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Riassunto Capitolo 2 del Libro "I mille anni del Medioevo" di G. Piccinni, Sintesi del corso di Storia Medievale E Moderna

Riassunto Capitolo 2 del Libro "I mille anni del Medioevo" di G. Piccinni

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/04/2024

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eleonora-lapaglia 🇮🇹

4.3

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Scarica Riassunto Capitolo 2 del Libro "I mille anni del Medioevo" di G. Piccinni e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale E Moderna solo su Docsity! Capitolo 2: Compare l’Islam. L’Europa si riorganizza Fra Bisanzio e l’Islam All’inizio del 7 s. una nuova religione cominciò a svilupparsi nel vicino Oriente, ai margini di due imperi, quello di Bisanzio e quello dei Sassanidi. In questo periodo nell’area Mediterranea prendeva sempre più piede la religione cattolica. Per quanto riguarda invece l’impero Sassanide, che si trovava ad Oriente dell’impero Bizantino e si estendeva fino all’Asia centrale, lì vi abitavano una serie di differenti gruppi etnici che si differenziavano per una serie di religioni da culto antico, ma in particolar modo vi troviamo diffusa la dottrina di Zoroastro, secondo la quale il mondo è un campo di battaglia all’interno del quale si affrontano spiriti buoni e malvagi. Infine, sulle rive del Mar Rosso, a sud dei due imperi, troviamo la civiltà Etiopica, cristiana, e quella dello Yemen, politeista con alcuni influssi cristiani. L’Arabia preislamica è un luogo arretrato e poco abitabile, a causa dei molti deserti e delle molte steppe, con acqua appena sufficiente per permettere la coltivazione. Inoltre, al vi erano frequenti lotte fra il sud yemenita ed il nord, popolato da beduini nomadi, organizzati in tribù. Attraverso i mercanti, che venivano chiamati Mercanti Carovanieri l’Arabia (parte più ricca della popolazione) aveva iniziato ad entrare in contatto con civiltà esterne e religioni estere. Le figure dei mercanti e dei beduini erano affiancati da artigiani e contadini che invece vivevano nelle città. Nonostante i primi fossero una minoranza, erano più forti ed avevano il predominio sugli abitanti delle città in quanto, costretti costantemente a viaggiare, vivevano armati. La loro religione era quindi prevalente, e fondata su divinità locali identificate con i corpi celesti e ritenute incorporate in terra nella natura. Fra le città arabe, La Mecca era di gran lunga la più importante, in quanto rappresentava il punto di partenza della via commerciale, delle carovane che entravano poi in contatto anche con il mondo bizantino e persiani, e quindi era un punto di scambio di merci ed idee. Era governata da un’aristocrazia mercantile, ed oltre ad essere un centro commerciale lo era anche a livello politico e religioso, dal momento che all’interno della città vi era un santuario chiamato Ka’ba, che arricchisce la città, e rappresenta una sede di culto universale riconosciuta da tribù anche con tradizioni religiose differenti, che in un periodo dell’anno trovavano una “tregua santa”. La Ka’ba secondo la tradizione conserva una pietra nera, portata dall’arcangelo Gabriele dal Paradiso in terra, e consegnata ai profeti. Per questo si comprende come prima le differenti religioni potessero convivere nella stessa città, nonostante successivamente si scontrarono per ottenerne il possesso. L’ascesa di Maometto: Durante il 7s. in Arabia si affermò un nuovo ordine politico nato dall’incontro di tutte le culture. Proprio all’interno di questa classe nascerà Maometto. Le maggiori informazioni che abbiamo su di lui non sono date da fonti coeve, bensì da fonti più tarde. La più importante è quella di al-Tàbari, circa fra il 9 ed il 10s. Egli nasce nel 570 a La Mecca, in una famiglia di mercanti, come poi diventerà egli stesso, si pensa che in alcuni casi abbia viaggiato con delle carovane. Egli sposa una ricca vedova. Secondo le fonti un giorno, vagando nel deserto, egli ebbe un contatto con un angelo di nome Gabriele, che lo avrebbe esortato a diventare messaggero di Dio stesso, Allah. Da questo momento egli inizierà la sua predicazione, che inizialmente si estenderà ai familiari, e successivamente a tutti coloro che lo seguivano, a cui comunicava degli insegnamenti che gli venivano rivelati da Dio attraverso la mediazione dell’angelo Gabriele, e che sarebbero poi stati raccolti nel Corano, libro sacro dell’Islam, diviso il 114 sure, dei capitoli, e assemblato a seguito della sua morte, nel 653. Maometto, si rende conto dell’assenza di una religione che possa fungere da elemento unificante per la popolazione, attraverso la quale sarebbe stato possibile per l’Arabia assumere una maggiore forza politica. Fino a quel momento infatti la società era bipartita e non vi era una economia solida, né punti di riferimento. Oppose quindi questa nuova religione monoteista al politeismo più diffuso, fondando la religione islamica che si estese con rapidità, e rappresentò l’elemento principale di una estesa comunità culturale-politica e religiosa. Attorno a lui si radunò con il passare del tempo un numero sempre maggiore di credenti, in particolar modo fra i beduini. Tuttavia, questo potere crescente attirò su di sé l’antipatia delle famiglie più potenti di La Mecca, che lo ritenevano pericoloso, poiché temevano che se molto avessero abbandonato i vecchi culti per Maometto, La Mecca avrebbe perso la sua importanza come centro di pellegrinaggi. Per questo motivo nel 622 Maometto fu costretto alla fuga, chiamata egira, a Yatrib, che venne poi ribattezzata Medina, ovvero città del profeta. Questo anno è considerato per l’Islam l’anno 0.Qui Maometto si impose come uomo di religione e di politica, annettendo al suo comando anche il deserto che circondava la città. Fu molto presto coinvolto in lotte armate, ma nonostante questo, dopo soli 5 anni, Medina si era già imposta come città governata da Allah attraverso il suo profeta. Nel 629 i suoi membri si recarono in pellegrinaggio alla Mecca, riuscendo a conquistarla nel 630, e consegnandola a Maometto. A questo punto molte tribù, sull’esempio della città “santa”, entrarono a far parte della comunità di credenti. Maometto morì a Medina nel 632. I precetti della religione Islamica: Necessariamente la religione islamica riconosce le due precedenti religioni monoteiste come sue antenate, e riconosce anche la figura di Gesù, non come figlio di Dio, bensì come suo profeta, come ricordato nel Corano. Maometto stesso si considerò l’ultimo profeta, dopo Abramo, Mosè e Gesù. E proprio per questo motivo molti dei precetti religiosi richiameranno quelli già presenti nell’Ebraismo e nel Cristianesimo, riconoscendo, oltre al Corano, come libri sacri anche la stessa Torah, i Salmi di David e i Vangeli, e come città santa anche la stessa Gerusalemme e La Mecca. Queste due religioni tuttavia non accettarono l’Islam, e al tempo stesso l’Islam, che attraverso di sé considerava rinnovati i precetti delle religioni precedenti, considerava infedeli tutti coloro che non si fossero convertiti al nuovo credo. All’interno del Corano si sostiene che la vera fede deve necessariamente essere applicata nella vita di tutti i giorni, per questo esiste uno stretto ordine sociale governato dalla Sharia, ovvero una serie di precetti che regolano la vita del singolo e l’organizzazione della società. Questi precetti nacquero quando, attorno all’8s. fu necessario rispondere a domande dottrinali, e da questa necessità nacque una scuola islamica nella quale si interpretavano il Corano e la Sunna. Tuttavia, vi erano delle zone che si erano sottratte al Dominio Islamico, prevalentemente nel nord della penisola, dove si rifugiarono i cristiani, come le Asturie, i Paesi Baschi, Navarra e Aragona, da cui successivamente sarebbe partito l’attacco cristiano ai territori musulmani della penisola che prende il nome di reconquista. Il mondo musulmano si estendeva quindi su una serie di paesi che si differenziavano in tre grandi aree di produzione: - Zone di coltivazione sedentaria, dove coltivare era sempre possibile, come nelle fasce costiere o nelle pianure. Queste zone furono molto prolifiche ma al tempo stesso la larghezza del regno permise uno scambio fra esse, in modo che vennero importate nuove specie di vegetali ed al tempo stesso nuove tecniche utili per la coltivazione; - Le aree dell’allevamento nomade, dove acqua e vegetazione erano sufficienti solamente per allevare animali che migravano stagionalmente a grandi distanze, come avveniva nei deserti; - Le situazioni intermedie, dove contadini e pastori nomadi convivevano; L’espansione del territorio Islamico fu importante anche dal punto di vista culturale: Fra l’8 ed il 10 s. molti testi della cultura antica vennero tradotti in Arabo, fra cui testi di filosofia, come Platone ed Aristotele (Averroè), testi di medicina, matematica, che ci consegnano gran parte della cultura classica attraverso la loro mediazione, ma anche culture più lontane, come quella indiana o iranica. La cultura del mondo arabo-islamico crebbe, ed arrivò ad accrescersi tanto da superare quello dell’Europa. In questo periodo Bisanzio si trovava in forte difficoltà, in quanto precedentemente al tentativo di conquista da parte degli arabi, aveva dovuto combattere contro altre popolazioni. Fra questa abbiamo gli Avari, nel 6 s., che si erano poi stabiliti lungo il Danubio, nel 568 contro i Longobardi, a cui avevano ceduto gran parte dell’Italia, la Persia, nel 7 s., ed i popoli slavi che continuamente minacciavano la capitale dell’impero. Sotto l’avanzata musulmana, l’impero fu ulteriormente costretto ad arretrare i suoi confini: la penisola balcanica venne ceduta agli slavi, e la stessa Costantinopoli fu costretta a difendersi fra il 674 ed il 678, ed inoltre dall’assedio fra il 717 e 718, seguito dall’assedio di Nicea e l’occupazione di Cesarea. Il califfato degli Abbasidi: Se Costantinopoli sfuggì alla conquista musulmana fu perché alla metà dell’8s, lo slancio conquistatore era già terminato (lo stesso varrà poi per la battaglia di Poitiers). Inoltre, a gravare furono anche i problemi che il califfato aveva a causa delle lotte originate dalle sette di sciiti e karigiti, che non volevano riconoscere la legittimità dei successori del Profeta, ed incoraggiavano rivolte contro la dinastia. Inoltre, vi fu anche una crisi dal punto di vista economico, in quanto, tutti coloro che avevano aderito ad altre religioni furono costretti a convertirsi, e, a livello economico, vennero equiparati agli arabi, eliminando la maggiorazione dei tributi a cui erano stati sottoposti fino a questo momento. Nel 750 Abu-l-Abbas, originario dell’antica Persia, rovesciò la dinastia degli Omayyadi, i cui ultimi esponenti si rifugiarono in Spagna, nell’emirato di Cordova, che divenne quasi indipendente. Gli Abbasidi ridussero il potere dei ceti dirigenti arabi, e spostarono nuovamente il centro del califfato da Damasco a Baghdad, fondata nel 762, in un punto fra il Tigri e l’Eufrate, dove la terra era ricca per l’agricoltura. Con gli anni la città divenne più grande persino di Costantinopoli. A questo punto anche la cultura più orientale, indiana ed iranica, cominciò ad avere più importanza, portando anche ad un maggiore sviluppo che alimentò la nascita di nuove città. Con queste nuove fondazioni, città che in precedenza avevano avuto un ruolo centrale, come Alessandria d’Egitto ed Antiochia, subirono un calo di popolazione, poiché il centro del potere si era spostato più al centro del paese, dove nel 969 sarebbe stata fondata El Cairo. Gli Abbasidi governarono fino al 1258, anno in cui sarà distrutta dall’arrivo dei mongoli, ed esercitarono una forte influenza in quanto diedero vita a riforme sul campo fiscale e nell’agricoltura, che erano state avviate dagli omayyadi. Le terre incolte venero quindi affidate a contadini disposti a metterle a frutto in cambio di tributi, che venivano rimborsati nel caso in cui si introducessero all’interno dei propri campi nuovi sistemi di irrigazione o coltivazione. Si valorizzavano quindi i terreni ed al tempo stesso si ottenevano forti introiti. Inoltre venne introdotta una monetazione in oro, che era stato accumulato durante le razzie operate durante le conquiste, e accresciuto con lo sfruttamento di miniere in zone come il Ghana o Sudan. Le città incrementarono l’attività commerciale grazie ai prodotti di Artigianato, ed alcuni fra i vari territori divennero dei veri e propri empori, come la Sicilia e la Spagna. I saraceni in Sicilia (IX s.) e la fine del califfato (IX-X s.): La dinastia Abbaside fu caratterizzata debolmente da conquiste militari. Le imprese di maggior rilievo furono quelle verso Creta, nell’827, e verso la Sicilia, fra l’827 e l’831, anno in cui Palermo fu mussulmana. La Sicilia venne conquistate da bande di saraceni, detti anche berberi, che provenivano dall’Africa settentrionale. Nell’843, con l’aiuto dei cristiani di Napoli, che dall’impresa ne trassero forti benefici commerciali, riuscirono a conquistare l’isola, ed in particolare la sua città cardine, Siracusa. La presenza dei Saraceni in Sicilia diede vita ad un dominio stabile, ad una civiltà fiorente, che scelse come sua nuova capitale, in seguito all’indebolimento siracusano, Palermo. Per l’isola questo fu un momento di particolare benessere, dal punto di vista fiscale, con l’introduzione della nuova moneta d’oro, ed al tempo stesso anche commerciale e negli altri settori, grazie all’introduzione di nuove tecniche, divenendo in questo modo un punto di snodo fra il mondo orientale e quello occidentale. All’interno della penisola italiana i saraceni si spinsero anche in Puglia ed in Campania. Tuttavia, fra il 9 ed il 10s. il califfato cominciò a disintegrarsi sempre di più in formazioni politiche distinte, che portarono sempre di più all’emergere delle grandi città, dove i più forti si arricchivano sfruttando manodopera a basso costo e reinvestendo i guadagni dell’agricoltura. Questo determinò un forte disagio sociale, che nell’869, esplose con la rivolta degli schiavi neri, che lavoravano in condizioni pesantissime. La rivolta si concluse solamente nell’882, ed il califfato ne uscì provato dagli sforzi fatti per camuffare la rivolta. Tuttavia, in questi anni Siria ed Egitto si erano resi indipendenti. Successivamente, fra il 9 e 10s. il califfato dovette sopprimere la rivolta dei karmati, che rappresentavano lo strato più umile della società, che attaccarono Damasco nel 903 ed arrivarono alla pace con il califfo solamente nel 939, dopo aver conquistato La Mecca nel 930. Nel frattempo molti territori si erano divisi in entità più piccole ed autonome, come il Maghreb (Fatimida), lo Yemen, o l’Egitto, dove i governatori, appartenenti alla dinastia dei Fatimidi diedero vita a dinastie locali. Si staccarono inoltre la penisola iberica, la Persia, e l’Africa del Nord (Maghreb). Questa frammentazione tuttavia aprì la strada a contatti ancora più intensi tra mondo islamico ed occidente cristiano. L’Europa Carolingia (VIII-IX s.): Carolingi è il nome dei re che appartengono alla dinastia Germanica che governò parte dell’Europa occidentale fra l’8 ed il 9 s. Clodoveo aveva trasformato le tribù franche in una monarchia solida, ma ed alla sua morte, i figli si erano divisi il regno, nonostante vi fossero stati dei tentativi per mantenerlo un territorio unico. Si vennero quindi a formare tre frazioni: - L’Austrasia (Champagne, terre della Mosa e Mosella), con capitale Reims; - Neustria (fra la Schelda e la Loira) con capitale Parigi; - Borgogna (fra la Loira e il Rodano) con capitale Orléans; All’interno di questi territori era valida in ogni caso, a livello giuridico, la personalità del diritto. Questa separazione territoriale aveva progressivamente attribuito un potere maggiore agli aristocratici delle singole regioni, indebolendo la stessa dinastia dei Merovingi, che già si era indebolita di suo a causa della mancanza di eredi maschi. Questo avveniva per problemi genetici in quanto, i familiari della famiglia, sposandosi fra di loro, ne assottigliano la discendenza. Ad indebolire la loro posizione fu anche la loro politica territoriale. Durante questo periodo si era affermata una concezione patrimoniale dello stato, poiché il territorio apparteneva formalmente al re, che ne poteva fare ciò che voleva. I sovrani merovingi, per accattivarsi il favore dell’aristocrazia facevano ad essa la concessione di grossi latifondi, legando in questo modo i singoli aristocratici alla monarchia, così come vennero legati anche membri dell’ecclesia, con concessioni territoriali anche ai monasteri. Tuttavia, durante il 7s. il territorio franco non si espanse, quindi il sovrano si ritrovò ad aver concesso tutti i suoi territori privati, e senza più materiale per creare consensi, quindi senza più terre da poter cedere, trovandosi contro un’aristocrazia a volte territorialmente più potente di lui contro. Inoltre, il potere dei re si indebolisce, perché all’interno dei latifondi chi vi abitava doveva rendere delle sue azioni, non al re, che era lontano, bensì al latifondista, con cui cominciano a crearsi rapporti di fedeltà, riducendo il diretto campo d’azione politica dello stesso sovrano. Successivamente i re avevano cominciato a scegliere i funzionari di governo fra i proprietari terrieri, che divennero maestri di palazzo, che riunivano il compito di amministrare sia i beni del re che la funzione di pubblici funzionari. Questa carica divenne ereditaria a partire dal 7s. Questi maestri erano quindi stretti consiglieri del re, presiedono a tutte le sue attività e hanno un ruolo di mediazione fra il re e l’aristocrazia (in alcuni casi si sostituiscono allo stesso re). Fra i maestri di palazzo dell’Austrasia si fece spazio la dinastia degli Arnolfingi, la stessa che sarebbe poi stata chiamata prima dei Pipinidi e poi dei Carolingi. Nel 674 Pipino II, membro di questa dinastia, riuscì a sconfiggere i maestri di palazzo di Neustria e Borgogna, radunando sotto di sé l’unità del regno. Una più completa unità venne realizzata poi dal figlio, Carlo Martello, e successivamente dal figlio di questi, Pipino il Breve. fiscale.Tuttavia, a seguito dell’editto, sia Roma che il suo distretto si rifiutano di pagare le tasse, poiché sono sottoposti all’autorità del Papa, Gregorio II. A questo punto, concependo il papa come un’autorità pericolosa Leone III cerca di farlo assassinare, ma il suo complotto viene sventato i suoi sicari assassinati. A questo punto ci riprova l’esarca, che viene scomunicato dal papa stesso, a cui accorre in aiuto Liutprando, che vede questo momento come necessario per un punto di svolta nel suo progetto politico, autocandidandosi come protettore della chiesa di Roma. Liutprando: Dopo l’età di Rotari il quadro dell’età longobarda conobbe un miglioramento, che si registrò attraverso una minima crescita di popolazione, ed una minima ripresa economica. Nel 712 venne eletto come nuovo re Longobardo Liutprando, ampliamente descritto da Paolo Diacono che ne ha una memoria personale di uomo cattolicissimo, impegnato nelle lotte contro l’Islam ed inoltre generoso nei confronti degli ecclesiastici e non solo, tanto da essere definito nutritior gentis. Egli aggiornò per la prima volta l’editto di Rotari, riportandone le leggi sullo stesso piano di quelle visigote, inserendo le donne nell’asse ereditario e superando il concetto germanico di stato. Viene inoltre revocata la faida e l’indennizzo economico, poiché da questo momento ogni violazione della legge verrà giudicata da giudici e tribunali di stato, uguali per longobardi e romani, facendo entrare in vigore la territorialità del diritto. Tuttavia, queste nuove leggi riguardano solamente la parte Mayor del regno, in quanto i Ducati di Spoleto e Benevento godono di una larga autonomia. Il suo obiettivo è tuttavia quello di riunificare la penisola, riprendendo il controllo di territori che si trovavano ancora sotto il comando bizantino. (Paolo l’esarca prova ad uccidere il papa e viene scomunicato.) A temere fortemente questa espansione bizantina fu, in particolar modo, il Papa, Gregorio II (divenuto papa nel 715) in quanto teme che nel momento in cui Liutprando fosse riuscito a unire la penisola, essi stesso sarebbe stato obbligato ad obbedire al re Longobardo. Oltre al papa, erano contrari a questo progetto anche i ducati di Spoleto e Benevento, poiché nel caso in cui questo progetto fosse stato portato a termine, avrebbero perso la loro indipendenza, per questo appoggiano il Papa, che aiuterà il ducato di Benevento a conquistare parte del Lazione meridionale, fino a Sora, mentre Liutprando conquistava Ravenna, giungendo poi in Tuscia e conquistando Sutri, dirigendosi infine verso Roma. A questo punto il papa chiede nuovamente l’aiuto dei franchi, che tuttavia non possono allontanarsi dai loro territori poiché ancora impegnati a combattere contro i Saraceni. Nonostante il mancato aiuto franco il Papa, grazie anche all’appoggio di Spoleto e Benevento, riesce a far desistere Liutprando dal suo progetto iniziale. A questo punto, il re longobardo, decide di restituire le città conquistate, e nel 728 firma una tregua di 25 anni con il Papa. A questo punto cerca di affiancarsi al pontefice per farsi riconoscere come un re cristiano, e per questo motivo, nel 728, attraverso la Donazione di Sutri, dona al papa una serie di castelli ubicati nel Lazio. Questo atto viene considerato come il primo nucleo di quello che sarà il crescente potere temporale della chiesa e del suo futuro patrimonio. Secondo gli storici, attribuisce al papa il potere di una zona che fino a poco tempo prima era appartenuta ai bizantini solo formalmente, in quanto era da molto amministrata dallo stesso papa. La stessa città di Sutri con il tempo assumerà un valore simbolico, in quanto diventerà negli anni successivi il luogo prediletto per incontri importanti fra papi ed antipapi. Nonostante tutto questa Pace a scadenza non convince del tutto il papa. Il governo di Liutprando è importante, poiché durante questi anni si completa la conversione longobarda, così come durante questi anni si supera quasi totalmente la divisione fra società longobarda e latina, favorita anche da una progressiva ripresa dei rapporti commerciali e della ripresa economica. In questo periodo di progressiva ripresa, città come Venezia, i ducati di Benevento e Spoleto ed alcune città siciliane, riuscirono ad acquistare gradualmente una sempre maggiore autonomia di governo. Molte delle informazioni che noi abbiamo sull’epoca Longobarda ci sono riportate grazie alla Historia Langobardorum di Paolo Diacono, monaco che visse durante l’8s. Molte delle successive interpretazioni su quest’epoca di dominazione longobarda sono discordanti fra di loro, in quanto alcuni storici considerano questo come un periodo di parziale ripresa che aveva seguito la decadenza della guerra gotica, mentre altri studiosi lo concepiscono come un dominio totalmente negativo, in particolar modo, nel XIX s, in virtù della dominazione austro- ungarica (Manzoni). Molti lo condanneranno per la capacità di imporsi, tanto da essere assorbito nel 774 come parte dell’impero Carolingio. Il Papa sceglie i Franchi come protettori: In questi stessi anni, i rapporti fra il Papa e Bisanzio peggiorarono, a causa dell’Iconoclastia orientale, e lo stesso fecero i rapporti con i Longobardi. A questo punto il Papa, cercando un braccio armato che potesse sostenerlo e difenderlo, decide di rivolgersi ai franchi, uno stato con una monarchia molto debole, segnata dalla progressiva ascesa al potere del maestro di Palazzo Carlo Martello, che non può assumere il governo in quanto figlio illegittimo. La strategia del potere dei maestri di palazzo trova un punto di riferimento fondamentale nel consolidamento del rapporto con la chiesa, in quanto questi daranno sempre molta importanza all’apparato ecclesiastico. Tornando indietro, Carlo ha due figli: Carlo Magno e Pipino il Breve, lui vuole legittimare la loro discendenza. Il suo primogenito viene inviato in Langobardia, alla corte di Liutprando, per essere adottato, ponendo le basi dell’alleanza fra Franchi e Longobardi. Inizialmente ci sono delle incomprensioni fra Franchi e Papa, che nel frattempo, nel 731, con la morte di Gregorio II era divenuto Gregorio III. Queste incomprensioni sono dovute sia alla nazionalizzazione da parte di Carlo Martello dei territori ecclesiastici, sia al fatto che Carlo decide di non di non aiutare in un primo momento i missionari inviati ai sassoni, per i quali il papa chiede un accompagnamento armato, che Carlo nega, essendo ancora impegnato a combattere i Saraceni. Nel 741 muore papa Gregorio III e successivamente Carlo Martello, ed il suo potere passa nelle mani dei figli, che tuttavia rimangono ancora Maestri di Palazzo, e che non riscuotono molto successo fra gli aristocratici franchi. Sul trono vi era ancora formalmente l’ultimo erede Merovingio, Childerico III, che venne deposto solamente nel 743 ed inviato in un monastero. A questo punto Pipino spinge il fratello a ritirarsi a vita contemplativa, e Carlomanno deciderà infatti di diventare monaco, prima a Roma e poi prende l’abito a Montecassino, nel 747. Pipino assume su sé il potere del regno. Grazie all’alleanza con il Papa egli riuscirà ad ottenere la legittimazione finale per la sua elezione regale. Nel 743, dopo la deposizione di Childerico, aveva inviato un’ambasciata al nuovo papa Zaccaria, ponendogli un interrogativo: era giusto dare il titolo di nuovo re a chi deteneva il potere o darlo a chi spettava ma senza che esercitasse alcun potere? La risposta del Papa fu quella che Pipino si aspettava, ovvero che era più giusto dare il potere a chi possedeva l’autorità, e non a chi ne era privo, legittimando quindi la sua posizione come re. Egli è sostenuto solamente da una parte dell’aristocrazia, poiché mentre alcuni lo apprezzavano per la nazionalizzazione dei beni, altri no perché avrebbero avuto la possibilità di esercitare maggiore potere senza un monarca stabile. I rapporti con il Papa erano inoltre migliorati grazie al fatto che Pipino aveva deciso di sostenere i missionari per l’evangelizzazione. In questo periodo San Bonifacio converte i Sassoni. Si viene quindi a stabilire la dinastia dei Pipinidi, lui è Pipino III il Breve. Non è tuttavia precisa la data della sua proclamazione a re, in quanto si svolge in un arco di tempo fra il 751 ed il 752 che siamo in grado di conoscere grazie a due testimonianze principali: - La prima, databile al Giugno 751: Firmando un documento con l’Abbazia di Saint-Denis, Pipino si firma come Homo Illustre; - La seconda, databile al Marzo 752: Si firma come Rex Francorum; Morte di Liutprando e successione: Nel 744 muore Liutprando senza eredi. I duchi decidono di mantenere la fedeltà alla sua dinastia (tranne Spoleto e Benevento), e per questo motivo scelgono di eleggere Ratchis, nipote di Liutprando e già duca del Friuli, che governerà dal 744 al 749. Il suo governo è breve ed essenzialmente non lascia impronta, in quanto la sua politica è molto mite e non aggressiva. Egli decide successivamente di ritirarsi in monastero, riconoscendo di essere inadatto al ruolo che gli era stato affidato. A questo punto i duchi decidono nuovamente di confermare la fedeltà a questa dinastia, in quanto eleggono come nuovo re il fratello di Ratchis, Astolfo. Il governo di Astolfo: Astolfo, nei suoi primi due anni di regno, incurante del patto fra il Papa e la Langobardia Minor, conquista territori appartenenti ai Bizantini, per collegare il suo regno frammentato, impadronendosi dell’Esarcato, quindi di Ravenna (l’esarca non avrà mai più una sede) e della Pentapoli. Ravenna diviene la seconda capitale del regno Longobardo. A Bisanzio rimangono le Isole, Napoli, Puglia e Calabria, che governano con una forte autonomia. La conquista comprende anche zone importanti, come Comacchio, che gli garantiscono un contatto con l’Adriatico, e quindi un contatto economico importante, poiché Comacchio comprende la zona delle Saline, importanti sia per la conservazione dei cibi che per il commercio. A questo punto Bisanzio non ha più territori centrali all’isola, non esiste più il territorio Bizantino, Roma è circondata dai longobardi, ed il papa si trova a dover prendere una decisione. A questo punto il Papa aveva deciso di recarsi presso i Franchi, per stipulare alleanze decisive con Pipino, cominciando a chiedere ai pellegrini di iniziare a diffondere questa notizia non appena fossero tornati in patria, poiché molti di essi erano aristocratici. Questo elemento è importante perché, nel momento in cui, nel 773, Adriano I invoca il suo aiuto contro i longobardi, in virtù della promissio, egli decide di ripudiare la moglie e di inviarla nuovamente da Desiderio. Nel 774 torna in Italia, e, con poche e forti battaglie assedia Pavia capitale e conquistando la Langobardia Maior, incorporando poi i territori longobardi a quelli franchi. Queste spedizioni furono molto veloci in quanto Desiderio non ricevette aiuti dalla Langobardia Minor. Desiderio e la moglie sono fatti prigionieri e richiusi in un monastero in Francia, e lo stesso destino subirà Tassilone, in quanto, avendo tentato di aiutare Desiderio, egli non aveva rispettato la fedeltà vassallatica promessa al padre Pipino. Il figlio di Desiderio, Adelchi, divenuto simbolo della resistenza longobarda, si rifugiò in esilio a Costantinopoli. La caduta del regno non fu che l’affermazione di quella debolezza amministrativa ed istituzionale e di quella incapacità di stabilire un rapporto con il Papato che dall’inizio aveva caratterizzato il regno longobardo. Nonostante questo, la Langobardia Minor mantenne ancora una propria identità, tanto che Carlo Magno si assegnò il titolo di Rex Francorum et Langobardorum. In Italia Carlo lascierà l’amministrazione longobarda, ottenendo così approvazione da una parte della popolazione, mentre la restante parte, in disaccordo, decise di rifugiarsi al sud. I duchi giurano quindi fedeltà ai franchi, che tuttavia nel 775 diedero vita ad un tentativo di rivolta che venne subito stroncata da Carlo, che fu costretto a rinforzare la presenza franca in Italia, decidendo inoltre di separare le due corone che inizialmente aveva assunto su di sé, affidando la corona del Regno d’Italia nel 781 a suo figlio Pipino, che venne unto dal Papa. Proprio al sud Carlo si sarebbe dovuto recare per sconfiggere definitivamente la potenza longobarda, tuttavia non vuole perché nello stesso momento sta combattendo contro i Sassoni e vuole attaccare l’Islam in Spagna. Spoleto gli giura fedeltà mentre Benevento, amministrata dal duca Arechi III, provò ad allearsi con Adelchi, fratello della moglie di Arechi, per tentare una riconquista, che tuttavia non avverrà, poiché nel 786 il ducato verrà annesso al regno Franco. Nel 797 questa annessione verrà riconosciuta anche da Bisanzio, che, per frenare l’espansione di Carlo verso Est si era trovata costretta a cedergli Benevento e l’Istria. Questa rapida azione militare aveva portato alla suddivisione della penisola in 4 parti: - L’Italia Franca, corrispondente alla Langobardia Maior; - L’Italia della Chiesa, corrispondente al territorio centrale, controllato dal Papa; - L’Italia Bizantina che comprendeva zone costiere come Venezia, la Calabria e la Sicilia; - I ducati di Spoleto e Benevento; Parte di queste vicende sono testimoniate dal monastero molisano di San Vincenzo al Volturno; L’espansione militare di Carlo Magno: Carlo, a partire dal 768, cominciò a dare vita ad una serie di spedizioni che contribuirono ad allargare i confini del regno. Dopo la conquista del regno longobardo d’Italia, avvenuta nel 774, Carlo diede vita ad altre campagne: - Fra il 772 e l’804 si spinse verso la Sassonia, (Germania e Britannia) conducendo le prime battaglie personalmente, e successivamente, a causa della forte resistenza dei sassoni, delegandole ai figli. Questi anni di conquiste sono inoltre accompagnati da missioni religiose volte alla conversione del territorio. Successivamente alla conquista il territorio venne diviso insedi episcopali e ai vescovi venne affidato un forte ruolo di controllo politico; - Successivamente, nel 778 Carlo si diresse verso la Spagna, dove l’obiettivo voleva essere quello di conquistare la penisola, dominata dagli Omayyadi sunniti, e quindi sconfiggere l’Islam, che lì si era stanziato ormai da circa 30 anni. Qui si trova a combattere contro i Baschi, che hanno armi leggere ma una posizione migliore, mentre i Franchi delle armi migliori ma una peggiore posizione. Mette sotto assedio Pamplona ma non ce la fa a dirigersi verso sud perché non riceve aiuti. Quindi torna indietro, oltrepassa i Pirenei, a Roncisvalle è assaltato, non dai mussulmani ma dai Baschi, perché Pamplona era la loro roccaforte. (in queste vicende si incastona la vicenda di Rolando a cui Carlo affida la Bretagna, che sarà poi narrata nella Chanson de Roland). - Battaglia in Pannonia: Al suo interno vi era un popolo pagano, famoso per la sua violenza, ma al tempo stesso aveva fama di non riutilizzare il bottino guadagnato nei saccheggi per migliorare la propria economia, bensì solamente per metterlo nella tenda del re, chiamata ring perché ha una forma circolare. Questa popolazione è quella degli Avari, che sono accumulatori di ricchezze (da qui l’etimologia della parola). Carlo sapeva della loro ricchezza e si dirige verso di loro per conquistarla. Raggiunto l’obiettivo nel 796, la Pannonia si converte in un luogo essenziale per il regno, in quanto rappresenta un punto di scambio e di appoggio per l’esercito diretto verso conquiste più estreme. Carlo subisce quindi quella che sarà l’unica sconfitta della sua carriera militare. Due sono le testimonianze più importanti, che ci sono riportate attraverso 2 fonti: 1- Nel IX s. gli Annales Regni Francorum, narrazioni sintetiche della storia Franca, composte per volontà di Lodovico il Pio. Ci sono delle parole che ci fanno capire che il testo è successivo a quando i fatti realmente avvengono, come ad es. la definizione che dà della parola Saraceni (Roland/ Chanson de Geste). In questa fonte non troviamo indizi sulla sconfitta di Roncisvalle, e riporta che Pamplona, assieme a Navarra, viene rasa al suolo; 2- La Vita Karoli, ovvero la sua biografia. E’ un onore per lui, perché nel medioevo si scrivevano le Biografie solamente dei santi, papi, vescovi ed abati, che possano essere da esempio al fedele cristiano. Carlo invece è laico. Questa biografia è scritta da un autore laico (eccezionale cosa) chiamato Eginardo. Parla di come Carlo coltivi la cultura, creando istituzioni culturali e dando vita alla sua scuola di Palazzo, con dotti da tutta Europa. Eginardo riporta la battaglia ma senza fare riferimenti al luogo né alla sua datazione; 3- Il Liber pontificalis non menziona Roncisvalle; Crea una zona cuscinetto al confine nella zona dove è riuscito ad imporsi, chiamata Marca Spagnola. Papa Leone III e la Purgatio per Sacramentum: Dopo la morte di Adriano I, nel 795, viene eletto come suo successore Leone III, malvoluto dalle famiglie romane, in quanto considerato simoniaco, poiché si riteneva che avesse acquistato la carica, ed inoltre poiché era accusato di concubinato. Questa ultima clausola non è tuttavia ancora completamente chiara nel voto del Sacerdozio, per questo motivo moltissimi erano i preti che avevano delle compagne. La fazione di famiglie a lui avversa prende la maggioranza, e, dopo averlo pressato ed assalito, con un tentativo di cavagli gli occhi e tagliargli la lingua, egli venne fatto prigioniero al Celio, da dove riuscì a liberarsi solamente grazie all’intervento del duca di Spoleto, che, confermando la fedeltà a Carlo, agisce proprio in compagnia di alcuni suoi inviati. Questo evento ci è riportato sia dal Liber, che da Eginardo. Dopo essere stato liberato, il Papa viene condotto presso i Franchi, che lo ospitano dal 799 all’800. Non ci è dato sapere di cosa queste due autorità abbiano discusso in questi mesi in cui il Papa risiede ad Aquisgrana, che diverrà capitale coordinante in modo ufficiale solamente dopo l’incoronazione di Carlo. Certo è che il Papa mirava all’istituzione di un impero occidentale cristiano, il cui potere potesse opporsi a quello orientale, ma tuttavia non si è certi del fatto che Carlo avesse dimostrato interesse nei confronti di questa proposta. La città di Roma in questi mesi si impoverisce, poiché una Roma senza Papa è una Roma senza pellegrini, ed è inoltre una Roma in balìa delle dispute fra le famiglie romane. Durante gli ultimi mesi del 799 dei notai romani giungono nel regno Franco, portando a Carlo alcune accuse a cui il Papa deve rispondere. Verso la fine del 799 Leone III tornò a Roma, scortato dall’esercito Franco, ed accompagnato dallo stesso Carlo. Tuttavia, non potendosi il Papa sottoporre a giudizio, in quanto egli era superiore a tutti, per riappacificarsi con le famiglie romane Leone decide di sottoporsi alla Purgatio per Sacramentum, ovvero è disposto a discolparsi, giurando di essere innocente, di fronte a membri del clero, nobili romani, e lo stesso Carlo. L’incoronazione ad imperatore e la diversa interpretazione delle fonti: La notte di Natale, in San Pietro, dopo che Carlo ha preso l’Ostia, mentre sta per rialzarsi, viene fermato da Leone, che gli impone sulla testa la corona di imperatore dei romani. L’incoronazione rappresentava la prima parte della celebrazione, che si divide in Incoronazione, acclamazione, proposta da i romani che presiedono la celebrazione, e l’olio sacro, l’ultima fase. Questo titolo non farà altro che aumentare le controversie con l’Oriente, in quanto questo titolo apparteneva formalmente all’imperatore orientale. A questo si aggiungeva la forte tensione che nel tempo si era venuta a creare per la questione dell’Iconoclastia, che opponeva gli iconoclasti agli iconoduli. Inoltre, durante quel periodo a Bisanzio vi era una situazione particolare, in quanto governava una imperatrice di nome Irene, in nome del figlio Costantino VI che tuttavia successivamente fece accecare (in quanto lui era iconoclasta, lei iconodula), venendo dichiarata usurpatrice dal Papa. Tre sono le fonti che ci riportano, in maniera disparata (talvolta non coeva), il momento dell’incoronazione: 1- LIBER PONTIFICALIS (biografie postume dei Papi): Ci dice che Carlo era già dall’autunno a Roma e che la notte di Natale, per quello che sembra un gesto improvviso, viene incoronato imperatore. Secondo il Liber Pontificalis lui è acclamato imperatore DEI romani, che era il titolo dell’imperatore di Bisanzio; 2- VITA KAROLI: Biografia commissionata dal figlio e scritta da Eginardo, ci riporta una versione differente. Innanzi tutto, afferma che Carlo non era stato nominato imperatore dei romani, bensì imperatore ed augusto. Inoltre, afferma che questa incoronazione non era stata precedentemente decisa con l’accordo di Carlo, e ci narra di come questa avvenga quindi contro la volontà dell’imperatore stesso, poiché egli afferma, che se lo avesse saputo non sarebbe neanche entrato in chiesa; Questo perché agli occhi dei franchi questa incoronazione era un’opera vassallatica, ovvero un compenso per la fedeltà che Carlo doveva alla chiesa. 1- La pars dominica , gestita direttamente dal proprietario e dai suoi amministratori che nominavano dei servi che lavoravano per il signore stesso, e molto spesso comprendeva la parte migliore del territorio, che comprendeva inoltre boschi per la caccia ed il pascolo; 2- La pars massaricia , costituita da apprezzamenti di terreno concessi a coltivatori, liberi o servi, che periodicamente rendevano al signore parte dei loro guadagni, sotto forma di quote in denaro o in natura. Inoltre, coloro che vivevano in queste terre, avevano l’obbligo di svolgere alcune giornate di lavoro gratuito, chiamate corvées nei territori della pars dominica. In cambio, il signore offre a tutti gli abitanti della curtis una protezione militare. La maggioranza dei proprietari privati, chiamati allodieri, poiché possedevano un allodio (ovvero una proprietà privata) accetta questa sottomissione, incentivando quindi la trasformazione di beni privati in beni che l’impero acquisisce per poi cedere nuovamente. Questo perché solamente in questo modo sarebbero potuti ricorrere all’aiuto del signore. Dal punto di vista della moneta, egli, ribadendo la prerogativa reale di battere moneta, cominciò a creare una moneta d’argento, ma, nonostante questo, con il tempo la monetazione si frammentò in una serie di monete locali. La rinascita Carolina: Carlo durante il suo impero vuole trovare delle radici comuni, ma nonostante questo non penserà mai l’impero come Europa, termine che generalmente cominciò ad essere utilizzato solamente per indicare la parte del continente di fede cristiana. L’impero è molto esteso ed eterogeneo, tuttavia, l’obiettivo di Carlo, era quello di trovare al suo interno delle radici comuni che potessero mantenerlo unito. Cominciando dalla lingua, egli vuole uniformarla, almeno dal punto di vista dell’amministrazione e della documentazione, per cui sceglie come lingua ufficiale dell’impero il latino. Dal punto di vista legislativo sappiamo che in franchi non sono legislatori, e, per questo motivo, applicano la Lex Salica legiferando solamente in esigenze d’occasione attraverso l’emanazione di capitolari, che possono essere validi per tutto l’impero o solamente per parte di esso. Inoltre, egli impone la religione cattolica, utilizzando anche talvolta la violenza per convertire i nuovi territori conquistati. Il cattolicesimo rappresentava infatti un valore dove tutti dovevano riconoscersi. Finanzierà inoltre la missione evangelizzatrice, per convertire Germania e Britannia, fornendo loro aiuti militari. Inoltre, conferma la preminenza dell’ordine benedettino, proteggendolo ed obbligando tutti i monasteri ad obbedire a questa regola. Carlo si impegnò inoltre, dopo aver definitivamente stabilito la capitale ad Aquisgrana, a far costruire lì un palazzo accompagnato da una cappella ricca di valori simbolici. All’interno del suo palazzo egli farà costruire una scuola, all’interno della quale inviterà i dotti di Aquisgrana, fra cui lo stesso Paolo Diacono, o il britannico Alcuino, che ricevono da lui il compito di inventarsi una scrittura nuova, per la stesura di atti ufficiali, ma anche di annali , che potessero testimoniare gli eventi, incrementando anche il numero delle fonti che fino a quel momento erano state disponibili, poiché comprende l’importanza di trasmettere per via scritta documenti ufficiali. Tutti questi personaggi di formarono nei monasteri e nelle loro biblioteche e nei loro scriptoria, volti a formare amministratori di valore e bravi vescovi. All’interno dei monasteri si incentivò la copiatura di manoscritti, e proprio in questo modo riuscirono a salvarsi molti dei testi della letteratura cristiana dei primi secoli, ma anche di quella latina pagana. Questo periodo è noto come rinascita carolingia, e riguardò quasi unicamente gli ecclesiastici, in quando di loro si fornivano gli imperatori per il lavoro nelle cancellerie, ma nonostante questo è presente, seppur in minoranza, qualche figura di laico. Importanti furono quindi le narrazioni a proposito della storia franca, in quanto lo stesso Carlo promosse la stesura degli Annales Regni Francorum, mentre la narrazione parziale di quanto avvenne in Italia trovò un parziale riscontro grazie alla Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Il nuovo bisogno di libri condusse inoltre anche alla diffusione di un nuovo tipo di scrittura, chiamata minuscola carolina, inventata per facilitare e velocizzare il lavoro di copia degli amanuensi. Questo tipo di scrittura, che in breve si diffuse anche in Italia, ma sarà poi sostituita dalla scrittura gotica, ed infine ripresa dagli umanisti, che la credevano in uso già nell’età classica, e valorizzata del tutto grazie alla stampa. Morte e successione di Carlo Magno: Nell’814, all’età di 72 anni, Carlo Magno muore. Egli verrà successivamente santificato da Federico Barbarossa, ma tuttavia il suo culto non sarà mai riconosciuto e non si diffonderà, rimanendo circoscritto ad Aquisgrana.
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