebbero far parte del sistema previdenziale, ma di quello assistenziale. Il confine tra i due è però sempre stato labile e anche chi ha lavorato poco alla fine è sempre rientrato nel sistema pensionistico. Il problema risulta duplice: da una parte è necessario avvicinarli al mercato del lavoro – anche contabilizzando il lavoro sommerso come quello delle casalinghe – dall’altra bisogna capire se la coperta assistenziale tiene in considerazione solamente le persone sotto la soglia di povertà. Più si amplia la copertura più deve aumentare il numero di contribuenti o il volume dei contributi richiesti. Insieme alla dicotomia equità/solidarietà è necessario definire anche la scala su cui operare. Capitolo 8 – Si fa presto a parlare di equità L’equità di trattamento individuale va valutata A priori, sulla base della probabile durata della vita, sia lavorativa che non lavorativa. Tale durata probabile, tuttavia, non è uguale per tutti. Occorre una decisione politica su quali differenze tra individui vadano tenute presenti e quali debbano essere invece ignorate. Nel prendere questa decisione bisogna tenere distinte le caratteristiche che possono variare nel corso del tempo, come per esempio il lavoro e luogo di residenza e l'attitudine al fumo, ecc. Da quelle che invece sono ascritte, per esempio sesso e anno di nascita. Capitolo 9 – Pensioni e salari: assoluti o relativi? 5 Affrontiamo ora l’argomento da un punto di vista economico. Immaginiamo di avere a che fare solo con redditi da lavoro (= S, salari) o da pensione (= P): S → Retribuiscono un’attività produttiva quindi fonte di reddito, P → Trasferimento di redito, C (= Contributi previdenziali) → Da sottratte ai salari. La maggior parte dei problemi economici in termini relativi viene meno (se si semplifica drasticamente). Esempio c → Aliquota contributiva ovvero parte del salario. Attualmente nell’impero questa grandezza vale 33% per gli occupati dipendenti e 18-19% per gli autonomi e parasubordinati. Il nostro compito è quello di abolire le differenze tra categorie e fisare c ad un livello accettabile. L’aliquota dovrebbe quindi essere un valore tra il 19 e il 33% (e non deve variare nel tempo). NB: C (contributi) ≠ c (aliquota contributiva) → C è un valore assoluto, c’è una grandezza relativa. Invece di separare pensioni e salari prendiamo in considerazione il loro rapporto P S , questo ci aiuta perché avremo a che fare con una sola variabile invece che due, oltre al fatto che ci dà già un’idea dello status economico relativo dei pensionati rispetto agli occupati (valore che ci interessa realmente). Es. → Pensione media = 600 scudi, corrisponde al 60% di un salario medio di 1000€ ma solo al 30% di 2000€. È vero che la quantità assoluto resta delle cose che il pensionato può comprare è sempre la stessa, ma a nessuno piacere restare indietro rispetto al gruppo di riferimento e l’unico modo per farlo è ragionare in termini di pensioni relative. Ovviamente questo è possibile farlo se prendiamo in considerazione tutte le variabili, compresi i prelievi previdenziali che non colpiscono le pensioni. Es. → c = 30%, Sl (= Salario lordo) = 1000 scudi, Sn (= Salario netto) = 700 scudi. P Sl = 700 1000 =70%mentre P Sn =700 700 → Nel primo caso sembra che i pensionati prendano meno rispetto ai salariati, nel secondo caso invece si può notare che in realtà non è così ma prendo gli stessi soldi. Questo ci dimostra che per poter veramente mettere a confronto il reddito relativo die due gruppi è necessario utilizzare Sn: p (= pensioni relative) = P Sn . Un altro vantaggio dell’impostazione relativa è che separa l’andamento dell’economia nel suo completo dall’andamento generale del sistema previdenziale: le recessioni e le espansioni pesano sul tenore di vita, ma possono essere non rilevanti nel sistema previdenziale. Oltre a questo è possibile garantire facilmente la posizione dei pensionati per tutto il resto della loro vita (se mi tocca il 60% del salario medio netto, so che prenderò il 60% di Sn per tutta la vita): in questo modo non ci saranno più pensioni di annata! Con la pensione relativa, infine, si ricrea coerenza tra i soldi e i diritti perché addossano si muovono insieme ai salari. In breve (+ fig. 8): 1. Si fissa la pensione media → p = P Sn (es. 50%). 2. Calcola a quale aliquota contributiva di equilibrio corrisponde c (lo vedremo dopo). 3. Guardo Sn prevalente per ciascun anno (es. 2600). 4. Calcolo della pensione media in moneta (es. 2600 2 =1300 ). 6 ET À 1 2 3 Ad ul ti1 A du lti 2 Ve cc hi FIG. 8 = Soldi = Diritti = Contributi individuali 5. Si calcola Ci (= storia contributiva individuale) in rapporto a C (= aliquota contributiva media) per sapere cosa spetta ad ogni singolo pensionato i. Capitolo 10 – Certezze e incertezze sul futuro Lo svantaggio del ragionamento relativo ovvero che non è in grado di dire ai contribuenti a quanto concretamente ammonterà la loro pensione. C’è quindi un problema di fiducia e di informazione al quale può ovviare l’INPS, che alla fine di ogni anno comunica la cifra ad ogni singolo contribuente i. per chi è vicino alla quiescenza prendere una somma pare a 2/3 della pensione media, per chi è giovane invece conterà il rapporto tra lo stipendio al netto dei contributi previdenziali e lo stipendio medio. Esempio: 100 occupati guadagnano 2000 scudi lori ciascuno con cui pagano 50 pensioni pari a 1000 scudi l’una. Monte salari = 100x2000=200.000 scudi, monte pensioni = 50x1000=50.000 scudi, c = 25%. Ogni occupato pagherà 500 scudi di contributi, i salari netti si saranno quindi di 1500 scudi e le pensioni 1000 scudi, ovvero 2/3 di Sn. ovviamente in periodi di crisi i salari si riducono e questo può implica un abbassamento generale di tutti valori. In breve fissare le pensioni in termini reali equivale a scaricare tutti i rischi economici del futuro sugli occupati. Fissarli in termini normali (esempio sopra) equivale a scaricare i rischi inflazionistici sui pensionati e i rischi economici sugli adulti. Se l’incertezza ricade sulla variabile demografica alla fine a rimetterci sarà sempre un singolo gruppo. Questo è pericoloso, ma con degli accorgimenti possiamo evitarlo. Capitolo 11 – La struttura per età e le fasi della vita Approfondiamo la struttura per età di una popolazione. A (Adulti) = O (Occupati), V (Vecchi) = R (ritirati dal lavoro/pensionati). La massa delle pensioni da pagare è VxP mentre la massa dei contributi disponibili è AxSlxc. Sn= Sl(1-c) → Salario lordo meno i contributi, l’uguaglianza tra entrate (C) e uscite (P) per mette alcuni passaggi per ricavare l’aliquota contributiva di equilibrio. c = VP ASl = VP ASn+VP oppure, esplicitando le pensioni relative e il rapporto vecchi e adulti c = V A p 1+V A p . Da queste seconda formula si vedere meglio che la pensione relativa p e il rapporto V/A giocano lo stesso ruolo: se una sale l’altro si traduce in un innalzamento dell’aliquota contributiva di equilibrio. Questo vuol dire che, se la pensione è bassa – e non vogliamo creare deficit – dobbiamo comparare il tenore di vita relativo o abbassare la quota dei vecchi. Ma chi è vecchio? La soglia della vecchiaia (𝛽 ) è una scelta politica, per esempio più essere stabilita come 65 anni. Questo cambiamento è brusco e implica una forte modifica del proprio status: un attimo prima sei un adulto attivo e poi ritrovi vecchio e pensionato. Per rimediare a questo è possibile inserire due età soglia 𝛽1 (es. 63 anni, lavori part-time) e 𝛽2 (es. 67 anni, pensione definitiva). Stesa cosa può essere fatta con 𝛽 così da distinguere tra chi è adulto ma non ancora occupato (es. 25enni che studiano) e adulti occupati. Il grafico diventerebbe quindi come quello della fig. 9. Oggi la durata media della vita per l’impero è di 80 anni (se non ci fossero i fattori individuali tutti morirebbero a 80): in questo caso – comodo – 𝛽 e 𝛽 sarebbero 20 e 60 anni = gioventù 20 anni (25% della vita), età adulta 40 anni (50% della vita) e vecchiaia 20 ani (25%). Capitolo 12 – La scala temporale più opportuna per un sistema previdenziale Quanto a lungo deve durare il sistema previdenziale? Per quanti anni bisogna guardare al futuro quando lo si progetta? Capitalizzazione e ripartizione? La risposta a quest’ultima domanda l’abbiamo 7 𝛽 𝛽 ET À 1 2 3 Ad ul ti1 A du lti 2 Ve cc hi 𝛽 𝛽 TEMP O FIG. 9 = Soldi = Diritti = Contributi individuali TEMP O fascia di età x: ox= O x . Più ox si avvicina al 100% più è maggiore la propensione al lavoro in quella fascia. Il numero degli occupati è quindi ottenibile da: O = A OA =¿Ao. Evidenzia così la componente demografica (ci dice quanti sono gli adulti A) e quella economica (o = O A ¿ che esplicita il rapporto degli occupati in età adulta. Analogamente se consideriamo il rapporto r tra i ritirati dal lavoro R e i Vecchi otteniamo: R=V R V =Vr. Questo vien e semplicemente a dire che il numero dei pensionati in ogni istante di tempo dipende da quanti vecchi ci sono e quanti sono quelli che hanno crediti pensionistici. Il vantaggio è che la formula di c diventa: c= VrP AoSl = VrP AoSN+VrP = Vrp Ao+Vrp dove 1) A e V sono termini demografici da confrontare di colta in volta con i corrispondenti vali della popolazione di riferimento; 2) o e r ci parlano di un aspetto economico dell’impero ovvero la propensione a risultare occupato e titolare di pensione; 3) p è la pensione relativa e quindi una scelta politica perché dipende da quanto generosamente viene trattato il pensionato medio. Capitolo 19 – Salario dei lavoratori e salario degli adulti Abbiamo fino a quei considerato come unità di misura il salario netto Sn medio dei lavoratori, alla luce delle formule precedenti sembra preferibile considerare il salario netto Sn medio degli adulti. Questo perché il nostro obbiettivo è quello di costruire un sistema di trasferimenti che automaticamente riassorba tutte le variazioni economiche in modo da traferire ai pensionati cifre più alte (se le condizioni economiche lo consentono). Siccome ci interessano le grandi relative dobbiamo tenere in considerazione il redito pro capite per adulto. Uno dei motivi per qui questo reddito può variare può essere la quota degli occupati sul totale, la cui variazione può dipendere da die cause distinte: 1. Causa demografica → Una distorsione nella struttura per età per cui aumenta la quota degli adulti A. 2. Causa economica → Diversa propensione al lavoro da parte della popolazione adulta e quindi un diverso rapporto di occupazione o = O A . Anche se producono lo stesso effetto devono restare distinte perché – nel primo caso – la variazione è temporanea dato che si tocca la struttura per età di riferimento. Nel secondo caso invece l’aumento del reddito prodotto è dovuto ad un incremento della propensione a lavorare della popolazione, che corrisponde ad un innalzamento delle attività produttive del paese. Poiché è dato dal prodotto OxSl, ciò che spetta per ogni adulto sarà: O ASl =oSl=SlA (salario lordo per adulto), mentre oSl(1-c) =oSn=SnA (salario netto per adulto). Il vantaggio nel far riferimento d un'unica grandezza sta nel fatto che SnA ingloba in un’unica variante tutte le variazioni economiche che interessano a fini previdenziali. E che si riflettono sul totale della produzione. Bisogna quindi spostare l’attenzione da P (= pensione media) al prodotto rP ovvero la pensione media dei vecchi Pv → rP=Pv → Da cui dividendo per SNa si ottiene la pensione relativa media dei vecchi pv → pv = Pv SNa = R V P O A Sn = r o p (= Pensione media relativa). Prendendo come unità di misura Sna la formula si semplifica e diventa c = VrP AoSl = VrP AoSn+VrP = VPv ASna+VPv = Vpv A+Vpv . 10 Esempio → 4 fratelli (Aldo, Bea, Carlo e Daria) che in età adulta mantengono il loro genitore (Zeno) ormai vecchio. I primi sono occupati e guadagnano 100 lordi, Daria invece è disoccupata (non percepisce reddito). Abbiamo quindi una popolazione di 5 persone di cui la quota adulti è A = 4/5 e quella vecchio V=1/5. Il rapporto di occupazione (occupati su adulti) o = 3/4 e il reddito da lavoro complessivo dei fratelli è 300. In termini pro capite la popolazione ha un reddito pro capite medio AoSl=( 4 5 )x( 34 ) x100=60. Sla (salario lordo per adulto) = oSl = ( 34 ) x100= 75. Il reddito medi per adulto non è possibile calcolarlo. Come redistribuire? Un metodo è quello di non ridistribuire affatto pv=0% (no contributi, Zeno senza pensione = Scelta politica). Consideriamo pv=100%, c=1/5=20% → Tre lavoratori: 100 guadagno lordo, 20 di contributi pagati, 80 è il netto, cioè, ciò che gli resta. Capitolo 20 – Precisazioni Ai privati la gestione della flessibilità individuale → trasferimenti che in primo luogo convenzionalmente definisce tre fasce d'età, giovani, adulti e vecchi, e poi si ingegna di trasferire risorse dall'età più produttive, quelle adulte, a quelle non produttive. La prima scelta da fare è quella dell'età pensionabile 𝛽, che deve essere fatta con estrema cautela; infatti, se è troppo bassa si gonfia il numero di vecchi e si comprime quello degli adulti. Se invece è troppo alta, diventa difficile mantenere l'impegno di escludere gli adulti un po’ più anziani dai benefici. Servirà per questa scelta un parere tecnico ma soprattutto una consultazione con più parti sociali per arrivare a una scelta condivisa. La scelta di un'età pensionabile beta unica e valida per tutti potrebbe apparire troppo rigida e quindi poco adatta alle esigenze specifiche dei singoli individui, ma questa obiezione dimentica che per venire incontro a queste esigenze particolari c'è il mercato delle assicurazioni private. Ammettiamo che l'età pensionabile oggi sia 𝛽=65 anni e che neoassunto di trent'anni voglia, invece, garantirsi la possibilità di andare in pensione già, dapprima. Questo neoassunto è liberissimo di stipulare una polizza privata in cambio di un premio mensile che gli garantisca di andare in pensione a sessant'anni. voi affrontiamo adesso un aspetto differente ma collegato, se la logica del sistema è quella di proteggere l'eterno lavorative, perché non prevedere un meccanismo che dia un reddito anche più giovani? L'idea potrebbe apparire strana se si pensa che i ragazzi sono a carico dei genitori. Voi? Eppure anche con questa visione del mondo di figli come scelte private l'idea è difendibile. Infatti anziché progettare un sistema previdenziale che tiri 100 in contributi quando sei adulto e ti rientra 100 di pensione quando sei vecchio. Si può ipotizzare un sistema che, tanto per indicare qualche cifra, ti anticipa 25 quando sei giovane, ti prenderà poi 100 quando sei adulto e ti renderà 75 quando sei pensionato. I conti tornano lo stesso e il principio delle equità non ne risente. Questa ipotesi potrebbe aiutare a migliorare la bassa fecondità. Se questo meccanismo fosse veramente all'opera, la creazione e il mantenimento di un sistema previdenziale non dovrebbero, al rigore, essere concepiti senza prevedere alcun tempo un meccanismo compensatore di stimolo della fecondità? Indicheremo con B il bonus figli. b=B/Sna (= bonus relativo) così da ottenere: c = VPv+GB ASla = VPv+GB ASna+VPv+GB = Vpv+Gb A+Vpv+Gb . Se ai giovani si dà abbastanza poco o al limite nulla, la loro presenza risulta poco o per nulla rilevante e ci si riconduce al caso della formula senza appunto l'inserimento della quota giovanile. E la popolazione di riferimento? Beh, come minimo… → E in tutto questo come rientro la popolazione di riferimento in vari modi. Possibili, il più semplice è quello di sfruttarla per aggiustare dinamicamente le tasse soia che delimitano la fase adulta e quella anziana. Allungamento della durata media della vita, corrisponde un invecchiamento immediato nella struttura per età di riferimento, un aumento tendenziale nella struttura per età effettiva, il che porterà presto tardi a conseguenze sul sistema di 11 trasferimenti. Quali aggiustamenti sono necessari? La risposta precisa dipende dalle caratteristiche iniziali del sistema. Popolazione di riferimento: si può fare di più → La popolazione di riferimento può comunque essere sfruttata in modo più ampio e ambizioso. Immaginiamo di aver già fissato, a livello relativo preferito della collettività delle pensioni vecchi pv e bonus figli b. La formula successiva fornisce l'aliquota contributiva di equilibrio C che è congeniata in modo tale da uguagliare le entrate delle uscite. Tentare che il sistema sia sempre in pareggio → c (medio) = V (medio ) pv+G(medio)b A (medio )+V (medio ) pv+G (medio)b . Il vantaggio è che il ricorso alla popolazione di riferimento, l'aliquota contributiva di equilibrio, può rimanere costante nel corso del tempo. Lo svantaggio dall'altra parte e che non c'è più la garanzia che anno per anno le entrate contribuite coincidono con le uscite pet le pensioni e bonus figli. Capitolo 21 – Sì, ma in pratica? Pariamo dalle variabili su cui non si ha il controllo: vanno prese come dati di fatto. Per facilitarci utilizzeremo un esempio: - Popolazione impero = 58,5 milioni di abitanti. - O (occupati) = 22,5 milioni - Sl (medio) = 2500 scudi al mese. - r = R/V = 1 (= numero di vecchi titolari della pensione) → Questo è vero se si decide di dare un po’ di pensione anche ai vecchi che non hanno mai lavorato. - eo (durata media della vita) = 80 anni. → Ci interessa anche la struttura per età corrente della popolazione stazionaria (dati analitici). - Scelte politiche (terreno complesso) = G (medio) = V (medio) = 25%, A (medio) = 50%: metà tempo si è – convenzionalmente adulti – l’altra metà è divisa tra giovani e vecchi. → Si realizza che 𝛽=20,1 anni 𝛽=61,4 anni. - A (adulti effettivi) = 33,490 milioni = 57,3% del totale. - o=O/A= 22,5 milioni/33,490 milioni = 0,674 (circa). - Ora dobbiamo decidere io valore opportuno per il rapporto tra la pensione dei vecchi e il slario degli adulti e il rapporto bonus-figli e il salario degli adulti → pv = 0,6 e b=0,2 → Elementi che possono permetterci di calcolare l’aliquota contributiva, dobbiamo però stabilire la strada da intraprendere, ci sono due opzioni: 1) Ci basiamo sulla struttura per età della popolazione → G=19,2%, A=57,3%, V=23,6% ricordando che 𝛽=20,1 anni 𝛽=61,4 anni. L’aliquota contributiva, quindi, risulta c=23,9% NB: è bassa per gli standard dell’impero, ma non resterà così allungo perché la finestra demografica si sta chiudendo. Da questa aliquota possiamo calcolare Sn=2500-23,9%=1903 scudi, Sna (adulti, non dei lavoratori) = 1903x0,674=1282. Pv=1282x0,6=769 scudi, bonus figli b=1282x0,2=256 scudi. 2) Questa seconda strada è più complessa ma garantisce un’aliquota contributiva più stabile nel corso del tempo. Utilizziamo le quote della popolazione di riferimento (non di quella effettiva) ovvero quelle stabilite da noi stessi. G(medio)=V(medio)=25% e A(medio) = 50%, c(medio)=28,6% Sn = 2500-28,6%=1786 scudi, mentre quello mensile per gli adulti Sna=1786x0,674=1203, la pensione media cala a Pv=1203x0,6=772 scudi, mentre il bonus figli b=1203x0,2=241 scudi. Se si sceglie questa seconda strada il totale dei contributi risulterà maggiore delle prestazioni: stiamo una fase di bonus demografico che non durerà, mentre nello scenario 1 possiamo goderci il vantaggio senza preoccuparsi del futuro. Come ultimo spetto è necessario tenere conto della questione dell’equità attuariale e di quanta redistribuzione voglia fare nel nostro sistema. Immaginiamo per esempio Q=75%, questo implica che 12 6. Questo sistema reintroduce il principio della ripartizione che si è prestato in passato e si presta per definizione alle pressioni di gruppi più forti. È un mostro da cui ci siamo appena liberati e sarebbe da pazzi reintrodurlo. L'alternativa è un'autentica capitalizzazione che non si può però introdurre, perché un sistema di partizione c'è, l'abbiamo già, e chiuderlo per passare alla capitalizzazione avrebbe costi e conseguenze sociali elevatissime. Passare da un sistema di ripartizione a un altro è comunque molto difficile. Il sistema attuale è a ripartizione nella sua sostanza, anche se formalmente simula un meccanismo a capitalizzazione. A ben guardare, il meccanismo serve solamente a calcolare il modo più equo, le pensioni individuali. Il m comunque non sta nella ripartizione in sé, bensì nel modo in cui essa è stata adottata. 7. Niente pensione anticipata per nessuno? E i mestieri usuranti allora? Non confondiamo la pensione che un trasferimento a chi non è in età dal lavoro, con i pagamenti differiti che sono solo un trucco per far pagare ad altri domani, quello che serva che venga prodotto oggi. Quello che viene posto non è un problema previdenziale ma del mercato del lavoro, dato che riguarda le persone convenzionalmente reputate adulte. Non è dunque con la pensione anticipata che il problema può essere risolto. 8. Con questo sistema l'età pensionabile varia di anno in anno, per restare coerente con la durata media della vita, e anche l’ammontare della pensione media – che sta in un certo rapporto con il salario netto medio degli adulti di quell'anno – varia di anno in anno. In definitiva non si ha più certezza di nulla: né di quanto si va in pensione, né di quanto si prenderà. Chi può volere un sistema così? In realtà, anche con il sistema attuale le certezze sono poche. Inoltre l'ammontare della pensione varia perché è rivalutato annualmente sulla base dell'inflazione. L'età pensionabile è sì libera all'interno di una finestra tra i 57 e i 65 anni, ma non del tutto perché, se l'importo pensionistico non arriva a un certo minimo in pensione non si può andare. È vero che con il sistema proposto non saranno noti in anticipo certi dettagli, ma sono invece note e certe le cose che contano davvero, che sono essenzialmente due: 1. La pensione garantirà per sempre una certa posizione nella scala sociale, perché è agganciata al reddito medio netto degli adulti. 2. Il periodo trascorso in pensione rappresenterà una certa frazione predeterminata della durata media della vita. 9. Per la parte di equità si tiene conto dei versamenti effettuati da ciascun pensionato e gli si rapporta ha un valore medio dei versamenti dei pensionati correnti. Ma poiché tali versamenti saranno stati effettuati in anni diversi, si pone un problema di comparabilità di valuta, uno scudo di oggi non sarà uno scudo di 20 o 30 anni fa. Inoltre, ogni anno si aggiorna la situazione dei versamenti per cui un pensionato che aveva versamenti medi fino a ieri può ritrovarsi oggi sotto la media e vedere quindi ridotto l'ammontare della sua pensione. Certo, ogni singolo versamento deve essere attualizzato e quindi trasformato in modernità corrente, è quindi necessario cercare un buon sistema di attualizzazione. Inoltre, è vero che le posizioni relative dei singoli contribuenti e pensionati possono mutare perché ogni anno si contabilizzano nuovi versamenti e si aggiornano il coefficiente di attualizzazione dei versamenti precedenti. 10. Che succede alle pensioni di reversibilità? Prendiamo un caso classico di una vedova che è stata casalinga per molti anni della sua vita. Possiamo adottare scelte diverse, ma la più coerente con il sistema proposto prevede che nessuno, nemmeno questa vedova, percepisca una pensione prima dell'età 𝛽. Successivamente la pensione della nostra vedova si comporrà di due parti: 1. Va tenuto conto del parametro 1-Q: è deciso dalla collettività ed è una forma di redistribuzione a pioggia che tocca a tutti i vecchi; 2. Questa seconda parte è il parametro Q ed è equamente legata ai versamenti dei contributi effettuati durante gli anni di lavoro. Adesso prendiamo in considerazione la condizione specifica di vedova: è sufficiente contabilizzare i versamenti contributivi dei coniugi come se fossero effettuati per metà dal lavoratore e per metà dal coniuge. La logica è semplice, se un individuo può 15 permettersi di lavorare e guadagnare reddito, e anche perché c'è un coniuge che in qualche modo lo cura, anche solo da un punto di vista psicologico. Per questo motivo al coniuge spetterà metà dei contributi della parte della coppia che ha lavorato. In questa scelta ci sono numerosi vantaggi, primo fra tutti che in caso di separazione tra coniugi, le questioni previdenziali sono automaticamente risolte: Per tutto il periodo in cui i due sono stati insieme, lei avrà goduto degli stessi versamenti contributivi di lui. A lei toccherà quindi una parte di pensione commisurata al valore cumulato dei versamenti effettuati in quel periodo. Lo stesso principio si può estendere alle coppie di fatto, dando quindi facoltà – e non obbligo – di ripartire sui partner i versamenti contributivi. 11. Ma cos’è, un salario alle casalinghe? No, si basa sull'idea che il lavoro casalingo sia utile per la famiglia e in particolare per il lavoratore e partener: il vivere insieme porta a una comunanza del tenore di vita. 12. Ma questo significa che, se una donna resta vedova quando è ancora relativamente giovane e magari con figli, non ha comunque diritto alla pensione neanche se muore di fame? La domanda rivela una certa confusione. Ricordiamo: 1. Il sistema tutor della coloro che non sono in età dal lavoro; 2. Se ci sono figli giovani, questi riceveranno il bonus figli, se invece i figli non sono giovani, sono adulti e quindi possono andare a lavorare; 3. È bene avere presenti questi possibili casi nel definire le tasse 𝛽 e 𝛽 che convenzionalmente delimitano l'età adulta e le anziane, perché è da lì che dipende il bonus figli; 4. Il sistema non protegge dalla povertà o, meglio, lo fa in parte grazie al parametro 1-Q e solo per l'età, non dal lavoro; 5. Ci possono essere molti altri meccanismi che tutelano le famiglie bisognose, ad esempio per i casi di vedovanza precoce. In breve, il sistema fa poche cose e le dichiara esplicitamente, per le situazioni di bisogno da cui il sistema non tutela, che sono note a priori, occorre pensare ad altri tipi di intervento pubblico. 13. E al riscatto degli anni di studio che succede? È giusto che chi ha studiato fino a età elevate e quindi ha lavorato relativamente poco, debba essere penalizzato con una pensione più bassa? Il principio del sistema e ridistribuire ciò che la collettività produce in quel momento, togliendo qualcosa a chi lavora sotto forma di contributi per darla a chi non è in grado di lavorare. In questo contesto il concetto stesso di riscatto perde senso perché lo studio non produce un reddito, oltre al fatto che non si possono distribuire oggi risorse prodotte in passato. Il montante economico di coloro che studiano lo vedremo alla fine dell'attività lavorativa, perché chi studia avrà successivamente un reddito più alto. 14. Nel rapporto si accenna a una possibile pensionamento graduale con un periodo di lavoro part-time a mezzo stipendio e mezza pensione. Ma questa idea e non è poi sviluppata, come mai? Non è stata sviluppata per non complicare le idee, ma il principio è semplice. Finora abbiamo parlato di due tassi di soglia (𝛽 e 𝛽) che permettono di individuare tre categorie di persone (A, G e V) ognuna di queste con il suo reddito netto medio. Relativizzando questi redditi al reddito. Metto dal lavoro degli adulti sia il bonus-figli relativo b e la pensione relativa p. Ora servono invece quattro età soglia (𝛽’, 𝛽’’, 𝛽’ e 𝛽’’) che creano così 5 categorie (bambini B, giovani G, maturi M, adulti A e vecchi V) ognuna con il proprio reddito netto medio relativo. Relativizzando i redditi possiamo trovare le quantità medie b, g, m, v. la formula dell’aliquota diventa quindi: c= Bb+¿+Mm+Vv A+Bb+¿+Mm+Vv . Al numeratore ci sono come “le bocche da sfamare”, al denominare c’è il reddito complessivo, in breve cambia poco ma bisogna tenere presente riprendendo la formula: O ASl =o Sl=Sla. 15. E come si dovrebbe passare dal sistema attuale a quello nuovo? Per questo bisogna procedere con ordine: è necessario capire che il sistema proposto è una specie di legge quadro che definisce le regole generali di compatibilità e permette di capire che cosa si può o non può si può fare all'interno di un 16 sistema previdenziale. Per queste scelte bisogna in concreto individuare tre parametri chiave del nuovo sistema, che sono 3: i. Le quote di vita di riferimento, ovvero quanto tempo ognuno di noi passa in una determinata condizione. Da questa scelta derivano anche l'età soia 𝛽 e 𝛽e la loro evoluzione nel tempo. ii. Il tenore di vita relativo, e cioè il rapporto da una parte tra la pensione media dei vecchi e il reddito netto dei medi degli adulti e dall'altra tra il bonus figli e il reddito netto medio degli adulti b. iii. Il grado di equità attuariale Q, e quindi anche di ridistribuzione 1-Q che voglio introdurre nel sistema. Questo è solo il punto di partenza da cui può cominciare la discussione. La definizione dei dettagli di questo passaggio non tocca però a me, qui si tratta di affrontare problemi di natura politica, giuridica ed economica che vanno oltre le nostre competenze. 16. Se uno lavora da vecchio, deve ancora pagare i contributi previdenziali? Sì e non c'è motivo di non pagarli dato che anche questi versamenti in tale età fanno aumentare il Monte contributivo individuale. 17. Ma queste idee vengono fuori così dal nulla? È perché nascono adesso, e non, ad esempio, quando si è riformato il sistema, nel 1995? Le idee non sempre nascono a comodo, ma per il vero, questa proposta è stata presentata per la prima volta già nel 1994. Certo, alcune idee sono venute cambiando da allora, come testimoniano le numerose varianti sul tema che sono state pubblicate nel frattempo. Le idee su cui essa si basa, come sempre avviene, non nascono dal nulla, ma attingono dalle molte che si trovano nella sconfinata lettura dell'argomento. La fine è nota – Abbiamo finito: la risposta è stata modellata e adesso bisogna aspettare il verdetto dell'imperatore. Sicuramente non verrà accettata, soprattutto nel nostro paese. 17
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved