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Lo studio relativo al funzionamento dei mercati, secondo una prospettiva europea., Appunti di Macroeconomia

Il contenuto fa riferimento al libro di macroeconomia Blanchard, integrato di appunti presi a lezione. Troverete lo studio sul comportamento del sistema economico e sulle forze che influenzano le imprese, i consumatori e i lavoratori.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 09/04/2024

paola-de-mestria
paola-de-mestria 🇮🇹

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Scarica Lo studio relativo al funzionamento dei mercati, secondo una prospettiva europea. e più Appunti in PDF di Macroeconomia solo su Docsity! MACROECONOMIA Capitolo 2 Variabili La BCE aumenta il tasso di interesse, quindi questo comporta una riduzione della domanda di beni e servizi perché in generale si avranno meno soldi, ma succederà qualcosa anche sul fronte dei salari e dei prezzi, si riduce la domanda di lavoro. Sul fronte dei prezzi, questi si ridurranno perché se la domanda si contrae ho più incentivo di mantenere i prezzi stabili o di ridurli per incentivare ad acquistare. Il tasso di interesse in Europa se aumenta è più conveniente acquistare titoli denominati in quella valuta, emessi in quell’area in cui i tassi di interesse stanno aumentando, e questa cosa porta ad un apprezzamento della valuta (euro). Questo non è conveniente per un’impresa esportatrice, perché diventa più costoso comprare dall’estero i prodotti dell’azienda esportatrice. Ci sono anche altri impatti sul mercato azionario e nell’ambito delle obbligazioni. Prodotto interno lordo PIL, può essere misurato in tre modi tra loro equivalenti:  Produzione aggregata (valore aggiunto)  Reddito aggregato  Spesa aggregata Produzione Aggregata È valore dei beni e servizi finali prodotti in un sistema economico in un determinato periodo di tempo, solitamente annuale (o trimestrale nel breve periodo). I beni che sono prodotti in un’economia possono essere classificati in:  Beni finali  capaci di soddisfare un bisogno immediatamente perché finiti;  Beni intermedi  servono a produrre altri beni e servizi partecipando ad un ulteriore processo produttivo nel corso del quale vengono o distrutti (energia elettrica) o trasformati/incorporati in altri beni (gli pneumatici). Per evitare errori di duplicazione quindi si conteggia solo il valore della produzione di beni finali. In questo esempio il PIL ammonta a 2000, che è il totale dei beni finali (pane). Nella realtà, il PIL è calcolato sommando il valore della produzione di migliaia di beni finali, che a sua volta è la somma del loro prodotto finale per la somma dei prezzi di mercato (includono le imposte sulle vendite), ovvero i prezzi che gli acquirenti finali pagano per ottenerli: Il PIL calcolato in questo modo prende il nome di PIL a prezzi correnti, o di mercato, o PIL nominale £Y. Il calcolo del PIL è svolto dall’ISTAT, istituto di statistica. Il PIL nominale è la somma delle quantità dei beni e servizi valutati 1 al loro prezzo corrente, questo ci porta a dire che il PIL cresce in quanto sia la quantità di beni, sia il loro prezzo cresce nel tempo. Valore Aggiunto Un modo analogo di misurare il PIL è quello di valore aggiunto (VA), guardando sempre alla produzione dell’impresa. Il valore aggiunto di un’impresa: ricavi meno il valore dei beni intermedi acquistati da altre imprese, dà l’idea di quel valore che l’impresa ha aggiunto ai beni di un’altra impresa. Il PIL come valore aggiunto aggregato è la somma dei valori aggiunti che si formano presso il settore imprese in un determinato periodo di tempo, questo modo di misurare il PIL aggira il problema degli errori di duplicazione. In più ricorrendo al valore aggiunto (VA) si stabilisce il contributo dei vari settori di attività produttiva al PIL. Reddito Aggregato Il PIL inteso come reddito aggregato è il reddito complessivamente percepito dai fattori produttivi che hanno concorso a produrre i beni e servizi il cui valore è misurato dal PIL. Nella realtà per passare dal PIL ai redditi percepiti dai fattori produttivi di una nazione (Reddito Nazionale), è necessario fare alcuni aggiustamenti, non è immediato. Nell’esempio: Il reddito aggregato viene calcolato come la somma tra i salari e i profitti, in questo caso il valore della produzione remunera i lavoratori o i proprietari delle imprese che hanno prodotto il servizio. Per passare dal PIL di una nazione ai redditi effettivamente percepiti dai suoi residenti è necessario:  Aggiungere i redditi percepiti da fattori italiani all’estero, e sottrarre i redditi percepiti in Italia da fattori produttivi stranieri. La differenza tra questi due redditi prende il nome di Rne, redditi netti dall’estero, ovvero aggiungendo al PIL questi redditi si ha un nuovo concetto di produzione aggregata: Prodotto Nazionale Lordo PNL. I redditi netti dall’estero sono piccoli e la loro misurazione è soggetta a vari errori, è imprecisa per motivi di evasione fiscale. Il prodotto interno lordo prende in considerazione quello che è prodotto all’interno dell’Italia, invece quello nazionale prende in considerazione i prodotti degli italiani dall’estero e in Italia. 2 Viene calcolato nello stesso modo del deflatore del PIL, la differenza è che quei beni presi a riferimento quando si calcola il PIL, nell’indice dei prezzi al consumo (IPC) sono solo beni acquistati dai consumatori. Serve per dare un’idea di come si sta evolvendo il prezzo dei beni che la famiglia media acquista. L’IPC permette di misurare il prezzo medio del consumo, ovvero il costo della vita. Capitolo 3 Il mercato dei beni Nella macroeconomia si possono suddividere tutti i mercati esistenti in:  Mercato dei beni e servizi  lato offerta e domanda.  Mercato della moneta e delle attività finanziarie. Tra questi mercati esistono diverse interazioni. Sappiamo che mediamente il PIL reale cresce nel tempo, importanti sono le fluttuazioni attorno al livello medio di produzioni di una determinata economia. Politiche di stabilizzazione ciclica Fanno si che le variazioni del PIL reale siano meno accentuate possibile, quando un’economia sta entrando in recessione si cerca di riportarla su e quando entra in una fase di espansione, anche troppo prolungata tanto da creare una tensione e pressione nei prezzi, si tenta di riportare il PIL a livello globale. Perché ci sono le fluttuazioni del PIL? Ci si basa sull’analisi di Keynes, inventore della branca dell’economia, quando l’economia si trovava in una recessione profonda negli anni 30 tanto da prendere il nome di depressione. Si considera il mercato dei beni dove vi è una offerta e una domanda, per determinare il livello di equilibrio di una grandezza si parte dalla condizione di equilibrio, si confrontano:  Un’offerta di beni Y  Una domanda di beni Z= C+I+G  Equilibrio dato da: Y=Z Le ipotesi che faremo sono:  L’impresa produce un unico bene  L’economia è chiusa, quindi le esportazioni nette sono pari a 0, IM=0.  Le imprese sono in grado di offrire qualunque quantità ad un prezzo dato P=1. I prezzi nel breve periodo sono rigidi o comunque si aggiustano lentamente, in macroeconomia si definisce il breve periodo l’arco di tempo con riferimento al quale quell’ipotesi è ragionevole, quindi le imprese, pur con un aumento della domanda, mantengono lo stesso prezzo. Il modello di breve periodo ci dice come nel tempo si determinano le variazioni del PIL reale. Dato che l’economia è chiusa la condizione di equilibrio nel mercato di beni sarà: Se le imprese si trovassero di fronte a domanda pari a 100 produrranno 100, anche se potrebbero produrre di più, ma non è conveniente perché avanzerebbero scorte. L’economia in queste ipotesi è quindi regolata dalla curva di domanda, Keynes nella grande depressione sosteneva che la domanda era poca quindi la soluzione sarebbe stata quella di aumentare la domanda per aumentare così il PIL e uscire dalla depressione. Se aumenta la domanda di beni la cosa che si porta dietro è un aumento della produzione, aumenta il reddito che fa aumentare ulteriormente la domanda e così via. Consumo C 5 Il consumo dipende da molti fattori, tra cui il reddito disponibile YD, ovvero ciò che rimane del reddito dopo aver ricevuto i trasferimenti dal governo e pagato le imposte. Quando il reddito disponibile aumenta le persone comprano di più; quando il reddito disponibile diminuisce le persone comprano di meno. Il reddito disponibile è dato da: Y- imposte sul reddito TA+ trasferimenti (imposte negative) TR. Dove Y rappresenta il reddito e T le imposte pagate meno i trasferimenti provenienti dal governo e ricevuti dagli individui. Sostituendo nella funzione di consumo il reddito disponibile così calcolato ci permette di dire che un reddito più alto fa aumentare il consumo, ma non nella stessa proporzione, allo stesso modo imposte elevate fanno diminuire il consumo ma non nella stessa proporzione. La funzione del consumo è: C(YD). Il consumo non è necessariamente uguale al reddito disponibile, perché gli individui potrebbero risparmiare parte del reddito percepito. La relazione tra consumo e reddito disponibile è data da questa relazione lineare caratterizzata da due parametri: Dove:  C1  propensione marginale al consumo, esprime l’effetto sul consumo di un euro aggiuntivo di reddito disponibile (se c1 è 0,6 un euro in più sul reddito disponibile aumenta il consumo di 60 centesimi). C1 è positivo perché un aumento del reddito disponibile fa aumentare il consumo. Ma C1 < 1, perché è probabile che gli individui vogliano consumare solo una parte del loro incremento di reddito e risparmiare la restante. (pendenza della retta della domanda)  C0  consumo autonomo, consumo in corrispondenza di un reddito disponibile nullo YD = 0. Se il reddito disponibile fosse pari a 0 il consumo sarebbe comunque positivo, questo implica che C0 > 0. Cambiamenti in C0 riflettono cambiamenti nelle preferenze di consumo per un dato livello di reddito disponibile: una diminuzione di C0 riflette il desiderio di consumare di meno, mentre un aumento il desiderio di consumare di più dato un certo livello di reddito. Se C0 aumenta di 1 allora anche la domanda aumenta di 1, questo comporta un aumento della produzione di equilibrio, che risulterà maggiore dell’aumento iniziale di 1. Questo è l’effetto del moltiplicatore. Tanto il consumo quanto il risparmio sono una funzione crescente del reddito disponibile, se il reddito aumenta, aumenta il consumo e il risparmio. Per dato reddito disponibile la decisione di consumare di più comporta una diminuzione del risparmio, ma se il reddito disponibile non cambia allora il risparmio non diminuisce se aumenta il consumo. La relazione tra consumo e reddito è rappresentata da una retta, la cui intercetta verticale è C0 e la pendenza C1. Dato che C1 < 1, la retta sarà più piatta rispetto alla bisettrice. CONDIZIONE DI EQUILIBRIO Nei modelli economici troviamo due tipi di variabili:  Variabili endogene: il consumo C.  Variabili esogene: investimenti I e spesa pubblica G. La condizione di equilibrio nel mercato dei bei richiede che la produzione (Y) sia uguale alla domanda: Questa equazione ci dice che in equilibrio la produzione Y è uguale alla domanda. A sua volta la domanda dipende dal reddito Y^, che è uguale alla produzione. Il reddito di equilibrio rappresenta il livello di produzione per cui domanda di beni corrisponde a spesa di beni. Abbiamo una equazione con un’incognita lineare, e quindi portiamo a sinistra tutti i termini in cui figura Y, chiamiamo A la somma di tutte le componenti della domanda che non dipendono dal reddito, o meglio la spesa autonoma. 6 La spesa autonoma è sicuramente positiva perché: i due addendi (C0, I) sono positivi, invece se supponessimo che il governo abbia un bilancio di pareggio, ovvero G=T, e se la propensione al consumo C1 < 1, allora G-C1T è positivo, e quindi lo è anche la spesa autonoma. Quando si produce Y^ i programmi di tutti sono realizzati e l’economia non ha alcuna tendenza di spostarsi da quel livello di produzione, è una sorta di stato stazionario, cosa che non sarebbe vera se nell’economia si producesse di più o di meno. Un incremento della domanda, come un aumento della spesa pubblica, fa aumentare la produzione e il reddito. L’aumento del reddito a sua volta fa aumentare la domanda e quindi la produzione. ES: Se le imprese producono 1000 si troveranno di fronte a domanda esattamente pari a 1000, infatti se calcoliamo il livello di domanda quando Y=Y^ vedremo che Z sarà uguale a 1000. Questo vuol dire che chi sta producendo beni e servizi riesce a venderli e chi li compra riesce ad acquistarli. Se invece l’impresa avesse prodotto un livello di produzione maggiore di Y^, avremo Z<Y, questo vuol dire che c’è più domanda ma non è sufficiente ad assorbire questa produzione aggiuntiva perché siamo in un eccesso di offerta. Se supponiamo invece che si produca meno di Y^, la domanda di beni allora sarà maggiore dell’offerta Z>Y, questo vuol dire che si ha un eccesso di domanda. La revisione dei programmi di produzione che le imprese hanno incentivo a mettere in atto si suppone che avvenga rapidamente. Questo si può rappresentare graficamente attraverso il “Keynesian cross”: L’inclinazione della retta è C1 perché è la sensibilità al consumo, Y sarà un raggio che emana dall’origine con pendenza unitaria inclinata di 45 gradi, le due rette si intersecano e il punto di intersezione determina il reddito di equilibrio. Moltiplicatore del reddito Sappiamo che in equilibrio nel mercato dei beni Y=Y^, però supponiamo che la domanda autonoma A aumenti A>0, è aumentato l’investimento autonomo e quindi aumenta la domanda autonoma. Ci resta da capire cosa succede al reddito di equilibrio, a quanto sarà pari la sua variazione? La costante che moltiplica una data variazione della domanda autonoma prende il nome di moltiplicatore del reddito, e ci permette di ottenere la corrispondente variazione del reddito di equilibrio. Questa costante è:  positiva e maggiore di 1. Quanto più si avvicina ad 1, tanto maggiore sarà il moltiplicatore. Il motivo per il quale il moltiplicatore del reddito è >1, è che se fosse negativo, C1 sarebbe uguale a 0 e quindi questo vuol dire che l’impresa produce una determinata quantità senza aumentare la produzione. Quello che succede con una sensibilità non nulla al reddito: aumenta la domanda autonoma le imprese producono di più per soddisfarla e questo stimola ulteriormente la domanda perché questo fa aumentare il consumo.  è crescente in C1. Supponiamo che il reddito fosse al suo livello di equilibrio, dopodiché si verifica una variazione della domanda autonoma e quindi la produzione aumenta dello stesso valore di quanto è aumentata la domanda autonoma. 7 S priv = I-S pubb S priv = I+Disavanzo pubblico Queste formule ci permettono di capire che il risparmio privato può o finanziare le imprese o il disavanzo pubblico. Il termine (1-C1) è chiamata propensione marginale al risparmio, che dice quanta parte di un incremento di reddito viene risparmiata. L’ipotesi che la propensione al consumo C1 è compresa tra 0 e 1 comporta che anche la propensione al risparmio lo sia, ciò significa che i consumatori risparmieranno una parte del reddito disponibile perché non possono risparmiare più del reddito che percepiscono. Il risparmio privato aumenta all’aumentare del reddito disponibile, ma in modo meno che proporzionale. In condizioni di equilibrio l’investimento deve essere uguale al risparmio nazionale. Paradosso del risparmio Supponiamo che per un dato livello di reddito disponibile i consumatori decidono di risparmiare di più (riducano C0 aumentando il risparmio). La produzione di equilibrio scenderà, quando le persone risparmiano di più esse riducono il consumo, ma tale riduzione riduce la domanda e la produzione. Ricordando questa formula sappiamo che da un lato (-C0) aumenta perché i consumatori risparmiano di più per ogni livello di reddito e ciò fa aumentare il risparmio. Dall’altro il reddito Y è minore ciò e riduce il risparmio. La riduzione di C0 non fa variare il risparmio delle famiglie, perché ci sono due forze che agiscono e spingono il risparmio privato: la prima voglio consumare meno e risparmiare di più e quindi il risparmio aumenta, e questo finisce per far ridurre il reddito, e siccome il risparmio è una funzione crescente del reddito di equilibrio, allora il risparmio non aumenta. Anche se gli individui vogliono risparmiare di più, in corrispondenza di un certo livello di reddito quest’ultimo si riduce in misura tale da lasciare il risparmio invariato. Questo è il paradosso del risparmio. Nel nuovo equilibrio non potrà essere variato neanche il risparmio nazionale (Spriv+Spubblico), una riduzione del disavanzo pubblico condurrebbe ad una riduzione della produzione e ad un invariato risparmio aggregato. Il tentativo di risparmiare di più si tradurrebbe in un livello minore della produzione, dell’investimento e del risparmio aggregato. Capitolo 4 Le attività finanziarie si dividono in 2 categorie:  Moneta  usata per le transazioni, ma non paga interessi perché non è remunerata da nessuno.  Titoli  non sono mezzi di pagamento però pagano un interesse periodico positivo (i). Comprando un titolo si da un prestito a chi ha venduto quel titolo. Ci sono anche altre attività finanziarie che non funzionano nello stesso modo, cioè le azioni, che danno diritto a ricevere una quota se e in quanto l’impresa realizzerà degli utili. È importante capire in quali proporzioni tenere sia moneta che titoli, la decisione dipende da due variabili fondamentali:  La quantità delle transazioni: è ragionevole che si voglia avere abbastanza moneta da non dover ricorrere troppo spesso all’intermediario.  Il tasso di interesse sui titoli: l’unica ragione per detenere la ricchezza in titoli è che questi pagano in un interesse, maggiore è il tasso di interesse pagato dai titoli e maggiore sarà la probabilità che si decida di sopportare il costo associato alla compravendita dei titoli stessi. In equilibrio si introduce una nuova variabile i  corrisponde al tasso di rendimento dei titoli, quanto più è elevato questo prezzo tanto più è costoso prendere a prestito. Rendimento medio di tutte le attività finanziarie presenti sul mercato. 10 Se nel mercato della moneta in cui si determina i, cambierà il tasso di interesse, quindi l’equilibrio cambierà anche nel mercato dei beni perché cambia l’investimento. La banca centrale influisce sull’equilibrio macroeconomico facendo variare i, perché questa finisce per avere un impatto sulla domanda di beni e quindi sul reddito di equilibrio. Moneta La moneta non paga interessi ma è un mezzo di pagamento, può essere detenuta in due forme:  Circolante CI  monete, banconote, emesse dalla banca centrale.  Depositi bancari D  sono una passività delle aziende di credito. Nel mercato della moneta si confrontano una domanda e una offerta e si determina un equilibrio. La domanda di moneta Individuare fattori che, data ricchezza finanziaria degli individui (ricchezza immobiliare e finanziaria), determinano quanto essi scelgono di detenere nella forma di moneta e quanto nella forma di titoli  analizzare una scelta di portafoglio. L’analisi di questa scelta porta alla funzione di domanda di moneta, che corrisponde alla somma di tutte le domande di moneta individuali: La domanda di moneta dipende dal livello totale delle transazioni nell’economia e dal tasso di interesse che pagano i titoli, il livello totale delle transazioni si può assumere che sia più o meno proporzionale al reddito nominale (se il reddito nominale aumenta del 10% allora l’ammontare delle transazioni aumenterà del 10% circa). L’equazione della domanda di moneta ci dice che la domanda di moneta è uguale al reddito nominale moltiplicato per una funzione decrescente nel tasso di interesse. Il – sotto i indica che il tasso di interesse a un effetto negativo sulla domanda di moneta, un aumento del tasso di interesse riduce la domanda di moneta. Nell’equazione:  è presente il tasso di interesse, perché l’aumento del tasso induce gli individui a diminuire il consumo, variazioni del tasso influiscono sulla scelta degli individui di quanta moneta detenere. Quantità di moneta dipende negativamente dal tasso di interesse.  Il PIL nominale £Y, se aumenta la quantità di beni e servizi prodotti aumenterà, per dato prezzo unitario di questi beni e servizi, la moneta. La domanda di moneta aumenta proporzionalmente al reddito nominale, se il reddito nominale raddoppia anche la domanda di moneta raddoppierà. La domanda di moneta è crescente nel Pil reale. Graficamente il tasso di interesse i è misurato sull’asse verticale, la moneta M è misurata sull’asse orizzontale. La relazione tra domanda di moneta e tasso di interesse, per un dato livello di reddito nominale è rappresentata da una curva inclinata negativamente: minore è il tasso di interesse, maggiore sarà la quantità di moneta che le persone vogliono detenere. Un aumento del reddito nominale fa aumentare la domanda di moneta, quindi sposta la curva verso destra. 11 Altri modi equivalenti per scrivere la domanda di moneta:  F1  sensibilità della moneta al reddito (crescente)  F2  sensibilità della moneta al tasso di interesse (decrescente) L’offerta di moneta Per capire come varia l’offerta di moneta dobbiamo partire dalla definizione di moneta: circolante + depositi bancari. L’offerta di moneta è la quantità di moneta nelle mani del settore privato dell’economia M = CI+D. I depositi bancari possono essere usati per effettuare transazioni, sia direttamente o indirettamente. Le economie sono caratterizzate dall’esistenza di molti tipi di intermediari finanziari, istituzioni che ricevono fondi dagli individui e dalle imprese e li usano per accordare prestiti e acquistare titoli. Le banche sono un esempio:  Le banche ricevono fondi da individui e imprese che li depositano direttamente o attraverso bonifici o assegni. Le passività delle banche sono pari al valore totale dei depositi di conto corrente.  Tipicamente le aziende di credito sanno che non tutti i clienti si presentano allo stesso momento per prelevare tutto quello che hanno depositato, e contemporaneamente c’è qualcuno che si presenta e deposita. Allo stesso modo i correntisti di una banca emettono assegni a favore di altre banche e viceversa, quanto la banca deve alle altre banche potrebbe essere maggiore di quanto essa deve ricevere dalle stesse. Le banche centrali impongono alle aziende di credito di detenere una somma dei loro depositi sottoforma di riserva: in parte obbligatorie e in parte libere. Si tratta di riserve di moneta detenuta in parte in contanti e in parte su un conto che ciascuna banca ha presso la banca centrale e dal quale può prelevare solo in caso di bisogno. Se analizzassimo il bilancio della banca centrale noteremo come le attività sono costituite dai titoli che essa detiene in portafoglio; le passività sono costituite dalla moneta emessa dalla Banca centrale, detenuta sottoforma di riserve. 12 Un modo comune con cui le banche centrali fanno variare la moneta è operazione di mercato aperto OMA perché avvengono sul mercato aperto dei titoli, in questo mercato secondario in cui si scambiano titoli già emessi tutti possono partecipare. Esistono due tipi di azioni:  Intervento espansivo di mercato aperto: la banca centrale compra dalle famiglie e dalle imprese titoli pagandoli con una nuova moneta (ne fa aumentare il prezzo, aumenta H) che entrerebbe in circolo nell’economia, in questo modo la banca aumenta l’offerta di moneta. Vista la relazione inversa tra prezzo dei titoli e il loro rendimento provoca una riduzione del tasso. La riduzione del tasso di interesse stimola l’investimento e fa aumentare domanda e produzione. L’aumento della produzione e la riduzione del tasso di interesse contribuiscono entrambi ad aumentare l’investimento, di conseguenza l’aumento del reddito conduce ad un aumento del consumo.  Intervento restrittivo di mercato aperto: la banca centrale vende titoli alle famiglie alle imprese, che vengono pagati con moneta l’attuale scomparirebbe dall’economia, in questo modo la banca riduce l’offerta di moneta. La diminuzione dei prezzi dei titoli provoca un aumento del tasso. Supponiamo che tutti i titoli che esistono nell’economia siano annuali, cioè emessi oggi per essere rimborsati tra un anno. Il titolo annuale considerato costa oggi £PT e promette una certa somma di denaro domani (100£). Il rendimento di questi titoli (i) è dato dalla differenza tra quanto avrò rimborsato domani e quanto ho pagato oggi, diviso il prezzo pagato oggi. Questi titoli prendono il nome di zero coupon bond o titoli di puro sconto. Questo mi dice che quanto più elevato è il prezzo del titolo, tanto minore sarà il tasso di interesse pagato dal titolo stesso. Esiste una relazione inversa tra prezzo del titolo e rendimento, il prezzo del titolo oggi è uguale al rimborso finale diviso per (1+i). Se il tasso di interesse è positivo il prezzo del titolo è inferiore al valore di rimborso, quanto maggiore è il tasso di interesse tanto minore sarà il prezzo del titolo oggi. Se consideriamo l’intervento espansivo di mercato aperto, con cui la banca centrale acquista titoli e li paga e mettendo nuova moneta questo provoca un aumento della domanda di titoli e quindi un aumento del loro prezzo. Se aumenta il prezzo dei titoli, il tasso di interesse sui titoli scende e di conseguenza aumenta l’offerta di moneta. Se consideriamo un’operazione restrittiva di mercato aperto con cui la banca riduce l’offerta di moneta vendendo titoli, questo provoca un aumento dell’offerta dei titoli e una riduzione del loro prezzo, che equivale ad un aumento del tasso di interesse. Esempio: la banca centrale acquista dei titoli ad 1£ pagando con circolante. Questo acquisto fa aumentare la base monetaria e l‘offerta di moneta di 1£  C=H=M=1£. Supponiamo che esistono le aziende di credito e prendiamo in considerazione due parametri:  Coefficiente di riserva : rapporto riserve depositi, R/D=0.1 per ogni euro ricevuto le aziende di credito ne passano a riserva il 10%.  c = CId/Md (0<c<1)  dice quanto è grande la parte di quella fetta detenuta sottoforma di circolante e quanto è grande quella detenuta sottoforma di depositi bancari. È costante nel tempo, ed ha un andamento stagionale. All’inizio tornerà utile supporre che c=0 quindi la moneta andrà sottoforma tutta di depositi bancari. Avendo c pari a 0, non essendoci circolante decido di depositare 1£, la banca vede crescere i suoi depositi di 1£, allora l’azienda di credito passerà a riserva il 10% di quell’euro e la parte rimanente la impiegherà per acquistare titoli, concedere prestiti, la utilizza in un modo operativo (rientra nelle attività del bilancio). In questo esempio M=CI+D=0.90£+1£=1.90£ è la moneta totale. 15 La base monetaria invece H=CI+R=0.90£+0.10$=1£, la base monetaria è il totale delle passività della banca centrale quindi corrisponde e non varia a meno che la banca centrale vari qualcosa. Ora che esistono le aziende di credito avremo un’offerta di moneta che eccede quell’euro messo in circolazione dalla banca centrale, in quanto operano con un rapporto riserve depositi che è minore di 1. Se supponessimo che quel prestito della banca centrale viene acquistato da un altro individuo, allora quei 0.90 centesimi affiorano come un nuovo deposito di un’altra banca (XY). Il 10% percento dei 90 centesimi vengono messi in riserva (0.09) e i rimanenti 0.81 centesimi vengono messi a prestito. La moneta in questo caso è M=CI+D=0.81£+1£+0.90£=2.71£ La base monetaria sarà sempre uguale all’euro iniziale di cui la banca centrale ha deciso di aumentare le sue passività: H=CI+R=0.81£+0.10£+0.09£=1£, non cambia il totale delle passività della banca centrale. Ogni qualvolta una azienda di credito concede un prestito l’offerta di moneta aumenta, siccome le aziende di credito operano con un coefficiente di riserve minore di uno, a quell’aumento di base monetaria fa fronte una serie di ulteriori aumenti nei depositi, cosicché l’offerta di moneta aumenta di 1£. C’è un processo di espansione multipla dei depositi, che vengono una parte messa in riserva e l’altra data in prestito. Se in questa economia il coefficiente di riserva fosse stato uguale ad 1, non sarebbe successo niente, perché l’euro incassato sarebbe passato tutto a riserva e la banca non avrebbe potuto dare niente a prestito, l’offerta di moneta anche se esistono le aziende di credo sarebbe aumentata di 1£. Se =1 non parleremmo di banche, ma di casseforti. Maggiore è  minore è l’offerta di moneta con cui uno va a finire per ogni dato aumento della base monetaria deciso dalla banca centrale e messo in atto nelle operazioni di mercato aperto. Se supponessimo che c=1, quindi individui che vogliono detenere tutta la moneta sottoforma di circolante, non esisteranno depositi, perché l’individuo vuole tenerlo tutto in tasca. Sapendo che la domanda di base monetaria Hd corrisponde alla domanda di circolante da parte degli individui sommata alla domanda di riserve da parte delle aziende di credito, sappiamo che c ci dice la quota della moneta che gli individui vogliono detenere sottoforma di circolante, allora sostituendo avremo: Se sostituiamo nella domanda di base monetaria Hd (=CI+R) quello che abbiamo ricavato, ovvero le riserve e la circolante in funzione di c, otteniamo: La domanda di moneta è decrescente nel tasso di interesse quindi graficamente si rappresenta: Quando il mercato della base monetaria è in equilibrio lo è anche quello della moneta e viceversa. Questa conclusione segue dal fatto che dividendo entrambi membri per [c+(1-c)], la condizione di equilibrio nel mercato monetario può essere scritta come: Questo ci consente di concludere che l’offerta di moneta può essere scritta: 16 Dove:  Mm  moltiplicatore monetario, è tanto maggiore quanto minori sono c e\o . M aumenta non solo quando la banca centrale aumenta H (acquistando titoli), ma anche quando c e\o  si riducono. Perché in un’economia in cui esistono le banche, l’offerta di moneta è tanto maggiore quanto sono i depositi. Quanto minore è c, tanto maggiore è la frazione della moneta che gli individui depositeranno; per dato  maggiori depositi consentono alle banche di concedere più prestiti che danno luogo a un ulteriore espansione dei depositi, dei prestiti e così via e quindi dell’offerta. Quanto minore è  tanto maggiore è la quota di ogni dato volume dei depositi ricevuti dai clienti che le banche daranno a prestito e quindi tanto più si espanderanno i depositi, i prestiti, e l’offerta. Scrivendo l’offerta di moneta con il moltiplicatore monetario ci permette di individuare gli strumenti di controllo monetario a disposizione della banca centrale che utilizza per far variare l’offerta di moneta e quindi i tassi. Se la banca centrale aumenta i tassi ufficiali, si contrae il credito bancario. Un altro modo di influenzare il comportamento delle banche è costringerle a detenere più riserve, aumentando il coefficiente di riserva obbligatoria. I tassi ufficiali sono i tassi che le banche devono pagare in caso di prestito da parte della banca centrale, le banche chiedono prestiti alla BC nei momenti in cui hanno bisogno di liquidità. Se aumentano i tassi ufficiali le banche sono disincentivate a chiedere i prestiti alla BC, allora tenderanno, dato che la liquidità non è assicurata, ad un aumentare le riserve. Un aumento dei tassi ufficiali provoca un aumento di  e diminuisce mm, questo porta ad una riduzione dell’offerta di moneta e un aumento del tasso di interesse di equilibrio, che è la cosa che la banca centrale vuole che capiti, perché questo aumento del tasso si ripercuote sulla domanda dei beni e servizi. La trappola della liquidità La banca centrale scegliendo offerta di moneta è sempre in grado di scegliere il tasso di interesse desiderato. Il tasso di interesse non può scendere sotto lo zero, un limite è conosciuto con il nome di zero lower bound ZLB, questo capita quando tentativi della banca centrare di influire sull’equilibrio macroeconomico sono di insuccesso. Quando il tasso di interesse è sceso a zero la politica monetaria non è in grado di ridurlo ulteriormente, per questo si dice che l’economia si trova in una trappola della liquidità. Partiamo da una situazione normale in cui l’offerta di moneta si interseca con la domanda di moneta e si trova l’equilibrio. Se il tasso di interesse si riduce, si sposta l’offerta, che aumenta, e l’equilibrio, al tasso di interesse iniziale gli individui erano soddisfatti di detenere quella quantità di moneta, dopodiché la banca centrale decide di aumentare l’offerta di moneta riducendo l’interesse, gli individui sono costretti a ridurre la quantità di moneta detenuta sottoforma di titoli, e aumentando quella di circolante. Se la banca centrale volesse ancora aumentare l’offerta di moneta deve offrire un prezzo maggiore per i titoli e determinare una riduzione del tasso di interesse fino a 0, per indurre gli individui a detenere solo circolante, perché sono indifferenti tra titoli e moneta e, a questo punto la domanda di moneta diventa orizzontale e coincide con l’asse delle ascisse. La banca centrale per aumentare ulteriormente l’offerta di moneta acquista altri titoli, con un tasso di interesse ancora pari a 0, ciononostante gli individui hanno assorbito un’ulteriore quantità di moneta. Quando i è uguale a 0, moneta e titoli sono perfetti sostituti perché entrambi rendono zero interessi, in più la moneta è un mezzo di pagamento. Aumentare l’offerta di moneta ulteriormente con tassi pari a 0, non ha più impatto sul tasso di interesse e quindi la banca non ha più potere di politica monetaria. Se il tasso di interesse è zero le banche sono indifferenti tra il tenere riserve e comprare i titoli poiché entrambi non pagano interessi. Quando il tasso di interesse scende a zero e la banca centrale vuole aumentare l’offerta di 17 Politica fiscale espansiva Supponiamo che l’economia sia in equilibrio nei due mercati, il governo decide di mettere in atto una politica fiscale espansiva consistente in un taglio delle imposte. Una variazione delle imposte avrà effetto sulla curva IS, in particolare fa aumentare la domanda autonoma, che a sua volta sposta la curva verso destra IS’ e il reddito aumenta, non avrà effetti sulla LM. Il reddito di equilibrio è aumentato, mentre il tasso di interesse è restato invariato: l’aumento della domanda autonoma innesca il processo del moltiplicatore e questa cosa stimola un ulteriore processo di aumenti di domanda e di produzione. Nel passaggio dal primo equilibrio al secondo equilibrio: il consumo aumenta perché sono state ridotte le imposte, in più la produzione aumenta e la componente del reddito disponibile Y aumenta. In questo caso l’investimento aumenta: il tasso di interesse non cambia, ma il reddito aumenta e quindi provoca un aumento di investimento. Il risparmio privato è una funzione crescente del reddito disponibile quindi aumenterà, nonostante sia aumentato il consumo anche il reddito disponibile aumenta quindi il risparmio aumenta ugualmente. La domanda di moneta è una funzione crescente nel PIL nominale e decrescente nel tasso di interesse, quindi essendoci maggior reddito aumenterà per finanziare un maggior numero di beni e servizi offerti. L’offerta di moneta essendo in equilibrio sul mercato dei beni, e la domanda è aumentata, dovrà aumentare della stessa misura. Per mantenere il tasso di interesse costante la banca centrale deve aumentare l’offerta di moneta, che provoca un aumento della domanda di moneta. Per ogni dato tasso di interesse compreso quello iniziale la domanda di moneta aumenta, se la banca centrale non fa nulla il tasso di interesse aumenterebbe, ma la banca centrale non vuole che il tasso aumenti allora, a fronte di quell’aumento di domanda di moneta, dovrà spostare verso destra l’offerta di moneta nella stessa misura di cui si è spostata la curva di domanda di moneta. Questi sono gli effetti sulle variabili endogene di questa politica fiscale espansiva. Il risparmio nazionale aumenta perché aumenta l’investimento quindi il risparmio nazionale dovrà aumentare della stessa misura dell’investimento. Il risparmio nazionale è dato dalla somma di privato e pubblico, il primo deve aumentare di un valore assoluto maggiore del risparmio pubblico, il secondo diminuisce perché le imposte si riducono e quindi aumenta il disavanzo. Politica monetaria espansiva Una politica monetaria espansiva in una situazione in cui la banca centrale sceglie l’interesse. La banca centrale dovrà aumentare l’offerta di moneta, che provoca una riduzione del tasso di interesse, in questo caso si sposta verso il basso solo la LM, non ha effetti sulla curva IS. L’aumento di M comporta una variazione del tasso di interesse Guardando la variazione di Y e i posso dire cosa succede a tutte le altre variabili endogene: L’offerta di moneta aumenta della stessa misura in cui è aumentata la domanda di moneta. La banca centrale deve portare il tasso ad un livello più basso quindi l’offerta aumenta spostandosi a destra, la riduzione del tasso fa aumentare il reddito che provoca un aumento della domanda di moneta e quindi per raggiungere l’equilibrio l’offerta di moneta dovrà aumentare ulteriormente. In questa sequenza di eventi che vanno dalla decisone della BC ad aumentare M e ridurre il tasso di interesse, all’aumento del reddito di equilibrio  meccanismo di trasmissione. A volte il meccanismo si può interrompere: - La BC riduce il tasso di interesse ma questo non stimola la domanda: in questo caso il tasso di interesse è diminuito ma il reddito non è variato nell’equilibrio. Questa situazione sul grafico IS-LM, l’investimento sarà insensibile al tasso di interesse quindi d2=0. Dal punto di vista grafico la IS diventa una retta verticale che tende ad infinito. Il nuovo equilibrio è caratterizzato da un tasso di interesse inferiore e un valore di reddito invariato. Questo lo possiamo guardare anche 20 utilizzando l’espressione del reddito di equilibrio ottenuta dall’intersezione grafica tra IS-LM, se d2=0, il reddito di equilibrio è indipendente dal livello assunto dal tasso di interesse. Al contrario tanto più è maggiore d2 tanto più il reddito aumenterà per ogni data variazione del tasso di interesse: moltiplicatore di politica monetaria, se il tasso di interesse viene ridotto il reddito aumenterà quanto maggiore è il moltiplicatore; se d2 è pari a 0 allora il moltiplicatore di politica monetaria sarà nullo per cui non avrà alcun effetto sul reddito di equilibrio. - Se aumenta M, ma il tasso di interesse non si riduce: situazione che si verifica con la trappola della liquidità, quando la banca centrale ha già portato al suo livello minimo il tasso di interesse, non c’è nessuna possibilità di ricorrere alla politica monetaria per ridurre ancora il tasso di interesse. Però posso utilizzare la politica fiscale facendo spostare verso destra la IS per uscire dalla recessione. Durante le recessioni d2 diventa estremamente basso, ed è esattamente per questo la politica monetaria funziona meno. Il moltiplicatore della politica fiscale, se si aumenta la spesa autonoma, fa aumentare il reddito di equilibrio. Il moltiplicatore della politica fiscale è una costante per cui dobbiamo moltiplicare una data variazione della spesa autonoma A. Mix di politiche economiche Le politiche economiche sono decise da soggetti diversi indipendenti tra loro, con i propri obiettivi diversi. Un caso in cui queste politiche economiche sono state usate in modo contradditorio: combinazioni di politiche economiche contemporaneamente politica fiscale restrittiva (aumento T o riduzione di G) e politica monetaria espansiva (aumento dell’offerta di monete con riduzione del tasso di interesse). Una politica fiscale restrittiva sposta a sinistra la curva IS, la politica monetaria espansiva sposta in basso la LM, questa combinazione viene adottata quando c’è un problema di eccessivo disavanzo pubblico, questo porta ad una riduzione del reddito. Il tentativo di riduzione del disavanzo pubblico condurrà ad una recessione, che può essere evitata se viene utilizzata anche una politica monetaria espansiva. L’impatto sull’economia di questa combinazione: riduzione tasso di interesse, ma non è chiaro cosa succede al reddito perché si ha a che fare con due variazioni che spingono il reddito in due direzioni opposte, la politica monetaria lo aumenta, la politica fiscale lo riduce. Di conseguenza ho diverse incertezze: il consumo, nonostante le imposte siano aumentate, non so cosa succede al reddito quindi non posso determinare come cambierà il consumo. Una produzione invariata e un più basso tasso di interesse implicano un livello più alto dell’investimento. In caso di policy mix con politica monetaria e politica fiscale espansiva: la LM si sposta verso il basso perché si riduce il tasso di interesse e aumenta l’offerta di moneta, invece la LS si sposta verso destra quindi le imposte si riducono e aumenta la spesa pubblica, questo comporta un aumento del reddito. Questo è stato la causa di tutti i casi di inflazione conosciuti nella storia, perché fanno aumentare il reddito tanto e la produzione e allo stesso tempo anche i prezzi. Questa combinazione si torva in paesi in via di sviluppo, che si indebitano vendendo titoli alla banca centrale, questa operazione rappresenta il finanziamento con moneta dei disavanzi pubblici. Ci sono diverse ragioni per cui si desidera utilizzare un mix di politica economica: - Un’espansione fiscale significa un aumento della spesa pubblica o una riduzione delle imposte, che porta ad un aumento del disavanzo di bilancio, il quale può essere rischioso. - Un’espansione monetaria significa una riduzione del tasso di interesse, ma se il tasso di interesse è già troppo basso non ci sarà la possibilità di manovrare la domanda di moneta, per questo la politica fiscale deve farsi carico di tutto il problema. - La politica monetaria e la politica fiscale hanno differenti effetti sulla composizione della produzione: una riduzione delle tasse sul reddito tende ad aumentare il consumo piuttosto che l’investimento; una riduzione del tasso di interesse avrà un effetto maggiore sull’investimento che sul consumo. Tasso di interesse nominale Il tasso di interesse nominale è il tasso di interesse espresso in termini di euro, che ci dice quanto denaro dovremo restituire in futuro in cambio di una unità di denaro oggi. Se il tasso di interesse nominale per l’anno t è it prendendo a prestito un euro quest’anno si dovranno pagare (1+ it) euro il prossimo anno. Il tasso di interesse nominale mi dice come cresce in euro una somma data o presa a prestito. 21 Tasso di interesse reale Il tasso di interesse reale è il tasso di interesse espresso in termini di beni. Se il tasso di interesse è rt per il generico tempo t per prendere a prestito l’equivalente di una unità di beni quest’anno, dovremo pagare l’equivalente di (1+ rt) unità di beni il prossimo anno. È possibile derivare il tasso di interesse reale a un anno dall’informazione del tasso di interesse nominale a un anno e dal prezzo del bene: Il passaggio fondamentale consiste nel convertire gli euro nella quantità di beni acquistabile l’anno prossimo: indichiamo con Pe t+1 il prezzo del bene atteso per l’anno prossimo (con e indichiamo l’aspettativa). Quindi questo ci porta a dire che il tasso di interesse reale sarà: Ma a questa dobbiamo aggiungere una nuova variabile che chiamiamo: tasso di inflazione attesa che equivale alla variazione attesa del prezzo del bene tra quest’anno e il prossimo, diviso il prezzo di quest’anno. Allora uno più il tasso di interesse reale è uguale al rapporto tra uno più il tasso di interesse nominale diviso per uno più il tasso atteso di inflazione. Questa equazione ci fornisce l’esatta relazione tra il tasso di interesse reale, il tasso di interesse nominale e l’inflazione attesa. Una più semplice relazione è data da: il tasso di interesse reale è uguale alla differenza tra tasso di interesse nominale e tasso di inflazione attesa. Se: - L’inflazione attesa è pari a 0: sono in un mondo a prezzi fissi, il livello dei prezzi che mi attendo domani è uguale a quello che mi attendo oggi, allora i due tassi, reale e nominale, saranno uguali. - L’inflazione è solitamente positiva allora il tasso di interesse reale è inferiore rispetto a quello nominale. Maggiore è l’inflazione attesa allora minore sarà il tasso di interesse reale. Sebbene la banca centrale scelga il tasso di interesse nominale, quando essa decide la politica monetaria ha in mente il tasso di interesse reale, perché è questo tasso che influenza le decisioni di spesa. Per raggiungere il tasso di interesse reale desiderato, la banca centrale deve tenere conto dell’inflazione attesa. Ad esempio, se vuole raggiungere un tasso di interesse pari a r deve scegliere un tasso di interesse nominale i tale per cui il tasso di interesse reale, uguale alla differenza tra nominale e inflazione attesa, sia pari al livello desiderato. Per data inflazione attesa, il tasso di interesse reale assume il suo valore minimo quando il tasso nominale è pari a zero, per cui il tasso di interesse reale deve essere maggiore o uguale al negativo dell’inflazione. Questo implica che il tasso di interesse reale non può essere minore del negativo dell’inflazione, fintanto che l’inflazione attesa è positiva è possibile raggiungere tassi di interesse reali negativi. Se l’inflazione attesa diventa negativa, deflazione, allora il valore minimo raggiungibile del tasso di interesse reale è positivo e può persino essere un valore elevato. Il premio al rischio Esistono diversi tipi di titoli: - Titoli che differiscono in termini di scadenza, cioè dell’arco temporale su cui garantiscono pagamenti. - Titoli diversi differiscono in termini di rischiosità:  Privi di rischio : la probabilità che il debitore non ripaghi il debito è trascurabile.  Rischiosi : probabilità non trascurabile che è debitore non sia in grado o non voglia di pagare il suo debito. Per assumersi tale rischio coloro che comprano titoli richiedono un premio al rischio, il quale dipende da: - Probabilità di fallimento del debitore: maggiore è questa probabilità, maggiore è il tasso di interesse che richiederanno gli investitori. - Grado di avversione al rischio: se il rendimento atteso sul titolo rischioso fosse uguale a quello sul titolo privo di rischio, il rischio stesso renderebbe gli obbligazionisti riluttanti a tenere il titolo rischioso. Per convincerli a tenere il titolo sarà necessario un premio al rischio, per compensare tale rischio. Più avversi al rischio sono gli obbligazionisti, più il premio salirà anche se la probabilità di insolvenza sarà rimasta la stessa. Sappiamo che il tasso di interesse reale misura come quella somma data o presa a prestito è variata in termini reali. 22 Solitamente i lavoratori percepiscono un salario superiore al loro salario di riserva, cioè il salario che si ottiene in un mercato neoclassico in cui il tasso di disoccupazione è pari a zero. I salari di solito dipendono dalle condizioni prevalenti nel mercato del lavoro, più basso è il tasso di disoccupazione maggiori sono in salari e viceversa. La forza contrattuale di un lavoratore dipende da due fattori: il primo è il costo che l’impresa dovrebbe pagare per sostituirlo; il secondo è la difficoltà che incontrerebbe nel trovare un altro lavoro. Quanto più costoso è per l’impresa rimpiazzare il lavoratore, e quanto più facile per lui trovare un altro lavoro, tanto maggiore sarà la sua forza contrattuale. Questo vuol dire che la forza contrattuale dipende dalla natura del lavoro e dalle condizioni prevalenti nel mercato del lavoro. Quando il tasso di disoccupazione è basso l’impresa avrà difficoltà a trovare validi sostituti e allo stesso tempo per i lavoratori è più facile cambiare lavoro. Questo aumenta la loro forza contrattuale che consentirà di aumentare i loro salari. Invece in un mercato con un alto livello di disoccupazione è facile trovare validi sostituti, per questo i lavoratori occupati hanno meno forza contrattuale e potrebbero essere costretti ad accettare salari bassi. In più le imprese potrebbero voler pagare un salario superiore a quello di riserva perché vogliono che i lavoratori siano produttivi. Se i lavoratori percepiscono un salario pari a quello di riserva, essi saranno indifferenti tra rimanere e andarsene. Corrispondere un salario superiore a quello di riserva rende più conveniente per il lavoratore rimanere nell’impresa.  teorie dei salari di efficienza ci dicono che i salari dipendono sia dalla natura del lavoro sia dalle condizioni del mercato del lavoro. Le imprese che considerano il morale, l’impegno dei lavoratori elementi essenziali per la qualità del lavoro pagheranno più delle altre imprese. Il salario è influenzato anche dalle condizioni prevalenti nel mercato del lavoro perché è un tasso di disoccupazione più basso rende i salari più alti e viceversa. L’equazione dei salari è pari a: - W  salario nominale aggregato che dipende da tre fattori: I. Il livello atteso dei prezzi Pe i lavoratori e le imprese sono interessati ai salari reali, non a quelli nominali. I lavoratori non sono interessati a quanto denaro ricevono ma al salario W, che percepiscono relativamente al prezzo dei beni che acquistano P. Sono quindi interessati al salario in termini di beni W/P, salario reale. Lo stesso vale per le imprese interessate al salario in termini del prezzo della produzione venduta e non al salario nominale che pagano ai lavoratori. Questa relazione ci dice che se i lavoratori si aspettassero che il livello futuro dei prezzi raddoppiasse, anche il salario nominale raddoppierà. Se le imprese si aspettassero che il livello dei prezzi raddoppiasse, sarebbero disposti a raddoppiare salari nominali. Se entrambi si aspettassero che il livello dei prezzi raddoppiasse, concorderebbero nell’aumentare i salari in misura proporzionale mantenendo costante il salario reale. II. Il tasso di disoccupazione u  Il salario sarà tanto maggiore quanto minore è il tasso di disoccupazione e viceversa, per questo nell’equazione sotto la u abbiamo un meno. I salari sono più elevati perché i lavoratori, avendo potere contrattuale che varia nel corso del ciclo economico, questo sarà più elevato quando nel mercato del lavoro c’è meno disoccupazione e sarà più basso quando c’è tanta disoccupazione. III. Una generica variabile z che rappresenta tutte le altre variabili che influenzano la determinazione dei salari. Per convenzione è definita in modo tale che un suo aumento provochi un incremento del salario, ecco spiegato il più nell’equazione. Può rappresentare il livello di indennità di disoccupazione, il salario minimo, o regolamentazioni su licenziamenti e assunzioni, tutte variabili il cui aumento conduce ad un aumento del salario nominale. Z è una misura del grado di rigidità del mercato del lavoro, che finisce per condurre a salari nominali elevati. La determinazione dei prezzi I prezzi fissati dalle imprese dipendono dei costi, allora volta i costi dipendono dalla natura della funzione di produzione, cioè la relazione tra i fattori produttivi impiegati nella produzione e la quantità di prodotto ottenuto dai prezzi di tali fattori. La funzione di produzione PS è una funzione lineare composta da: - Y  output di produzione. 25 - N  ricorda il numero di occupati. - A  è la produttività di lavoro, rapporto tra produzione e il numero di lavoratori impiegati che considereremo costante A>0. Se A corrisponde ad 1, allora la funzione di produzione diventa Y=N, che implica che il costo di realizzare un’unità aggiuntiva di prodotto è uguale al costo di impiegare un lavoratore in più, quindi è uguale al salario W. (costo marginale di produzione uguale a W). Se fossimo in concorrenza perfetta il prezzo di un’unità di produzione sarebbe uguale al costo: P uguale W.ma in molti mercati dei beni non c’è la concorrenza perfetta le imprese caricano un prezzo superiore al costo marginale. Dove m indica il ricarico del prezzo sul costo di produzione, chiamato markup. Sei mercati dei beni fossero perfettamente concorrenziali il prezzo P sarebbe uguale al costo W e m sarebbe uguale a zero. Poiché non lo sono e poiché le imprese hanno potere di mercato m sarà positivo e il prezzo P sarà superiore al costo di un fattore uguale a 1+m. Se A aumenta ogni lavoratore produce di più e le imprese possono aumentare il salario. Se m aumenta il salario reale che le imprese possono corrispondere si riduce. Modello WS-PS Se nell’equazione che determina i salari dividessimo entrambi i lati per il livello dei prezzi otterremo una relazione negativa tra il salario reale e il tasso di disoccupazione: quanto maggiore è il tasso di disoccupazione tanto minore sarà il salario reale scelto da chi fissa i salari. Questa relazione tra salario reale e tasso di disoccupazione chiamata equazione dei salari Data da una curva decrescente chiamata WS che ci dice quanto maggiore è il tasso di disoccupazione, tanto minore sarà il salario reale. Se nell’equazione che determina i prezzi dividessimo entrambi i lati per il salario nominale capiremo che la fissazione dei prezzi da parte delle imprese comporta che il rapporto tra il livello dei prezzi e il livello dei salari sarà uguale a 1 più il markup. Questa equazione ci dice che il salario reale fissato dalle imprese è una funzione delle decisioni di prezzo, un aumento del markup fa aumentare i prezzi a parità di salari, facendo in tal modo diminuire il salario reale. Quanto maggiore è il Markup fissato dalle imprese tanto minore sarà il salario reale. L'equazione dei prezzi è rappresentata da una retta orizzontale PS che ci dice che il salario reale determinato dall'equazione dei prezzi non dipende dal tasso di disoccupazione. Equilibrio nel mercato del lavoro L’equilibrio nel mercato del lavoro richiede che il salario reale risultante dall’equazione dei salari sia uguale al salario reale derivante dall’equazione dei prezzi. Il tasso di disoccupazione di equilibrio è chiamato tasso naturale di disoccupazione un, questo suggerisce che il tasso naturale di disoccupazione sia una costante di natura non soggetta alle istituzioni e alla politica economica. Ma nella realtà questo cambia perché la posizione delle curve dei prezzi e dei salari, quindi dell’equilibrio, dipende da sia da z che da m. Ad esempio: 26 - Un aumento dei sussidi di disoccupazione può essere rappresentato da un aumento di z: poiché l’aumento dei sussidi rende meno dolorosa la prospettiva di restare disoccupati esso fa aumentare il salario reale scelto nelle contrattazioni a parità di tasso di disoccupazione. Questo comporta uno spostamento verso destra della curva WS provocando un aumento del tasso naturale di disoccupazione e uno spostamento del punto di equilibrio. - Se si aumenta il markup, m, questo genera una riduzione del salario reale e sposta verso il basso la curva PS provocando un aumento del tasso naturale di disoccupazione e uno spostamento del punto di equilibrio. Per ogni dato un se m si riduce le imprese, che hanno meno potere di mercato, praticheranno prezzi inferiori per ogni dato W, quindi pagheranno salario maggiore e si sposta verso l’alto la curva PS. In concorrenza perfetta il potere di mercato delle imprese è 0 questo vuol dire che m = 0, quindi la PS giace più in alto di quanto non faccia quando m > 0, i lavoratori non hanno potere di mercato e la WS giace più a sinistra, di quanto sia vero ciò che accade nella realtà. Nell’equilibrio del mercato del lavoro P = Pe e ciò si verifica nel medio periodo perché la disoccupazione torna al suo tasso naturale e la produzione torna al suo livello naturale. Nel medio periodo i fattori che determinano la disoccupazione e la produzione sono esattamente quelli che compaiono nell’equazione. Nel medio periodo politiche monetarie o fiscali fanno discostare Yn, ma primo o poi ci si ritorna, quindi in realtà le politiche monetarie o fiscali che agiscono sul lato della domanda di beni non influenzano il mercato del lavoro perché non impattano sull’offerta, ma solo sulla domanda. Nel caso in cui prendiamo in considerazione il tasso di disoccupazione uguale al suo livello naturale un avremo una produzione naturale Yn. Il livello di produzione realizzato dalle imprese è Yn, quindi al suo livello naturale. Capitolo 8 Ricordandoci quella che è l’equazione per la determinazione dei salari, sappiamo che il salario nominale W dipende dal livello atteso dei prezzi Pe, dal tasso di disoccupazione u e dalla variabile z. Possiamo assumere una specifica forma funzionale per la funzione F che esprime l’idea: quanto maggiore è il tasso di disoccupazione u, tanto minore è il salario; quanto maggiore è z tanto maggiore è il salario. Il parametro  esprime l’ampiezza dell’effetto della disoccupazione sul salario, è la sensibilità dei salari al tasso di disoccupazione. Sostituendo questa funzione di F con l’equazione della determinazione dei salari otterremo: Possiamo fare la stessa cosa guardando l’equazione per la determinazione dei prezzi, sapendo che il prezzo P scelto dalle imprese è uguale al salario nominale W, moltiplicato per uno più il markup m, assumendo che il livello attuale dei prezzi fosse uguale a livello atteso dei prezzi. Sostituendo il salario nominale nella seconda equazione con la sua espressione nell’equazione della determinazione dei prezzi avremo: Questa equazione ci dà una relazione tra il livello dei prezzi, il livello atteso dei prezzi e il tasso di disoccupazione. Grazie a queste due nuove equazioni possiamo ricavarci la formula per calcolare il tasso di inflazione, la quale ci descrive una relazione tra l’inflazione, l’inflazione attesa e il tasso di disoccupazione. Lavorando su quest’ultima equazione possiamo capire cosa succede all’inflazione e alla disoccupazione partendo dai salari e dei prezzi. Un aumento del livello atteso dei prezzi Pe porta ad un aumento del livello effettivo dei prezzi Pt, se chi fissa i salari si aspetta un maggior livello dei prezzi, richiederà un maggior salario nominale, determinando un aumento del livello effettivo dei prezzi. Questo accade per via di un qualche meccanismo che il 27 che esso è uguale al numero di disoccupati diviso per la dimensione delle forze di lavoro, quindi l’occupazione è uguale alla produzione che è uguale alla dimensione delle forze di lavoro moltiplicate per 1-u, avendo Yn come il livello naturale della produzione possiamo esprimere le deviazioni del tasso di disoccupazione dal suo livello naturale in funzione della produzione, ottenendo: Possiamo chiamare la differenza tra Y e Yn come output gap, che varia a seconda del livello del tasso di disoccupazione rispetto a quello naturale. Sostituendo questa equazione all’interno di quella della Curva di Phillips otterremo l’equazione definitiva del modello PC. L’equilibrio di questo modello è dato al punto di intersezione della IS con la LM e quando la curva di Phillips interseca l’asse delle ascisse per un valore pari a zero della variabile che sto misurando sulle ordinate. Il punto di intersezione sul modello PC ci dice che Y=Yn, quindi che il tasso di disoccupazione è al suo livello naturale, quindi l’inflazione attesa è pari all’inflazione effettiva. Nel medio periodo la produzione ritorna al suo livello naturale Yn, così come la disoccupazione. Con una disoccupazione al livello naturale, l’inflazione torna all’obiettivo, inflazione attesa ed effettiva sono uguali. Il tasso reale deve essere tale per cui la domanda di beni è uguale alla produzione naturale, questo avviene quando il tasso di interesse reale corrisponde al tasso di interesse naturale che nel grafico si individua come ordinata del punto sulla IS avente ascissa Yn, se la IS si sposta cambierà anche il valore assunto dal tasso di interesse reale naturale. Graficamente posso rappresentare la relazione tra la produzione (offerta di beni), e la domanda di beni. L’offerta di beni è una retta verticale perché dipende dal modello WS-PS, la domanda aggregata di beni è una curva decrescente perché maggiore è r allora minore è la domanda di investimenti. Il tasso di interesse naturali. Un aumento del consumo autonomo fa spostare la domanda di beni verso destra, allora il tasso di interesse reale di equilibrio aumenterà. Il tasso d’interesse aumenta perché altrimenti, dato che la domanda di beni è aumentata, avrei un eccesso di domanda di beni, per questo aumenta. Per tornare in equilibrio del medio periodo la domanda di beni deve ridursi (Y e I, ma C è aumentato), quindi per il tasso di interesse aumenta e fa diminuire così la domanda di investimenti per tornare al livello Yn. Nella realtà la BC inizia ad aumentare pian piano il tasso di interesse reale e vede cosa succede, l’inflazione aumenterebbe ma meno di prima, allora decide di aumentare ancora r fino a che il tasso di inflazione da crescente che era, è diventato costante, e si è ritornati all’equilibrio di medio periodo. 30 Spostamenti del modello IS-LM-PC: - Se c0 aumenta, la curva IS si sposta verso destra, questo fa aumentare il livello della produzione e della domanda aggregata di beni. Sulla curva PC invece essendo la produzione aumentata, ci si sposta sulla curva ad un nuovo livello di produzione, e noteremo che ∏ è aumentata. Perché aumentando c0, aumenta la produzione, questo provoca una inflazione più elevata del valore atteso, perché il tasso di disoccupazione si è ridotto rispetto al suo livello naturale. Se la BC volesse riportare l’inflazione al livello di partenza, deve aumentare il tasso di interesse, quindi attuare una politica monetaria restrittiva, ma questo causa una recessione perché porta Y al di sotto di Yn per un periodo di tempo in modo tale da far tornare l’inflazione al livello di partenza. L’impatto di uno shock positivo sulla domanda non basta condurre una politica monetaria restrittiva, ma bisogna condurre anche ad una recessione per un certo periodo di tempo. La produzione prima era aumentata, poi pian piano torna al suo livello naturale, perché l’interesse aumenta, l’inflazione prima era costante dopodiché diventa positiva cioè aumenta. Nel processo di aggiustamento verso il nuovo equilibrio di medio periodo, (da 2-3), l’inflazione sta ancora aumentando, sempre meno, quando si arriva di nuovo al punto di equilibrio di medio periodo, l’inflazione torna ad essere costante ad un livello che è più elevato di prima: riflette il modo in cui gli individui vedono le loro aspettative, gli individui si aspettano una inflazione maggiore. Se la BC non agisce, l’inflazione sarà più elevata, ma non anche crescente, con un tasso di inflazione che cederà. Perché Y continua ad essere maggiore di Yn e u continua ad essere minore di un, ciononostante la BC non sta centrando il suo obiettivo, quindi, dovrà portare il tasso di interesse reale ad un valore maggiore per ritornare alla produzione naturale e mantenere l’inflazione costante. Da 1-3 il consumo è aumentato perché c0 è aumentato, l’investimento si è ridotto perché è aumentato r e quindi il tasso sui prestiti - Se le T aumentano, quindi si mette in atto una politica fiscale restrittiva: la curva IS si sposta verso sinistra, questo conduce ad una riduzione della produzione che passa da Yn a Y (Y<Yn), e l’inflazione comincia a diminuire. Il consumo diminuisce perchè il reddito si riduce e le imposte aumentano, e l’investimento allo stesso modo si riduce. La BC per riportare la situazione all’equilibrio di medio periodo dovrà attuare una politica monetaria espansiva, riducendo il tasso di interesse reale naturale, facendo si che il nuovo equilibrio ritorni ad avere la produzione coincidente con la produzione naturale, e l’inflazione nuovamente stabile. Dato che il reddito è lo stesso di prima, ma le imposte sono maggiori, il consumo sarà minore, l’investimento invece sarà maggiore di prima perché nonostante il reddito sia invariato, il tasso di interesse è diminuito, per questo l’investimento cresce. La domanda rimane invariata perché riduzione del consumo e aumento dell’investimento si controbilanciano. - Se aumenta il markup m: porta ad uno spostamento verso il basso della curva di determinazione dei prezzi PS, maggiore è il markup, minore è il salario reale determinato dalla relazione fra prezzi e disoccupazione. Nel nuovo equilibrio del modello WS-PS avremo un salario reale minore e un tasso naturale di disoccupazione più elevato. L’aumento del tasso naturale di disoccupazione conduce a una diminuzione del livello naturale di occupazione, la quale a sua volta porta a una pari diminuzione della produzione naturale. Nel modello IS-LM-PC possiamo vedere che a causa di un aumento del markup m, la produzione naturale è diminuita, quindi la curva PC si è spostata verso sinistra, e il tasso di inflazione sarà maggiore. L’inflazione è maggiore perché, dati i salari, un aumento dei prezzi aumenta l’inflazione. Se la BC intervenisse dovrebbe aumentare il tasso di interesse reale per stabilizzare l’inflazione, man mano facendo ridurre la produzione in modo da far crescere l’inflazione più lentamente, per raggiungere alla fine la stabilità. Poiché nel nuovo equilibrio la produzione naturale è diminuita, allora un aumento del markup si è tradotto in un livello permamentemente più basso della produzione naturale. Questo meccanismo è definito stagflazione, stagno da una riduzione della produzione naturale, e un inflazione che cresce sempre più lentamente fino a diventare stabile. Cosa succede se aumenta il prezzo dell’energia? Pen aumenta, per ogni dato W, fa aumentare i prezzi P, quando aumentano i prezzi dell’energia siamo di fronte ad uno shock avverso dal lato dell’offerta quindi il markup aumenta. Questo ha effetti sull’equilibrio del modello WS-PS, perché fa spostare verso il basso la PS, quindi il tasso di disoccupazione aumenta e ciò fa ridurre il livello naturale di produzione. Nel modello IS-LM-PC la curva PC si sposta verso sinistra ad un livello inferiore della produzione naturale, la BC allora dotta una politica monetaria restrittiva, aumentando il tasso di interesse reale e ritornando all’equilibrio di medio periodo, con l’inflazione che man mano si riduce. 31 Neutralità delle politiche economiche Proprietà di queste politiche nel medio periodo. Una politica economica è neutrale se nel medio periodo non fa variare nessuna componente reale, al più possono variare le grandezze in termini nominali. - Politica fiscale espansiva: un aumento della spesa pubblica fa spostare la IS verso destra, quindi il reddito di equilibrio aumenta. Se la BC non fa niente l’inflazione aumenta nel tempo, ma per mantenere il tasso di policy costante, la BC dovrà aumentarlo: si ha intersezione tra la LM disegnata in corrispondenza del tasso maggiore e la nuova IS. Concludiamo che il livello di produzione è costante, ed è rimasto invariato Yn, siccome la spesa pubblica non figura nell’espressione del modello WS-PS allora il livello di produzione sarà rimasto invariato. Il tasso di interesse reale è aumentato, le componenti della domanda aggregata: l’investimento si sarà ridotto per via dell’aumento del tasso reale della stessa misura di quanto è aumentata la spesa pubblica, spiazzamento completo dell’investimento da parte della spesa pubblica. Il consumo è rimasto invariato perché in questo caso il consumo dipende solo dal reddito disponibile, che non essendo aumentato non porta ad un aumento del consumo. Nel breve periodo questa politica fiscale espansiva fa aumentare il reddito e tutte le componenti della domanda aggregata, ma nel tempo è avversa sull’investimento, per ogni euro in più della spesa pubblica avrò un euro in meno di investimento privato. La politica fiscale non è neutrale perché, anche se non cambia la produzione, l’economia adesso è diversa perché ci sono tassi di interesse più elevati. Nel nuovo equilibrio abbiamo la stessa domanda di beni, abbiamo un interesse maggiore, lo stesso consumo e minori investimenti, e più spesa pubblica. - Politica monetaria espansiva: aumenta l‘offerta di moneta e vuole ridurre il tasso di policy, acquistando titoli. L’equilibrio di medio periodo non cambia perché l’offerta di moneta non figura né nel modello WS-PS e nemmeno nelle componenti della domanda aggregata di beni, se la BC porta ad un livello inferiore il tasso di interesse che prevale sul mercato, la domanda di beni rimane la stessa, ma ci sarà un eccesso di domanda sull’offerta di beni. La politica monetaria nel medio periodo è neutrale: la BC riducendo r sposta la curva LM verso il basso quindi la produzione aumenta e il tasso di inflazione anche, ma per ritornare all’equilibrio iniziale dovrà riportare la LM al punto di partenza, dove Y=Yn e il tasso ritorna al su livello naturale. La BC ricorre alla politica monetaria solo per far aumentare permanentemente l’inflazione, finché la BC si è ostinata a mantenere il tasso di interesse reale al di sotto del suo livello naturale l’inflazione non cresce nel tempo. Il motivo per cui l’inflazione quando la BC decide di tornare al livello di equilibrio iniziale gli individui si aspettano una inflazione maggiore. La BC adotta una politica monetaria solo quando c’è stato uno shock avverso dal lato della domanda; quindi, per ritornare all’equilibrio a quello iniziale adotta una politica monetaria espansiva riducendo r e consentendo così il ritorno all’equilibrio di medio periodo. Se invece abbiamo uno shock positivo dal alto della domanda, questo provocherà un aumento dell’inflazione, allora la BC adotterà una politica monetaria restrittiva per ritornare in equilibrio di medio periodo. Variazioni del tasso di interesse reale - Prima tesi: la BC porta il tasso di interesse a livelli molto bassi quindi condotto l’economia ad un equilibrio diverso con Y>Yn. La riduzione dei tassi reali è dovuta ad uno shock della domanda avverso permanente che s è portato dietro una riduzione del tasso di interesse reale naturale, allora la BC ha deciso di abbassare i tassi di policy e cambiare l’equilibrio di medio periodo. Se questo fosse vero allora l’inflazione si è mantenuta bassa, a livello costante, il problema non è stato quello di un inflazione crescente che sarebbe stato l’esito di una politica troppo espansiva che ha ridotto i tassi. - Seconda tesi: il tasso reale si riduce e sposta l’equilibrio di medio periodo, La spirale deflazionistica Se considerassimo il caso in cui un’economia si trova in recessione: la produzione è pari a Y, al di sotto del suo livello naturale Yn, per cui l’output gap è negativo e l’inflazione è inferiore all’obiettivo, e il tasso reale è aumentato, questo vuol dire che la curva IS si è spostata a sinistra a causa di uno shock avverso dal lato della domanda. La BC vedendo la IS spostarsi a sinistra e cerca di far tornare l’economia ad un equilibrio di medio periodo, portando r al livello rn tale per cui Y diventa pari a Yn e l’inflazione è nuovamente stabile. Ma il tasso reale regolato dalla BC potrebbe assumere anche dei valori negativi perché, per farsì che l’intersezione tra LM e IS nuova, avvenga in corrispondenza del livello di produzione naturale Yn, dovrebbe portare il tasso naturale ad un livello inferiore di zero. Questo non può essere fatto perché esiste uno zero lower bound per il tasso nominale i, che non può essere inferiore allo 0%. Allora la BC l’unica cosa che può fare è ridurre il tasso nominale 32
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