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Analisi filologica del Purgatorio di Dante, Dispense di Filologia italiana

Un'analisi filologica del Purgatorio di Dante, focalizzandosi sui rapporti tra i testimoni del terzo gruppo di codici e sulle loro discendenze comuni. Vengono inoltre esaminate le peculiarità dei testi dell'Ottimo e del commento di Iacomo della Lana. L'autore ipotizza la possibilità di un cambio d'antigrafo tra i due corredi esegetici. Il testo è di natura accademica e richiede una conoscenza approfondita della filologia dantesca.

Tipologia: Dispense

2019/2020

In vendita dal 18/10/2023

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Violet_1 🇮🇹

4.8

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103 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Analisi filologica del Purgatorio di Dante e più Dispense in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! PURGATORIO A cura di Massimiliano Corrado nota al testo xiii ficativi condivisi dall’intera tradizione, una discendenza comune per tutti i mss. conte- nenti le chiose dell’Ottimo alla seconda cantica (par. 2.5), tale da escludere con sicure prove filologiche l’effettiva esistenza di eventuali rielaborazioni autoriali.7 2.1. Rapporti fra i testimoni del iii gruppo I codici del iii gruppo latori del commento al Purgatorio sono: R2 L 1 F 4 S L 2 . Per ciò che concerne il contenuto di questi testimoni, occorre ricordare che, secondo le inda- gini del Rocca, tutti i mss. riconducibili al iii gruppo tramandano il testo dell’Ottimo limitatamente a 14 capitoli del Purgatorio, dal principio del canto vii fino al v. 33 del canto xxi, mentre le glosse agli altri canti (Purg., i-vi e xxi 34-xxxiii 145) risulterebbero coincidere con l’apparato esegetico di Iacomo della Lana. L’indicazione dello studioso, tuttavia, in questo caso necessita di un’importante ret- tifica, poiché in tali mss. il commento lanèo viene riprodotto ad litteram anche nei primi 63 versi del canto vii, diversamente da quanto invece accade negli altri due gruppi, i quali già dal proemio a Purg., vii, esibiscono un testo che, pur presentando numerosi elementi di tangenza con il dettato del Lana, si rivela senza dubbio attribuibile all’Otti- mo. Ne consegue che la presenza del Lana anche nella sezione Purg., vii 1-63, costituisce un sicuro elemento separativo fra gli esemplari del iii gruppo e le altre due classi, com- plessivamente considerate.8 Inoltre, la circostanza che questi codici in prevalenza “lanèi” riportino il testo del- l’Ottimo soltanto per una sezione ridotta, e oltretutto non uniforme, del commento (Purg., vii 64-xxi 33), depone a favore dell’ipotesi di una loro discendenza da un comu- ne antigrafo, in cui verosimilmente possa essersi verificata una trascrizione delle chiose 7. Sulla stratigrafia redazionale dell’Ottimo proposta dagli studiosi si rimanda all’Introduzione, to. i pp. xxi-lxiv, alle pp. lvi-lxii. 8. Il riconoscimento delle chiose lanèe a Purg., vii 1-63, nei codici del iii gruppo riveste un ruolo non trascurabile ai fini dei rapporti fra i vari raggruppamenti testimoniali: infatti, qualora il iii gruppo avesse riportato (come riteneva Rocca) il testo del Lana limitatamente ai primi sei canti, si sarebbe potuto valutare tale inserzione un elemento congiuntivo con il i gruppo (che riproduce ad litteram il Lana per Purg., i-vi). Cosí, ad es., fece Giuseppe Vandelli: « Non è improbabile che a questa terza forma sia estranea la mano e la mente dell’Ottimo, e che essa sia manipolazione d’al- cuno cui non garbavano le altre due, o quella delle due che sola conoscesse; e doveva essere la prima, giacché questa 3a è uguale ad essa e per i primi 6 canti lanei e per i 14 successivi; dopo questi il manipolatore proseguí col Laneo fino al termine della cantica [purgatoriale] » (Vandelli, Una nuova redazione, p. 134 n. 2). La sezione esegetica relativa a Purg., vii 64-xxi 33, è dunque l’unica nella quale i mss. del iii gruppo concordano con quella degli altri due raggruppamenti. Si può inoltre aggiungere che il testo del Lana tràdito da L (i gruppo) nella sezione Purg., i-vi, presenta alcune peculiarità distintive rispetto a quello del iii gruppo: a Purg., v 82, in particolare, la glossa di L interpreta erroneamente il sostantivo « braco » (‘fango’) come « panni di gamba » (c. 65r), a dif- ferenza dei mss. del iii gruppo; questi ultimi, a loro volta, riportano una chiosa sul conte Orso degli Alberti (Purg., vi 19), assente in L e in tutti i codici della tradizione lanèa, dove in corrispon- denza di tale verso viene generalmente lasciato uno spazio bianco (spia di una probabile lacuna informativa d’autore): vd. Lana, p. 1047. ottimo commento · purgatorio xiv al Purgatorio con cambio d’antigrafo (il che consentirebbe di spiegare il repentino pas- saggio, all’interno dei canti vii e xxi, dalle glosse del Lana all’Ottimo e viceversa).9 Tale eventualità, non ignota alla Textüberlieferung degli antichi commenti danteschi,10 può essere avvalorata qualora si tenga presente la coincidenza testuale dell’Ottimo con mol- te chiose del Lana, che poté generare da parte dei vari copisti la probabile indistinzione dei due corredi esegetici, forse avvertiti ab origine come sostanzialmente intercambiabi- li, anche in ragione della frequente adespotía delle rispettive tradizioni manoscritte.11 Una situazione del tutto privilegiata è invero offerta da questo iii gruppo di testimo- ni, i cui numerosi esemplari si possono ricondurre con certezza, per il commento al Purgatorio, a un capostipite unico, rappresentato da L1 (databile intorno al terzo quarto del Trecento).12 Tutti gli altri mss., infatti, non soltanto sono per scrittura e/o datazione recentiores, ma tramandano una lacuna nel testo delle chiose ai vv. 97 (L’altro che ne la vista lui conforta) e 103 (E quel nasetto che stretto a consiglio) del canto vii, che coincide con un guasto meccanico del codice laurenziano, dovuto alla lacerazione del margine inferio- re di c. 17.13 L’omissione in questione si ritrova nei seguenti codici: F4, c. 36r ; S, c. 22r-v ; L2, c. 69r b; R2, cc. 100v b-101r a; ad essi va aggiunto Ox, recentemente identificato da chi scrive e 9. Nel caso specifico, il cambio di antigrafo potrebbe essere stato originato da un esemplare forse contraddistinto dalla perdita di alcuni fascicoli, iniziali e finali, e quindi limitato alla sola se- zione Purg., vii 64-xxi 33, che indusse a supplire alle parti mancanti mediante il ricorso al testo lanèo. 10. Si veda, ad es., la dichiarazione di Bartolomeo Nerucci da San Gimignano nel ms. autografo Laur. Pl. 42 15, sottoscritto e datato 9 aprile 1431 (c. 158r), contenente il testo del Purgatorio con il commento di Francesco da Buti preceduto da quello del cosiddetto Falso Boccaccio: « Nota lec- tore che io comincia’ prima questa seconda cantica di Dante chiamata Purgatorio con uno exem- plo che cominciava: Poi che ’l nostro autore Dante ha tractato etc., che comincia nella seconda carta, e scripsi col decto exemplo infine alla xvii carta; di poi mi venne alle mani la expositione di messer Francesco da Buti, e allora lassai la prima e comincia’ questa da capo, che comincia: Se nella seconda Comedia etc. E perché prima avea scripto el texto, copiai solo le chiose, tanto ch’i’ giunsi a quella parte che comincia: Ben s’avide el poeta etc., che è la seconda lectione del quarto capitolo overo canto » (Laur. Pl. 42 15, c. 172r). 11. Non va peraltro dimenticato che l’identità fra i due commenti fu in séguito espressamente asserita da autorevoli letterati cinquecenteschi (Borghini, Pinelli, Salviati), venendo riproposta fino alla metà dell’Ottocento (cfr. Corrado, Lettori cinquecenteschi, pp. 396-97). 12. Vd. Roediger, rec. a Rocca, Di alcuni commenti, coll. 108-9, poi ripreso da Abardo, I commenti danteschi, p. 339. 13. La possibilità di dimostrare « la dipendenza di un testimone da un altro testimone conservato [. . .] anche solo sul fondamento di un unico luogo del testo, vale a dire quando la natura esteriore del testo nel modello conservato manifestamente sia diventata la causa dell’errore particolare nel discendente », è postulata da Maas, La critica del testo, p. 11, da integrare ora con le riflessioni di Montanari, La critica del testo secondo Paul Maas, pp. 92-103. Sull’individuazione dei descripti in base a prove di natura materiale cfr. inoltre Clark, The descent of manuscripts, e Irigoin, Accidents matériels et critique des textes, p. 31: « Les accidents matériels représentent une preuve de filiation indiscutable dans le cas d’un manuscrit mutilé et de sa descendance; ils offrent un critère objectif pour qui cherche à pratiquer cette opération de déblayage qu’on nomme eliminatio codicum descriptorum ». nota al testo xv finora mai incluso nel novero della tradizione dell’Ottimo,14 che parimenti attesta tale lacuna alle cc. 91v-92r. Tutti questi mss. sono quindi indubitabili descripti di L1, come risulta peraltro anche da alcuni elementi probatorî aggiuntivi.15 Lo strappo dovette prodursi sicuramente prima del 1393, anno in cui venne esempla- to il ms. F4, che reca già un’omissione (benché non segnalata dal copista, a differenza dei codici S, Ox, L2 e R2, dove si registra invece un ampio spazio bianco) nelle glosse a Purg., vii 97-103, corrispondente al danneggiamento materiale di L1.16 Il quadro stem- matico per i codici del iii gruppo (commento a Purg., vii 64-xxi 33) è pertanto il seguen- te: L 1 descripti [F 4 S Ox L 2 R 2 ] Conforme a quella del iii gruppo è poi la sezione di commento (Purg., vii 64-xxi 33) presente nei codici V e A, collocati da Rocca nella breve serie dei fuori gruppo. È dun- que prioritario analizzare i rapporti fra questi due testimoni e L1, nell’eventualità che anch’essi possano rivelarsi descripti di tale exemplar.17 14. Tale ms., tradizionalmente ascritto alla tradizione lanèa (cfr. da ultimo la scheda, a firma di M. Boschi Rotiroti, nel Censimento dei commenti danteschi, vol. ii pp. 925-26 nr. 522), risulta infatti conforme al contenuto dei codici afferenti al iii gruppo, attestando, per l’Inferno, il commento del cosiddetto Falso Boccaccio, mentre nelle altre due cantiche riporta il testo dell’Ottimo nelle sezioni Purg., vii 64-xxi 33, e Par., i-xxviii 78 (le parti restanti coincidono invece litteraliter con il Lana). 15. Un’ulteriore prova di natura materiale si registra, per la sezione lanèa, nel proemio al canto i, dove tutti i mss. in questione (F4, c. 30r ; S, c. 1r ; Ox, c. 72r a; L2, c. 55r a; R2, c. 81v a) evidenziano uno spazio bianco in corrispondenza di una macchia che, nel codice L1, ha reso illeggibile la forma verbale « lo commette » (cfr. Lana, p. 947): « Circa le qual colpe è da notare che può essere commesso peccato in due modi: l’uno è dicto mortale, l’altro veniale. Lo mortale si è quello che quando l’uomo . . . [passo illeggibile] ed elli dil tutto s’abandona col core e con la mente e arompesi da l’ordene vertuoso, il quale tende a Dio sí come a dricta e ultima felicità » (L1, c. 1r). 16. Anche in ragione delle diverse “reazioni” dei copisti rispetto al danneggiamento materiale di L1, è stato possibile verificare, estendendo le indagini, che il codice F4 deriva recta via dal ms. laurenziano, mentre rapporti piú stringenti accomunano gli altri testimoni; in particolare S e L2 sembrano discendere in maniera autonoma da un ulteriore intermediario perduto, mentre R2 risulta strettamente affine a Ox e ne costituisce una copia diretta o, in subordine, un gemello. Tuttavia, trattandosi comunque di testimonianze prive di qualsiasi utilità ecdotica (eliminandi), si è preferito, in sede di rappresentazione stemmatica, accorparli indistintamente nella categoria dei descripti. 17. Sul problema dell’eliminatio dei codici descripti, già evidenziato nella classica trattazione di Pasquali, Storia della tradizione, pp. 25-40, si è sviluppato negli ultimi decenni un intenso dibattito ottimo commento · purgatorio xviii capitulo xxviii Paradisi, ma quivi poco ne toccaremo. Elli è da sapere ch’el fu biççogno a la perfectione dil mondo che fossero crea- ture intelectuali extracti da ogne corpo; e questo si de- mostra cotal ragione che sono li angeli; [. . .] e molte altre ragione s’aducono a proposito, le quale con- chiudono [ms. concon- chiudono], sí come appare nel preditto Contra Genti- les sicondo, questione xlv.23 2. Purg., viii 79-81 23 24 L1 (c. 20va) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) No· li farà sí bella sepoltura. [. . .] Questa donna fue remaritata en casa d’i Visconti da Mela- no, li quali fuorono cacciati di la detta cità per quelli da la Torre; e assai desaggi soferse questa donna con suo marito, sí che piú fiade desideròe lo stato dil vedovatico primo. No erano sí grandi e pos- senti quelli Vesconti come oggi al presente sono.24 V (c. 147r b) No· lle farà sí bella sepultura etc. [. . .] Questa donna fu ri- ma‹ri›tata in casa i Visconti da Melano, i quagli furono cac- ciati della decta città per que- gli della Torre; assai disagi sofferse questa donna con suo marito, sí cche piú volte disi- derò lo stato del vedovatico primo. Non erano cosí grandi e possenti quegli Visconti come oggi sono. Tutti gli altri testimoni (L R F A) Non le farà etc. [. . .] Questa donna fue rimaritata in casa de’ Visconti di Melano, li qua- li furono cacciati di Melano per quelli della Torre; e assai disagi sofferse questa donna col suo marito, sí che piú volte desiderò a ssé lo stato del ve- dovatico primo. 3. Purg., xvii 91-93 L1 (c. 58r b) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) Né creator né creatura mai etc. Quista distintione è dimostra- ta di sopra nella general chiosa, e però con brevitade passere- mo. Dice che nullo fue mai sanza amore, o naturale, 23. Il brano interpolato, che non si è trascritto nella sua interezza, è desunto dal proemio del Lana al canto xxviii del Paradiso (cfr. Lana, p. 2501, par. 3). 24. L’inserzione sulla famiglia milanese dei Visconti si rivela un esempio emblematico di ag- giornamento cronistico da parte del copista. tolo xxviii Paradisi, ché qui poco ne toccheremo. Egli è da sapere che fu bisogno alla perfectione del mondo che fosseno creature intel- lectuali extracte da ogni corpo; e questo si dimostra cotale ragione che sono li angeli [. . .]; e molte altre ragioni si recano a propo- sito, le quagli conchiudo- no, sí ccome ‹appare› Con- tra Gentiles secondo, que- stione xlv. natura si tracterà infra, sopra il capitolo xxviiio Paradisi. V (c. 179r a) Né creator né creatura mai etc. Questa distinctione è dimo- strata di sopra nella general chiosa, e però con brevità pas- saremo. Dice che niuno amore fu mai senza amore, Tutti gli altri testimoni (L R F A) Né creatore etc. Questa distin- tione è mostrata di sopra nella generale chiosa sopra il capi- tolo, e però con brevitade passeremo: che Dio ami la creatura, questo è manifestis- nota al testo xix cioè quello che uomo hae a sé medesmo, o d’animo; questo è accidentale. Alcu- no dice che ’l naturale amo- re è quello che ’l creatore hae verso la creatura e la creatura verso il creatore. 4. Purg., xvii 106-8 25 L1 (c. 58v) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) Or perché mai non può di la salute etc. Dice quive che amore sempre tiene il viso a la salute dil suo obiecto e mai nol può disvolgere da lui. Subiecto d’a- more è colui che ama; e amo- re sempre importa bene dil suo subiecto, sí come l’aoto- re medesmo dice in quella canzone di la gentilezza,26 sí che non se può dire amore, ma odio [. . .]. V (c. 179r b) O perché mai non può da la salute etc. Dice quivi che amore sempre tiene il viso alla salute del suo obiecto; mai nol può disvolgere [corr. dal copista su disdire volgere] da llui. Su- biecto d’amore è che colui che ama; e amore sempre importa bene del suo subiecto, sí cco- me l’autore medesimo di- ce in quella canzone della gentilezza, sí cche non si può dire amore, ma odio [. . .]. Tutti gli altri testimoni (L R F A) E perché mai etc. Dice qui che amore sempre tiene il viso alla salute del suo subiecto e mai nol può disvolgere da lui. Su- biecto d’amore è colui che ama; e amore di sé sempre im- porta bene del suo subiecto, sí che non si può dire amore, ma odio [. . .]. 5. Purg., xviii 136-38 26 L1 (c. 62rb-va) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) E quella, che l’affanno non soffersi etc. [. . .] Or qui vuole dire l’ao- tore che la gente che seguío Enea e venne co· lui in Italia, sofferendo le fatighe dil mare e di la terra, ebbero gloria e onore. Creusa, che per accidia rimasi, vivette poi, ma però che non se dice di sua vita, vuol sentire che bassa e vile e senza fama sua vita fossi, e an- co la gente che rimase, la quale nol voglie seguire. 25. Il ms. A nella parte conclusiva della chiosa riporta una lezione leggermente diversa: « che Dio ame la creatura, questo è manifesto; che la creatura ame lui, questo è aperto » (c. 105va). 26. Vd. Dante, Le dolci rime d’amor ch’i’ solía, 89-90: « Dico che nobiltate in sua ragione / importa sempre ben del suo subietto ». o naturale o accidentale, cioè quello che uomo hae a sé medesimo, o d’animo; questo ‹è› accidentale. Al- cuno dice che ’l naturale amore è quello che ’l crea- tore hae verso la criatura e la creatura verso il creatore. simo; che la creatura ami, è aperto.25 V (c. 183r b) E quella, che l’affanno non sofferse. [. . .] Or qui vuole dire l’autore che lla gente che seguí Enea e venne co· llui in Italia, soffe- rendo le fatiche del mare e della terra, ebbono gloria e onore. Creusa, che per accidia rimase, vivecte poi, ma però che non si dice di sua vita, vuol sentire che bassa e vile e senza fama suo vita che bassa [sic] fosse, e anche la gente che rimase non volle seguire. Tutti gli altri testimoni (L R F A) E quella che llo affanno non soffer- se etc. [. . .] Or quie vole dire l’autore che la gente che se- guía Enea e venne con lui in Italia, sofferendo le fatiche del mare e della terra, ebbero glo- ria e onore. Creussa, che per accidia rimase, vivecte poi, ma però che non si dice vuole sentire che bassa e vile e sanza fama fosse sua vita. ottimo commento · purgatorio xx Un ulteriore tratto distintivo del ms. L1 (e dei relativi descripti) è costituito dall’esi- stenza di alcune brevi glosse, non presenti nel resto della tradizione, che si rivelano quindi peculiari di questo ms.27 Tali chiose singulares sono tuttavia riportate da V, of- frendo cosí una nuova prova vòlta a certificare il suo legame con L1. Si vedano in parti- colare i due casi seguenti: 1. Purg., xii 127 e 133 L1 (c. 42r b-v a) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) Alor fec’io come color che vanno. Quivi exemplifica; ed è chiaro e aperto il testo. E con li deta di la destra etc. Cioè con la drictura di la conscien- tia. V (c. 162r b) Allor fec’io come color che vanno etc. Qui expecifica; e chiaro e aperto il testo è. E co· lle dita de la dextra scempie etc. Cioè co· lla dirictura della conscientia. Tutti gli altri testimoni (L R F A) [omettono] [omettono] 2. Purg., xvii 108 L1 (c. 58v b) + descripti (F4 S Ox L 2 R 2 ) Da l’odio propio sonno le cose tutte etc. Dice quivi che le creature sono secure di oddiare sé me- desme, e argumenta il detto di sopra che ’l naturale amore è quello che uomo hae a sé pro- pio; e però che alcuno se prive de la vita impertanto fugendo alcuna miseria, a cciòe se con- duce sí come Piero da la Vi- gne, credendo col morir fugir de- sdegno [Inf., xiii 71]. V (c. 179r b) De l’odio primo son le cose tute. Dice quivi che lle creature so- no sicure d’odiare sé medesi- me, e argomenta il decto di sopra che ’l naturale amore è quello che l’uomo hae a ssé medesimo; e però che alcuno si priva della vita impertanto fuggendo alcuna miseria, a cciò si conduce sí ccome Piero delle Vigne, credendo col morire fuggir disdegno [Inf., xiii 71]. Tutti gli altri testimoni (L R F A) [omettono] Sulla base degli elementi probatorî addotti, si può dunque ritenere con ogni verosi- miglianza che pure il ms. V sia un descriptus di L1: L 1 V 27. Anche in questo caso la natura esclusiva di tali glosse è confermata dalla loro assenza nel codice A, che parimenti tramanda un testo conforme a quello del iii gruppo. nota al testo xxiii me sentenze. Larga è la matera di questo vicio, e molto se ne può tractare, ma per brevità lasceremo. Esclusa, per i motivi indicati, la derivazione di L1 da A, occorre dunque considerare l’eventualità inversa, ovvero che A sia stato esemplato su L1. Già la circostanza che il ms. ashburnhamiano non presenti alcuna omissione nelle chiose a Purg., vii 97-103, le quali in L1 risultano lacunose per danneggiamento meccanico, costituisce un primo indizio – seppur non risolutivo –32 tendente a invalidare questa possibilità. Una prova decisiva, idonea a suffragare senza ombra di dubbio l’indipendenza fra i due testimoni, è offerta da una caratteristica specifica del codice L1 evidenziata in pre- cedenza, ossia la presenza di alcuni inserti addizionali, assenti nella restante tradizione manoscritta. In questa prospettiva, anche la seconda ipotesi (diretta discendenza di A da L1) risulta parimenti difficilmente ammissibile, poiché se A fosse copia di L1 avrebbe dovuto ereditare, come tutti i relativi descripti, tali aggiunte esegetiche. L’analisi delle inserzioni allotrie comuni a L1 e ai suoi derivati (vd. 2.1.1) ha già permesso di constatare la mancanza di tale fenomenologia interpolatoria nel testimone ashburnhamiano. Val- ga come dimostrazione ulteriore la parte finale del proemio al canto viii, dove il codice A riporta la medesima conclusione tràdita dagli altri mss. (« ma questa questione è mossa e soluta sovra capitulo xo Inferni »), a differenza di L1, che presenta invece un’am- pia interpolazione, coincidente con vari segmenti della glossa a Inf., x 100-8: Purg., viii (proemio) L 1 (cc. 18vb-19r) + descripti (V F4 S Ox L 2 R 2 ) [. . .] Circa la quinta particula, se poterebbe for- mare una questione: se l’anime dil Purgatorio sanno quello che è a venire. Luca, capitulo xvi, dove cului ch’era in Inferno dixi: « I’ hoe v [ms. vi] fratelli e temo ch’elli non vegnano in questo luogo di tormenti ». E trovasi che molte fiade sono apparite ani- me di morti a li vivi a corregiarli d’alcuno peccato che commectono. Anco se l’ani- me non sapessoro quello che se fa per li vivi, questo non sarebbe per altra cagione che per impedimento di distanza di luo- go. Questo impedimento non può essere nelle anime separate dal corpo, sí come 32. Il testimone A, a rigore, potrebbe infatti essere stato copiato da L1 prima che in quest’ultimo si verificasse la lacerazione della carta (dunque anteriormente al 1393: vd. sopra, par. 2.1). bilisseme sententie. Larga è la materia di que- sto peccato, e però molto se ne può tractare. Le divitie di questo mondo consistono in cose mo- bile, sí come peccunia, oro, argento e seme- gliante cose, e in cose ‹im›mobile [. . .]. A (c. 87ra) + L R F [. . .] Circa la quinta particula, si potrebbe for- mare una questione: ‹se l’anime dil Purgatorio› sanno [ms. fanno] quello ch’è ad venire; ma questa questione è mossa e soluta sovra capitu- lo xo Inferni. ottimo commento · purgatorio xxiv dice santo Tomasso nella prima parte, questione lxxxviiii, capitulo viio. Adon- que il sanno; però che puoi che cessa la ca- gione, cessa l’efetto. Ed essere può che l’anime di Purgatorio hanno cura d’i vivi, etiandio ignorando loro stato, semeglian- ti a quella c’hanno li vivi d’i morti, che fanno bene per anima che è già dannata o salvata. Il prescire puote essere per spetia- le despensatione a lor fatta da Dio, e que- sto è da imputare piú tosto per miraculo che per naturale dispositione o operatio- ne. Il sapere de le cose future puote essare in due modi: l’uno modo è sapere quello che dé avenire per quello medesmo; l’al- tro è saperlo per le sue cause. Per lo primo modo nol sae se non da Dio, al quale è pre- sente il passato e el futuro; però di questo cusí fatto modo non se può savere se non per revelatione che Dio manifesti a li an- geli, e li angeli a li demonii e a l’anime; e questo modo di manifestare se fa spesso, sí come dice fra Tomasso nella prima parte, questione cvi, capitulo quarto. Lo modo di saperlo per le sue cause si è per saperlo per scienza, como sa l’astrolago, che per l’avenimento dil Sole nelli segni septen- trionali, che sono sopra el capo nostro, sae che dé venire el caldo, e per la interposi- tione di la Luna al Sole s’hae la scuratione. L’anima partita dal corpo intellectual- mente intende quelle cagione, e però puo- te prescire quelle cose c’hanno ad essere. Ai fini dell’individuazione dei rapporti stemmatici fra questi codici, è possibile se- gnalare altri due luoghi specifici, che offrono nuovi elementi probatorî a sostegno del- l’indipendenza di A da L1. Tali sono, nella fattispecie, la glossa a Purg., xvi 82-84 (omes- sa da L1 ma trasmessa concordemente da A e dai mss. L, R e F), e quella relativa a Purg., xvii 109 (dove A riflette la lezione tràdita da tutti gli altri codici, mentre il solo L1 ne offre una versione in parte rielaborata, peraltro contrassegnata anche da una lacuna per saut du même au même): 1. Purg., xvi 82-84 A (c. 103vb) Però, se ’l mondo etc. Cioè, voi sète la cagione, e in voi è tal L1 (c. 55ra) [omette] Tutti gli altri testimoni (L R F) Però, se ’l mondo presente disvía, / in voi è la ragione etc. Cioè, voi nota al testo xxv desviamento com’è nel mon- do. 2. Purg., xvii 109-11 A (c. 105vb) [E perché ’ntender etc.] E proce- de che questo no puote essere in alcuno, ch’elli sia uno e sia diviso; e cusí nullo puote sé medesmo odiare. Onde amo- re sempre accede a la salute dil suo soietto; e per questo in- tende acquistare la cosa amata; onde ogne affecto d’odiare è partito dal proprio amore. L1 (c. 58vb) E perché intender non se può diviso etc. Dice che non se puote in- tendare che alcuna cosa creata abbia essere permanente per sé sola sanza il primo, cioè senza lo naturale amore, e cusí nullo puote sé medesmo odia- re. Onde amore sempre acce- de a la salute dil suo subiecto ‹. . .› e ogne affetto d’odiare si è partito dal subiecto d’amore. Tutti gli altri testimoni (L R F) E perché intender etc. Ora pro- cede, e dice che questo non può essere in alcuno, ch’egli sia uno e sia diviso; e cosí neu- no puote sé medesimo odiare. Onde amore sempre attende alla salute del suo subiecto; e per questo intende acquistare la cosa amata, per fare gioire il subiecto suo; onde ogni affec- to d’odiar si è partito dal su- biecto d’amore. Si possono infine addurre vari luoghi in cui il ms. A, in accordo con gli altri mss., ri- porta un testo integro a fronte di brevi omissioni di L1, non riconducibili ad omeote- leuto. Si vedano, ad esempio, i casi seguenti: 1. Purg., vii 85-90 A (c. 85vb) [Prima che ’l poco etc.] Descritto il luogo e l’oracione, quivi vie- ne a descrivere li magnanimi che ivi se purgano. E dice che ’l Mantoano, cioè Sordello, considerando che poco tempo restava da questa ora al tra- montare dil Sole, e volendo quella utilmente dispendere e osservare quello ch’avea dec- to, cioè con delectacione usare il tempo rimaso, li amonío di quello che da fare era ad avere piena notiza di coloro che nel- la lama erano accolti. L1 (c. 17ra) Prima che ’l poco. Descripto il luogo e l’oratione, quive viene a la descriptione di quelli ma- gnanimi che ivi se purgano, considerando che poco tempo restava da questa ora al tra- montar dil Sole, e vollendo quella utilmente dispendare e oservare quello ch’avea detto, cioè con delectatione uçare el tempo rimaso, li amonío de quello che fare devessoro ad avere pina notitia di coloro che nella lama erano acolti e raunati. Tutti gli altri testimoni (L R F) Prima che ’l poco etc. Descripto il luogo e ll’inno, qui viene alla descritione delli magnanimi che ivi si purgano. E dice che ’l Mantovano, cioè Sordel- lo, considerando che poco tempo restava da questa ora al tramontare del Sole, e volen- do quello utilmente dispen- dere e osservare quello che aveva decto, cioè con delecta- tione usare il tempo rimaso, li amoníe di quello che da fare era ad avere piena notitia di coloro che nella lamma erano accolti. siete cagione, e in voi è tale sviamento come è nel mondo. ottimo commento · purgatorio xxviii 3. Purg., x 28-33 A (c. 91rb) Elli [scil. Policleto] fece una istoria di la Dea Venus di tanta excellenza di ministerio che parea opra divina. L 1 (c. 28rb) Elli [scil. Policleto] fece una istoria di la Dea Venus di tanta excelenza de ministerio che parea una cosa divina. Tutti gli altri testimoni (L R F) Elli [scil. Policleto] fece una statua di Dea Venus di tanta excellentia di ministerio che pareva viva cosa divina. 4. Purg., x 121-29 A (c. 92rb) E bene dice: vermi, però che alcuni nascono d’aere, alcuni di carne, alcuni di fronde d’erbe, alcuni di legni, cusí di li uomini alcuni séguitano la concupiscenza di la carne, al- cuni la immobilità di la vo- lontà, alcuni la vaghezza di la sensualità. L 1 (c. 30vb) E bene dice: vermi, però che sí come alcuni vermi nascono d’aere, alcuni de carne, alcuni de fronde d’erbe, alcuni di legni, cusí di li uomini alcuni séguitano la concupiscenza di la carne, alcuni la immobili- tà di l’animo, alcuni la sensua- lità di la vaghezza etc. Tutti gli altri testimoni (L R F) E bene dice: vermi, però che sí come alcuni vermi nascono d’aere, alcuni di carne, alcuni di fronde d’alberi, o di legni, o di vestimenti, cosí delli uomi- ni alcuni séguitano la concu- piscentia della carne, alcuni la mobilitade dell’animo, alcuni la vaghezza della sensualitade etc. 5. Purg., xi 1-3 A (c. 92va) Matei capitulo primo: « S’io sono padre, dove è l’onor mio? ».34 L 1 (c. 32vb) Mathei capitulo primo: « S’io sono padre, dove è l’onore mio? ». Tutti gli altri testimoni (L R F) Malachia dice in primo capito- lo: « Se io sono padre, dov’è l’onore mio? ». 6. Purg., xiii 153-54 34 A (c. 98ra) [Piú di speranza ch’a trovar la Diana.] Dicesi che uno fiume chiamato Diana passa per lo terreno di Siena e per la città sotterrante perviene [. . .]. L 1 (c. 44vb) Piú di speranza ch’a trovar la Dia- na. Dicesi che è uno fiume chiamato Diana, passa per lo tereno di Siena e per la citade perviene [una mano seriore cor- regge in per vie] sotterante [. . .]. Tutti gli altri testimoni (L R F) Che trovare la Diana etc. Dicesi che uno fiume chiamato Dia- na passa per lo terreno di Sie- na e per la ciptade per vie socterane [. . .]. 34. L’errore attributivo è certificato dal confronto con l’ipotesto scritturale: « Si ergo pater ego sum, ubi est honor meus? » (Mal., 1 6). nota al testo xxix 7. Purg., xvi 130-32 A (c. 104va) E che sia ciò vero dice l’autor: Io veggio ora [. . .] però che li figli di Levi si vollero intro- mettere nelle cose temporale, sí come è scritto nel xvo capi- tulo d’i Numeri, che l’arca l’in- ghiottíe.35 L 1 (c. 56rb) E che sia ciò vero dice l’aotore: Io veggio ora [. . .] però che li figliuoli di Levi se vollero in- tromectare nelle cose tempo- rale, sí come è scripto nel xvio capitulo d’i Numeri, che l’arca l’inghi‹o›tío. Tutti gli altri testimoni (L R F) E che ciò sia vero dice l’autore: io veggio ora [. . .] però che lli figliuoli di Levi si vollono in- tromectere nelle cose tempo- rali, sí come è scripto nel xvo capitolo de’ Numeri, che lla terra li inghiottíe.35 La comune discendenza dei due codici da un antigrafo è inoltre suffragata ad abun- dantiam dalla presenza di vari sauts du même au même occorrenti in serie identica, non imputabili quindi a poligenesi.36 Se ne offre qui di séguito una breve esemplificazione: 1. Purg., viii (proemio) A (c. 87ra) In contraro è l’autor quive, et infra capitulo xo, quivi: Nostra vertú etc. Adonque se convie- ne ‹. . .›, però ch’ella ebbe dop- pio rispecto: l’uno a la Chiesa che fa in quella ora cotal pre- go, però ch’è nella fine dil díe; l’altro rispecto ebbe a l’autor e a li altri fedel cristiani [. . .]. L 1 (c. 18vb) In contrario è l’aotore quive, et infra capitulo decimo, quive: Nostra vertú. Adonque se con- viene ‹. . .›, però ch’ella ebbe doppio respecto: l’uno a la Ec- clesia che fa in quell’ora cotal prego, però che è nella fine del díe; l’altro respetto ebbe a l’ao- tore e a li altri fedeli cristiani [. . .]. Tutti gli altri testimoni (L R F) In contrario è l’autore qui, et infra capitolo xo, quivi: Nostra virtú etc. Adunque si convie- ne, ché non avrebbe posto l’autore inconveniente solutio. Noi diremo ch’ella si conven- ne, però ch’ella ebbe doppio rispecto: l’uno alla Chiesa, che fa in quella ora cotale priego, perch’è nella fine del dí; l’altro rispecto ebbe a l’autore e alli altri fedeli cristiani [. . .]. 35. L’erroneità della lezione « arca » (in luogo di « terra ») è confermata dal passo biblico qui espressamente richiamato: « Confestim igitur ut cessavit loqui, disrupta est terra sub pedibus eorum, / et aperiens os suum, devoravit illos cum tabernaculis suis et universa substantia » (Nm., 16 31-32). 36. Sulla legittimità di utilizzare le lacune per omeoteleuto (indicate negli esempi seguenti fra parentesi angolari: ‹. . .›) ai fini della ricostruzione dei rapporti genealogici, si vedano le considera- zioni della Ageno, stimolate dalla sua esperienza di editrice del Convivio, testo notoriamente con- traddistinto da numerose omissioni per saut du même au même: « anche lacune di questo tipo [scil. causate da omoiotéleuton] si possono con sicurezza utilizzare, quando occorrono in serie identica in due o piú manoscritti; oppure, anche isolate, in un gruppo compatto di manoscritti » (Brambilla Age- no, L’edizione critica, p. 67; corsivi originari). E cfr. ora Beltrami, A che serve un’edizione critica?, p. 92: « il valore congiuntivo sale, quando le lacune di questo tipo in comune fra piú manoscritti siano numerose », nonché partic. Zaccarello, Omissione di copia. ottimo commento · purgatorio xxx 2. Purg., viii 94-102 A (c. 88ra) Vide adonque la femina che ’l fructo era buono a mangiare ‹. . .›, diedene al marito etc. L 1 (c. 20vb) Vidde adonque la femena che l’albero era buono a mangiare ‹. . .›, e diede al marito etc. Tutti gli altri testimoni (L R F) Vide dunque la femmina che l’albero era buono a mangiare, e bello agli occhi e dilectabile, e tolse di quello, e mangione, e diene al marito etc.37 3. Purg., x 70-74 37 A (cc. 91vb-92ra) [. . .] l’anima dil decto Traiano [. . .] fu ristituita al corpo mor- tale, nel quale per la clemenza dil sommo prencipe Dio, con li subsidii dil beato Gregorio ‹. . .› eligendo di volere anzi quivi, che in Purgatorio, pena di quello ch’avea chiesto, tuc- to il rimanente di la sua vita languire in lecto d’ogne gene- racione d’infermità. L 1 (c. 29vb) [. . .] l’anima dil detto Traiano [. . .] fo restituita [. . .] al corpo mortale, nel quale per la cle- mentia dil sommo principe Dio, con li subsidii dil beato Gregorio ‹. . .› eligendo di vo- lere anzi quivi, che in Purga- torio, mondarsi per quello che avea demandato sí fatto dono, tutto il remanente di la sua vi- ta languire in letto d’ogne ge- neratione d’infermetade. Tutti gli altri testimoni (L R F) [. . .] l’anima del decto Troiano [. . .] fu ristituita al corpo mor- tale, nel quale per la crementia del sommo prencipe Iddio, con li subsidii del beato Gre- gorio, meritò l’ecterna vita. Ma il decto Gregorio, eleg- gendo di volere anzi qui, che in Purgatorio, mondarsi di quello che aveva chiesto sí fac- to dono, tucto il rimanente della sua vita languíe in lecto d’ogni generatione d’infermi- tade. 4. Purg., xi 16-21 A (c. 93ra) Nella prima s’ademanda il re- movimento di la colpa, dove dice: e tu perdona. Nella sicon- da se demanda il removimen- to ‹. . .› di la pena, quivi: Ma li- bera da lui. L 1 (c. 33vb) Nella prima se demanda il re- movimento dil mal di la colpa, dove dice: e tu perdona. Nella seconda se demanda il remo- vimento ‹. . .› dil mal di la pe- na, quivi: Ma libera da lui etc. Tutti gli altri testimoni (L R F) Nella prima si domanda lo ri- movimento del male della colpa, dove dice: e tu perdona. Nella iia si domanda lo rimo- vimento del male della pugna, quivi: Nostra virtú. Nella iiia si domanda il rimovimento del male della pena, quivi: Ma li- bera da lui etc. 37. Vd. Gn., 3 6: « Vidit igitur mulier quod bonum esset lignum ad vescendum, et pulchrum oculis, aspectuque delectabile: et tulit de fructu illius, et comedit deditque viro suo ». nota al testo xxxiii 4. Purg., xvii (proemio) R (c. 137v) Ma perché elli ‹. . .› con alcuna deliberatione e per la quale l’animo adopera alcuno processo ordinato con deliberatione, de’ quali è conve- nevole che ssi faccia mentione, di costoro tracta per modo d’una imaginatione. F (c. 195va) + L + Ma perché intende di trattare d’alcuna spetie d’ira, la qual è chiamata impietade, la quale è ira con alcuna deliberatione e per la qual l’animo adopera alcuno processo ordinato con dilibe- ratione, del quale è convenevole che si faccia mentione, di costor tratta per modo d’imagina- tione. 5. Purg., xviii 49-60 R (c. 141r b) E però questa scienzia naturale questo primo movimento non è dall’anima, com’è detto; ma la scientia di teologia considera avere queste virtú le spetie dell’ordine di Dio, che l’ha create e di niente ‹. . .›. F (c. 197rb) + L + E però questa scientia naturale questo primo movimento non è dell’anima, com’è detto; ma la scientia di teologia considera aver questa ver- tú le spetie dell’ordine di Dio, che l’ha create e redutte in esser, sí che quello effetto non presu- pone cagione naturale. 6. Purg., xix 139-41 R (c. 145va) Vattene ecc. In questo commiato che Adriano dà all’auctore, dimostra quanto è caro il tempo della penitenza ‹. . .›. Onde dice nel secondo capitolo di santo Mateo che santo Giovanni Batista venía predicando e dicendo: « Fate pe- nitenza e il regno del cielo aproximerà ». F (c. 199va) + L + Vattene. In questo comiato che Adriano dà all’autore, dimostra quanto è caro il tempo del- la penitentia, co· lla quale matura quello sanza quale a Dio non si può tornare, cioè il [ms. al] frutto della penitentia. Onde dice nel secondo capitolo di san Matteo che san Giovanni Batista venía predicando e dicendo: « Fate penitentia e il regno del cielo aproximerà ». L’indipendenza fra i due testimoni è inoltre confermata dalla presenza in F di un dittico di glosse attestate da tutti gli altri codici dell’Ottimo, con l’eccezione del solo R, e che quindi sono senz’altro ascrivibili al corpus originario del commento. La loro regi- strazione da parte del copista di F consente dunque di escludere che tali chiose siano state ricavate da R, dove sono appunto omesse: 1. Purg., xvi 103-5 R (c. 137ra) [omette] F (c. 195r) + L + Ben puoi vedere. Or conchiude che la natura non è cagione del peccato, ma ll’uomo che lei con- rompe e il difetto del mal governatore, dal qua- le non il buono ma il male exemplo si prende. ottimo commento · purgatorio xxxiv 2. Purg., xviii 82 e 85 R (c. 141v) [omette] F (c. 197rb-va) + L + [v. 82] E quell’ombra. Cioè Vergilio, che fu di Mantova (per lo cui valore e scientia, della qual sparge sí gran fiume, Mantova è piú famosa), avea scarcata la soma che l’avea posto, solvendo il detto dubbio. [v. 85] Per che io, quella ragione. Quasi dica: io sono sadisfatto secondo natural filosofia, ma serbolo a chiosare con chiose di Beatrice. La discendenza di R e F da un comune antigrafo è invece garantita da una vasta gamma di errori congiuntivi, tra cui si segnalano qui almeno i seguenti: 1. Purg., viii 85-93 R (c. 113va) Venus era nella parte orientale che precedea il Sole e llo Car- ro era a tramontana: ora sono queste tre stelle dov’era il Car- ro, sí che passano uno díe ar- tificiale. Quanto ad allegoria, è tanto passato che dov’era in sulla cognoscenza di virtú morale ora è. F (c. 181rb) Venus era nella parte occiden- tale che precedea il Sole e llo Carro era a tramontana: or sono queste tre stelle dov’era il Carro, sí cche passano un dí artificiale. Quanto ad al- legoria, è tanto passato che dov’era [ms. dovea] in sulla cognoscentia di virtú morale ora è [spazio bianco lasciato dal copista].38 Tutti gli altri testimoni (L + ) Venus era nella parte orientale che precedea il Sole, e il Carro era a tramontana; ora dove era il Carro sono queste tre stelle, sí che è passato uno dí artifi- ciale. Quanto ad allegoria, è tanto passato che dove era in sola conoscenza di virtú mo- rale, ora è venuto socto il go- verno delle tre virtú teologi- che. 2. Purg., viii 133-39 38 R (c. 114va) E dice: Se corso di giudicio non s’aresta, predicendo in questo la futura cacciata di Dante e luogo exilio, nel quale, infra gli altri, li marchesi piú l’ono- raro. F (c. 181va) E dice: Se corso [ms. socorso] di giudicio non s’aresta, predicendo in questo la futura cacciata di Dante e lluogo exilio, nel quale, intra gl’altri, i marchesi l’onoravano piú. Tutti gli altri testimoni (L + ) E dice: Se ’l corso di giudicio non s’aresta, predicendo in questo la futura cacciata di Dante e ’l lungo exilio, nel quale, intra li altri, li marchesi piú l’onoraro. 38. La presenza di questa “finestra” lasciata dal copista di F certifica che l’omissione della parte finale della chiosa (condivisa con il ms. R) era dovuta a un antigrafo di difficile lettura o lacunoso. nota al testo xxxv 3. Purg., ix 136-38 R (c. 117va) Cesare co· lla sua gente tornò a Roma, la quale era piena di dubbiosi spaventamenti e bol- lía di discordia; alcuni erano infiammati da Dio, e altri afreddati di paura, e da ciascu- na parte grande sospetto. F (c. 183vb) Cesare con la sua gente si tor- nò a Roma, la qual era piena di dubiosi spaventamenti e bolli- va di discordia; alcuni erano infiammati da Dio, altri affre- dati di paura, e da ciascun par- te in gran sospetto. Tutti gli altri testimoni (L + ) Cesare con la sua gente tornò a Roma, la quale era piena di dubbiosi spaventamenti e bol- lía di discordia; alcuni erano infiamati d’odio, altri affredati di paura, e da catuna parte grande sospecto. 4. Purg., x (proemio) R (c. 117vb) La sacra pagina, Deutronomio, capitolo vi: « Ama il cuore tuo di tutto il cuore tuo »; e xi: « Ama il Signore Dio tuo ». [. . .] Se naturalmente noi a- miamo il padre nostro eterno dal quale avemo parte del no- stro essere, cioè la materia corporale, quanto maggior- mente dovemo amare Iddio, il quale ci ha dato l’essere, cioè l’anima e ’l corpo [. . .]? F (c. 184ra) La sacra pagina, Deutronomio, capitolo vio: « Ama il cuor tuo di tutto il cuor tuo »; e xio: « Ama il Signore Idio tuo ». [. . .] Se naturalmente amiamo il padre nostro eterno dal quale abiamo parte del nostro essere, cioè la materia corpo- rale, quanto magiormente do- vemo amare Idio, il quale ci ha dato l’essere, cioè l’anima e ’l corpo [. . .]? Tutti gli altri testimoni (L + ) La sagra pagina, Deutronomico, capitolo vio: « Ama Idio tuo di tucto il cuore tuo »; e xio: « Ama il Signore Dio tuo ». [. . .] Se naturalmente noi amiamo il padre nostro terre- no, dal quale avemo parte di nostro essere, cioè la materia corporale, quanto maggior- mente dovemo amare Idio, il quale ci ha dato tucto l’essere, cioè l’anima e ’l corpo [. . .]? 5. Purg., xiii 37-39 R (c. 127rb) E dice: E però sono, però che questi furono invidiosi, però sono isforzati con tali sermo- ni, che sono pieni d’iracun- dia. F (c. 190vb) E dice: E però sono, cio‹è› che questi furono invidiosi, e però sono sferzati con tali sermoni, che sono pieni d’iracundia. Tutti gli altri testimoni (L + ) E dice: però sono, cioè perché questi furono invidiosi, però sono sferzati con cotali ser- moni, che sono pieni di carita- de. 6. Purg., xiv 19-21 F (c. 191rb) Di sopra quel fiume reco io questa persona, ma se io vi di- cessi ch’io sono, non mi rico- gnosceresti, sí sono di grado non excellente; e per ora [ms. R (c. 129va) Di sopra quello fiume reco io questa persona, ma se io vi di- cesse ch’io sono, no· mmi co- gnoscereste, s’io sono di grado none excellente; e per ora li Tutti gli altri testimoni (L + ) Di sovr’esso rech’io questa persona etc. Ma s’io vi dicessi chi io so- no, non mi conosceresti, sí so- no di grado non excellente; e però il mi voglio tacere, ché io ottimo commento · purgatorio xxxviii giare infignesi essere morta, e in cotale guisa gli uccelli di- scendenti a llei, come a un corpo morto, rapisce e uccide. I testimoni R e F, infine, oltre a essere contrassegnati dalla comune omissione di una serie di glosse tràdite dalla restante tradizione,39 trasmettono tre chiose singulares (as- senti negli altri mss. dell’Ottimo), che confermano la loro discendenza da un medesimo capostipite : 1. Purg., xiii 10-12 R (c. 126va) Se qui ecc. Chiare sono le pa- role di Virgilio. F (c. 190va) Segui. Chiare sono le parole di Virgilio. Tutti gli altri testimoni (L + ) [omettono] 2. Purg., xvi 22 R (c. 135va) Quei sono spiriti. Domanda l’auctore a Vergilio se quelli sono spiriti, quasi dica: o sono angeli? F (c. 194ra) Que’ sono spiriti. Domanda l’autore Vergilio se quelli so- no spiriti, quasi dica: o son an- geli? Tutti gli altri testimoni (L + ) [omettono] 3. Purg., xx 31-33 R (c. 146va) Esso parlava ecc. Nella leggen- da di santo Niccolò [ms. Nic- coio] è scripto che, morto il suo padre Epifisio e la sua ma- dre Giovanna ricchi e santi, lo beato Niccolò cominciò a di- spensare: com’elli dispensasse cosí grande riccheza non è a laude umana, ma a gloria di Dio. Allora uno suo vicino as- sai nobile era constretto, per povertade, mettere tre sue vergini figliuole ad inlicito 39. Si tratta, nello specifico, delle chiose ai seguenti luoghi: Purg., xii 112-14, 115-20, 121-26; xiv 65-66, 97, 136-38, a cui vanno aggiunti (per la sezione esegetica condivisa con il solo ms. L) Purg., xxi 130 e xxii 100, 148-50, 151-54. I due codici omettono inoltre la parte conclusiva delle glosse a Purg., xiv 55-64, xv 106-14, 142-44 e xxii 106. F (c. 200ra) Esso parlava. Nella legenda di santo Nicolao è scritto che, morto il suo padre Epifisio e lla sua madre Giovanna richi e santi, il beato Nicolao comin- ciò a pensare com’elli dispen- sase sí gran richeza non a llau- de umana, ma a gloria di Dio. Alora un suo vicino assai no- bile era constretto, per pover- tà, tre suo figliuole mettere con inlicito [ms. licito] guada- gno, per nutricarsi di cosí fa- Tutti gli altri testimoni (L + ) [omettono] nota al testo xxxix guadagno, per nutricarsi di cosí diffamato guadagno e ac- quisto; la qual cosa, quando santo Niccolò conobbe, ebbe in orrore [ms. errore] tale pec- cato e occultamente gittòe una palla d’oro, in uno panno co- perta, per la finestra nella casa di colui e nascosamente si par- tí. La mattina colui trovò l’oro e riferí grazie a Dio, e maritò la prima figliuola. Cosí fece san- to Niccolao la seconda volta, e quelli ne maritò la seconda fi- gliuola; e propuosesi di ve- ghiare da qui inanzi, per sape- re chi era colui che ’l sovenía alla sua necessitàe. Doppo po- chi dí il servo di Dio duplicato massa d’oro gittòe nella casa di colui; al cui suono elli si levòe e séguita colui fuggente, di- cendo: « Siste gradum » ecc. E questo è quello che dice l’auc- tore, che la largheza di santo Niccolaio condusse ad onore le tre pulzelle, delle quali vitu- perosa vita il loro padre, per inopia, avea diliberato. 2.2.1. Rapporti tra C 1 e (R + F) Il ms. C1 (databile intorno al terzo quarto del XV sec.) presenta, oltre alle chiose all’Inferno, il commento al canto i del Purgatorio, coincidente con la lezione di R e F. Il sistematico confronto dei tre codici, circoscritto al canto in questione, ha permesso non solo di confermare la sicura discendenza di C1 da (R + F), ma di individuare anche un codex interpositus ( ), dal quale con tutta probabilità derivano sia C1 sia F. Si valutino, in primo luogo, i due casi seguenti: 1. Purg., i (proemio) C1 (c. 137r) Appresso discrive il luogo sí per lo cielo sí per li abitanti tutto partito dal sito dell’In- ferno: dice che questo era dol- ce, sereno e che vi luca la stel- la d’amore e le quatro virtú mato guadagno e acquisto; la qual cosa, quando santo Nico- lao cognobe ocorrer tal pecca- to e occultamente gittò una palla d’oro, in un panno co- perta, per la finestra nella casa di colui, nascosamente si partí. La matina colui trovò l’oro e referí gratia a Dio, e maritò la magior figliuola. Cosí fece santo Nicolao la seconda vol- ta, e quelli ne maritò la secon- da figliuola; e puose di vegiare da qui inanzi, per sapere chi era colui che sovenía alla sua necessità. Doppo pochi dí il servo di Dio dupplicato massa d’oro gittò nella casa di colui; al cui suono elli si levò e sé- guita colui fugente, dicendo: « Siste gradum ». E questo è quello che dice l’autor, che la largeza di san Nicolao con- dusse ad onor le tre pulzelle, delle quali vituperosa vita a llor padre, per inopia, avea di- liberato. F (c. 167va) Apresso descrivi il luogo sí per lo cielo sí per li abitanti [ms. ati- tanti] tutto partito dal sito del- lo ’nferno: dice che questo era dolce, sereno e che vi luce la stella d’amore e lle quattro vir- R (c. 93vb) Appresso descrive il luogo sí per lo cielo sí per li abitanti tutto partito da sito dello In- ferno: dice che questo era dol- ce, sereno e che vi luca la stella d’amore co· lle quatro virtú ottimo commento · purgatorio xl cardinali; e per guardia del luogo quello canto vincesse in lo quale si mostrò quanta rigidezza di iustitia puote [. . .]. I tre codici attestano l’errore congiuntivo « canto » in luogo della lezione corretta « Cato »; inoltre C1 e F, diversamente da R, sfigurano « Uticense » in « vincesse ». 2. Purg., i 70-75 C1 (c. 141r) Secondo che scrive Seneca, pístola 24, esendo Catone nel- la sua camera e avendo letto i· libro di Cato che tratta della moralità de l’anima, ordinate le cose umane sí come in tan- ta persecuzione di Fortuna e’ potea, raguardò due strumen- ti: i· libro di Plato e una spada. F (c. 169va) Secondo che scrive Seneca, pístola xxiiiio, essendo Catone nella sua camera e avendo let- to e· libro di Cato che tratta della moralità dell’anima, or- dinate le cose umane sí come in tanta persecutione di For- tuna e’ potea, raguardò due strumenti: i· libro di Plato e una spada. R (c. 95va) Secondo che scrive Seneca, pístola xxiiiio, essendo Catone nella sua camera e avendo letto lo libro di Cato che tracta della mortalità dell’anima, ordinate le cose umane sí come in tanta persecutione di Fortuna elli potea, riguardò due strumenti [ms. dove instrumento] a capo del suo lecto: il [ms. in] libro di Plato e una spada. I tre mss. condividono l’errore di ripetizione « Cato » in luogo di « Plato » (il riferi- mento è infatti, giusta l’ipotesto senecano, al « Platonis librum », ossia al Fedone).40 Si consideri poi la seguente lacuna, che accomuna i mss. F e C1 ( ) assumendo, al contempo, valore separativo rispetto a R: 41 Purg., i 76 [F, c. 169v; C1, c. 141v] Non sono li detti etc. Poi che detto è di sopra che in cielo fu promesso e per liberatione da esso disceso quella donna per li cui prieghi Vergilio acompagna e conduce l’autore ‹. . .›, dove dice se le legi d’Inferno son rotte; e dice di no. R (c. 95v) Non son li dicti ecc. Poi che detto è di sopra che in cielo fue permesso e per diliberatione da esso disceso quella donna per li cui prieghi Virgilio acompagna e conduce l’auctore, per che è rispo- sto a quelle parole di Catone: O è mutato in cielo nuovo consiglio ecc., qui risponde a l’altre dove di- ce se lle leggi d’Inferno sono rocte; e dice di no. L’indipendenza di (F + C 1 ) da R è dimostrabile alla luce dei seguenti errori separativi: 40. Vd. Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, iii 24 6: « Quidni ego narrem ultima illa nocte Platonis librum legentem posito ad caput gladio? Duo haec in rebus extremis instrumenta prospexerat ». 41. In tutte le esemplificazioni il testo di sarà riportato secondo la lezione di F. cardinali; e per guardia de· luogo quello canto Uticense in lo quale si mostròe quanta rigideza di giustitia puote [. . .]. tú cardinali; e per guardia del luogo quello canto vincesse nel quale si mostrò quanta rigi- deza di iustitia puote [. . .]. nota al testo xliii lanèo fino alla conclusione del canto xxix, laddove il codice laurenziano offre per le chiose a Purg., xxiv 103-xxix 154, un corredo esegetico sensibilmente ridotto rispetto alla media (soprattutto nei proemi),47 che manifesta alcune intrinseche problematicità. In questa sezione del commento, in effetti, il testo tràdito dal codice laurenziano è contraddistinto dalla presenza di alcune chiose lacunose,48 se non addirittura incom- piute (con relativi spazi bianchi lasciati dal copista),49 oppure con rimandi interni non esplicitati, come nei seguenti casi: 1. Purg., xxvi 73-81 Beato te etc. La gente che non viene etc. Cesare, triunfando etc. Qui introduce l’autore la risposta data da quella anima, e prima loda lo stato dell’autore. E dice che offese [ms. offerse], cioè peccòe in quello vitio nel quale il re di Bitinia peccòe con Cesere. Onde poi quando Cesare ebbe menato a fine tucta la parte di Pompeo, e soctoposto a Roma il ponente e levante, e ’l mezzodí, e ’l sectentrione, faccendoli li Romani il triu‹n›fo, li fue rimproverato, chiamandolo “reina”. Licito era quello dí di dire al triunfiatore ogni villanía; e ancora li ne faceano alcuna, a dimostrare la libertade del popolo e l’umanitade del triunfiatore. Del modo del triunfio è scripto nella chiosa del canto. . . (c. 101r b). 2. Purg., xxvi 94-96 Quali nella tristitia di Li‹c›urgo etc. Per questa comperatione dà l’autore [ms. dell’autore] ad intende- re quanta letitia ebbe di vedere messer Guido Guinzelli. Questa istoria di Ligurgo è toccata nella chiosa del . . . canto d’Inferno, e del . . . e in piú luoghi; ma qui questa particella hae bisogno di sten- dere (c. 101va). 3. Purg., xxviii 49-50 Tu mi fai rimembrare dove e quale fosse / Proserpina etc. Questa favola non fa di racontare qui, però che distesamente è narrata nella chiosa del . . . capitolo d’Inferno, sopra quella parola. Proserpina fu fi- gliuola di Cerere, e fu rapita da Plutone nella isola di Sicilia; ed è decta reina d’Inferno (c. 103vb). Nella totalità dei riferimenti a chiose infernali e al libro della Genesi, inoltre, viene omessa l’indicazione del canto o del capitolo corrispondente: 47. Questa è, ad es., l’intera « Chiosa generale » al canto xxviii: « Vago già di cercare etc. In questo xxviiio canto l’autore, ubidendo la doctrina del suo maestro, procede nel suo camino e fa tre cose. Nella prima descrive come entròe nel Paradiso deletiarum. Nella seconda pone lo manifestamen- to di quella donna, che nel precedente canto in visione li apparve. Nella iiia pone e solve una questione, e palesa l’essere di quello luogo » (c. 103va). 48. Vd. xxv 79-82: « [. . .] Lachesis, cioè . . ., e portane seco l’umano, cioè il corpo, alla terra e ’l divino, cioè l’anima, secondo i suoi meriti » (c. 100r b); xxvii 94-96: « [. . .] figliuola di Dio Saturno . . ., e però qui la trae in questa comperatione l’autore in forma di femina » (c. 103r a); xxix 40-42: « Cioè Elicona per me versifichi, e ch’Urane [ms. curane] che è . . . m’aiuti col suo coro [ms. core], cioè compagna » (c. 105r b). 49. Vd. xxv 22-30: « [. . .] Scrive Ovidio che . . . » (c. 99va); xxviii 115-26: « [. . .] però che qui s’oser- va quella legge . . . » (c. 104vb); xxviii 127-33: « [. . .] l’una toglie la memoria del male, l’altra . . . » (c. 104va); xxviii 134-38: « [. . .] data la solutione della questione, agiugne oltre alcuna cosa . . . » (c. 104va). ottimo commento · purgatorio xliv 1. Purg., xxv 79-82 Quando Lachesis non ha piú del lino etc. [. . .] Di queste tre furie, Cloto, Lachesis e Antropos è scripta la expositione nella . . . del . . . canto d’Inferno (c. 100r b). 2. Purg., xxvi (proemio) Del primo modo tocca qui in persona di Guido Guinzelli; del secondo in persona di Pasife, mog- lie di Minòs re di Creti, della quale scrisse la chiosa di sopra, capitolo . . . dello Inferno (c. 100v). 3. Purg., xxvi 40 La nuova gente etc. Qui denota in quale spetie di luxuria peccarono. Come Soddoma e Gomorra perirono per fuoco celestiale per lo peccato soddomitico, scripto è nel Genesi, capitolo . . . (c. 101r a). 4. Purg., xxvi 41-42 E l’altra: Nella vacca etc. Pasife etc. E cosí costoro denotano in loro boce che peccarono bestialmente, e sí nel modo, e sí nella spetie. La istoria di Passife è scripta in piú parti, e spetialmente nella chio- sa del . . . canto dello Inferno, dove parla del Minutauro (c. 101r a). 5. Purg., xxviii 88-102 Ond’ella: Io dicerò etc. [. . .] E come [Adamo] mutasse in fatica lo stato paradisiaco, è scripto nel Gene- si, capitolo . . . (c. 104va). Gli elementi di incompletezza che contrassegnano le chiose a Purg., xxiv 103-xxix 154, tràdite da L, forse costitutivamente lacunose per l’assenza di un labor limae autoria- le, indussero cosí il Rocca a manifestare le proprie perplessità al riguardo: Insomma in questi capitoli v’ha qualche cosa di anormale: non si può asserire che non apparten- gano all’Ottimo, perché qua e là vi ravvisiamo ancora i suoi modi caratteristici; ma sono come incompleti, non saprei dire se per difetto dell’unico manoscritto che li contiene, o perché lasciati incompleti dall’autore stesso. Ad ogni modo i cinque capitoli del Lana, che troviamo ad essi sosti- tuiti nei codici del secondo gruppo, non vi possono stare assolutamente; [. . .] e ad essi dobbiamo preferire quelli dell’edizione pisana [= L], sebbene anche questi non ci appaghino a pieno.50 Ai fini dell’ascrizione di tale apparato notulare al corpus dell’Ottimo, vanno perciò ri- levati i seguenti dati: a) nel proemio al canto xxv è inserita una digressione dottrinale sul vizio della lus- suria, in larga parte coincidente con la « Chiosa generale » al canto v dell’Inferno, che viene esplicitamente chiamata in causa: Intende l’autore tractare del vitio della luxuria; e però che di questa corrutione è scripto nella chiosa di sopra il vo capitolo dello Inferno sofficientemente, qui per contentare alquanto il lectore, 50. Rocca, Di alcuni commenti, pp. 309-10. Sull’opportunità di preferire alle chiose lanèe tràdite dai codici del ii gruppo la lezione della stampa pisana si mostrò invece assai dubbioso Vandelli, Una nuova redazione, pp. 109-12. nota al testo xlv però che lla materia il richiede, ne scriverò, difinendo e dividendo luxuria e incontinentia di cor- po, la [ms. della] quale nasce del prurito della carne; e nasce la luxuria da abondantia di cibo, o di beveraggio, o d’altra cosa. Luxuria si divide in due spetie [. . .] (c. 99rb). b) Nella glossa relativa a Purg., xxv 79-82, la consunzione dell’« umido radicale » vie- ne associata a Lachesi, in maniera analoga alla chiosa a Purg., xxi 25-33, dove già ricorre questo termine tecnico, mutuato dalla dottrina medica della complessione: Quando Lachesis non ha piú del lino etc. Cioè quando l’umido radicale è tucto consumato e venuto meno nello uomo, sciogliesi dalla carne Lachesis, cioè . . ., e portane seco l’umano (cioè il corpo) alla terra, e ’l divino (cioè l’anima) secondo i suoi meriti (c. 100rb). c) Nella glossa a Purg., xxviii 88-102, oltre a due rinvii al commento ai canti xxi e ix, si registra la formula di matrice filosofica « tolta la cagione, [. . .] tolto l’effecto » (remota causa, removetur effectus), già adottata nella chiosa a Purg., xii 34-36 (« tolta la causa, tolto è l’effecto »): Ond’ella: Io dicerò etc. [. . .] E acciò che in questo luogo non fosse alcuno accidente d’acqua, di neve, di grandine e di simiglianti alterationi, li quali procedono dalli vapori che ’l Sole tira dell’acqua e della terra, il levòe tanto alto verso il cielo, che quasú [ms. quasi su] nullo vapore sale, né monta da quello luogo in su, dove si serra il Purgatorio (come è scripto nel xxi canto, sopra quella parola: Libero è qui da ogni alteratione etc. Per che non pioggia etc. Piú su cade / che lla scalecta de’ tre gradi breve etc.; la quale scalecta si discrive canto viiiio Purgatorii, quivi: Vidi una porta, e tre gradi di socto etc.), perché non impedisse l’uomo nelle buone operationi; sí che tolta la cagione, fosse tolto l’effecto (c. 104va). d) Le interpretazioni allegoriche dei vari attanti del mistico corteo edenico fornite nel commento al canto xxix appaiono sostanzialmente conformi a quelle rievocate nella glossa a Purg., xxxii 1-9, soprattutto in rapporto alla peculiare identificazione con Mosè del « vecchio solo » della processione simbolica. I rapporti di tangenza qui sopra evidenziati consentono dunque di ritenere che le chiose a Purg., xxiv 103-xxix 154, tràdite da L rispecchino l’autentica versione dell’Otti- mo, anche in ragione della sicura antichità di questo corredo esegetico, confermata dalla sua ripresa nei commenti dell’Amico dell’Ottimo (vd. le ch. a Purg., xxvii 115-17, xxix 130-32, 133-41, 142) e di Andrea Lancia (vd. le ch. a Purg., xxv 37-51, 52-60, 61-63, 64-66, 67-75), allestiti fra il 1337 e il 1343.51 A partire dal canto xxx, infine, L torna a coincidere con la lezione di , e le si man- tiene fedele fino al termine della cantica purgatoriale. 2.4. Legami stemmatici fra , e L Dopo aver individuato i legami stemmatici fra i codici contrassegnati dalle mede- sime interpolazioni lanèe, occorre ora analizzare i rapporti fra i capostipiti di questi due raggruppamenti ( e ), nonché tra essi e il ms. L, allo scopo di delineare una completa ricostruzione genealogica della tradizione. 51. Per la datazione dei due testi esegetici cfr. risp. l’Introduzione di C. Perna alle Chiose sopra la ‘Co- media’ dell’Amico dell’Ottimo, to. iv pp. ix-lxxvi, e L. Azzetta, Introduzione, in Lancia, vol. i pp. 9-67. ottimo commento · purgatorio xlviii afferenti a (R e F), infatti, non potrebbero a rigore derivare da L, poiché il codice laurenziano riproduce litteraliter il testo del Lana nei primi sei canti, laddove tramanda un apparato di chiose in cui si possono riconoscere i tratti caratteristici dell’Ottimo; a sua volta presenta una vistosa interpolazione lanèa nella sezione Purg., xxiv 103-xxix 154, a differenza di L, che invece attesta qui un autonomo corredo esegetico, riconducibile, nonostante la sua inusuale brevitas, al corpus originario dell’Ottimo (vd. al riguardo 2.3). Ma la sicura indipendenza di rispetto a L è dimostrabile sulla base di lacune tràdite dal codice laurenziano, alle quali corrisponde il testo integro di R e F. Un caso dal for- te valore probatorio è offerto, in particolare, dal commento a Purg., xvi 52-66, nella cui trascrizione il copista di L omette la quasi totalità della glossa al v. 52 per un esteso saut du même au même, indotto dalla ripetizione del nome « Marco Lombardo » negli incipit delle chiose ai vv. 52 e 64. Tale lacuna, impossibile da sanare per congettura e oltretutto priva di una sua immediata riconoscibilità, non compare in : Purg., xvi 52 e 64 + [R, c. 136r a; F, c. 194rb-va] [v. 52] E io a llui ecc. In questo parlare fa l’aucto- re due cose: prima s’obriga a Marco Lombar- do di pregare per lui, nella seconda muove uno dubbio e inchiede quale è la cagione che il mondo è privato e abandonato d’ogni virtude e gravido [gaudio R] e coperto di malitia. La se- conda comincia quivi: Ma io scoppio ecc.; e so- giunge ch’alcuno uom dà la cagione [alcuno co· lla causa R] al corso del cielo, e alcuno alla ma- la dispositione della materia; e dice: ché nel cielo uno ecc., e uno qua giú la pone. E per altro modo questa lettera si può sporre in due guise, l’una che per queste parole s’intendano due cose, che sono sí come causa di questa malitia. La prima è il moto [monte R] del corpo celeste, non so- lamente per moto comprendendo moto locale, ma etiandio moto d’alteratione, secondo il qua- le il cielo maximamente dà sua influenza in queste cose di sotto, sí come è per lo lume e altre virtudi che vi [llí R] sono, secondo diver- si pianeti e diverse portioni del cielo nel circu- lo Zodiaco, e secondo diverse stelle del Cielo Stellato [. . .]. Questo è quello che riferisce l’auc- tore secondo l’oppenione de’ filosafi, e sopra cciò fonda sua quistione, alla cui solutione il domandato procede cosí: Lo mondo è cieco, cosí: [v. 64] Alto sospiro ecc. In questa risposta, che fa Marco Lombardo alla proposta questione, fa L (c. 84r a) [v. 52] E io a llui etc. In questo parlare fa l’autore due cose; sé obbliga a Marco Lombardo ‹. . .›, alla proposta questione fa due cose: prima mo- stra per acti che ‹a› l’anime che sono in stato di salvatione molto dolga della disordinanza de’ viventi; nella seconda accede alla risposta. nota al testo xlix due cose: prima mostra per atti che all’anime [l’anime F ] che sono in stato [acto R] di salva- tione molto si dogliano della disordinanza de’ viventi; nella seconda accede alla risposta. Si vedano ancora i due esempi seguenti, dove a fronte di un’omissione di L (nel se- condo caso addirittura segnalata dal copista mediante un ampio spazio bianco) si regi- stra un testo integro in , che si rivela dunque autonomo rispetto al codice laurenziano: 1. Purg., xvii (proemio) L (cc. 84vb-85ra) E questo amore puote essere nell’uomo in due modi: l’uno modo è naturale, sí come è decto l’amore ch’è tra l’anima e ’l corpo ‹e› l’amore ch’è tra lla volontà e ’l bene, ch’è suo [ms. sono] obiecto ‹. . .› e ragionevolmente accede ad esso [ms. esse], sí come l’amore d’alcuno che ama Idio. + [R, c. 137vb; F, c. 195vb] E questo amore puote essere nell’uomo in due modi: l’uno modo è naturale, sí come è l’amore che è tra ll’anima e ’l corpo e l’amore che è tra lla volontà e ’l bene, che è suo obiecto; in que- sto amore non cade alcuno peccato né difecto. L’altro modo per lo quale puote essere nell’uo- mo amore si è amore accidentale che ssi gene- ra per accidente nell’animo. E questo si puote avere in diverse maniere, sí come uomo hae libero arbitrio, però che puote l’uomo tendere in buono [buono no R] stato e, ragione volente, accedere ad esso, sí come l’amore d’alcuno [che uno R] che ama Dio. 2. Purg., xx 113 L (c. 91rb) Lodiamo i calci ch’ebbe Eliadoro etc. [ampio spazio bianco lasciato dal copista]. + [R, c. 148rb-va; F, c. 201va] Lodiamo i calci ch’ebbe Eliodoro. Di costui è scripto nel primo libro de’ Maccabei, capitolo iii [. . .]. A sua volta, la discendenza di L da è da escludere non solo per i motivi prima ad- dotti (interpolazione lanèa a Purg., i-vi; commento autonomo a Purg., xxiv 103-xxix 154), ma soprattutto poiché L riporta un testo integro in corrispondenza di omissioni di non sanabili per congettura. Si veda, ad esempio, la chiosa a Purg., xii 40-42, in cui i mss. R e F presentano una medesima lacuna per saut du même au même, assente in L, che tuttavia non ha prodotto una patente interruzione testuale (tale quindi da passare inos- servata): ottimo commento · purgatorio l Purg., xii 40-42 L (c. 77rb) + E disse Saul allo scudiero suo: « Isguaina la spa- da tua e percuoti me, acciò che questi non cir- cuncisi non vengano, e uccidami [ms. uccidimi] e scerniscami »; e non volle lo scudiero suo, elli era per troppa paura spaventato. Arappò Saul la spada e giptossi sopr’essa. [R, c. 124va; F, c. 188vb] E disse Saul allo scudiere suo ‹. . .›, elli era per troppa paura spaventato. Arappò [E rappoi R] Saul la spada e gittossi sopr’essa. L, inoltre, attesta anche glosse omesse da (ma presenti in ), come in questo caso: Purg., xiv 65-66 L (c. 80vb) + Che di qui a mille anni etc. Quasi dica: di qui a perfecto tempo; però ch’elli mise a morte [ms. miseramente] nobili e altri, per la qual cosa molto e lungo odio [ms. adio] è rimaso. [R, c. 130r-v; F, c. 191vb] [omettono] Il raffronto tra L e (R + F), tuttavia, ha permesso di individuare alcuni singolari casi di coincidenza in errore fra questi tre codici contro (L1 + A), la cui fenomenologia sembra escludere la possibilità di un’innovazione poligenetica. Si vedano dunque i seguenti errori comuni fra L e , non condivisi da : 1. Purg., x 49-69 L (c. 73rb) Libro secondo de’ Re, capitolo vio: Ragunò Davit tucti gli electi d’Isdrael xxxM, e con lo- ro andòe per rimenare l’arca di Dio. [. . .] E poi ch’elli per- vennero alla arca, Oza stese la mano a l’arca di Dio e traela, perché li buoni recalcitrava- no e inchinavano quella.55 [R, c. 119r ; F, c. 185ra] Libro secondo Regum, capito- lo vi: Ragunòe Davit tutti gli eletti d’Isdrael xxx [sic RF ], e co· lloro andaro per rimenare l’arca di Dio. [. . .] Poi ch’elli pervennero all’arca ‹. . .› di Dio e tennolla, però che li buoni rincalcitravano e inchi- navano quella. [L1, c. 28vb; A, c. 91va] Libro secondo Regum, capitu- lo vio: Raunòe David tutti li electi d’Israel xxxM, e co· loro andòe per remenare l’arca de Dio. [. . .] Ma poi che perven- nero a l’arca de Dio, Ozza ste- se la mano ad essa e tenevala, però che li bue recalcitravano e inchinavano quella. 55 55. L’erroneità della lezione « buoni » in luogo del corretto « buoi » è suffragata dall’ipotesto biblico qui esplicitamente presupposto: « Postquam autem venerunt ad aream Nachon, extendit Oza manum ad arcam Dei, et tenuit eam, quoniam calcitrabant boves » (ii Rg., 6 6). nota al testo liii Purg., xviii (proemio) L (c. 86ra) Ora filosofia naturale non considera né puote considera- re ne l’uomo, anche per virtú di quella, se non quanto ella vede che l’uomo possa mon- tare piú su per naturale virtu- de, overo potentia; il cui mon- tare non s’intende altro che a beatitudine corporale, impe- rò che sua consideratione non [ms. ne non] trascende li meri- ti della decta scientia ‹. . .› della teologia considera e hae a considerare quella beatitudi- ne spirituale in che segno è. Il valore congiuntivo di queste convergenze in errore fra L e è tuttavia attenuato dalla considerazione che si tratta in gran parte di corruttele sanabili per congettura, le quali potrebbero, a rigore, già risalire al piú antico stadio della tradizione dell’Ottimo; in questa prospettiva, l’assenza di tali innovazioni in si spiegherebbe quindi come esito di una correzione di errori d’archetipo operata nel capostipite di questa famiglia.58 Maggiormente probante ai fini di un apparentamento fra L e appare invece la co- mune trasposizione che essi palesano nella chiosa a Purg., xv 82, dove, a differenza di , vengono invertiti il secondo e il terzo « membro » in cui il commentatore suddivide la disamina della visione estatica dantesca: Purg., xv 82-86 L (c. 82v) Come voleva etc. Qui comincia la seconda parte principale di questo capitolo, cioè dove 58. Sui rischi connessi all’individuazione, in base a errori emendabili per congettura, di « subarchetipi fittizi » che conferiscono un ingannevole « aspetto bipartito anche a tradizioni ma- noscritte che, nella realtà, saranno state a tre o piú rami », vd. il caveat di Timpanaro, Stemmi biparti- ti, p. 149, il quale individua tra le piú insidiose cause di « bipartitismo apparente » proprio l’attività congetturale dei copisti (insieme alla contaminazione e alla poligenesi delle innovazioni). [L1, c. 59va; A, c. 106rb] Ora la filoççofia naturale non considera né puote considera- re ne l’uomo, anche per vertú di quella, se non quanto ella vede che uomo non possa montare piú suso per natural vertude, overo [e A] potenze; il cui montare non se stende ad altro che a beatitudene cor- porale appare, imperò che sua consideratione non trascende li monti di la detta scientia [ap- pare . . . scientia om. A]. La scien- tia di teologia considera e hae considerare quelle [quella A] beatitudene spirtuale in che segno è. [R, c. 140rb; F, c. 196vb] Ora la filosofia naturale non considera né puote considera- re nell’uomo, anche per virtú di quella, se non quanto ella vede che l’uomo possa monta- re piú suso per naturale virtú, overo potenze; il cui montare non si stende altro che a beati- tudine corporale, però che sua consideratione non trascende li monti della scientia ‹. . .› del- la teologia considera e hae a considerare quella beatitudi- ne spirituale in che segno è. [R, cc. 133v-134ra; F, c. 193r] Com’io. Qui comincia la se- conda parte principale di que- sto capitolo, cioè dove tractare [L1, cc. 50v-51ra; A, c. 101rb-v] Com’io volea dicer “Tu m’apaghi etc. Quivi comentia la secon- da parte principale dil presen- ottimo commento · purgatorio liv tractare intende della purga- tione del vitio della iracundia. E però qui [. . .] premecte una visione e ha tre membri: l’uno incomincia qui: Ivi m’aparve; lo iio quivi: Indi mi parve; lo iiio quivi: Poi vidi etc. [. . .]. Lo iiio membro, che co- mincia quivi: Poi vidi etc., toc- ca un’altra storia, sí come quando Stefano primo proto- martire, l’agosto seguente al marzo che Cristo fu crucifixo, díe iii del mese, fu per lo no- me di Cristo lapidato da’ Giu- dei [. . .]. Lo iio membro, che inco- mincia quivi: Indi m’apparve etc., introduce un’altra storia. Pisistrato, tiranno d’Attene, avea una figliuola vergine, bella, amata da uno nobile giovane d’Attene [. . .]. Nella sezione di commento per la quale manca la possibilità del confronto testuale con (Purg., xxi 34-xxxiii), si possono poi indicare altri due luoghi funzionali alla di- mostrazione di una probabile dipendenza dei mss. L, R e F da un comune capostipite. Nel primo caso, tratto dalla chiosa a Purg., xxi 46-49, i tre codici attestano una diffrazio- ne di varianti deteriori (« seconde », « secondo », « seconda ») a fronte della plausibile lezione autentica « salendo »: 1. Purg., xxi 46-49 L (c. 92rb) Per che non pioggia. [. . .] L’aere naturalmente è umido, e per la vicinitade della ritonditade è calido, onde elli opera secondo l’una e l’altra proprietade della sua qualitade; e però della su- perficie della terra e della acqua infino alla spe- ra del fuoco seconde e profondo e lungo in ogni luogo si scende. [R, c. 150ra; F, c. 202va] Per che non piova. [. . .] L’aere naturalmente è umido, e per la vicinitade della ritondità è cal- do, onde elli opera secondo l’una e l’altra pro- prietade della sua qualitade; e però della super- ficie della terra e dell’acqua infino alla spera del fuoco secondo [seconda F ] a alto e profondo lato e lungo [luogo R] e in ogni luogo si stende. Nel secondo caso, desunto dal proemio al canto xxxii, i testimoni L e R (il ms. F intende del vitio della iracun- dia. E però qui [. . .] premette una visione che hae tre mem- bri: l’uno comincia quivi: Ivi m’apparve; lo secondo quivi: Indi [Ivi R] mi parve; lo [la R] iii quivi: Poi vidi [. . .]. Lo terzo membro, che co- mincia quivi: Poi vidi ecc., toc- ca un’altra storia, sí come quando Stefano primo proto- martire, l’agosto seguente il marzo che Cristo fue croci- fixo, díe iii del mese, fue per lo nome di Cristo lapidato da’ Iudei [. . .]. Lo secondo membro, che comincia quivi: Indi m’aparve, introduce un’altra [una R] sto- ria. Pisistrato, tiranno d’Ate- ne, avea una figliuola vergine, bella, amata da uno nobil gio- vane d’Atene [. . .]. te capitulo, cioè dove tractare intende di la purgatione dil vitio di la iracundia. E però quive [. . .] premette una visio- ne che hae tre membri: l’uno comentia quive: Ive m’aparve etc.; lo secondo quive: Inde m’aparve un’altra etc.; lo terzo quive: Poi vidde gente etc. [. . .]. Lo secondo membro di la vissione, che comentia quive: Inde m’aparve un’altra etc., in- troduce una istoria che fu in Atene. Filistrato, tiranno d’A- tene, avea una figliuola verge- ne e bella, amata da uno gio- vane belissimo d’Atene [. . .]. Lo terzo membro de la vis- sione, che comentia quive: Poi vedde gente accesi etc., tocca un’altra istoria, sí come quan- do il beato Stefano primo pro- tomartire, l’agosto seguente al marzo che Cristo fue cruci- fixo, díe iii del detto mese, fue per lo nome de Cristo lapida- to da li Giudei [. . .]. nota al testo lv risulta purtroppo sfigurato ad locum da una lacuna per omeoteleuto) presentano una lezione incongrua (« diminuito »), già evidenziata dal Torri,59 frutto di un’evidente corruttela dell’ipotesto qui richiamato (cfr. Pietro Lombardo, Sententiae, ii d. 17 6: « Li- gnum autem vitae dictum est, sicut docet Beda et Strabus, quia divinitus accepit hanc vim »): 2. Purg., xxxii (proemio) L (c. 110r) Il Maestro delle Sententie, libro secondo, di- stintione xviia, parlando del sopradecto albero, chiamato legno di vita, e ‹del›l’altro, chiamato legno di scientia di bene e di male, dice che elli è decto legno di vita, sí come [ms. sí come sí come] dice Beda e Strabo, che diminuito pre- se questa virtú [. . .]. [R, c. 179rb; F, c. 214vb lac.] Il Maestro delle Sententie, libro secondo, di- stinzione xvii, parlando del sopradetto arbero, chiamato il legno di vita, e ‹del›l’altro, chiama- to legno di scientia del bene e del male, dice ch’egli è detto legno di vita, sí come dice Beda e Strabo, che diminuito prese questa virtú [. . .]. I tre testimoni in questione, inoltre, risultano lacunosi nella sezione conclusiva della glossa a Purg., xxx 127-29, presentando al contempo l’identica omissione di una forma verbale nel proemio al canto xxxiii: 1. Purg., xxx 127-29 L (c. 108ra) Quando di carne etc. E questo testo similemente puote avere due expositioni, l’una al senso del- la lectera, l’altra alla speculatione, cioè, quando ella corporalmente fue morta e salita in cielo, dove tanto era piú bella, quanto l’anima è piú nobile che ’l corpo, allora mi gradíe meno, però ch’elli era mondano e cose mondane amava, io era [ms. tra] fatta celestiale etc. O vuogli a spiri- to, quando passòe alla iiia parte di teologia, dove tracta <. . .>. [R, c. 176rb; F, c. 214ra] Quando di carne ecc. E questo testo similmente puote avere due dispositioni, l’una al senso del- la lettera, l’altra alla speculatione, cioè, quando ella corporalmente fue morta e salita in cielo, dove tanto era piú bella, quanto l’anima è piú nobile che ’l corpo, allora mi gradío [mingradío R] meno, però ch’elli era mondano e cose mondane amava, io era facta celestiale ecc. O vuoli a spirito, quando passò alla terza parte di teologia, dove tracta <. . .>. 2. Purg., xxxiii (proemio) L (c. 112ra) L’autore ‹. . .› al principio di questo canto da quello salmo lxxviiio, nel quale Davit profetiz- 59. Vd. Torri, vol. ii p. 560 (« Cosí il Testo »), con la successiva proposta correttoria in Appendice a p. 615 (« Forse di seguito »). [R, c. 182rb; F, c. 216ra] L’auctore ‹. . .› al principio di questo canto da quel salmo lxxviii, nel quale David profeta pro- ottimo commento · purgatorio lviii non si riscontrano nel ramo .64 I rapporti stemmatici fra i codici L, R e F (con l’aggiun- ta di C1, limitatamente al primo canto) possono di conseguenza essere cosí raffigurati: 2.5. Rapporti tra (L 1 + A) e (L + R + F) Il confronto tra le due famiglie di codici individuate nella tradizione manoscritta del Purgatorio consente, infine, di riconoscere la presenza di alcuni errori significativi, dal valore indubbiamente monogenetico, che dimostrano l’esistenza di un archetipo ( ), dal quale con ogni probabilità sono discesi tutti i testimoni latori del commento alla seconda cantica.65 Si considerino dunque i seguenti errori congiuntivi fra e :66 1. Purg., ix 19-30 [L, c. 71r b; R, c. 116r a; F, c. 182vb] In sogno mi parea etc. Ecco la forma del sogno dello autore. Dice che lli parea vedere con l’ali [lai L] aperte una aguglia con penne d’oro stare sospesa; non volava, ma stava intesa per fedire, e parevali essere là dove li fanciulli ch’erano [dove li fanciulli RF ] con Ganimedes, fi- gliuolo del re Priamo, fue rapito da Iove; il quale innamoròe [innamore L] di lui, e presa 64. Vd. Timpanaro, Stemmi bipartiti, p. 148: « Se un certo numero di corruttele comuni definisce una famiglia di codici, la mancanza di quelle corruttele non definisce alcun’altra famiglia: biso- gnerà, dunque, dopo aver identificato una famiglia , vedere se gli altri codici siano a loro volta collegati da innovazioni comuni, o costituiscano, invece, diversi gruppi ». 65. Una riflessione teorica sulla definizione di archetipo, da riservare « all’oggetto ricostruito, cioè l’antenato comune all’intera tradizione, in quanto distinto dall’originale perché già corrotto », la cui esistenza « va sempre dimostrata » (Contini, Filologia, p. 26), è offerta da Trovato, Archetipo. 66. Si avverte che, in alcuni casi, la lezione di è restituibile soltanto sulla base di L1, a causa delle frequenti omissioni testuali che contrassegnano A, l’altro rappresentante del ramo. L R F C 1 [L1, c. 23vb; A, c. 89vb] In sogno me parea veder sospesa. Ecco la forma dil sogno di l’aotore. Dice che li parea vedere con l’ali aperte una aguila con penne d’oro star so- spesa; non volava, ma stava intesa per ferrire, e parevali essere là dove li fanciulli ch’erano con Ganimede, figliuolo dil re di Troia, fue [che fu A] rapito da Iove; il quale inna- morò di lui, e presa figura d’aguila descese di nota al testo lix figura d’aguglia discese del cielo, e levollo in aere, e portolsene, e fecelo suo servidore alla coppa, secondo che pone Ovidio nel viiiio del Metamorfoseos. La lezione tràdita dai mss. non risulta del tutto perspicua, e potrebbe riflettere una comune lacuna per omeoteleuto, sanabile sulla scorta del testo dantesco (cfr. vv. 22-24: « Ed esser mi parea là dove fuoro / abbandonati i suoi da Ganimede, / quando fu ratto al sommo consistoro »): « e parevali essere là dove li fanciulli ch’erano con Ganimedes ‹furono da lui abandonati. Ganimedes›, figliuolo del re [. . .] ». 2. Purg., ix 112-14 [L1, c. 25v; A, c. 90va lac.] L’uso de queste chiave si è de molte guise, in descernere quelli che sono da legare e quelli che sono d’asolvere; e puoi legare o solvere; però che quello che li degni lega, prima di la propria podestà, se fa degno di privatione. [L, c. 72r a; R, c. 117r b; F, c. 183va] L’uso di queste chiavi è di molte guise, in di- scernere quelli che sono da legare e quelli che sono da sciogliere [d’asolvere RF ]; e poi legare e sciogliere; però che lui [colui RF ] che lli inde- gni lega o scioglie, sé prima dalla propria po- destade, cioè si fa degno di privatione. La lezione « prima » appare con ogni evidenza improponibile alla luce del contesto, rendendo necessaria la correzione « priva », suffragata peraltro dall’ipotesto qui espres- samente richiamato dal commentatore: « indignos ligat vel solvit, propria potestate se privat, id est, dignum privatione se facit » (Pietro Lombardo, Sententiae, iv d. 18 3). 3. Purg., xi 1-3 [L1, c. 32r b; A, c. 92va lac.] Quasi dica: sí elli medesmo vuole adorare per tre cose ‹. . .› però c’ha da lui ogne dono se reco- nosca; elli solo è che dà li beni di la natura, li beni di la fortuna, li beni di la gratia, li beni di la gloria etc. Apresso, con ciò sia cosa ch’elli abbia dato, piú gratiosamente sia temuto e riguarda- to, però che piú spessamente a lui se recorra. [L, c. 74vb; R, c. 121r a; F, c. 186r a] Quasi dica: sí elli medesimo volle [vuole RF ] adorare per tre cose ‹. . .› ‹perché RF› da llui ogni dono si conosca [riconosca RF ]; elli solo ‹è che RF› dà li beni della natura, li beni della for- tuna, li beni della gratia, li beni della gloria. Ap- presso, con ciò sie cosa ch’elli abbia dato il do- no, piú gratiosamente sia tenuto e guardato; poi perché piú spessamente a llui donatore si ricorra. Nella rassegna delle « tre cose » necessarie alla preghiera, in tutti i mss. viene omesso il primo elemento della tripartizione, la cui presenza è legittimata non solo dalla suc- cessiva sequenza di avverbi temporali di posteriorità (« appresso » e « poi »), ma anche dal confronto con la fonte qui ripresa, ossia l’Explanatio in orationem dominicam ascritta ad Egidio Romano: « Quasi dicat: sic voluit ipse ut oraremus propter tria. Primo, ut ab ipso omne donum recognoscatur [. . .]. Ipse solus est qui dat bona naturae, et bona for- cielo, e levolo in are, e portolsene, e fecelo suo servidore di la coppa, sicondo che pone Ovidio nel nono dil Metemorfoseos. ottimo commento · purgatorio lx tunae, bona gratiae, et bona gloriae. Secundo, ut cum ipse bonum dederit, gratius ha- beatur, et melius custodiatur [. . .]. Tertio, ut ad ipsum frequentius recurramus » (Egidio Romano, Explanatio, c. 1r). 4. Purg., xii 40-42 [L1, c. 38rb; A, c. 95rb] Questi [scil. Saul] combatéo e vinse gran parte di li nimici dil populo d’Israel; poi Dio, però ch’elli non ubidío tutti li suoi comandamenti, il privòe dil regno e unse il re Davit; il quale Saul ‹. . .›. Come dice nel xxxio capitolo e ne l’ultimo capitolo [Come dice ne l’ultimo capitulo A] dil primo libro di li Re, li Filistini combateano [combatendo li Filistini A] contra il popolo d’I- srael, e l’Israeliti fuorono dinanzi da la faccia di li Filistini [. . .]. [L, c. 77rb; R, c. 124rb; F, c. 188vb] Questi [scil. Saul] combacté e vinse grande par- te delli nimici del popolo d’Isdrael; poi Idio, perch’elli non ubbidíe tucti li suoi comanda- menti, il privò del regno e unse [vinse LR] il re Davit; il quale Saul ‹. . .›. Come dice nel xxxi capitolo del primo libro delli Re, li Filistini combacterono [combatteano R] contro il [col RF ] popolo d’Isdrael, e l’Isdraelli furono di- nanzi dalla faccia delli Filistini [. . .]. Questo passo non solo attesta una comune lacuna, non restituibile, dopo « il quale Saul », ma anche una lezione (« furono ») inautentica alla luce dell’ipotesto biblico di- chiaratamente presupposto: « Philisthim autem pugnabant adversum Israhel et fuge- runt viri Israhel ante faciem Philisthim » (i Rg., 31 1). Si aggiunga che nel ms. L1 una mano seriore corresse in « fugirono » la forma verbale « fuorono », a conferma dell’er- roneità della lezione tràdita. 5. Purg., xvii 55-60 [L1, c. 58r a; A, c. 105va lac.] Come dice Seneca, De benefitiis, il beneffitio se dee fare incontro a cului prima che ’l demande, il quale fae il suo lume, quando è fuore di la mano dil benefatore. [L, c. 85va; R, c. 138va; F, c. 196r b] Come dice Senaca, de’ Benifitii, il beneficio si dee fare incontro a colui che ’l dee ricevere. Ed è la ragione, però ch’elli dee obbrigare colui a [e RF ] fare il suo lume, quando è fuori ‹della ma- no RF › del benefactore. L’incongrua lezione « suo lume » risulta del tutto inammissibile, richiedendo una correzione congetturale in « simile », legittimata dalla fonte senecana qui addotta: « Itaque, quamvis rettulisse illum gratiam dicamus, qui beneficium libenter accipit, iubemus tamen et simile aliquid ei, quod accepit, reddere » (Seneca, De beneficiis, ii 35 1). nota al testo lxiii Le varie sezioni del commento al Purgatorio attribuibili all’Ottimo, con i relativi mss. che le riportano, sono dunque le seguenti: Purg., i: R F C 1 Purg., ii-vi: R F Purg., vii 1-63: L R F Purg., vii 64-xxi 33: L R F A L 1 V F 4 S Ox L 2 R 2 Purg., xxi 34-xxiv 102: L R F Purg., xxiv 103-xxix 154: L Purg., xxx-xxxiii: L R F La ricostruzione dei rapporti stemmatici ha offerto l’opportunità di una concreta verifica circa l’ipotesi di una duplice redazione d’autore, cautamente avanzata da Rocca e poi ripresa e sviluppata da Vandelli e da altri studiosi (si veda per questo il par. 6 dell’Introduzione). Il riconoscimento di un archetipo al vertice della tradizione cognita, giustificato dalla presenza di errori di tipo congiuntivo in tutti i mss., fornisce un’indub- bia prova di natura filologica che autorizza ad escludere l’esistenza di due distinti stadi redazionali, garantendo la complessiva unitarietà testuale del commento.68 Le dif- ferenze di lezione che si riscontrano in alcune limitate sezioni esegetiche, infatti, pos- sono essere verosimilmente ricondotte, piú che a una specifica intentio auctoris (concetto di difficile applicazione in un testo anonimo e a basso tasso di coesione quale l’Ottimo), ad accidenti della trasmissione, dovuti in parte a guasti e lacune diversamente supplite nei vari testimoni, in parte a modifiche intenzionali operate da chi, all’epoca, ha utiliz- zato e tramandato queste chiose.69 La natura di tale archetipo, che riconduce il testo dell’Ottimo nel campo d’indagine esclusivo della filologia della copia, rispecchia le particolari condizioni di un originale che sembrerebbe configurarsi come un collettore di chiose, un manoscritto di lavoro « sovraccarico di correzioni, di giunte e di richiami »,70 sul quale l’autore dell’Ottimo andò progressivamente compilando il suo commento, via via che gli capitava di giovar- si delle precedenti esposizioni del poema e/o di altre fonti che intendesse includere in esso. Le modalità di allestimento dell’opera potrebbero forse concorrere a spiegare anche il diverso grado di completezza che caratterizza la tradizione manoscritta super- stite, con estesa presenza in ogni codice di interi blocchi di canti corrispondenti litte- 68. Sui problemi ecdotici connessi alla pluriredazionalità di un testo vd. partic. Orlandi, Pluralità di redazioni, p. 58: « i princípi su cui si fonda la ricostruzione dei rapporti tra redazioni non autentiche [. . .] sono gli stessi che servono a scoprire i rapporti tra semplici copie, cioè, in breve, la coincidenza nelle innovazioni rispetto all’originale ». 69. Si noti, in particolare, che la costante presenza di interpolazioni lanèe variamente dislocate nella tradizione del Purgatorio suggerisce con forza l’eventualità di accidenti tradizionali, quali ad es. una lacuna in uno o piú capostipiti dei singoli raggruppamenti (originata dalla caduta di alcuni fascicoli), supplita dai copisti mediante il ricorso al testo del Lana. 70. Roediger, rec. a Rocca, Di alcuni commenti, col. 111. Riconducibili all’archetipo potrebbero anche essere alcuni casi di chiose posposte (Purg., xiii 136-38) o, viceversa, anteposte (Purg., xv 37-39 e xvii 130-32) che si registrano nell’intera tradizione manoscritta. ottimo commento · purgatorio lxiv raliter al testo lanèo; inoltre, certe sezioni del commento che in uno o piú codici appaio- no interpolate con il Lana, si presentano, al contrario, in altri testimoni in una versione che può dirsi “originale”. Questa circostanza, che trova come suo immediato corollario l’assenza di un codice che tramandi integralmente il commento al Purgatorio, indurrebbe a pensare che le chiose dell’Ottimo relative alla seconda cantica siano state diffuse “a scaglioni”, per gruppi di fascicoli separati, da riprodurre con il sistema della pecia; a tale situazione avranno poi cercato di porre rimedio nel tempo i copisti, integrando diversamente il testo col Lana e originando cosí le differenti tipologie oggi riscontrabili nei mss.71 Ap- pare quindi ipotizzabile una vera e propria funzione vicaria del Lana a fronte di esem- plari incompleti dell’Ottimo. Tale fenomenologia interpolatoria, la quale farebbe sup- porre, da parte dei vari trascrittori, una sorta di intercambiabilità fra i due commenti (i cui testi furono in effetti a lungo confusi da numerosi letterati e studiosi, che fino alla seconda metà dell’Ottocento continuarono erroneamente a identificare l’Ottimo con il Lana: vd. l’Introduzione, par. 2), non appare circoscritta alla sola tradizione del Purgatorio, ma è riscontrabile anche in alcuni mss. del Paradiso, i quali riportano il testo di Iacomo della Lana da Par., xxviii 79, fino al termine della cantica.72 Pur nella consapevolezza che, nella tradizione degli antichi commenti danteschi, esistono « punti morti, che oppongono tenacemente la loro opacità a noi posteri, frane di parte della tradizione di testi per eccellenza servili »,73 non saranno da trascurare, al riguardo, le considerazioni di Vandelli, che colgono assai bene l’interazione articolata fra le condizioni di trasmissione dell’opera e la sua fruizione da parte dei lettori (e dei copisti): il Purgatorio è delle tre cantiche quella che appar commentata non so s’io dica con minor interesse e quindi con minor pazienza e diligenza, o piuttosto con maggiore stento in quanto il commenta- tore non si sentisse per tal parte del suo lavoro agguerrito abbastanza. [. . .] Per il Purgatorio [. . .] si avverte qualcosa di men regolare, di men sodisfacente, direi di anormale nella composizione del commento nostro in confronto con le parti precedente e seguente; di che s’avrà a cercar la ragione anche in una particolar disposizione di spirito [. . .] in cui si trovasse il commentatore rispetto alla 71. Si osservi, al riguardo, che pure i codici afferenti alla tradizione dell’Amico dell’Ottimo ap- paiono costitutivamente lacunosi per quanto concerne le glosse purgatoriali, le quali nel ms. Barb. Lat. 4103 vennero integrate da un distinto amanuense tramite una successiva addizione di chiose ricavate dal testo dell’Ottimo; intervento di supplenza che non si verifica, invece, nell’altro testi- mone rappresentativo di questo commento, il codice M 676 della Pierpont Morgan Library di New York (autografo di Andrea Lancia), dove però a sua volta si evidenzia una sporadica aggiun- ta di brevi glosse singulares in volgare, in larga parte riconducibili alla tradizione dell’Anonimo Lombardo, vòlte a colmare le lacune strutturali dell’apparato esegetico nei canti xxv e xxxii- xxxiii (cfr. Perna, Per l’identificazione). 72. Cfr. al riguardo la Nota al testo al Paradiso di V. Celotto, to. iii pp. xi-lxxiv, alle pp. xxxii- xxxv, dove il capostipite di questo gruppo di codici interpolati con il Lana nella sezione Purg., xxviii 79-xxxiii 145, è identificato con l’attuale ms. 3 della Biblioteca del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna (olim Firenze, Bibl. dei Marchesi Venturi Ginori Lisci, 46). 73. Rossi, Problemi filologici dei commenti antichi, p. 122, che precisa anche: « Non ci si deve illudere di poter capire e spiegare tutto ». nota al testo lxv seconda cantica. E se [. . .] del commento al Purgatorio non ci restano codici che ce lo diano da solo, chi non voglia credere anche questo un fatto meramente casuale, potrà pensare che motivo del non essere stato trascritto a parte sia stato un minor successo di questa parte dell’opera, spiegabile con le sue imperfezioni, presso il pubblico dantesco.74 4. Statuto testuale degli antichi commenti danteschi e soluzioni editoriali Le peculiarità strutturali e testuali che connotano il testimoniale dell’Ottimo relativo al Purgatorio riflettono in maniera emblematica una delle caratteristiche piú evidenti degli apparati esegetici danteschi e della loro Textüberlieferung. La tradizione manoscrit- ta dei commenti tre-quattrocenteschi alla Commedia, sia quelli trasmessi in maniera organica sia quelli tràditi sotto forma di recollectiones di scolari-uditori, risulta di fatto fortemente condizionata dalla particolarissima morfologia di tali prodotti, « a cui pre- siede una sorta di mobilità che li predispone piú facilmente di altre opere ad alterazio- ni e modifiche. Questi testi, avvertiti come strumenti servili, contano infatti non tanto per la loro elaborazione formale, quanto piuttosto per la quantità e l’interesse delle informazioni che sono in grado di fornire, prestandosi dunque in ogni momento della trasmissione ad aggiunte e sottrazioni in ragione della loro fruizione »,75 in un conti- nuum esegetico aperto e costantemente incrementabile.76 Nella cultura medievale il commento, considerato mero strumento ausiliario alla comprensione di un altro testo, era una forma avvertita come una sorta di « res nullius, soggetta al libero intervento del trascrittore »,77 di cui ognuno poteva liberamente ser- virsi, appropriandosene per l’allestimento di nuovi sistemi di chiose, modificando la lezione originaria, interpolando con glosse desunte da altri commentatori, inserendo osservazioni personali, aggiornamenti e attualizzazioni cronistiche, oppure ometten- do parti giudicate inessenziali all’economia del discorso: e spesso la causa prima delle aggiunte e delle riduzioni si vuol cercare nella ragione materialissima dello spazio, perché i copisti ambivano di distribuire ugualmente in ciascuna pagina le postille marginali onde venivano incorniciando un testo originale.78 Però dove la materia sovrabbondava 74. Vandelli, Una nuova redazione, pp. 133 e 135. 75. Mazzucchi, rec. a Rossi, Problemi filologici dei commenti antichi, p. 368. 76. Vd. Rossi, Problemi filologici dei commenti antichi, pp. 113-14: « La glossa è dunque il luogo de- putato del dialogo fra autore e lettore, fra autore e autore, un organismo vivo che tende a modifi- carsi in modo direttamente proporzionale al numero di coloro che lo utilizzano e, insieme al suo testo di riferimento, costituisce un sistema compatto nella mente di chi lo utilizza. Con formula acuta ed efficace Zumthor ha parlato appunto di una glose créatrice ». 77. Ivi, p. 113. Sulla tradizione del commento medievale cfr. partic. Minnis, Medieval theory of authorship, e Minnis-Scott, Medieval literary theory and criticism. 78. Gabriella Pomaro, in uno studio nel quale ha tracciato una panoramica delle diverse moda- lità impaginative adottate per l’insieme Commedia piú commento, dopo aver rilevato il frequente utilizzo della disposizione a cornice (il sistema di mise en page piú complesso) nella maggior parte dei codici dell’Ottimo, ha riflettuto sull’eventualità che « il privilegio spaziale accordato al testo dantesco in questo tipo di impaginazione » possa corrispondere a « uno scarso, o quanto meno non sistematico, interesse per la parte esegetica » (Pomaro, Forme editoriali, p. 305). ca (Purg., vii 64-xxi 33), manifestano a loro volta una distinta fisionomia: il ms. A palesa una spiccata propensione alla drastica riduzione del testo, tanto nei proemi quanto nelle chiose, mentre L1 presenta e converso una vasta gamma di interpolazioni, chiose singulares e inserti additizi. Entrambi i codici, inoltre, offrono per alcuni luoghi una le- zione solo in parte collazionabile con quella tràdita da , e sono accomunati dalla fre- quente omissione di singole glosse (spesso di breve estensione), trasmesse concorde- mente dall’altro ramo.88 Poiché la ricostruzione filologica di un testo ha sempre « limiti e gradi che di volta in volta si devono identificare »,89 ai fini ecdotici si è dunque resa necessaria l’adozione dei testimoni piú autorevoli e completi del ramo : in primo luogo L, che per la sua collo- cazione assume un ruolo di assoluto rilievo, garantendo, in tutti i casi di accordo con il ramo , una plausibile constitutio textus basata sulla legge della maggioranza stemmatica; e poi R, a cui si è dovuto far ricorso nei canti in cui L risulta interpolato con il Lana (Purg., i-vi). Il testo critico dell’Ottimo Commento al Purgatorio è stato quindi costituito sul fonda- mento di questi due codici, senza però conferire loro alcuna autorità surrettizia, ma vagliandone criticamente la lezione alla luce delle risultanze genealogiche. Si offre qui di séguito un prospetto schematico dei principali interventi correttorî, rimandando alle specifiche note di apparato per una completa e analitica documentazione delle scelte editoriali: a) nel testo di Purg., i (tràdito da R, F e C1), le modifiche hanno assunto di norma la lezione di (F + C1) o, talora, del solo F o del solo C1; b) nella sezione Purg., ii-vi (tràdita solo da R e F), gli emendamenti hanno rispecchiato la lezio- ne di F; c) nelle sezioni Purg., vii 1-63, xxi 34-xxiv 102 e xxx-xxxiii (tràdite da L, R e F), le correzioni si sono basate in via prioritaria sul fondamento di (R + F), la cui autorità stemmatica è pari a quella di L, o, in taluni casi, del solo R o del solo F; d) nella sezione Purg., vii 64-xxi 33 (tràdita da L, R, F, L1 e A), gli interventi sono stati effettuati in primo luogo sulla base dell’accordo maggioritario fra (R + F) e (L1 + A) o, in subordine, di specifici accordi fra singoli testimoni stemmaticamente indipendenti, nonché con il ricorso al solo ramo o, in casi sporadici, al sottogruppo ; e) nella sezione Purg., xxiv 103-xxix 154 (tràdita soltanto da L), le modifiche apportate sono state tutte di natura congetturale. In considerazione della natura compilativa dell’Ottimo e della sua aderenza agli ipo- testi di riferimento, si è inoltre concesso grande rilievo alla pratica dell’emendatio ex risulta non del tutto collazionabile con L e R nel commento ai canti finali del Purgatorio, a causa delle frequenti rielaborazioni sintetiche a cui sono sottoposte varie glosse. 88. Ecco l’elenco completo delle chiose omesse dal ramo : Purg., viii 82-84; xii 10-12, 85, 97; xiii 22-24, 34; xiv 13-15, 22-24, 85, 121-23, 127-29, 140-41; xv 10-12, 21, 25-27, 28-30, 40-42, 118-20, 121-26; xvi 10-15, 22-24, 28-30, 31-33, 113-14; xvii 46-47, 61-63, 64-66, 79-80, 81-84; xix 7-9, 52-54, 55-57; xx 118-23, 136-41. 89. Segre, Errori di assonanza, p. 195. ottimo commento · purgatorio lxviii fonte,90 rivelatasi un supporto ineludibile ai fini della restitutio textus, poiché non solo ha offerto indicazioni spesso dirimenti per la scelta delle varianti, ma ha permesso anche di sanare numerose lezioni deteriori, consentendo altresí l’individuazione di alcune insidiose lacune (spesso dovute a sauts du même au même) che contrassegnano l’intera tradizione.91 6. Note linguistiche Data l’assenza di un codice latore del commento integrale al Purgatorio, anche per quanto concerne la facies linguistica del testo ci si è attenuti a quella offerta nei mss. R (per la sezione Purg., i-vi) e L (per la sezione Purg., vii-xxxiii), con alcuni interventi di ammodernamento grafico (per i quali vd. avanti, par. 7), evitando qualsiasi tentativo di restituzione formale mirante a un’aleatoria ricostruzione della lingua dell’originale.92 Oltre a essere, come si è detto sopra, i testimoni piú completi e autorevoli del ramo , R e L appaiono infatti contraddistinti da una veste senza dubbio fiorentina, che non si riscontra negli esemplari afferenti al ramo , connotati invece da numerosi fenomeni riconducibili ad altre varietà toscane.93 In particolare il ms. A, pur presentando alcuni caratteri diffusi anche nei volgari norditaliani (fenomeni metafonetici, casi di scempiamento consonantico e di sonoriz- zazione delle sorde intervocaliche), che hanno spesso indotto a postularne una prove- nienza settentrionale,94 appare circoscrivibile a un àmbito toscano, non identificabile 90. Sull’importanza di questa tecnica di restauro testuale vd. Del Popolo, Un paragrafo di critica testuale. 91. Cfr. partic. le chiose a Purg., iii 88-93, vi 25-39 e 97-99, viii 121-29, xiii (proemio), xviii 49-60, xxi 82-93, xxv 67-75. 92. Sulla necessità di evitare qualsiasi « ricostruzione dell’assetto linguistico di un testo in base alla distribuzione stemmatica delle forme », optando invece per l’adozione di un ms.-base ocula- tamente prescelto alla luce di uno scrutinio della tradizione, ha insistito Vàrvaro, Autografi non letterari, p. 267. E vd. anche Folena, Filologia testuale, p. 32: « Non ci sono regole generali per il re- stauro linguistico, certo piú agevole per la poesia e per la lirica in ispecie che per la prosa: l’unica regola è la prudenza dell’in incerto abstine (col dovere di motivare quello che è incerto): anche in filologia impossibilium nulla est obligatio ». 93. Per le analisi che seguono ci si è avvalsi soprattutto di Castellani, Le varietà toscane nel Me- dioevo, e di Manni, Il Trecento toscano, pp. 34-60. Per i caratteri del fiorentino alle soglie del Trecen- to resta imprescindibile il riferimento a Castellani, Introduzione, pp. 21-166. 94. Da una cursoria disamina del testo poetico, già a fine Ottocento Edward Moore aveva indi- cato una serie di tratti linguistici che lo inducevano a ritenere il ms. di origine settentrionale: « The following are a few orthographical varieties noticed: secrata (segreta), durara, familglia [sic], ongne, co- mo, lecto, cusí, and dil for del occasionally. These point, so far as they go, to a N. Italian origin » (Moore, Contributions, p. 576); una valutazione analoga, fondata in buona parte sugli stessi feno- meni addotti dal dantista inglese, è stata quindi espressa anche da Marcella Roddewig, la quale ha parlato di « Mäßiger Text mit norditalienischer Skription (dil ; como; cusí; restara ; durara; ongne ; famel- gla ; ordene) » (Roddewig, Bestandsaufnahme, p. 74). E vd. da ultimo l’expertise di Fabio Romanini (sempre circoscritta al solo testo della Commedia): « Malgrado la caratterizzazione non sia molto nota al testo lxix tuttavia con quello di Firenze; la patina linguistica del ms., a ben vedere, denota un certo grado di ibridismo, sia nel testo della Commedia sia nella cornice esegetica, in cui si registrano vari elementi sicuramente non fiorentini: anco in luogo di anche;95 fuore al posto di fuori; tendenza al passaggio di o a u in protonia (cusí, umicidii ); esito non ana- fonetico nell’aggettivo longo; el come forma debole dell’articolo maschile; piei per piè ; vinti per venti; ecc. Il codice ashburnhamiano evidenzia inoltre una serie di specifici tratti che indirizzano con ogni probabilità verso la Toscana orientale o un’area ad essa limitrofa: mancanza di anafonesi (fameglia, maravegliar); tracce di metafonesi (magiure, respusi); conservazione di e atona del latino volgare nelle particelle pronominali me, te, se, ve (me seccorrite, te diròe, se dimostra, ve dicessi) e nella preposizione de ; uso di ar atono in luogo di er (cavallaria); sonorizzazione delle occlusive intervocaliche oltre il tipo fioren- tino (fatiga, piager); tendenza allo scempiamento delle consonanti doppie protoniche (camino); frequenza della sincope vocalica tra r e consonante (opra, spirto); forma miei rideterminata al femminile (le miei ciglia); -e finale in ogne ; uso di l scempia nelle prepo- sizioni articolate davanti a parola iniziante per consonante; como in luogo di come ; desi- nenze di 3a persona con -i al posto di -e (me dissi, elli descrivi, punisci, trassi, ecc.); foi, fommo come 1a persona singolare e plurale del perfetto indicativo del verbo essere ; aggio come 1a persona singolare del presente indicativo del verbo avere.96 A sua volta anche il ms. L1 presenta una serie di tratti linguistici che lo distanziano dal modello fiorentino, quali il passaggio di o protonica a u (cusí, cului, custui), la sonoriz- zazione estesa a forme come fiade, padria, aguila, pogo, alcune tracce di metafonesi (respu- se, magiurmente), l’assenza di anafonesi (conseglio, matregna, longo), il passaggio di er posto- nico ad ar negli infiniti della 3a classe (essare, vendare, presumare, dividare, mettare, intendare), la tendenza all’uso di l scempia nelle preposizioni articolate preconsonantiche, l’esten- sione del dittongamento oltre il tipo fiorentino in uopera e in puoi avverbio,97 la manca- ta riduzione del dittongo discendente ei ad e (preite), maio per mai, como per come, deta per dita,98 pino per pieno,99 pieio per piè, fo per fu, fommo per fummo. Oltre a questi fenomeni, nel codice si rileva la spiccata preponderanza di un elemento distintivo delle varietà marcata, il codice può essere ascritto all’area settentrionale » (Bertelli, La tradizione ii, p. 18). Tale particolare fisionomia linguistica, contraddistinta da fenomeni presenti anche in testi di prove- nienza settentrionale, potrebbe dunque essere il corrispettivo di quella patina « forestiera » (in prima istanza già definita « romagnuola ») riconosciuta a questo esemplare dal Borghini, che se ne avvalse per le Annotazioni sul testo del Decameron (1573). Cfr. al riguardo Corrado, Un nuovo esemplare borghiniano, partic. pp. 168-70. 95. Vd. Castellani, Introduzione, p. 41, dove la forma anco è indicata come uno dei caratteri non fiorentini comuni a tutta la Toscana. 96. Per la localizzazione linguistica del codice A cfr. già Corrado, Un nuovo esemplare borghinia- no, pp. 179-80 e n. 40. 97. Il dittongamento in uopera e in puoi avverbio costituisce uno dei tratti comuni al senese e all’aretino-cortonese (cfr. Castellani, Introduzione, p. 44). 98. Il tipo deto (‘dito’) si registra a Lucca, nonché nella Toscana orientale e meridionale (cfr. Castellani, Le varietà toscane nel Medioevo, pp. 290 e 376). 99. La forma pino, attestata nell’antico umbro e nel Lazio meridionale (cfr. Rohlfs, Grammatica ottimo commento · purgatorio lxx La grafia degli indefiniti presenta una maggiore frequenza delle forme composte con -unque: dunque, adunque e quantunque non hanno attestazioni alternative; la terminazione in -che appare invece soltanto in R per chiunche (iii 133-41 1, vi 1-3) e qualunche (i 70-75 1, xvi 52-63 3). Il comportamento dei possessivi è piuttosto uniforme, con mio e mia usati rispettivamente al maschile e femminile singolare; analoga regolarità si riscontra nell’utilizzo di tuo e tua e di suo e sua. Non si danno perciò casi di mie, tuo, suo invariabili (tipo suo vita) e di plurali con mia, tua, sua (tipo sua difese). Anche gli esiti dei numerali sono abbastanza univoci: due, con i suoi composti ambedue e amen- due, risulta scrizione unica (non è attestata la forma dua, affermatasi all’inizio del XV secolo); non si hanno parimenti occorrenze della forma dicessette e di mila in luogo di milia. Tra le forme verbali indicate come significative dalla Manni, in R si registrano sete in luogo di siete (sète i pr. 3, 40-45; vi 78) e fussi per fossi (fussi i 52-69, iv pr. 1, v 79, vi 109-11; fusse i pr. 5, i 1-3 1, 22-24 1, ii pr. 4, iii 37-39 1, 40-42 1, ecc.; fussimo vi 118-20; fussino iv 1-6 1; fussono i 1-3 1, iv 52-66; fusse- ro i 40-45, iii 58-60, iv 97-99, v 70-72), mentre in L si ha una singola occorrenza di fusti per fosti (xvii 1-9 1). Entrambi i codici attestano casi di perfetti sigmatici intensi del tipo missi (e composti) per misi (R: commissoro ii 94 3; L: misse ix pr. 2, x pr. 2, xi 133-38 4; missesi ix 13-18 2; si missono xii 34-36 2; misselo vii 91-96; ne missero ix 13-18 2, ecc.), nonché di riduzione del nesso -vr- nelle forme arò, arei (R: arebbono iii 40-42 2; arebbe iii 124-32 2, iv 1-6 3; L: arebbe xii 43-45 1; arolla: xiv 19-21). Per quanto concerne il passaggio di e tonica a i nelle voci del congiuntivo presente di dare e stare, dia e stia sono forme pressoché esclusive in R (dia iii pr. 8; stia vi 85, 91-93; stiano pr. gen. 2), mentre in L si hanno anche casi di dea (x 7-8, xvi 16-21) e stea (xxi 40-42). Il trattamento delle desinenze non presenta grandi oscillazioni nei due mss. Nella 3a persona plurale del presente indicativo, per la prima classe è praticamente dominante la desinenza tradi- zionale -ano (un’episodica terminazione in -ono si ha nel solo R: cantono i 10-12 5), mentre nelle altre classi è in genere costante l’uscita in -ono (una desinenza in -eno è rilevabile sempre in R: di- ceno iii 44-45 2). La 3a persona plurale dell’imperfetto indicativo attesta con grande frequenza la desinenza in -ano, presentando soltanto in due casi isolati quella in -ono (R: filosofavono iii 44-45 4; L: riguardavono xii 34-36 4). La 1a persona plurale del perfetto indicativo si presenta di solito con il raddoppiamento -mm- (sporadici risultano i casi con m desinenziale scempia in L: apressamo ix pr. 2, 73-84; venimo ivi; passamo xi 16-21 2; scrivemo xii 31-33; figuramo ivi; entramo xxv 7-9), mentre la 3a plurale offre le ter- minazioni in -aro (R: si dirizaro pr. gen. 1; sententiaro i 10-12 3; lasciaro ii 124-32, ecc.; L: indugiaro viii pr. 1; pregaro xii 46-48 2; stimaro xviii 37, ecc.) e -arono (R: peccarono pr. gen. 1; operarono pr. gen. 5; indugiarono i pr. 4, ecc.; L: fugarono viii pr. 2; occuparono viii 25-36; ritardarono ix pr. 1), mentre del tutto sporadiche risultano quelle in -oro (R: pervennoro vi 100-5) e in -orono (L: entrorono xii 37-39 1). Nel congiuntivo presente della 2a, 3a e 4a classe, in R la 3a persona singolare e plurale attestano il ricorso tanto agli esiti in -i, -ino (abbi vi pr. 4; abbino ii 124-32, vi 121-25 3; conferischino iii 133-41 3; partenghino x pr. 18; interdichino xxiii 97-102, ecc.), quanto a quelli in -ia, -iano (abbia pr. gen. 1, i pr. 12, i 95, ii 94 4, ecc.; abbiano vi 85), mentre in L sono esclusivi questi ultimi. Nella 3a persona singo- lare e plurale del congiuntivo imperfetto sono attestate alcune terminazioni in -i, -ino (R: corrom- pessino iii pr. 7; L: potessino x 28-33 1; xv 34-36 2; trasmontassino, 49-69 2; dirizzasino xvi 85-87 1; avessi- no xxiv 55-62 3; si facessi xvi 67-72; si volessi xix 4-6 2; assentissi xx 76-78; facessi ivi; avessi xxi 22-24, xxxiii 136-41; discendessi xxxi 106-8; fructificassi ivi; discernessi xxxii pr. 1) e in -ono (R: incominciassono i pr. 6; L: adorassono xv 34-36 2; seguitassono xxxiii 13-21), benché in forma minoritaria rispetto a quel- le in -e, -ero. Nel futuro e nel condizionale dominano gli esiti con -er- invece di -ar- atono; il condizionale in -ia è praticamente assente: rispetto alla forma consueta sarebbe, è attestato una sola volta in L (saría xv 52-54), mentre le uniche due occorrenze di R (converría i 95-99; trarría iii 67-72) risultano mu- nota al testo lxxiii tuate dal testo dantesco. Spiccano inoltre vari casi di 1a persona plurale con desinenza in -no anzi- ché in -mo (R: tractereno i pr. 4; eravano ii 10-12; possiano iii 37-39 1; caggiano iv 25-33 2; sappiano vi 91-93; L: eravano vii pr. 4; mangiano viii 94-102; chiamiano xi 1-3 1; coltiviano xi 1-3 3; sappiano xi 1-3 4; doman- diano xi 4-6 2, 4, 10-12, 16-21 2). Nell’àmbito degli esiti di avverbi e preposizioni particolarmente rappresentativi dell’evoluzio- ne del fiorentino nel Quattrocento, infine, si registrano forme come domani in luogo di domane (R: i pr. 6) e drieto in luogo di dietro (R: i pr. 2; L: vii 1-3 1; x 49-69 1; xvi 97-99; xxix 73-75; xxx 70-72). Non compaiono invece le forme anco, drento, fuora, in nel, sun e sur in luogo di su (nel tipo in sun un, in sur un) e venardí, mentre solo in L è attestato il dileguo di l in utimo (xii 25-27, xvi 27 3, xxiii 76-84, xxxi 97-99; utima xxii 130-38, xxxii 130-35; utimamente xx 85-93), « che s’impianta stabilmente nel fiorentino demotico del Quattrocento ».106 Va poi segnalata in R la presenza di sporadiche spie incompatibili con il tipo fiorentino, come la forma non anafonetica sogiogne (ii pr. 4), nonché di alcuni tratti caratteristici della Toscana occi- dentale, come fine in luogo di fino (fine alla terza v 37-42; fine a v 70-72), infine per infino (infine ad ora ii 94 1), anti in senso temporale (anti che pr. gen. 1), altre (pronome singolare) per altri (ii 94 2).107 Tali elementi non intaccano in ogni caso la schietta fiorentinità del testo ivi tràdito, tenendo pe- raltro conto che molti fenomeni caratteristici delle varietà toscane occidentali e in parte anche delle zone di transizione verso Firenze già a partire dalla seconda metà del Trecento penetrano all’interno del fiorentino, in conseguenza del costante flusso migratorio legato agli sconvolgimen- ti della peste del 1348.108 7. Criteri di trascrizione Sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione Scientifica dell’« Edizione Nazionale dei Commenti danteschi », che prevedono l’adozione di « un cauto ma co- munque rigoroso e coerente ammodernamento grafico »,109 e in ragione della sicura fiorentinità del corredo esegetico, in cui evidentemente il rapporto fra grafia e pronun- cia è meno problematico rispetto ad altre aree, il testo dei mss. R (per la sezione Purg., i-vi) e L (per la sezione Purg., vii-xxxiii) è stato trascritto secondo i seguenti criteri: – divisione delle parole nei casi di scriptio continua (le preposizioni articolate si rendono unite solo nei casi di doppia l ); – introduzione e normalizzazione delle maiuscole, degli accenti e della punteggiatura, secondo l’uso moderno; – distinzione di u e v, secondo l’uso moderno; – scioglimento dei compendi e delle abbreviazioni tachigrafiche. Al riguardo va rilevato: a) il titulus indicante la nasale è stato sciolto con m davanti a p e b; b) il titulus indicante la nasale è stato sciolto con n in etiandio; c) la nota tironiana 7 è stata sempre sciolta con e (o ed davanti a parole che iniziano con e-), fatta 106. Castellani, Le varietà toscane nel Medioevo, p. 300. 107. Il pronome altre per altri, caratteristico dell’area pratese-pistoiese, si registra nondimeno anche in àmbito fiorentino (cfr. Schiaffini, Introduzione, pp. xxiv-xxvi). 108. Sulle cause di questo “sovvertimento” sociolinguistico cfr. partic. Palermo, Sull’evoluzione del fiorentino. 109. Malato, Criteri editoriali, p. 345. ottimo commento · purgatorio lxxiv salva l’eccezione di 7c, che si trascrive etc. (in genere dopo i lemmi a intestazione di chiosa e alla fine delle citazioni); – et scritto alfabeticamente è stato reso con e (o, dove il contesto lo richieda, come forma verbale è), tranne che nelle allegazioni latine; – eliminazione dell’h iniziale, etimologica (es. hemisperio, huomo, honore, honestade) o pseudoetimo- logica (es. hodio, horatione, heredità, hora), anche nei nomi propri (es. Hugo, Homero, Horeste); e in- terna (es. prohibitione, ghola, paghani), anche nei nomi propri (es. Johanni, Jhesú, Mahomecto); – eliminazione dell’h superflua nel digramma ch davanti a vocale (es. canticha > cantica, ciaschuno > ciascuno, fuocho > fuoco, chori > cori, ecc.); – integrazione dell’h nelle forme del verbo avere che la richiedano secondo l’uso moderno (a > ha, o > ho) e nelle interiezioni (o > oh, de > deh, ai > ahi), in cui è normalmente omessa; oltre all’ag- giunta dell’h, si inserisce l’apostrofo per la divisione delle parole in casi come calla > ch’alla e canno > c’hanno; – ammodernamento del nesso gl in gli (palatale) (es. vogla > voglia, mogle > moglie) e riduzione a gl, gn dei nessi lgl, ngn (es. milgliore > migliore, colgliendo > cogliendo; ingengno > ingegno, montangna > montagna), con eliminazione della eventuale i superflua (es. signiore > signore, regnio > regno, spa- gniuolo > spagnuolo, insegnia > insegna, ecc.); – eliminazione della i diacritica dopo c, g, sc palatali (es. ciena > cena, ucciello > uccello, giente > gente, dogie > doge, sciempio > scempio, disciepoli > discepoli); e, al contrario, inserimento nel caso opposto (es. superfice > superficie, inguria > ingiuria, scentia > scientia, ecc.); – uniformazione di j a i, sia quando a inizio parola con valore semiconsonantico (dove j è presen- te quasi solo nei nomi propri: es. Jove, Jacopo, Jeremia, Job, Justiniano, ecc.; nei nomi comuni si trova soltanto in justitia, jurisdictione, judicio), sia quando utilizzato come unità finale nella nume- razione romana, con conseguente regolarizzazione delle oscillazioni nei plurali dei nomi in -io, resi sempre con le forme -ii (es. rimedij > rimedii) o -î (es. viti > vitî); – uniformazione di y a i, sia quando a inizio di parola (es. Ytalia, Ysaya, e altri nomi propri, e poi, anche pseudoetimologicamente, ymagine, ystoria, ysola, ynno, ecc.), sia in posizione interna (es. Troya, Eneyda, reyna, dyavolo, satyro, ecc.), sia, piú sporadicamente, in fine di parola (es. noy, poy, omay, ley, aly, ecc.);110 – sostituzione di m a n davanti alle bilabiali p e b (es. tenpo > tempo, menbri > membri) e, al contrario, sostituzione di n a m nei casi di assimilazione fonosintattica (es. gram parte > gran parte); – normalizzazione della nasale preconsonantica davanti a t (es. settemtrione > settentrione, exemtia > exentia), davanti a q (es. tramquillità > tranquillità) e davanti a s (es. semsibili > sensibili); – riduzione dei digrammi latineggianti ph, th rispettivamente a f, t (es. philosophia > filosofia, nimpha > ninfa, triumpho > triunfo, theologia > teologia, ethere > etere), anche nei nomi propri (es. Phebo > Febo, Mattheo > Matteo), fuorché nelle citazioni in latino e nei titoli di opere; – sostituzione di c a k (es. kavaliere > cavaliere, karitade > caritade), anche nei nomi propri (es. Karlo > Carlo, Katone > Catone); – normalizzazione delle grafie qu e cqu (es. qura > cura, ciasquno > ciascuno, aqua > acqua, giaque > giacque, discquopre > discuopre, ocqupationi > occupationi, ecc.); – ammodernamento dei grafemi ç, çç in z, zz ;111 110. La y è stata mantenuta soltanto in due termini di matrice greca (yopes e ydos) e nel titolo latino di un capitolo della Metaura aristotelica (De yride). 111. L’ammodernamento non è stato operato nei soli casi in cui « il grafema tradizionalmente usato per esprimere le affricate (z -ç) si rende disponibile per distinguere la sibilante sonora dalla sorda » (Manni, Il Trecento toscano, p. 42), come nelle scrizioni prettamente occidentali biççogno, roççognuolo, filoççofia, uçare, ecc., tràdite da L1. nota al testo lxxv L’apparato documenta inoltre tutti i trascorsi di penna (lapsus calami, dittografie, omissioni di titulus, ecc.) dei testimoni-base R (per la sezione Purg., i-vi) e L (per la se- zione Purg., vii-xxxiii), preceduti dalla corrispettiva correzione, nonché le lezioni degli ipotesti (richiamate in corsivo fra parentesi tonde con la formula cfr.) addotte a suppor- to delle scelte editoriali, soprattutto nei casi di adiaforía e di emendatio ex fonte. In esso non sono di norma comprese le varianti puramente grafiche e morfologiche, né si dà minuziosamente conto di mancanze ed errori di singoli mss. o di specifici sottogruppi stemmaticamente minoritari. Per gli antroponimi e i toponimi, si riportano solo le varianti significative. A tale apparato ecdotico segue una seconda fascia di annotazioni, mirate in primo luogo all’individuazione di tutte le fonti, esplicite e implicite, presupposte nelle glosse al Purgatorio, con una specifica attenzione ai rapporti dell’Ottimo con la piú antica ese- gesi dantesca (Lana e Anonimo Lombardo, ma senza trascurare al contempo le succes- sive riprese nei testi dell’Amico dell’Ottimo, di Andrea Lancia e di altri commentatori seriori). Il rinvio alla fonte è diretto se la ripresa è testuale, anche in lezioni piú o meno approssimative, oppure è preceduto da vd.; se la ripresa dell’ipotesto non è letterale, si è invece utilizzata la formula cfr. Sarà opportuno avvertire che quest’ultima indicazione non assegna necessariamente a tutti i testi ivi citati il valore di fonte diretta, ma mira anche a segnalare alcune coincidenze solo tematiche o concettuali. In questa seconda fascia di apparato sono inoltre offerti chiarimenti sulle lezioni del poema presupposte nelle chiose, rinvii intratestuali ad altri luoghi del commento, ap- profondimenti filologici su specifici passi (talora con proposte di integrazioni conget- turali non accolte nel testo critico), accertamenti semantico-lessicali, notazioni stori- che, filosofiche, letterarie ed esegetiche, segnalazioni bibliografiche, ecc., sul modello barbiano di « una critica totalitaria che servisse con ogni mezzo, compreso il commen- to, a dar piena ragione del testo ».115 Le appendici conclusive ai singoli canti, infine, raccolgono le aggiunte, che investo- no brani anche consistenti, presenti in alcuni mss. (che spesso si configurano come ul- teriori annotazioni apposte da singoli copisti-compilatori attingendo al proprio perso- nale patrimonio culturale) e le chiose interpolate (attestate da un unico codice oppure da uno specifico settore della tradizione), nonché alcune divergenze nella resa testuale di una medesima glossa, in modo da offrire un quadro esaustivo di tutte le inserzioni allotrie e le chiose singulares presenti nel testimoniale purgatoriale dell’Ottimo, comun- que dotate di indubbia rilevanza esegetico-culturale. * 115. Barbi, Introduzione, p. x; e vd. anche p. xxvii: « per me l’ideale resta sempre un’edizione ove il testo sia giustificato da una precisa interpretazione e illustrazione ». ottimo commento · purgatorio lxxviii Anche tu sei nel gioco, anche tu porti pietre rubate alle rovine verso i muri dell’edificio (Mario Luzi, Tra notte e giorno) La presente edizione critica è il risultato di un lavoro condotto, con interruzioni e riprese, per molti anni, a partire dal dottorato di ricerca in « Civiltà del Medioevo e del Rinascimento » presso l’Università di Firenze. Mi è caro rievocare in questa occasione Leonella Coglievina, che nella sua veste di tutor seguí con partecipe interesse i primi sviluppi delle mie indagini sul testo dell’Ottimo, offrendo al contempo un modello di probità intellettuale e umana tuttora vivo in me come un lascito prezioso. Un sentito ringraziamento rivolgo in primo luogo a Enrico Malato (e all’intera Commissione Scientifica dell’« Edizione Nazionale dei Commenti danteschi »), per avermi fiduciosamente affi- dato il compito di allestire l’edizione, per il costante stimolo alla conclusione del lavoro e per il generoso impegno profuso ai fini della pubblicazione dell’opera, che si è avvantaggiata dell’impa- reggiabile acribía redazionale di Bruno Itri e della solerzia organizzativa di Debora Pisano. Sono inoltre molto grato a vari amici e colleghi, i quali in occasioni e sedi diverse si sono con- frontati con me su singole questioni testuali o esegetiche: ricordo in particolare Giancarlo Abba- monte, Luca Azzetta, Gennaro Ferrante, Flaviana Ficca, Luca Fiorentini, Giovanna Frosini, Mar- co Grimaldi, Maria Luisa Meneghetti, Francesco Montuori, Giovanni Palumbo, Diego Parisi, Marco Petoletti, Donato Pirovano, Michele Rinaldi, Paolo Rinoldi e Giulio Vaccaro. Non posso poi esimermi dal ringraziare Irene Ceccherini, senza la cui fattiva collaborazione non avrei potuto compiere le necessarie verifiche sul nuovo testimone dell’Ottimo da me recen- temente identificato (Oxford, Bodleian Library, d’Orville 552). Con gli altri “Ottimati” coinvolti nell’impresa (Giovanni Battista Boccardo, Vittorio Celotto, Ciro Perna e Giuseppe Alvino) ho condiviso tutte le varie fasi di sviluppo del lavoro, in un fecon- do, generoso e costruttivo dialogo. Mi auguro infine che Corrado Calenda e Andrea Mazzucchi possano riconoscere in queste pagine quanto di buono ho tratto dai loro insegnamenti e dal loro magistero scientifico. L’edizione è dedicata a mia figlia Vittoria, con l’auspicio che fin dai suoi anni migliori possa comprendere che « la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro » (Arthur Schopenhauer): legger- li in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare. Massimiliano Corrado nota al testo lxxix
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