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La grammatica della musica (otto karoli), Appunti di Musica

Riassunto - Riassunto

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 06/07/2015

redz01
redz01 🇮🇹

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Scarica La grammatica della musica (otto karoli) e più Appunti in PDF di Musica solo su Docsity! Storia della Musica La Grammatica della musica “Ottò Kàroli” PARTE PRIMA: Suoni e simboli In principio c’era il silenzio perché non c’era nessun moto e di conseguenza nessuna vibrazione poteva mettere l’aria in movimento. La musica sin dalle sue origini ha un significato trascendentale. Il Suono può essere prodotto dal moto originato da un corpo vibrante che provoca delle onde che giungono all’orecchio attraverso l’aria. La velocità del suono, che percorre lo spazio dal corpo vibrante all’orecchio, è di circa 335 metri al secondo, velocità che cambia secondo le condizioni dell’atmosfera. Altri conduttori del suono possono essere l’acqua e il legno ma per il suono musicale e artistico ci interessa solo l’aria. Se la vibrazione è regolare il suono è musicale altrimenti è rumore. Ogni suono ha 3 proprietà caratteristiche: altezza, intensità e timbro. Altezza L’altezza si percepisce dalla distinzione fra suoni musicali alti e bassi. Un suono è più o meno alto secondo la frequenza, cioè il numero di vibrazioni al secondo del corpo che vibra. Maggiore è la frequenza più alto è il suono; minore è la frequenza più basso è il suono (o cicli al secondo, c/s). Il limite minimo percepito dall’udito umano varia dalle 16 alle 20 vibrazioni al secondo (o c/s); il limite massimo dalle 20000 alle 25000. Intensità L’intensità di una nota dipende dall’ampiezza della sua vibrazione. Una vibrazione più o meno ampia produce suoni più forti o più deboli. Timbro Definisce la differenza di colore musicale tra una nota suonata da strumenti diversi o cantata da voci diverse. La frequenza della nota fondamentale è accompagnata da altre note simultaneamente presenti sulla nota: gli armonici. Gli armonici non sono distintamente udibili perché la loro intensità è minore di quella della nota fondamentale. Ma sono importanti perché determinano il timbro. Ciò che ci permette di fare distinzione tra il timbro di un oboe e di un corno è la diversa intensità dei vari armonici presenti sulle note fondamentali o reali che essi producono. Altezza convenzionale I musicisti di un’orchestra accordano i loro strumenti su una nota suonata dall’oboe principale o dal primo violino che ha o dovrebbe avere una frequenza di 440 vibrazioni al secondo. Questa è l’altezza convenzionale accettata dalla maggioranza delle nazioni occidentali nel 1939. Intonazione Una buona intonazione è suonare in tono cioè regolando scrupolosamente l’altezza delle note. Risonanza Cantando una nota ad una certa altezza può accadere che un oggetto posto nelle vicinanze si metta a vibrare per simpatia. Il principio della risonanza è quando due sorgenti di vibrazioni sono in condizioni di vibrare con eguale periodo. Quella non sollecitata direttamente riceverà la vibrazione simpateticamente dall’altra. Questo fenomeno è molto sfruttato per rinforzare il suono di strumenti a corde, sia ad arco che a pizzico. Acustica degli auditorium Un altro fattore che determina il timbro sonoro di strumenti e voci è un buono o cattivo auditorium, cioè in possesso o no di risonanza equilibrata. L’acustica di una sala può essere modificata con alcuni piccoli accorgimenti, il più comune è applicare o togliere assorbenti di suono, come tappezzerie e schermi. (parte storica p.27) Notazione dell’altezza L’altezza dei suoni è indicata dalla serie di 7 sillabe do re mi fa sol la si, serie che si conclude nuovamente con il do in modo da produrre un intervallo da do a do di otto note (chiamato ottava). L’intervallo è semplicemente la distanza che passa tra due note. Queste otto note sono rappresentate dai tasti bianchi del pianoforte. La parola nota applicata alla musica può significare 3 cose: a)un suono musicale singolo; b)il simbolo scritto di un suono musicale; c)più raramente un tasto del pianoforte o di un altro strumento. Si userà prevalentemente la prima accezione. Il rapporto fra la frequenza dei due do è di 1:2. Se la frequenza del do prescelto è di 256 (come del resto la frequenza del do centrale del pianoforte), la frequenza del do immediatamente superiore è di 512, e quella del do immediatamente inferire è di 128. I due do producono gli stessi suoni ma ad altezze diverse e la relazione matematica della loro frequenza ne spiega la ragione. Con lo stesso principio possiamo ottenere una ottava partendo da ogni nota. La maggior parte delle tastiere dei pianoforti sono divise in 7 ottave; partendo dalla più bassa tali ottave prendono il nome di: contra, grande, piccola, una linea, due linee, ecc. le abbreviazioni correnti sono: Do, do1,do2,do3(do centrale),do4, do5, do6. Ma il metodo di orientamento più chiaro per stabilire l’altezza di una nota è l’uso di un gruppo di 5 linee orizzontali: il rigo. Sia le linee che gli spazi vengono usati per fissare le posizioni delle note, ma spesso non sono sufficienti così vengono aggiunte alle linee principali alcune brevi linee supplementari. Per capire quali sono le altezze esatte relative ai nomi delle note vengono usate le chiavi. Vi sono tre tipi di chiavi, la chiave del Sol, la chiave di Fa e la chiave di Do; quella di sol e di fa, comunemente conosciute come chiave di violino e di basso, sono le più usate. Una volta stabilita una chiave, ogni linea e ogni spazio determinano una nota (e quindi un’altezza) ben definita. CHIAVE DI SOL: il centro del segno della chiave di sol è attraversato dalla seconda linea del rigo; ciò indica che la seconda linea è il posto per il sol3. Si nota che il do3 si trova sulla prima supplementare e che il sol3 dista un quinto da esso. Una volta stabilita una chiave ogni rigo e ogni spazio determinano una nota e quindi un’altezza ben definita. CHIAVE DI FA: dove vengono situate le note basse. I due punti indicano che nella chiave di fa la quarta linea del rigo è il posto del fa. La collocazione delle altre note può essere calcolata in relazione al fa, con lo stesso procedimento usato per la chiave di sol. Spesso nella musica per violino o per pianoforte si rende necessario scrivere note molto alte o molto basse. Ciò implica l’uso di molte linee supplementari, faticose per l’occhio. La soluzione consiste Tempo Il ritmo e il tempo assieme costituiscono il carattere della musica. La loro unione determina l’umore di una composizione. Tempo è una parola usata per comprendere tutte le variazioni di velocità, dalle musiche lentissime a quelle velocissime. Le variazioni di tempo vengono scritte sopra il rigo, in genere in lingua italiana. Le più comuni sono: grave adagio allegro lento andante vivace largo moderato presto larghetto allegretto prestissimo l’indicazione alla breve, talvolta espressa dal segno ₵, è solo un altro modo di scrittura per 2/2. Vi sono poi altri termini e locuzioni usati per designare i tempi in modo più preciso. Fra i più comuni: giusto, assai, molto, con moto, sostenuto, ma non troppo, con fuoco. Molti compositori per indicare esattamente i tempi danno anche l’indicazione metronometrica. Il metronomo è uno strumento meccanico pendolare che misura il numero dei battiti al minuto, a qualunque velocità data. Anche le variazioni di tempo vengono segnate in lingua italiana; come ad esempio, più allegro, meno mosso, accelerando, stringendo, rallentando, ritenuto, rubato. L’indicazione per riprendere il tempo d’inizio o principale del pezzo è tempo primo (oppure tempo I, o a tempo). Indicazioni dinamiche L’intensità del suono dipende dall’ampiezza delle vibrazioni. Ne consegue che tanto più forte è la sollecitazione impressa al corpo vibrante tanto più forte è il suono, e viceversa. Produciamo suoni che saranno più o meno forti secondo il vigore che vorremo usare. L’ambito fra i suoni più deboli e quelli più forti è suddiviso in vari gradi di volume: questi gradi sono indicati dai segni dinamici. fff più che fortissimo ff fortissimo f forte mf mezzo forte mp mezzo piano p piano pp pianissimo ppp più che pianissimo questi segni vengono di solito scritti sotto il rigo, indicando con quale intensità le note debbano essere suonate. Il passaggio da un grado dinamico ad un altro può essere improvviso o graduale. Nel primo caso sarà possibile combinare più segni dinamici assieme, oppure viene pure usato il termine italiano sub. (subito), e sempre per indicare ad un cambio di intensità si ricorre a più o a meno. Il passaggio graduale da un grado dinamico ad un altro è di solito indicato da un segno a forma di forcella. Ma lo si può esprimere anche a parole: ad esempio, crescendo, decrescendo o diminuendo; morendo o smorzando. Altri segni d’espressione p.51-52 Tono e semitono In musica l’intervallo tra una nota ed un’altra è chiamata tono. Gli intervalli più piccoli che spesso si trovano tra due note si chiamano semitoni. Bemolli, diesis e bequadri I segni usati per indicare che una nota deve essere innalzata o abbassata di un semitono sono chiamati diesis e bemolli. Il loro simbolo è: ♯ e b; essi vengono segnati direttamente di fronte alla nota che viene alterata. Talvolta è necessario innalzare o abbassare una nota non di uno ma di due semitoni (cioè di un tono intero). In tal caso vengono applicati i segni chiamati doppio diesis e doppio bemolle. Per riportare una nota diesizzata o bemollizzata alla sua altezza d’origine, si fa uso del bequadro. Scala La scala è semplicemente una serie di note, ordinate in progressione sia verso l’alto che verso il basso, con inizio da una nota qualsiasi fino a raggiungere la relativa ottava. Le scale musicali usate sono più d’una, ad esempio la scala pentafonica(di cinque note), la sa- grama indù, la scala araba a 17 toni, la scala a toni interi, ecc. La scala basilare del sistema musicale europeo è la scala diatonica, formata di toni e semitoni all’interno di un intervallo di ottava. Scala maggiore Se suoniamo tutti i tasti bianchi di un pianoforte compresi da do3 a do4, otteniamo una scala maggiore. È chiamata maggiore a causa del suo caratteristico susseguirsi di toni e semitoni. TTSTTTS Ciò che determina una scala maggiore è il caratteristico intervallo fra il primo e il terzo grado della scala, chiamato terza maggiore. Ciascuna nota della scala viene indicata con un numero romano. La prima nota è chiamata tonica ed è la più importante della scala. Per importanza viene subito dopo la quinta nota chiamata dominante (perché sta al centro). Poi c’è la sottodominante che è il quarto grado. La sensibile è il settimo grado ed ha una funzione importantissima nella musica tonale, quella di guidare alla tonica che si trova un semitono sopra. La mediante è il terzo grado o nota della scala. Il sesto grado detto sopradominante ha parimenti un ruolo intermedio fra la tonica e la sottodominante. Il secondo grado della scala, posto un tono sopra la tonica, ha il nome di sopratonica. Do Re Mi Fa Sol La Si Do Igrado II grado III grado IV grado V grado VI grado VIIgrado VIII tonica sopratonica mediante sottodominante dominante sopradominante sensibile tonica Dobbiamo riconoscere un’importante legge: dalla dominante di ogni scala si può ottenere una nuova scala maggiore. Se dalla dominante della scala di DO prendiamo SOL, possiamo creare partendo da SOL una nuova scala. Ci accorgeremo presto però che la distanza tra MI e FA è solo un semitono, dobbiamo quindi alterare l’altezza della nota di un semitono. FA diventa diesis. La scala di DO e di SOL differiscono solo per l’altezza. Da ogni sottodominante di una scala può essere ricavata una nuova scala bemollizzando la sensibile della scala precedente. È possibile costruire tante scale sia procedendo da una dominante all’altra sia procedendo da una sottodominante all’altra. Il risultato è affascinante: dopo aver raggiunto dodici diesis e dodici bemolli, le due serie di scale che erano partite da DO si incontrano di nuovo enarmonicamente in DO, in modo da produrre un circolo completo; il cosiddetto “circolo delle quinte”. Note enarmoniche Do con un diesis è do diesis, Re con un bemolle è Re bemolle: sul pianoforte queste due note sono rappresentate dallo stesso tasto nero, e per ciò noi diciamo che esse sono enarmonicamente equivalenti. Una nota armonica è proprio come una parola con due pronunce ma un solo significato. Tonalità La parola tono può essere usata con eguale proprietà in due significati: in un primo per definire l’entità di un intervallo; in un secondo per indicare la nota che definisce la tonalità di una scala o di un pezzo di musica. Il tono cioè ci dice quale è la nota tonica del pezzo attorno alla quale tutte le altre gravitano. Così noi diciamo che questo o quel pezzo di musica sono in tono di DO maggiore o RE minore, e così via. Per cui musica tonale è musica scritta all’interno del sistema tonale, musica che ha un centro tonale. Indicazione della tonalità Al fine di indicare in quale tono è scritta la composizione, la soluzione più semplice venuta in uso fu quella di segnare i necessari accidenti (così si chiamano i bemolli e i diesis) non ogni volta che si incontrano nel corso della composizione, ma di segnarli una volta per tutte nell’armatura della chiave, fra il simbolo della chiave e l’indicazione del tempo. Scale minori Caratteristica della scala maggiore era l’intervallo tra la tonica e la mediante, che veniva chiamato terza maggiore, con due toni interi. Nella scala minore caratteristico è ancora l’intervallo tra la tonica e la mediana ma stavolta composto da un tono e da un semitono, e si chiama terza minore. È caratterizzata da questa successione di intervalli: TSTTSTT Chiamata scala minore naturale. L’intervallo tra il VII e l’VIII grado di questa scala è di tono intero e, come sappiamo, la sensibile dovrebbe di norma trovarsi un semitono sotto la tonica. Per cui allo scopo di rendere il VII grado “sensibile” è necessario innalzarlo di un semitono. Così facendo otteniamo il caratteristico modello della scala armonica. TSTTSTsS Ciascuna scala maggiore ha una scala minore che le fa da partner, con l’identica indicazione di tonalità in armatura di chiave: questa nuova scala è costruita sulla sopradominante (VI grado) della scala maggiore che diventa la tonica della scala minore relativa. Oppure se partiamo dalla scala minore è la tonica della sua scala maggiore relativa. L’accidente che indica la sensibile di una scala minore è sempre registrato separatamente, nel corso della pagina, e non è mai collocato nell’armatura di chiave iniziale. [I nomi delle scale minori sono spesso segnati in lettere minuscole]. Anche per le scale minori si può tracciare un circolo delle quinte. L’unica differenza è che la nota di partenza è La, cioè il relativo minore della scala di Do maggiore. Melodicamente il salto di un tono e mezzo fra il VI e il VII grado della scala minore armonica sembra talvolta inelegante. Ma se il sesto grado di una scala minore viene anch’esso diesizzato, la progressione melodica risulta appianata. I compositori trovarono che si otteneva un risultato più dolce per l’orecchio se nella scala ascendente erano diesizzati i gradi VI e VII e all’opposto, se gli stessi gradi venivano bemolizzati nella scala discendente.
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