Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Per un idea di scuola, Appunti di Sociologia Dell'organizzazione

Pensiero sulle origini della scuola

Tipologia: Appunti

2016/2017
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 11/01/2017

lorenzomio06
lorenzomio06 🇮🇹

4.2

(15)

20 documenti

1 / 8

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Per un idea di scuola e più Appunti in PDF di Sociologia Dell'organizzazione solo su Docsity! PER UN’IDEA DI SCUOLA 1-L’idea di scuola e il suo crepuscolo Dopo la legge Casati del 1859, il nostro sistema scolastico ha conosciuto un’unica riforma organica connotata da un’idea formale di scuola precisa e consapevole: la Riforma Gentile del 1923. Una riforma reazionaria, prima ancora che fascista, che mirava a dare al sistema scolastico una struttura chiusa e selettiva. Ci fu poi il periodo che va dalla metà degli anni ’50 fino alla fine degli anni ’80, contrassegnato dalle battaglie per l’innovazione scolastica, ispirate all’idea di scuola democratica; le riforme di questa fase, attuate dai governi di centro-sinistra, furono l’unificazione della scuola media nel 1962 e l’istituzione della scuola materna statale nel 1968. Il ministro Berlinguer, durante il governo Prodi, aveva tentato una riforma delle strutture della scuola, ma fu subito bloccato dall’ascesa al governo della destra nel 2001. L’onorevole Berlusconi aveva espresso il suo “pensiero” sulla scuola già nel 1994, un pensiero racchiuso nelle “tre I”: Impresa, Inglese, Internet. Si indicava la scuola come un pezzo di un sistema economico ed era chiamata a regolarsi secondo le logiche dell’efficienza e della produttività, inoltre il suo compito era quello di formare i nuovi produttori. Infine si poneva l’esigenza di una modernizzazione della scuola rispetto ai media nell’ottica della globalizzazione: la lingua veicolare planetaria (Inglese) e il mezzo di comunicazione mondiale (Internet). Dal punto di vista degli insegnanti però la scuola era vista secondo l’ottica delle “tre C”: comunità, cultura, conoscenza. La scuola era vista come una comunità educativa volta a trasmettere la cultura alle nuove generazioni, e a credere al valore formativo della conoscenza. Occorreva quindi una mediazione capace di conciliare le due visioni di scuola. A questo scopo il ministro Moratti incaricò il professor Bertagna di disegnare la nuova “riforma” scolastica. La nuova riforma prevedeva di connettere la formazione dei produttori con l’idea della centralità della persona: secondo quest’ottica la personalizzazione consiste nella valorizzazione delle specifiche potenzialità di ogni persona che, portate al pieno sviluppo, definiscono la vocazione professionale di ognuno. Per realizzare la riforma, il ministro attuò diversi corsi di aggiornamento per i docenti, riunioni con i dirigenti, convegni e pubblicazioni. Ma la riforma trova non pochi ostacoli: una parte del mondo della scuola attua una vera e propria resistenza contro la messa in atto della riforma, tanto da farla decadere. Successivamente, con i governi di Destra, il ministro Gelmini esordisce con una serie di iniziative : dal ritorno ai voti, al 5 in condotta, al grembiulino, al ritorno del maestro unico; il tutto legittimato con il ritorno alla sana tradizione , a una scuola seria e meritocratica, e accompagnato da una serie di tagli alle risorse della scuola: dal numero delle cattedre ai fondi per il funzionamento. 2- il filo conduttore della vicenda scolastica italiana Lamberto Borghi ha individuato due tradizioni culturali che hanno inciso sulla vicenda scolastica: una tradizione autoritaria e una democratica. La tradizione autoritaria è insita nella cultura borghese del nostro paese, essa si riflette in una pedagogia volta a separare la formazione dei ceti dominanti da quella dei ceti subalterni. La tradizione democratica è propensa invece a una formazione culturale per tutti, capace di eliminare la disparità tra i ceti. La storia della scuola italiana può essere vista alla luce del conflitto tra forze moderate e forze progressiste. Da un lato l’egemonia culturale, che si riflette nel mantenimento dei rapporti di potere tra ceti dominanti e ceti subalterni, oppure, all’opposto, nella tensione verso il progresso democratico. Dall’altro la mobilità sociale, in rapporto alla quale si confrontano la tendenza a riprodurre la stratificazione sociale esistente, con tutte le disparità, e quella a una maggiore uguaglianza sociale. Riguardo i mezzi con cui viene combattuto questo conflitto, la selezione viene realizzata attraverso dimensioni curriculari, didattiche e istituzionali. Difatti, nel corso della storia scolastica, la selezione ha visto almeno quattro forme diverse. La selezione per evasione dall’obbligo (tollerando a lungo l’evasione scolastica); la selezione per canalizzazione precoce ( attraverso binari morti, privi di accesso agli studi superiori); la selezione esplicita (attraverso bocciature che causano ritardi e abbandoni); la selezione implicita ( attraverso promozioni che non corrispondono alle effettive competenze e conoscenze possedute). Questo tipo di selezione è presente oggi nella scuola media e nel triennio conclusivo delle superiori. L’obiettivo delle forze democratiche è quello dell’emancipazione culturale di tutti i giovani, attraverso la realizzazione di portando gli studenti a padroneggiare correttamente e pienamente le competenze acquisite. Il “filo conduttore” della storia della scuola italiana del secondo dopoguerra è stato individuato da Gattullo e Visalberghi nella resistenza alle riforme scolastiche, attuata dalle forze politiche al potere attraverso la tattica dell’”ostruzionismo di maggioranza”. L’ostruzionismo di maggioranza consiste nell’apparente accettazione di soluzioni avanzate, vanificandone però la realizzazione durante l’iter parlamentare o in sede attuativa. Comunque è una interpretazione non attribuibile all’intera storia della scuola italiana. Prima di questi studiosi, la Bertoni Jovine aveva paragonato il conflitto per la scuola a una guerra di trincea; concetto ripreso da Gramsci: il filo conduttore della storia della scuola italiana può trovarsi nel conflitto tra forze conservatrici e forze progressiste. Un conflitto che ha per contenuto l’emancipazione culturale delle masse popolari, e per forma quella della guerra di posizione politico-culturale. Oggi tutte le riforme ottenute dalle forze progressiste sembrano essere rese vane dall’intervento del ministro Gelmini: il grembiulino, il maestro unico, il sette in condotta richiamano i valori della “sana” tradizione scolastica, accusando così le forze progressiste di aver tralasciato tali tradizioni per interessi di parte. 3-i fondamenti dell’idea di scuola: Dewey e Gramsci Riguardo al rapporto istruzione/educazione, Gramsci afferma: “Non è completamente esatto che l’istruzione non sia anche educazione: questa distinzione è stato il grave errore della pedagogia idealista”. L’istruzione non è mai una ricezione meramente passiva di nozioni, ma implica sempre un’ elaborazione attiva da parte dell’alunno, pertanto con l’istruzione non s’imparano solo nozioni, collateralmente si impara anche a elaborare il sapere, si educa la mente ad apprendere. Secondo Gramsci la scuola classica educava perché istruiva: ad esempio lo studio “formale del latino” creava abitudini mentali che costituivano un modo spontaneo di vedere il mondo. Della questione sul principio educativo si sono occupati due dei più grandi pensatori del secolo scorso: Dewey e Gramsci. -Dewey nella “prefazione” a Democrazia ed educazione precisa che la sua filosofia “collega lo sviluppo della democrazia con quello del metodo sperimentale delle scienze. Il principio educativo di Dewey è connesso al rapporto tra metodo scientifico e spirito democratico, in quanto il metodo scientifico è di per sé promotore di democrazia, perché associa la logica della ricerca sperimentale alla libera discussione dei risultati, dall’altra parte la democrazia garantisce il pieno uso dell’intelligenza per la soluzione di tali problemi, perché garantisce una discussione realmente libera. Così, l’educazione al metodo scientifico, al metodo dell’intelligenza rappresenta un’educazione democratica e alla democrazia; inoltre per Dewey l’educazione non consiste nel modellare i giovani secondo modelli precostruiti, ma nel liberare la loro intelligenza in modo tale che possano imparare da soli ad affrontare i problemi futuri. -Anche per Gramsci il compito fondamentale della scuola è quello di promuovere la democrazia. Il principio educativo di Gramsci consiste nell’idea che la scuola non deve occuparsi solo della formazione del produttore, ma anche della formazione del cittadino: tutti devono essere dotati delle competenze per poter diventare dirigente politico; così, anche se non lo diventerà, sarà in grado di giudicare chi dirige e di decidere se dargli o no il suo consenso. Gramsci sostiene il superamento della separazione tra una formazione culturale per le classi dirigenti e una formazione utilitaria per le classi subalterne: tutti devono avere lo stesso livello di formazione, una formazione democratica. Riguardo le “generazioni adulte” entrambi i pensatori hanno espresso le loro convinzioni: Gramsci sostiene che lo sviluppo della personalità è il frutto dell’ambiente storico, perciò le generazioni adulte hanno il compito di conformare i giovani a una certa realtà sociale. Dewey, invece, sostiene che il compito delle generazioni adulte non è quello di conformare i giovani a quelle realtà ritenute migliori, ma di metterli in grado di far fronte ai loro problemi con la loro intelligenza. 4-livelli e costrutti della formazione scolastica Come categoria teorica, il lavoro è caratterizzato da due lati: uno luminoso che fa tutt’uno con la realizzazione dell’uomo; e uno oscuro che lo rende una condanna e un immiserimento. A questo proposito è importante la riflessione di Hegel nella sua Fenomenologia dello spirito, in cui egli attribuisce al lavoro un valore antropogenico: l’uomo diviene compiutamente tale solo nell’attività lavorativa. Marx, nei Manoscritti economico-filosofici, rimprovera ad Hegel di aver visto solo l’aspetto positivo del lavoro; nell’economia capitalista il lavoro si presenta in forma degradante per l’essere umano, diviene un ambito di dominio e di sfruttamento dell’uomo sull’uomo con la privatizzazione dei mezzi di produzione: Marx aveva elaborato la categoria dell’alienazione e del lavoro alienato. Nell’era capitalista l’uomo non si realizza nel suo lavoro ma si distrugge, si estranea al lavoro e a se stesso; questa estraneazione ha almeno due aspetti: in primo luogo l’oggetto prodotto viene sottratto al lavoratore quindi gli diviene estraneo, in secondo luogo la stessa attività lavorativa diviene estranea all’uomo in quanto in essa l’uomo non esercita le proprie qualità umane, ma si limita a eseguire operazioni forzate. Quindi il lavoro mortifica l’uomo. L’economia capitalista classi riflette il suo aspetto formativo sulla separazione tra scuole d’istruzione professionale e scuole di formazione estesa. Le prime sono volte a formare il personale esecutivo della produzione, le seconde sono volte alla formazione dei dirigenti. Successivamente all’economia capitalista, abbiamo una fase fordista, in cui si ha la necessità di lavoratori versatili, in grado di spostarsi da un settore lavorativo all’altro, e dell’operaio massa, impiegato nella lavorazione in serie basata sul macchinismo e le catene di montaggio. Poi abbiamo una fase postfordista, legata all’economia della conoscenza, con il superamento delle mansioni puramente esecutive. Questa situazione spinge verso misure compensative al lavoro stesso: la pedagogia del tempo libero. Se il lavoro è alienante, occorre ridurne l’orario ed espandere il tempo libero. La pedagogia tende perciò a spostarsi verso la qualità del tempo libero, dove l’uomo può coltivare la propria umanità, offrendo un supporto alle iniziative d’educazione permanente e alle esperienze di associazionismo culturale. Ma un tempo libero volto a ricreare l’uomo non muta il carattere alienante del lavoro, una vera modifica sarebbe la drastica riduzione dei tempi lavorativi, ma nell’ottica capitalista è un’utopia. Il pensiero di Marx continua con la categoria del lavoro astratto. Il lavoro presenta un doppio lato: il lavoro concreto, finalizzato a produrre beni con valore d’uso, e il lavoro astratto, come produzione con valore di scambio. Il lavoro astratto si dà solo quando il bene è visto come merce in vista dello scambio di mercato, su questo tipo di lavoro è basata la produzione capitalista. Dopo l’idea di un essenza umana, vista nella libertà e nella creatività che si realizza nel lavoro ma che sotto l’economia capitalista non è più realizzabile, Marx passa allora ad un’idea di essenza dell’uomo che si fa nella storia, nel movimento storico dei modi di produzione. La società moderna è caratterizzata dalla mobilità del lavoro: in rapporto alle dinamiche del mercato, masse di individui passano periodicamente da un settore lavorativo all’altro, cosicché a questi è richiesto di essere lavoratori in astratto. Occorre distinguere tra l’essere utilizzati in tutto o dedicarsi a tutto. Il primo tipo di astrazione sembra essere propria dei “barbari”, cioè della manodopera no qualificata; il secondo tipo di astrazione è propria dei “civilizzati” e corrisponde ad un grado più avanzato del lavoratore. La dinamica del mercato del lavoro si spinge verso il secondo tipo di astrazione, espressione di un lavoratore versatile in grado di reggere allo stress del lavoro. Secondo Marx una formazione versatile si identifica nelle scuole politecniche, nelle quali gli alunni ricevono istruzioni sull’uso di differenti strumenti di produzione. Si pone così il principio educativo di Marx: la formazione dell’uomo omnilaterale, ossia l’uomo completamente sviluppato nella manualità e nell’intelletto. Occorre così unire l’istruzione intellettuale con la formazione politecnica. Si passa ad uno stadio più avanzato con un’economia fondata sulla conoscenza. Il superamento della fase fordista ha visto l’avvento di nuovi modi di organizzazione produttiva , come quella della lean production (produzione leggera) e della lavorazione just in time. Con queste nuove forme organizzative si ha la sostituzione della catena di montaggio con l’automazione robotica integrata dal lavoro di squadre qualificate, e l’attivazione della catena produttiva solo in presenza di ordini di acquisto, per ridurre al minimo l’invenduto (just in time). Così tende a subentrare il lavoro flessibile. Tale flessibilità ha due versioni: La flessibilità esterna basata sulla precarizzazione del rapporto di lavoro (le imprese possono assumere o licenziare in base alle esigenze di produzione). La flessibilità interna consiste nella modificazione degli orari e dei periodi di lavoro in base alle esigenze di produzione. Va evidenziata anche una terza forma di flessibilità, la flessibilità intellettuale del lavoratore: è legata alla mobilità del lavoratore da un settore all’altro, e alla polivalenza delle mansioni. Pertanto la formazione del lavoratore deve mirare a dargli una padronanza generale delle conoscenze scientifiche, una capacità di apprendere di continuo nuovi paradigmi: si giunge quindi ad una forma di astrazione che riguarda gli abiti mentali. • La democrazia e la formazione del cittadino Come categoria teorica, la democrazia può essere intesa su due diversi fronti: uno descrittivo e l’altro valutativo. Dal punto di vista descrittivo, la democrazia si pone come forma di governo, governo del popolo, dove i cittadini sono titolari di diritti e di doveri. Dal punto di vista valutativo possiamo riprendere le visioni di Sen e di Dewey riguardo la democrazia. Sen la identifica come contesto socio-politico favorevole allo sviluppo umano, dove l’uomo è in grado di espandere le sue libertà e la possibilità di crescere come essere umano. Simile è la posizione di Dewey, il quale vede la democrazia come la forza di governo dove la crescita degli esseri umani si compie completamente solo quando essi partecipano attivamente alla direzione della loro comunità. In tutto questo, un ruolo molto importante spetta alla scuola, la quale ha il compito di attuare una formazione volta ad espandere la democrazia. Un’analisi circa la realtà della democrazia nell’attuale fase storica mette alla luce il fatto che il cittadino stia subendo una metamorfosi: il cittadino attivo e riflessivo sta lasciando il passo a un cittadino passivo e superficiale, che rinuncia alla partecipazione per ripiegare nel ruolo di consumatore. Tutto questo con l’avvento della globalizzazione dell’economia, della monopolizzazione dell’informazione e dell’accrescersi delle disuguaglianze sociali ed economiche. La formazione del cittadino riveste un’importanza cruciale per la qualità della vita democratica. La scuola fornisce una formazione iniziale del cittadino, dotandolo dei presupposti per una sua formazione permanente attraverso la partecipazione alla vita democratica. La formazione scolastica deve funzionare come un mezzo capace di fondere conoscenze e competenze con abiti mentali tipici dell’ethos democratico, inoltre la qualità della democrazia si esprime anche nella capacità di assicurare a tutti eque opportunità di vita e di formazione. La posizione di Gramsci sulla formazione del cittadino riprende l’importanza dello studio sia delle materie tecnico-scientifiche sia di quelle storico-umanistiche; allo stesso modo Dewey aggiungendo che il buon cittadino deve avere un atteggiamento auto- correttivo: si deve imparare dall’esperienza. Nonostante tutto, il mondo del lavoro rimane un ambito nel quale la democrazia rimane debole: l’impresa è rimasta una realtà autocratica, strutturata in modo gerarchico; la direzione del lavoro e la gestione delle risorse umane hanno in parte superato le forme autoritarie: tale impostazione permette al lavoratore autonomia solo sui mezzi, e non sugli obiettivi, che rimangono comunque di pertinenza dell’impresa. 7- il piano curricolare: una formazione completa Per piano curricolare intendiamo il percorso formativo definito tanto in termini culturali, quanto in termini di tipologia umana da promuovere in una certa epoca storico-sociale. La scuola è solo una delle agenzie formative, quella di carattere formale; ci sono poi agenzie di tipo non formale (la famiglia, l’associazionismo, i servizi socio-educativi,…) e quelle di tipo informale (gruppo dei pari, il sistema dei mass-media, …). Il compito specifico della scuola è quello di istruire ed educare attraverso l’istruzione. L’istruzione consiste innanzitutto nell’apprendimeto di saperi; essa mira alla formazione dell’uomo completo (produttore e cittadino); tale formazione avviene attraverso la trasmissione di saperi sia di tipo tecnologico-scientifico, sia di tipo storico-umanistico: pertanto il curriculum scolastico dovrà prevedere il più allungo possibile la compresenza di questi due insegnamenti. Un’istruzione scolastica pienamente formativa non deve separare il sapere, il fare e il pensare; occorre che le conoscenze acquisite si possano trasformare in capacità di agire, lo scopo è formare abiti mentali il più possibile astratti, il che significa l’abitudine a modificare i propri abiti mentali e apprendere di continuo nuove conoscenze. 8-piano strutturale: continuità e unitarietà Per piano strutturale intendiamo l’articolazione del percorso formativo complessivo in una serie di gradi e di cicli scolastici tra loro in continuità. -la scuola dell’infanzia è il primo segmento del sistema scolastico, con un curricolo di attività attentamente selezionate e organizzate in rapporto ai vari campi d’esperienza, essa può portare a raggiungere traguardi di sviluppo che rappresentano la base di tutti gli apprendimenti successivi. Questo grado scolastico dovrebbe prevedere l’obbligatorietà evitando le differenze cognitive e culturali che mettono alcuni bambini in una condizione di partenza sfavorita. -la scuola primaria si occupa dell’alfabetizzazione di base e di costruire una base solida per gli apprendimenti disciplinari. Promuove la padronanza degli strumenti culturali di base, da quelli alfabetici (leggere, scrivere) a quelli elettronici (new media), introduce il bambino ai due assi principali: storico- liguistici e matematico-scientifici. L’introduzione del maestro unico è stato penalizzante, in quanto un solo docente non può riuscire a padroneggiare entrambi gli assi, quindi occorrono insegnanti specializzati per i singoli assi culturali. -la scuola media si costituisce in un’istruzione pienamente articolata nei differenti saperi disciplinari. L’unificazione della scuola media è stata la più importante riforma scolastica della Repubblica per la democratizzazione dei percorsi scolastici. Il compito della scuola media è quello di garantire a tutti le competenze fondamentali dei diversi saperi e a far raggiungere ad ognuno la consapevolezza delle proprie inclinazioni. Tale grado scolastico è caratterizzato da non poche difficoltà: un’inadeguatezza dei livelli di alfabetizzazione prodotti dalla scuola primaria, un deficit nella cultura didattica dei doceti, rigidità del curricolo che dovrebbe prevedere delle parti opzionali accanto a quelle obbligatorie per consentire all’alunno di personalizzare il suo percorso formativo. -la scuola secondaria superiore è caratterizzata dalla distinzione tra scuole di cultura (licei) e scuole di formazione professionale (istituti tecnici e professionali) che continua a riflettere la separazione tra la formazione dei ceti dirigenti e di quelli subalterni. Dovrebbero essere garantiti certi standard formativi comuni relativi sia all’asse storico-umanistico sia quello tecnologico-scientifico. La scuola secondaria-in coerenza con l’indirizzo scelto- deve prevedere anche la promozione di certe forme mentali che sono a fondamento delle successive scelte universitarie o professionali e dovrebbe essere integrata da corsi post-diploma per i ragazzi che decidono di non proseguire gli studi. 9-il piano didattico: individualizzazione e personalizzazione Per piano didattico si intende l’insieme di misure formative volte a realizzare gli obiettivi della scuola. A questo proposito occorrono due fondamentali misure didattiche: l’integrazione di individualizzazione e personalizzazione; la combinazione della trasmissione culturale con le pratiche di ricerca. L’integrazione di individualizzazione e personalizzazione va riferita all’insieme del percorso scolastico: nei primi gradi (scuola dell’infanzia e primaria) l’obiettivo è quello dell’individualizzazione, cioè garantire a tutti gli alunni le conoscenze e le competenze fondamentali; mentre nei gradi secondari (media e superiore) l’obiettivo è quello della personalizzazione, cioè si permette all’alunno di scoprire le proprie inclinazioni e di coltivarle. La combinazione di trasmissione e ricerca fa riferimento al compito della scuola che è quello di promuovere abiti mentali che permettano alle nuove generazioni di far fronte ai loro problemi futuri; a questo scopo è importante introdurre a una forma di ricerca che impegni l’alunno nella soluzione di problemi in modo tale da entrare in possesso di una strategia mentale generale e flessibile, per essere modulata in base ai vari contesti problemici. 10-piano istituzionale: scuola come azienda e come comunità
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved