Scarica modello transteorico e più Dispense in PDF di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale solo su Docsity! IL MODELLO TRANSTEORICO
Lo sviluppo del modello transteorico
Il modello transteorico viene sviluppato negli anni Ottanta da DiClemente e Prochaska, due psicologi
statunitensi. L'obiettivo degli autori è quello di rispondere al problema della frammentazione dei
servizi, ognuno orientato da specifiche teorie sul cambiamento e altrettanti modelli di intervento
dedicati a problematiche particolari (disturbi del comportamento alimentare, dipendenze,..). La loro
proposta è quella di integrare i diversi contributi all’interno di un modello in grado di spiegare sia il
cambiamento spontaneo, che quello attivato con l’intervento professionale. Il modello transteorico è
particolarmente utile a spiegare la motivazione delle persone al cambiamento e le ragioni per cui
determinati interventi funzionano ed altri no, superando i limiti di altri approcci.
Ad esempio il modello centrato sul compito prevede l’identificazione di un problema e la modifica di
un comportamento, ma non fornisce gli strumenti per valutare come e se la persona si stia muovendo
nella direzione del cambiamento. I modelli operativi che derivano dalle teorie cognitiviste mettono în
evidenza come sia possibile modificare percezioni e pensieri in vista di un determinato cambiamento,
ma ancora non spiegano come si attiva la motivazione ad intraprendere questo percorso, né le ragioni
per cui l’infervento funziona con alcune persone e non con altre.
Assunti teorici e concetti chiave
Il modello transteorico non si focalizza sulle cause che hanno portato ad un determinato problema, ma
sul cambiamento del comportamento in relazione alla motivazione.
Molto spesso nel mondo dei servizi socio-sanitari gli utenti vengono descritti come ‘non motivati” 0
‘non collaboranti’, come se tali definizioni appartenessero a tratti di personalità, o comunque
dimenticando le ragioni che costruiscono la motivazione o la non motivazione a cambiare. Nel modello
transteorico l’assenza di motivazione non è considerata come un elemento patologico, ma come una
condizione variabile nel tempo, che può essere modificata attraverso la relazione professionale.
Il modello assume che il cambiamento sia un processo continuo, che si articola nel tempo e attraverso
una sequenza di fasi in corrispondenza delle quali le persone si trovano a determinati stadi di
determinazione e azione ed è diversa la loro motivazione a cambiare. Gli stadi del cambiamento
rappresentano sia un periodo di tempo, sia determinate caratteristiche che descrivono la relativa
propensione al cambiamento. Ad ogni fase corrispondono particolari caratteristiche e l'adempimento di
determinati compiti indispensabili per il passaggio alla fase successiva.
Gli stadi del cambiamento
Nello stadio della precontemplazione si trovano le persone spesso etichettate come ‘non motivate” 0
‘resistenti’ al cambiamento, non consapevoli del problema, non preoccupate dei danni che ne
conseguono, oppure non intenzionate ad impegnarsi in obiettivi di cambiamento. A volte la ragione è
una scarsa informazione rispetto ai rischi per sè o per gli altri che derivano dall’adozione di un
determinato comportamento. Più spesso si tratta di persone non fiduciose delle proprie capacità di
modificare la propria situazione o rassegnate. Una persona in precontemplazione tende ad evitare di
affrontare il problema, di informarsi, si sottrae a consigli e raccomandazioni, può mettere in atto
meccanismi di difesa quali la negazione, la minimizzazione o la giustificazione del problema. E°
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probabile che queste persone accedano ai servizi per invio di familiari o di altri professionisti (medici
ospedalieri o delle forze dell’ordine nel caso di incidenti,..)
Nello stadio della contemplazione la persona prende consapevolezza del problema e inizia a
considerare l’ipotesi di cambiare, ma è incerta su cosa fare. In questa fase l’individuo è in grado di
riconoscere i pro e i contro di un eventuale cambiamento, ma questa analisi si traduce in una situazione
di forte ambivalenza, che può durare anche a lungo. Da un lato la persona desidera un cambiamento
della propria situazione, dall’altro il fatto di rinunciare alle proprie abitudini o il timore di uno scenario
non conosciuto rischiano di tenerla bloccata sulla strada del cambiamento.
Nel successivo stadio della determinazione il cliente ha deciso di modificare il comportamento e inizia
a pianificare le modalità per realizzare il cambiamento. In questa fase prevale la consapevolezza delle
conseguenze negative, nonostante resti presente la considerazione degli aspetti dell’abitudine
comportamentale in qualche modo vissuti come fonte di piacere. Secondo Prochaska e DiClemente
questo stadio ha una durata breve stimabile in circa un mese, durante il quale o si passa all’Azione o si
torna indietro.
Lo stadio dell’azione descrive la fase in cui la persona ha iniziato a mettere in atto le azioni necessarie
al cambiamento e_ha smesso i comportamenti considerati problematici. Il cliente ha iniziato ad
organizzare il proprio tempo e le proprie attività e abitudini in relazione alla nuova situazione
(partecipa a programmi di trattamento, cambia gruppi sociali di riferimento,..)
Nella fase di mantenimento il cliente consolida il cambiamento ottenuto e gradualmente conquista
maggior fiducia in se stesso. In questa fase è utile lavorare sul rinforzo della fiducia in relazione ai
risultati raggiunti e sostenere il cliente per prevenire eventuali ricadute. Può ad esempio accadere che
una persona che ha di recente iniziato un trattamento psicoterapico sia sfidata da un improvviso evento
critico che può metterla ulteriormente alla prova, rischiando di tornare in un precedente stadio del
processo di cambiamento.
L'ultima fase è quella della risoluzione del problema, quando la persona si sente sicura di sé e del fatto
che manterrà il nuovo stile di vita. Questa fase può essere raggiunta anche spontaneamente e senza
alcun particolare intervento professionale
Strategie di intervento in relazione ai diversi stadi del cambiamento
Le caratteristiche e i processi attivi nelle diverse fasi suggeriscono ai professionisti dell’aiuto di
adottare modalità relazionali e di intervento diverse, proprio a partire dalla valutazione dello stadio in
cui il cliente si trova.
Quando non c’è motivazione al cambiamento è controproducente intervenire con suggerimenti 0
forzare nella direzione di ipotesi progettuali. In questa fase l’obiettivo è la costruzione di una relazione
empatica e di un clima basato sulla fiducia e l’accettazione, che facilitano l’espressione del cliente e
permettono all’operatore di comprendere la sua dimensione. Come nel modello centrato sulla persona,
l’assistente sociale si limita ad un ascolto empatico e riflessivo, rispettando la posizione del cliente,
limitando le domande e lasciando spazio alla persona, accogliendo ciò che porta senza giudicare.
Anche per la persona in ambivalenza è fondamentale sentirsi accettata ed essere sostenuta
nell’esplorazione dei vantaggi e degli svantaggi che derivano sia dal problema che dal cambiamento.
Uno stile che indica qual è la direzione “giusta” con una persona che sta ancora valutando i pro e i
contro di una situazione può portare all’effetto opposto di quello desiderato. Nel cliente sono ancora
presenti il timore del cambiamento e la difficoltà a riporre fiducia nelle proprie capacità di cambiare.
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Lo stile del colloquio motivazionale non è quello di dirigere, ma di “guidare”. Il professionista per
essere una buona guida è innanzitutto un buon ascoltatore che, se necessario e al momento opportuno,
offre la sua esperienza. Il professionista non è nella relazione per giudicare o biasimare, ma per
comprendere e aiutare ad individuare le ragioni del cliente al cambiamento.
Fasi del colloquio motivazionale
La prima fase nel colloquio motivazionale è orientata a lavorare sull’ambivalenza del cliente e a
sviluppare la sua motivazione intrinseca a cambiare le propria situazione. Una strategia è quella di
sostenere il cliente nell’esplorare la discrepanza tra il comportamento messo in atto e l’immagine di sé
e i suoi valori. Secondo la teoria della dissonanza cognitiva (Festinger, Erickson) la percezione di una
contraddizione tra ciò che si pensa di essere e ciò che si vorrebbe essere è un’esperienza dolorosa che
può fungere da pungolo per il cambiamento. Il supporto di un professionista è utile ad evitare che
questo vissuto si traduca in atteggiamenti come la minimizzazione o la negazione e sia invece il punto
di partenza per la motivazione a cambiare.
Nella seconda fase il lavoro si sposta sul rinforzo dell’impegno al cambiamento, la sottolineatura delle
capacità del cliente, l'elaborazione e implementazione di un piano per il cambiamento. Il colloquio
motivazionale si basa sulla convinzione che il cliente sia capace di compiere i passi necessari per
cambiare con successo (è il concetto di autoefficacia), possedendo egli sia le risorse sia le conoscenze
necessarie per realizzare il cambiamento desiderato.
Miller e Rollnick (2002) descrivono quattro processi che si attivano nel colloquio motivazionale:
1)Stabilire una relazione empatica: faremo questo percorso insieme?
Costruire un clima relazionale basato sull’empatia implica lo sforzo cognitivo ed emotivo per
comprendere la visione del mondo del cliente, le sue ragioni, le condizioni che vive e lo caratterizzano,
i suoi vissuti. La costruzione di una relazione empatica presuppone un atteggiamento non giudicante
anche quando non si approva il comportamento dell’altro e la sua accettazione. La resistenza del
cliente non viene contrastata ma compresa e utilizzata come fonte di informazione per comprendere il
cliente. L’empatia è una capacità complessa che presuppone una buona gestione delle proprie emozioni
e la conoscenza di specifiche abilità comunicative verbali e non verbali.
2)Focalizzare: in che direzione andiamo?
Focalizzare è il processo con cui si chiariscono gli obiettivi di cambiamento e il percorso ponendo le
basi per i successivi interventi. Il colloquio motivazionale può essere definito come una conversazione
sul cambiamento e focalizzare implica ricercare e mantenere una direzione del percorso.
3)Evocare (riguarda il ‘se’ e il ‘perchè’)
Quando si è stabilito un focus sul cambiamento, si comincia a esplorare le idee e i vissuti del cliente sul
perché e il come potrebbe realizzarlo, facendo emergere le motivazioni al cambiamento proprie del
cliente. Nel processo di evocare il colloquio diventa più chiaramente motivazionale: le abilità per
lavorare sulla motivazione consistono nel riconoscere le affermazioni orientate al cambiamento quando
le si ascolta, nel farle emergere e rispondere ad esse quando si presentano.
4) Pianificare (riguarda il come e il quando)
Questa fase ha inizio quando una persona è pronta al cambiamento ed è possibile la formulazione di
uno specifico piano di azione, valorizzando l’autonomia del cliente nel prendere le decisioni.
Pianificare è un processo progressivo che può richiedere revisioni lungo il percorso.
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Questi processi sono solo teoricamente sequenziali e spesso sono compresenti nello stesso colloquio.
Stabilire una buona relazione è un prerequisito delle fasi successive, così come focalizzare è
prerequisito di evocare, ma ad ogni colloquio si entra e si esce dai quattro processi più volte.
Le abilità comunicative nel colloquio motivazionale
Nel colloquio motivazionale le abilità comunicative sono utilizzate in direzione di due obiettivi:
1) consentire alla persona di riflettere sulle sue fratture interiori e ambivalenze
2) rinforzare la motivazione al cambiamento.
Nel colloquio motivazionale si privilegiano domande aperte che invitano a parlare di un argomento e
danno la possibilità alla persona di rispondere in modo più libero.
L'ascolto riflessivo implica sia l’ascolto che la riflessione su ciò che si è ascoltato. Le riflessioni
possono essere semplici ripetizioni che nulla aggiungono al contenuto: in questi casi sì sceglie una
progressione più lenta. Con la riformulazione del contenuto non ci si ferma alla semplice ripetizione di
ciò che si è ascoltato, ma si prova a comunicare ciò che si pensa di aver capito, cercando di facilitare un
ulteriore esplorazione del cliente. Occorre equilibrio e sintonia nella relazione: se la persona si blocca
vuol dire che si sta procedendo troppo in fretta.
Le frasi di sostegno sono funzionali a commentare le capacità, gli sforzi fatti, i risultati raggiunti. E”
necessario riuscire a mantener il focus sulla persona e non sul professionista: sostenere è diverso dal
lodare una persona, azione che colloca il professionista nel ruolo dominante dell’esperto che sa cosa è
giusto. Occorre inoltre fare attenzione al fatto che le frasi di sostegno sono influenzate da fattori
culturali e ciò che in un determinato contesto viene interpretato come apprezzamento, in un altro
potrebbe essere vissuto come un’iperbole esagerata.
I riassunti, oltre a comunicare che si è ascoltato e cercato di capire, possono essere utilizzati per
riordinare diversi elementi di cui si è parlato, permettendo di fermarsi a riflettere su quanto detto. Un
buon riassunto compone diversi aspetti che sembravano separati in qualcosa di nuovo che offre una
cornice di senso. Alcuni riassunti possono essere usati con l’obiettivo di sostenere, evidenziando le
caratteristiche positive che potrebbero aiutare il cambiamento:
Come nell’approccio rogersiano le domande aperte e l’ascolto riflessivo servono a porrele basi per una
buona relazione, ma nel colloquio motivazionale sono utilizzate anche in funzione dell’obiettivo di
lavorare sulla motivazione. Nel colloquio motivazionale il professionista deve innanzitutto essere in
grado di riconoscere nel cliente due tipi di affermazioni:
© le affermazioni orientate al mantenimento dello status quo (AOM)), quelle espressioni che la
persona porta per non cambiare.
e le affermazioni di cambiamento (AOC), quelle espressioni del cliente che riflettono desideri,
bisogni, motivazioni, intenzioni o possibilità concrete di cambiare.
Spesso e in particolare nelle persone in ambivalenza sono presenti sia AOC che AOM e il
professionista deve essere in grado di utilizzare tecniche comunicative per saper rispondere a entrambi i
tipi di affermazioni.
AOC“so che devo perdere peso per migliorare la mia salute , ma a me piace un sacco mangiare”
(AOM)
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Per rinforzare la motivazione il professionista introduce domande aperte, mirate a esplorare,
rispecchiare e stimolare le affermazioni di cambiamento; i riassunti forniscono sintesi che collegano le
varie tematiche di cambiamento espresse dal cliente.
Le riflessioni, il sostenere e le ristrutturazioni individuano anche lo strumento per rispondere alle
affermazioni orientate al mantenimento dello status quo, che consentono di valorizzare l'autonomia e il
mantenimento di una relazione collaborativa e non giudicante.
Strategie di intervento secondo il TTM
Il modello transteorico fornisce una serie di assunti da cui derivano indicazioni per la pratica molto
chiare:
O l’essere pronti o resistenti al cambiamento non è una caratteristica del cliente ma il frutto di una
situazione e di relazioni interpersonali; °
O le prescrizioni, raccomandazioni e i consigli non richiesti non sono un metodo efficace per
risolvere l’ambivalenza
© la relazione con l’utente è di tipo collaborativo più che una diade esperto/utente: è il cliente a
dover cercare e trovare le proprie motivazioni al cambiamento
O l’ascolto riflessivo ed empatico è lo strumento per una relazione collaborativa e un approccio
centrato sul cliente
O il colloquio motivazionale è un mezzo per facilitare i processi e le strategie che portano al
cambiamento non la direzione, che è sempre scelta dal cliente
D occorre adottare strategie che tengano conto dello stadio di cambiamento in cui si trova il
cliente
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