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Medical humanities e medicina narrativa - Zannini, Sintesi del corso di Modelli di progettazione pedagogica e politiche educative

Sintesi di Medical Humanities e medicina narrativa

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 01/07/2016

g.agostini16
g.agostini16 🇮🇹

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Scarica Medical humanities e medicina narrativa - Zannini e più Sintesi del corso in PDF di Modelli di progettazione pedagogica e politiche educative solo su Docsity! Medical Humanities e medicina narrativa Introduzione La medicina narrativa si sviluppa negli anni 90 negli USA. I fautori della medicina narrative-based la definiscono come una “medicina praticata con competenza narrativa, che consiste nella capacità di assorbire, interpretare e rispondere alle storie di malattia”. La medicina narrativa non si riduce solo ad una semplice ricezione di storie di malattie ma richiede competenze interpretative e la capacità di rispondere narrativamente a tale storia. La pratica clinica narrative-based richiede un nuovo atteggiamento mentale perché non basta dare la parola ai pazienti e spiegare la malattia in senso biomedico ma è necessario comprenderla nei suoi aspetti psicologici, antropologici e sociali (dimensione epistemologica della medicina narrativa) – EPISTEMOLOGIA FLESSIBILE = teoria della conoscenza nella quale diverse forme di sapere convivono con pari dignità. Ordine del libro: 1. Origini della medicina narrativa. 2. Comprensione del significato di questo indirizzo nella pratica clinica. 3. Capire come insegnare agli operatori sanitari una pratica narrative-based. Medical Humanities – attività formativa basate sulla lettura e scrittura di storie che sono considerate la strategia fondamentale per implementare una pratica narrative based, ossia una medicina che considera il mondo dei significati e la vita affettiva degli individui come una sua componente essenziale. Capitolo 1: Le origini della medicina narrativa La conoscenza in una prospettiva “fenomenologica”. La comprensione dell'individuale come “conoscenza personale” Non è possibile capire il significato della medicina narrativa senza prima analizzare la questione della CONOSCENZA. Il problema della conoscenza può essere affrontato a partire da una questione cruciale: il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto. Per analizzare questo rapporto, i filosofi hanno dovuto rispondere ad una domanda decisiva: nei processi di conoscenza, l'uomo deve attingere prima a sé e alla sua coscienza oppure all'esperienza? • per il positivismo la conoscenza è quella che si basa sui fatti → epistemologia sperimentale. • Per lo spiritualismo il punto di partenza è la coscienza dell'individuo → epistemologia spirituale. La fenomenologia, fondamentale per comprendere la medicina narrativa, è un tentativo di superamento di queste due posizioni. È importante nella concezione fenomenologica dell’esperienza, conoscere i fenomeni per quello che sono, coglierli nella loro essenza. Per la fenomenologia ogni cosa ha la sua TRASCENDENZA, qualcosa che va oltre l'apparenza. La conoscenza implica sempre una trascendenza. Per conoscere davvero un individuo è necessario partire dall’apparenza ma al contempo andarvi oltre quindi coglierne la trascendenza. Differenza tra trascendenza delle COSE e degli INDIVIDUI. Le persone hanno un modo diverso di non apparire nella loro essenza rispetto a quello delle cose fisiche. In ambito sanitario bisogna ricordare questa differenza. Quando vogliamo conoscere un paziente quale tipo di conoscenza sarà necessaria? • se il processo conoscitivo si concentra solo sulla malattia si applicherà la conoscenza delle cose fisiche. • Se si deve conoscere il suo essere malato sarà necessario mettere in atto la conoscenza dell'individuale che rimanda ad una trascendenza. Monticelli: la conoscenza di un fenomeno biologico – la malattia – e la conoscenza dell'individuale – la persona malata – sono processi diversi. Nel primo caso viene messo in atto un processo di induzione che porta alla formulazione di teorie generali sul fenomeno osservato. Nel secondo caso viene sviluppato un processo di intuizione perché la trascendenza del fenomeno studiato non è riconducibile a qualcosa di materiale. La conoscenza è vera nel primo caso a partire dalla prova sperimentale e nel secondo caso a partire dall'interazione e dalla comunicazione con l'altro e dall'esperienza personale che ho di lui. Quando ci rapportiamo ad oggetti con una certa trascendenza, è insufficiente la sola conoscenza sperimentale. È necessaria anche una conoscenza personale → ciò che noi sviluppiamo a partire da un'intuizione. È quella esperienza di conoscenza che facciamo delle persone. La conoscenza personale è diversa dell'”entrare in relazione” con qualcuno perché implica una comprensione dell'individualità dell'altro. Come possiamo dire di aver attivato un processo di conoscenza personale? Quando l'incontro con l'altro ci rivela alcune cose che ci stanno a cuore. La conoscenza personale è sempre anche conoscenza di sé, attraverso quella di un altro individuo”. La conoscenza personale è: • individuale • elettiva (è diversa dall'entrare in relazione con l'altro) • si associa sempre ad una conoscenza di sé La conoscenza personale è caratterizzata da un elevato valore. Da essa dipende la nostra autenticità morale e la possibilità di diventare noi stessi, di capire chi siamo e chi possiamo essere. La “svolta interpretativa” e la conoscenza come costruzione di significato La prospettiva fenomenologica individua un nuovo modo di conoscere la realtà: il modo del SIGNIFICATO (il quale è legato all’esperienza vissuta). L'attività di dare significato a degli eventi è legata al concetto di ERMENEUTICA (=interpretare). Il padre della filosofia ermeneutica è Heidegger (1927). La filosofia ermeneutica rappresenta il tentativo di superare la rottura epistemologica tra soggettività e oggettività nei processi conoscitivi stabilendo la loro inseparabilità e cercando di indicare la via per cui la conoscenza soggettiva possa diventare valida, esperibile e comunicabile anche intersoggettivamente. Gadamer (1993) è il padre della filosofia ermeneutica contemporanea e sostiene che l'uomo è qualcosa di storico che si muove nel suo “essere nel mondo” in una situazione circolare, nella quale ciò che si deve conoscere è già in qualche modo conosciuto, pre compreso. Ad esempio quando dobbiamo conoscere la malattia di un individuo non partiamo da una tabula rasa ma da idee, vissuti ed esperienze su quella malattia. Quando si vuole comprendere il significa di un libro si sviluppa il CIRCOLO ERMENEUTICO che consiste in un gioco di rimandi continui tra le nostre precomprensioni e il testo, che si influenzano reciprocamente. Questo non è un limite ma la dimensione positiva del conoscere. Senza le nostre conoscenze ed esperienze pregresse, un determinato testo potrebbe non assumere la ricchezza di sfumature che noi, con il nostro bagaglio esperienziale, riusciamo a cogliere in esso → questione dell'interpretazione. L'interpretazione di un testo è soggettiva in quanto dipende dall'interprete ma non è privata perché può essere comunicata ad altri. Gadamer sostiene che l’ermeneutica è l’unico vero mezzo di comprensione di tutta la realtà. Esempio del dolore: l’esperienza del dolore pone degli interrogativi (non solo al paziente ma anche all’operatore) relativi al suo senso e per cercare la risposta, la conoscenza scientifica, quella della spiegazione, è insufficiente. Conoscere il significato del dolore richiede saperi differenziati, dei quali quello scientifico è solo una componente. L’ermeneutica offre alla medicina una possibilità di ampliare il suo modo d’intendere la conoscenza permettendole di allargare i suoi orizzonti. Già dalla fine degli anni 70 nasce l’esigenza di cogliere le diverse dimensioni della malattia (non solo quella biologica ma anche quella psicologica e sociale). La narrazione non è mai a senso unico. L’individuazione del significato della malattia avviene attraverso una co- costruzione di una narrazione (questo è il principio portante della narrative-based medicine, medicina basata sulla narrazione che si presenterà negli anni 90). La filosofia ermeneutica (nei contesti sanitari) inizia a considerare la dimensione del significato dell’esperienza e non solo la sua componente empirica – questa viene definita “svolta interpretativa”. I concetti centrali nella svolta interpretativa sono quelli di RIFLESSIVITA’ e NARRAZIONE. La riflessività è fondamentale per permettere al soggetto-ricercatore di comprendere in che modo stia costruendo la conoscenza su una determinata realtà. La narrazione è centrale perché diventa strumento per la conoscenza del Sé. La narrazione di sé diviene la via privilegiata per la conoscenza del soggetto e per la costruzione della sua identità (processo importante nell’esperienza di malattia grave). Il pensiero narrativo nella comprensione delle esperienze ordinarie e straordinarie degli individui. Esperimento di Andrea Smorti sui bambini di prima elementare (1993). Pensiero narrativo vs. logico-formale Si accorge che i bambini “narrativi” avevano più elevate capacità di comprensione e di gestione positiva delle relazioni sociali. Come avviene il processo sociale di costruzione della malattia? Secondo Good attraverso la sua narrazione. A metà degli anni 90 inizia a profilarsi una medicina nella quale è centrale la narrazione perché a partire da essa si avvia con il paziente il processo diagnostico e terapeutico. La nascita di questa medicina (narrative – based medicine) avviene nella scuola di Harvard grazie a due psichiatri/ antropologi Kleinman e Good. Viene ufficializzata nel 1999. Di fronte alla storia di malattia del paziente, il medico compie una serie di operazioni mentali che costituiscono il ragionamento clinico il quale ha come punto di arrivo la diagnosi. Questo processo è di tipo ipotetico deduttivo. La prima preoccupazione del medico è quella di capire quanto la situazione sia grave. In questo modo costruisce una conoscenza di una parte della malattia, ossia quella biologica. DIMENSIONE SOGGETTIVA: anche se il medico può avere un atteggiamento premuroso, il paziente continuerà ad avere le sue idee su ciò che sta accadendo, continuerà cioè a fare riferimento alla sia illness experience che è qualcosa di molto personale. • Per “vissuto di malattia” si intende la dimensione inconsapevole e personale della malattia che diventa “esperienza” tramite la riflessione. La riflessione sul vissuto di malattia è considerato un processo auto educativo. Prendere in considerazione la illness experience è importante per capire in modo più approfondito il problema di salute del singolo paziente ma anche quello che succederà dopo l’incontro per quello che succederà dopo l’incontro con il medico e la formulazione della prima diagnosi ossia nel processo terapeutico. Il paziente che è stato ascoltato e compreso aderirà più facilmente al trattamento che gli verrà proposto. Gli esperti nella visita patient – centered sono 2: • Il medico, esperto in disease. • Il paziente, esperto nella sua illness. Attraverso questo modello si supera l’autoritarismo che caratterizzava la medicina fino agli anni 80. COME RACCOGLIERE IL VISSUTO DI MALATTIA ALL’INTERNO DI UNA RELAZIONE TERAPEUTICA? Si introduce il concetto di “agenda” che implica la necessità una comunicazione relazionale. L’agenda è organizzata attorno a 3 + 1 categorie fondamentali: 1. I sentimenti del paziente 2. Le idee e le interpretazioni, i punti di vista sul disturbo di cui si è affetti. 3. Le aspettative e i desideri riguardo ad una possibile cura 4. INTERCONNESSIONI tra malattia e contesto familiare, sociale, culturale e lavorativo. La 4 abbraccia i primi 3 punti perché è a partire dal contesto in cui ci troviamo che creiamo delle idee sulle nostre malattie. Il contesto è un “generatore dell’agenda”. Le modalità concrete per cogliere il vissuto di malattia sono di tipo comunicativo – relazionale. La comunicazione finalizzata all’esplorazione dell’agenda si caratterizza come NON DIRETTIVA ( = rapportarsi all’altro in modo non autoritario e facilitante). Critiche al metodo patient – centered (LAUNER) • Rischio di intrusività Non tutti i punti dell’agenda devono essere toccati in ogni visita. Launer enfatizza la necessità di farsi guidare dal paziente nella costruzione della storia di malattia, anziché avere in mente la griglia da seguire. L’agenda infatti in questo approccio è descritta come qualcosa di fisso, qualcosa che è già determinato prima della visita. Secondo Launer invece è opportuno che il paziente costruisca una agenda attraverso la relazione con il medico. La medicina centrata sul paziente rischia di appiattirsi in un uso meccanico delle tecniche proposte. 2. L'affiorare della “storia della malattia” Cosa vuol dire per una persona malata raccontare una storia? Significa raccontare una serie di eventi o fatti che sono messi in connessione tra loro da una trama. I pazienti raccontano una storia per tenere insieme una serie di esperienze nuove e spesso inspiegabili. Narrare una storia è la strategia fondamentale che tutti gli uomini hanno individuato per riconnettere ciò che è stato scombussolato, per far fronte all’imprevisto e alla sofferenza che da tale imprevisto può scaturire. Le storie però sono quasi sempre caotiche e frammentate. Shapiro ci dice che le storie dei pazienti sono caratterizzate da: • Un personaggio principale • Una trama • Un messaggio/tema fondamentale • Da uno stile espositivo. Per un operatore sanitario, ascoltare la storia di un paziente dovrebbe significare seguire la traiettoria narrativa del paziente, identificare le metafore o le immagini utilizzate nel racconto, tollerare l’ambiguità e l’incertezza mano a mano che la storia si dispiega, identificare il non detto. Il malato si aspetta di essere compreso non solo sul piano biologico ma anche esistenziale. Il paziente ha bisogno di una risposta “medica” al suo problema e di una risposta “narrativa” ossia di una nuova storia nella quale la confusione diminuisca e i problemi vengano risolti insieme. La narrazione è un esercizio reciproco. Gli operatori sanitari fanno fatica a dare questo feedback narrativo. Quello che il medico compone dopo l’anamnesi è una “metastoria” che confluisce nella cartella clinica e che è la storia del disease. In questo caso la persona viene rappresentata come il luogo della malattia piuttosto che come agente narrante. La classica raccolta anamnestica non significa raccogliere una storia di malattia perché per fare ciò bisogna prestare attenzione non solo ai fatti biomedici ma anche ai vissuti del paziente. Questa operazione richiede capacità di ascolto. 3. La co-costruzione della storia di malattia nella pratica clinica Chi ascolta una storia di malattia non può essere passivo ma deve partecipare attivamente al alla costruzione del racconto. Ogni storia raccolta contiene dei gap di significato e senso e noi riempiamo questi gap a partire dalla nostra visione del mondo e come immaginiamo il narratore volesse fare. Nel processo di comprensione di una storia il medico entra per conoscere il paziente. l’evento-malattia è un “testo” da interpretare e il medico non è solo un interprete ma è anche co- autore. Immergersi in una storia di malattia significa immaginare la situazione dell’altro, comprendere il suo punto di vista ed esercitare l’empatia. Attraverso la costruzione di questa relazione con la storia del paziente, il medico può aiutarlo a fare emergere anche storie nascoste facendo attenzione a non assumere un atteggiamento indagatorio. In generale sono indispensabili abilità di counselling senza le quali la narrazione rischia di essere un fiume in piena. È fondamentale porre domande esplorative, ascoltare il paziente aiutandolo a riordinare le sue ipotesi e a trovare una chiave di lettura. Il counselling fa da filo conduttore. COUNSELLING – capacità dell’operatore di mettere il paziente in una posizione attiva che lo renda in grado di identificare i suoi problemi e le strategie per affrontarlo. L’operatore deve quindi esercitare un’azione di contenimento che permetta al paziente di focalizzare la narrazione e di gestire in modo efficiente la relazione terapeutica. La medicina narrativa non deve essere assimilata al cosiddetto “sfogo”. Il lavoro narrativo con il paziente è finalizzato alla ri-definizione della sua identità come individuo malato e alla costruzione dell’identità dell’operatore stesso. 4. Verso un nuovo approccio alla pratica clinica: la medicina narrativa La medicina narrativa considera fondamentale non solo il vissuto del paziente ma anche quello dell’operatore che è implicato quando raccoglie e risponde narrativamente alla storia di malattia del paziente, co-costruendola con lui. La medicina nella sua declinazione di base è intrinsecamente una pratica narrativa perché contraddistinta da: temporalità, singolarità, messa in trama, intersoggettività, ed eticità. Queste sono tutte caratteristiche di una storia. Dunque la medicina nella sua declinazione clinica si caratterizza anche come pratica narrativa. Come concretamente esercitare una medicina narrativa? La medicina narrativa non va pensata come contrapposta alla medicina disease - centered e a quella patient – centered ma come ampliamento di quest’ultima. Esercitare una medicina narrative based significa raccogliere in modo adeguato tutte le informazioni utili sul disease, analizzare la illness del paziente attraverso le tecniche di comunicazione più idonee e co-costruire con lui/lei una storia di malattia. La medicina narrativa è finalizzata a: • Comprendere il disturbo del paziente (disease) • La sua esperienza di sofferenza (illness) • Costruire una “buona storia di malattia” Secondo la medicina narrative il linguaggio non descrive ma costruisce la realtà. Ciò che racconta il paziente è aperto a varie interpretazioni. La “verità” sulla sua malattia è in continua evoluzione finché si arriva alle “buone storie” che sono quelle convincenti ed efficaci per i malati. L’approccio narrative vede intende la ricerca di storie migliori come ciò che sta alla base di tutto il lavoro che è svolto nella medicina generale. L’approccio “scientifico” alla conoscenza del paziente si basa su un paradigma positivistico secondo il quale esistè una realtà esterna all’osservatore e questo se procede in modo scientifico la può conoscere. In realtà la conformità al giudizio clinico avviene solo nel 50% dei casi. La medicina narrativa può aiutare ad affinare la diagnosi. Parlare di medicina narrativa significa sviluppare una disposizione di attento e costante ascolto del paziente che permetta una sua conoscenza individuale. Un tale approccio non richiede un’inversione di tendenza nella gerarchia dell’evidenza, per cui l’aneddoto personale ha più peso nel processo diagnostico dello studio clinico controllato. Una pratica assistenziale di qualità deve basarsi su un giudizio clinico integrato che è determinato dalle competenze narrative e scientifiche dell’operatore. Nella pratica clinica può accadere che la storia biomedica e quella del paziente coincidano ma alcune volte la spiegazione medica è rifiutata dal malato. In queste circostanze scaturisce spontaneamente la dimensione narrativa. Come si costruisce una storia condivisa di malattia quando la storia del medico non è accettata dal paziente? Si ricorre alla negoziazione che NON consiste nel persuadere il paziente ad accettare il punto di vista medico ma consiste nel cercare di comprendere le diverse possibili facce di una storia. La negoziazione deve adattare le evidenze scientifiche alla specifica situazione del paziente. La negoziazione con il paziente a partire dalla costruzione di una storia di malattia, deve far in modo di lasciare soddisfatto sia il paziente che l’operatore. 5. La medicina narrativa all'opera L’esercizio autentico della medicina narrativa non può essere ridotto al semplice ascolto di una storia di malattia. L’operatore deve saper accogliere una storia di malattia ma anche far sì che questa non si cristallizzi ma che diventi una nuova storia che sia in grado di soddisfare sia il paziente che l’operatore. La medicina narrativa è finalizzata a creare una “buona storia” di malattia, una storia coerente, che lasci gli autori con la sensazione di “aver dato forma” agli eventi e che sia percepita utile per il processo diagnostico e terapeutico da parte di entrambi. C’è una similitudine tra le domande aperte dell’anamnesi e le domande circolari dell’approccio narrative based. Questo dimostra che è possibile passare da un modo biomedico a uno narrativo nel condurre il colloquio e integrare domande mediche precise, in uno stile di conduzione narrativo. Questa attività rimanda alla negoziazione. Nella medicina narrativa ciò che conta non è tanto la produzione della “buona storia” ma l’implementazione di una relazione terapeutica nella quale delle storie possono essere costruite e rivisitate continuamente alla luce della loro utilità. L’esercizio della medicina narrativa richiede più tempo alla relazione terapeutica? Molti operatori temono che il seguire le storie dei pazienti li intrappoli per ore ma non è così. Per essere utile, approccio narrativo deve essere adattato alla medicina con i limiti di risorse che la caratterizzano. In 2-3 il materiale che emerge dal colloquio è sufficiente al medico per capire come agire. La visita patient centered produce maggiore soddisfazione del paziente che si sente più considerato e coinvolto nella relazione e quindi più propenso ad aderire alle indicazioni del medico. La costruzione di una buona storia di malattia è finalizzata a migliorare l’adesione al trattamento. Il maggior investimento di tempo può produrre esiti migliori sul piano terapeutico. FAQ sulla medicina narrativa: come prepararsi a una consultazione narrative based? Prendere appunti sulle caratteristiche del vissuto di malattia del paziente. Questa operazione è diversa dalla classica stesura della cartella clinica. Gli appunti sono una sorta di integrazione ad esse, una “cartella clinica parallela”. Le note devono essere brevi ed è importante rileggerle prima che il colloquio abbia inizio. Quando si prendono appunti è importante prestare continua attenzione al paziente mantenendo il più possibile il contatto visivo. NON appunti al PC perché questo è un fattore di disturbo. L’attività di scrittura degli appunti deve essere limitata al minimo e rimandata dopo l’incontro. Come gestire un approccio narrativo con i pazienti che portano più problemi? Avviare una negoziazione su quali trattare per primi. Il problema principale con il quale deve confrontarsi l’operatore è l’integrazione della diagnosi nella storia di malattia che ha co-costruito con il paziente. Il medico dovrebbe esplorare la possibilità per il paziente di includere nella sua storia la diagnosi biomedica. Alcune domande permettono all’operatore di sondare quanto il malato è disposto a mettere un’etichetta biomedica ai suoi problemi e quindi includere la diagnosi nella sua storia di malattia. Per alcuni pazienti la diagnosi è un sollievo per altri è fonte di ansia e sconforto. Il colloquio narrative based dovrebbe aiutare l’operatore a capire quando e come proporre tale diagnosi. La questione centrale è quella della gradualità. Le risposte del paziente forniscono al medico la mappa delle aree trattabili e delle zone momentaneamente vietate. 6. Il piano terapeutico narrative-based come co-costruzione di una “storia della guarigione” possibile Cosa deve saper fare un professionista della cura per avviare un progetto terapeutico efficace? Deve sapere qual è il trattamento più indicato per il suo paziente e poi insieme devono arrivare a condividere una storia sul processo terapeutico. Questa è una sorta di storia del futuro, di ciò che non è ancora accaduto e che deve essere costruito insieme. Le MH possono essere insegnate con un approccio: • Etico: enfatizza l’importanza dello sviluppo di capacità di riflessione morale sugli aspetti di qualità della vita che propone un determinato caso clinico (si concentrano su esperienze problematiche come la morte, l’AIDS) • Estetico: enfatizza le literary skills ossia le capacità di lettura, scrittura e interpretazione. • Empatico: focalizzato sullo sviluppo di capacità di comprensione delle esperienze, delle emozioni e dei valori di altre persone (si propone la lettura di storie di malattie e poi in aula si mette in atto il role playing diventando protagonisti della storia). In tutti e 3 i casi è prevista la lettura dei testi, la loro interpretazione e un lavoro di analisi e discussione con un eventuale “messa in scena” della vicenda narrata (role palying). Robin Downie ha individuato delle capacità che sono necessarie per lo sviluppo di delle competenze narrative e interpretative che rappresentano la finalità ultima delle MH. L’autore distingue le capacità in 2 categorie: • Capacità trasferibili (= facilmente valutabili) – sono molto importanti poiché funzionali al raggiungimento delle capacità non trasferibili (es: scrivere in italiano corretto) • Capacità non trasferibili (= meno valutabili) – (es: sviluppare capacità di empatia nei confronti del paziente) Capacità trasferibili e non sono considerate FUNZIONI STRUMENTALI ossia capacità che verranno spese nel lavoro clinico quotidiano. La FUNZIONE NON STRUMENTALE delle MH è legata alla crescita globale del discente. La finalità generale delle MH è quella di formarci. Due strategie per introdurre corsi di MH nella formazione di operatori sanitari. • Introduzione di corsi ufficiali di MH (obbligatori o opzionali) • Utilizzo di contenuti o strumenti delle MH all’interno delle attività formative tradizionali I film, i libri, la musica, i lavori artistici e altri stimoli visivi possono risultare delle potenti risorse di apprendimento rilevanti per capire il problema del paziente. Il setting formativo per queste attività didattiche è quello di piccolo gruppo perché in questo modo è più facile attivare la riflessività e l’interpretazione, il confronto e la circolazione delle esperienze. Il docente ha la funzione di tutor e: • facilita l’apprendimento • facilita lo scambio di opinioni e riflessioni • guida la discussione • attiva l’elaborazione personale dello studente 2 metodologie di insegnamento delle MH: 1. lettura di storie: percorso basato sulla lettura di storie e successiva discussione tra i partecipanti nella quale ciascuno può manifestare il proprio punto di vista e le reazioni alla storia letta, negoziandoli con gli altri. Il docente guiderà i discenti attraverso il testo incoraggiandolo ad individuare i personaggi, la trama, le metafore e il significato 2. scrittura di storie: può essere usata in prima persona (raccontando esperienze autobiografiche cliniche) o mettendosi nei panni del paziente. Le competenze interpretative sono complesse e contengono diverse capacità: • di lettura: consiste nel comprendere i passaggi fondamentali di una storia, individuando i personaggi principali e riassumendola. • di interpretazione vera e propria: questo è l’ambito di riflessione in cui i soggetti si interrogano sul significato che un testo assume ai loro occhi rispetto a temi cruciali (malattia, sofferenza, guarigione, morte) • di analisi critica: capacità di osservare dimensioni culturali, sociologiche, economiche. Viene richiesta l’esplicitazione di una propria posizione All’interno delle MH rientrano le storie di malattia (illness narratives) che quando sono raccolte dai pazienti stessi attraverso la scrittura diventano AUTOPATHOGRAOPHIES. Le illness narratives sono casi clinici che permettono agli operatori di conoscere l’esperienza di malattia e il suo trattamento dal punto di vista del paziente. I percorsi di MH più a carattere seminariale e interattivo sono da privilegiare perché più coerenti con quelle che sono le finalità di tali attività. È possibile introdurre con successo le MH in un corso di studio ad alcune condizioni: • tali attività devono essere scelte volontariamente dallo studente • le MH siano considerate parte integrante di un corso di studi • deve essere istituito un sistema di valutazione delle attività formative. 3. Centralità del costrutto di testo nelle MH Le humanities si rifanno ad un paradigma narrativo e utilizzano come fondamentale strumento di conoscenza la narrazione. Le storie possono essere raccontate a voce o possono essere registrate e scritte (in questo caso diventano un testo ovvero un oggetto materiale che esprime uno o più significati). Un testo non può essere tale se non in relazione ad un contesto. Un’opera d’arte intesa come testo è un atto storico al quale il soggetto risponde a partire dalla propria storicità. Nella lettura di un testo non è importante arrivare ad una verità su di esso ma a continue e mai definitive individuazioni di orizzonti di senso. In questo modo l’esperienza estetica diventa un modello di conoscenza e l’opera d’arte è il materiale didattico per eccellenza. Un testo narrativo in medicina può essere autobiografico e quindi mio o appartenente a un altro individuo (in questo caso si parla di storie di malattia che se scritte diventano autobiografie della malattia). Un testo può essere finzionale (riferito a una costruzione fittizia) che realistica. A differenza del testo letterario, poetico o filmico, la narrazione appare più spontanea e meno finzionale. Infine un testo per poter essere utilizzato nelle MH deve veicolare un discorso accessibile di interesse per il mondo sanitario (grandi temi come la malattia, la guarigione, il corpo, la disabilità, la morte). 4. Testi finzionali: come sceglierli e utilizzarli nei percorsi di MH CINEMA Espressione artistica più potente ed immediata. Nella formazione degli adulti è riconosciuto come uno strumento formativo potentissimo perché è in grado di sollecitare sia il piano emotivo che quello cognitivo. I film possono avere una forte valenza educativa. Il cinema, l’arte e più in generale le humanities devono concorrere alla formazione del medico in quanto discipline che vanno a colmare le lacune di un curriculum orientato al tecnicismo e all’onnipotenza della scienza medica. Servirsi del cinema nella formazione dei professionisti della cura significa far vivere loro esperienze che non li riguardano direttamente in modo da avere l’opportunità di cogliere da altre prospettive la realtà in cui sono immersi. Questo porta anche al decentramento. Sul film si può lavorare in modi diversissimi ma il punto di partenza rimane sempre la visione a cui segue l’analisi. È utile tenere presente due premesse: 1. Non esiste un’analisi corretta del film 2. Il formatore è portatore di un suo punto di vista nella discussione del film e non deve imporre la sua analisi. Esistono due modi di formare attraverso il cinema: 1. Simbolico – IL FILM AGISCE SULLO SPETTATORE: considera il film come uno scrigno, fonte di messaggi e stimoli da decifrare. Si articola in 2 stili di utilizzo del film: • Strumentale – analogico (MODELLO PRAGMATICO DELLA FORMAZIONE): considera il film come strumento che ha efficacia formativa quando agisce come esemplificazione. È un uso pragmatico e la libertà interpretativa del formando è abbastanza limitata. Questo è l’uso più diffuso. • Esistenziale – autoformativo: il film è considerato un testo da interrogare per scoprire la verità che custodisce. in questo caso il film è analizzato per intero e mai a spezzoni. I formandi discutono il film e i significati individuati e il formatore promuove una negoziazione fra le diverse interpretazioni alla ricerca di una verità condivisa. (es: cineforum) 2. Allegorico – LO SPETTATORE AGISCE SUL FILM: è interessato a ciò che lo spettatore crede che il film gli dica e quindi all’effetto che lo spettatore agisce sul film. • Stile semeiotico – clinico (MODELLO DI CLINICA DELLA FORMAZIONE): il film è considerato uno specchio nel quale i formandi si riflettono e dalla discussione emergono diverse riflessioni. Il cinema nella formazione degli operatori sanitari è usato soprattutto con uno stile strumentale-analogico ossia tramite la proposta di un film che permette di riflettere su alcuni aspetti della loro pratica professionale. OPERA LETTERARIA: ROMANZO E POESIA Primo strumento utilizzato nei percorsi di MH per recuperare il rapporto tra operatore e paziente. L’opera letteraria stimola la creatività e la libera interpretazione del lettore. Lo studio della letteratura può migliorare la capacità di osservazione ed interpretazione, sviluppa l’immaginazione e promuove una più profonda conoscenza delle proprie idee, emozioni e dei propri valori ossia di se stessi. Come è possibile sviluppare tali capacità a partire dall’opera letteraria? Non è necessaria la semplice lettura ma è necessario attivare una lettura attenta dove il lettore presta attenzione non solo alle parole e alla trama ma a tutti gli aspetti che costituiscono l’apparato del testo letterario (close reading). Come per il cinema anche l’opera letteraria può essere utilizzata per intero o a spezzoni. Tra i romanzi più utilizzati c’è “La morte di Ivan Il’ic di Tolsoj. L’autore descrive il lento decadimento fisico e la conseguente metamorfosi di un appagato borghese al culmine della sua carriera di funzionario, che si ammala di tumore al rene. In un percorso di MH il significato di questo romanzo deve essere individuato dai discenti. La poesia, ancora più del romanzo, è la forma artistica per eccellenza che permette di avvicinarci al nostro mondo interiore. La poesia è più efficace per poter esprimere le esperienze più intime, i sentimenti e le idee. Attraverso le immagini, le metafore e le similitudini, le esperienze vengono espresse in poche parole. Scrivere un testo poetico significa ascoltare le voci che provengono da dentro ed esprimere il dialogo con il proprio io. La poesia richiede un’attività di close reading, richiede una contestualizzazione, un’analisi attenta della sua trama, della sua forma, della dimensione del tempo e dei desideri/emozioni che suscita. ARTI VISIVE: OPERA PITTORICA e/o FOTOGRAFIA Le arti visive permettono di acquisire o affinare la propria capacità interpretativa, di ricerca di significato. L’immagine pittorica amplifica le possibilità interpretative rispetto al testo letterario perché carica non solo di segni ma anche di simboli educando il fruitore a tollerare l’incertezza e l’ambiguità del simbolo. L’arte è un messaggio ambiguo, non dice le cose fino in fondo e la sua forza consiste nel dare a chi guarda la possibilità di interpretarla e contribuire personalmente alla costruzione del senso del messaggio. L’analisi dell’opera d’arte sviluppa capacità osservative. Fruire di un’opera d’arte significa osservarla con attenzione cercando di lasciare da parte i propri pregiudizi esattamente come avviare nel processo diagnostico e terapeutico con un paziente vuol dire ascoltarlo e osservarlo accuratamente. La lettura attenta di un quadro/scultura ci impone di guardare oltre la superficie. Il semplice guardare il corpo del paziente non è in grado di portare ad una comprensione del vissuto di malattia. Guardare oltre la superficie vuol dire dare un significato al corpo malato. In questi percorsi basati sulle visual arts oltre alla capacità di selezionare l’opera e porre domande per stimolare l’analisi, il formatore deve avere la capacità di gestire la discussione con gli studenti possibilmente in piccoli gruppi. Studiare i volti umani è un ottimo punto di partenza per studiare la illness del paziente - il viso è la parte che più comunica lo stato di salute o sofferenza. Per sviluppare negli operatori una capacità di visione contestualizzata dei pazienti è utile abbinare all’analisi dell’opera pittorica anche la biografia dell’artista. Esempio: Frida Kahlo – si indaga il ruolo dell’arte di fronte alla malattia grave e alla conseguente distruzione di sé. Il rapporto di Frida con la sua disabilità è rappresentato dalla Colonna Spezzata. Ultima declinazione delle visual art nella formazione dei professionisti: quella in cui l’operatore è incoraggiato in prima persona a creare un prodotto artistico. In questo caso è previsto un maggior coinvolgimento del soggetto. 5. Testi non finzionali, autobiografici: come raccoglierli e utilizzarli nei percorsi di MH Kleinman è stato tra i primi autori ad introdurre il termine illness distinto da quello di disease per fare riferimento all’esperienza di malattia. Alla fine degli anni 80 si inizia a parlare di storie di malattia (illness narratives)e nei primi anni 90 compare il termine pathography che implica la scrittura della malattia. Le illness narratives possono essere sia scritte che orali (in questo caso richiedono oltre al narratore, un soggetto che stimola e che ascolta il racconto). L’identità dell’individuo è data non solo dalla sua storia ma anche dal suo corpo e dalle possibilità che esso ha di movimento ed espressione. Infatti il paziente che vive la malattia grave necessita di una sorta di rinegoziazione della sua identità perché il suo corpo cambia. In questo può essere d’aiuto la narrazione della sua malattia in modo da ricostruire il passato attraverso un processo di attribuzione di senso. Attraverso il racconto della sua storia di malattia il paziente può ricostruire la sua identità. Le illness narratives non sono importanti solo per il paziente ma anche per l’operatore il quale è invitato ad entrare nell’esperienza del malato e a condividerla creando intimità e migliorando la qualità della relazione terapeutica. Si parla in questo caso di illness talk per enfatizzare la dimensione relazionale e co-costruttiva. Anche la scrittura può essere utile per comprendere il paziente e stare dalla sua parte. Si invitano gli studenti di medicina a scrivere una sorta di cartella clinica parallela (parallel chart) nel quale trattare aspetti dell’esperienza di malattia del paziente. Si tratta di una narrazione breve ne quale si cerca di descrivere cosa patiscono i pazienti. Quando la storia di malattia è scritta si parla di AUTOPATOGRAFIA. Moran la definisce come un genere letterario nel quale la malattia dell’autore è la lente attraverso la quale tutta la narrazione è filtrata. Nell’auto patografia si fa riferimento a un’intera storia di malattia e non a frammenti della illness experience. Lo scrivere di sé ha un effetto rafforzante e stabilizzante mentre il raccontarsi oralmente resta vago. La scrittura è preferibile al racconto perché è in grado di rendere il paziente più autonomo garantendone la privacy. Inoltre attraverso la scrittura è possibile esprimere idee e sensazioni a volte difficili da dire. Cosa raccontano i pazienti nelle loro narrazioni? Cancro e malattie neurologiche cronico degenerative sono le più frequenti. Le storie di malattia sono raggruppabili in alcune grandi tipologie: • Tema della battaglia che si è intrapresa contro la malattia (metafora militare) • Tema del percorso nel quale un eroe/paziente si imbatte in una serie di disavventure (metafora del viaggio mitologico) Con il dilagare di internet assistiamo anche alla diffusione di storie di malattia in formato elettronico. Questo perché?
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