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riassunto capitolo 13 economia monetaria, Appunti di Economia Monetaria

capitolo 13 del libro di economia monetaria professor bonaiuti unisi

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 30/12/2016

gabriele.serafino1
gabriele.serafino1 🇮🇹

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Scarica riassunto capitolo 13 economia monetaria e più Appunti in PDF di Economia Monetaria solo su Docsity! CAPITOLO 13 ACCENTRAMENTO E DIFFUSIONE La BCE prende decisioni di politica monetaria unitarie,uguali per tutte,che vengono applicate a sistemi locali diversi nei livelli di sviluppo,nelle strutture produttive settoriali e dimensionali,negli assetti socio-economici.L’unificazione monetaria europea,come tutti i processi di globalizzazione ha comportato 2 tendenze di segno opposto:una di accentramento,l’altra di diffusione.Il trasferimento della sovranità monetaria delle Banche centrali nazionali dei paesi aderenti alla BCE ha determinato l’accentramento del potere decisionale presso la BCE.L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla diffusione di un’unica moneta,l’euro,su tutta l’area unificata,in sostituzione delle manovre nazionali.Il processo di accentramento-diffusione contribuisce allo sviluppo dell’intera area quanto più il “terreno di gioco” è livellato.Ossia quanto meno marcate sono le diversità strutturali.In base a questi timori,il processo di integrazione monetaria europea è stato giustamente impostato in modo graduale.Il primo gruppo di 11 paesi,tra i quali l’Italia,che hanno costituito l’Eurosistema nel 1999,è stato preventivamente sottoposto ad un processo di convergenza strutturale stabilito dal Trattato di Maastricht.I parametri di riferimento sono stati: -La riduzione dei differenziali nel tasso di inflazione e nei tassi di interesse -La capacità di contenere il deficit del bilancio pubblico(<3%del PIL)e il debito pubblico(<60%PIL) -La stabilità del tasso di cambio come indicatore della capacità di sostenere la competizione internazionale senza ricorrere a svalutazioni,che sarebbero stato precluse con l’ingresso nell’unione monetaria IL FINANZIAMENTO DEL SETTORE PUBBLICO Dal bilancio della P.A si può ricavare: (G-T)=ΔTMPA + ΔTRGPA - ΔTESPA Che indica le forme di finanziamento del deficit pubblico,dato il saldo tra la spesa pubblica G e le entrate tributarie T,inclusi i trasferimenti netti.Il finanziamento può avvenire con il ricorso all’emissione di passività sottoforma di titoli pubblici ΔB= ΔTMPA + ΔTRGPA oppure con la riduzione delle proprie attività finanziarie utilizzando le disponibilità liquide nel conto corrente di tesoreria TESPA presso la BC.Quando il Governo attinge da questo conto contribuisce a creare base monetaria.Quando riceve pagamenti che alimentano il conto corrente TESPA,la base monetaria in circolazione si riduce pertanto: ΔBMPA=- ΔTESPA Possiamo riscrivere il vincolo di bilancio iniziale nel modo seguente: (G-T)=DP+iB= ΔB+ ΔBMPA Nella quale il saldo globale è stato scorporato nel deficit primario DP(il quale assume ovviamente valore negativo se è un avanzo primario)e nel flusso di interessi che la P.A paga sullo stock B di debito accumulato al tasso di interesse medio i.Un aumento di (G- T) comporta un maggiore assorbimento di risorse reali che,riportato nello schema IS- LM,implica uno spostamento della curva IS a causa dell’aumento della domanda aggregata.Il primo impatto è lo stesso presentato nella figura 10.4 nella quale si registra uno spostamento della IS da IS0 a IS1 e dell’equilibrio dal punto 0 al punto 1,con un aumento dei livelli del reddito e del tasso di interesse di mercato. IL FINANZIAMENTO MONETARIO Secondo il modello di Poole,al quale la figura 10.4 fa riferimento,in presenza di una instabilità reale,nel nostro esempio provocata dall’aumento del deficit pubblico,la BC non deve intervenire per stabilizzare i tassi di mercato al livello precedente se vuole limitare l’effetto espansivo della politica fiscale sull’equilibrio del reddito.Se invece interviene deve aumentare l’offerta di moneta,acquistando titoli,cosi da spostare la curva LM da LM0 a LM1.Nella figura 10.4 il nuovo equilibrio si colloca al punto 2,con lo stesso tasso di interesse iniziale i0,ma con un ulteriore aumento del reddito fino a Y2. La convenienza dipende dal confronto tra le condizioni dell’equilibrio di partenza Y0 e quelle dell’equilibrio di arrivo Y2.In una situazione di grave depressione con alti tassi di disoccupazione e bassi livelli di investimento l’abbinamento di politiche fiscali e monetarie espansive è indispensabile.I maggiori rischi percepiti,rappresentati dalla variabile R che abbiamo inserito in quasi tutte le funzioni di comportamento,hanno frenato gli scambi nei mercati monetari e creditizi,determinando un forte calo degli investienti,dell’attività produttiva e dell’occupazione. Questa situazione,comune alla maggior parte dei paesi,viene rappresentata nella figura 13.1 nella quale gli spostamenti delle curve IS-LM hanno collocato il nuovo equilibrio al punto 1 situato in corrispondenza di un livello di reddito Y1 di forte sotto- occupazione e in una zona di trappola di liquidità.In questo caso come è noto,la politica monetaria perde la sua efficacia.Serve un intervento espansivo della politica fiscale.Ma per riportare l’equilibrio al livello di reddito pre-crisi Y0 l’intervento dovrebbe essere cosi forte da portare il tasso di interesse al livello molto elevato i2 con pesanti controindicazioni in termini di spiazzamento degli investimenti privati e di sostenibilità del debito pubblico.L’unica soluzione percorribile che minimizza le controindicazioni,è l’abbinamento delle spinte espansive della politica fiscale e della politica monetaria.Nella figura 13.1 questa soluzione viene rappresentata con gli spostamenti da IS1 a IS3,senza arrivare a IS2,determinati dalla politica fiscale,e da LM1 a LM2 determinati dall’aumento della moneta.L’equilibrio si attesta al punto 3,mantenendo il tasso di interesse poco sopra a i1.Si contiene l’aumento del tasso di interesse,che si attesta a un livello inferiore a i2,il tasso che si raggiunge lasciando l’onere di aggiustamento solo alla politica fiscale Negli anni 70’ si è fatto ricorso alla soluzione forte di imporre un vincolo di portafoglio come norma amministrativa che ha indotto le banche a tenere una quota del proprio attivo in titoli di Stato.Il risultato che si è ottenuto è rappresentato nella figura 13.3.La funzione di domanda viene spezzata per impedire alle banche di acquistare meno titoli rispetto a quanto stabilito dal vincolo.Nell’ipotesi di una curva di domanda al livello TM0d il vincolo non è operante,perché le banche tengono per decisione propria un ammontare di titoli superiore alla quantità minima prevista dal vincolo TM0>TM1*.In questo caso il tasso di interesse i0 è un tasso stabilito dal mercato.Se però la domanda di titoli diminuisce ad esempio per un aumento del rischio emittente R percepito dagli operatori,la curva si sposta da TM0d a TM1d perché a parità di quantità domandata gli operatori chiedono un tasso di interesse maggiore che remuneri il maggiore premio al rischio. Questi segnali di percezione del rischio che vengono trasmessi dal mercato pongono i Governi dinanzi ad un bivio che richiede la scelta di accettare un aggravio del costo dell’indebitamento oppure di aggiustare il proprio deficit per contenere l’onere dell’indebitamento,riducendo il fabbisogno di finanziamento.Nel primo caso,secondo l’esempio della figura 13.3 il tasso di interesse salirebbe a i2 al punto di equilibrio 2 per una quantità TM2 di titoli allocati,che richiede un limitato aggiustamento del deficit da finanziare.Nel secondo caso per mantenere lo stesso livello del costo del finanziamento il Governo dovrebbe aggiustare il deficit in modo + pesante,cosi da spostare la curva di offerta di titoli da TM0S a TM1S al nuovo punto di equilibrio 3 al quale corrisponde lo stesso tasso di interesse i0 e una quantità di titoli collocati sul mercato TM3 drasticamente ridimensionata.L’imposizione del vincolo di portafoglio è una terza soluzione che consente di rinviare la necessità di aggiustamento ma al costo di ignorare i segnali del mercato e di distorcerne gli equilibri.Nello scenario stilizzato nella 13.3 l’innalzamento della curva di domanda a TM1d rende il vincolo operante.Il tasso di interesse si ferma al livello i1<i2 con riferimento al punto 1 di intersezione tra l’offerta TM0s e la linea spezzata della domanda,in corrispondenza alla quantità desiderata di titoli TM1*>TM2>TM3.La norma prudenziale di Basilea III che introduce nuovi vincoli di liquidità,come il Liquidity Covered Ratio LCR,porta sostanzialmente a risultati analoghi LA SOSTENIBILITA’ DEL DEBITO PUBBLICO Per risolvere questa emergente necessità il problema cruciale diventa la valutazione della sostenibilità dell’indebitamento pubblico.Il punto di riferimento per compiere questa valutazione è l’interazione stock-flussi che può entrare in un circolo che si autoalimenta con conseguenze gravemente destabilizzanti.La sequenza dei legami stock-flussi riferita ai conti pubblici è la seguente: (G-T)↑=>iB↑=>G↑=>(G-T) ↑=>ecc Dalla quale si desume che,se il deficit pubblico viene finanziato con un flusso di indebitamento,lo stock di debito B aumenta.La conseguenza è l’aumento del flusso di interessi iB che fa aumentare la spesa corrente G.In mancanza di variazioni compensative aumenta ancora il deficit pubblico e occorre fare ricorso a un ulteriore indebitamento,dando luogo a un vortice che si autoalimenta.Il vortice accelera se aumenta il tasso di interesse i che aggrava la spesa corrente G.L’incidenza di questa situazione di debitore crescente nella quale si può trovare la PA va però commisurata al livello di attività economica,rappresentato dal PIL,che indichiamo con Y.I 2 parametri che fanno da base di riferimento sono: b=B/Y rapporto debito pubblico su pil d=ΔB/Y rapporto indebitamento pubblico su PIL L’indicazione è stata b<60% e d<3%.Appare subito evidente che soltanto se il valore del PIL,al denominatore,cresce più dell’indebitamento ΔB e dello stock di debito B,entrambi al numeratore,si può ottenere una riduzione di entrambi i parametri.Per un’analisi dei fattori da tenere sotto controllo per evitare l’avvitamento destabilizzante indicato precedentemente si può rapportare a Y tutte le poste di bilancio indicate nella 13.4 e ricavare il parametro relativo all’indebitamento ΔB/Y=d in funzione delle altre variabili cosi da ottenere d = dp+ib+u ove viene indicata l’incidenza sul PIL del deficit primario dp,del servizio del debito ib,del finanziamento monetario u che si pone in alternativa all’indebitamento d.Se scomponiamo il tasso di variazione del debito sul PIL nella forma seguente Δb/b=(d/b)- π-g possiamo ottenere con semplici passaggi Δb=dp+b(i-π-g)-u Che esplicita i fattori che influenzano una variazione del rapporto del debito sul PIL.La riduzione di questo rapporto Δb<0 può essere ottenuta con: -la riduzione del deficit primario dp -la riduzione del tasso di interesse nominale i,che contribuisce a ridurre l’onere del servizio del debito e quindi ad alleggerirne l’incidenza ib sul PIL -l’aumento del tasso di inflazione π -l’aumento del tasso di crescita reale dell’economia g -l’aumento del finanziamento monetario del deficit pubblico La politica monetaria può contribuire ad alleviare il peso del debito pubblico,sostituendo l’indebitamento con il finanziamento monetario(punto 5)e riducento il valore reale del debito con una politica inflazionistica(punto 3).Secondo la 13.11 l’aumento del tasso di interesse nominale i compensa almeno in parte gli effetti riduttivi su Δb del finanziamento monetario e del tasso di inflazione. Vi sono quindi motivi più che sufficienti per giustificare la scelta ormai diffusa a favore dell’indipendenza delle BC,che vengono cosi preservate dalla perdita di reputazione anti-inflazionistica conseguente ad avere assunto l’onere del finanziamento monetario per garantire la sostenibilità del debito pubblico. Il fattore u della 13.11 è limitato soltanto alle variazioni temporanee entro le disponibilità attive del conto corrente di tesoreria ΔTESPA come indicato nella 13.3.In aggiunta la BCE ha l’obiettivo primario di garantire la stabilità dei prezzi,con un tasso di inflazione vicino al 2%.Se si esclude o comunque si limita l’intervento monetario con le variabili u e π l’onere del rientro dell’incidenza del debito pubblico sul PIL,passa di mano dalla BC al Governo.Anche se l’alternativa su chi deve intervenire non è cosi drastica.La strategia virtuosa del governo deve basarsi,in primo luogo,sulla riduzione del deficit primario fino al punto di farlo diventare un avanzo primario.Nella 13.11 questo significa porsi come obiettivo dp<0.In secondo luogo,il Governo deve compiere tutte le azioni necessarie per favorire l’aumento del tasso di sviluppo reale dell’economia g.Il circuito virtuoso che si crea tra le 2 politiche deriva dalla messa in modo degli stabilizzatori fiscali automatici.
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