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la teoria di keynes e la rigidita, Appunti di Storia Economica

teoria keynesiana e la rigidità dei salari monetari. critica di keynes alla teoria del tasso di interesse. le riabilitazioni di garegnani

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 25/07/2016

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Scarica la teoria di keynes e la rigidita e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! 2 LA TEORIA DI KEYNES E LA RIGIDITA’ DEI SALARI MONETARI Il quadro che keynes ci presenta è il seguente: il sistema dei saggi di interesse appare determinato in primo luogo da fattori monetari. La domanda di moneta, o propensione per la liquidità viene spiegata dai tradizionali motivi della transizione e precauzione,oltre che dal motivo speculativo, che esprime la preferenza per la moneta, quale modo di possedere ricchezza da chi tema aumenti nel saggio di interesse (e viceversa). La domanda di moneta per quest’ultimo motivo dovrà secondo keynes essere elastica rispetto al saggio di interesse. Il saggio di interesse appare allora come il prezzo destinato ad equilibrare non la domanda e l’offerta di risparmio, ma invece, il desiderio di tenere ricchezza in forma di moneta e la quantità di quest’ultima resa disponibile dalle autorità monetarie. Esso è perciò determinato una volta note la propensione per la liquidità e la quantità di moneta. Le decisioni di investimento, d’altro lato, dipendono dal saggio di interesse. Determinato il saggio di interesse è perciò determinato anche ‘ammontare delle decisioni di investimento misurato in termini reali, in termini cioè del salario unitario. Non vi è ragione per cui l ‘ammontare degli investimenti debba coincidere con quello dei risparmi sul reddito di pieno utilizzo dei fattori. L’equilibrio richiede però l’uguaglianza delle due quantità: ove non sussista la spesa monetaria complessiva tenderà a variare. Nel caso in cui il livello degli investimenti(I>S) ecceda il livello dei risparmi di pieno impiego, l’equilibrio verrebbe raggiunto mediante un processo (non dissimile da quello di Wicksell) secondo cui per effetto dell’aumento dei prezzi e dei salari monetari, il valore monetario del reddito nazionale (e quindi la domanda di moneta per il motivo delle “transazioni”) aumenterebbe fino a provocare un aumento del saggio di interesse sufficiente ad eliminare la causa di inflazione. Nel caso in cui i risparmi(S>I) eccedano il livello degli investimenti, Keynes introduce la funzione di propensione al consumo. Si pone l ‘ipotesi che all’aumentare dell’occupazione, e a parità di altre condizioni, la collettività aumenti i consumi, ma non di quanto è aumentato il reddito. Si mostra allora come nel caso in cui il livello degli investimenti sia minore di quello dei risparmi, l’uguaglianza tra le due grandezze viene raggiunta attraverso la contrazione del prodotto nazionale. Si afferma cosi la possibilità di situazioni di equilibrio caratterizzate da disoccupazione di lavoro e utilizzo parziale dell’attrezzatura produttiva. In questa seconda visone si va ovviamente in contrasto con il pensiero del wicksell. Le ragioni del contrasto sono da ricercare riguardo la flessibilità dei salari supposta da Wicksell negata da keynes. Keynes non forni una risposta semplice al problema della riduzione dei salari e dei suoi effetti sull’occupazione. La sua è una analisi di natura pratica e conduce a una posizione agnostica: in alcune circostanze l ‘effetto sarà favorevole, in altre no. Egli analizzò se le diminuzione salariali intaccheranno o meno la propensione al consumo, la funzione dell’efficienza marginale del capitale e il saggio di interesse. Keynes afferma che gli effetti sulla propensione al consumo e sull’efficienza marginale del capitale in un’economia chiusa saranno negativi. Keynes procede quindi a considerare gli effetti sul saggio dell’interesse. Si supponga che i salari siano già stati diminuiti e che non verranno operate ulteriori riduzioni, cosi che ogni mutamento atteso sarebbe in senso ascendente. Questo sarebbe il caso più positivo. Keynes concludeva dicendo che coloro che credono nella facoltà autoriequilibratrice del sistema economico devono appoggiare il loro ragionamento sull’effetto che un livello discendente dei salari e dei prezzi avrebbe sulla domanda di moneta. Teoricamente riducendo i salari e al tempo stesso lasciando invariata la quantità di moneta, possiamo produrre sul saggio di interesse gli stessi effetti che possiamo produrre accrescendo la quantità di moneta e al tempo stesso lasciando invariato il livello dei salari monetari. Ma non ne consegue che le riduzioni salariali debbano necessariamente portare al livello di piena occupazione, né che un aumento della quantità di moneta possa assicurare la piena occupazione. Tuttavia mentre la politica monetaria e quella salariale possono ridursi analiticamente quasi alla stessa cosa, in pratica c’è una sostanziale differenza. “solo uno sciocco preferirebbe una politica salariale flessibile ad una politica monetaria flessibile”. Nel primo caso ci sarebbe una forte instabilità dei prezzi, forse cosi violenta da rendere impossibili i calcoli commerciali. Keynes conclude quindi affermando che: “non vi è nessuna ragione per credere che una politica flessibile dei salari sia capace di mantenere uno stato di continua occupazione piena, come non ve ne è nessuna per ritenere che una politica monetaria di intervento sul mercato aperto sia capace da sola di ottenere questo risultato. Più consono sarebbe un concreto programma di espansione monetario e fiscale”. Si osserva che l’ipotesi di rigidità dei salari monetari non sia da sola sufficiente a spiegare il contrasto tra keynes e le teorie degli economisti tradizionali. Un altro risultato riguarda la natura del contrasto sulla questione del saggio di interesse. La conclusione di keynes circa l ‘assenza di una tendenza al pieno impiego dei fattori poggia sul rifiuto della teoria tradizionale secondo cui l’interesse è determinato da domanda e offerta di risparmio. “ la novità sostanziale sta nel mio sostenere che non è il saggio dell’interesse , ma il livello dei redditi ad assicurare l’uguaglianza tra i risparmi e investimenti” è quindi nella critica della teoria tradizionale dell’interesse piuttosto che nell’ipotesi di rigidità dei salari monetari che va ricercata l’origine delle conclusioni di Keynes. LA CRITICA DI KEYNESIANA DELLA TEORIA TRADIZIONALE DELL’INTERESSE CAP (14) La tradizione classica del pensiero economico ha considerato il saggio di interesse come il fattore che porta all’equilibrio la domanda di investimento con la disposizione a risparmiare. L’investimento rappresenta la domanda di mezzi investibili e il risparmio rappresenta l’offerta mentre il saggio di interesse è il prezzo al quale domanda e offerta si equilibrano. Keynes sostiene che in verità la teoria classica non ha afferrato l’importanza delle variazioni del livello del reddito. Quanto sopra può essere illustrato graficamente Investimento sulle ordinate, saggio di interesse sulle ascisse. La curva X1X’1 è la prima curva di domanda dell’investimento, X2X’2 una seconda curva. La curva y1 connette gli ammontari risparmiati da un reddito Y1 ai vari livelli del saggio di interesse Supponiamo che la curva Y1 sia la curva delle Y compatibile con la curva di domanda dell’investimento X1X’1 con un saggio di interesse r1. Se si sposta la domanda di investimento a X2X’2 anche il reddito in generale si sposterà. Ma il diagramma non contiene dati sufficienti per indicare quale sarà il nuovo valore del reddito e quindi non sappiamo quale sarà la curva delle Y adatta e a quale punto taglierà la nuova curva della domanda di investimento Se però introduciamo lo stato della preferenza di liquidità e la quantità di moneta, questi due concetti ci dicono insieme che il saggio d’interesse è r2, allora tutta la posizione viene determinata. Quindi le curve delle x e delle y non ci dicono nulla riguardo al saggio di interesse
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