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Resilience e stress traumatico (2), Tesi di laurea di Psicologia Clinica

Tesi laurea triennale sulla resilienza e lo stress traumatico

Tipologia: Tesi di laurea

2015/2016
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Caricato il 19/10/2016

vernazza
vernazza 🇮🇹

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Scarica Resilience e stress traumatico (2) e più Tesi di laurea in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! INDICE INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 3 Capitolo I La resilienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 4 1.1 I primi studi e le definizioni di resilienza . . . . . . . . . . . . . p. 4 1. 2 Resilienza: tratto di personalità o processo dinamico? . . . . . . . . p. 6 1.3 La resilienza come processo tra fattori di rischio e fattori di protezione. . p. 8 1.3.1 La resilienza allo stress cronico . . . . . . . . . . . . . . p. 11 1.4 Due modelli integrati di resilienza . . . . . . . . . . . . . . p. 12 1.4.1 Modello di Richardson . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 12 1.4.2 Modello di Kumpfer . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 16 Capitolo II I meccanismi psicologici della resilienza . . . . p. 18 2.1 Coping e resilienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 19 2.2 Appraisal e resilienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 20 Capitolo III Misure di resilienza . . . . . . . . . . . . . . p. 21 3.1 Resilience Scale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 21 3.2 Connor- Davidson Resilience Scale . . . . . . . . . . . . . . . p. 22 3.3 Resilience Scale for Adult . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 23 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 24 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 26 INTRODUZIONE Il presente lavoro prende le mosse dall’enorme fascino e interesse esercitato dalla capacità degli esseri umani di saper trasformare un evento critico potenzialmente destabilizzante in un motore di ricerca personale. Riorganizzare positivamente l’esistenza grazie all’avvio di un progetto di vita capace di integrare le luci con le ombre, la sofferenza con la forza, la vulnerabilità con la capacità di riorganizzarsi e riorganizzare la rete familiare e sociale esistente o di ampliarle a secondo dei bisogni. La morte di un caro, la perdita del lavoro, una malattia grave sono esperienze di vita che mettono a dura prova l'equilibrio psicologico della persona: emozioni forti e un senso di profonda inquietudine ed incertezza prendono il sopravvento e la persona potrebbe sentirsi come un "puzzle che va in pezzi". La riorganizzazione del proprio percorso di vita, la possibilità di trasformare un evento doloroso o più semplicemente stressante in un processo di apprendimento e di crescita, incontra il tema della resilienza. Nella storia dell’umanità non mancano esempi di gruppi umani e persone che nonostante abbiano vissuto condizioni o situazioni di vita sfavorevoli sono riusciti a resistere, a far fronte, a trasformare, integrare e costruire una resilienza personale e collettiva. La letteratura sulla resilienza ha cercato con successo di individuare cosa caratterizza gli esseri umani resilienti, quali sono i fattori protettivi e i percorsi che permettono l'avvio di processi positivi quando si incontrano condizioni di vita eccezionalmente critiche o si è messi di fronte ai difficili problemi della quotidianità. Questa tesi vuole essere un tentativo di rivolgere l'attenzione ai processi psicologici che, prendendo l'avvio dalle qualità resilienti, consentono la risoluzione positiva dell'evento critico o per usare le parole di Richardson (2000) consentono una "reintegrazione resiliente". In particolare la tesi intende focalizzarsi su alcuni meccanismi psicologi strettamente collegati al processo di regolazione emotiva quali l’appraisal e il coping che insieme alla sperimentazione delle emozioni positive hanno dimostrato di avere dei legami con il psicologica è stato osservato lo sviluppo di circa 700 neonati che presentavano un'elevata probabilità di sviluppare disturbi psicopatologici, proprio perché nati in un contesto esposto a diversi fattori di rischio (nascita difficile, povertà, famiglie con problemi di alcolismo, malattie mentali, aggressività etc.). Contraddicendo le previsioni, un terzo di questi bambini, erano riusciti in età adulta a migliorare la loro condizione di vita ed erano diventati adulti in grado di avviare relazioni stabili, che si impegnavano sul lavoro e si prodigavano per gli altri. Comprendere cosa aveva reso resilienti quei settantadue bambini, consentì di spostare l’ottica dall’analisi sui motivi che determinano una fonte di disagio, ovvero sulla mancanza e sulla vulnerabilità verso l’indagine. Successivamente la presa in carico e cura di quelle risorse individuali e famigliari che consentono alla persona di integrare le proprie risorse con i propri limiti e comprendere che l’esperienza traumatica, che pur rimane iscritta nel profondo dell’animo, può divenire un occasione formativa di crescita personale (Malaguti, 2005). Il termine resilienza per come ha iniziato ad essere usato in psicologia da Werner e Smith, è un termine derivato dalla scienza dei materiali e indica la proprietà che alcuni materiali hanno di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. Un significato equivalente è riscontrabile anche in altre discipline. In biologia la resilienza è la capacita di autoripararsi dopo un danno, mentre in ecologia tanto più un ecosistema è dotato di variabilità dei fattori ambientali, tanto più le specie che vi appartengono sono dotate di un’alta resilienza. Nel linguaggio informatico la resilienza di un sistema operativo è rappresentata dalla capacità di adattamento alle condizioni d’uso e di resistenza all’usura. Il termine, traslato dalla fisica, dalla biologia e dall’informatica viene utilizzato dalla psicologia e dalla sociologia per indicare la capacità di un individuo di resistere agli urti della vita senza spezzarsi o incrinarsi, mantenendo e potenziando inoltre le proprie risorse sul piano personale e sociale (Oliverio Ferraris, 2003). La resilienza può quindi essere considerata come la capacità di affrontare eventi stressanti, superarli e continuare a svilupparsi aumentando le proprie risorse con una conseguente riorganizzazione positiva della vita (Malaguti, 2005). La resilienza viene inoltre vista come una qualità genetica che però, nell’arco della vita può manifestarsi e essere sviluppata grazie all’interiorizzazione di legami significativi. Cyrulnik (Cyrulnik, 2001) definisce la resilienza come una trama dove il filo dello sviluppo si intreccia con quello affettivo e sociale. Anaut (Anaut, 2003) sostiene che essere resilienti non significa essere individui invulnerabili, inaccessibili alle emozioni, alla sofferenza. La persona resiliente non è un super eroe, ma solo una persona comune dotata di molte qualità ma che può andare incontro a rotture di resilienza e a depressioni. La resilienza infatti non è una caratteristica presente in tutta la vita, anche per una persona dotata di qualità resilienti possono infatti esserci momenti e situazioni troppo faticose da sopportare. Cyrulnik (Cyrulnik, 2001) in linea con Anaut, considera gli individui resilienti come persone che hanno trovato in se stessi, nelle relazioni umane, nei contesti di vita, gli elementi e la forza per superare le avversità. Riconoscere che la persona, la famiglia, il gruppo, la comunità si situano all’interno della storia della persona resiliente, consente di trovare dei collegamenti con il modello ecologico umano e sociale di Bronfenbrenner1 (Bronfenbrenner, 1979). La resilienza del singolo quindi, si sviluppa nella capacità dei sistemi sociali connessi (famiglia, scuola, società) di creare delle condizioni protettive (tutori di resilienza) per supportare le difficoltà legate al trauma (Bronfenbrenner, 1979). 1.2 Resilienza: tratto di personalità o processo dinamico? All’interno del mondo degli studi sulla resilienza è da tempo in atto un acceso dibattito tra 1 Il modello ecologico concepisce l’ambiente di sviluppo del bambino come una serie di sistemi concentrici, connessi tra loro da relazioni, dirette o indirette, e ordinati gerarchicamente. Questo autore articola il contesto in più livelli; il bambino è direttamente in contatto con due di questi livelli, il microsistema e il mesosistema. Invece dell’esosistema e del macrosistema, il bambino non fa esperienza diretta. Ma ciò nonostante, anche questi due ambiti hanno eguale incidenza sul suo sviluppo. gli studiosi che considerano la resilienza come un tratto di personalità, fisso, stabile nel tempo e quindi misurabile (Connor, 2003; Miller, 1988; Wagnild & Young, 1993) e coloro che invece non la considerano come un tratto di personalità, bensì come un processo dinamico che varia in differenti contesti. Non si nasce resilienti ma lo si può diventare in presenza di avversità come risultato della contrapposizione tra fattori di rischio e fattori di protezione. Richardson (Richardson, 2002) cerca di superare questa contrapposizione rileggendo le due diverse posizioni assunte all’interno del dibattito come due fasi, due “ondate di ricerca”, all’interno dell’evoluzione degli studi sulla resilienza. I primi studi sulla resilienza sono nati dall’osservazione naturale di persone sopravvissute a difficili situazioni di vita e quindi dall’esigenza dei ricercatori di dare una risposta alla domanda “Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono queste persone e consentono loro di sopravvivere?”. La risposta è stata l’individuazione di una serie di caratteristiche di personalità (qualità resilienti) e di fattori ambientali in grado di fungere da fattori di protezione in contrapposizione a delle condizioni di rischio. Da questa necessità, dettata dalla volontà di intervenire per favorire il processo di resilienza, è nata la seconda “ondata” di ricerche sulla resilienza che cerca di rispondere alla domanda “Come vengono acquisite le qualità resilienti?”. Rispetto alla diatriba tra tratti resilienti innati o apprendibili, Richardson sostiene che le qualità resilienti sono presenti in misura diversa in ognuno di noi fin dalla nascita, ma allo stesso tempo possono essere diversamente potenziate durante l’arco di vita. La resilienza avrebbe quindi una doppia natura, di tratto, e quindi disposizionale, e di processo. La resilienza come tratto è stata definita da Wagnild e Young (Wagnild & Young, 1993) come “una caratteristica personale che modera gli effetti negativi dello stress e promuove l’adattamento”. Secondo Miller (Miller, 1988) la resilienza può essere considerata come una combinazione di caratteristiche fisiologiche e di fattori di personalità. Gli studi che seguono questa direzione si sono quindi focalizzati sull’identificazione di quelle caratteristiche fisiche e psicologiche che consentono all’individuo di superare le avversità. benessere favorendo la coesione sociale, la partecipazione e la solidarietà. Per una panoramica puntuale (Benard, 1991; Catalano & Hawkins, 1996; Marcus & Swisher, 1992; Resnick, 1997) dei principali fattori protettivi emergenti dai differenti studi si veda la Figura 1.. Figura 1 Fattori che accrescono o riducono l’omeostasi o la resilienza. 1.3.1 La Resilienza allo stress cronico Alcune osservazioni hanno permesso di collegare il disturbo post- traumatico da stress (DPTS), ad esempio, non con la gravità dell’evento traumatico, bensì con la struttura di personalità, considerando che alcuni tipi di personalità riescono a superare bene terremoti, incendi, scontri a fuoco e gravi incidenti stradali, mentre altri tipi di personalità non riescono a superare nemmeno una lieve ferita oppure una piccola ustione. Non necessariamente il trauma e lo stress conduce al disagio psicologico e al malessere interiore, non necessariamente si diventa più aggressivi, più insensibili, più chiusi in se stessi ed incapaci di amare. Anche dopo aver affrontato eventi traumatici e difficili si può mantenere il proprio equilibrio psicologico, il proprio benessere e la capacità di mantenere adeguati rapporti affettivi con i colleghi, i figli, il coniuge. È necessario fronteggiare lo stress con le funzioni cognitive della mente, come la razionalità, la capacità di analisi, la riflessione, oppure parlando con i propri familiari, i colleghi e gli amici fino a dare un significato agli eventi che sono accaduti o che stanno accadendo. Il non permanere troppo a lungo in una condizione passiva, in cui si subisce lo stress senza capire, senza riflettere, senza elaborare criticamente gli eventi è il modo migliore per superarli, per trarne un insegnamento o semplicemente per prendere consapevolezza che si sta sostenendo una situazione difficile. Molto di più serve essere flessibili, adattabili, curiosi e saper guardare agli eventi della vita in prospettiva. Aiuta moltissimo sapersi prendere le responsabilità ma non avere sensi di colpa per cui ci si sente responsabili di tutto quello che accade di negativo. Aiuta moltissimo avere un senso dell’umorismo e non prendersi troppo sul serio in ogni circostanza. Serve avere immaginazione, interessi, saper comunicare. Serve avere un progetto di vita ed anche saper aiutare gli altri. È indispensabile saper prendere iniziative, non restare passivi e non adagiarsi quindi al ruolo di vittima o di persona sfortunata. Spesso restare passivi è una semplice dimostrazione di resistenza allo stress, mentre la resilienza chiede che si prendano iniziative, che si dimostri attività ed intraprendenza. 1.4 Due modelli integrati di Resilienza Richardson tenta all’interno del suo modello di resilienza di compiere un’integrazione delle due prospettive sulla resilienza considerandola sia come un tratto determinato geneticamente che come un processo. Il modello di Richardson verrà validato su adulti e giovani adulti e successivamente ripreso da Kumpfer (Kumpfer, 1999), per l’elaborazione del proprio modello di resilienza. 1.4.1 Modello di Richardson Richardson e colleghi (Richardson, Neiger, Jensen, & Kumpfer, 1990) propongono un modello lineare del processo della resilienza. Modello applicabile ad individui, coppie, famiglia, scuola, comunità e gruppi. Il postulato sul quale si fonda il modello è l’esistenza in ognuno di qualità resilienti innate, di propensioni alla resilienza. Esse vengono, durante il corso della vita, nutrite e rafforzate attraverso momenti di sospensione dello stato di equilibrio alla quale segue, una reintegrazione che può essere resiliente (potenziamento qualità resilienti), allo stato d’equilibrio, con perdita o disfunzionale. La descrizione del processo di resilienza parte dallo stato di “Omeostasi biopsico- spirituale”, ovvero l’adattamento della mente, del corpo e dello spirito alle proprie condizioni di vita siano esse buone o cattive. Questo stato è una sorta di “spazio confortevole” al quale tendiamo a rimanere attaccati. Questo stato di omeostasi è pero continuamente bombardato da stimoli sia interni che esterni: eventi traumatici ( ad esempio, morte di una persona cara, lesioni traumatiche) avversità, ma anche opportunità, nuove possibilità, ricordi piacevoli o spiacevoli ecc. Quanto queste sollecitazioni vengono Modello di resilienza di Richardson. Le frecce discendenti rappresentano avversità e fattori di stress della vita incontrati da un individuo; le frecce ascendenti rappresentano i fattori protettivi che un individuo possiede per essere capace di reagire a questi eventi stressanti; le frecce chiuse rappresentano la direzione che qualcuno intraprende in seguito ad un evento distruttivo. 1.4.2 Modello di Kumpfer Kumpfer nel suo modello considera la resilienza come influenzata da sei diversi fattori: eventi stressanti, contesti ambientali, processi transazionali tra la persona e l’ambiente, fattori di resilienza interna, processo di resilienza, adattamento e reintegrazione. Le persone poste di fronte a una domanda ne valutano la natura e l’intensità cosi come valutano se hanno o meno le risorse richieste per affrontarla e quali possono essere le conseguenze. Lo stress deriverà quindi dalla personale valutazione della domanda come eccessiva per le proprie capacita di coping e potenzialmente portatrice di conseguenze negative. A questa valutazione cognitiva va aggiunta la valutazione del contesto in cui viene posta la domanda. Di fronte a eventi intensamente spiacevoli, situazione ambigue sul cosa ci si aspetta da noi, situazioni dall’esito incerto, i livelli di stress aumentano per la maggior parte delle persone. Sono tre situazioni nelle quali difficilmente sentiamo di avere delle sufficienti capacita di coping. La relazione tra la persona e il suo ambiente consiste in un interscambio dinamico. Le persone di fronte ad un evento cercano di affrontarlo e cosi facendo modificano la situazione di partenza. La nuova situazione viene rivalutata e le persone continuano a cercare di farvi fronte. Inoltre, a determinare il livello di stress percepito è il grado con il quale le richieste poste dall’evento corrispondono alle risorse personali a disposizione per rispondere all’evento. Nel caso ci sia una buona corrispondenza tra le richieste dell’ambiente e le risorse personali a disposizione, come spesso accade negli individui resilienti, il livello di stress percepito sarà basso. In caso contrario il livello di stress sarà elevato. Ci sono anche delle situazioni che pongono delle richieste cosi eccessive che virtualmente nessuno può sentire di avere delle risorse sufficienti e se queste situazioni perdurano per molto tempo diventa difficile per una persona riuscire a reagire in modo resiliente. La capacità di affrontare in modo resiliente gli eventi più stressanti è influenzata inoltre da alcune caratteristiche personali che possono essere riassunte con la consapevolezza di essere un agente attivo. La consapevolezza è strettamente correlata alla fiducia in se stessi, all’autoefficacia, al locus of control interno, all’ottimismo e alla speranza. Kumpfer (1999) evidenzia come le persone che possiedono le qualità appena elencate tendono a essere più persistenti e determinate e questo influenza l’essere resilienti. Nel corso delle vita a secondo del numero e delle esperienze di successo che si sperimentano, si acquisisce consapevolezza di se stessi, del proprio posto nel mondo, di quanta parte si ha nel cambiare il proprio ambiente circostante e della responsabilità che si ha nel dirigere le proprie azioni. Tutto questo aumenta l’abilità di far fronte alle avversità e di continuare a crescere. Questo è ciò che Kumpfer considera come processo resiliente. Le cinque componenti del modello fin qui descritte, interagiscono tra loro in modo dinamico e il risultato dell’interazione è rappresentato dal fatto che le persone resilienti di fronte agli eventi della vita imparano nuovi modi per farvi fronte, acquisiscono la capacita di affrontare sempre meglio un numero sempre maggiore di situazioni, aumentando cosi la loro capacita di adattarsi. In sintesi gli individui che hanno un adeguato repertorio di risorse per affrontare gli eventi della vita e la capacità di riprendersi dalle sfide che incontrano, tendono ad essere sempre più flessibili e adattabili, qualità che sono essenziali per avere successo (Hiebert, 2006). Questo modello, rappresenta una prospettiva interessante sulla resilienza, perché mette maggiormente a fuoco due concetti fondamentali per la comprensione dei meccanismi psicologici sottesi al processo resiliente, ovvero l’appraisal e il coping. Capitolo II I meccanismi psicologici della Resilienza Gli studi di Wagnild e Young e molti altri sui tratti resilienti hanno messo in luce una serie di qualità resilienti quali l’autostima, l’autoefficacia, il locus of control interno2, la motivazione, la progettualità, il pensiero critico e creativo, la flessibilità, l’empatia, la chiarezza degli obiettivi, la tenacia e molti altri. Da tutti questi lavori sembra però non emergere con sufficiente chiarezza quali siano i meccanismi psicologici alla base della reintegrazione resiliente. Tra i possibili meccanismi psicologici, responsabili della capacità di adattarsi agli eventi stressanti in modo rapido ed efficiente con una conseguente reintegrazione resiliente, vi siano l’appraisal e il coping, meccanismi che sono parte del più ampio processo di regolazione delle emozioni. Nella quotidianità della vita le persone sono costantemente impegnate a valutare (appraisal) ciò che succede attorno a loro e a rispondere (coping) in modo selettivo e finalizzato a ciò che si presenta come un pericolo, una minaccia o una ricompensa. Le emozioni non nascono quindi nel vuoto ma sono l’esito 2 (luogo di controllo), indica la modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi della sua vita siano prodotti dai suoi comportamenti o azioni (locus of control interno), oppure da cause esterne indipendenti dalla sua volontà(locus of control esterno). Costrutto sancito per la prima volta nel 1954 da Julian B. Rotter in relazione allo studio della personalità degli individui. sia il potenziale delle risorse psichiche per farvi fronte e quali siano le attese future generate. Lazarus è tra i primi a rimarcare che l’appraisal non è un’azione unica, ma è costituito da un set di azioni cognitive. Per enfatizzare questo concetto compie una distinzione tra la forma verbale appraising che si riferisce all’azione del valutare e il nome appraisal che rimanda al prodotto della valutazione. Capitolo III Misure di Resilienza Di seguito saranno descritte le tre scale per la rilevazione del livello di resilienza oggetto del presente studio: Resilience Scale, Connor e Davidson Resilience Scale e Resilience Scale for Adult. 3.1 Resilience Scale La Resilience Scale (RS) di Wagnild e Young (Wagnild & Young, 1993) è una delle scale più utilizzate al mondo per misurare la resilienza disposizionale negli adulti. Wagnild definisce la resilienza come “una caratteristica personale che modera gli effetti negativi dello stress e promuove l’adattamento”. La resilienza è quindi considerata dai realizzatori della scala come una caratteristica innata, presente in ogni persona seppur in misura diversa e che si può potenziare in base a come si affrontano e si superano gli eventi della vita. La RS è stata sviluppata a partire dai racconti di 24 donne che sono state in grado di adattarsi positivamente di fronte ad eventi stressanti della vita. L’obiettivo di questa ricerca preliminare era l’identificazione delle qualità personali in grado di accrescere la capacità di adattarsi. L’analisi delle narrazioni ha consentito l’individuazione di quattro componenti che Wagnild e Young (1993) hanno considerato come costitutive della resilienza: serenità (ovvero la capacità di guardare alla propria vita in modo equilibrato), significatività (ovvero la sensazione di avere uno scopo nella vita), perseveranza, unicità esistenziale (ovvero il riconoscimento della propria unicità e la capacita di accettarsi per come si è). Le evidenze raccolte da Wagnild e Young in diversi studi hanno pero rilevato l’esistenza di solo due sottoscale relative alla competenza personale (17 item) e all’accettazione di sé (8 item). La RS utilizza come modalità di misura una scala Likert a 7 punti da 1 “fortemente in disaccordo” a 7 “fortemente in accordo”. La Resilience Scale è stata tradotta in molte lingue (Cinese, Spagnolo, Francese, Russo etc) e validata su campioni di differenti età e da diversi studiosi che concordano nel giudicare la scala come attendibile e valida. Ha dimostrato di avere un’ottima coerenza interna con valori dell’alfa di Cronbach che variano nei diversi studi da .83 a .91. La validità di costrutto è stata dimostrata dalla significativa correlazione positiva della RS con la salute fisica (Neill & Dias, 2001), la soddisfazione per la vita (Wagnilg e Young,1993; Neill e Dias, 2001;(Heilemann, Lee, & Kury, 2002), la self efficacy (Schumacher, Leppert, Gunzelrnann, Straus,Brahler, 2002), il senso di coerenza e l’autostima (Nygren, Randstrom, Lejonklou, & B., 2004). La RS correla invece negativamente con la depressione (Neill e Dias, 2001; Heilemann, Lee & Kury, 2002). 3.2 Connor- Davidson Resilience Scale Connor e Davidson definiscono la resilienza come “la capacità personale di prosperare anche di fronte alle difficoltà” e la considerano come una misura della capacità di gestire lo stress e una componente fondamentale nei trattamenti per l’ansia e la reazione allo stress (Condor, Davidson, 2003). La Connor-Davidson Resilience Scale (CD-RISC) è stata creata con l’obiettivo di sviluppare una scala valida e affidabile per misurare la resilienza, per stabilire i valori di riferimento nella popolazione generale e nei campioni clinici. Infine per misurare nella popolazione clinica le modificazioni nei livelli di resilienza in risposta a trattamenti farmacologici e psicoterapeutici per la gestione dell’ansia e la capacita di reagire agli stress. La CD-RISC è composta da 25 item distribuiti su 5 fattori: competenza personale e tenacia (8 item), self confidence e gestione delle emozioni negative (7 item), accettazione positiva del cambiamento e le relazioni sicure (5 item), controllo (3 item), influenze spirituali (2 item). Gli item sono stati creati a partire dallo studio della letteratura sulla resilienza. La modalità di misura adottata per la CD-RISC è la scala Likert a 5 punti da 1 “totalmente falso” a 5 “totalmente vero”. La Resilience Scale è stata tradotta in Cinese e Persiano e validata su campioni di differenti età e da diversi studiosi che concordano nel giudicare la scala come attendibile e valida. Ha dimostrato di avere una buona coerenza interna con valori dell’alfa di Cronbach che variano nei diversi studi da .82 a .93 e un’altrettanto buona stabilità nel tempo misurata con il metodo del test retest a 24 settimane. La scala è correlata positivamente con l’hardiness, il supporto sociale (Condor e Davidson, 2003), l’autostima, la soddisfazione per la vita (Yu & Zhang, 2007), mentre è correlata negativamente con lo stress percepito e con la vulnerabilità percepita (Connor et al., 2003). 3.3 Resilience Scale for Adult Friborg, Hjemdal e colleghi (2003) riprendendo il lavoro di Garmezy (1993) e di Luthar (Luthar, Doemberger, Zigler, 1993) definiscono la resilienza come “un costrutto multidimensionale che fa riferimento non solo alle caratteristiche psicologiche o alle capacità individuali ma anche all’abilità della persona di ricorrere all’aiuto della famiglia e della rete sociale esterna per riuscire ad affrontare positivamente gli eventi stressanti”. Gli individui resilienti sono considerati come altamente flessibili e capaci di far fronte positivamente agli eventi stressanti facendo ricorso ad una serie di risorse protettive. Garmezy (1993) ha classificato queste risorse protettive in tre categorie: attribuiti psicologici/disposizionali, supporto e coesione famigliare e supporto esterno. Tra le varie scale per la valutazione della resilienza la Resilience Scale for Adult (RSA- Fridborgm Bibliografia • Antonovsky, A. (1987). Unrevealing the mistery of health: How people manage stress and stay well. San Francisco: Jossey Bass. • Barbaranelli, C., & Natali, E. (2005). I test psicologici: Teorie e modelli psicometrici. Roma • Beddington J, Cooper CL, Field J, et al. The mental wealth of nations. Nature. 2008;455:1057-1060. • Bertetti, B. (2008). Oltre il maltrattamento: La resilienza come capacità di superare il trauma. Milano: Franco Angeli. • Bonanno GA. Loss, trauma and human resilience: have we underestimated the human capacity to thrive after extremily aversive events? Am Psycho. 2004;50 (1):20-28. • Campbell-Sills, L., Cohan, S. L., & Stein, M. B. (2006). 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