Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Ordinamento italiano e islam, Appunti di Storia Del Diritto Canonico

appunti - appunti

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 17/03/2016

alessiarosa0
alessiarosa0 🇮🇹

1 documento

Anteprima parziale del testo

Scarica Ordinamento italiano e islam e più Appunti in PDF di Storia Del Diritto Canonico solo su Docsity! ASPETTI GIURIDICI DEI RAPPORTI TRA ORDINAMENTO ITALIANO E ISLAM MARIO TEDESCHI Università di Napoli Riguardare i rapporti con l’Islam da un punto di vista giuridico è operazione non agevole, data la diversità dei sistemi giuridici, tra di loro difficilmente comparabili, e perché il mondo arabo prescinde da qualsiasi riferimento al diritto romano o ai diritti confessionali come quello canonico. L’apertura verso il diritto islamico si è avuta in Italia al momento dell’avventura coloniale in Libia, con gli studi di Santillana, ai quali sono seguiti quelli di D’Emilia, Castro, Cilardo1, e di pochi altri, e quando l’apertura della Turchia agli scambi comportò necessariamente uno sviluppo del diritto commerciale (non si dimentichi che proprio con riferimento a questo Paese si attua sul piano internazionale il c.d. regime delle Capitolazioni e il conseguente principio della kompetenz-kompetenz)2. Debbo sottolineare che personalmente sono molto scettico sull’istituto delle intese perché non è possibile attuarle nei confronti di tutte le confessioni senza frammentare la legislazione ecclesiastica, perché la contrattazione bilaterale innesca un sistema difficilmente controllabile, che in buona misura mortifica lo Stato, e perché si crea una situazione alquanto discutibile tra chi ha sottoscritto intese, denunciando la legge del ‘29 sui culti ammessi e chi, invece è ancora sottoposto a tale legge3. Per altro, i veri problemi che l’ordinamento italiano ha nei confronti degli Stati arabi, non sono risolvibili da un’intesa, diretta solo ai cittadini italiani di fede musulmana, ma riguardano, come nel caso dei matrimoni misti, aspetti di diritto internazionale privato, che imporrebbero interventi sul 1 Cfr. D. Santillana, Istituzioni di diritto musulmano malichita con riguardo anche al sistema sciafiita, vol. I-II, Roma 1943; A. D’Emilia, Diritto islamico , in Scritti di diritto islamico, Roma 1972; A. Cilardo, Teorie sull’origine del diritto islamico, Roma 1990; cfr. oltre n. 4 e 9; G. Caputo, Introduzione al diritto islamico. I concetti generali-il matrimonio e la famiglia-le successioni, Torino 1990, p. 1 suiv., notava come gli studi di diritto musulmano fossero fiorenti in Germania, Francia e Italia alla fine del secolo scorso e agli inizi di questo. 2 Cfr. Sousa, The capitulary regime of Turkey, Baltimore 1923. 3 Cfr. M. Tedeschi, “Nuove religioni e confessioni religiose”, in Studium, 1986, fasc. 3, p. 61 suiv.; in Studi in memoria di Mario Condorelli, vol. I, t. II, Milano 1988, p. 1215 suiv.; nel vol. La tutela della libertà di religione. Ordinamento internazionale e norme confessionali, a cura di S. Ferrari e T. Scovazzi, Padova 1988, p. 135 suiv.; e nel vol. Saggi di diritto ecclesiastico, Torino 1987, p. 281 suiv., ove rilevavo che le intese hanno «un triplice effetto negativo: privilegiano la libertà dei gruppi rispetto a quella individuale; legittimano, come si era ben compreso in passato, la stipulazione di concordati con la Chiesa cattolica; creano un diritto pattizio singolare, che produce certamente delle sperequazioni tra i vari gruppi ...» (p. 293). piano del diritto internazionale pubblico non limitati ai membri della Comunità europea4. Debbo anche dire che tali rapporti sono stati condizionati - almeno da parte degli ecclesiasticisti- da una serie di errori e di remore. Errato è stato analizzare una realtà esterna alla nostra da un precostituito angolo visuale, quello stesso delle norme costituzionali, che costituiscono espressione di un substrato storico-politico e di una società molto diversa. Nessun riferimento è infatti possibile a tali norme - anche se queste costituiscono indubbiamente per noi dei valori- come ai concetti di libertà religiosa e di laicità, frutto in qualche misura dell’illuminismo che il mondo arabo non ha conosciuto negli stessi termini5. Errata è la pretesa di riguardare tale mondo unitariamente e non in capo alle singole scuole di diritto o ai singoli Paesi, come prova il tentativo di un Codice arabo uniforme dello statuto personale, il c.d. documento del Kuwait, sostanzialmente fallito, proprio per le differenti posizioni delle varie scuole6. Errata si è rilevata la stessa fiducia nel diritto internazionale perché, anche a livello di ONU, non ne è venuto alcun positivo intervento e nessuna particolare integrazione7. Errato è considerare l’Islam come uno Stato teocratico perché la separazione tra Stato e religione si era avuta nel momento in cui il califfato, che pretendeva proteggere sia interessi religiosi che politici sul presupposto che il Corano avesse una natura creata, dovette segnare il passo nei confronti dell’ulama, che riteneva invece che il Corano avesse una natura divina. Quando quest’ultima interpretazione risultò vincente, i califfi dovettero abbandonare le loro pretese limitandosi a rappresentare gli interessi amministrativi e di governo mentre i dotti e i sufi quelli religiosi. L’autonomia della religione dallo Stato risale quindi alle origini8. Con il tempo lo Stato apparve come protettore del culto ma anche dell’istruzione e della legge perché i rapporti con gli ulama erano impostati sull’interdipendenza. Non così con i sufi che erano in netta contrapposizione. Il sufismo, infatti, era spesso apolitico e avverso ai regimi statali, come in Algeria e in Marocco9. 4 Cfr. E. Vitta, Corso di diritto internazionale privato e processuale, 4ème éd., a cura di F. Marconi, Torino 1991, p. 88 ss., con riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con la l. 21 giugno 1971, n. 804, ed entrata in vigore il 1° novembre 1986, che, limitatamente agli Stati membri originari della CEE, stabilisce di prescindere, per quel che riguarda il collegamento delle parti a un determinato ordinamento, dal criterio della nazionalità per privilegiare quello del domicilio; e l’Atto del Consiglio, del 28 maggio 1998, ancora da ratificare, sulla competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni delle cause matrimoniali (che, all’art. 42, estende le proprie previsioni all’Accordo tra l’Italia e la S. Sede del 18 febbraio 1984) (G.U. delle CE, Comunicazioni ed informazioni, C 221, del 16 luglio 1998). Un intervento di tal genere risulterebbe chiaramente insufficiente. 5 Cfr. L. Musselli, “Islam ed ordinamento italiano. Riflessioni per un primo approccio al problema”, in Dir. eccl., 1992, I, p. 621 suiv.; Id., “Libertà religiosa e Islam nell’ordinamento italiano”, in Il Politico, 1995, LX, n. 2, p. 227 suiv.; A. Iacovella, “Cenni sulla condizione etico-giuridica dei cristiani nel mondo musulmano: Islam e codificazione della ‘differenza’”, in Dir. eccl., 1994, I, p. 1045 suiv. 6 Cfr. R. Aluffi Beck Peccoz, Codice arabo uniforme dello statuto personale, presentazione di Francesco Castro, Roma 1990. 7 Cfr. G. Kepel, La rivincita di Dio. Cristiani, ebrei, musulmani alla riconquista del mondo, Milano 1991. 8 Cfr. I. M. Lapidus, Storia delle società islamiche, vol. I, Le origini dell’Islam secoli VII-XIII, Torino 1993, p. 129 suiv. 9 Cfr. I. M. Lapidus, op. cit., vol. II, La diffusione dell’Islam secoli X-XIX, Torino 1994, p. 27 suiv. pubblicate sulla Gazzetta ufficiale all’inizio di ciascun anno solare. Di particolare interesse la disposizione secondo la quale, «nel fissare le prove di esame o di concorso, le autorità civili competenti terranno conto della esigenza di rispetto delle festività islamiche» (art. 15). L’art. 23 stabilisce che «I piani regolatori cimiteriali prevedono, su richiesta della Comunità islamica, reparti speciali per la sepoltura di defunti musulmani», che, secondo la loro tradizione, sarà perpetua. Particolari anche le disposizioni sulla preghiera rituale, che si compie cinque volte al giorno e che sarà in ogni modo favorita (art. 5); sulle elemosine rituali, deducibili dal reddito complessivo imponibile (art. 6); sul digiuno rituale nel mese di Ramadan, anch’esso agevolato dallo Stato (art. 7); sul pellegrinaggio rituale alla Mecca (art. 8); e sulla tutela del patrimonio artistico, storico e culturale della civiltà islamica in Italia (art. 24), meno rilevante che in Spagna, ma di grande importanza soprattutto in Sicilia. Ben quattro gli articoli che riguardano l’assistenza religiosa - siamo al terzo gruppo di norme-: uno di carattere generale, che si riallaccia al diritto di libertà religiosa e alle previsioni alimentari, ivi compresa la macellazione (art. 16), i rimanenti riguardanti i militari (art. 17), gli infermi (art. 18) e i detenuti (art. 19). Due gli articoli sull’istruzione e le scuole; nel primo si esclude, nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, «ogni ingerenza sulla educazione e sulla formazione religiosa degli alunni di fede islamica», garantendo «il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi», a tutela della libertà di coscienza di tutti e senza alcuna discriminazione e assicurando, anche se a carico della Comunità islamica, «agli incaricati designati dalla Comunità il diritto, nell’ambito delle attività culturali previste dall’ordinamento scolastico, di rispondere a eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organismi scolastici, in ordine allo studio del fatto religioso islamico» (art. 20); nel secondo si assicura «alla Comunità islamica il diritto di istituire liberamente, senza oneri per lo Stato, scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione» (art. 21). L’articolo sul matrimonio necessita di una breve premessa, poiché è questo l’istituto che più preoccupa l’opinione pubblica italiana15. Si deve subito dire che il matrimonio poligamico costituisce, anche all’interno dei Paesi islamici, un’eccezione; che anche in questi casi non si va mai oltre quattro mogli; e che per l’ordinamento giuridico italiano vale solo il primo matrimonio, purché regolarmente contratto, non i successivi. Pertanto, l’art. 22 del progetto può molto semplicemente riferirsi a un unico matrimonio e stabilire che «la Repubblica italiana, attesa la pluralità dei sistemi di celebrazione a cui si ispira il suo ordinamento, riconosce gli effetti civili ai matrimoni celebrati secondo il rito islamico, davanti a una Guida del culto, avente cittadinanza italiana, designata dalla Comunità islamica, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella Casa comunale», indicando «all’ufficiale dello stato civile, al quale si richiedono le pubblicazioni ... il nominativo della Guida del culto designata». L’ufficiale dello stato civile rilascerà ai nubendi un nullaosta in duplice originale, nel quale spiegherà i loro diritti e doveri, dando lettura dei relativi articoli del codice civile. L’atto di matrimonio, una volta constatatasi l’autenticità del nullaosta, sarà trascritto nei registri dello stato civile «entro ventiquattro ore dal ricevimento ... dandone contestuale notizia alla Guida del culto». Gli effetti civili retroagiranno al momento della celebrazione anche nel caso in cui l’atto di matrimonio dovesse essere trascritto tardivamente. Come può constatarsi, il regime del matrimonio islamico è, così, uniformato a quello delle altre confessioni, risultando del tutto conforme alla legislazione ecclesiastica italiana in tale materia. Nessuna particolare preoccupazione di contrasto con i principi generali dell’ordine pubblico o del buon costume può pertanto essere avanzata, rimanendo quanto esula dalle presenti previsioni, in un ambito esclusivamente sociale ed extragiuridico. Nelle disposizioni di chiusura, una norma riguarda l’attuazione dell’intesa (art. 25); una le possibili modificazioni (art. 26); e un’altra la caducità della pregressa legislazione del ‘29 sui culti ammessi, che valeva anche nei confronti della Comunità islamica (art. 27). I problemi giuridici non derivavano tanto dai presupposti ideologici della confessione, quanto dalla mancanza di una legislazione pregressa riguardante l’Islam, e dal rispetto dei principi generali sui quali si basa il nostro ordinamento giuridico, all’interno dei quali l’ambito di operatività delle confessioni è molto ristretto. 15 Cfr. M. Tedeschi , op. ult. cit., p. 1577 suiv. Fra l’altro, non tutte le comunità islamiche sono d’accordo sull’opportunità di stipulare un’intesa. In atto vi sono molte difficoltà a stabilire i rappresentanti della confessione - termine questo che noi dobbiamo usare necessariamente perché è quello stesso dell’art. 8 Cost.- che possano ad un tempo rappresentare tutte le Comunità islamiche e rapportarsi con la Presidenza del Consiglio, che sembra in ogni modo disponibile alle trattative una volta risolti i problemi interni. Oggi il clima appare diverso - malgrado questa sia anche una decisione politica- ma tutti i presupposti giuridici possono considerarsi in buona misura risolti, al punto che la dottrina ecclesiasticistica ha dovuto mutare avviso, ponendosi su posizioni meno scettiche che in passato, e convenire sulla necessità dell’intesa.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved