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Introduzione all'economia: Concetti base e politiche economiche - Prof. Barba Navaretti, Dispense di Macroeconomia

Una panoramica introduttiva all'economia, presentando concetti chiave come produzione, disoccupazione, tassazione, inflazione, riserve bancarie e politiche economiche monetarie e fiscali. Vengono inoltre analizzate le implicazioni del tasso di interesse reale e la relazione tra tasso di interesse nominale e tasso di cambio reale.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 24/03/2024

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Scarica Introduzione all'economia: Concetti base e politiche economiche - Prof. Barba Navaretti e più Dispense in PDF di Macroeconomia solo su Docsity! MACROECONOMIA Cap. 1-2-3-4-5-6-7-8 (non c’entra) –17 (non c’entra) -18-19-20eslcuso20.1 (tassi cambio). Che cos’è la macroeconomia? La macroeconomia studia le grandezze aggregate (ad esempio a livello di singolo paese), quindi l’andamento complessivo di un sistema economico. Questa branca ha preso corpo nella forma moderna a partire dagli anni ’30 grazie ai contributi di J. M. Keynes e alla presenza di uffici di statistica nazionali che cominciarono a rilevare sistematicamente la contabilità nazionale e altre variabili di interesse: ricchezza, disoccupazione, inflazione. La macroeconomia si occupa perciò di un’ampia gamma di settori: dalla determinazione dell’investimento e del consumo totali alla gestione della moneta e dei tassi di interesse, dalle crisi finanziarie ai cicli economici, ecc.. Se la microeconomia si occupa del comportamento dei singoli mercati e dei singoli operatori/ soggetti economici, la macroeconomia è il ramo dell’economia politica che studia il funzionamento del sistema economico nel suo insieme: le radici della macroeconomia affondano nella microeconomia. Che cos’è la politica economica? La politica economica studia l’intervento dello Stato (attraverso le politiche pubbliche del Governo) nel sistema economico e suggerisce gli strumenti da utilizzare per raggiungere alcuni obiettivi socialmente desiderabili. Lo scopo della politica economica è di modificare l’andamento spontaneo dell’economia (ammesso che ci sia, posto che ci sarà sempre una politica economica attiva), dopo averlo studiato. Le principali forme di intervento sono la politica fiscale, per influenzare il livello della domanda aggregata attraverso variazioni della spesa pubblica e della pressione fiscale, e la politica monetaria, per regolare il livello della domanda aggregata attraverso un aumento o una diminuzione dell’offerta di moneta. Il Governo può comunque intervenire in molti altri settori economici, come quello della regolamentazione del lavoro, della concorrenza, ecc. La spesa pubblica riguarda non solo quanto si spende, ma anche e soprattutto come si decide di allocare le risorse: tramite la manovra di bilancio, che si porta a termine ogni anno, si verifica quanto il Governo spende rispetto a quanto incassa. La BCE decide la quantità di moneta all’interno del mercato europeo. La politica economica ha una serie di obiettivi, tra cui quello della piena occupazione dei fattori produttivi, in particolare della forza lavoro, e quello dello sviluppo economico. Quest’ultimo viene inteso sia in senso stretto come un processo di incremento costante della capacità produttiva del sistema con conseguente ampliamento sia delle quantità sia delle varietà dei beni prodotti (crescita economica, di breve o di lungo periodo), sia in senso lato come miglioramento delle condizioni di vita della popolazione (durata della vita, stato di salute, qualità dell’ambiente, ecc.). C’è una differenza tra crescita sostenibile e crescita non sostenibile. La politica economica deve poter funzionare in condizioni di stabilità, ha quindi alcuni vincoli da rispettare per essere efficace: i prezzi devono essere stabili, ci deve essere l’equilibrio del bilancio della Pubblica Amministrazione e la bilancia dei pagamenti/differenza tra esportazioni e importazioni deve essere tendenzialmente in pari (quest’ultima è il conto che registra in ciascun Paese i movimenti di merci, servizi, trasferimenti e capitali da e verso il resto del mondo). Ci sono anche altri vincoli, quali l’equa distribuzione del reddito, l’equilibrio ambientale, ecc. La disoccupazione è un problema perché riduce il potere d’acquisto delle famiglie. - Tassazione progressiva: sistema in cui le aliquote aumentano all’aumentare del livello di reddito —> è uno strumento redistributivo efficace - Tassazione proporzionale: sistema che fa si che, a prescindere dal reddito, ognuno paga la stessa proporzione di tassa Quando i macroeconomisiti studiano un’economia, sguardano in primis tra le variabili: • Produzione: livello di produzione dell’economia (PIL) e il relativo caso di crescita • Tasso di disoccupazione: proporzione di lavoratori non occupati e in cerca di occupazione sul totale delle forze di lavoro dell’economia • Tasso di inflazione: tasso di crescita del prezzo medio dei beni nell’economia Uno stesso aumento di reddito in termini di valori assoluti porta a una crescita maggiore ai paesi con economie emergenti rispetto a quelli con economie avanzate : partendo da un livello più basso, il potenziale di crescita economica è maggiore. L’economia di un paese va in default quando non è più in grado di restituire i propri debiti.
 Il mercato del lavoro americano è più flessibile rispetto a quello europeo: dopo una crisi, il tasso di disoccupazione americano cresce maggiormente rispetto a quello europeo, ma si rimette in sesto molto più velocemente.
 Il quantitative easing (QE) è uno strumento della politica monetaria con cui la BCE immette nel sistema una dose di liquidità, attraverso un programma di acquisti di titoli: si tratta di un aumento molto rapido della quantità di moneta in circolazione, specie in una fase di forte crisi economica. Non solo l’inflazione, ma anche la deflazione è un problema, perché con l’eccessiva diminuzione dei prezzi diminuisce di molto anche il valore dei beni. La macroeconomia si avvale di modelli per facilitare l’analisi di problemi come la crescita, l’inflazione e la disoccupazione in diversi orizzonti temporali: breve, medio e lungo periodo. • Breve periodo: che cosa succede all’economia in un anno • Medio periodo: che cos succede all’economia nell’arco di un decennio • Lungo periodo: che cosa succede all’economia nel giro di mezzo secolo o più Per quanto riguarda le politiche economiche, nel breve periodo gli organi decisionali sono tenuti a smussare le eccedenze dei cicli economici per evitare delle fluttuazioni eccessive: tuttavia, questa politica è diversa rispetto a quella di lungo periodo, quando tutti i fattori produttivi possono cambiare. In questo caso, quindi, il Paese ha il compito di dotarsi delle risorse sufficienti a garantire la propria stabilità, la propria capacità produttiva e, quindi, il proprio sviluppo economico. Immaginando un modello con le curve di domanda e di offerta, solo nel lungo periodo si può attivare una funzione di offerta inclinata positivamente (in microeconomia abbiamo utilizzato modelli in cui la domanda è inclinata negativamente, mentre l’offerta positivamente). • Il livello di produzione aggregata (= produzione totale) è determinato :
 Nel breve periodo (arco di qualche anno) dalla domanda di beni (capacità produttiva data) —> le variazioni annuali della produzione sono dovute soprattuto a variazioni della domanda. La variazione della domanda può essere determinati da diversi fattori e può portare a una riduzione della produzione (recessione) o a un suo aumento (espansione) • Nel medio periodo (arco di un decennio) dal lato dell’offerta, cioè quanto l’economia può effettivamente produrre, che dipende da livello di tecnologia, lo stock di capitale e la dimensione e qualità della forza lavoro, etc… dato che nell’arco di un decennio testi fattori non cambino significativamente, essi possono essere presi come dati • Nel lungo periodo (arco di qualche decennio) né capitale, né tecnologia, né capacità dei lavoratori sono date. Quindi la produzione dipende fattori come il tasso di risparmio e investimento, sistema scolastico, la qualità delle istituzioni (es. le capacità dei lavoratori sono determinate dal sistema scolastico di un paese) La crescita economica non segue un andamento regolare e costante, ma è caratterizzata da frequenti fluttuazioni. Si definisce ciclo economico l’alternarsi di fasi di espansione (ripresa) e contrazione (recessione) del prodotto reale intorno alla sua tendenza di crescita (trend) di lungo periodo. Sulla base del ciclo economico si viene a creare il cosiddetto trend, che definisce la tendenza della capacità produttiva di un sistema economico nel lungo periodo.
 La BCE, attraverso una recente manovra finanziaria, sta alzando i tassi di interesse per contenere l’eccessiva inflazione nel breve periodo, ma questa politica influenzerà anche il lungo periodo, rendendo più difficoltosi gli investimenti da parte di imprese. A difesa della manovra finanziaria, si potrebbe obiettare ad esempio che potrebbe comunque esserci un margine di profitto per le imprese, dati i prezzi più bassi delle materie prime. Breve periodo • Ipotesi: la capacità produttiva del sistema economico è data e il livello dei prezzi è rigido. • La curva di offerta aggregata è orizzontale fino al livello di piena occupazione e poi verticale. • La produzione effettiva e quindi l’occupazione dipendono dal livello della domanda aggregata, rappresentata da una curva inclinata negativamente • Di solito il periodo di riferimento è l’anno solare, ma possono essere considerati anche periodi inferiori • Al lordo degli ammortamenti dei beni capitali - Sottraendo l’ammortamento dal PIL si ottiene il Prodotto Interno Netto = PIN Calcolo del PIL 3 modi equivalenti per misurare il PIL 1. Dal lato della domanda/spesa: valore dei beni e dei servizi finali prodotti in una economia in un dato periodo di tempo (non si deve tenne conto dei beni intermedi) 2. Dal lato della produzione: somma del valore aggiunto in una economia in un dato periodo di tempo —> valore aggiunto = costo di mercato meno costo dei beni intermedi —> ricchezza vera che fa il reddito —> il valore aggiunto viene utilizzato per creare dei redditi che vanno ai lavoratori e ai fornitori di capitale 3. Dal lato del reddito: somma dei redditi dell’encomia in un dato periodo di tempo 1. Il PIL come SPESA Il PIL è il valore dei beni e servizi finali domandati nell’economia in un certo periodo di tempo. I beni e servizi finali prodotti sono acquistati da diversi soggetti. Indicando con Z la domanda totale di beni (PIL) allora possiamo identificare le seguenti componenti: Z = C+I+G+NX • Consumo (C): spesa delle famiglie in beni e servizi. Beni durevoli + beni non durevoli + servizi immateriali • Investimenti (I): spesa delle imprese per l’acquisto di beni utilizzati per produrre altri beni - Investimenti fissi, investimenti in edilizia residenziale, investimenti in scorte • Spesa pubblica (G): Acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione. Sono esclusi il pagamento degli interessi per il debito pubblico e il trasferimento a titolo gratuito (ossia che non sono il compenso di prestazioni ricevute) ai cittadini, come i sussidi di disoccupazione. - Poiché la produzione della PA non è destinata al mercato, il suo valore aggiunto è pari a: stipendi dei dipendenti + ammortamenti • Esportazioni nette (NX) o saldo commerciale, è il saldo della parte corrente della bilancia dei pagamenti: rappresenta la domanda netta da parte del resto del mondo di beni e servizi nazionali - Pari alla differenza tra esportazioni (X) (beni e servizi nazionali venduti a cittadini residenti all’estero) ed importazioni (IM) (beni e servizi stranieri venduti a cittadini residenti in Italia). Parliamo di spesa perché il PIL prodotto poi verrà speso dalle famiglie per comprare beni e servizi 2. Il PIL come somma di VA (= valore aggiunto) • Il PIL è il valore aggiunto aggregato (la somma dei valori aggiunti dei singoli produttori) di una economia in un certo periodo di tempo. • Il valore aggiunto (VA) è il maggiore valore che acquisiscono gli input dovuto al processo produttivo aziendale: in pratica si calcola come differenza tra il valore di mercato dell’output e il costo degli input. • Il PIL può essere calcolato come somma dei V.A. di tutti i passaggi intermedi costituenti il processo produttivo di un determinato prodotto finale V.A. = output - input Es. taglialegna taglia un albero che costa 0 (input = 0) e lo vende alla segheria a 5 (output = 5) —> V.A. = 5-0 = 5 In Italia si ha un trasformazione e negli anni il settore terziario sta diventando il più importante: - 2000: 1. 2,86%, 2. 27,13%, 3. 70,01% - 2020: 1. 2,20%, 2. 23,95%, 73,85% 3. Il PIL come somma dei redditi: • Il PIL è uguale alla somma di tutti i redditi dell’economia in un dato periodo di tempo - Reddito lordo da lavoro: salari e profitti - Reddito lordo da capitale o profitto: rendite, interessi - Imposte indirette: IVA, imposta di registro, imposta di bollo —> imposte pagate al governo sotto forma di imposte sulle vendite • Il valore percepito dalla vendita di beni e servizi viene distribuito in quattro modi: - Pagare gli input acquistati presso altre imprese, compreso lo stato - Pagare i salari ai dipendenti - Remunerare il capitale di terzi (interessi, affitti) - Può essere trattenuto sotto forma di profitti • In una economia chiusa vale questa identità: domanda finale = valore aggiunto = redditi di fattori Nelle economie occidentali i redditi che vanno a i lavoratori sono diminuiti rispetto a quelli delle imprese Flusso circolare del reddito: Flussi Reali e Flussi Monetari Il valore dei beni e servizi finali prodotti dalle imprese e comprati dalle famiglie è esattamente uguale ai redditi erogati dalle imprese e guadagnati dalle famiglie Esempio: ipotizziamo un’economia costituita da 2 settori: siderurgico e automobilistico Esempio del calcolo del PIL • Primo metodo: somma della spesa (in beni/servizi finali): - Domanda di automobili (produzione dell’industria automobilistica) = 200 - Produzione dell’industria siderurgica è costituita solo da beni intermedi, quindi non si contano ➡ Il PIL è 200 • Secondo metodo: somma dei valori aggiunti (VA) - V.A. siderurgia = output siderurgia - input siderurgia = 100-0 = 100 - V.A. auto = output auto - input auto = 200-100 = 100 - V.A. totale = sommatoria V.A. = V.A. siderurgia + V.A. auto = 100 + 100 = 200 ➡ Il PIL è 200 • Terzo metodo: somma dei redditi - Salari = salari siderurgia + salari auto = 80+70 = 150 - Profitti = profitti siderurgia + profitti auto = 50 ➡ Il PIL è 200 ECONOMIA APERTA Ogni encomia nazionale intrattiene relazioni internazionali con altri Paesi. Le relazioni internazionali (tra agenti economici residenti e non residenti) possono essere: • Scambi dei beni a servizi • Scambi dei fattori produttivi • Transazioni finanziarie • Flussi dei redditi da e per l’estero (es. francese con un appartamento a Milano) Queste transazioni sono registrate nella Bilancia dei Pagamenti (BP) PIL e PNL in un economia aperta Prodotto Interno Lordo (PIL) e Prodotto Nazionale Lordo (PNL) • PIL: misura del valore di beni e servizi finali prodotti all’interno di un paese • PNL: misura del valore di beni e servizi finali prodotti dai residenti di un paese (indipendente da dove i beni vengano prodotti) - Parte del PIL italiano è prodotto da residenti in alte nazioni (che operano in Italia) - Parte del PNL italiano è prodotto all’estero (da residenti in Italia) Contabilità nazionale in un’economia aperta • In un economia aperta parte della domanda finale dei beni e servii da parte delle famiglie, imprese e PA può essere soddisfatta anche attingendo ai beni e servizi prodotti all’estero: Importazioni (IM) • Analogamente, una parte della produzione interna potrebbe essere destinata ai consumatori (famiglie, imprese, PA) stranieri: Esportazioni (X) ➡ Bilancia commerciale (NX): esportazioni -importazioni: NX = X - IM Le importazioni vanno sottratte da quella che è la domanda aggregata di un paese —> PIL: Y = C + I + G + NX dove C+I+G è la domanda aggregata e NX = X-IM • X > IM —> Avanzo commerciale - Domanda interna < reddito generato —> economia che risparmia • X < IM —> disavanzo commerciale - Domanda complessiva > prodotto che l’economia è in grado di generare —> l’encomia di indebita: compra più di quando può pagare Ci sono paesi che rimangono in surplus o deficit commerciale costante: gli Usa hanno strutturalmente una bilancia commerciale in deficit, mentre Italia e Germania hanno una Bilancia commerciale in costante surplus perché esportano molti manufatti. Anche Korea e Giappone sono grandi esportatori • In una economia chiusa, tutta la produzione interna viene consumata (domanda finale interna) dagli agenti nazionali (famiglie, imprese, PA) —> PIL = C + I + G • Recessione: periodi di crescita negativa (per convenzione quando si registrano almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa) —> la scelta dell’anno base influenza i risultati L’inflazione e il livello di prezzi • L’inflazione rappresenta un aumento del livello dei prezzi • Il tasso di inflazione è il tasso con cui aumenta il livello dei prezzi - Il tasso di inflazione core o di fondo: viene calcolata escludendo i beni alimentari non lavorati e i beni energetici - Deflazione: riduzione sostenuta del livello di prezzi. Corrisponde a un tasso di inflazione negativo - Tasso di inflazione = tasso di scrosciar del PIL nominale - tasso di crescita del PIL reale Distanza temporale nella variazione del livello dei prezzi • Il tasso di inflazione può essere: - Congiunturale: variazione dell’indice dei prezzi rispetto al periodo precedente: mese, trimestre, quadrimestre, semestre - Tendenziale: variazioni dell’indice dei prezzi rispetto allo stesso periodo (mese, trimestre, quadrimestre, semestre) dell’anno precedente IL TASSO DI INFLAZIONE Come calcolare questo livello dei prezzi? I macroeconomisti usano due misure del livello dei prezzi: 1. Deflatore del PIL : misura il prezzo dei beni prodotti 2. Indice dei prezzi al consumo: misura il prezzo dei beni prodotti Numeri indice a base fissa Indicando con p0 il prezzo di un bene (o di un servizio) nel tempo preso come base, e con pt il prezzo dello stesso bene (o servizio) al tempo “t”, un generico numero indice sarà sintetizzato • Esprime la variazione relativa del prezzo tra l’anno t e l’anno preso come base: sarà maggiore o minore di 1 a seconda che il prezzo nell’anno t sia maggiore o minore rispetto a quello dell’anno preso come base. Solitamente, per rendere le informazioni più leggibili, tali numeri indici vengono moltiplicati per 100 • Essi, inoltre si configurano come “puri numeri”, nel senso che sono svincolati all’unità di misura nella quale è espresso il fenomeno originario. Inoltre, per definizione, sono sempre numeri positivi. • Un numero indice è un numero di una determinata grandezza che viene istituito in un determinato periodo e varia nel tempo Il deflatore del PIL Il deflatore del PIL (Pt) permette di calcolare il prezzo medio dei beni finali prodotti in una economia Se il PIL nominale aumenta più velocemente del PIL reale, la differenza è dovuta ad un aumento dei prezzi. Questo spiega la definizione di deflatore del PIL: Il deflatore del PIL è un numero indice: il suo livello viene scelto arbitrariamente —> es. nel 2005 è uguale a 1 perché il PIL nominale è uguale al PIL reale Il tasso di variazione del deflatore del PIL rappresenta il tasso di inflazione: il tasso di variazione del deflatore del PIL è una misura dell’incremento del livello dei prezzi dei beni prodotti nell’economia durante un certo anno Y Un dei maggiori vantaggi del definire il livello dei prezzi in termini di deflatore del PIL è che questa definizione implica una semplice relazione tra PIL nominale, PIL reale e deflatore del PIL Relazioni tra PIL nominale, PIL reale e deflatore • Per convertire un valore nominale in termini reali dell’anno base (ossia deflazionare un valore nominale) bisogna dividerlo per l’indice di prezzi dello stesso anno. In questo modo si ottiene un valore espresso in termini monetari dell’anno base (non più correnti), ossia in termini di potere d’acquisto dell’anno base • Il PIL nominale non è altro che il PIL reale moltiplicato per il deflatore: • Allo stesso modo il tasso di crescita del PIL nominale è uguale al tasso di inflazione più il tasso di crescita del PIL reale Due proprietà aritmetiche Il tasso di inflazione: indice dei prezzi al consumo • Il deflatore del PIL fornisce un misura del tasso di variazione dei prezzi dei beni e servizi finali inclusi nel PIL. Tuttavia, i consumatori sono interessati ai prezzi dei beni che consumano. Quindi, in alcuni casi è opportuno concentrare l’attenzione solo su alcuni beni e servizi perché: - Alcuni beni del PIL non sono venduti ai consumatori, ma a imprese o all’estero - Alcuni beni acquistati dai consumatori sono prodotti all’estero e importanti (non compaiono nel PIL) Per misurare il prezzo medio al consumo, o il cosiddetto costo della vita, i macroeconomisti usano l’indice dei prezzi al consumo (IPC) ➡Indici dei prezzi al consumo - Indici elementari (un unico bene o servizio) - Indici complessi (paniere di beni e servizi) • Un modo per misurare il livello dei prezzi l’indice dei prezzi al consumo (IPC), che rappresenta un indicatore del costo della vita in un periodo di tempo, ossia misura il costo di un paniere di beni e servizi rispetto al costo del medesimo paniere in un anno fisso detto base • Sistema degli indici dei prezzi al consumo: - NIC indice per l’intera collettività - FOI indice per le famiglie di operai ed impiegati - IAPC indice armonizzato dei prezzi al consumo per i paesi dell’Unione europea • L’indice dei prezzi al consumo (IPC) misura il livello dei prezzi medi la consumo ed esprime il costo in valuta di un determinato paniere di consumo di un tipico consumatore urbano • L’IPC è un numero indice: il suo livello è scelto arbitrariamente - Risponde alla seguente domanda: posto uguale a 100 il paniere di consumo nell’anno base 0, quanto costerebbe acquistare esattamente lo stesso paniere nell’anno t? es. nell’anno base 2001 è fissato a 100. Se nel 2009 l’iapc è pari a 117, significa che risputò al 2001 uno stesso paniere di beni e servizi costa il 17,4% in più Indice dei prezzi a consumo: metodo di calcolo • L’ISTAT estrae un campione casuale di famiglie e a queste viene chiesto di registrare ogni acquisto effettuato nel corso di un determinato mese ed il relativo prezzo. In questo modo viene calcolato il valore del paniere dell’anno base • Dal rapporto del valore dello steso paniere in sitasti temporali differenti viene calcolato l’IPC • l’IPC all’anno base è pari ad 1; nei periodi successivi misura il costo della vita rispetto all’anno base; quindi l’IPC non è il prezzo di un bene né una media di prezzi, ma è un indice dei prezzi • L’inflazione è la variazione percentuale del livello medio dei prezzi e può essere calcolata come variazione percentuale dell’IPC Problemi Principali problemi nella costruzione di un indice complesso (riferito ad un paniere di beni e servizi): • Scelta dei beni e servizi nel paniere • Scelta dell’anno base • Scelta del sistema di ponderazione - Indice calcolato come media ponderata degli indici elementari dei beni e servizi compresi nel paniere Domanda aggregata • In un’economia chiusa le componenti della domanda aggregata sono: Consumi (C), Investimenti (I), Spesa Pubblica (G) Z = C + I + G • Il consumo (C) sono i beni e i servizi acquistati dai consumatori (es. cibi, biglietti aereo, vacanze, auto nuove, …) • L’investimento (I), talvolta chiamato investimento fisso per distinguerlo dalle scorte di magazzino, è formato dalla somma di: - Investimento non residenziale: acquisto di noi impianti o macchinari da parte delle imprese - Investimento residenziale: acquisto di nuove case o appartamenti da parte degli individui La decisione di acquistare questi beni dipende dai servizi che questi daranno in futuro. • Spesa pubblica (G): beni e servizi acquistati dallo Stato dagli enti pubblici (include gli stipendi degli impiegati pubblici) - Non include i trasferimenti, come l’assistenza sanitaria o le pensioni, né gli interessi sul debito pubblico La somma di queste componenti rappresenta ala spesa in beni e servizi da parte dei residenti, siano essi consumatori, imprese o settore pubblico. In un’economia aperta, tuttavia, per ottenere la spesa totale in beni nazionali dobbiamo considerare anche le importazioni (IM) e le esportazioni (X). Dobbiamo escludere le importazioni (IM) e includere le esportazioni (X). • La differenza tra esportazioni e importazioni (X-IM) richiama esportazioni nette o saldo commerciale - Esportazioni > Importazioni —> avanzo commerciale - Esportazioni < Importazioni —> disavanzo commerciale Z = C + I + G + X -IM In ogni anno la produzione e le vendite non sono necessariamente uguali, alcuni beni possono essere venduti l’anno successivo oppure si possono vendere alcuni beni dell’anno precedente: • La differenza tra produzione e vendite si chiama investimento in scorte (= produzione - vendite): - Produzione > vendite —> aumento di scorte positivo - Produzione < vendite —> aumento di scorte negativo Ma noi siamo considerando un’economia chiusa, quindi X-IM = 0 e l domanda aggregata è: Z = C + I + G • Da cosa dipendono queste componenti? Funzione di Consumo • Il consumo dipende in primo luogo dal Reddito disponibile (Yd), che è costituito dalla differenza tre le remunerazioni che un individuo riceve (salari, rendite, interessi ecc…) compresi gli eventuali trasferimenti dal governo e le imposte La funzione C(Yd) è chiamata funzione del consumo e il segno positivo indica che quando il reddito disponibile aumento, aumenta anche il consumo. Gli economisti chiamano queste funzioni, equazioni di comportamento per indicare il fatiche descrivono il comportamento degli agenti economici. • È possibile assumere che la forma funzionale della relazione tra il consumo e il reddito disponibile sia lineare • Il parametro c0, rappresenta il livello di consumo di sussistenza, ovvero il consumo corrispondente ad un livello di reddito nullo C0 > 0 Com’è possibile che le persone consumino pur avendo un redito nullo? Si, attingono a rifarmi o prendono a prestito • Il parametro c1 è la propensione marginale al consumo, ovvero l’effetto sul consumo di un euro aggiuntivo di reddito 0 < c1 < 1 • Due restrizioni naturali sulla propensione al consumo - c1 > 0. Un aumento del reddito disponibile genera un aumento del consumo - c1 < 1. Un aumento del reddito disponibile genera un aumento meno che proporzionale al consumo. I consumatori consumano solo una parte dell’aumento del loro reddito disponibile (il resto viene risparmiato) Il consumo aumenta col reddito disponibile, ma meno che proporzionalmente Poiché il reddito disponibile è definito come: Dove Y è il reddito e T rappresenta le imposte al netto dei trasferimenti —> la Funzione di Consumo diventa: Un reddito più alto fa aumentare il consumo, ma meno che proporzionalmente, mentre imposta più alte fanno diminuire il consumo, ameno che proporzionalmente Investimenti e Spesa Pubblica Investimenti: Assumiamo per il momento che gli investimenti siano dati, ovvero non siano spiegati all’interno del sistema (variabili esogene): - Variabili endogene: spiegate all’interno del sistema - Variabili esogene: prese come date (barretta sopra alla I) In un secondo momento, assumeremo che gli investimenti dipendano positivamente dall’attività produttiva (Y) e negativamente dal tasso di interesse sui prestiti (i): Spesa Pubblica: Assumiamo che G sia esogena: variabile di scelta del Governo. Rappresenta uno strumento di politica economica. Modello reddito-spesa: Equilibrio La domanda aggregata (Z) dipende quindi dal reddito, dalla pressione fiscale (tasse e imposte), spesa pubblica e investimenti. Quindi sostituendo all’equazione della domanda le equazioni di C e I, otteniamo: Quindi, la domanda dipende dal reddito Y e dalle imposte T, dall’investimento I e dalla spesa pubblica G. Assumendo che l’investimento in scorte sia 0 (le imprese non hanno scorte di magazzino), l’equilibrio nel mercato dei beni richiede che la domanda aggregata sia uguale alla produzione: Equazione di equilibrio In equilibrio la produzione è uguale alle domanda - che dipende dal reddito Y - in aggregato reddito e produzione sono uguali (3 modi equivalenti di definire il PIL …) 1. Il primo aumento della domanda, indicato dalla distanza AB, è uguale a 1 miliardo di euro. 2. Questo primo aumento della domanda porta a un aumento equivalente della produzione, cioè 1 miliardo di euro, anch’esso rappresentato dalla distanza AB. 3. Questo primo aumento della produzione porta a un aumento di pari ammontare del reddito, indicato dalla distanza BC, anch’essa pari a 1 miliardo di euro. 4. Il secondo aumento della domanda, rappresentato dalla distanza CD, è uguale a 1 miliardo di euro (il primo aumento di reddito) moltiplicato per la propensione al consumo, c1 – cioè 1 miliardo di euro. 5. Questo secondo aumento della domanda porta a un aumento di pari ammontare della produzione, rappresentato anch’esso da CD, e quindi a un aumento di pari ammontare del reddito, indicato dalla distanza DE. 6. Il terzo aumento della domanda è uguale a c1 miliardi di euro (il secondo aumento di reddito) moltiplicato per c1 ed è uguale a c1xc1 miliardi di euro, vale a dire c1^2 miliardi di euro, e così via. L’aggiustamento è un limite che vale quanto il moltiplicatore, cioè 1/1-c1 Non è detto che questo aggiustamento avvenga in modo istantaneo: - Un’azienda che si trova davanti a un aumento della domanda, potrebbe attingere dalle scorte - Un lavoratore che riceve un aumento di salario potrebbe non adeguare immediatamente il suo consumo Ritardi come questi implicano che l’aggiustamento della produzione ha bisogno di tempo. La durata dell’aggiustamento dipende dal modo e dalla frequenza con cui le imprese rivedono i loro piani di produzione. La rappresentazione formale dell’aggiustamento della produzione nel tempo è detta la dinamica dell’aggiustamento: • Si supponga che le imprese decidano il loro livello di produzione all’inizio di ciascun trimestre • I consumatori decidono di spendere di più, cioè di aumentare c0 (consumo autonomo) • Dopo aver osservato un aumento della domanda, nel trimestre successivo le imprese fisseranno un maggior livello di produzione —> In seguito a un aumento dei consumi, la produzione aumenta progressivamente da Y a Y’ L’Equilibrio del Mercato dei Beni Esistono due modi equivalenti per determinare l’equilibrio del mercato dei beni 1. Uguaglianza tra Produzione Aggregata e Domanda Aggregata —> Z = Y 2. Uguaglianza tra Risparmi e Investimenti Uguaglianza tra risparmi e investimenti Il risparmio nazionale è la somma di risparmio privato e pubblico. • Per definizione, il risparmio privato, cioè il risparmio (S) dei consumatori è uguale al loro reddito disponibile al netto dei consumi, quindi: S = Yd - C —> S = Y - T - C • Per definizione, il risparmio pubblico è uguale alle imposte (al netto dei trasferimenti) meno la spesa pubblica: T - G • Se T > G, il governo ha un avanzo di bilancio, cioè il risparmio pubblico è positivo • Se T < G, il governo ha un disavanzo di bilancio, cioè il risparmio pubblico è negativo Dalla contabilità nazionale in un Economia chiusa: Questa equazione ci suggerisce che affinché il mercato sia in equilibrio l’investimento deve essere uguale al risparmio. Le decisioni di consumo e di risparmi sono due facce della stessa medaglia: il reddito disponibile che non si consuma, si risparmia. Una volta deciso quanto consumare, il risparmio si calcola per differenza e viceversa. Dato il livello di Consumo C, il risparmio privato è: Riordinando: La propensione marginale al risparmio (PMS) è il complemento a 1 della propensione marginale al consumo: - c1: propensione marginale al consumo - (1 - c1): propensione marginale al risparmio —> il fatto che c1 sia compreso tra 0 e 1, implica che anche (1 - c1) sia compreso tra 0 e 1. Ciò significa che il risparmio privato aumenta all’aumentare del reddito disponibile, ma meno che proporzionalmente PMS = 1 - PMC = 1 - c1 Funzione di risparmio: Dall’uguagliane tra investimenti e risparmi otteniamo lo stesso risultato ottenuto dall’eguagliane tra domanda e produzione. Questo spiega perché la condizione di equilibrio del mercato dei beni sarà rappresentata da una curva chiamata curva IS, che sta per “Investimento = Risparmio (Saving)” Il risparmio è positivo per la produzione? • Ipotizziamo che nell’economia (chiusa) gli investimenti siano dati (breve periodo) A. Le imprese potrebbero aver bisogno di tempo per adattare i propri processi produttivi B. Le imprese hanno costi dissi e non possono aumentare lo stock di capitale (ma possono variare solo il numero di la oratori) • Supponiamo anche che il governo non sia in grado id variare la spesa pubblica e di alterare il livello di tasse. I risparmi pubblici quindi sono costanti: assumiamo che il bilancio pubblico sia in pareggio • Supponiamo che i consumatori decidano di risparmiare di più (es. riducendo c0) c0 di riduce: 1. La riduzione del consumo porta ad una riduzione della produzione e del reddito attraverso il moltiplicatore 2. La riduzione del reddito secondo la nostra equazione dei risparmi (solo privati in questo caso in quanto abbiamo ipotizzato T - G = 0), riduce anche i risparmi Situazione paradossale: Ogni tentativo di risparmiare di più è interamente annullato dalla riduzione del reddito. S rimane invariato, y più basso. I due effetti sul risparmio privato aggregato (riduzione c0 e riduzione del reddito) si compensano se I non può cambiare. Paradosso del Risparmio: Dalla condizione di equilibrio: Siccome l’investimento è fisso, ΔI = 0, e il bilancio pubblico è in pareggio, (T = G, ΔT = ΔG), le variazioni della spesa autonoma non possono modificare il risparmio privato di equilibrio: ΔS = 0 —> Paradosso del Risparmio Questo nel breve periodo, ma un aumento del risparmio condurrà a un livello di risparmio e redito più elevati nel lungo periodo. Il governo è davvero onnipotente? Un avvertimento • Cambiare la spesa pubblica o le imposte potrebbe essere tutt’altro che facile: l’approvazione di nuovi progetti di legge da parte dell’autorità legislativa richiede sempre molto tempo e rappresenta spesso il peggior incubo di un primo ministro • Le risposte di consumo, investimento e importazioni sono difficili da valutare con certezza • Le aspettative contano. Per esempio, la risposta dei consumatori a una riduzione fiscale dipende molto dal fatto che considerino tale riduzione transitoria o permanente. Quanto più percepiscono la riduzione come permanente, tanto maggiore sarà la loro risposta in termini consumo • Realizzare il livello di produzione desiderato potrebbe causare spiacevoli effetti collaterali. Per esempio. Tentare di raggiungere un livello di produzione molto elevato potrebbe accelerare l’inflazione e perciò essere insostenibile nel medio periodo • Ridurre le imposte o aumentare la spesa pubblica potrebbe generare grossi disavanzi di bilancio e portare all’accumulazione del debito pubblico. Quest’ultimo può avere effetti perversi nel lungo periodo RIEPILOGO • Il PIL è la somma di consumo, investimento, spesa pubblica, più esportazioni nette - Consumo: acquisto di beni e servizi da parte di consumatori (maggior componente della domanda) L’offerta di moneta *Assumiamo che non esistano i depositi, ma solo moneta circolante* Ipotesi: la Banca Centrale decide di offrire un ammontare di moneta uguale a M, cosicché M = Ms (s indica supply) • Trascuriamo il ruolo delle banche. Tutta la moneta assuma la forma di moneta circolante offerta dalla Banca Centrale (non ci sono depositi) L’equilibrio nei mercati finanziari Condizione d’equilibrio richiede che che l’offerta di domanda sia uguale all’offerta di moneta, quindi: Offerta moneta = domanda di moneta • L’equilibrio indica il livello del tasso di interesse (i) per cui gli operatori detengono la quantità di moneta offerta (M) dalla Banca Centrale: il tasso di interesse deve essere tale da indurre gli individui a tenere una quant i tà d i moneta pari all’offerta di moneta, dato il loro reddito Y • Questa relazione di equilibrio è chiamata curva LM • La retta verticale rappresenta l’offerta di moneta Ms: l’offerta di moneta è pari a M e non dipende dal tasso di interesse • A è il punto di equilibrio • Il tasso di interesse in equilibrio è i Equilibrio e aumento del reddito nominale • Aumento del reddito nominale fa aumentare il il livello delle t r a n s a z i o n i e q u i n d i l a domanda di moneta per ogni livello di tasso di interesse. Quindi, la curva di domanda si sposta verso destra • L’equilibrio si sposta a A a A’ • I l t a sso d i i n t e resse i n equilibrio di aumenta da i a i’ • Quindi un aumento del reddito nominale, aumenta il tasso di interesse perché per indurre gli i nd i v idu i a de tene re un inferiore quantità di moneta è necessario aumentare i tassi d’interesse Equilibrio e aumento dell’offerta nominale • Aumento dell’offerta di moneta sposta verso destra la curva di offerta (Ms) • Un aumento dell’offerta di moneta provoca una riduzione del tasso di interesse Il controllo dell’offerta di moneta: le operazioni di mercato aperto • Le quantità di moneta M è regolata solo indirettamente dalla Banca Centrale, che comunque è in grado di stabilire lo stock di moneta circolante • La Banca Centrale controlla la quantità di moneta tramite le operazioni mercato aperto (acquisti e vendite di titoli contro moneta): - Acquisto di titoli —> aumento dello stock di moneta in circolazione Manovra espansiva - Vendita di titoli —> riduzione dello stock di moneta in circolazione Manovra restrittiva Gli effetti di operazioni di mercato aperto della Banca Centrale La BC modifica l’offerta di moneta nell’economia attraverso l’acquisto e la vendita di titoli sul mercato dei titoli. • Se desidera aumentare la quantità di moneta, compra titoli e li paga con moneta, creando in tal modo nuova moneta —> intervento espansivo di mercato aperto - Operazioni di acquisto di titoli (pressione lato della domanda): contro moneta fanno aumentare il prezzo dei titoli e quindi tendono a ridurre il tasso di interesse • Se desidera diminuire la qualità di moneta, vende titoli e rimuove dalla circolazione lamenta che riceve in pagamento —> intervento riduttivo di mercato aperto - Operazioni di vendita di titoli (pressione lato dell'offerta) contro moneta fanno diminuire il prezzo dei titoli e quindi tendono ad aumentare il tasso di interesse Politica monetaria operazioni di mercato aperto • Come si determina il tasso di interesse? - Sul mercato si determina il prezzo dei titoli - Dal prezzo dei titoli si determina il tasso di interesse • Esempio: titolo annuale - Prezzo oggi: €Pt - Rimborso alla scadenza (dopo un anno): 100€ • Qual è il tasso di interesse che questo titolo ci assicura? ➡ quanto più alto è il prezzo del titolo, tanto più basso sarà il tasso di interesse pagato dal titolo stesso • Conoscendo il tasso di interesse si può risalire al prezzo del titolo manipolando la formula precedente: • Il prezzo del titolo oggi è uguale a rimborso finale, ottenuto dalla vendita del titolo diviso per (1 + i) • Se il tasso di interesse positivo, il prezzo del titolo è inferiore al valore di rimborso ➡ Quanto maggiore è il tasso di interesse, tanto minore sarà il prezzo del titolo oggi Riduzione di tasso di interesse: - BC acquista titoli nel mercato aperto - BC centrale aumenta la moneta nell'economia per pagare i titoli - La domanda di titoli aumenta, facendone crescere il prezzo - Aumentando il prezzo dei titoli, il tasso di interesse si riduce Aumento tasso interesse - BC vende titolo nel mercato aperto - BC centrale riduce la moneta nell'economia per pagare i titoli - La domanda di titoli si riduce, facendone ridurre il prezzo - Riducendo il prezzo dei titoli il tasso di interesse aumenta • Il tasso di interesse è determinato dall'uguaglianza tra offerta e domanda di moneta • Variando l’offerta di moneta, la banca centrale può influenzare il tasso di interesse • La Banca centrale cambia l'offerta di moneta tramite operazioni di mercato aperto (acquisti o vendite di titoli contro moneta) • Tali operazioni fanno variare il prezzo dei titoli e quindi il tasso di interesse In realtà la BC opera modificando il tasso di interesse. Di solito stabilisce il tasso di interesse obiettivo e muove l’offerta di moneta in modo tale da raggiungerlo. P Banche e creazione di moneta • Finora abbiamo assunto che l'offerta di moneta fosse controllata completamente dalla Banca centrale • In realtà nei sistemi economici esistono diversi intermediari finanziari (fra cui le banche) che: - Passività: ricevono fondi da individui e imprese (deposito di contanti). Azioni: concedono prestiti e acquistano e vendono titoli • L'attività delle banche influenza l'offerta di moneta Aggregati monetari Abbiamo visto come esistano diversi aggregati monetari: M1, M2, M3 • Base monetaria (H): banconote e monete emesse dalla banca centrale ed è tenuto in parte dagli agenti come circolante (CI) in parte dalle banche come riserve (R): H = CI + R • Moneta (M = 1): circolante e depositi: M = (CI + D) H e M sono interconnessi Ruolo delle banche • Banche: Intermediari finanziari - Raccolgono fondi da individui e da imprese (depositi): passività. Quindi, le passività delle banche equivalgono al valore totale dei depositi in conto corrente - Concedono prestiti e investono in titoli: attività - Le banche detengono parte dei fondi ricevuti sotto forma di riserve (sia in contanti sia su un conto presso la banca centrale dal quale possono prelevare in caso di necessità) al fine di: Far fronte ad eventuali rimborsi (correntisti che ritirano contante) Far fronte a transazioni interbancarie • Quota di contanti detenuta dalle banche è detta riserve bancarie - La Banca Centrale fissa la percentuale minima di riserve (riserve obbligatorie) Coefficiente di riserva obbligatoria: rapporto obbligatorio minimo tra riserve e depositi in conto corrente (intorno al 2% nell'area euro) - Le banche possono detenere una percentuale più elevata (riserve volontarie) • Riserve bancarie = Riserve obbligatorie + Riserve volontarie Con l’introduzione delle banche, la novità è che la moneta emessa dalla Banca Centrale non è più detenuta solo dal pubblico in contanti, ma anche dalle banchetto forma di riserve Riduzione della Base monetaria La banca centrale riduce l'offerta di base monetaria H: vende titoli sul mercato aperto • Il prezzo dei titoli si riduce • Il tasso di interesse aumenta Equilibrio del mercato della moneta Equilibrio tra domanda e offerta aggregata di moneta —> l'offerta di base monetaria (Hs) e solo una parte dell'offerta aggregata di moneta (Ms) Moltiplicatore della moneta • La domanda di base monetaria è solo una parte della domanda aggregata di moneta • In equilibrio la domanda e l'offerta aggregata di moneta devono essere uguali —> l'offerta di moneta emessa dalla BC è solo una parte dell’offerta aggregata di moneta —> il sistema bancario contribuisce ad aumentare l'offerta di moneta La BC quindi controlla solo in parte l'offerta di moneta Le banche creano moneta —> nel sistema circola molta più “ricchezza" rispetto a quella emessa dalla BC (denaro “virtuale”) Offerta aggregata di moneta = domanda aggregata di moneta L’offerta aggregata di moneta non è uguale alla sola moneta emessa dalla Bc, ma alla moneta emessa dalla BcC moltiplicata per il moltiplicatore della moneta A fronte dell'emissione di base monetaria (H) per 1€, l’offerta aggregata di moneta aumenta di: Esaminiamo l’offerta di moneta: • H —> controllato dalla Banca Centrale • 1 / c+0(1-c) dipende da: - c: comportamento degli individui - 0: comportamento delle banche Quindi la Banca Centrale controlla solo in parte l'offerta di moneta Per indicare il fatto che l’offerta aggregata di moneta dipende, in ultima istanza, dalla quantità di moneta emessa dalla banca centrale, quest’ultima è chiamata moneta ad alto potenziale o base monetaria HP: • c=0. Gli individui non detengono circolante • Il coefficiente di riserva obbligatoria pari al 10% (0=0,1) • La BC adotta una politica di mercato aperto espansiva: acquista titoli per 100€ • Supponiamo per semplicità che ci sia solo un venditore del titolo che riceve 100€ dalla BC 1. Il venditore riceve 100 e li deposita in conto corrente 2. La banca tiene 10 come riserva e acquista titoli per 90 3. Il nuovo operatore riceve 90 e li versa in conto corrente 4. La banca tiene 9 come riserva e acquista titoli per 81… Quale effetto finale al moltiplicatore sull'offerta di moneta? ΔH=100€ —> ΔM€ =1000. Effetto moltiplicatore = 10 Variazione della base monetaria: effetti • La Banca Centrale agisce sull’offerta di moneta modificando la base monetaria (H) • L’effetto della variazione di H è amplificato dall’azione delle banche • L’effetto complessivo (efficacia politica monetarie) è controllato solo in parte dalla Banca Centrale: - Il valore del moltiplicatore dipende dal comportamento delle banche o delle imprese/ famiglie • L’effetto di una manovra può essere previsto dalla Banca Centrale solo approssimativamente Gli strumenti della politica monetaria Strumenti utilizzati dalla Banca Centrale per politiche monetarie: • Base monetaria • Coefficiente di riserva obbligatoria • Tasso di interesse di riferimento (tasso di interesse a brevissimo periodo applicato alle somme prestate alle banche) 1. Base monetaria: • La Banca Centrale può agire sull’equilibrio di breve periodo variando la base monetaria H • È il meccanismo descritto fino a questo momento: aumento di H —> aumento di Ms —> diminuzione i —> aumento Y • Passa tramite il moltiplicatore della moneta cui gli effetti dipendono anche dal comportamento di famiglie, imprese e banche 2. Coefficiente di riserva obbligatoria • Il moltiplicatore della moneta contiene il coefficiente di riserva 0 • Tale coefficiente dipende dal coefficiente di riserva obbligatoria fissato dalla banca centrale • Diminuzione del coefficiente di riserva 0 —> aumento del moltiplicatore (0 sta al denominatore) • Se la Banca Centrale riduce il coefficiente di riserva obbligatoria —> il moltiplicatore aumenta —> Ms aumenta —> i diminuisce —> Y aumenta • L’effetto dipende anche dal comportamento delle banche: è possibile che riserve obbligatorie diminuiscano, ma che le banche aumentino le riserve libere —> 0 rimane invariato La trappola della liquidità La Banca Centrale, tuttavia, non può ridurre il tasso di interesse sotto lo zero. Cosa succede se il tasso di interesse scende 0? Gli individui, dopo aver soddisfatto la domanda di moneta per scopi transattivi (OB), sono indifferenti tra moneta e titoli perché entrambi pagando lo stesso interesse, ovvero 0. Domanda di moneta diventa orizzontale (da B in poi) —> ulteriori aumenti dell’offerta di moneta non hanno alcun effetto sul tasso di i n te resse (espans ione monetar ia inefficace) —> ZERO LOWER BOUND L’aumento di moneta in un’economia, la fa cadere in una trappola della liquidità: l persone sono disposte a bene più moneta (liquidità) allo stesso tasso di interesse Equilibrio mercati finanziati: riepilogo • La domanda di moneta dipende positivamente dal livello delle transazioni dell’economia e negativamente dal tasso di interesse • Tasso di interesse determinato dalla condizione di uguaglianza tra offerta e domanda di moneta - Data l’offerta di moneta, un aumento del reddito genera un aumento della domanda di moneta e del tasso di interesse - Un aumento dell’offerta genera una riduzione del tasso di interesse • La Banca Centrale modifica l’offerta monetaria tramite operazioni di mercato aperto - Operazioni espansive (acquisto di titoli e aumento offerta moneta) —> riduzione rassodi interesse - Operazioni restrittive (vendita di togli e riduzione offerta moneta) —> incremento tasso di interesse IL MODELLO IS-LM Il mercato dei beni è in equilibrio se: Spostamenti della curva IS • Variazione dei fattori che determinano la domanda di beni e servizi, dato il tasso di interesse, causano spostamenti della IS • Variazione del tasso di interesse, a parità di altre condizioni, causano spostamenti lungo IS La curva IS - riepilogo • La curva IS rappresenta combinazioni di tasso di interesse e livello di produzione che tengono in equilibrio il mercato dei beni • La curva IS è inclinata negativamente • Variazioni dei fattori che determinano la domanda di beni, dato il tasso di interesse, causano spostamenti della IS - Ogni fattore che diminuisce la domanda di beni, dato i, sposta la IS verso sinistra. Ogni fattore che aumenta la domanda di beni, dato i, sposta IS verso destra • Variazioni del tasso di interesse, a parità di altre condizioni, causano spostamenti lungo la IS I mercati finanziari e la curva LM • Abbiamo visto che il tasso di interesse è determinato dall’uguaglianza tra domanda e offerta di moneta: M = €YL(i) • La variabile M sul lato sinistro è lo stock nominale di moneta. Il lato destro rappresenta la domanda di moneta, funzione del reddito nominale €Y e del tasso di interesse i • Tale equazione stabilisce una relazione tra moneta, reddito nominale e tasso di interesse • Dividendo entrambi i lati per il livello dei prezzi P, si ottiene: Dove Y è il reddito reale —> reddito reale = redito nominale / livello dei prezzi • Condizione di equilibrio in termini reali: uguaglianza tra offerta reale di moneta - stock di moneta in termini di beni e non di euro - e domanda reale di moneta, che a sua volta dipende dal reddito reale Y e dal tasso di interesse i (es. io voglio aere sempre in tasca la moneta per comprare due caffè: la mia domanda di moneta nominale è $2.40, mentre la mia domanda real di moneta è due tazze di caffè) ➡ Tale equazione descrive l’equilibrio nel mercato della moneta, ed è utilizzata per derivare la curva LM quando la banca centrale stabilisce una certa offerta di moneta La curva LM • Un aumento del reddito causa un aumento della domanda di moneta. Di conseguenza, cisto che l’offerta di moneta è data, il tasso d’interesse deve aumentare fino a quando i due effetti opposti sulla domanda di moneta si commentano esattamente (un aumento del reddito fa detenere agli individui più moneta, ma l’aumento d’interesse gli fa detenere più titoli). • L’equilibrio nei mercati finanziari comporta che maggiore è il livello di produzione, più elevata sarà la domanda id moneta e, quindi, muggire sarà il caso di interesse in equilibrio. Questa relazione tra produzione e tasso di interesse è rappresentata dalla curva LM inclinata positivamente. Spostamenti della curva LM Variazioni di M/P, che derivano da variazioni di M o di P, sosteranno la curva LM • Un aumento di M (offerta nominale di moneta) causa un aumento di M/P (offerta reale di moneta). Quindi per ogni livello di redotto, il tasso di interesse compatibile con l’equilibrio diminuisce. —> la curva LM si sposta verso il basso • Una diminuzione di M causa una diminuzione di M/P. Quindi per ogni dato livello di redotto, il tasso di interesse aumenta —> la curva LM si sosta verso l’alto Derivazione alternativa della curva LM • Tuttavia, le banche centrali moderne decidono il tasso di interesse e aggiustano l’offerta di moneta concordemente —> seguono la regola del tasso d’interesse • Questa considerazione ci porta una versione semplificata della curva LM: una retta orizzontale in corrispondenza del tasso di interesse stabilito dalla banca centrale Cosa accade quando varia il reddito? Aumento del Reddito ➡ Domanda di moneta aumenta (a parità di tasso di interesse) ➡ Tasso di interesse aumenta (data l’offerta di moneta) ➡ Offerta di moneta aumenta (per riportare i al valore prefissato) In realtà questa visione è un po’ estrema. La banca centrale protese accettare un leggero aumento del tasso d’interesse —> possiamo i m m a g i n a r e l a c u r v a L M i n c l i n a t a positivamente. La sua inclinazione dipende da quanto la banca centrale è disposta a lasciare aumentare il tasso d’interesse Il modello IS - LM: equilibrio Modello IS-LM descrive equilibrio simultaneo nel mercato dei beni e nei mercati finanziari • Ogni punto della curva IS corrisponde a un possibile equilibrio nel mercato dei beni (ci dice come il tasso d’interesse influenza la produzione) • Ogni punto della curva LM corrisponde a un possibile equilibrio nei mercati finanziari(ci dice come la produzione influenza il tasso d’interesse) Esiste un’unica combinazione di tasso d’interesse e di produzione (Y+, i*) per la quale il mercato dei beni e il mercato delle attività finanziarie sono simultaneamente in equilibrio • La domanda aggregata di moneta deve essere uguale all’offerta aggregata di moneta • La domanda aggregata di beni deve essere uguale all’offerta aggregata di beni L’equilibrio sul mercato dei beni richiede che un aumento del tasso di interesse sia accompagnata da una riduzione della produzione —> curva IS L’equ i l i b r io su i merca t i finanz ia r i è rappresentato dalla curva orizzontale LM Solo nel punto A, che è su entrambe le curve, entrambe i mercati - dei beni e finanziari - sono in equilibrio Equilibrio IS-LM e Politiche Economiche • Le relazioni dietro le curve IS e LM contengono molte informazioni circa il consumo, l’investimento, la domanda di moneta e le condizioni di equilibrio • Tale relazione ci permette di studiare quanto accade alla produzione e al tasso d’interesse quando le autorità monetarie (Banca Centrale) decidono di variare lo stock (nominale) di moneta, o quando il Governo decide di variare le tasse o quando i consumatori variano le loro aspettative circa il futuro • In generale, la relazione tra le curve IS e LM e ci permette di analizzare gli effetti delle politiche economiche sulle condizioni generali di equilibrio • Esistono due principali tipi di politiche economiche: - Politiche fiscali: Governo. Principali strumenti: variazioni della spesa pubblica G e/o variazioni delle tasse. Esistono politiche fiscali espansive (aumento della spesa pubblica e/o riduzione della pressione fiscale), e quelle restrittive (riduzione della spesa pubblica e/o aumento della tassazione) - Politiche monetarie: politiche delle autorità monetarie (Banca Centrale). Principali strumenti: variazioni dello stock nominale (e, con dati prezzi di mercato, anche reale) di moneta (operazioni di mercato aperto e riserve obbligatorie). Esistono politiche monetarie restrittive ed espansive • Variazioni di G e/o di T (Politiche fiscali) influenzano solo il mercato dei beni poiché G e T fanno parte della spesa autonoma e ogni variazione della spesa autonoma si traduce, attraverso il moltiplicatore, in una variazione del livello della produzione / reddito di equilibrio • Variazioni di G e/o di T non avranno alcun effetto diretto sui mercati finanziari = Politiche Fiscali influenzano direttamente solo il mercato dei beni Diverso dal moltiplicatore della politica fiscale! Mix di politica economica • Abbiamo analizzato la politica fiscale e la politica monetaria separatamente, per mostrarne il funzionamento. In pratica, sono spesso usate insieme. La combinazione di politica monetaria e politica fiscale prende il nome di mix di politica economica • A volte, il giusto mix richiede che la politica fiscale la politica monetaria vadano nella stessa direzione • A volte, il giusto mix richiede che politica fiscale e la politica monetaria vadano in direzioni opposte - Esempio: USA anni 90 combinazione di stretta fiscale e espansione monetaria • Sono svariate le ragioni per cui i policy-maker potrebbero voler utilizzare mix in cui le due politiche vanno in direzioni diverse: - Quando la banca centrale vuole aumentare il tasso di interesse per contenere l’inflazione e il governo adotta una politica fiscale espansiva per evitare una recessione - Quando il governo vuole ridurre la spesa e/o aumentare le imposte per migliorare il saldo di bilancio e la banca centrale riduce il tasso di interesse per evitare una recessione • La politica monetaria e la politica fiscale hanno effetti diversi sulla composizione della produzione: - Una riduzione delle imposte agisce più sul consumo che sull’investimento, facendo aumentare il primo più del secondo - Una riduzione del tasso di interesse agisce più sull’investimento che sul consumo, facendo aumentare più il primo del secondo • Sia la polisca monetaria sia la politica fiscale potrebbe non funzionare perfettamente. Nell’evenienza che una politica economica non funzioni come sperato, è preferibile ricorrere ad entrambe Il modello IS-LM descrive davvero quello che succede nella realtà? • Politica fiscale: - Aggiustamento lento della produzione nel mercato dei beni - Le fonti della dinamica nel mercato dei beni: La produzione si aggiusta lentamente alla domanda Il consumo si aggiusta lentamente al reddito L’investimento si aggiusta lentamente alla produzione o alla variazione del tasso d’ • Politica monetaria: - Aggiustamento veloce del tasso di interesse sul mercato finanziario Il modello IS-LM sembra proprio una buona base di partenza per l’analisi delle attività canoniche nel breve periodo. Tasso di interesse nominale e reale Il tasso di interesse ci dice quanti euro dovremo restituire in futuro in cambio di un euro preso a prestito oggi. Questa e la nozione di tasso di interesse nominale, he troviamo normalmente nei documenti finanziari e nei quotidiani. Tuttavia, quando prendiamo a prestito oggi vogliamo sapere quanti beni (e non quanti euro) dovremo ripagare in futuro in cambio di un bene oggi. Questa è la nozione di tasso di interesse reale. Per passare dal tasso di interesse nominale a quello reale è necessario correggere il tasso nominale per l’inflazione attesa. La relazione tra queste tra variabili è data da: Dove π e t+1 rappresenta la variazione attesa dal livello dei prezzi tra il periodo t e il periodo t+1. Quando il tasso di interesse nominale e l’inflazione non sono eccessivamente levati (<20% anno), una valida approssimazione è data da: Tasso di interesse reale: implicazioni • Abbiamo appena visto che rt ≈ it – πt+1 (eq. di Fisher) • Implicazioni: - Se non ci si attende inflazione (π = 0) —> r = i - Se ci si attende inflazione (π > 0) —> r < i - Se ci si attende inflazione pari a i (π = i) —> r = 0 - Se ci si attende inflazione superiore a i (π > i) —> r < 0 ➡ Mentre il tasso di interesse nominale non è negativo, il tasso di interesse reale può essere negativo ! • N.B.: - Il tasso di interesse reale viene anche detto tasso di interesse reale ex ante (cioè prima di conoscere l’inflazione) - Se si utilizza il tasso di inflazione effettiva, si tiene il tasso di interesse reale ex post (o tasso di interesse reale realizzato) La relazione tra tasso di interesse nominale e tasso di interesse nominale porta con sé alcune implicazioni fondamentali: • Quando l’inflazione attesa è nulla, tasso nominale e tasso reale si equivalgono • Dato che l’inflazione è quasi sempre positiva, il tasso reale è generalmente inferiore al tasso nominale • Fissato il tasso nominale, maggiore è l’inflazione attesa e minore è il tasso reale Modello IS-LM e tassi reale e nominali • Dobbiamo ora adeguare quanto abbiamo visto in precedenza relativamente al modello IS-LM • IS: le imprese producono beni e sono interessate a tanto gli investimenti ripagheranno in termini idi beni —> sono interessate al tasso di interesse reale, r —> Y=C(Y-T) + I(Y, r) + G • LM: la banca centrale è interessata al tasso di interesse reale perché questo è il tasso che determina le decisioni di spesa ➡ La BC è in grado di fissare direttamente il tasso di interesse nominale ➡ Per raggiungere un livello desiderato di tasso di intere reale la BC deve tenere in considerazione le aspettative di inflazione ➡ Orientativamente, poiché i non può essere negativo, r non può essere inferiore al negativo dell’inflazione attesa Rischio e premio per il rischio Finora abbiamo considerato solo una tipologia di titoli. Tuttavia, esistono diverse tipologie di tolti, che differiscono per scadenza e rischiosità. Infatti, il debitore potrebbe non rimborsare l’ammontare preso a prestito. In generale, coloro che comprano titoli richiedono un premii per assumersi tale rischio, un premio per il rischio. La rischiosità di un titolo dipende dal debitore: il governo è generalmente meno rischioso di un’impresa privata, ma anche le imprese private differiscono in termini di rischiosità. Titoli: terminologia e caratteristiche • Titoli possono essere messi: - Dal governo (per finanziare il disavanzo) —> titoli i stato - Dalle società (per finanziare gli investimenti ) —> obbligazioni • Si possono distinguere in: - Titoli di sconto puro —> unico pagamento a scadenza - Titoli con cedole —> pagamenti multipli prima della scadenza (cedole) o pagamento a scadenza • Caratteristiche principali: - Rischio di insolvenza - Periodo durante il quale promette pagamenti al possessore Ora ci concentriamo sulla prima caratteristica; della seconda parleremo nella seconda metà del corso (Capitolo 14) • Rendimento di un titolo: tasso di interesse garantito dal titolo fino alla sua scadenza Il rischio di insolvenza (o default) e il premio al rischio • Rischio: l’emittente potrebbe non rimborsare (del tutto o in parte) l’ammontare promesso • Rating: valutazione del rischio di insolvenza da parte di società di valutazione (Standard & Por’s; Moody’s; Fitch). Un ratinò più baso è associato a: - Un rischio di insolvenza più elevato - Un premio al rischio più alto —> uno spread maggiore Spread (x): differenza di tasso di interesse offerta un titolo titolo rispetto al tasso di interesse (i) di un titolo “risk free” Rischio e premio per il rischio Il premio per il rischio (x) è determinato principalmente da: • La probabilità di fallimento del debitore • L’avversione al rischio del creditore (colui che acquista il titolo) Ignorando per il momento l’avversione al rischio del creditore, il premio per il rischio deve essere tale da uguagliare il rendimento atteso dal titolo con il rendimento di un titolo privo di rischio: Dove i è il rendimento di un titolo privo di rischio, p è la probabilità do fallimento, nel cui caso il titolo non rimborsa nulla Il ruolo degli intermediari finanziari Finora abbiamo considerato il finanziamento diretto, cioè il metodo secondo cui il debitore prende a prestito direttamente dal creditore. In realtà, gran parte dei prestiti avviene attraverso il finanziamento indiretto, cioè attraverso intermediari finanziari che ricevono fondi dai risparmiatori e li prestano ad altri. Gli intermediari finanziari svolgono quindi una funzione molto importante e, in tempi normali, tutto procede senza intoppi. Per comprende quali sono i potenziali problemi presenti in questo sistema consideriamo l’esempio di una banca iniziando da due definizioni: • Quota di capitale sugli impegni (capital ratio): rapporto tra capitale e attività • Leva finanziaria (leverage ratio): rapporto tra attività e capitale La scelta della leva finanziaria Una leva finanziaria elevata: • Consente un rendimento del capitale elevato • Comporta un elevato rischio di fallimento MODELLO IS-LM IN ECONOMIA APERTA • Finora abbiamo considerato un’economia chiusa • Semplificazione forte —> la maggior parte delle economie sono in realtà molto aperte: scambiano beni e attività con il resto del mondo • Tre dimensioni dell’apertura: - Apertura dei mercati dei beni - Apertura dei mercati finanziari - Apertura dei mercati dei fattori Economia aperta: implicazioni • Mercato dei beni: i consumatori e le imprese possono scegliere tra beni nazionali e beni esteri - Possibili restrizioni: Dazi: tasse sui beni importati (nella maggior parte dei paesi sono bassi e sono tuttora in diminuzione) Quote: restrizioni sulla quantità di beni che si possono importare • Mercati finanziari: gli investitori possono scegliere tra attività finanziarie nazionali o estere (generalmente più liberi del mercato dei beni) - Possibili restrizioni: controlli sui movimenti dei capitali • Mercato dei fattori produttivi: le imprese possono scegliere dove localizzare le proprie attività produttive e i lavoratori possono decidere in quale paese lavorare L’Unione Europea rappresenta il più grande mercato comune tra Stati sovrani mai esistito (28 paesi) • Libera circolazione di beni, servizi e fattori • In Europa ci sono quasi tutte le maggiori economie, un rapporto esportazioni/PIL pari a circa il 50% • Le differenze tra paesi in termini di apertura commerciale dipendono essenzialmente da due fattori: - La distanza tra i mercati: più un pese è distante da altri mercati, meno saranno gli scambi con l’estero - La dimensione dei paesi: quanto più piccolo è un paese tanto minore sarà il numero di prodotti in cui si specializza, quindi saranno maggiori gli scambi con l’estero Mercato dei beni: grado di apertura di un’economia Misure del grado di apertura commerciale di un’economia: • Volume degli scambi (X/PIL; IM/PIL; media di X e IM sul PIL) —> è possibile che le esportazioni eccedano il PIL (X/PIL>1) —> il volume degli scambi dipende dalla dimensione del paese e dalla distanza dagli altri paesi La scelta tra beni nazionali e beni esteri Scelte che deve effettuare un agente (consumatore, impresa, governo) relativamente agli acquisti: • Quanto consumare e quanto risparmiare? (Come in economia chiusa) • Comprare beni nazionali o beni esteri? (nuova scelta) Conseguenza importante di questa nuova scelta (ha effetti sulla produzione Y): • Se compra più beni nazionali aumenta la domanda di beni nazionali e quindi la produzione nazionale • Se compra più beni esteri aumenta la domanda di beni esteri e quindi la produzione estera Principale determinate di questa nuova scelta (tra consumo di beni nazionali o esteri): • Il tasso di cambio reale: prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri Vediamo come costruire il tasso di cambio reale… Tassi di cambio nominali • I tassi di cambio nominali tra valute posso essere quotati in due modi: - Prezzo della valuta nazionale in termini di valuta estera (es. 1 euro vale 0,81 sterline) - Prezzo della voluta estera in termini di valuta nazionale (es. una sterlina vale 1,23 euro) • Adottiamo, come nel libro di testo, la prima definizione: il tasso di cambio nominale è dato dal prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera, denotato da E. - Attenzione: edizioni precedenti adottavano la seconda definizione I tassi di cambio tra l monete cambiano ogni giorno, anzi ogni minuto nel giorno. Questa variazioni sono chiamati apprezzamenti nominali e deprezzamenti nominali: • Un apprezzamento della moneta nazionale è un aumento del prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera, quindi un aumento del tasso di cambio • Un deprezzamento della moneta nazionale è una riduzione del prezzo della moneta nazionale in termini di moneta estera, quindi corrisponde a una diminuzione del tasso di cambio Cambiamenti di tasso fissi: un sistema nel quale due o più paesi mantengono un tasso di cambio costante tre le proprie valute (rari per definizione): • Rivalutazione della moneta (invece di apprezzamento) • Svalutazione della moneta (invece di deprezzamento) Il tasso di cambio reale • Il tasso di cambio reale (ε) tiene conto del potere d’acquisto delle valute: - Prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri - Mi dice quanto vale una unità del paniere di beni nazionali in termini di unità del paniere di beni esteri Dove: P* è il deflatore del PIL per il paese estero P è il deflatore del PIL per il nostro paese E è i tasso di cambio nominale tra i due paesi Esempio: Come possiamo costruire il tasso di cambio reale tra un paese dell’area euro e il Regno Unito (Uk paese di riferimento)? Un solo prodotto nell’economia: Uk produce kilt, Italia produce jeans Prezzo kilt: £50; Prezzo jeans €45 Tasso di cambio (E): 1£=1,3€ Dal punto di vista Uk: • P=50; P*=45; E=1,3 I beni Uk sono più costosi del 44% Dai tassi di cambio nominali ai casi di cambi reali Le economie, però, non producono solo un bene, quindi dobbiamo calcolare un tasso di cambio real che rifletta il prezzo relativo di tutti i beni prodotti nel Regno Unito e nell’area dell’euro. Dobbiamo usare un indice dei prezzi di tutti i beni prodotti ne lRegno Unito e un indice dei rezzi di tutti i beni prodotti nell’area dell’euro. Quello che ci serve è proprio il deflatore, che per definizione è l’indice dei prezzi dei beni e servizi finali prodotti in un’economia. La costruzione del tasso di cambio reale: • Prezzo dei beni britannici in sterline: P • Prezzo dei beni europei in euro: P* • Prezzo dei beni britannici in euro: EP —> prezzo dei beni britannici in termini di beni europei: ε= EP/P* Il tasso del cambio reale è costruito moltiplicando il prezzo nazionale per il tasso di cambio nominale e dividono poi per il livello dei prezzi esteri. Il tasso di cambio reale • Il tasso di cambio reale (ε): - È un numero indice (perché i deflatori del PIL sono numeri indice) Non ha valore in termini assoluti, ciò che conta sono le sue variazioni —> anche se il tasso di cambio real non è informativo, la sua variazione lo è - Le variazioni del tasso di cambio reale consentono di capire se i beni nazionali sono diventati più o meno competitivi rispetto ai beni esteri: Se il tasso di cambio reale aumenta (il prezzo di una unità di beni nazionali in termini di beni esteri aumenta), i beni nazionali diventano meno competitivi Se il tasso di cambio reale diminuisce (il prezzo di una unità di beni nazionali in termini di beni esteri difinisce), i beni nazionali diventano più competitivi • Variazioni del tasso di cambio reale: - Apprezzamento reale: aumento del prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri (aumento di ε) - Deprezzamento reale: riduzione del prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri (riduzione di ε) • Cause delle variazione del tasso di cambio reale: - Variazione del tasso di cambio nominale, E —> dovute anche a diversi tassi di inflazione - Variazione del rapporto tra i prezzi, P/P* Se gli andamenti del tasso di cambio nominale e reale sono analoghi, vuol dire che i tassi di inflazioni tra i due paesi sono stati molto simili Dai tassi di cambio bilaterali ai tassi di cambio multilaterali • Tasso di cambio reale multilaterale (o effettivo): prezzo medio dei beni di una nazione rispetto a quello di tutti i suoi partner commerciali • Per misurare il tasso di cambio reale multilaterale è necessario usare come pesi le quote dei flussi commerciali di questa nazione con gli altri paesi: - Dalle quote delle esportazioni si calcola il tasso di cambio dell’esportazione - Dalle quote delle importazioni si calcola il tasso di cambio dell’importazione - Si calcola la medie delle quote di esportazioni e importazioni I MERCATI FINANZIARI IN ECONOMIA APERTA L’apertura dei mercati finanziari comporta: 1. Possibilità di diversificazione delle attività finanziarie tra domestiche ed estere • Dato che l’acquisto o la redita di attività finanziarie estere comporta l’acquisto o la vendita di moneta estera (o valuta estera), il volume delle transazioni sul mercato delle valute è un indicatore dell’importanza delle transazioni finanziarie internazionali. La maggior parte delle transazioni n valuta non è associata al commercio internazionale, ma alla compravendita di attività finanziarie. Inoltre, il volume delle transazioni in valuta è molto elevato e in rapido aumento. Il dinamismo riflette un aumento delle transazioni finanziarie e non delle transazioni commerciali. 2. Possibilità per i paesi di registrare avanzi o disavanzi commerciali • Un paese in disavanzo commerciale compra dall’estero più di quando vende al resto del mondo. È quindi necessario che prenda in prestito la differenza tra il valore delle sue importazioni e il valore delle sue esportazioni. A tal fine, deve rendere conveniente per gli investitori esteri aumentare la propria quota di attività finanziarie nazionali, che equivale a prestare denaro al paese. La bilancia dei pagamenti La transazioni di un paese con il resto del mondo, siano esse flussi commerciali o finanziari, riassunte in una serie di conti chiamati bilancia dei pagamenti: • Conto corrente: registra tutti i pagamenti da e verso il resto del mondo (esportazioni e importazioni) —> transazioni di conto corrente. Le esportazioni e le importazioni non sono l’unica fonte di pagamenti da e verso il resto del mondo: - I residenti ricevono redditi da investimento dalle attività finanziarie estere che possiedono e i cittadini residenti all’estero ricevono redditi da investimento dalle attività finanziari incluse nel proprio portafoglio - I paesi danno e ricevono aiuti dall’estero. Il valore netto di tali aiuti è registrato sotto la voce “trasferimenti netti ricevuti” La somma dei pagamenti da e verso il resto del mondo è chiamata saldo di conto corrente: Se i pagamenti netti dal resto del mondo sono positivi, il paese registra un avanzo di conto corrente Se i pagamenti netti dal resto del mondo sono negativi, il paese registra un disavanzo di conto corrente • Conto capitale: registra tutti gli investimenti in attività finanziarie da e verso il resto mondo - Flusso netto di capitale/saldo del conto capitale: acquisti di attività estere da parte dei residenti - acquisti delle attività nazionali da parte degli stranieri Flussi netti di capitale positivi sono chiamati avanzo del conto capitale Flussi netti di capitale negativi sono chiamati disavanzo del conto capitale Le determinati delle esportazioni • Un aumento della produzione estera Y* provoca un incremento delle esportazioni • Un aumento del tasso di cambio reale provoca una riduzione delle esportazioni (i beni nazionali sono meno competitivi perché il prezzo dei beni nazionali è maggiore rispetto al prezzo dei beni esteri ) Le determinati della domanda di beni nazionali (a) Rappresenta la domanda di beni nazionale DD (C+I+G): la sua inclinazione è positiva, ma minore di 1 perché un aumento della produzione fa aumentare la domanda in misura meno che proporzionale (b) AA rappresenta la domanda di beni nazionale sottratte le importazioni (IM/ε). La distanza tra AA e DD è uguale al valore delle importazioni (IM/ε). Poiché la quantità di importazione aumenti col reddito, anche la distanza tra le due rette aumenta al crescere del reddito. (c) ZZ rappresenta la domanda aggiunte le esportazioni. La distanza tra AA e ZZ rappresenta il livello delle esortazioni e, visto che queste non dipendono dal reddito interno, AA e ZZ saranno sempre parallele. (d) NX rappresenta la relazione tra esportazioni nette e produzione. Le esportazioni nette sono un funzione decrescente della produzione: all’aumentare della produzione. Le importazioni crescono, mentre le esportazioni restano invariate. Nel punto Ytb le esportazioni sono uguali ale importazioni, quindi le esportazioni nette sono uguali a 0. L’equilibrio del mercato dei beni sarà dato dalla seguente equazione: In equilibrio, la produzione deve uguagliare la domanda, dove la domanda è data da: Consumo C: dipende positivamente dal reddito disponibile Y-T Investimento I: dipende positivamente dalla produzione Y e negativamente dal tasso di interesse i La Spesa Pubblica G e considera esogena La quantità delle Importazioni IM: dipende positivamente sia dal reddito Y che dal tasso di cambio reale (per ottenere il valore in termini nazionali va diviso per il tasso di cambio reale) Le esportazioni X: dipendono positivamente da produzione estera Y* e negativamente dal tasso di cambio reale • Un aumento dal tasso di interesse genera una riduzione della spesa per investimenti, e quindi una riduzione della domanda di beni nazionali. Attraverso il moltiplicatore, questo conduce a una diminuzione della produzione • Un aumento del tasso di cambio reale provoca uno spostamento della domanda a favore dei beni esteri e quindi un calo delle esportazioni nette. La riduzione delle esportazioni nette fa diminuire la domanda e la produzione attraverso il moltiplicatore Introduciamo una semplificazione: • Il livello dei prezzi nazionali ed esteri è esogeno: il tasso di cambio nominale e reale si muovono assieme (poiché stiamo considerando il breve periodo) Con questa semplificazione, possiamo scrivere: L’equilibrio dei mercati finanziari • Come in una economia chiusa, la banca centrale fissa il tasso di interesse ad un valore obiettivo ī e regola l’offerta di moneta nominale così da garantire l’equilibrio • LM: i = ī • Passando da un contesto di economia chiusa a un contesto di economia aperta, non si modifica la relazione di equilibrio sul mercato della moneta perché l’offerta di moneta è stabilita dalla BC e la domanda di moneta dipende sempre dai residenti di uno stato (es. ai britannici non conviene detenere euro in moneta, semmai titoli in euro): M/P=YL(i) La scelta tra titoli nazionali e titoli esteri Affinché in equilibrio siano detenuti dal pubblico sia i titoli nazionali sia i titoli esteri, essi devono avere lo stesso tasso di rendimento, quindi deve essere soddisfatta la seguente condizione di arbitraggio - la parità dei tassi di interesse: Moltiplicando entrambi i lati per E e t+1 e riorganizzando i termini si ottiene: Da cui segue: Il tasso di cambio corrente dipende dal tasso di interesse nominale, dal tasso di interesse estero e dal tasso di cambio atteso: • Un aumento del tasso di interesse interno provoca un aumento del tasso di cambio • Un aumento del tasso di interesse estero provoca una riduzione del tasso di cambio • Un aumento del tasso di cambio atteso porta a un aumento del tasso di cambio corrente Un’analisi congiunta dei mercati reali e finanziari • L’equilibrio nel mercato die bei richiede che la produzione dipenda anche dal tasso di interesse e dal tasso di cambio: • Il tasso di cambio è scelto dalla Banca Centrale: i = ī • E la parità dei tassi di interesse fa sì che esista una relazione positiva tra tasso d’interesse e tasso di cambio: 
 • Considerando la relazione tra tasso di interesse e tasso di cambio, si ottiene: Un aumento del tasso di interesse ha due effetti: Un riesame della politica fiscale • Un aumento della domanda nazionale provoca un incremento della produzione, ma anche un peggioramento del saldo commerciale • Un aumento della domanda estera provoca un incremento della produzione nazionale e un miglioramento del saldo commerciale Implicazioni: • Shock di domanda in una paese hanno fatto anche in tutti gli altri paesi (tanto più forti quanto maggiori sono i legami commerciali) —> il compito delle autorità di politica economica viene complicato - I governi preferiscono non incorrere in disavanzi commerciali perché un paese con disavanzo commerciale cronico accumula debito nei confronti del resto del mondo e quindi deve pagare interessi sempre più alti al resto del mondo - Per questa ragione, i Paesi preferiscono l’aumento domanda estera (che provoca avanzo commerciale) piuttosto che aumento della propria domanda - In una situazione di recessione in un contesto di economie molto integrate i governi daranno pochi incentivi ad aumento della domanda interna - Tutti i paesi aspettano che siano gli altri a prendere l’iniziativa - Ma se tutti si aspettano non accade nulla e recessione continua! I governi discutono spesso di coordinamento (aumentare la domanda interna simultaneamente così da aumentare sia importazioni che esportazioni) anche se è difficile raggiungere un effettivo e completo coordinamento per diverse ragioni: • Il coordinamento potrebbe richiedere ad alcuni paesi di intervenire più di altri, e non è detto che essi siano disposti a farlo • I paesi hanno un forte incentivi e promettere di aderire al coordinamento, ma potrebbero poi rinnegare la loro promessa Moltiplicatori fiscali in economia aperta • Quando paesi hanno scambi commerciali, la politica fiscale ha impatto all’interno e all’estero • Consideriamo un mondo composto solo da 2 paesi, Home e Foreign: • m* = quota di reddito estero (Y*) speso in importazioni o propensione a importare (in altre parole, IM=X* e IM*=X) Sostituendo abbiamo che: • A = (c0 + I + G) —> spesa autonoma Risolvendo per Y: • Moltiplicatore della politica fiscale di Home: Rappresenta l’impatto sul reddito Y, di un aumento della spesa pubblica G • Moltiplicatore in economia aperta più basso del moltiplicatore in economia chiusa (1/1-c1) per via di m/ε - Paesi con propensione alle importazioni più alte hanno moltiplicatori fiscali più bassi: nei paesi in cui la domanda di beni esteri è relativamente elevata (rispetto a quella di beni nazionali), l’impatto della politica fiscale sarà relativamente basso (rispetto a paesi in cui minore è la propensione all’importazione, m) - Impatto della politica fiscale sarà relativamente basso • Moltiplicatore della politica fiscale di Foreign: • Stimoli fiscali all’estero hanno effetti anche all’interno - L’aumento della produzione nazionale derivante da un’espansione fiscale all’estero è maggiore quanto più elevata è la propensione estera l’importazione (m*) e minore la propensione nazionale (m) all’importazione Deprezzamento, bilancia commerciale e produzione • Vediamo effetti di un deprezzamento della moneta (riduzione tasso di cambio nominale) - Effetti sulla bilancia commerciale - Effetti sulla produzione • Tasso di cambio reale è dato da: • Breve periodo: P e P* costanti ➡ Deprezzamento nominale = deprezzamento reale La condizione di Marshall-Lerner • Ricordiamo la definizione di esportazioni nette è: • Una riduzione di ε influenza la bilancia commerciale attraverso tre canali: - Le esportazioni X aumentano: il deprezzamento reale rende i beni nazionali relativamente meno costosi all’estero —> aumento domanda estera di beni nazionali - Le importazioni IM diminuiscono: rende i beni esteri relativamente più costosi nell’economia nazionale —> aumento domanda interna di beni nazionali - Il prezzo relativo dei beni esteri in termini di beni nazionali (1/ε) aumenta. Questo tende ad aumentare il valore delle importazioni IM/ε (la stessa quantità di importazione costa di più) • Affinché la bilancia commerciale migliori a seguire di un deprezzamento, le esportazioni devono aumentare in maniera sufficiente e le importazioni devono diminuire abbastanza da compensare l’aumento del prezzo dei beni importati • La condizione in base alla quale un deprezzamento reale genera un aumento delle esportazioni nette è nota come condizione di Marshall-Lerner • Stime empiriche confermano che la condizione di ML è generalmente soddisfatta Uno sguardo alla dinamica: la curva J • È possibile che un deprezzamento causi un peggioramento iniziale della bilancia commerciale nel breve periodo: ε diminuisce, ma né X né IM si aggiustano in misura significativa, generando così una riduzione delle esportazioni nette, X-IM/ε • Successivamente, gli effetti di una variazione dei prezzi relativi, sia sulle esportazioni che alle importazioni si rafforzano. Le esportazioni aumentano e le importazioni diminuiscono. • Se la condizione Marshall-Lerner alla fine è s o d d i s f a t t a , l a v a r i a z i o n e d e l l e esportazioni e delle importazioni diventa più forte dell’effetto negativo sui prezzi, e l’effetto finale sarà un miglioramento di NX Dal punto di vista della bilancia commerciale, espressa in rapporto al PIL, due sono i fatti evidenti: • Le variazioni del tasso di cambio reale si sono effettivamente riflesse in movimenti paralleli delle importazioni nette • Tuttavia si osservano ritardi non irrilevanti nella risposta della bilancia commerciale a variazioni del tasso di cambio reale Effetti di un deprezzamento • Per ora abbiamo visto effetti diretti di un deprezzamento sulla bilancia commerciale (cioè effetti a parità di produzione sia nazionale che estera) • Ma un deprezzamento ha effetti anche sulla produzione (X aumentano — Y aumenta) e sulla domanda di beni nazionali e esteri • Il deprezzamento provoca una variazione della domanda, sia estera che interna, a favore dei beni nazionali. Questo genera a sua volta un aumento della produzione interna e un miglioramento della bilancia commerciale. • Supponiamo inizialmente il bilancio statale in pareggio (T=G) e Y<Yn • Politica fiscale espansiva (∆G>0) • Cosa accade a: PIL, i, E e alla composizione del PIL? • Caso 2: la banca centrale alza ī perché teme un aumento dell’inflazione Effetti: • Il PIL sicuramente aumenta (—> moltiplicatore della politica fiscale) • Aumento di produzione e reddito fa aumentare domanda di moneta; banca centrale non segue politica “accomodante” e aumenta tasso di interesse per timore che inflazione aumenti • Aumento tasso di interesse rende titoli nazionali più convenienti —> aumenta domanda di valuta nazionale —> valuta si apprezza • Composizione del PIL: G aumenta (per ipotesi) C aumenta a causa dell’aumento di Y L’effetto su I è ambiguo a causa dell’aumento di Y e di i ( I dipende positivamente da Y e negativamente da i) NX diminuiscono sia per aumento di Y che per apprezzamento della valuta (assumendo che valga la condizione Marshall-Lerner) —> l’apprezzamento riduce le esportazioni e aumenta le importazioni, l’aumento di Y fa aumentare ulteriormente le importazioni ➡ Anche in questo caso si possono generare “disavanzi gemelli”: il disavanzo di bilancio porta a un peggioramento del disavanzo commerciale Gli effetti della POLITICA MONETARIA in economia aperta Vediamo l’effetto di una stretta monetaria (ΔM<0) • Una stretta monetaria fa aumentare il tasso di interesse, rendendo i titoli nazionali relativamente più convenienti e provocando un apprezzamento del cambio • Domanda e produzione si riducono sia per effetto dell’apprezzamento sia a causa del maggior tasso di interesse Una stretta monetaria provoca una riduzione della produzione, un incremento del tasso di interesse e un apprezzamento del tasso di cambio Effetti: • Tasso di interesse di policy aumenta • PIL sicuramente diminuisce ( —> moltiplicatore della politica monetaria) • Aumento tasso di interesse rende titoli nazionali più convenienti —> aumenta la domanda di valuta nazionale —> la valuta si apprezza • Composizione del PIL G non varia C diminuisce a causa della riduzione di Y I diminuisce a causa della riduzione di Y e dell’aumento di i Effetto su NX ambiguo: peggiora per apprezzamento della valuta (assumendo che valga la condizione di Marshall-Lerner), migliora per riduzione di Y Tassi di cambio fissi • Finora abbiamo assunto che la Banca Centrale scegliesse l’offerta di moneta e lasciasse il tasso di cambio libro di aggiustarsi per granite l’equilibrio nel mercato dei cambi • Per la maggior parte dei paesi questa ipotesi non è realistica • BC usano la politica monetaria per raggiungere obiettivi (impliciti o espliciti) in termini di tasso di cambio Accordi tra paesi per raggiungere determinati obiettivi in termini di tasso di cambio Le parità, le parità mobili, le bandi di oscillazione e lo Sme • In alcuni paesi, tassi di cambio flessibili (es. USA, Giappone, Eurozona) - Non hanno obiettivi specifici in termini di tassi di cambio e sono disposti a consentire ampie fluttuazioni del tasso di cambio • All’estremo opposto: paesi che operano in regime di tassi di cambio fissi - Questi paesi mantengono un tasso di cambio fisso in termini di qualche valuta estera o ancorano la loro moneta al dollaro o a un insieme di valute estere (es. Argentina 91-2001: valuta ancorata al dollaro; ex colonie francesi in Africa: valute ancorate al franco francese, ora all’euro) - In regime di cambi fissi, le oscillazioni dei cambi sono rare e si definiscono svalutazioni (al posto di deprezzamento) e rivalutazioni (al posto di apprezzamento) • Accordi di cambio di grado intermedio: - Parità mobile del tasso di cambio: il tasso di deprezzamento viene predeterminato nei confronti di una valuta estera (scelgono di consentire lenti aggiustamenti nei confronti di una valuta estera) - Un altro tipo di accordo si ha quando i paesi mantengono i loro tassi di cambio bilaterali all’interno di bande di oscillazione costruite intorno a una parità centrale (un dato valore del tasso di cambio), com’è stato il Sistema monetario europeo (Sme) dal 1979 al 1998 Svalutazioni erano possibili ma dovevano essere condivise dai paesi aderenti all’accordo Dopo una gran crisi nel 1992, in seguito alla quale alcuni dei maggiori paesi membri sono usciti dallo Sme, gli aggiustamenti di tassi di cambio sono diventati sempre meno frequenti, spingendo un certo numero di paesi a fare un passo più avanti adottando una moneta in comune, l’euro. Tassi di cambio fissi e politiche economiche • Come un sistema di cambio fisso influenza le politiche economiche? - Politiche monetarie - Politiche fiscali • Cosa può fare un paese per mantenere fisso il suo tasso di cambio al livello annunciato? - Vediamo meccanismi che garantiscono un parità fissa del tasso di cambio e le conseguenze che ne derivano Con o senza accordo, sotto l’ipotesi di perfetta mobilità dei captali, il tasso di cambio e il tasso di interesse nominale devono soddisfare la parità dei tassi di interesse: Supponiamo di ancorare il tasso di cambio a qualche livello: In ipotesi di tasso di cambio fisso e di perfetta mobilità dei capitali, il tasso di interesse interno deve quindi essere uguale al tasso di interesse estero • Se gli investitori finirai si aspettano che il tasso di cambio rimanga invariato, essi richiederanno lo stesso tasso di interesse nominale in entrambi i paesi Cosa succede se aumenta la produzione? • Aumento di Y —> aumento di Md (domanda di moneta) • Il tasso di interesse può variare (i = i*) ➡ La banca centrale deve dottare politica accomodante: in questo caso, deve aumentare l’offerta di moneta per evitare un aumento del tasso di interesse interno e il conseguente apprezzamento (siamo in un regime di tassi di cambio fissi, quindi non si può avere un apprezzamento) In un sistema di cambi fissi, la banca centrale rinuncia alla politica monetaria come strumento di politica economica Con un tasso di cambio fisso, il tasso di interesse interno deve essere uguale al tasso di interesse estero. E l’offerta di moneta deve essere aggiustata per mantenere il tasso di interesse a quel livello Politica fiscale con tassi di cambio fissi Se in un sistema di cambi fissi la politica monetaria non può più essere usata come uno strumento di politica economica, che cosa ne è della politica fiscale? Con tassi di cambio fissi, la politica fiscale è più efficace di quanto non lo sia con tassi di cambio flessibili, in tanto essa richiede una politica monetaria accomodante • Si decide di fissare il tasso di cambio —> E • Politica fiscale espansiva (∆G>0) Cosa implica? • Se i mercati credono che il cambio rimarrà fisso, dalla parità scoperta tra i tassi si ha: i = i* • Condizione di equilibrio nel mercato finanziario implica - Aumenta G —> aumenta Y —> aumenta Md (domanda di moneta) ➡ La banca centrale deve adottare una politica accomodante, aumentando l’offerta di moneta anche se Y è vicino a Yn (altrimenti il tasso di interesse aumenterebbe e il tasso di cambio tenderebbe ad apprezzarsi - Dalla difficoltà per il lavoratore di trovare un altro lavoro ➡ La forza contrattuale (—> salario) di un lavoratore dipenderà quindi: - Dalla natura del lavoro e dalle competenze richieste - Dale condizione del mercato (tasso di disoccupazione: se è basso l’impresa avrà difficoltà a trovare altri sostituti e allo stesso tempo per il lavoratore è più facile cambiare lavoro) • Le teorie dei salari di efficienza legano la produttività o l’efficienza dei lavoratori al salario percepito: - Le imprese potrebbero voler pagare salari superiori a quello di riserva per Avere lavoratori più produttivi, incentivati da una migliore remunerazione Diminuire il tasso di avvicendamento dei lavoratori (turnover): la riduzione di turnover tende ad aumentare la produttività • 2 implicazioni —> il salario di un lavoratore dipende: - Dalla natura del lavoro e dalle competenze richieste - Dalle condizione del mercato (tasso di disoccupazione) • La precedente discussione sulla determinazione dei salari suggerisce la seguente equazione dei salari: • Il salario nominale aggregato, W, dipende da tre fattori: 1. Il livello atteso dei prezzi: Pe 2. Il tasso di disoccupazione: u 3. Altre variabili esogene (strutturali), z: indennità di disoccupazione, protezione dei lavoratori, salario minimo A) il livello atteso dei prezzi • I lavoratori e le imprese sono interessati ai salari reali: - Ciò che conta per i lavoratori è il potere d’acquisto del salario - Allo stesso modo alle imprese interessa il salario in termini del prezzo della produzione venduta ➡ Se i lavoratori si appettano un aumento del livello futuro dei prezzi, richiederanno un salario nominale più elevato ➡Se le imprese si aspettano un aumento del prezzo futuro dei beni che vendono, saranno disposte ad offrire i salari nominali superiori B) il tasso di disoccupazione • Un aumento del tasso di disoccupazione riduce i salari: - Una disoccupazione più alta indebolisce la forza contrattuale dei lavoratori, costringendoli ad accettare salari inferiori - Nell’ottica delle teorie dei salari di efficienza, una disoccupazione più alta permette alle imprese di pagare salari inferiori, senza rinunciare all’efficienza dei lavoratori - e senza temere il turnover perché le condizioni sul mercato del lavoro non permettono ai lavoratori di trovare facilmente un’occupazione alternativa C) variabili esogene, z • Quali variabili? Per esempio: - Indennità di disoccupazione: sussidio versato ai lavoratori che hanno perso il proprio posto di lavoro - Salario minimo determinato per legge - Livello di protezione dei lavoratori: una maggiore protezione da parte dello Stato rende più costoso il licenziamento dei lavoratori da parte delle imprese —> ciò può aumentare il potere contrattuale dei lavoratori • Relazione positiva tra z e il livello dei salari La determinazione dei prezzi Implicazioni di Y = N • Il costo per produrre una unità aggiuntiva di output (Y) è pari al costo di impiegare un lavoratore in più (N) • Il costo per produrre un’unità aggiuntiva di output è pari al salario del lavoratore addizionale: MC = W (dove MC è il costo marginale di produrre un unità aggiuntiva) In concorrenza perfetta (la imprese non hanno potere di mercato): • Ogni impresa considera il prezzo come dato (P = AR = MR) • Ogni impresa stabilisce la quantità da produrre uguagliando il prezzo (MR) al costo marginale di produzione ➡ P = MC ➡ P = W In concorrenza imperfetta (le imprese hanno potere di mercato): • Le imprese possono fissare un prezzo superiore al costo marginale di produzione ➡ P > MC ➡ P = (1 + μ) W equazione dei prezzi (PS) μ (>=0) rappresenta il mark-up (o ricarico) del prezzo sul costo di produzione • Il mark-up dipende: - Positivamente dal potere di mercato (barriere all’entrata, sia legali che tecnologiche) Negativamente dal grado di concorrenza esistente nel mercato - Positivamente dal grado di regolamentazione del mercato A un maggior livello di regolamentazione corrisponde un più ridotto grado di concorrenza Supponiamo che lo Stato aumenti il grado di concorrenza nel marcato, dato un certo numero di imprese. Queste ultime si troveranno a fronteggiare una domanda per i propri beni più elastica (dal momento che i consumatori potranno più facilmente ricorrere altri fornitori). Pertanto, alfine di mantenere la propria quota di mercato, le imprese saranno costrette a ridurre il proprio markup, determinando sia un aumento dei salari reali che una riduzione del livello di disoccupazione. Un più basso livello di regolamentazione del mercato dei beni dovrebbe, quindi, associarsi a più elevati salari reali. L’equazione dei salari La fissazione dei prezzi e dei salari determina il tasso di disoccupazione di equilibrio • Assumiamo che, nella determinazione dei salari, i salari nominali dipendano dal livello effettivo dei prezzi, P, piuttosto che dal livello atteso dei prezzi Pe —> P = Pe • L’equazione dei salari (WS) diventa: W = PF(u, z) • Dividendo entrambi i lati per il livello dei prezzi, si ottiene: Quanto maggiore è il tasso di disoccupazione (u), tanto minore sarà il salario reale (W/P) scelto da chi fissa i salari In altre parole, quanto maggiore il tasso di disoccupazione, tanto più deboli saranno i lavoratori nella contrattazione e tanto minore sarà il livello salariale che riusciranno a ottenere in termini reali L’equazione dei salar una curva decrescente contrassegnata con WS (Wage Setting) L’equazione dei prezzi Se dividiamo entrambi i lati dell’equazione per il salario nominale, l’equazione dei prezzi diventa: Invertendo entrambi i lati di questa equazione per ottenere il salario reale: Il salario reale fissato dalle imprese è una funzione delle decisioni di prezzo. Un aumento del markup fa aumentare i prezzi a parità di salari, facendo diminuire il salario reale L’equazione dei prezzi è rappresentata dalla retta orizzontale PS (Price Setting). Salari reali di equilibrio e disoccupazione L’equilibrio nel mercato del lavoro richiede che il salario reale risultante dalla determinazione dei salari sia uguale al salario reale derivante dalla determinazione dei prezzi Il tasso di disoccupazione di equilibrio, un, deve essere tale per cui il salario reale scelto nella determinazione dei salari sia uguale al salario reale derivante dal fissazione dei prezzi ed è chiamato tasso naturale di disoccupazione(un) Tasso naturale di disoccupazione • Il tasso naturale di disoccupazione dipende da alcuni fattori strutturali che influenzano la curva salari (z) e quella dei prezzi (μ) • Alcuni economisti lo definiscono tasso strutturale di disoccupazione - Associato al tasso di disoccupazione naturale vi è il livello naturale di occupazione e il livello naturale di produzione • Nel breve periodo non c’è alcuna ragione per cui P = Pe • Il livello dei prezzi potrebbe essere diverso da quello atteso in sede di fissazione dei salari nominali ➡ Nel breve periodo Y è diverso da Yn e u è diverso da un IL TASSO NATURALE DI DISOCCUPAZIONE E LA CRUVA DI PHILLIPS Nel 1958 Philipps scoprì, con dati del Regno Unito, che certuna relazione negativa stabile tra tasso di inflazione (tasso di crescita dei salari) e tasso di disoccupazione. L’esercizio di econometria (scienza allora ai suoi primordi) fu ripetuto da Samuelson e Solow con dati statunitensi: la relazione era confermata e robusta. Decisero di chiamarla CURVA DI PHILLIPS Inflazione, inflazione attesa e disoccupazione Il punto di partenza è rappresentato dal sistema WS-PS: Sostituendo la WS all’interno della PS si ottiene: P = Pe Assumiamo una forma specifica per la funzione F: • Alfa esprime l’ampiezza dell’effetto della disoccupazione sui salari —> determina la pendenza della curva WS (rappresentata graficamente sotto l’ipotesi P = Pe) Sostituiamo nell’equazione di partenza Abbiamo ottenuto così una relazione tra il livello dei prezzi, allivellò atteso dei prezzi e il tasso di disoccupazione Con qualche passaggio è possibile riscrivere questa equazione in termini di tassi di crescita dei prezzi come segue: Abbiamo ottenuto una relazione tra inflazione, inflazione attesa e disoccupazione • Un aumento dell’inflazione attesa porta a un aumento dell’inflazione effettiva - Aumento dell’inflazione attesa —> aumento dei salari —> aumento dei prezzi —> aumento inflazione effettiva • Data l’inflazione attesa, un aumento del markup scelto dalle imprese o un aumento di altri fattori (z) porta a un aumento dell’inflazione effettiva - Aumento markup —> aumento salari —> aumento prezzi —> aumento inflazione effettiva - Aumento altri fattori —> aumento aumento salari —> aumento prezzi —> aumento inflazione effettiva • Data l’inflazione attesa, un aumento del tasso di disoccupazione (u) porta a una riduzione dell’inflazione effettiva - Aumento disoccupazione —> diminuzione salari —> diminuzione prezzi —> riduzione inflazione effettiva Utilizzando degli indici temporali per le variabili come inflazione, infezione attesa e disoccupazione in un dato anno: Non ci sono indici temporali per m e z perché costanti, mentre inflazione, inflazione attesa e disoccupazione variano nel tempo La curva di Phillips: la prima formulazione Ipotizziamo che: • L’inflazione fluttui di anno in anno intorno a un certo valore π* • L’inflazione conscia persistente (l’inflazione di ieri non è un buon indicatore dell’inflazione di oggi) Ha senso quindi, in fase di determinazione salariale, assumere che l’inflazione attesa quest’anno sua pari a π*. La nostra equazione diventa quindi: È questa la curva di Phillips nella sua formulazione originaria • Dovremmo quindi osservare una relazione negativa tra tasso di disoccupazione e inflazione Il meccanismo detto spirale prezzi-salari si può riassumere come segue: • Una bassa disoccupazione fa aumentare il salario nominale • In risposta a un maggior salario nominale, le imprese aumentano i prezzi: livello dei prezzi aumenta • Questo spinge lei imprese ad aumentare i prezzi • In seguito all’ulteriore aumento dei prezzi, i lavoratori chiedono un aumento ulteriori del salario nominale Per tutti gli anni 60, la relazione negativa tra inflazione e disoccupazione forniva una buona descrizione della realtà • Politica macroeconomia statunitense orientata a mantenere la disoccupazione compatibile con un inflazione moderata Trade-off tra disoccupazione e inflazione • Quando questi risultati furono pubblicati sembrò che i policy-maker dovessero giungere a un trade-off tra inflazione e disoccupazione • Questo appariva un allettante compromesso e, a partire dall’inizio degli anni 60, la politica macroeconomica statunitense fu orientata a ridurre gradualmente la disoccupazione • Sembrava che, se i policy-maker fossero stati disposti ad accettare maggiore inflazione, avrebbero potuto ridurre sensibilmente la disoccupazione • Tuttavia, dal 1970 in poi la reazione tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione venne meno… Scomparsa del trade-off • Perché la curva di Phillips originaria scomparve? - Il tasso di inflazione divenne più persistente - Divenne più probabile che un’elevata d’inflazione in un anno fosse seguita da elevata inflazione l’anno successivo - Individui e imprese iniziarono a tenere conto della persistenza dell’inflazione - Il meccanismo di formazione delle aspettative cambiò, alternato la relazione stessa tra inflazione e disoccupazione • Cause della scomparsa del trade-off tra disoccupazione e inflazione: 1. Shock petroliferi (aumento di μ): se πt = (μ + z) - αut ➡ L’aumento di μ sposta la curva verso l’alto ➡ Aumento dell’inflazione a parità di disoccupazione 2. Modifica del meccanismo di formazione delle aspettative dovuto al cambiamento de processo di inflazione: • Fino agli anni ’70 l’inflazione era positiva in alcuni anni e negativa in altri —> era possibile aspettarsi in media un’inflazione nulle, cioè prezzi futuri uguali a quelli correnti • Da questo periodo in poi l’inflazione è sempre positiva e persistente —> aspettarsi prezzi futuri uguali a quelli correnti diventa sistematicamente sbagliato perché i prezzi continuano crescere —> ASPETTATIVE INFLAZIONISTICHE La formulazione delle aspettative • Supponiamo che le aspettative di formino in base a: • Aspettative di tipo adattivo (gli operatori prevedono un futuro “simile” al recente passato) • L’inflazione attesa dipende in parte da un valore cosante (π*), con peso (1- beta), e in parte dall’inflazione dell’anno precedente, con peso beta • θ è un parametro che spiega quanto “simile” al passato è l’inflazione attesa (Tanto maggiore è beta e tanto più l’inflazione passata spinge i lavoratori e le imprese a rivedere le proprie aspettative sull’inflazione) 
 • Sostituiamo questa equazione nella relazione tra inflazione attesa e disoccupazione: —> il tasso naturale di disoccupazione (e la curva si Phillips) sarà diverso nel tempo e da paese a paese Le variazioni del NIRU soni difficile da misurare perché il NAIRU non può essere osservato. Tuttavia, si può cercare di misurarlo indirettamente. Differenze del tasso naturale tra i pesi europei: Un alto tasso di disoccupazione può riflettere un altrettanto elevato tasso naturale di disoccupazione e non uno scostamento del tasso di disoccupazione dal tasso naturale Che cosa spiega la disoccupazione in Europa: Gli economisti quando parlano di “rigidità del mercato del lavoro” in Europa di solito si riferiscono: • A un generoso sistema di sussidi di disoccupazione • Un elevato livello dittela del lavoro • Il minimo salariale • Regole di contrattazione Variazioni del tasso naturale nel tempo • Abbiamo implicitamente trattato sia z che il markup come costanti, ma non c’è alcuna ragione per credere che siano votanti nel tempo • Il grado di potere monopolistico delle imprese, la struttura della contrattazione salariale, il sistema di sussidi di disoccupazione ecc. cambiano nel tempo, facendo variare il tasso naturale di disoccupazione Elevata inflazione e curva di Phillips • La relazione tra inflazione e disoccupazione tende a variare al variare del livello del persistenza dell’inflazione • Cambia il modo in cui si formano le aspettative e cambiano i meccanismi istituzionali • Quando tasso di inflazione diventa più elevato, l’inflazione tende anche a diventare più variabile - Lavoratori e imprese riluttanti a firmare contratti di lavori che fissano salari nominali per un lungo periodo di tempo - Possono cambiare gli assetti istituzionali: contrattazioni più frequenti e introduzione dell’indicizzazione salariale Effetti dell’indicizzazione salariale • L’indicizzazione dei salari rappresenta un meccanismo che adegua automaticamente i salari all’inflazione e diventa imprescindibile in caso di elevata inflazione • Hp: esistono 2 tipi di contratti: - La quota λ dei contratti è indicizzata —> πte = πt - La quota restante (1-λ) non è indicizzata —> πte = πt-1 • Sostituendo nella curva di Phillips corretta per le aspettative —> la presenza di indicizzazione rafforza la reattività all’inflazione a scostamenti della disoccupazione effettiva da quella naturale Se la porzione di contratti indicizza è data da λ: Assumendo che l’inflazione attesa sia uguale a quella dell’anno scorso e che λ sia positivo, otteniamo: L’indicazione salariale aumenta l’effetto della disoccupazione sull’inflazione Deflazione e curva di Phillips In presenza di un elevata disoccupazione ci aspetteremo quindi una forte deflazione. Tuttavia, durante la Grande Depressione degli anni Trenta, un’elevata disoccupazione fu accompagnata solamente da qualche episodio di moderata deflazione. Perché? Una ragione è che la Grande Depressione portò con sé anche un aumento del tasso naturale di disoccupazione. Una seconda ragione è che in episodi di deflazione la curva di Phillips non vale più (o vale meno), probabilmente a causa della riluttanza dei lavoratori ad accettare riduzioni dei propri salari nominali. Questo ragionamento può essere applicato anche alla crisi recente. La curva di Phillips in Italia • Anni Cinquanta: curva di Phillips pressoché piatta • Anni Sessanta: curva di Phillips ha una pendenza negativa, sia nella fase di aumento dell’inflazione (1960-1963) sia nella fase di diminuzione (1964-1969) • Anni Settanta: curva di Phillips è verticale o addirittura inclinata positivamente: sono gli anni delle contrattazioni sindacali più accese, da un lato, e di maggiore inflazione, dall’altro • Anno Ottanta: la curva di Phillips è di nuovo inclinata negativamente, in corrispondenza della graduale disinflazione dell’economia • Anni Novanta: la curva di Phillips è nuovamente piatta; la disinflazione è stata raggiunta ma il tasso di disoccupazione ha continuato ad aumentare 
 Riepilogo • L’offerta aggregata può essere espressa come una relazione tra inflazione, inflazione attesa e disoccupazione - Quanto più elevata è l’inflazione attesa tanto maggiore sarà l’inflazione - Quanto maggiore è il tasso di disoccupazione, tanto minore sarà l’inflazione • Quando l’inflazione non è molto persistente, l’inflazione attesa non dipende in modo significativo dall’inflazione passata - Offerta aggregata divina una relazione tra inflazione e disoccupazione (Phillips per UK e Solow e Samuelson per USA) • Quando, negli anni Settanta e Ottanta, l’inflazione divenne un fenomeno persistente, l’inflazione attesa iniziò a dipendere in misura sempre maggiore dall’inflazione passata - Relazione tra disoccupazione e variazione dell’inflazione Maggior disoccupazione provoca inflazione decrescente Minor disoccupazione provoca inflazione crescente • Tasso naturale di disoccupazione è quel tasso che mantiene l’inflazione costante 
 
 • Tasso naturale di disoccupazione dipende da molti fattori che differiscono tra paesi e nel corso del tempo • Mutazioni nel processo inflazionistico cambiano il meccanismo di formazione delle aspettative e la frequenza del ricorso all’indicizzazione salariale - Quando indicizzazione è diffusa, piccole variazioni della disoccupazione possono provocare ampie variazioni nell’inflazione REGIMI DI CAMBIO Breve storia monetaria recente - 1944: accordi di Bretton Woods (44 Stati) - Creazione del Fondo Monetario Internazionale (e della Banca Mondiale) - Convertibilità del dollaro in oro ($35 per oncia) - Le altre valute vengono ancorate al dollaro (parità centrale più banda di oscillazione del 1.50%) - Variazioni della parità centrale devono essere negoziate col FMI - Crisi nel 1973 —> da allora alcuni paesi adottano regia di cambio fissi, altri flessibili e altri ancora si spostano periodicamente dall’uno all’altro sistema • 1971: crisi del sistema di Bretton Woods - Agosto: gli USA sospendono la convertibilità in oro - Dicembre. Abbadano del sistema e svalutazione del dollaro • 1978: sistema monetario europeo (SME) - Valute ancorate al marco (parità centrale più sana di oscillazione del 2.50% - del 6% per la lira) - Variazioni della parità centrale devono esse decise collegialmente • 1992: firma del Trattato di Maastricht • 1992: crisi dello SME - Giungo: mancata rettifica del Trattato di Maastricht da parte della Danimarca - Settembre: attacchi speculativi a ira, stellina e altre valute - Settembre: la sterlina (16/09) e la lira (17/09) abbandonano il sistema • 1/11/1993: Trattato di Maastricht entra in vigore • 1999: inizio della Unione Economica e Monetaria - Entrano in vigore parità irrevocabili tra 11 valute - Nel gennaio 2001 si aggiunge la dracma greca • 2002: circolazione dell’euro - 01/01: inizia circolazione euro nei 12 stati - 28/02: valute nazionali non hanno più corso legale • 2007-2015: Slovenia, Malta, Cipro, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania adottano l’euro • 2020: Brexit Differenza tra cambi fissi e cambi flessibili nel breve periodo • Per un paese in recessione e/o presenta disavanzo commerciale può essere utile deprezzamento reale • Abbiamo visto cosa succede nel breve periodo: • Con cambi flessibili: - Le condizioni interne al paese richiedono un deprezzamento riduzione del tasso di interesse (non si può avere in un regie di cambi fissi) • Conseguenze: - Passaggio a un sistema a cambi flessibili - Non vale più l’uguaglianza tra tasso interno ed estero - Occorre invece considerare: - Di fronte alla prospettiva di svalutazione, gli investitori non hanno convenienza a tenere i titoli nazionali a meno che non aumenti i • Cosa può fare la Banca Centrale? 1. Convincere i mercati che non svaluterà e difendere il tasso di cambio 2. Aumentare il tasso di interesse. Di quanto? Valore atteso della svalutazione: -0.20x0.25+0.0x0.75=-0.05 (-5%) Per difendere la parità, la BC deve alzare il tasso di interesse mensile del 5%, cioè quello annuo deve aumentare del 60% Se l’aumento di i è inferiore, i capitali continuano a spostarsi verso l’estero e la BC deve continuare a difendere il tasso di cambio 3. Svalutare o abbandonare il sistema a cambi fissi e deprezzare ➡ N.B.: alla fine ci può essere una svalutazione anche se le ragioni sottostanti l’aspettativa di svalutazione sono infondate: anche se all’inizio non aveva alcuna intenzione di farlo, il governo potrebbe essere costretto a svalutare, se i mercati finanziari credono che lo farà (il costo di mantenere una parità sarebbe un lungo periodo di alti tassi di interesse e una recessione) Crisi nel Sistema Monetario Europeo • Creato nel 1979 • 1979-1987: frequenti riallineamenti /anni complicati) • 1992: crisi dovuta al conflitto tra le esigenze della Germania (riunificazione) e quelle di altri paesi (disoccupazione) - Si diffonde l’aspettativa di svalutazione di alcune monete - I tassi di interesse aumentano Intaso overnight in Svezia sfiora il 1.4% (500% su base annua) - Flussi consistenti di capitali in uscita dai paesi a rischio di svalutazione —> pressione sulle riserve di valuta estera • 09/1992: la Spagna svaluta; Italia a UK escono dallo SME • 05/1993: Spagna, Portogallo e Svezia svalutano • 07/1993: si adottano bande di oscillazione (+ o - 15%) Andamento del tasso di cambio in cambi flessibili • Attraverso parità scoperta dei tassi di interesse abbiamo stabilito relazione tra tasso di interesse nominale e tasso di cambio nominale: se varia i, anche E nella stessa direzione (quanto minore è i, tanto minore è E) • Nella realtà: - E si muove anche se non variano i tassi di interesse - L’effetto su E di una variazione di i è difficile da prevedere rendendo difficile il raggiungimento di un obiettivo prefissato attraverso la politica monetaria • Perché? • Partiamo dalla parità scoperta dei tassi di interesse - Condizione di arbitraggio (uguaglianza tra rendimenti attesi) • E riscriviamola così: • Il tasso di cambio di quest’anno (anno t), dipende (equazione precedente): - Dai tassi di interesse interno ed estero ad un anno - Dal tasso di cambio atteso per l’anno prossimo (anno t+1) • Da cosa dipende il tasso di cambio atteso per l’anno prossimo? • Spostiamo in avanti di un anno il ragionamento: - Tasso di interesse interno e estero a un anno prevalente l’anno prossimo - Tasso di cambio atteso a un anno per l’anno successivo • Quindi, tondando la tasso di cambio corrente: • E proseguendo con gli anni successivi: Implicazioni di quanto abbiamo appena ricavato: 1. Il tasso di cambio corrente varia se varia il tasso di cambio atteso tra n anni • Es. supponiamo che n riguardi il medio periodo • Nel medio periodo la bilancia commerciale deve essere in pareggio • Qualunque notizia induca gli operatori a pensare che il pareggio non possa essere raggiunto, causerà una variazione del tasso di cambio corrente • p.e., se si ritiene che un avanzo commerciale sia diventato cronico, gli operatori si attendono un apprezzamento e, di conseguenza acquistano valuta provocando un apprezzamento 2. Il tasso di cambio corrente varia se variano i tassi di interesse interni ed esteri, correnti e attesi per n anni • Es. se le notizie diffuse oggi fanno pensare che il tasso di interesse interno aumenterà in futuro più di quanto aumenterà quello estero, il cambio corrente si apprezzerà 3. La relazione tra it e Et non è meccanica 1. Quando la BC taglia i tassi di interesse, i mercati finanziari devono valutare se questa manovra segnali un cambiamento radicale di politica monetaria - con ulteriori tagli futuri dei tassi - oppure sera riduzione dei tassi sia solo temporanea (la BC potrebbe essa stessa non sapere cosa farà in futuro) Esempio (punto 3): Scelta tra cambi fissi e flessibili • Medio periodo: non ci sono differenze • Breve periodo: - Svantaggi dei cambi fissi: Rinuncia all’uso del tasso di interesse (politica monetaria) e del tasso di cambio (politica valutaria) per regolare l’attività economica Nel caso di crisi del tasso di cambio (aspettative di svalutazione) può essere necessario accettare tassi di interesse molto elevati - Svantaggi dei cambi flessibili: Possibilità di forti fluttuazione del cambio a causa di variazioni nelle aspettative, con poca possibilità di controllo da parte delle autorità di politica monetaria • Giudizio prevalente: è preferibile il sistema a cambi flessibili a meno che: A) Ci si sfiducia sula capacità della banca centrale di attuare una politica monetaria responsabile nel controllo dell’inflazione B) I paesi siano talmente integrati da poter utilizzare una valuta comune A. Parità fisse, “currency board” e dollarizzazione • Situazione di partenza: - Paese con forti disavanzi di bilancio - I disavanzi sono finanziati con l’emissione di moneta —> forte inflazione • Se il paese decide di ridurre l’inflazione deve: - Ridurre la crescita della moneta - Convincere i mercati finanziari che sta facendo sul serio. In che modo? Attuare politiche fiscali per ridurre il disavanzo Fissare il tasso di cambio —> nella misura in cui i mercati si aspettano che la parità sia mantenuta, retteranno di preoccuparsi che la crescita di menta venga usata per finanziare il disavanzo Rendere tecnicamente difficile modificare la parità —> parità fissa Un esempio estremo di parità fissa può essere: ➡ Sostituzione della valuta nazionale con un estera —> solitamente la valuta fil dollaro, quindi si parla di dollarizzazione Pochi paesi sono disposto però sono disposti a rinunciare alla propria valuta per adottare quella di un altro paese: ➡ Ricorso al “currency board” A. Il “currency board” Currency board: • Soluzione meno estrema della sostituzione con una valuta estera • Regime di cambio più rigido del regime a cambi fissi. Autorità monetaria che:
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