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Pomponio fonti latino, Tesi di laurea di Diritto Romano

documento con testi in latino di Pomponio e relativa traduzione

Tipologia: Tesi di laurea

2023/2024

Caricato il 22/03/2024

adriana-amato-5
adriana-amato-5 🇮🇹

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Scarica Pomponio fonti latino e più Tesi di laurea in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! Guida alla lettura delle principali fonti antiche 57 D. 1.2.2 pr. POMPONIUS, libro singulari enchiridii. Necessarium itaque no- bis videtur ipsius iuris originem atque processum demonstrare. D. 1.2.2 pr. POMPONIO, Manuale in un solo libro. Ci sembra necessario, pertanto, esporre l’origine e lo sviluppo dello stesso diritto. D. 1.2.2.1 Et quidem initio civitatis nostrae populus sine lege certa, sine iure certo primum agere instituit omniaque manu a regibus gubernabantur. D. 1.2.2.1 Invero nei primi tempi della nostra città il popolo ebbe a re- golarsi dapprima senza legge certa, senza diritto certo, e ogni cosa era go- vernata per mano dei re. D. 1.2.2.2 Postea aucta ad aliquem modum civitate ipsum Romulum traditur populum in triginta partes divisisse, quas partes curias appellavit propterea, quod tunc rei publicae curam per sententias partium earum ex- pediebat. Et ita leges quasdam et ipse curiatas ad populum tulit: tulerunt et sequentes reges. Quae omnes conscriptae exstant in libro Sexti Papirii, qui fuit illis temporibus, quibus Superbus Demarati Corinthii filius, ex princi- palibus viris. Is liber, ut diximus, appellatur ius civile Papirianum, non quia Papirius de suo quicquam ibi adiecit, sed quod leges sine ordine latas in unum composuit. D. 1.2.2.2 Poi, accresciutasi in una certa misura la città, si tramanda che lo stesso Romolo abbia diviso il popolo in 30 parti, che denominò ‘curie’ perché egli attendeva al governo dello Stato con il concorso del loro parere. E così, egli stesso presentò al popolo alcune leggi curiate; e ne presentarono anche i re che gli successero. Tutte queste leggi sono contenute nel libro di Sesto Papirio, uno tra gli uomini più in vista dell’epoca di Tarquinio il Su- perbo, figlio di Demarato di Corinto. Questo libro, come si è detto, si inti- tola ‘Diritto civile Papiriano’, non perché Papirio vi abbia aggiunto qualcosa di suo, ma perché riunì leggi disordinatamente proposte. D. 1.2.2.3 Exactis deinde regibus lege tribunicia omnes leges hae exole- verunt iterumque coepit populus Romanus incerto magis iure et consuetu- dine aliqua uti quam per latam legem, idque prope viginti annis passus est. D. 1.2.2.3 In séguito, cacciati i re con una legge tribunizia, tutte queste leggi andarono in disuso e il popolo romano cominciò nuovamente a utiliz- zare più un diritto incerto e la consuetudine che non la legislazione; una si- tuazione cui si adattò per quasi un ventennio. D. 1.2.2.4 Postea ne diutius hoc fieret, placuit publica auctoritate decem constitui viros, per quos peterentur leges a Graecis civitatibus et civitas fun- 58 P. L. Carucci - E. Germino daretur legibus: quas in tabulas eboreas perscriptas pro rostris composue- runt, ut possint leges apertius percipi: datumque est eis ius eo anno in civi- tate summum, uti leges et corrigerent, si opus esset, et interpretarentur ne- que provocatio ab eis sicut a reliquis magistratibus fieret. Qui ipsi animad- verterunt aliquid deesse istis primis legibus ideoque sequenti anno alias duas ad easdem tabulas adiecerunt: et ita ex accedenti appellatae sunt leges duodecim tabularum. Quarum ferendarum auctorem fuisse decemviris Her- modorum quendam Ephesium exulantem in Italia quidam rettulerunt. D. 1.2.2.4 Poi, affinché ciò non accadesse più a lungo, con pubblica de- liberazione si dispose che fossero nominati dieci uomini per mezzo dei quali venissero chieste alle città greche le loro leggi e la città si fondasse sulle leggi; le quali, scritte su tavole d’avorio72, (i decemviri) disposero da- vanti ai rostri73, così da renderne possibile la migliore conoscenza. Quel- l’anno furono dati a questi dieci uomini i massimi poteri sulla città affinché potessero, se necessario, correggere le leggi e interpretarle e si escluse la possibilità di ricorso al popolo nei loro confronti come per gli altri magi- strati. Gli stessi decemviri si accorsero che a queste prime leggi mancava qualcosa, sicché l’anno seguente aggiunsero altre due a queste tavole e, così, per l’aggiunta, furono chiamate ‘Leggi delle dodici tavole’. Alcuni riferirono che promotore presso i decemviri della loro presentazione fosse un certo Er- modoro di Efeso, esule in Italia. D. 1.2.2.5 His legibus latis coepit (ut natulariter evenire solet, ut inter- pretatio desideraret prudentium auctoritatem) necessarium esse disputatio- nem fori. Haec disputatio et hoc ius, quod sine scripto venit compositum a prudentibus, propria parte aliqua non appellatur, ut ceterae partes iuris suis nominibus designantur, datis propriis nominibus ceteris partibus, sed com- muni nomine appellatur ius civile. D. 1.2.2.5 Promulgate tali leggi, avvenne che (come naturalmente suole accadere affinché la interpretazione delle leggi sia sostenuta dalla autorevo- lezza dei giuristi) fosse necessaria la discussione nel foro. Tale discussione e tale diritto, che senza essere scritto viene creato dai giuristi, non ha parti- colare denominazione, al contrario delle altre parti del diritto designate con propri nomi, ma con il nome generico di ‘diritto civile’. D. 1.2.2.6 Deinde ex his legibus eodem tempore fere actiones composi- tae sunt, quibus inter se homines disceptarent: quas actiones ne populus 72 Così la lezione del testo; tuttavia, vi sono anche altre letture di questo passo pom- poniano: infatti, in luogo di eboreas alcuni leggono roboreas, con la conseguenza che le ta- vole sarebbero state di legno, ed altri ancora leggono aereas così individuando tavole bronzee. 73 Cioè sulla tribuna degli oratori nel Foro. Guida alla lettura delle principali fonti antiche 61 D. 1.2.2.11 Alla fine, siccome era parso che i modi di costituzione del di- ritto, esigendolo le cose stesse, gradualmente erano passati nelle mani di po- chi, accadde, nell’interesse dello Stato, che si deliberasse per mezzo di uno solo (infatti il senato non poteva svolgere bene allo stesso modo tutti i cóm- piti): dunque, istituito il principe, gli fu dato il potere che ciò che stabilisse si avesse per ratificato78. D. 1.2.2.12 Ita in civitate nostra aut iure, id est lege, constituitur, aut est proprium ius civile, quod sine scripto in sola prudentium interpretatione consistit, aut sunt legis actiones, quae formam agendi continent, aut plebi scitum, quod sine auctoritate patrum est constitutum, aut est magistratuum edictum, unde ius honorarium nascitur, aut senatus consultum, quod solum senatu constituente inducitur sine lege, aut est principalis constitutio, id est ut quod ipse princeps constituit pro lege servetur. D. 1.2.2.12 Così, nella nostra città o si dispone per mezzo del diritto, cioè tramite legge, o vi è il diritto civile in senso stretto, che senza essere scritto consiste nella sola interpretazione dei giuristi, o vi sono le azioni di legge, che contengono gli schemi per agire, o il plebiscito, che è stabilito senza l’autorità dei senatori patrizi, o vi è l’editto dei magistrati, da cui trae origine il diritto onorario, o il senatoconsulto, che è introdotto avendolo sta- bilito il solo senato, senza una legge, o vi è la costituzione dei principi, cioè che tutto ciò che il principe in persona stabilisce si osserva come se fosse legge. D. 1.2.2.13 Post originem iuris et processum cognitum consequens est, ut de magistratuum nominibus et origine cognoscamus, quia, ut exposui- mus, per eos qui iuri dicundo praesunt effectus rei accipitur: quantum est enim ius in civitate esse, nisi sint, qui iura regere possint? Post hoc dein de auctorum successione dicemus, quod constare non potest ius, nisi sit aliquis iuris peritus, per quem possit cottidie in melius produci. D. 1.2.2.13 Dopo aver appreso l’origine e lo svolgimento del diritto, è conseguente che conosciamo l’origine e i nomi delle magistrature, perché, come abbiamo esposto, l’effettività del diritto dipende da chi è preposto ad amministrare la giustizia: quanto importa infatti che nella città vi sia il di- ritto se non vi siano coloro che possano amministrarlo? Di séguito, dunque, diremo della successione degli autori, perché il diritto non può esistere se non vi sia qualche giurista grazie al quale possa quotidianamente esser mi- gliorato. D. 1.2.2.14 Quod ad magistratus attinet, initio civitatis huius constat re- ges omnem potestatem habuisse. 78 Cfr. Gai 1.5. 62 P. L. Carucci - E. Germino D. 1.2.2.14 Per quanto attiene ai magistrati, risulta che agli inizi della città i re avessero ogni potere. D. 1.2.2.15 Isdem temporibus et tribunum celerum fuisse constat: is au- tem erat qui equitibus praeerat et veluti secundum locum a regibus optine- bat: quo in numero fuit Iunius Brutus, qui auctor fuit regis eiciendi. D. 1.2.2.15 Risulta che negli stessi tempi vi fosse anche un tribuno dei celeri; questi era colui che comandava la cavalleria siccome aveva il secondo posto dopo i re: nel qual novero vi fu Giunio Bruto promotore della cacciata del re. D. 1.2.2.16 Exactis deinde regibus consules constituti sunt duo: penes quos summum ius uti esset, lege rogatum est: dicti sunt ab eo, quod pluri- mum rei publicae consulerent. Qui tamen ne per omnia regiam potestatem sibi vindicarent, lege lata factum est, ut ab eis provocatio esset neve possent in caput civis Romani animadvertere iniussu populi: solum relictum est il- lis, ut coercere possent et in vincula publica duci iuberent. D. 1.2.2.16 Cacciati dunque i re, furono istituiti due consoli; con legge fu proposto che essi fossero titolari del potere supremo: sono chiamati così soprattutto per il fatto che si consultavano nell’interesse dello Stato. Tutta- via, affinché essi non rivendicassero a sé il potere regio su ogni cosa, con una legge fu stabilito che vi fosse nei loro confronti il ricorso (al popolo) e che non potessero condannare a morte un cittadino romano senza ordine del popolo: gli fu solo lasciato di poter esercitare la coercizione e di ordinare la conduzione nel carcere pubblico. D. 1.2.2.17 Post deinde cum census iam maiori tempore agendus esset et consules non sufficerent huic quoque officio, censores constituti sunt. D. 1.2.2.17 Poi, dunque, poiché già da molto tempo doveva essere effet- tuato il censimento e i consoli non bastavano anche a tale ufficio, si crea- rono i censori. D. 1.2.2.18 Populo deinde aucto cum crebra orerentur bella et quaedam acriora a finitimis inferrentur, interdum re exigente placuit maioris potesta- tis magistratum constitui: itaque dictatores proditi sunt, a quibus nec pro- vocandi ius fuit et quibus etiam capitis animadversio data est. Hunc magi- stratum, quoniam summam potestatem habebat, non erat fas ultra sextum mensem retineri. D. 1.2.2.18 Aumentata la popolazione, poiché insorgevano frequenti guerre e alcune assai dure venivano mosse dai popoli confinanti, esigendolo Guida alla lettura delle principali fonti antiche 63 talvolta la situazione piacque di istituire un magistrato con poteri più ampi: e così, si crearono i dittatori, nei cui confronti non vi fu il diritto di ricor- rere (al popolo) e ai quali fu concesso anche di punire con pena capitale. Poiché questa magistratura aveva sommo potere, non era conforme al lecito tenerla per più di sei mesi. D. 1.2.2.19 Et his dictatoribus magistri equitum iniungebantur sic, quo modo regibus tribuni celerum: quod officium fere tale erat, quale hodie praefectorum praetorio, magistratus tamen habebantur legitimi. D. 1.2.2.19 A questi dittatori si affiancavano i comandanti della cavalle- ria, così come ai re i tribuni dei celeri: questo ufficio era quasi come quello dei prefetti del pretorio oggi, tuttavia si consideravano ‘magistrati legittimi’. D. 1.2.2.20 Isdem temporibus cum plebs a patribus secessisset anno fere septimo decimo post reges exactos, tribunos sibi in monte sacro creavit, qui essent plebeii magistratus. Dicti tribuni, quod olim in tres partes populus divisus erat et ex singulis singuli creabantur: vel quia tribuum suffragio creabantur. D. 1.2.2.20 In quegli stessi tempi, all’incirca diciassette anni dopo la cacciata dei re, essendosi separata dai patrizi la plebe si dette sul Monte Sa- cro dei tribuni che fossero magistrati plebei. Furono detti ‘tribuni’ o perché un tempo il popolo era diviso in tre parti e in ciascuna se ne creava uno, o perché erano creati mediante il voto delle tribù. D. 1.2.2.21 Itemque ut essent qui aedibus praeessent, in quibus omnia scita sua plebs deferebat, duos ex plebe constituerunt, qui etiam aediles ap- pellati sunt. D. 1.2.2.21 E similmente, affinché vi fossero sovrintendenti ai templi79 in cui la plebe depositava le proprie delibere, furono istituiti dalla stessa plebe due magistrati, che sono anche chiamati edili. D. 1.2.2.22 Deinde cum aerarium populi auctius esse coepisset, ut es- sent qui illi praeessent, consituti sunt quaestores, qui pecuniae praeessent, dicti ab eo quod inquirendae et conservandae pecuniae causa creati erant. D. 1.2.2.22 Quando poi l’erario pubblico cominciò ad essere più consi- stente, affinché vi fosse chi lo curasse, si istituirono i questori, i quali so- vrintendessero al denaro, così chiamati in quanto erano creati per ricercare e conservare il denaro. 79 Ovvero il tempio di Cerere, Libero e Libera. 66 P. L. Carucci - E. Germino dini. Allora, affinché i patrizi avessero qualcosa in più, si decise di istituire due magistrati dal novero dei patrizi: e così furono creati gli edili curuli. D. 1.2.2.27 Cumque consules avocarentur bellis finitimis neque esset qui in civitate ius reddere posset, factum est, ut praetor quoque crearetur, qui urbanus appellatus est, quod in urbe ius redderet. D. 1.2.2.27 E poiché i consoli erano chiamati altrove dalle guerre con i popoli vicini e mancava in città chi potesse rendere il diritto, si decise di creare anche un pretore, che fu chiamato ‘urbano’ perché rendesse diritto nella città. D. 1.2.2.28 Post aliquot deinde annos non sufficiente eo praetore, quod multa turba etiam peregrinorum in civitatem veniret, creatus est et alius praetor, qui peregrinus appellatus est ab eo, quod plerumque inter peregri- nos ius dicebat. D. 1.2.2.28 Poi, dopo alcuni anni, non essendo più sufficiente quel pre- tore, per la grande folla anche di stranieri che si riversava in città, fu creato anche un altro pretore, che fu detto ‘peregrino’ per il fatto che amministrava la giustizia per lo più tra gli stranieri. D. 1.2.2.29 Deinde cum esset necessarius magistratus qui hastae praees- sent, decemviri in litibus iudicandis sunt constituti. D. 1.2.2.29 Occorrendo poi un magistrato preposto ai giudizi centumvi- rali furono creati i decemviri giudici delle controversie. D. 1.2.2.30 Constituti sunt eodem tempore et quattuorviri qui curam viarum agerent, et triumviri monetale aeris argenti auri flatores, et triumviri capitales qui carceris custodiam haberent, ut cum animadverti oporteret in- terventu eorum fieret. D. 1.2.2.30 Si crearono nello stesso tempo sia quadrumviri per la cura delle strade sia triumviri monetali per la coniazione delle monete di bronzo, argento, e oro, sia triumviri capitali che avessero la custodia delle carceri e al cui intervento ricorrere nel caso di una condanna da eseguire. D. 1.2.2.31 Et quia magistratibus vespertinis temporibus in publicum esse inconveniens erat, quinqueviri constituti sunt cis Tiberim ‹et ultis Tibe- rim› qui possint pro magistratibus fungi. D. 1.2.2.31 E poiché era sconveniente che i magistrati apparissero in pubblico di sera, si crearono cinque uomini al di qua e al di là del Tevere che potessero svolgere le funzioni dei magistrati. Guida alla lettura delle principali fonti antiche 67 D. 1.2.2.32 Capta deinde Sardinia, mox Sicilia, item Hispania, deinde Narbonensi provincia totidem praetores, quot provinciae in dicionem vene- rant, creati sunt, partim qui urbanis rebus, partim qui provincialibus praeessent. Deinde Cornelius Sulla quaestiones publicas constituit, veluti de falso, de parricidio, de sicariis, et praetores quattuor adiecit. Deinde Gaius Iulius Caesar duos praetores et duos aediles qui frumento praeessent et a Cerere cereales constituit. Ita duodecim praetores, sex aediles sunt creati. Divus deinde Augustus sedecim praetores constituit. Post deinde divus Clau- dius duos praetores adiecit qui de fideicommisso ius dicerent, ex quibus unum divus Titus detraxit: et adiecit divus Nerva qui inter fiscum et priva- tos ius diceret. Ita decem et octo praetores in civitate ius dicunt. D. 1.2.2.32 Conquistata quindi la Sardegna, e di séguito la Sicilia, anche la Spagna e infine la provincia Narbonense, furono creati tanti pretori quante erano le province assoggettate, per amministrare in parte gli affari urbani, in parte quelli provinciali. In séguito Cornelio Silla istituì corti giu- dicanti pubbliche, per esempio in tema di falso, di parricidio, di assassinio, e aggiunse quattro pretori. Caio Giulio Cesare poi istituì due pretori e due edili sovrintendenti all’annona, detti cereali da Cerere. Furono così creati dodici pretori e sei edili. Il divo Augusto istituì a sua volta sedici pretori. Dopo di che il divo Claudio aggiunse due pretori giusdicenti in tema di fe- decommessi, di cui uno fu abolito dal divo Tito; e il divo Nerva ne aggiunse uno che amministrasse la giustizia tra il fisco e i privati. E così in città vi sono diciotto pretori giusdicenti. D. 1.2.2.33 Et haec omnia, quotiens in re publica sunt magistratus, ob- servantur: quotiens autem proficiscuntur, unus relinquitur, qui ius dicat: is vocatur praefectus urbi. Qui praefectus olim constituebatur: postea fere La- tinarum feriarum causa introductus est et quotannis observatur. Nam prae- fectus annonae et vigilum non sunt magistratus, sed extra ordinem utilitatis causa constituti sunt. Et tamen hi, quos Cistiberes diximus, postea aediles senatus consulto creabantur. D. 1.2.2.33 E tutto ciò viene osservato quando i magistrati si trovano nel territorio dello Stato, quando invece se ne allontanano, ne rimane uno per esercitare la giurisdizione: egli è chiamato ‘prefetto della città’. Questo pre- fetto era già stato istituito una volta: in séguito fu introdotto quasi soltanto in occasione delle ferie latine ed è nominato ogni anno. Infatti, il prefetto dell’annona e il prefetto dei vigili non sono magistrati, ma sono nominati in via straordinaria per ragioni di utilità. E tuttavia, quelli che abbiamo defi- nito ‘Cistiberini’84 furono poi fatti edili con senatoconsulto. D. 1.2.2.34 Ergo ex his omnibus decem tribuni plebis, consules duo, de- cem et octo praetores, sex aediles in civitate iura reddebant. 84 Ovvero che svolgevano le loro funzioni al di qua del Tevere. 68 P. L. Carucci - E. Germino D. 1.2.2.34 Dunque, tra tutti questi rendevano diritto in città dieci tri- buni della plebe, due consoli, diciotto pretori, sei edili. D. 1.2.2.35 Iuris civilis scientiam plurimi et maximi viri professi sunt: sed qui eorum maximae dignationis apud populum Romanum fuerunt, eo- rum in praesentia mentio habenda est, ut appareat, a quibus et qualibus haec iura orta et tradita sunt. Et quidem ex omnibus, qui scientiam nancti sunt, ante Tiberium Coruncanium publice professum neminem traditur: ce- teri autem ad hunc vel in latenti ius civile retinere cogitabant solumque con- sultatoribus vacare potius quam discere volentibus se praestabant. D. 1.2.2.35 La scienza del diritto civile è stata professata da tanti uomini di elevatissima qualità; ma qui bisogna ricordare quelli tra loro che godet- tero di maggior stima presso il popolo romano, perché appaia chi e di che qualità diede origine a questo nostro diritto e lo tramandò. E di certo, tra tutti coloro che si dedicarono alla scienza non è noto alcuno che l’abbia pro- fessata pubblicamente prima di Tiberio Coruncanio: gli altri invece, fino a lui, intendevano mantenere quasi segreto il diritto civile, e si dedicavano solo a chi li consultasse piuttosto che dedicarsi a chi desiderasse imparare. D. 1.2.2.36 Fuit autem in primis peritus PUBLIUS PAPIRIUS, qui leges regias in unum contulit. Ab hoc APPIUS CLAUDIUS unus ex decemviris, cuius maxi- mum consilium in duodecim tabulis scribendis fuit. Post hunc APPIUS CLAU- DIUS eiusdem generis maximam scientiam habuit: hic Centemmanus appel- latus est, Appiam viam stravit et aquam Claudiam induxit et de Pyrrho in urbe non recipiendo sententiam tulit: hunc etiam actiones scripsisse tradi- tum est primum de usurpationibus, qui liber non exstat: idem Appius Clau- dius, qui videtur ab hoc processisse, R litteram invenit, ut pro Valesiis Vale- rii essent et pro Fusiis Furii. D. 1.2.2.36 Tra i primi esperti ci fu PUBLIO PAPIRIO85, che riunì le leggi re- gie. Dopo di lui APPIO CLAUDIO, uno dei decemviri, il cui consiglio giovò mol- tissimo nella redazione delle dodici tavole. Dopo di lui APPIO CLAUDIO, della stessa famiglia, fu di grandissima dottrina: fu detto ‘centimane’, lastricò la via Appia, condusse l’acqua Claudia e diede parere sfavorevole all’accogli- mento di Pirro a Roma; si tramanda che costui per primo abbia anche scritto azioni ‘sulle usurpazioni’, un libro che non ci è pervenuto. Lo stesso Appio Claudio, il quale pare che da ciò abbia preso le mosse, inventò la let- tera R di modo che invece di Valesii si dicesse Valerii e di Fusii, Furii. D. 1.2.2.37 Fuit post eos maximae scientiae SEMPRONIUS, quem populus Romanus sofo;n appellavit, nec quisquam ante hunc aut post hunc hoc no- 85 In D. 1.2.2.2, invece, il nome di Papirio è Sesto. Guida alla lettura delle principali fonti antiche 71 D. 1.2.2.42 Molti furono gli allievi di Mucio, ma quelli maggiormente autorevoli furono AQUILIO GALLO, BALBO LUCILIO, SESTO PAPIRIO, GAIO GIUVEN- ZIO: fra essi, Servio dice che Gallo godette della massima stima presso il po- polo. Tutti costoro, peraltro, sono menzionati da Servio Sulpicio; del resto gli scritti di costoro non esistono come tali così che chiunque possa apprez- zarli; e dunque, i loro scritti non sono in circolazione fra le mani delle per- sone, ma Servio li inserì nelle sue opere, ed è grazie agli scritti di questo che conserviamo memoria anche di quelli. D. 1.2.2.43 SERVIUS autem SULPICIUS cum in causis orandis primum lo- cum aut pro certo post Marcum Tullium optineret, traditur ad consulendum Quintum Mucium de re amici sui pervenisse cumque eum sibi respondisse de iure Servius parum intellexisset, iterum Quintum interrogasse et a Quinto Mucio responsum esse nec tamen percepisse, et ita obiurgatum esse a Quinto Mucio: namque eum dixisse turpe esse patricio et nobili et causas oranti ius in quo versaretur ignorare. Ea velut contumelia Servius tactus operam dedit iuri civili et plurimum eos, de quibus locuti sumus, audiit, in- stitutus a Balbo Lucilio, instructus autem maxime a Gallo Aquilio, qui fuit Cercinae: itaque libri complures eius extant Cercinae confecti. Hi cum in le- gatione perisset, statuam ei populus Romanus pro rostris posuit, et hodie- que exstat pro rostris Augusti. Huius volumina complura exstant: reliquit autem prope centum et octaginta libros. D. 1.2.2.43 Si tramanda che SERVIO SULPICIO, il primo degli oratori, o co- munque secondo solo a Marco Tullio, fosse andato a consultare Quinto Mu- cio su una questione concernente un suo amico; e che non avendo bene in- teso il responso giuridico, avesse interrogato di nuovo Quinto Mucio; tutta- via, non comprendendo di nuovo il parere dato da Quinto Mucio, sarebbe stato per questo motivo duramente rimproverato da Quinto Mucio, il quale gli avrebbe detto che era oltremodo disdicevole che un patrizio, un nobile e un patrocinatore ignorasse il diritto di cui si occupava. Colpito da ciò come da un’offesa, Servio si applicò al diritto civile e divenne allievo assiduo di coloro di cui si è detto, ricevendo i primi insegnamenti da Balbo Lucilio ma fu istruito soprattutto da Aquilio Gallo, che era di Cercina: per questo di lui restano molti libri redatti a Cercina. Quando egli morì durante un’ambasce- ria, il popolo romano gli eresse una statua davanti ai rostri e ancor oggi esi- ste davanti ai rostri di Augusto. Di lui restano molti volumi: lasciò circa cen- tottanta libri. D. 1.2.2.44 Ab hoc plurimi profecerunt, fere tamen hi libros conscripse- runt: Alfenus Varus Gaius, Aulus Ofilius, Titus Caesius, Aufidius Tucca, Au- fidius Namusa, Flavius Priscus, Gaius Ateius, Pacuvius Labeo Antistius La- beonis Antistii pater, Cinna, Publicius Gellius. Ex his decem libros octo con- scripserunt, quorum omnes qui fuerunt libri digesti sunt ab Aufidio 72 P. L. Carucci - E. Germino Namusa in centum quadraginta libros. Ex his auditoribus plurimum aucto- ritatis habuit Alfenus Varus et Aulus Ofilius, ex quibus Varus et consul fuit, Ofilius in equestri ordine perseveravit. Is fuit Caesari familiarissimus et li- bros de iure civili plurimos et qui omnem partem operis fundarent reliquit. Nam de legibus vicensimae primus conscribit: de iurisdictione idem edic- tum praetoris primus diligenter composuit, nam ante eum Servius duos li- bros ad Brutum perquam brevissimos ad edictum subscriptos reliquit. D. 1.2.2.44 Molti furono suoi allievi, tuttavia, soltanto questi lasciarono opere scritte: ALFENO VARO, AULO OFILIO, TITO CESIO, AUFIDIO TUCCA, AUFIDIO NA- MUSA, FLAVIO PRISCO, GAIO ATEIO, PACUVIO LABEONE ANTISTIO, padre di Labeone Antistio, CINNA, PUBLICIO GELLIO. Di questi dieci, otto scrissero libri che furono poi ordinatamente raccolti da Aufidio Namusa in centoquaranta libri. Tra questi allievi di Servio ebbero maggior prestigio Alfeno Varo e Aulo Ofilio. Varo fu anche console, mentre Ofilio rimase nell’ordine equestre. Egli fu molto amico di Cesare e lasciò numerosi libri relativi al diritto civile che po- sero i fondamenti di ogni parte di questa disciplina. Infatti, costui fu il primo a scrivere sulle leggi relative alle vicesime88 e il primo a comporre89 con cura l’editto del pretore sulla giurisdizione: infatti prima di lui Servio aveva la- sciato due libri sull’editto, dedicati a Bruto, però estremamente brevi. D. 1.2.2.45 Fuit eodem tempore et TREBATIUS, qui idem Corneli Maximi auditor fuit: AULUS CASCELLIUS, 〈Quintus Mucius Volusii auditor〉90, denique in illius honorem testamento Publium Mucium nepotem eius reliquit heredem. Fuit autem quaestorius nec ultra proficere voluit, cum illi etiam Augustus consulatum offerret. Ex his Trebatius peritior Cascellio, Cascellius Trebatio eloquentior fuisse dicitur, Ofilius utroque doctior. Cascellii scripta non ex- stant nisi unus liber bene dictorum, Trebatii complures, sed minus frequen- tantur. D. 1.2.2.45 Nello stesso tempo vissero anche TREBAZIO, che fu allievo di Cornelio Massimo; AULO CASCELLIO, allievo di Volcacio, a sua volta allievo di Quinto Mucio, il quale in onore di quest’ultimo istituì erede nel testamento il nipote Publio Mucio. Fu soltanto di rango questorio né volle onori mag- giori, quantunque Augusto gli avesse offerto il consolato. Di loro si dice che Trebazio fosse più esperto di Cascellio, Cascellio più eloquente di Trebazio, 88 Ovvero le leggi Manlia (del 357 a. C.) e Giulia (di età augustea) che introdussero un’imposta del 5%, rispettivamente, sulle manumissioni degli schiavi e sull’eredità. 89 Una parte della dottrina interpreta diversamente il verbo componere, intendendo che Ofilio avrebbe per primo commentato l’editto del pretore; d’altra parte, già a propo- sito dello ius Papirianum (D. 1.2.2.2), Pomponio aveva impiegato questa forma verbale con il significato di ‘comporre’, ‘raccogliere’, che pare appropriato anche in questo caso. 90 Il testo compreso tra uncini andrebbe correttamente integrato, secondo la proposta di Mommsen, come segue: «Quinti Muci auditoris Volcacii auditor». Guida alla lettura delle principali fonti antiche 73 Ofilio più dotto di entrambi. Di Cascellio non ci rimangono scritti, salvo un solo libro di detti significativi. Di Trebazio, invece, restano molti scritti, ma meno consultati. D. 1.2.2.46 Post hos quoque TUBERO fuit, qui Ofilio operam dedit: fuit autem patricius et transiit a causis agendis ad ius civile, maxime postquam Quintum Ligarium accusavit nec optinuit apud Gaium Caesarem. Is est Quintus Ligarius, qui cum Africae oram teneret, infirmum Tuberonem ap- plicare non permisit nec aquam haurire, quo nomine eum accusavit et Ci- cero defendit: exstat eius oratio satis pulcherrima, quae inscribitur pro Quinto Ligario. Tubero doctissimus quidem habitus est iuris publici et pri- vati et complures utriusque operis libros reliquit: sermone etiam antiquo usus affectavit scribere et ideo parum libri eius grati habentur. D. 1.2.2.46 Dopo di lui ci fu TUBERONE, che fu collaboratore di Ofilio; egli era patrizio e passò dal patrocinio giudiziario al diritto civile: nella specie, quando accusò senza successo Quinto Ligario presso Gaio Cesare. Si tratta di quel Quinto Ligario che, mentre presidiava la costa dell’Africa, non con- sentì a Tuberone malato di approdare e rifornirsi di acqua; a tale titolo que- st’ultimo lo accusò e Cicerone lo difese. Resta la sua splendida orazione ‘in difesa di Quinto Ligario’. Tuberone fu considerato dottissimo sia nel diritto pubblico che nel diritto privato e lasciò numerosi libri nell’uno e nell’altro campo; usava scrivere con linguaggio antiquato e perciò i suoi libri sono poco apprezzati. D. 1.2.2.47 Post hunc maximae auctoritatis fuerunt ATEIUS CAPITO, qui Ofilium secutus est, et ANTISTIUS LABEO, qui omnes hos audivit, institutus est autem a Trebatio. Ex his Ateius consul fuit: Labeo noluit, cum offerretur ei ab Augusto consulatus, quo suffectus fieret, honorem suscipere, sed pluri- mum studiis operam dedit: et totum annum ita diviserat, ut Romae sex mensibus cum studiosis esset, sex mensibus secederet et conscribendis li- bris operam daret. Itaque reliquit quadringenta volumina, ex quibus plu- rima inter manus versantur. Hi duo primum veluti diversas sectas fecerunt: nam Ateius Capito in his, quae ei tradita fuerant, perseverabat; Labeo inge- nii qualitate et fiducia doctrinae, qui et ceteris operis sapientiae operam de- derat, plurima innovare instituit. D. 1.2.2.47 Dopo di lui ebbero massima autorità ATEIO CAPITONE, allievo di Ofilio, e ANTISTIO LABEONE, che aveva ascoltato tutti questi giuristi ma ebbe a maestro Trebazio. Di essi, Ateio fu console, mentre Labeone, al quale Au- gusto aveva offerto il consolato come console suffetto91, rifiutò la carica, de- 91 I consoli suffetti erano consoli sostituti, nel senso che qualora uno dei due consoli eponimi eletti nell’anno venisse a mancare si procedeva a sostituirlo con un consul suf- fectus mediante elezioni suppletive.
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