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Riassunti di storia dei rapporti tra stato e chiesa, Sintesi del corso di Storia Dei Rapporti Tra Stato E Chiesa

riassunti del libro "storia della chiesa" di giacomo martina morcelliana

Tipologia: Sintesi del corso

2009/2010

Caricato il 20/01/2010

ericaunipg86
ericaunipg86 🇮🇹

3.8

(21)

13 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunti di storia dei rapporti tra stato e chiesa e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dei Rapporti Tra Stato E Chiesa solo su Docsity! LA RIVOLUZIONE FRANCESE Nella seconda ,metà del settecento come si è visto in vari stati europei si sviluppò una serie di riforme politiche- sociali imposte dai tempi. Nel complesso questo vasto movimento si rivelò positivo e dette un forte impulso di sviluppo allo stato moderno. La Francia invece rimase estranea ad ogni riforma, senza avvertirne sostanzialmente l’urgenza e la necessità. E proprio dalla Francia di fine secolo partì quel movimento radicale che doveva cambiare in tutti i sensi il volto dell’Europa. La rivoluzione francese non fu in nessun modo una rivoluzione satanica, con lo scopo di distruggere totalmente la chiesa: le sue cause sono più ampie e complesse e solo n parte filosofiche e religiose, comunque la rivolta che si presupponeva alla fine dell’assolutismo e delle struttura ad esso legate assunse abbastanza presto aspetti antireligiosi: prima con il tentativo di creare una chiesa nazionale largamente indipendente dalla santa sede, poi davanti al fallimento di questo esperimento iniziò proprio un tentativo di scristianizzazione. La chiesa cattolica nel complesso superò la lotta. La lotta contro la chiesa La crisi sempre più evidente indusse luigi 14 a convocare per il maggio 1789 gli stati generali sui 296 deputati del clero c’erano 47 vescovi e 208 parroci, la prevalenza del basso clero permise a questo l’alleanza col terzo stato, decisiva nella storia degli stati generali presto trasformati in assemblea costituente, anche per la debolezza del sovrano. Dopo la l’abolizione dei diritti feudali e la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, con una evidente traccia di illuminismo, si iniziarono anche provvedimenti antiecclesiastici : incameramento dei beni del clero e loro vendita, soppressione dei religiosi, più grave comunque fu la costituzione civile del clero: nuova sistemazione delle diocesi, elezione popolare dei vescovi e dei parroci senza alcuna investitura né conferma da parte della santa sede, stipendio statale ai ministri del culto, obbligo della residenza,  la tendenza cioè verso una chiesa nazionale, al prezzo però di una larga subordinazione della chiesa allo stato: tutto comunque era avvenuto senza tentare un accordo con Roma in maniera del tutto unilaterale. Il 27 novembre si imponeva a tutti i funzionari ecclesiastici il giuramento di fedeltà alla costituzione civile, tutti i vescovi, meno che 4 si rifiutarono, mentre solo la metà dei parroci rifiutò anch’essa. Mentre si andava a fatica organizzando la chiesa costituzionale, Pio 6 il 13 aprile 1791 condannava la costituzione civile del clero, le consacrazioni erano considerate criminali e sacrileghe, le due chiese si fronteggiarono ma almeno nelle campagne i fedeli conservavano la simpatia verso la santa sede. Gli avvenimenti precipitavano, scolta l’assemblea costituente alla fine del settembre 1791, l’assemblea legislativa che ne prese il posto dominata almeno inizialmente dai girondini dichiarò guerra all’Austria il 20 settembre a Valmy fermava l’avanzata dell’esercito austroprussiano: cominciava così la serie delle vittorie dovute inizialmente più che al genio dei generali assai modesti all’entusiasmo dei sanculotti, alla fiducia quasi mistica nella rivoluzione. La rivoluzione iniziava la sua marcia vittoriosa per l’Europa. L’anticlericalismo che si faceva sempre più vivo per la fuga di molti nobili e preti all’estero provocò dal 2 al 4 settembre a Parigi il massacro di oltre un migliaio di sospetti ammassati già alla rinfusa in varie prigioni; la carneficina colpì circa 300 sacerdoti. Si apriva così un abisso a lungo insormontabile tra chiesa e rivoluzione dalla fondazione di una chiesa nazionale si passava alla lotta aperta contro la religione, al tentativo dichiarato di scristianizzare la Francia. La terza assemblea, la convenzione nazionale organizzò un autentica persecuzione tra religiosi e religiose , si aggravarono le misure restrittive Vs i preti non giurati, e si moltiplicarono le esecuzioni. Dopo la fine di Robespierre la persecuzione si mitigò dato che nel nuovo calendario repubblicano il 28 luglio (mese detto termidoro) si ebbe la reazioni termidoriana. Ma anche con un nuovo organo a capo della Francia: il direttorio dopo il colpo di stato del settembre 1797 con tendenze di destra si ebbe la ripresa della lotta contro la chiesa- reazione fruttidoriana ( settembre = fruttidoro). Si celebrava a Notre-Dame la festa della dea ragione si introduceva il culto dell’essere supremo si stabiliva un nuovo calendario che avrebbe dovuto eliminare in ogni traccia la religione precedente sostituendo tra l’altro la festa delle decadi alla domenica. La stessa chiesa costituzionale agonizzava. Due leggi successive prima riducono il clero giurato, poi sopprimono il bilancio dei culti: la repubblica non intendeva professare alcuna di queste religioni e restava estranea a qualunque affermazione di culto. Contemporaneamente le autorità facevano pressione sui sacerdoti costituzionali perché rinunciassero al loro ministero. Ma l’ideale dei giacobini era il prete sposato, quanti furono in Francia i preti o ex preti sposati? Probabilmente si è vicini alla verità pensando a 4 o 5 mila casi.. che non possono far dimenticare le migliaia di sacerdoti che esercitavano il culto con messe di mezza notte nascosti in granai in campagna. Un altro problema piombò sul clero francese: dopo l’imposizione del giuramento di fedeltà alla costituzione civile del clero vennero sottoposti ad altri tre giuramenti: che si limitavano a promettere fedeltà alla repubblica, alla costituzione, alle nuove leggi. Più grave fu il giuramento che imponeva di odiare la monarchia. In genere il clero refrattario si spaccò in due: da una parte moderati senza pronunziarsi sul giuramento alla monarchia, ritenevano leciti i primi due Gli anni seguenti consistettero in un susseguirsi di larghe concessioni che pio 7 fece a napoleone. Il 2 febbraio 1808 le truppe francesi occupano Roma e puntano i loro cannoni sul quirinale. Nel maggio 1809 Napoleone annette gli stati pontefici alla Francia. La notte tra il 10 e l’11 era affissa sui muri delle chiese staccata e ricollocata la bolla con cui pio 7 scomunicava attori e fautori dell’usurpazione. La notte fra il 5 e il 6 luglio i francesi irrompevano a forza nel quirinale e facevano partire da Roma pio 7. Un gran numero di cardinali era stato tratto a forza in Francia e disperso in varie città. Dopo forti pressioni sul papa per ottenere da lui che l’istituzione canonica dei vescovi fosse riconosciuta di competenza dal metropolitano, il pontefice a Fontainbleau isolato, depresso, fisicamente mal ridotto, il 25 gennaio 1813 firmava un nuovo concordato che lo metteva alla mercè dell’imperatore. Pio VII 3 giorni dopo in una dichiarazione scritta riconosceva il suo sbaglio e cancellava l’accordo. Un anno dopo napoleone ordinava di ricondurre il papa a Savona mentre lui all’inizio di maggio si ritirava nell’isola d’Elba. Pio VII il 24 maggio è tornato a Roma. La chiesa in Italia e in Francia fra il 1800 e il 1814 In Italia nel 1810 vennero soppressi gli ordini religiosi maschili e femminili, i religiosi furono costretti a lasciare le loro case e a trovare rifugio qua e là. Molti vescovi ed ecclesiastici obbligati a prestare giuramento a napoleone si rifiutarono e vennero deportati in Corsica o altrove .. In Francia la situazione era diversa: libertà di culto, riorganizzazione delle diocesi e delle parrocchie cauta apertura di qualche seminario, di qualche congregazione femminile religiosa dedita all’assistenza ospedaliera; forse uno degli aspetti più caratteristici di questi anni è la coesistenza nel clero e nell’episcopato di soggetti così diversi. Tra i fedeli molti da anni erano lontani dai sacramenti. LA CHIESA ED IL REGIME LIBERALE I. UNA SOCIETA’ UFFICIALMENTE NON CRISTIANA Le condizioni generali della società e della chiesa sono diametralmente opposte a quelle che abbiamo visto studiando le linee generali dell’ancienne règime. Principio fondamentale: che ispira la struttura politica della società liberale nei rapporti con la religione, è diametralmente opposto a quello che abbiamo considerato delineando i tratti essenziali dell’ancienne règime e questa volta è esplicitamente affermato da scrittori e politici: il separatismo. La democrazie en amerique guarda con ammirazione all’esempio degli stati uniti dove è il popolo che realmente governa e dove la separazione fra chiesa e stato ha svolto un influsso benefico sulle due società. L’idea centrale comunque si potrebbe forse riassumere in queste parole: l’ordine politico-civile e quello spirituale-religioso sono non solo distinti, ma del tutto separati. Lo stato e la chiesa procedono per due vie che non si incontrano mai e che non hanno alcuna relazione. La società civile ha una natura collettiva, mentre la religione è un rapporto del tutto individuale con dio, la società si propone unicamente la prosperità temporale limitata a questa vita, la religione riguarda la vita ultraterrena, eterna; la società non può violare il sacrario delle coscienze, mentre la religione si svolge tutta all’interno di esse. Non esiste quindi nessun elemento in comune fra queste due e devono ignorarsi a vicenda. Per larga parte dell’ ‘800 prevale ancora il concetto di chiesa come società perfetta che tanto influsso aveva esercitato nel ‘700. La chiesa era vista essenzialmente come una società con uguale dignità efficacia, sicurezza da pari a pari. La visione di chiesa come corpo mistico di cristo di una società ben diversa dallo stato per natura, fine, mezzi, non è certamente assente. Il primo schema di costituzione della chiesa al vaticano I inisteva sull’idea di corpo mistico, gran parte dei vescovi e dei teologi era però di idee diverse la nozione di corpo mistico appariva vaga, confusa insufficientemente fondata sulla scrittura pericolosamente unilaterale. Si direbbe che l’evoluzione ulteriore dell’ecclesiologia coincida col tramonto dello stato liberale. Per il momento la scuola politica liberale afferma: le due sfere, religiosa e politica hanno leggi diverse, spesso perciò qualcosa può essere proibito dalla chiesa e permesso dalla legge dello stato e in ogni caso l’eventuale natura dei precetti non può essere che materiale. La rivoluzione francese operò per la prima volta dal tempo di costantino la separazione completa, integrale, della chiesa dallo stato. Quanta cura: enciclica con cui Pio IX nel 1864 tentò di sintetizzare le principali tesi alla base del mondo moderno condannandole in blocco senza le distinzioni opportune e perciò la società civile ideale è quella in cui l autorità non ha alcun potere di punire in base alle leggi statali chi trasgredisce la religione cattolica a meno che questo non sia richiesto dalla pubblica tranquillità. Cessa dunque la concezione dello stato come braccio secolare della chiesa. Né lo stato può concedere principali privilegi alla chiesa come ordinamento giuridico primario indipendente perché ciò costituirebbe un riconoscimento della chiesa cattolica da parte dello stato o quanto meno un’offesa al principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, di qualunque fede siano per gli stessi motivi è inconciliabile con il separatismo per la contraddizione che non consente un regime di concordato. origine puramente umana, convenzionale, dell’autorità, della società: la società e l’autorità nascono da una libera convezione umana da un consenso implicito o esplicito non da un’esigenza insita nella sostanza stessa delle cose, e perciò in ultima analisi derivante da dio. L’autorità possiede dunque solo quei diritti che l’umanità gli ha conferito; in ogni modo l’autorità ha preso quello speciale carattere sacrocce abbiamo visto tipico nell’ancienne règime. L’unità politica si fonda sull’unità di interessi politici: i cittadini si sentono parte della stessa comunità politica perché essa ed essa sola rapprsenta per tutti la garanzia e lo strumento essenziale del bene comune, per tutto l’ ‘800 continuano ad esistere stati pluri nazionali che hanno conglobato parte di altre nazioni. In ogni modo checchè sia dell’esaltazione del principio di nazionalità per cui ogni nazione avrebbe il diritto costituirsi in stato e senza allontanarci dalla nostra prospettiva si ammette ormai pacificatamene la coesistenza nello stesso stato di differenti religioni i cui cultori sono tutti cittadini con pienezza di diritti. Il principio come si è detto importa due fenomeni simmetrici: emancipazione dei cattolici da una parte dei protestanti e degli israeliti dall’altra. Esso venne accolto gradualmente nei vari paesi. Schematizzando potremmo distinguere tre momenti all’inizio, a metà alla fine dell’ ‘800. L’uguaglianza venne riconosciuta già alla fine del ‘700 negli usa all’inizio dell’ ‘800 in alcuni stati dell’europa occidentale. A metà del secolo nel 1848 lo stesso principio si affermò nel regno di sardegna prima in modo implicito con lo statuto del 4 marzo, poi esplicitamente. In scandinavia fino agli inizi del 900 il protezionismo rimase relgione di stato con l’obbligo di aderire ad esso vigente non solo per il sovrano, ma per i ministri, i funzionari e gli insegnanti divieto di conversione al cattolicesimo e di soggiorno per i religiosi ed i gesuiti. In conclusione si può affermare entro certi limiti che il superamento dello stato confessionale si realizzò prima in vari paesi cattolici e solo molto tempo dopo in alcuni paesi protestanti ed ortodossi, soprattutto scandinavi e russi. Bisogna però aggiungere subito che l’abrogazione delle discriminazioni confessionali nei paesi cattolici si dovette all’iniziativa di un’esigua minoranza di laici. Il vaticano almeno per tutto il pontificato di Pio IX si mantenne fedele al principio dello stato cattolico che discrimina i cittadini secondo le confessioni. La santa sede lottò per tutto l’ ‘800 contro l’affermarsi del principio separatista interpretato come l’esclusione di ogni ispirazione religiosa nell’ordinamento sociale e ome pretesto per continuare le pesanti ingerenze statali nella vita della chiesa. Particolare risonanza ebbe l’emancipazione dei cattolici in gran Bretagna. Ad essi solo la fine del ‘700 era stata riconosciuta la libertà di culto. Di una parificazione completa si parlava dal 1808 ma senza risultati per le condizioni poste dal governo inglese. Qualcuno sostiene che la separazione è uno schema mentale creato a priori e che essa non è mai esistita, contro di lui c’è chi sostiene che la separazione – separatismo- è una realtà storica altrettanto vera come il giurisdizionalismo che essa è stata applicata in coerenza in vari stati. Esiste la separazione dovunque lo stato non riconosce alla chiesa il carattere di società di diritto pubblico cioè pienamente sovrana d indipendente. Basta allora concludere che la separazione venne affermata, teorizzata proclamata un po’ dovunque lungo tutto l’ ‘800. I genere si può dire che la fine delle immunità ecclesiastiche e l’introduzione del matrimonio civile prima e del divorzio poi sono tipiche del separatismo. Incontriamo effettivamente nell’ ‘800 questi casi fondamentali: 1. separazione pura: essa risponde ai principi ed alle tendenza del liberalismo anglosassone che divenne talora semplicemente ostilità ad ogni religione e che è il frutto di una particolare situazione storica. La separazione pura non esclude affatto un autorità trascendente e prescinde da presupposti filosofici razionalisti. Essa non è sinonimo di indifferentismo e tanto meno di ateismo dello stato, lo stato non professa alcuna particolare religione attribuisce ai cittadini una piene ad effettiva libertà nel culto e nell’attività religiosa. Tutti i culti godono di un uguale trattamento giuridico davanti alla legge secondo i principi di diritto comune. Lo stato esonera però gli ecclesiastici dal servizio militare e riconosce gli effetti civili del matrimonio religioso mantenendosi in questo punto ben lontano dal laicismo europeo che vede in questo riconoscimento un avvilimento dello stato. La separazione pura è applicata soprattutto negli usa. Più che di separazione si potrebbe parlare di una mutua indipendenza delle due società congiunta in pratica ad una certa collaborazione sia pure ristretta ad alcuni campi soltanto. Sarebbe però ingenuo supporre che il regime di separazione non creasse alla giovane chiesa americana gravi problemi giuridici. Proprio la mancanza di un riconoscimento formale della chiesa da parte dello stato creò grosse difficoltà per la sicurezza e la trasmissione della proprietà ecclesiastica e in definitiva per un ordinato governo delle parrocchie e delle diocesi. Tra i vari sistemi offerti si scelse quello del trust : si intestavano i beni ad una società riconosciuta dallo stato – trust- affidandone l’amministrazione ad un consiglio composto dal vescovo e da un certo numero di laici e fedeli. Il sistema provocò grossi inconvenienti dando luogo ad una grossa crisi detta appunto trusteeism. Varie cause spinsero più volte i laici membri del consiglio di amministrazione a considerarsi i veri capi della parrocchia tenendo i curati in conto di dipendenti stipendiati al loro servizio. Si passò allora ad un altro sistema per qualche tempo detto del possesso semplice: i beni ecclesiastici erano intestati al vescovo come persona privata si vide però presto l’inconveniente che si aveva nella successione da un vescovo all’altro, possibile solo per testamento civile che dette luogo più volte a delle contestazioni. Prevalse gradualmente il sistema introdotto per la prima volta nello stato di new york detto congregational corporation. 2. separazione parziale: lo stato si professa incompetente nelle questioni religiose considera la chiesa come una società privata pur riconoscendole alcuni privilegi che la legge accorda alle persone morali in vista del bene comune. Il belgio costituisce l’esempio più caratteristico di questo sistema. L’affinità delle posizioni dei cattolici e dei liberali nell’opposizione alla monarchia motivata per gli uni alla difesa della libertà di culto e di insegnamento, negli altri dalla rivendicazione della libertà di stampa e dell’effettiva responsabilità dell’esecutivo di fronte al paramento non tardò a provocare un’alleanza fra le due concorrenti. La costituzione del 7 febbraio 1831 riconosceva piena libertà alla chiesa: “ la libertà religiosa e la libertà di culto pubblico, come la libera espressione delle opinioni in tutte le materie sono garantite salvo la repressione degli abusi commessi nell’esercizio di queste libertà”. Le richieste erano state soddisfatte ed il belgio come si disse più volte nell’ ‘800 divenne il solo paese europeo in cui la chiesa fosse governata dal papa: infatti solo in belgio i vescovi erano nominati direttamente dal papa. Di fatto però se la lettura della legge stabiliva una separazione fra i due poteri si realizzò un rapporto di collaborazione basata su cordiali rapporti dei rappresentanti della chiesa e dello stato. La chiesa potè così realizzare quanto di meglio potesse sperare: una piena libertà ed insieme un certo appoggio da parte del governo. Ciò non impedì lo scoppio di alcune controversie, sull’istruzione sull’assistenza pubblica sull’amministrazione dei cimiteri risolte gradualmente e non senza difficoltà. 3. separazione ostile:si sviluppa in tutte le nazioni latine, per naturale reazione all’unione troppo stretta tra chiesa e è stato propria dell’ancienne règime molti preferiscono il termine giurisdizionalismo aconfessionale il giurisdizionalismo in questa accezione costituisce una tendenza generica che si è realizzata in due modi diversi: nell’ ancienne règime col fine teorico di difendere la chiesa e la religione. Le iniziative che vengono attuate nel corso dell’ ‘800 con una certa continuità si possono riassumere in questi termini: introduzione del matrimonio civile e del divorzio, incameramento dell’asse ecclesiastico laicizzazione della scuola soppressione degli ordini religiosi e in qualche caso, più raro espulsione del clero secolare. 4. il sistema concordatario: la realizzazione pratica di queste tendenze è assai varia e accanto a paesi dove questo sistema riesce a trionfare sussistono stati nei quali la chiesa riesce a concludere accordi e concordati. il vaticano infatti ha sempre preferito la soluzione concordataria a quella separatista ritenendo che la prima risponda meglio ai suoi principi e sulla natura indipendente e sovrana della chiesa, per questo anche in età liberale continuano a moltiplicarsi i concordati. Oggetto delle convenzioni era per lo più la circoscrizione delle diocesi, il metodo da applicare nella nomina dei vescovi, l’amministrazione dei beni ecclesiastici. Nella misura del possibile la curia rivendicava non solo la libertà della chiesa ma anche l’appoggio del governo: rinunciava invece praticamente sia pur evitando dichiarazioni di principio alle tradizionali immunità. III. FRA TRADIZIONE E MODERNITA’ UNA CHIESA ALLA RICERCA DELLA SUA IDENTITA’ Benedetto croce così riassume la situazione a cui era ridotta la chiesa nell’ ‘800: “priva del suo elemento vivificatore ed incapace di generare nuove forme e perfino nuovi ordini religiosi, come ancora ne aveva generati nel 500 tanto che non seppe far di meglio che ristabilire i gesuiti da essa stessa aboliti la chiesa cattolica si riduce a potenza prevalentemente politica”. Proprio nell’ ‘800 si moltiplicavano le fondazioni religiose si da provocare un confronto spontaneo con il 500 e il duecento. Con ben maggiore obbiettività uno scrittore non cattolico osserva: “ colpita nei suoi interessi materiali nella libertà e sovente nella vita dei propri preti, la chiesa ha saputo trarre dalla persecuzione la sua chiarificazione e ha saputo dare dei nuovi martiri ed attraverso la loro testimonianza acquistare nuova autorità e nuovo prestigio davanti alle coscienze. Lo stato tranne qualche eccezione per lo più transitoria ricusa la sua sanzione alle decisioni ecclesiastiche che perciò potrebbero restare inefficaci. Le leggi di laicizzazione privano la chiesa dei suoi mezzi di sussistenza, le rendono difficile l’acquisto di una cultura, le precludono in molti casi i mezzi di un efficace apostolato. La società contemporanea si esalta per l’ideale della libertà, la chiesa si allea di preferenza con i regimi assoluti: l’austria e la francia. La cultura moderna si impegna di idealismo e di positivismo e si consuma l’apostasia della borghesia intellettuale, iniziatasi già nel 700. La chiesa priva di molti di quei mezzi umani economici e politici su cui un tempo fondava l’efficacia della sua azione ha compreso meglio la portata della grazia, la libertà su cui si fonda la fede, l’intima solidarietà che la lega agli esempi di cristo povero e sofferente e ha tratto la sua sofferenza terrena una nuova e più profonda vitalità. La vera difficoltà nasceva dalla necessità di adeguare la propria attività, le proprie strutture al nuovo clima storico politico. Contemporaneamente si avviava alla fine la lunga polemica fra giansenisti ed antigiansenisti, alla vittoria dell’ultima contribuirono sia la santa sede che redentoristi e gesuiti. Non mancarono, cmq, resistenze di centri rigoristi. Nello stesso tempo si diffonde una pietà più indulgente, popolare, adatta certo più al gusto delle masse che di ristretti circoli culturali. Fondata sulla frequenza ai sacramenti, sulla devozione al santo cuore della madonna sull’accento messo sulle pratiche si pietà sulle varie devozioni ai santi o su particolari aspetti delle figure di cristo e della vergine con novene processioni, pellegrinaggi, esercizi, congressi LA CURA PASTORALE Diventa gradualmente più pura e più rispettosa della persona umana. La perdita del potere temporale liberando il pontefice da tante questioni di carattere materiale che gli sottraevano parte del tempo necessario per occuparsi convenientemente dei problemi spirituali ne consumavano le energie ed in definitiva ne avvilivano il prestigio. Un fenomeno parallelo sia pure in scala minore si è verificato per i vescovi liberati da parecchie beghe amministrative per la laicizzazione delle opere pie. Le vecchie strutture sacrali tipiche dell’ancienne règime stanno crollando, si rivela vano e comunque impossibile il ricorso agli antichi mezzi di pressione psicologici e talora fisici, occorre però far leva sulla persuasione. L’evoluzione però è lenta. E tuttavia si delinea chiaramente la nuova pastorale. La parrocchia resta il cardine fondamentale di tutto l’apostolato, il parroco vede anzi aumentare i suoi poteri nei confronti dei laici ed è il propulsore di un cumulo di attività che vanno dai comitati elettorali alla direzione di banche più o meno consistenti, all’organizzazione delle feste locali. La parrocchia continua ad essere un punto di riferimento importante paragonabile in certo senso alle farmacie o alle osterie. Accanto alla parrocchia la scuola cattolica così duramente attaccata tiene duro e resta in molti paesi. Le chiese vedono accorrere numerosi fedeli desiderosi di ascoltare la parola di dio da predicatori più o meno famosi il fenomeno si ripete dalle grandi cattedrali alle parrocchie rurali. La predicazione è sostenuta ed affiancata dalla stampa cattolica che si muove su tre linee: - pubblicazioni di opere ascetiche. - Collane di opuscoli popolari - Stampa periodica, quindicinale e quotidiana. Accanto alle forme tradizionali della pastorale or ora accennare si sviluppa in forme del tutto nuove l’apostolato dei laici. L’ingresso dei laici nella lotta per la difesa dei diritti della chiesa parallelo all’irrompere della donna nella vita consacrata attiva e costituisce uno dei tratti salienti della vita del popolo di dio nell’età posteriore alla rivoluzione francese. Nelle epoche precedenti i laici si erano limitati ad attività assistenziali o affini. In un primo tempo questo avviene per iniziativa della base vista con diffidenza dalla gerarchia. Questa diffidenza iniziale dovuta al timore di un sovvertimento della struttura gerarchica della chiesa ed alla preoccupazione che i laici costituissero la longa manus dello stato cede poi il posto per forza delle circostanze ad un mandato ufficiale ed a un esplicito riconoscimento. Tuttavia gradualmente e lentamente anche la gerarchia finisce per riconoscere i fondamenti teologici del nuovo ruolo assunto dal laicato. L’evoluzione ideologica si verifica verso la fine dlel’800dopo il vaticano I che è piuttosto orientato in senso opposto. In genere l’attività politica dei cattolici dovette evitare due pericoli opposti: l’integrismo che avrebbe voluto far assumere dalla gerarchia la responsabilità di scelte politiche contingenti in cui la religione non può dire la parola decisiva a l’accentuazione dell’aconfessionismo che avrebbe portato all’abbandono del fine per cui il partito era sorto. Il laicato non è dunque assente nella vita della chiesa dell’800 ed assume varie responsabilità nelle iniziative caritative assistenziali sociali in quelle catechetiche, ma anche in quelle politiche e parapolitiche. Bisogna però aggiungere che il laicato restò sempre in posizione subordinata quasi stru,mentale di una chiesa fortemente gerarchica della quale il potere effettivo era in mano dei vescovi e del clero. Newman guardava ai laici con simpatia, li considerava competenti di fatto in molte questioni pratiche ricordava l’opportunità di consultarli ed in un notevole saggio storico sul laicato nella crisi ariana aveva sottolineato che in un momento dove persino dei vescovi avevano per un momento vacillato o raggiunto un momento o assunto un atteggiamento incerto in questioni di fede il laicato aveva svolto un compito efficace nella difesa della santa fede, dovette precisare bene il suo pensiero davanti alla santa sede. Il catechismo di Pio X del 1913 esprimeva con chiarezza questa concezione, che oggi chiameremo “piramidale”: i fedeli sono i battezzati che professano la vera fede, partecipano ai sacramenti, e ubbidiscono ai loro pastori. Fede sincera, vita sacramentale, ubbidienza, ecco i tratti distintivi del laicato.- che comunque era essenzialmente maschile- Pochissime furono le donne che nell’800 e nei primi anni del 900 si lanciarono con successo nella politica e nel giornalismo. La società liberale e borghese dell’800 vede nella donna la moglie e la madre. Le donne generalmente restano escluse dagli studi superiori poche signorine di buona famiglia ricevono una certa istruzione superiore a quella elementare in qualche collegio femminile diretto per lo più da suore. Poche donne frequentavano i licei classici e imparavano il latino. La donna rimase a lungo esclusa dall’insegnamento, dalle professioni libere, dalla cariche amministrative di qualunque grado. La donna nell’800 era invece presente nelle scuole elementari e materne, negli ospedali come infermiera, nelle famiglie come donne di servizio, nelle industrie tessili come operaie, ma solo alla fine del secolo cominciano a nascere movimenti femministi che rivendicano alla donna piena uguaglianza o quantomeno maggiori diritti. Gerarchia e clero si mantennero a lungo diffidenti di fronte a queste rivendicazioni. La reazione della civiltà cattolica fu piuttosto moderata:si ammetteva in ogni modo la legittimità dei congressi femminili e la difesa dei più importanti diritti della donna. Diverso invece era l’atteggiamento di altri ambienti cattolici. Tipica espressione della mentalità conservatrice fu l’opuscolo del gesuita torinese chiaudano congressi femminili, contrario ad ogni congresso del genere duramente opposto a quasi tutte le rivendicazioni avanzate dalla donna. Nello stesso tempo fra proposte e contrasti in Italia ci si avviava ad una soluzione che per lungo tempo pose fine all’accettazione da parte della santa sede e della gerarchia delle rivendicazioni femminili. Fra il 1808 e il 1809 nasceva l’unione donne di azione cattolica. L’unione donne approvata da Pio X si prefiggeva la formazione culturale e spirituale delle iscritte ma escludeva esplicitamente dagli statuti, l’esigenza di diritti che sono in contrasto con i doveri imposti alla donna dalla provvidenza. Mentre si difendeva contro la laicizzazione nel vecchio mondo la chiesa riprendeva con nuovo vigore l’azione missionaria. Il movimento missionario divenne sempre più popolare e la figura del missionario rivestito di un’aureola romanica riscosse in misura crescente la simpatia delle folle cristiane. Naturalmente il lavoro missionario era ancora troppo legato a schemi anacronistici che univano l’evangelizzazione all’europeizzazione, veniva in larga misura appoggiato dai governi europei con fini tutt’altro che disinteressati, si fondava su una teologia che ra sul punto di essere superata, che limitava pericolosamente la libertà di salvezza fuori dalla chiesa visibile. Gli sforzi missionari si diressero soprattutto verso l’africa la Cina il Giappone, l’Indocina, l’Oceania. L’azione missionaria dell’800 era ancora legata all’appoggio dei governi europei con tutte le conseguenze del caso. In africa, ma anche altrove i missionari nonostante tutti i loro sforzi apparivano agli indigeni legati a quel colonialismo che la teologia dell’epoca giustificava forse troppo rapidamente e senza le necessarie distinzioni. La chiesa missionaria agisce tutto sommato con maggior libertà, ha scosso le ingombranti tutele di un tempo anche se non ha ancora raggiunto la piena libertà dal ricorrente giurisdizionalismo nazionalismo. Resta però per larga parte dell’800 una larga diffidenza nei confronti delle chiese orientali unite o separate da roma. Prevalse però più tardi la tendenza a confondere unità e uniformità a sottoporre strettamente gli orientali uniti a roma alle direttive e ai controlli romani. Il proposito espresso nei lavori preparatori del vaticano I di latinizzare le chiese orientali si ammetteva la diversità di rito, non di disciplina. lasciarla completamente libera, l’altro è di rispettarla e cooperare con essa, il primo è un dovere negativo che non ha mai eccezione, il secondo è un dovere positivo che può estendersi più o meno a seconda delle circostanze.” La preoccupazione di difendere la dimensione religiosa e cristiana della società comprensibilissima in questa prospettiva si completava però spesso in una tattica discutibile anzi, storicamente errata. Gli intransigenti non concepirono per lo più la possibilità di un’altra forma di società cristiana, diversa da quella dell’ancienne règime. In pratica si continuò a difendere una società organizzata gerarchicamente e fondata sul privilegio, religiosamente unita in cui la fede cattolica era considerata sempre l’unico fondamento di uno stato e quindi i diritti civili e politici erano subordinati alla fede ed alla pratica religiosa. E si credette di difendere la fede cristiana opponendosi all’emancipazione civile e politica degli acattolici. I sovrani che si appoggiavano al diritto tradizionale univano alla difesa dell’assolutismo la tutela dei diritti della chiesa. Leone VIII in tutti i modi ed a più riprese si sforzò di indurre i cattolici francesi in maggioranza legittimisti ad aderire lealmente al regime repubblicano, questo prudente atteggiamento non piacque a molti cattolici convinti che i re che avevano nominato sovrane le figlie derogando al principio salico fossero i soli sovrani legittimi: non curarsi della legge vuol dire mettere alla base dello stato la forza bruta. Il problema della legittimità dei sovrani era connesso con quello dei diritti delle nazionalità. Che atteggiamento prendere davanti alle aspirazioni delle nazioni oppresse a costituirsi in stato indipendente tendenze che corrispondevano agli ideali dell’epoca in tutta l’america latina e in Europa dall’Irlanda alla Germania. I teologi non attribuivano un valore assoluto al principio di nazionalità e in caso di conflitto fra le tendenze nazionali e i diritti dei sovrani riconoscevano la prevalenza di questi ultimi. La S. Sede seguì sostanzialmente questa linea. Le discussioni fra intransigenti e cattolici liberali si acuirono per l’intrecciarsi di altri elementi : in Francia fra la polemica della ragione ed il tradizionalismo, in Italia la lotta tra i fautori della filosofia scolastica e i difensori del sistema rominiano tra quanti aspiravano all’unità nazionale e coloro che sostenevano i diritti del papa sul potere temporale, in Germania le controversie intorno alla questione dell’autorità del magistero romano… La lotta tra le due tendenze durò per tutto il secolo ma si inasprì sotto Gregorio XVI e raggiunse il momento più acuto sotto Pio IX: in sostanza la polemica è il filo conduttore di tutta quest’ epoca. Il du pape uscito nel 1819 si opponeva decisamente al gallicanesimo ancora diffuso qua e là in Francia esaltando l’infallibilità del papa ed il suo ruolo benefico nello sviluppo della civiltà. L’opera poggiava su basi teologiche piuttosto fragili, e tuttavia fu letto con o interesse da molti intransigenti e contribuì in modo notevole alla forte affermazione dell’ultramontanesimo. Maggiore influsso esercitò lamennais che formò un’intera generazione di difensori della chiesa. Esso subì una fortissima evoluzione dell’intransigenza al cattolicesimo liberale, ma a differenza di altri egli nell’ultima fase della sua vita lasciò definitivamente la chiesa. Possiamo riassumere il suo pensiero in cinque punti: - nega che l’uomo con le sue forze possa raggiungere la verità ed accetta come criterio di verità il senso comune cioè il consenso degli uomini che si fonda su di una rivelazione divina primitiva comunicata agli uomini insieme alla parola e trasmessa in maniera estrinseca e statica di generazione in generazione dalla società. - Funzione sociale della religione considerata soprattutto strumento di ordine e di pace più che nel suo aspetto soprannaturale. - Necessità di un’ispirazione cristiana delle strutture sociali - Critica serrata alle libertà gallicane ed al gallicanesimo in genere - Difesa del potere indiretto della chiesa sullo stato. Scomparso lamennais il vero capo dell’intransigenza francese fu Louis Veuillot, tutta la sua attività era rivolta a far conoscere ed amare la chiesa, ma insieme ad assalire in tutti i modi quello che egli senza distinguere tra laicismo e liberalismo considerava l’avversario capitale della chiesa il liberalismo. La sua polemica si basava su poche idee fondamentali: l’errore non può mai avere gli stessi diritti della verità, il cattolicesimo liberale è un compromesso ibrido che finisce col non essere né cattolico né liberale. Autoritario e fondamentalmente intollerante si scagliava con la stessa violenza conto gli anticlericali e contro i cattolici liberali pur sinceramente credenti e rispettosi della gerarchia: anzi non risparmiava lo stesso episcopato. Durante l’ultimo scorcio dell’ ‘800 sotto leone XIII in francia lòa polemica fra le due correnti continuò ancora vivace ed il papa dovette intervenire più volte per raccomandare la moderazione soprattutto agli intransigenti ancora una volta più papisti del papa. In Inghilterra gli intransigenti tendevano ad allontanare i cattolici da ogni contatto con i protestanti: non volevano che i giovani studiassero a Oxford o a Cambridge dove avrebbero potuto impegnarsi di indifferentismo e di liberalismo e fondarono perciò una università cattolica a Dublino. Italia  l’intransigenza si rivela soprattutto nella difesa del potere temporale, nella resistenza alle leggi di laicizzazione nella difesa dei diritti tradizionali della S. Sede e della gerarchia oltre che come sempre nella diffidenza verso il mondo moderno. Appartengono a questa tendenza un gruppo di cardinali detti “zelanti” in antitesi ai loro colleghi propensi per il mondo moderno detti “politici”. L’opposizione cattolica in italia nella seconda metà dell’ ‘800 ebbe la sua massima espressione ne “la civiltà cattolica” che lavorò soprattutto in 4 direzioni: - la critica dei principi liberali - i gesuiti nello stesso tempo difendevano energicamente il potere temporale accusavano il nuovo stato italiano di latrocinio, istituivano un autentico processo contro il risorgimento. - Gli scrittori insistono sulla funzione sociale della religione a difesa dell’ordine e della proprietà, la subordinazione dell’economia alla morale… - Invincibile nell’esporre i principi cattolici e nel confutare i sistemi teorici degli avversari, la rivista non mantenne sempre la stessa elevatezza nell’analizzare le situazioni concrete. La “civiltà cattolica”non avvertì tutta l’irreversibilità, con tutti i suoi limiti, attraverso forme oggi sconcertanti, questo conservatorismo ha contribuito notevolmente a salvare l’autentico spirito cattolico, anche se gli affetti immediati possono essere stati negativi. In Spagna ferveva la lotta fra carlisti e cristini. La società moderna è caratterizzata da un naturalismo più o meno spinto frutto del deismo e del panteismo, conseguenze inevitabili di questi pensieri sono l’utilitarismo economico, come la libertà di pensiero e in genere la democrazia che sfocia nel comunismo, nell’anarchia, nel soffocamento della persona umana. Nella prima metà dell’ ’800 combattevano i carlisti ed i cristini, essi verso la fine del secolo e l’inizio del ‘900 divennero moderati i cristini contro i radicali che erano i carlisti. I moderati erano i fautori di una monarchia costituzionale, il max esponente fu Alessandro pidal, da qui pidalisti! Pidalismo!. I radicali o ultras avevano prerogative sul ramo collaterale della monarchia ideale di uno stato cristiano, si divisero in due rami: puri: preoccupati di non creare scontri con la gerarchia, integristi: che erano in contrasto con la gerarchia. IL CONCORDATO AUSTRIACO Il concordato, dopo la riaffermazione – consueta in simili patti- del cattolicesimo come religione rispettata in tutte le sue prerogative divine e storiche riconosce il primato di giurisdizione del papa su tutta la chiesa e da questo riconoscimento trae conseguenze di molto rilievo: la chiesa retta dal papa ha diritto a piene libertà, lo stato d’altra parte non solo riconosce il valore autonomo primario dell’ordinamento canonico ma presta alla chiesa il suo aiuto se e quando necessario. In particolare la chiesa ottiene la libertà su tutti punti in cui il giuseppinismo rivendicava fino allora la sua competenza. Il diritto canonico sarà rispettato nelle questioni ecclesiastiche e quindi le cause matrimoniali sono sottoposte al giudizio della chiesa: questa però rinunzia al foro ecclesiastico. Vengono determinati i casi in cui lo stato deve offrire il suo aiuto in particolare il governo si impegna a punire le offese contro la religione e contro la chiesa ed a impedire la diffusione di libri che costituiscano un pericolo all’onestà dei costumi. Leone VII venne eletto dalla fazione dei cardinali “zelanti” con salvi fu rimosso dalla segreteria di stato vennero ristabiliti vari privilegi le società segrete vennero duramente represse… con Pio VIII si ritornò ad una politica moderata disgraziatamente il suo governo fu troppo breve per poter realizzare qualcosa di duraturo ed ebbe un risultato controproducente e cioè una nuova vittoria degli zelanti con l’elezione di Gregorio XVI anche sfumando un po’ l’immagine tradizionale che si ha di lui cioè del monaco del tutto ignorante di politica il quadro complessivo resta valido nella sostanza: condanne severe della libertà di coscienza e dell’indifferentismo considerati una cosa sola: estrema lentezza nell’introdurre i miglioramenti amministrativi suggeriti dalle potenze estere. Le condizioni dello stato della chiesa erano pessime. Tutti aspettavano con impazienza la morte del vecchio papa insistevano sulla necessità di un cambiamento radicale, sottolineavano la necessità di un accordo fra il papato e le aspirazioni nazionali. Nel giugno 1846 dopo un brevissimo conclave venne eletto il vescovo di Imola: Pio IX esso si sentiva ed era essenzialmente un pastore un sincero fervore un profondo spirito di preghiera si univa in lui alla fermezza senza compromessi nel difendere quanto gli appariva un diritto della chiesa. La sua naturale bontà, la sua spontaneità ed il brio nella conversazioni gli conquistavano facilmente la simpatia universale tanto più che erano note le sue tendenze moderate. Questi lati positivi erano però offuscati da una triplice carenza: - forte emotività - esitante ed oscillante in politica - formazione scientifica piuttosto sommaria con lacune teologiche che si sarebbero rivelate con una certa gravità dal 1848 al 1876 per quasi tutta la durata del pontificato rimase a fianco del papa il cardinale antonelli come prosegretario e poi dal 1850 come segretario di stato, spettacolo singolare la collaborazione di questi due uomini uno così diverso dall’altro per temperamento e per ideali. D’altra parte antonelli possedeva una notevole capacità amministrativa, soprattutto nel campo finanziario e le sue doti politiche superiori a quelle degli altri cardinali costituivano un complemento quasi necessario alle lacune del papa. Il papa in realtà voleva sinceramente la felicità ed il benessere dei suoi sudditi era pronto alle riforme necessarie ma non aveva un piano definito ed in ogni caso era contrario alla laicizzazione dell’amministrazione ed alla concessione di una costituzione che avrebbe necessariamente limitato la sua libertà. Dal giugno del 1846 fino all’aprile del 1848 perdurò l’equivoco del papa liberale quando il dubbio ebbe fine con un discorso chiaritivi del papa nel 48 dove diceva che si rifiutava di prender parte alla guerra contro l’austria perché inconciliabile con i suoi poteri di capo della chiesa universale, qui l’entusiasmo per il papa si trasformò in odio da parte dei liberali per il papa considerato un presunto traditore. I radicali giunsero al potere, l’anarchia trionfò a roma e pio IX decise di lasciare la città; tornò a roma ormai decisamente avverso ad ogni concessione e convinto sinceramente della malizia intrinseca della aspirazioni moderne verso la libertà. Le questioni politiche contingenti ebbero d’ora in poi un peso schiacciante nell’irrigidimento generale della chiesa davanti al mondo moderno. Nel marzo 1848 le condizioni politiche di tutta l’Europa e la concessione di uno statuto nei principali stati di tutta la penisola indussero il papa ad elargire anch’egli una carta costituzionale. Scoppiata poi la guerra fra l’Austria ed il regno di Sardegna tutti i liberali insistevano per una diretta partecipazione del papa pio IX si sforò nuovamente ma invano di stringere i stati italiani in una lega, permise che l’esercito pontificio raggiungesse il po’ per tutela e lo stato della chiesa non per attaccare gli austriaci. I suoi generali non rispettarono le sue direttive proclamarono che il papa aveva indetto una crociata contro l’Austria e passarono il confine. Mentre si spargevano dovunque calunnie contro il papa molti cominciarono a chiedersi se l’ufficio di capo di una chiesa universale era compatibile con i poteri di principe italiano. Di li alla conclusione che se il potere temporale era nocivo all’Italia si dovesse abbattere fu molto breve. A roma la situazione era sfuggita completamente al controllo del papa in seguito ai gravi contrasti coi ministri che come in tutti i paesi costituzionali volevano decidere personalmente di tutte le questioni politiche interne ed estere estendendo le attribuzioni loro riconosciute dallo statuto pontificio e riducendo il papa alle funzioni di un sovrano costituzionale che regna e non governa. Il papa sia perché privo di mezzi atti a riaffermare la situazione sia per la speranza di evitare effusioni di sangue sia pure per non confermare neppure apparentemente con la sua presenza gli atti del nuovo governo radicale lasciò di nascosto roma. Falliti intanto i tentativi di conciliazione con il governo romano, a roma vennero indette le elezioni per l’assemblea costituente, che il 9 febbraio 1849 proclamò la fine del potere temporale e l’erezione della repubblica romana. Solo 9 mesi dopo il papa tornò a roma, accolto con rispetto ma senza entusiasmo. L’ambizione del re di Sardegna Carlo Alberto impedì la formazione della lega. La presenza del papa nella lega italica avrebbe creato ugualmente gravi inconvenienti per la difficoltà di conciliare il carattere spirituale ed universale del pontificato con quello di capo di uno stato politico determinato e si sarebbe resa senz’altro inutile perché in irriducibile contrasto con la tendenza universale dell’età moderna. Il papato e la curia romana rinunziavano ad una funzione politica diretta che tante volte aveva costituito per la gerarchia un autentica tentazione. Anche da un punto di vista puramente politico il discorso con la sua contraddizione fondamentale, di non volere la guerra e di permettere ai sudditi di farla equivaleva ad un suicidio. In ogni caso il 29 aprile non costituisce una scelta deliberata fatta a mente fredda ma piuttosto un passo in questa direzione che avrebbe portato ulteriori sviluppi in questo senso. Tornato a roma il papa con l’aiuto di antonelli si sforzò di riorganizzare lo stato, i laici comunque con loro profonda amarezza restavano sempre esclusi dalle cariche più alte dell’amministrazione. In ogni caso anche a prescindere dai difetti della burocrazia e della classe politica dirigente un altro motivo ormai più grave alienava in modo ormai definitivo dal potere temporale la borghesia intellettuale: cioè quella che ha più influenza sulle masse: l’assenza completa di libertà politica e il persistente paternalismo in cui tutto doveva aspettarsi ad accogliersi con riconoscenza del nostro amato padre e sovrano. La questione romana: i fatti  1859\1861: intanto la questione romana posta chiaramente fin dal 1848 1849 andava aggravandosi: si ebbero molte rivolte in tutte le regioni italiane dalle romagne alla toscana all’Umbria. Alla fine del 1859 uscì un opuscolo le pape et le congrès ispirato da napoleone III con l’invito al papa di accontentarsi di un piccolo territorio attorno roma rinunziando alle altre province. Le intenzioni di napoleone erano sincere e l’opuscolo non meritava l’amara definizione che gli venne attribuita in pubblico da Pio IX, il papa pensava, non a torto, che il moto unitario una volta avviato non si sarebbe di certo fermato alle porte di roma. Alla definitiva annessione delle province ribelli al regno d’Italia il papa rispose con la scomunica maggiore a quanti avessero partecipato all’impresa. L’estensione stessa della scomunica che colpiva un numero ampio e indefinito di persone ne diminuiva l’efficacia anche perché il clero si dimostrò piuttosto largo nell’interpretazione ed elastico nella sua applicazione. Nel maggio 1860 al papa restò soltanto roma con una parte del Lazio all’incirca da Viterbo a frosinone all’inizio del 1861 Cavour mandò degli inviati a roma per iniziare trattative segrete chiese al papa la rinunzia pura e semplice al potere temporale promettendo in cambio piena libertà per la chiesa intanto però faceva applicare nei territori annessi le leggi contro i religiosi, in realtà i colloqui cessarono subito dopo l’inizio senza che si foss4e concluso nulla la causa principale senza dubbio fu la diffidenza per la politica del Cavour, alla proclamazione del regno d’italia nel 1861 il papa rispose con un discorso in cui deplorava ancora le usurpazioni che il nuovo stato aveva fatto e stava ancora facend9o alla chiesa.  1861\1870: anche nel clero si diffondevano circoli favorevoli alla rinunzia del potere temporale e ad una riforma della chiesa non immune dalla venature gallicane e democratiche, ma la santa sede represse senza pensieri queste iniziative. GENESI DEL DOCUMENTO Gregorio XVI con l’enciclica mirari vos del 15 agosto 1832 aveva dato una risposta duramente negativa alla domanda se la libertà di coscienza e le libertà rivendicate dalla civiltà moderna potessero essere accolte positivamente dai cattolici. La libertà spalancava le porte all’ ndifferentismo all’anarchia, al comunismo era opportuno in queste circostanze raccogliere una sintesi solenne degli errori più diffusi e pericolosi e condannarli uno a uno. In un primo momento si pensò di unire insieme la condanna degli errori moderni alla definizione del dogma dell’immacolata concezione, si riteneva così di mettere maggiormente in risalto l’ultima radice da cui derivano gli errori moderni. Vennero interpellate varie persone. Si rinunziò presto al progetto primitivo e la commissione che aveva avuto l’incarico di preparare la bolla di definizione del nuovo dogma continuò i suoi lavori in vista della condanna degli errori moderni senza giungere tuttavia per cinque o sei anni ad un risultato apprezzabile, venne preparato all’inizio del 1860 un elenco di tesi da condannare in cui si insisteva soprattutto sull’aspetto metafisico delle questioni, su principi ultimi da cui derivavano molti errori e si sottolineavano anche varie posizioni socio economiche del liberalismo in contrasto con la dottrina cristiana. Pio IX dette invece deliberatamente la preferenza ad un altro testo una raccolta di proposizioni degne di condanna pubblicato nel luglio 1860 insieme con una solenne pastorale. Lo schema loro partecipato in segreto trapelò alla stampa provocando un forte dissenzo nell’opinione pubblica indignata al vedere condannare alcune tesi assai comuni nel pensiero moderno. Pio IX oggetto di pressioni in senso opposto dal re del belgio e dal vescovo di orlèans Dupanloup non mostrò alcuna fretta e lasciò che le commissioni che si succedevano svolgessero con calma il loro lavoro rivolto purtroppo piuttosto che ad una compilazione organica alla qualifica teologica delle singole tesi nonostante il parere contrario espresso da vari cardinali fin dall’aprile 1862. In ogni modo alla fine ci si decise e quello che non si era elaborato in 14 anni venne fatto in due mesi per opera soprattutto del cardinale Bilio. Venne redatto un nuovo elenco desunto dalle informazioni disperse delle encicliche e degli altri documenti dell’ormai lungo pontificato di pio IX. Contemporaneamente venne preparata da Bilio un enciclica: la quanta cura. I due documenti: l’enciclica e l’elenco che prende il nome di sillabo miravano allo stesso fine, ma l’enciclica doveva offrire nell’intenzione dei redattori una sintesi organica degli errori elencati poi minutamente nel sillabo. La quanta cura ricorda e supera la mirari vos per la durezza nel tono e la visione unicamente negativa della società contemporanea. Gli errori condannati: il sillabo abbraccia 80 proposizioni, divise in 10 capitoli che possiamo riassumere intorno a 4 punti fondamentali: 1. concerne il panteismo, il razionalismo, il naturalismo, l’ asserentismo, l’assoluta incompatibilità tra ragione e fede. 2. raccoglie gli errori sull’etica naturale e soprannaturale con particolare riguardo al matrimonio, sono così condannate la morale laica che pretende di salvare la distinzione fra il bene e il male e il carattere obbligatorio della legge prescindendo da dio 3. concerne gli errori sulla natura della chiesa su quella dello stato sulle relazioni tra i due poteri 4. quest’ultima classe è quella che ha creato più scalpore nell’opinione pubblica: consta di sole 4 proposizioni, sono condannate la libertà di culto e la piene libertà di pensiero e di stampa sono respinte alcune tesi fondamentali della società moderna gli immortali principi del 1789. l’ultima proposizione afferma categoricamente l’asserzione per cui il romano pontefice può e deve riconciliarsi con il progresso col liberalismo e con la civiltà moderna una lettura anche sommaria del testo impone subito alcune conclusioni: il sillabo è nato in modo tutt’altro che perfetto, il documento non è sempre chiaro. Infine il liberalismo non è condannato solo per le sue dottrine di rapporti tra stato e chiesa, o per le sue asserzioni di natura prettamente politica: il sillabo condanna soprattutto una concezione di vita, nel più ampio senso della parola, una concezione che respinge o limita i diritti di dio sulle singole creature. Le controversie sollevate dal sillabo: il sillabo per il suo stile e per la sua brevità suscitò un forte scalpore. I cattolici intransigenti ritennero che la condanna pontificia si estendesse a tutte le forme del liberalismo colpisse cioè anche il liberalismo cattolico. Fermandosi soprattutto sull’ultima affermazione che colpiva per il suo carattere assoluto i radicali sostennero che il sillabo condannava in modo semplice e senza equivoci tutte le forme di libertà e di progresso cioè respingeva in blocco l’età moderna per concludere che la libertà e la scienza moderna non avevano bisogno della benedizione del prete. Se gli intransigenti erano contenti e i radicali restavano soddisfatti nella loro fredda ostilità i cattolici liberali erano sgomenti: tutti i loro sforzi di lunghi decenni per salvare l’equilibrio così precario tra il cattolicesimo e la libertà erano ora d’un tratto irreparabilmente rovinati. Preoccupati da questa reazione piuttosto inattesa i circoli romani corsero ai ripari cercando di diminuire la portata delle 80 proposizioni o almeno di quelle che più offendevano l’opinione pubblica. Per riparare divulgarono la distinzione tra tesi e ipotesi: - tesi un principio considerato in se stesso, in astratto. - Ipotesi: applicazione concreta dello stesso principio nelle circostanze storiche di una data epoca che possono consigliare o addirittura imporre per evitare mali maggiori la tolleranza di situazioni in se in contrasto con i principi affermati in teoria il papa condannava la libertà di religione di coscienza e di culto come tesi, l’ammetteva come ipotesi. La stesse idee vennero poco dopo sviluppate da monsignor dunpanloup, esso sottolineava giustamente due cose: il senso delle preposizioni deve essere giustamente desunto dal tenore dei documenti da cui sono stati estratti il secondo rilievo si riallaccia alla distinzione fra tesi ed ipotesi e permette di cogliere le reali intenzioni del papa nel condannare le ultime proposizioni relative alla libertà di culto ed all’esclusione della religione cattolica come religione di stato. Il suo opuscolo sembrò ad alcuni un travisamento del sillabo, una sua interpretazione minimalista. Per molti anni il liberalismo cattolico resto fermo alla posizione del donpanloup alla distinzione fra tesi ed ipotesi che permetteva di conciliare la fedeltà alla chiesa e l’accettazione pratica delle libertà moderne ma che non dissipava tutte le accuse, non costituiva ancora una soluzione definitiva della questione non poneva fine alle polemiche fra cattolici e liberali e intransigenti pur imponendo una maggior precisione di linguaggio alle due parti. Il cardinale rauscher dava alla sua pastorale il titolo significativo lo stato senza dio: il sillabo non condannava le libertà moderne in se stesse ma il contesto storico filosofico in cui per lo più esse erano collocate la pretesa di farle derivare dalla negazione dell’ordine soprannaturale. Un’interpretazione più autorevole del sillabo eppure implicita venne data da Leone XIII che in tutto il suo pontificato seguì una linea complementare a quella del suo predecessore tentando di dare una risposta positiva agli interrogativi più assillanti posti dal mondo moderno. Leone pur affermando che non esiste alcun diritto che non sia fondato sul vero e sul bene, aggiunge che la chiesa non vieta che per evitare un male più grande lo accettava. Siamo sempre in sostanza alla distinzione tesi, ipotesi. Pio XII si mantenne ancora fermo a questa distinzione fra tesi ed ipotesi giustificando cioè la tolleranza soprattutto come una esigenza imposta dal bene comune, la dichiarazione sulla libertà religiosa del vaticano II omettendo qualsiasi accenno alla vecchia distinzione fonda la libertà di coscienza e di culto in modo ben diverso, insistendo su due motivi essenziali, da una parte sulla dignità della persona umana, dall’altra sulla natura dello stato che si deve astenere dalla questioni a carattere religioso. Osservazioni conclusive Il sillabo apparve allora ed è giudicato ancora oggi un esempio di coraggio di fedeltà ai principi di sicuro intuito politico la cui antiveggenza è stata confermata dalla storia seguente che ha messo in luce dei pericoli insiti nel liberalismo dai quali poteva facilmente derivare la giustificazione dello stato totalitario. L’episcopato si divise subito in due gruppi: - infallibilista: tutti i vescovi di lingua spagnola quelli provenienti dalla missioni, i vescovi del belgio, la maggioranza di quelli svizzeri e italiani, la metà dei francesi… - antiinfallibilista: erano la minoranza; austriaci, tedeschi, ungheresi, la metà francese… nei primi giorni si svolsero le elezioni per le 4 deputazioni, si tratta di un momento decisivo per tutto lo svolgimento successivo del concilio perché dalla composizione delle deputazioni, soprattutto quella della fede dipendeva in larga misura l’esito delle discussioni e la formulazione dei decreti. Il papa e l’antonelli avrebbero voluto che nelle commissioni fosse presente anche qualche rappresentante della minoranza antifallibilista, ma la minoranza rimase totalmente esclusa, questo provocò sulla stessa una certa irritazione.. Alla fine di dicembre cominciarono le discussioni sul primo schema intorno agli errori del razionalismo, l’esame si protrasse fino ai primi di gennaio con esito negativo. E la deputazione della fede venne incaricata di preparare un’altra redazione. Mentre si preparava il nuovo testo vennero esaminate varie questioni disciplinari ma nessuno schema giunse all’approvazione definitiva. Si erano manifestate intanto due tendenze una più sollecita dei diritti dell’episcopato, l’altra maggiormente preoccupata dell’autorità del sommo pontefice. Nello stesso tempo si decise di introdurre alcune modifiche nell’ordinamento conciliare, si cercò di conciliare due esigenze opposte: salvare la libertà delle discussioni e insieme affrettare lo svolgimento dei lavori. Per l’approvazione di una delle modifiche proposte dai padri conciliari era sufficiente la metà più uno dei voti. Mancò poco che quest’ultimo provvedimento fosse applicato anche all’approvazione dell’intero schema, quest’ultima decisione abbandonava il principio dell’unanimità morale che rispondeva ad una vetusta tradizione di molti concili le modifiche erano imposta dalla necessità e si mostrarono utili, ma sollevarono la viva opposizione della minoranza. Il nuovo schema venne esaminato dal 18 marzo al 6 aprile. Lo schema venne approvato il 12 aprile con piccole modifiche, e venne promulgato solennemente il 24 aprile. La costituzione dei filius divisa in 4 capitoli insegna l’esistenza di un dio personale che ha creato liberamente il mondo e lo governa con la sua provvidenza: dichiara che la conoscenza di dio può essere conosciuta con le forze della ragione ma insieme insegna la necessità morale. La costituzione prendeva di mira vari errori contemporanei non solo l’ateismo materialistico e il panteismo idealista. Erano condannate cioè in pari tempo le dottrine che esaltano e umiliano in modo eccessivo la natura ed i compiti della ragione. Nel suo complesso la costituzione conservava un perfetto equilibrio tipico del magistero ecclesiastico tra le tendenze opposte fra gli eccessi di chi esaltava e di chi deprimeva troppo la ragione. DISCUSSIONI SULLO SCHEMA DELL’INFALLIBILITA’ Fin dall’inizio del concilio il problema dell’infallibilità preoccupava ed agitava un po’ tutti. A febbraio circa 450 vescovi avevano dato la loro adesione a un postulato in cui si chiedeva che il concilio affrontasse la questione. All’inizio di febbraio la maggioranza dei padri si era dichiarata a favore della discussione. Il papa dopo un’attesa dovuta essenzialmente a motivi tecnici all’inizio di marzo annunziò la decisione che il concilio affrontasse la questione che lo riguardava così da vicino. Si notò tuttavia ben presto che data l’ampiezza dello schema e il ritmo piuttosto lento delle discussioni il capitolo XI sulla infallibilità sarebbe stato affrontato solo nella primavera del 1871. Ai primi di marzo alcuni padri proposero che il concilio iniziasse immediatamente l’esame del capitolo 11, invertendo quello che sarebbe stato l’ordine più logico dei lavori. Gli stessi presidenti del concilio non erano favorevoli all’anticipo della discussione ma il papa non tenne conto dei loro pareri e alla fine di aprile detto l’ordine di iniziare la così tanto attesa discussione del capitolo 11. Per ovviare agli inconvenienti inevitabili di questa inversione il capitolo fu ritoccato ed accresciuto cioè fu trasformato in un autentica costituzione, divisa in 4 capitoli, sull’istituzione del primato e l’infallibilità del papa. L’obbligo del segreto assoluto imposto a tutti e la mancanza di comunicati ufficiali si rivelarono un vero errore tattico nocivo alla causa della verità: ma la curia romana non aveva ancora avvertito tutta l’importanza che nel nuovo clima di libertà da tempo affermatosi aveva acquistato la stampa, né aveva compreso la necessità di utilizzare mezzi idonei per informare e istruire la massa pubblica. Pio IX dovette finalmente arrendersi all’evidenza e senza dare disposizioni generali autorizzò alcuni padri a comunicare fuori dal concilio quanto ritenessero opportuno. Le autorità civili erano rimaste mal impressionate dalla notizia che lo schema sulla chiesa contenesse un capitolo sulle relazioni fra le due società: una civile, l’altra religiosa. L’italia cercò nuovamente e senza successo di acquistare una certa autorità nel campo internazionale proponendo invano una dichiarazione collettiva dei vari paesi. Il cardinale antonelli che non condivideva in questo caso l’intransigenza del suo sovrano avrebbe volentieri seguito ad imposto una linea moderata, ma il papa tirò dritto nella via scelta senza preoccuparsi affatto della proteste dei vari stati, fece bene, i fatti poi gli diedero ragione. All’interno del concilio erano stati divulgati alcuni opuscoli contrari alla definizione. La discussione sull’infallibilità si prolungò vivacissima dal 13 maggio al 18 luglio. Secondo la prassi consueta si ebbe prima una discussione sullo schema nel suo insieme: una parte diceva che l’infallibilità non è una prerogativa che compete al papa come persona privata, ma al papa in quanto capo della chiesa, la tesi contraria riportava il caso di onorio. All’inizio di giugno vari padri valendosi della facoltà concessa dal nuovo regolamento fecero votare con successo la fine della discussione generale: decisione opportuna perché poneva fine ad una serie di discorsi che non dicevano nulla di nuovo, ma che provocò ovviamente le proteste dell’opposizione. Il 6 giugno cominciò così la discussione sui singoli capitoli. I primi due vennero esaminati rapidamente. Il terzo capitolo: sul primato di giurisdizione. Il problema delle relazioni tra il potere pontificio e quello dei vescovi era già stato discusso nei concili del ‘400 dove era stato definito esplicitamente il primato del papa. A trento la questione si era riaffacciata ma si era preferito evitare una discussione in proposito. Dopo trento era continuata così la lotta tra le forze centrifughe e le forze centripete che ebbe la sua ultima fase nel pontificato di Pio IX. Il papa possiede l’autorità suprema di giurisdizione in tutta la sua pienezza: sono condannate così le tesi che riducono l’autorità pontificia a un potere di ispezione e di direzione e quelle che assegnano al papa solo una parte del potere supremo. Il potere papale è indicato poi con vari termini: assoluto, ordinario, immediato, veramente episcopale su tutti fedeli e pastori, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi ma anche per ciò che si riferisce alla disciplina ed al regime della chiesa. I vescovi d’altra parte non sono semplici funzionari subordinati al papa e puri esecutori delle sue direttive, ma come successori degli apostoli godono anch’essi di un potere di giurisdizione episcopale ordinario ed immediato. Il 15 giugno cominciò la discussione del capitolo 4: relativo all’infallibilità. Le discussioni lentamente avviarono ad una soluzione del problema, le tesi estremiste e dei gesuiti vennero abbandonate senza alcuna esitazione. Le vere difficoltà nascevano dalla tenacia inflessibile con cui la minoranza fino all’ultimo si batté per ottenere una menzione esplicita della necessità del consenso dei vescovi perché una decisione pontificia divenisse infallibile. L’11 luglio il vescovo Gasser relatore della deputazione della fede in un discorso di 4 ore spiegò minutamente il significato della costituzione l’infallibilità del papa ha la stessa infallibilità della chiesa: non è definito che essa riguardi anche i fatti dogmatici, mentre è definito che essa concerne le verità rivelate, essa è una prerogativa propria di ogni singolo papa. È assoluta non perché non soggetta a precisi limiti e norme ma perché non esiste un’istanza superiore a cui fare appello, la costituzione non separa il papa dalla chiesa. Il 13 luglio si votò lo schema nel suo insieme.
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