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Riassunto capitolo per capitolo del manuale "Filologia italiana", Dispense di Filologia italiana

Riassunto capitolo per capitolo del manuale "Filologia italiana" di Bentivogli, Florimbii e Vecchi Galli

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 12/11/2023

francescagelmetti
francescagelmetti 🇮🇹

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Scarica Riassunto capitolo per capitolo del manuale "Filologia italiana" e più Dispense in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! FILOLOGIA DELLA LETTERATURA ITALIANA SEZIONE STORICA IL 200 La poesia del 200 e dell’inizio del 300 è giunta a noi grazie ai manoscritti che, nonostante tutte le limitazioni del tempo, costituiscono delle vere e proprie edizioni che selezionano e ordinano secondo un ordine preciso il materiale prescelto → PALATINO 418, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (siglato P) → REDI 9, Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (siglato L) raccolta di scritti guittoniani → VATICANO LATINO 3793, Biblioteca Apostolica Vaticana (siglato V) senza questo ci sarebbe quasi del tutto ignota la poesia fiorentina precedente a Dante, partendo da Giacomo da Lentini per arrivare agli esordi di Dante, presente con la canzone donne ch’avete intelletto d’Amore → CODICE CHIGIANO L,Biblioteca Apostolica Vaticana (siglato Ch) senza questo avremmo ben poco della produzione di Cecco Angiolieri e degli altri giocosi In area veneta: → CODICE COMPOSITO ESCORIALENSE LATINO, codice padovano di 15 carte è quanto ci resta di un canzoniere padovano del primo 300 → VATICANO BARBERINIANO LATINO 3953 Questi manoscritti sono importantissimi per la conservazione e la diffusione delle opere del 200 e dell’inizio del 300 (considerato che gli originali sono pressochè sempre perduti), ma costituiscono anche una testimonianza del livellamento linguistico che era già iniziato al tempo→ i manoscritti toscani livellano i testi siculi eliminando le caratteristiche di quel dialetto per renderlo più conforme al toscano. Quindi troviamo già attestata la volontà di rendere il toscano la LINGUA LETTERARIA NAZIONALE. IL 300 →DANTE Dante è molto importante nella filologia italiana. In Italia la filologia scientifica nasce proprio grazie alla stesura di edizioni critiche delle opere di Dante →BOCCACCIO →RAJNA con il De vulgari eloquentia →BARBI con la Vita Nuova Di Dante non conserviamo gli autografi di nessuna sua opera, e quei testimoni che invece conserviamo non sono comunque prossimi rispetto a quello che sarebbe stato l’autografo. Quando parliamo di Dante dunque parliamo di FILOLOGIA DI COPIA Per la COMMEDIA abbiamo 800 codici VITA NOVA abbiamo circa 40 codici CONVIVIO circa 40 codici DE MONARCHIA 21 codici DE VULGARI ELOQUENTIA solo 5 copie →PETRARCA Petrarca detiene il titolo di iniziatore della filologia umanistica per via della sua assidua attività di ricerca di codici antichi per restituire le conoscenze nella maniera più autentica possibile. Questo interesse filologico però lo interessa solo nella letteratura latina antica, classica e cristiana. Non si interessa del volgare, come se non fosse una lingua degna di ricevere le sue attenzioni (nella sua biblioteca l’unico esemplare in volgare è una copia della Commedia che gli è stata donata da Boccaccio, ma evidentemente non era una delle letture predilette di Petrarca perchè al suo interno si trova solo una sua annotazione). La copia della commedia che aveva Petrarca è l’attuale VATICANO LATINO 3199 L’interesse filologico di Petrarca si può però trovare nella cura che l’autore dedica all’allestimento della sua opera: → MANOSCRITTO VATICANO LATINO 3195 (Rerum Vulgarium Fragmenta). Scritto in parte dal copista Giovanni Malpaghini -sotto l’occhio di Petrarca- e in parte da Petrarca stesso. Petrarca poi cura, revisiona e sistema l’opera nei minimi dettagli, affinchè rispecchi a pieno la sua volontà. Petrarca cura la disposizione del testo, la grafia semi-gotica per rendere la sua opera un oggetto elegante. Leonardo Bruni stende una biografia dantesca in volgare Cristoforo Landino da alle stampe un’edizione commentata della Commedia Lorenzo de Medici insieme a Poliziano allestiscono nel 1477 la RACCOLTA ARAGONESE -donata a Federico d’Aragona- che è un’antologia che comprende Dante e la poesia dei primi tre secoli (escludendo Petrarca). Della raccolta aragonese l’originale è andato perduto, ma se ne posseggono delle copie. IL LIBRO A STAMPA →LA CRISI DEL MANOSCRITTO Nel 400 i libri a stampa conquistano il mercato (perché più economici, più reperibili, con una lettura più agevole) ma vengono rifiutati dalle biblioteche principesche. Ben presto il libro a stampa supera l’artigianato del manoscritto di pregio (allestito su commissione da professionisti), che sopravvive solo fino al 15 secolo. Sopravvive però la produzione di libri manoscritti assemblati per uso privato e la produzione casalinga di zibaldoni, libri di memorie e antologie. Tra i più importanti stampatori italiani si ricorda Aldo Manuzio, che operava a Venezia. Con il passaggio da libro manoscritto a libro a stampa cambia radicalmente il concetto di EDIZIONE. - un libro manoscritto si identifica in UN UNICO ESEMPLARE da cui i copisti copiano, e nel processo di copia aggiungeranno errori più o meno gravi al testo di partenza. - un testo a stampa mette in circolazione più copie tutte uguali tra loro, e quindi fissa il testo in una forma più stabile →LA CURA DEL TESTO A STAMPA L’edizione a stampa di un testo richiede l’intervento di un curatore che prepari il testo prima di mandarlo in stampa. Nei casi più fortunati il curatore sarà lo stesso autore dell’opera, altrimenti il curatore sarà una persona che valuta le varie fonti disponibili e manda in stampa la fonte più autorevole. Va comunque ricordato che il fine ultimo di chi stampa un libro è quello di vendere per poterci lucrare sopra, quindi spesso i testi vengono manipolati, modificati o la lingua stessa viene modificata per rendere il testo più leggibile e quindi vendibile (toglie parti ritenute superflue, modifica la lingua, sistema i testi lacunosi). A questo problema va aggiunto il fenomeno della CENSURA: la chiesa o le istituzioni vietano la pubblicazione di determinate opere, o viene chiesto agli autori stessi di modificare le proprie opere > questo porta alla nascita dell’EDITORIA CLANDESTINA che pubblica questi libri di nascosto nonostante la censura. →LETTERATURA VOLGARE IN TIPOGRAFIA Negli anni 70 del 400 si iniziano a stampare i classici della letteratura volgare (la Commedia, il Canzoniere, il Decameron) e le opere maggiori degli autori contemporanei (Poliziano, Boiardo ecc.) L’importanza di queste prime stampe è fondamentale, perché diventano le EDITIO PRINCEPS di quell’opera (da questa edizione attinge il tipografo quando deve ripubblicare l’opera). L’editio princeps per arrivare alla sua forma definitiva (quella che viene stampata) ha attinto a dei manoscritti, che molto spesso poi vengono perduti. Nel momento in cui si faranno nuove edizioni, le si costruiranno a partire dall’editio princeps, e non dalle copie di questa editio princeps (che portano sicuramente errori). Inoltre se l’editio princeps ha attinto da un manoscritto valido di buona qualità (nel migliore dei casi direttamente dall’autografo) quello diventa il TESTO VULGATO e quindi il più attendibile. Se l’editio princeps ha attinto da un manoscritto scorretto, il testo vulgato risulterà inaffidabile. es: Rerum Vulgarium Fragmenta, la cui editio princeps è del 1470. Nel 1472 viene fatta a Padova una nuova edizione stampata dell’opera, che riproduce fedelmente l’originale (il vaticano latino 3195) sempre su quell’originale nel 1501 Pietro Bembo ne fa una nuova edizione stampata da Aldo Manuzio (questa edizione però è meno fedele rispetto alla lingua dell’originale). →L’EDIZIONE D’AUTORE Già nel 400 gli autori iniziano a curare l’edizione a stampa delle proprie opere. Non è raro però che di queste tirature non ce ne sia arrivata nemmeno un esemplare →L’innamoramento di Orlando, di Matteo Maria Boiardo→ prima edizione a stampa nel 1482, non si è salvato nessun esemplare →Prose della Volgar lingua, di Pietro Bembo→ abbiamo l’originale →Orlando Furioso, stampato sotto il controllo dello stesso Ludovico Ariosto (1516. 1521, 1532) →La Mandragola di Niccolò Machiavelli→ pubblicata senza la cura dell’autore →La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso→ pubblicata contro la volontà dell’autore →Il principe di Niccolò Machiavelli→ pubblicato postumo IL 500 →FILOLOGI ITALIANI NEL 500 Così come Boccaccio e Petrarca si dedicavano alla ricerca dei testi antichi in greco e in latino, allo stesso modo nel 500 Pietro Bembo e altri suoi contemporanei si dedicano alla ricerca di testi in volgare risalenti al 200 e al 300. Spesso gli originali sono andati perduti, ma vengono rinvenute delle copie che portano ai margini delle LEZIONI ALTERNATIVE, che di fatto costituiscono un abbozzo per un’ipotetica edizione critica di quel testo. Particolare importanza viene data anche alla ricerca dei testi in volgare di Petrarca> ci sono dei manoscritti APOGRAFI per quanto riguarda I Trionfi che riportano delle lezioni presumibilmente desunte dall’originale che è andato perduto. →LA “GIUNTINA DI RIME ANTICHE” Nel 500 viene pubblicato un importante libro a stampa: la GIUNTINA DI RIME ANTICHE curato da Bardo Segni, edito nel 1527 dagli editori fiorentini Giunti ↓ è un libro che recupera e diffonde la poesia delle origini. È un’antologia che raccoglie 32 autori toscani del 200 (+ qualche anonimo). Per creare questo libro il curatore ha attinto dai manoscritti che riportano i testi degli autori del 200, dalla raccolta aragonese e dagli autografi di Boccaccio. Per secoli questo libro costituirà il testo base per la poesia italiana antica. L’originale è andato perduto, ma sappiamo della sua importanza grazie alle numerose copie che sono state rinvenute, che portano ai margini del testo appunti presi da lettori e/o da studiosi. →VINCENZIO BORGHINI Particolare riguardo va dato anche al monaco benedettino VINCENZIO BORGHINI ↓ capisce che i problemi che toccavano la filologia dei testi latini e greci sono diversi rispetto a quelli che toccano la filologia moderna. Per i testi latini e greci si lavora su una lingua ormai morta, e su una grammatica che si è quindi cristallizzata. Per i testi moderni si lavora su una lingua viva, e su una grammatica che quindi non può essere cristallizzata. Borghini esamina attentamente le testimonianze antiche della lingua fiorentina, valuta le varie lezioni e giunge a ricostruire personalità, cultura e abitudini dei copisti. Nel fare ciò non esclude che alcune copie possano essere più autorevoli di altre. La filologia dantesca nell’800 porta alla luce Karl Witte, che pubblica un’importante edizione della Commedia dopo aver collazionato 4 codici del 300. Antonio Panizzi -italiano ma lavora in Inghilterra- stampa l’Orlando Innamorato nella versione autentica di Boiardo. IL SECONDO 800 E LA SCUOLA STORICA →D’ANCONA E CARDUCCI Se la filologia italiana è sempre stata un passo indietro rispetto alla filologia tedesca e francese, nella seconda metà dell’800 la situazione cambia. Negli anni 60 dell’800 nasce la SCUOLA STORICA, che fonda le sue radici nell’accertamento del fatto e nella ricostruzione oggettivamente documentata del quadro storico. Tuttavia i veri risultati di questa scuola si avranno quando già inizierà a delinearsi il contrattacco di una nuova scuola estetica guidata da Benedetto Croce. Il 1860 può essere considerato l’anno di svolta ↓ Con la nascita dello stato italiano si vuole ridare prestigio alle scuole e alle università. sono questi gli anni in cui le cattedre di letteratura italiana vengono date a Bologna a Carducci e a Pisa ad Alessandro d’Ancona →LA COMMISSIONE PER I TESTI DI LINGUA indipendente dalle università è LA COMMISSIONE PER I TESTI DI LINGUA fondata a Bologna nel 1860 e guidata dal purista Francesco Zambrini. Il suo compito era quello di ricercare e pubblicare i testi letterari dei primi secoli, e ha pubblicato - Collezione di Opere inedite o rare dei primi 3 secoli di lingua - Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo 13 al 17 - dal 1868 la rivista Il Propugnatore, in cui troveranno spazio i filologi della nuova scuola →CARDUCCI e i suoi allievi non confluiscono nella scuola storica. Nonostante questo, Carducci condivise con i fondatori della scuola i punti essenziali del programma. Nell’attività editoriale di Carducci si vedono le sue competenze in ambito filologico. Lavorò sui manoscritti fiorentini dimostrando di saper giudicare correttamente ciò con cui si stava confrontando. Nell’introduzione dell’edizione commentata della Rime di Petrarca, ricorda che il filologo deve riportare quella che era la volontà dell’autore, e non lavorare su mere congetture o su scelte soggettive. →LA FILOLOGIA DI D’ANCONA E L’EDIZIONE DEL CANZONIERE VAT LAT 3793 caposcuola del metodo storico, privo di una cultura umanistica e dunque autodidatta. Nel secondo 800 si capisce che l’edizione critica deve tenere conto di tutti i testimoni presenti, ma rimane ignota la necessità di classificarli. La grande impresa di carattere filologico della scuola storica porta il nome di Alessandro d'Ancona, e si tratta di un’ edizione interpretativa del Vaticano Latino 3793 (il canzoniere delle origini). Il lavoro venne pubblicato nel 1888. Il manoscritto che D’Ancora stava interpretando si trovava nella Biblioteca Vaticana, che aveva vietato l’accesso al filologo perché ebreo > quindi d’Ancora lavora su una copia, e non sull’originale. Importante perché se fino ad allora il collettore della lirica del 200 era usato come serbatoio da cui attingere, con d’Ancona si arriva all’importanza della struttura e del disegno complessivo dell’opera oltre che al suo contenuto. →IL “GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA” Arturo Graf, Francesco Novati e Rodolfo Renier fondano nel 1883 il Giornale Storico della Letteratura Italiana, periodico che diventerà l’organo principale della scuola storica. Novati ha maggiore competenza nella filologia umanistica Renier ha idee confuse nella distinzione tra fenomeni grafici e fonetici Negli anni 80 dell’800 però accade una cosa di fondamentale importanza: la ricostruzione del testo si fonda sul confronto e sulla classificazione dei testimoni, ricorrendo all’utilizzo dello stemma codicum per la discriminazione delle varianti adiafore. Questo passaggio non lo abbiamo grazie ai filologi italianisti, ma grazie ai filologi romanzi che attingono alla scuola tedesca. →PIO RAJNA: “IL RIGORE DEL METODO” fondatore della filologia romanza in Italia e massimo esponente della scuola storica. è allievo di D’Ancona, è il primo docente di Letterature Romanze. ha pubblicato numerose opere importanti, tra cui Le fonti dell’Orlando Furioso e molti saggi. ma si ricorda principalmente l’edizione critica del De Vulgari Eloquentia, pubblicata con quello che Rajna definisce il rigore del metodo. Al tempo i testimoni dell’opera erano solo 2 (manoscritto Trivulziano e il Grenoble) ↓ Rajna li confronta sistematicamente, ne definisce i rapporti, giustifica la scelta tra le varianti, applica congetture ponderate -e giustificate-. Di fatto è il primo ad utilizzare il METODO DI LACHMANN in Italia. Nell’ultimo decennio dell’800 spiccano i nomi di ERNESTO GIACOMO PARODI e MICHELE BARBI Parodi, allievo di Rajna, allestisce un’edizione eccellente del Tristano Riccardiano. →MICHELE BARBI E L’EDIZIONE DELLA VITA NUOVA allievo di d’Ancona che lo indirizzò agli studi danteschi e di Rajna dal quale apprese i fondamenti dell’ecdotica. Fu direttore del Bullettino della Società Dantesca Italiana insieme a Parodi. Viene ricordato per essere stato il primo ad applicare il metodo di Lachmann su un’opera in volgare: la Vita Nuova (edita nel 1907) L’opera diede una risposta alla complessa questione sulla resa grafica di testi antichi a testimonianza plurima (e non autografa) > Barbi dice che l’aspetto fonetico va salvaguardato, che nessun elemento della lingua antica va modificato, ma bisogna ridurre all’uso moderno quelle grafie che erano state usate nei primi secoli per introdurre l’alfabeto latino nei suoni della lingua volgare (cha > ca; lgl>gl). In altre parole la lingua antica veniva scritta con la grafia odierna. A distanza di un secolo il testo di Barbi fa ancora da metodo. IL PRIMO 900 →IL TRAMONTO DELLA FILOLOGIA POSITIVISTICA Muoiono Carducci, D’Ancona, i fondatori del giornale storico… Si afferma una nuova scuola di pensieri basata su De Sanctis e guidata da Benedetto Croce, che da maggiore importanza al valore estetico dell’opera, riducendo a funzione ausiliare la filologia e la linguistica (ritenute essenziali dalla scuola storica) In questi anni viene anche accolto il pensiero di Bédier contro quello di Lachmann, la difesa del codex optimus intesa come invito a non perdere tempo a fare lunghe collazioni →EDIZIONE DANTESCA DEL 1921 Nel 1921 la Società Dantesca Italiana pubblica le Opere di Dante con un testo critico importante è l’edizione della Commedia curata da Giuseppe Vandelli (che va a sostituire quella di Moore che a sua volta sostituiva quella di Witte). Vandelli ammette l’impossibilità di classificare e ordinare rigidamente una tradizione così estesa e inquinata da fenomeni di contaminazione. Per quanto riguarda la lingua cerca di recuperare la forma del volgare fiorentino dell’epoca di Dante. →LA NUOVA FILOLOGIA Al di fuori del settore dantesco, la filologia in Italia è in perdita. →FILOLOGIA DEI TESTI A STAMPA La filologia dei testi a stampa si occupa di quei manoscritti che sono stati allestiti dagli autori stessi o dagli editori per fungere da esemplari per il tipografo e si è approfondito sul fenomeno delle modifiche apportate agli esemplari durante le tirature. In altre parole è venuta meno quella convinzione secondo cui il testo a stampa fosse meno affidabile del manoscritto →LA CANZONE “QUANDO EU STAVA” Alfredo Stussi ha recuperato nell’ Archivio Storico di Ravenna la canzone trascritta su pergamena Quando eu stava in le tu’ cathene che è il primo esemplare di poesia d’amore in volgare italiano Nella seconda metà del 900 spicca anche l’interesse sulle questioni attributive, il cui esempio più famoso è sicuramente quello del Fiore ↓ Gianfranco Contini sostiene sia da attribuire a Dante, ma altri lo attribuiscono a Brunetto Latini o a Guido Guinizzelli Nel secondo 900 poi si hanno la pubblicazione di collane specialistiche si preminente interesse filologico, ma anche di collane economiche indirizzare a un pubblico più ampio (Rizzoli-BUR) SEZIONE METODOLOGICA LA FILOLOGIA E L’EDIZIONE CRITICA La filologia è quella disciplina che si occupa di restituire un testo nella sua forma più autentica. L’insieme delle operazioni usate dalla filologia sono collettivamente denominate CRITICA DEL TESTO, ovvero un processo che puntando all’oggettività delle operazioni svolte porta a pubblicare scientificamente un testo letterario. L’edizione critica cura dunque il testo, mettendo in atto tecniche che cercano di recuperare l’originale dell’opera che l’autore ha composto e voluto rendere pubblico. La filologia si diversifica in filologia d’autore e filologia di copia L’EDIZIONE CRITICA →OBIETTIVI DELLA FILOLOGIA L’obiettivo della filologia è la restitutio textus, ovvero la ricostruzione dei testi originali perduti delle opere, oppure il reperimento e la pubblicazione del testo secondo la volontà dell’autore. Lo scopo dell’edizione critica quindi è quello di stabilire un testo il più vicino possibile a quello composto dall’autore. Non sempre l’originale dell’opera è un autografo, così come non sempre un autografo è l’originale (ovvero la versione ultima di un’opera). →LA FORMA DELL’EDIZIONE CRITICA L’edizione critica è suddivisa in sezioni caratterizzanti, che contengono il metodo e i processi utilizzati per arrivare alla pubblicazione dell’edizione: 1) NOTA AL TESTO -o introduzione- 2) TESTO CRITICO quindi il testo originale 3) APPARATO CRITICO Il binomio “testo critico + apparato” ci consente di differenziare un’edizione critica da un’edizione commentata. Le edizioni critiche di un’opera possono essere ristampate e dunque superare l’edizione critica precedente (perché ci sono state nuove scoperte ad esempio). Il curatore dell’edizione deve comunque sempre specificare a che testo critico fa riferimento ↓ molte edizioni commentate della Commedia continuano a basarsi sul testo fissato nel 1966 da Petrocchi. PRIMA DELL’EDIZIONE CRITICA Di solito il supporto materiale di un’opera della letteratura italiana è il manoscritto: un insieme di fogli, o carte (suddivisi in RECTO e VERSO), di carta o membrana (=pergamena), più raramente di papiro. Su questi supporto il copista/amanuense ha vergato a mano il testo. Il manoscritto può essere MISCELLANEO se comprende opere diverse di un solo o più autori È COMPOSITO se è composto da carte o fascicoli di diversa provenienza →CODICOLOGIA E PALEOGRAFIA Spesso le prime difficoltà di un editore stanno proprio nella lettura dei testi, che possono essere mal conservati o trasmessi in forme lontane rispetto a quelle in uso oggi. Spesso le parole vengono scritte “all’antica” in un unico grafema, gli stessi fonemi vengono tradotti in diversi allografi… per superare questi ostacoli è necessario avere qualche rudimento di PALEOGRAFIA, consapevoli del fatto che però esistono anche delle scritture standardizzate (es: gotica, carolina, libraria..) →EDIZIONE A STAMPA Di norma l’edizione critica non trascura nemmeno le stampe (dalla prima -princeps- alla più recente). L’edizione a stampa specialmente se vigilata dall’autore ha lo stesso valore di un manoscritto. A prescindere che si tratti di un manoscritto o di una stampa, vale sempre il motto RECENTIORES NON DETERIORES (i più recenti non sono a priori i più corrotti) =l’importanza di una fonte sta nei suoi contenuti, non nella data che porta. Se la stampa è curata dall’autore, allora ha lo stesso valore di un ORIGINALE →DAL MANOSCRITTO ALLA RIPRODUZIONE TIPOGRAFICA Il passaggio dal manoscritto alla stampa avviene in Italia tra il 15 e il 16 secolo. Appaiono nuove figure, come ad esempio l’editor di una casa editrice (Italo Calvino, Cesare Pavese…) ma il fatto più importante è che con la stampa cambia il modo in cui viene diffusa un’opera. Prima della stampa un’edizione era pressoché un esemplare (1) licenziato dall’autore e di questo se ne tramandavano poche copie. Con la stampa si diffondono simultaneamente un grande numero di copie TUTTE UGUALI e il prezzo è più economico. È difficile che se ne perdano delle copie (ma dell’Innamoramento di Orlando di Boiardo è stata comunque persa la princeps). L’incontro della letteratura con la tipografia impone la necessità di creare delle regole, riducendo inevitabilmente l’individualità della scrittura. METODO DI LACHMANN Il metodo di Lachmann -detto anche metodo genealogico- è un metodo filologico che mira alla ricostruzione dell’originale perduto a partire dai testimoni che di un testo ci sono giunti. Lachmann. studioso tedesco, elabora il suo metodo lavorando sul De Rerum Natura di Lucrezio, e giunge a 3 operazioni necessarie: 1) RECENSERE 2) EMENDARE 3) ORIGINEM DETEGERE Ciò a cui punta Lachmann è eliminare la soggettività utilizzata dagli editori. Il metodo si basa sul raccogliere tutti i testimoni di un testo, di confrontarne le lezioni (=collazionare) e dopo aver eseguito la classificazione dei codici -attraverso lo stemma- e dunque aver terminato la RECENSIO si individuano le lezioni che si possono definire autentiche basandosi su un concetto di maggioranza per risalire a ricostruire l’archetipo. Una volta giunti all’archetipo lo si esamina (=EXAMINATIO) e poi si procede con la divinatio (=congettura) per rimuovere gli errori e restaurare l’originale. Il metodo di Lachmann nell’ultimo secolo però è stato quasi del tutto superato dalla stemmatica di Paul Maas. LA COLLAZIONE Una volta aver fatto la recensio (=aver trovato tutti i testimoni) si passa alla collatio (=il confronto tra questi testimoni). Per seguire la collatio dobbiamo incolonnare i versi di un componimento o i paragrafi di una prosa, a partire da un TESTO DI BASE O DI COLLAZIONE che serve da modello (solitamente quello più completo e con meno lacune, che spesso coincide con il textus receptus, ovvero il corrente testo dell’opera). Il procedimento di confronto tra le lezioni omotetiche non sarà riportato nelle note al testo, ma rimarrà nelle carte del curatore dell’opera. Nel caso di tradizioni molto folte (es: la Commedia) si procede a una collazione per loci critici (ovvero quei luoghi del testo che presentano errori significativi). Durante la collatio emerge che i testimoni in molte parti del testo riportano lezioni pressoché uguali, ma capita di trovarsi davanti a errori e varianti. ERRORE: quando va a modificare il testo (senso, metrica, contenuto) un autore non commette mai errori VARIANTE: frequente nelle copie, rilevabile solo attraverso il confronto con i testi es: Dante in Inf.2 “durerà quanto il mondo lontana” mondo > moto entrambe ammissibili sia per metrica sia per senso ERRORI E VARIANTI →ERRORE POLIGENETICO è un errore lieve, un errore meccanico, banalizzazione di termini complessi. spesso lo stesso errore è presente in testimoni l’uno indipendente dall’altro →ERRORE MONOGENETICO è un errore più grave, più difficile da sciogliere e che porta a problemi di metrica, di senso.. uno stesso errore MONOGENETICO è presente in più testimoni solo se questi testimoni hanno un contatto diretto tra di loro (A>B) →VARIANTI nelle copie sono frequenti minime deformazioni, che inizialmente sembrano lezioni ammissibili ma che vengono “smascherate” durante il confronti tra le lezioni omotetiche dei vari testimoni Il filologo individua i rapporti di parentela tra i vari testimoni seguendo gli errori significativi / guida (=fraintendimento di senso, problemi di metrica, interpolazioni, anacronismi linguistici) →ERRORI CONGIUNTIVI lo stesso errore lo trovo in due copie molto vicine tra loro, quindi o sono due testimoni collaterali che attingono dalla stessa fonte o hanno copiato l’uno dall’altro. →ERRORI SEPARATIVI l’errore è presente solo in una copia dell’opera rispetto a tutte le altre Siamo quindi giunti a una fase decisiva della recensio: grazie agli errori comuni siamo in grado di suddividere i testimoni e di classificarli geneticamente in famiglie dipendenti da diversi capostipiti o subarchetipi. Questo viene rappresentato con uno stemma ideato da Paul Maas, che non coincide con l’effettivo cammino della tradizione (potrebbero esserci testimoni a noi non pervenuti, o intere famiglie), ma è un’astrazione che serve come strumento di lavoro. [stemma codicum p.80] - APOGRAFO: è l’esemplare manoscritto che deriva da un altro codice (il suo ANTIGRAFO) - FAMIGLIA: insieme di testimonianze collaterali che dipendono da un subarchetipo comune - SOTTOFAMIGLIA: è un’ulteriore frammentazione generata da un successivo INTERPOSITO Quando due copie di un’opera hanno uno stesso errore significativo, vuol dire che hanno una reciproca interazione. In particolare se A e B condividono un errore congiuntivo è inevitabile che siano imparentati (B deriva da A, o A deriva B) B o A hanno anche un errore separativo nei confronti del loro antigrafo A B | | B A Se oltre all’errore congiuntivo condiviso, ciascuno dei due ha nei confronti dell’altro un errore separativo proprio vuol dire che derivano da un esemplare intermedio O | X / \ A B →CLADISTICA È un metodo utilizzato per le tradizioni redazionalmente complesse che usa come linee guida gli errori e le varianti. Procede per loci critici. Il metodo cladistico si basa su aspetti quantitativi, e dunque può collaborare con il metodo di Lachmann. Si ha una sorta di grande software di collazione che raggruppa in modo statico i testimoni accomunati dal maggior numero di coincidenze e restituisce dei grafi non orientati (CLADOGRAMMI) che poi ordinerà il filologo. Il cladogramma viene disegnato come un albero senza radice sulla base di varianti condivise. LE VARIANTI: SCELTE MECCANICHE →ELIMINATIO CODICUM DESCRIPTORUM Una volta fissato lo stemma, il filologo potrà procedere con l’eliminatio codicum descriptorum, ovvero l’eliminazione dei descripti (testimonianza che è copia di un’altra testimonianza che io posseggo). In alcuni casi però questi codici copia di altri codici non sono da eliminare a priori, perché al loro interno potrebbero avere informazioni preziose (come ad esempio delle postille o delle varianti) →LEZIONI ERRATE E LECTIONES SINGULARES Passando poi al testo, il filologo si libererà delle lezioni errate grazie al confronto con le lezioni. Le operazioni canoniche di questo passaggio sono: 1) delere 2) supplere 3) transponere 4) mutare Non si può utilizzare il concetto di emendatio ope codicum perchè quello si è esaurito con la scelta della maggioranza tra le lezioni dei diversi rami dello stemma. Non si possono nemmeno utilizzare i criteri interni, dove anche solo voler cercare la lectio difficilior è impossibile, perché questa operazione comporta un confronto tra più testimonianze. L’archetipo è un testimone isolato, e quindi i suoi errori verranno sanati secondo il iudicium dell’editore. L’esame degli errori d’archetipo lascerà alcune incertezze: ci possono essere lezioni che per nessun motivo possono essere attribuite all’autore, e altre che invece potrebbero essere state sviste dell’autore (e che quindi sono nell’originale e vanno conservate). Ci sono poi difficoltà nel recuperare quelle lezioni che ci sono rinvenute ma che sono lacunose, e di cui quindi bisogna segnalare con parentesi quadre [ ] o acute < > Se invece l’editore si trova davanti a un passaggio che proprio non riesce a decifrare si arrende e mette una crux desperationis † CRISI DEL METODO DI LACHMANN Il filologo non può sempre contare su dati interpretabili in modo oggettivo e univoco. Dove la prassi tradizionale rivela insufficienze, bisogna ricorrere a metodi alternativi rispetto a quello di Lachmann →QUENTIN, BÉDIER Dom Henri Quentin in Francia rifiuta il concetto di errore, e propone una classificazione basata sulle varianti Sempre in Francia Joseph Bédier pone sotto accusa le tradizioni bipartite Le tradizioni bipartite rendono inapplicabile il processo di emendatio ope codicum, perchè ci si trova davanti a due tradizioni che si fronteggiano avendo parità stemmatica. Bédier risolve questo problema introducendo il BON MANUSCRIT (o codex optimus), ovvero l’uso di un unico manoscritto depurato dagli errori significativi. Il codice migliore comunque lo si sceglie solo dopo un’attenta analisi dei manoscritti che si hanno a disposizione. Bédier per salvare il testo dalle arbitrarietà dell’operatore novecentesco, accettava l’intermediazione di un altro interprete (=il copista del manoscritto assunto come base-testo) usandolo però come base “storica” più vicina all’originale RECENSIONE APERTA In molte edizioni è risultato impossibile procedere meccanicamente con la recesio e arrivare all’archetipo. La recensio si definisce aperta quando non è possibile fissare meccanicamente (mediante la constatazione di coincidenze di lezioni di certi apografi) la lezione d’archetipo, ma lo si fa attraverso il iudicium. I fenomeni che più frequentemente portano a una recensio aperta sono: 1) BIPARTITISMO O BIFIDISMO che produce adiaforia tra le varianti 2) impossibilità di creare uno stemma che rispecchi l’andamento della tradizione (a causa delle contaminazioni) 3) la presenza di un archetipo o originale mobile 4) la tipologia rielaborativa dei testi popolari →BIPARTITISMO Quando in uno stemma si contrappongono due rami o si fronteggiano due soli testimoni, la legge di maggioranza viene meno. Solitamente si privilegia un’unica ramificazione, o addirittura un manoscritto, e lo si pubblica come testo base. es: Comedia delle ninfe fiorentine di Boccaccio si ha una tradizione bipartita in due rami alfa e beta, ciascuno portatore di lezioni adiafore. La scelta si indirizza verso beta. in quanto gruppo che conserva una trascrizione più attenta e fedele dell’archetipo es: Rime di Poliziano tradizione bipartita divisa in pratese e medicea, che fa sospettare l’esistenza di due archetipi. Quindi si adotta la lezione che via via risulta più attendibile, e non per forza ci si attiene solo allo stesso ramo. →CONTAMINAZIONE La contaminazione si verifica quando un testimone non discende verticalmente da un unico antigrafo, ma da più esemplari -collazionati nell’atto della copiatura- o da un solo esemplare contenente il testo con varianti (=inquinato da interventi di correzione “a memoria”). Dalla contaminazione si verificano fenomeni di trasmissione orizzontale del testo (es: convivenza in un unico esemplare di lezioni provenienti da famiglie diverse). Cesare Segre distingue la contaminazione in - semplice - multipla - frazionata mentre il manoscritto che riporta varianti del testo provenienti da un altro ramo della tradizione è detto editio variorum. La contaminazione non permette di fissare con meccanicità la storia genealogica dei subarchetipi, quindi la scelta del testo da promuovere spetta ai criteri interni del filologo. →ARCHETIPO IN MOVIMENTO Si ha quando lo stemma codicum non è riconducibile a un archetipo unico, ma ad un capostipite che nel tempo ha vissuto correzioni o guasti. es: Rime di Poliziano al cui vertice stanno la tradizione medicea e quella pratese; Convivio di Dante il cui archetipo X serba le tracce di una revisione d’autore. Il filologo Cesare Bozzetti ha colto l’abitudine di autori del 400 e del 500 di lavorare sugli archetipi piuttosto che sui loro autografi. Se l’editore non è in grado di riconoscere la presenza di un archetipo mobile, facilmente attribuirà le innovazioni d’archetipo all’attività di un subarchetipo. In questi casi solitamente si privilegia un unico testimone o un solo ramo della tradizione, isolando e pubblicando in apparato le sospette varianti d’autore L’editore critico delle Rime di Cavalcanti dopo aver constatato che i codici si distribuiscono in due gruppi violentemente opposti, ha preferito pubblicare alcuni componimenti in doppia redazione. →ORIGINALE IN MOVIMENTO Lo troviamo quando lo stato della tradizione fa sospettare un originale che ha subito nel tempo correzioni e addizioni d’autore, o addirittura la presenza di più originali es: stemma delle Stanze di Poliziano elaborato da Guglielmo Gorni sono stati individuati tre originali, e dunque i testimoni di quest’opera si dispongono in uno stemma in movimento. Tra R1 e B intercorrono una quindicina di anni. Nella fase di 𝛀 non c’erano ancora né il secondo libro né le didascalie; nella fase di 𝛀1 a livello di contenuti si è già alla versione definitiva; in 𝛀2 le lacune sono state riempite e anche il secondo libro presenta le didascalie es: Amorum libri tres di Boiardo FILOLOGIA DEI TESTI A STAMPA La filologia dei testi a stampa ha a che fare con la filologia d’autore. La filologia dei testi a stampa è il bagaglio di conoscenze che si sviluppa attorno alla trasmissione dei testi a stampa. La filologia dei testi a stampa è una specializzazione della filologia, diffusa dal mondo anglosassone ma che ha voce anche in Italia (rivista Bibliofilia fondata nel 1899 e Tipofilologia dal 2008). Questo tipo di filologia richiede l’applicazione di competenze particolari: - censimento del materiale bibliografico - concetto di esemplare ideale (=la somma di tutte le forme di una stessa emissione a stampa) - fenomenologia dell’errore - analisi delle varianti di stampa nelle copie di una medesima tiratura (vedi Orlando Furioso e Promessi Sposi) Come per la tradizione manoscritta, lo studio analitico delle copie mira a distinguere gli interventi originali (=d’autore) da quelli degli addetti di tipografia (=curatore, editor, correttore di bozze..) per trasferire le scoperte nell’edizione critica. →LA FILOLOGIA EDITORIALE La filologia editoriale si interessa dei rapporti tra il testo e l’editoria (=il testo e il libro). Negli ultimi decenni si è aperto un dibattito metodologico e teorico sull’intreccio di competenze che riguarda: - chi fa il libro (=la casa editrice) - l’autore che ha scritto il libro - il filologo che pubblica il libro scientificamente L’APPARATO, GLI APPARATI →NECESSITÀ DELL’APPARATO CRITICO L’apparato è l’aspetto distintivo e qualificante dell’edizione critica. Posto a piè di pagina, non va confuso con le note esegetiche che spesso accompagnano l'opera e ne sono il commento. L’apparato e il commento possono coesistere, completandosi a vicenda (es: edizione critica dell’Innamoramento de Orlando) Altre volte invece la duplice fascia di apparato assolve due diverse funzioni: - la prima presenta gli errori dell’archetipo, le varianti deteriori della tradizione… assiste il lettore nel compito di ripercorrere le fasi dell’edizione stessa - la seconda commenta ricorrendo a note di carattere interpretativo, oppure presenta le fonti da cui sono state prese determinate citazioni (es: Vita Nova di Barbi; Commedia di Petrocchi) →APPARATO SINCRONICO L’apparato sincronico registra il comportamento della TRADIZIONE DI COPIA: contiene gli errori e le lezioni rifiutate dall’archetipo, le varianti della tradizione che il filologo ha considerato spurie e ha quindi eliminato NON ACCOGLIE 1) LECTIONES SINGULARES ovvero le lezioni documentate da un solo manoscritto e quindi eliminate con l’eliminatio lectionum singularium ACCOGLIE 1) varianti redazioni dell’opera (=i luoghi del testo in cui si sospetta l’intervento d’autore) È bene che l’apparato non sia affollato di notizie, e che permetta di leggere solo ciò che è necessario →APPARATO INTEGRALE È apparato integrale ad esempio quello con cui Petrocchi ha allestito l’edizione critica della Commedia usando i testimoni dell’antica vulgata. Comprende anche le lezioni singolari →APPARATO POSITIVO E NEGATIVO POSITIVO: registra per ogni caso esaminato la lezione accolta al testo affiancata dai testimoni che la documentano: di seguito e separati da una parentesi quadra chiusa ] si trovano le varianti respinte con le sigle dei testimoni portatori NEGATIVO: sottintende la lezione accolta al testo o le sole sigle dei suoi testimoni →APPARATO DIACRONICO definito anche apparato genetico, ospita e discute le varianti d’autore, distinguendole tra genetiche (fascia d’apparato che precede il testo definitivo, è l’avantesto) e evolutive (ulteriore sviluppo di quel testo che non è giunto a una redazione definitiva dell’opera). GRAFIE E FORME Il passaggio dal manoscritto al libro di oggi comporta l’attualizzazione dell’aspetto grafico, fonetico e morfologico (come ad esempio l’impaginazione dei paratesti). Vanno poi sistemate la punteggiatura, i segni diacritici, la copertina, il frontespizio, gli indici… Fanno eccezione le edizioni diplomatiche e interpretative che solitamente ripropongono anche l’impaginazione dei manoscritti. →COME SCEGLIERE LA FORMA DEL TESTO Una volta stabilita la lezione dell’originale, bisogna renderla fruibile al pubblico. La presenza dell’autografo solitamente indirizza verso un lavoro più conservativo; mentre per la tradizione di copia si attua un lavoro indirizzato a selezionare le forme che si ritengono essere più vicine all’originale. Segre etichetta con il termine DIASISTEMA il prodotto del confronto tra sistema stilistico e linguistico dell’originale e il sistema del suo copista. Di solito grafia e lingua del testo vengono decise basandosi NON sulla legge di maggioranza -quindi affidandosi allo stemma- ma fondandosi su un unico testimone, il TESTO BASE. Il testo base viene scelto essendo la fonte più attendibile e completa dell’opera e verosimilmente più omogenea all’assetto linguistico dell’originale perduto. I filologi poi si dividono in modernizzanti e conservativi I modernizzanti ritengono pericoloso attenersi alle vecchie grafie, perchè possono portare ad errori di pronuncia (et al posto di e; absente al posto di assente) Interventi di resa grafica sulle fonti antiche: - divisione delle parole, separazione dei paragrafi nel testi in prosa - apertura delle abbreviazioni (titulus > n, m; p tagliata > per) - introduzione di punteggiatura - sistemazione di minuscole e maiuscole - regolazione dei grafemi (u/v) - ammodernamento dei digrammi (ch > c) - conservazione o ammodernamento delle forme latineggianti →CONSERVARE O MODERNIZZARE La tendenza di oggi nelle edizioni critiche è quella di conservare l’aspetto grafico delle forme per evitare di andare a comprometterne anche l’assetto fonetico. Comunque bisogna sempre calibrare le scelte in base al tipo di pubblico cui ci si rivolge. METRICA E FILOLOGIA Rima e metro sono specifici indicatori di correttezza o scorrettezza nella lirica italiana. se un manoscritto trasmette un endecasillabo ridotto a 8 sillabe, se storpia la sequenza delle rime… questi sono indicatori utili a individuare un errore. Solitamente nell’uso antico la trascrizione di un componimento in rima avveniva in forma continua (quindi a tutta pagina) o in versi appaiati (es: Canzoniere di Petrarca dove troviamo una forma bicolonnare -tranne per le sestine che sono a tutta pagina) La poesia delle origini poi è caratterizzata da ANISOSILLABISMO, ovvero l’instabilità metrica del verso che sfocia in ipermetrie o ipomerie. È necessario quindi tenere conto del fenomeno e non regolarizzarlo. Quasi ogni edizione critica di poesia comunque ha una TAVOLA che rende conto dalla particolare tipologia METRICA del testo. IL TEMPO DIGITALE DELL'ECDOTICA: UNA NUOVA FILOLOGIA? Le nuove modalità di circolazione del sapere sono svincolate dalla fissità della carta e connesse all’evanescenza dell’informatica. I nuovi paradigmi digitali hanno consentito il recupero di una certa fluidità testuale. Sono 4 le principali categorie di prodotti della filologia digitale: 1) EDIZIONI TESTO E/O IMMAGINE si raccolgono le digitalizzazioni di testi critici, ricavati da edizioni più o meno recenti ma validate dalla comunità scientifica; le banche dati di immagini di patrimoni manoscritti custoditi da enti pubblici o privati 2) EDIZIONI SCIENTIFICAMENTE CONTROLLATE si entra nell’ambito dell’edizione digitale: il prodotto del lavoro filologico è organizzato in ottica ipertestuale 3) ARCHIVI MULTIMEDIALI all’edizione digitale si affianca un più o meno esteso corredo di elementi aggiuntivi: testuali (=approfondimenti critici), tavole cronologiche e biografiche oppure multimediali (fotografie, cartografie, riproduzioni pittoriche), suoni, filmati… 4) COLLABORAZIONI TRA EDITORE, LETTORE E UTENTE progetti di collaborazione previsti per lo più su web che producono un laboratorio virtuale a scopo prevalentemente didattico Sia che si voglia realizzare un’edizione digitale sia che si voglia creare un archivio, il primo passo da fare è trasformare ciascun testo in un formato digitale XML avviando un’operazione di codifica attraverso una serie di tag di marcatura conformi allo schema TEI LITE (=il modello standard di codifica). La marcatura consente l’aggiunta nel formato digitale di elementi presenti nel formato originale che non sono riproducibili. Il testo digitale ottenuto poi verrà convertito in formato HTML per la circolazione sul web. ESEMPI L’ENIGMA DI SER DURANTE Il Fiore può essere considerato IL caso della filologia attributiva italiana >>Dal codice H 438 della biblioteca interuniversitaria di Montpellier, il filologo francese CASTETS pubblicò nel 1881 una corona di sonetti che compendia e volgarizza in un toscano pieno di francesismi il Roman de la Rose. Il poemetto non porta né titolo né indicazione d’autore. Questo poemetto ha larga diffusione, tanto che ne viene fatto un rifacimento italiano. Il Detto d’Amore (che molti riscontri interni fanno attribuire alla stessa mano del Fiore) è un frammento di settenari che attinge dal Roman de la Rose. Fu scoperto e pubblicato dal filologo Morpurgo nel 1888, spiegando che “il manoscritto che contiene il detto d’amore è la sezione finale del manoscritto di Montpellier". →LA QUERELLE SULL’ATTRIBUZIONE Fu CASTETS ad assegnare al poemetto il titolo di Fiore e a proporne l’attribuzione a Dante (considerato che nel testo appare due volte “Durante”). Da allora la critica si divide in chi accoglie la proposta di Castets e chi la rifiuta. Volendo cercare una soluzione affidandosi al pensiero del filolog più influente, ci si trova comunque punto e a capo, perchè i filologi più importanti del 900 sono anch’essi divisi: nel primo 900 abbiamo BARBI e PARODI che rifiutano l’attribuzione a Dante, mentre nel secondo 900 CONTINI è un fermo sostenitore della paternità dantesca. Oltre a ciò, si avanzano altre proposte di paternità: Guido Cavalcanti, Brunetto Latini… All’editio princeps di Castets ne seguono solamente due filologicamente condotte: quella di Parodi e quella di Contini →EDIZIONE PARODI, 1921 L’edizione Parodi si apre con una prefazione che conferma la paternità comune del Fiore e del Detto d’Amore ma non la attribuisce a Dante. Al testo seguono: - nota al testo che oltre alle fonti e alla grafia dà conto delle lezioni (è un apparato selettivo che denuncia soltanto le lezioni errate più notevoli del manoscritto) - glossario - indice dei nomi propri e delle allegorie →EDIZIONE CONTINI 1984 L’edizione curata da Contini è un esemplare eccellente di edizione critica di un testo a tradizione singola. L’ampia introduzione contiene anche una bibliografia ragionata e un esame accuratissimo del manoscritto. Parte essenziale dell’introduzione è la discussione degli argomenti interni ed esterni che portano ad attribuire entrambi i poemetti a Dante. La sezione si chiude con una nota sulla grafia. →EDIZIONE GORNI, 1996 Guglielmo Gorni ha messo in discussione alcune scelte fondamentali adottate da Barbi. 1) lo STEMMA CODICUM di Barbi viene accolto da Gorni, che però apporta minime correzioni Lo stemma di Barbi prevede ai piani alti una bipartizione in due grandi famiglie (∝ e β), ciascuna delle quali a sua volta bipartita famiglia k: codice Chigiano L VIII 305 e Trivulziano 1058 famiglia b: i due autografi di Boccaccio Toledano e Chigiano L IV 176 Gorni respinge la decisione di Barbi di accogliere nel testo lezioni che -essendo esclusive del ramo k e in particolare del codice Chigiano- sono a norma di stemma senza autorità. Si tratta di lezioni che presentano un testo più lungo rispetto a quello di altri codici (Barbi decise di privilegiarle ritenendo che si potesse ipotizzare nei capostipiti delle altre famiglie la presenza di lacune di origine poligenetica). La difficoltà di sostenere questa ipotesi era già stata messa in luce da Parodi. Gorni ritiene che sia giusto eliminare le lezioni esclusive di k. Riesaminando poi caso per caso le varianti adiafore di∝ contro β, Gorni accoglie in molti casi la soluzione di Barbi ma introduce nel suo testo anche lezioni che invece Barbi aveva scartato. Gorni propone una diversa partizione dell’opera (Barbi riproduce quella di Alessandro Torri in un’edizione a stampa) e sostituisce il titolo in VITA NOVA (calcando la rubrica “incipit vita nova”) Gorni poi piuttosto che a Barbi, si accosta a Contini (= non rimodella sulla pronuncia odierna le grafie latineggianti dei codici del 300 e del 400) →INTERPUNZIONE E GRAFIE Per quanto riguarda l’interpunzione l’unica innovazione importante sta nello spostamento di una virgola. Barbi propone una lezione nel 1907, che poi rifiuta nell’edizione del 1932 Gorni nella sua edizione accoglie la lezione proposta da Barbi nel 1907 Per quanto riguarda le grafie: - GORNI mantiene grafie più arcaiche mantiene gli scempiamenti come aveva fatto Contini nell’edizione del Fiore e del Detto d’Amore - BARBI va nella direzione dell’ammodernamento →FORME LINGUISTICHE Gorni giustifica il suo non accogliere la soluzione proposta da Barbi gentil donna preferito a “gentile donna” perché la sola forma legittimata dalla poesia parte ove al posto di parte dove perché presente anche in altri luoghi del testo →SOSTANZA DEL TESTO Barbi respinge le due lezioni più brevi ed accoglie le due più lunghe (presenti nel solo ramo k della famiglia∝) →REAZIONI ALL’EDIZIONE GORNI L’edizione di Gorni, pur non dichiarandosi ufficialmente critica, introduce correzioni al testo di Barbi, e questo suscita delle reazioni. La scelta di conservare le grafie antiche di Gorni, gli è stata contestata come “Intralcio alla fruizione del testo di Dante per i lettori non esperti” →EDIZIONE CARRAI, 2009 Stefano CARRAI nel 2009 pubblica una nuova edizione della vita NOVA, lavorando sul convincimento che per la scelta delle varianti di lingua e grafia sia corretto attenersi a un unico manoscritto di autorità. Nonostante l’edizione non sia condotta su un unico manoscritto, si affida alla classificazione dei codici di Barbi e sceglie il codice Chigiano per la lingua (e spesso anche per la lezione). Carrai con Barbi - non accetta grafie arcaiche e latineggianti - accetta le lezioni lunghe esclusive del ramo k che Gorni invece rifiuta - accoglie la sua punteggiatura Carrai con Gorni - accetta la divisione in capitoli (assente nel Chigiano) - accetta il titolo VITA NOVA →EDIZIONE PIROVANO, 2015 Donato PIROVANO concorda con Barbi sulla costruzione dello stemma e con Carrai sull’affidarsi al manoscritto Chigiano per le scelte linguistiche. La sua edizione è pressochè uguale a quella di Barbi, ma se ne distacca nei punti critici accogliendo Gorni (=accoglie le lezioni brevi non sarà e nominòlami e non quelle lunghe di Barbi) OPERE DI DANTE: UN CONSUNTIVO DI STUDI →BIBLIOGRAFIA DANTESCA Di Dante non possediamo nessun autografo. Di tutte le opere è ancora disponibile, raccolto in un unico volume, il testo critico del 6 centenario della morte del poeta (pietra miliare della filologia dantesca) di cui Michele Barbi fu coordinatore. →SOCIETA DANTESCA ITALIANA E PUBBLICAZIONI PER L’EDIZIONE NAZIONALE In occasione del 7 centenario della nascita di Dante, la società dantesca italiana (fondata a Firenze nel 1888) ha avviato un programma di pubblicazioni che sono poi confluite nell’ EDIZIONE NAZIONALE DELLE OPERE DI DANTE (inaugurata dalla Vita Nuova di Barbi) Il caso delle Rime è stato uno dei fili conduttori della filologia dantesca. Un primo e innovativo testo critico è stato procurato da Michele Barbi per l’edizione del centenario 1921. Nel 2002 l’edizione curata da Domenico de Robertis attribuisce a Dante 108 poesie (di cui 19 dubbie) →ALTRE PUBBLICAZIONI Altre pubblicazioni affiancano quelle dell’Edizione Nazionale, integrandole soprattutto nel commento - due volumi sulle Opere curate da Marco Santagata per i Meridiani Mondadori →NUOVA EDIZIONE COMMENTATA DELLE OPERE DI DANTE (NECOD) In vista del 7 centenario della morte di Dante, la casa editrice Salerno ha avviato il progetto di una NUOVA EDIZIONE COMMENTATA DELLA OPERE DI DANTE NECOD →EDIZIONI DELLA COMMEDIA Ma è soprattutto sul testo della Commedia che si concentrano le proposte di edizione degli studiosi degli ultimi secoli <<uno dei maggiori problemi per la critica dantesca è fare coincidere i pochi dati storici noti con i manoscritti superstiti e con uno stemma codicum accettabile>> La più nota e ancora oggi diffusa edizione della Commedia -il cui testo viene anche ripreso dall’editoria scolastica- è quella curata per l’Edizione Nazionale di GIORGIO PETROCCHI L’edizione è fondata sui manoscritti antichi degli oltre 800 che tramandano la Commedia. Petrocchi ha preso in analisi l’antica vulgata selezionando 27 testimoni anteriori all’editio di Boccaccio (da cui parte la tradizione posteriore) Ha poi suddiviso la tradizione in due rami: uno toscano (∝) e uno settentrionale (β) eludendo il problema dell’archetipo.. In caso di disaccordo, preferisce le lezioni di β →MANOSCRITTO VATICANO LATINO 3195 Il manoscritto Vaticano Latino 3195 fu allestito da Petrarca in tarda età, di propria mano e con la collaborazione di un copista. Sono di mano del copista i componimenti 1.190 e 256-318. Petrarca poi trascrisse le poesie rimanenti provvedendo all’inserzione di nuovi fascicoli di pergamena e rivide tutto il manoscritto apportandovi correzioni. Il manoscritto è composto di 72 CARTE SCRITTE SU ENTRAMBE LE FACCIATE E PARZIALMENTE DECORATE. La scrittura è elegante e regolare (semigotica testuale) e si dispone per versi abbinati sulla stessa riga (le canzoni invece sono scritte in doppia colonna). La mise en page è caratterizzata da una poetica visuale, ovvero da un’attenzione formale (rapporto tra spazi pieni e vuoti della carta). La visione in due parti dell’opera è marcata da 3 pagine bianche: componimento 263 > 3 pagine bianche > componimento 264 Le grandi INIZIALI MINIATE (componimento 1 e 264) sanciscono la separazione tra liriche amorose della giovinezza e liriche della maturità →QUESTIONE TESTUALE Il Canzoniere è il banco di prova su cui si sono esercitati alcuni dei maggiori filologi italiani (Contini, Santagata, Bettarini, De Robertis). Le edizioni del canzoniere non possono che fondarsi sull’autografo (nell’ultimo secolo si è aperto uno studio analitico sullo sviluppo dalle fasi intermedie dell’opera all’approdo finale del Canzoniere). L’editio princeps è stata pubblicata nel 1470 a Venezia da VINDELINO DA SPIRA. Il manoscritto fu poi posseduto da PIETRO BEMBO, che ne eseguì una collazione parziale sul manoscritto vaticano latino 3197 per l’allestimento dell’edizione Aldina del 1501 Poi il manoscritto cade nell’oblio, e il suo autografo è stato riscoperto nel tardo 800 . L’edizione di CARDUCCI dunque si basa sull’idiografo originale. →EDIZIONE CONTINI Il testo canonico è fissato dalle edizioni a cura di GIANFRANCO CONTINI. Il testo critico di Contini è poi stato ripreso dalle maggiori edizioni commentate: - SANTAGATA muovendo da Contini ne corregge le sviste e gli errori di stampa, apporta delle modifiche alla punteggiatura ed elimina le dieresi - BETTARINI apporta migliorie paragrafematiche Quasi tutte le edizioni comunque adottano il testo di Contini →FEDELTÀ ALL ORIGINALE Di fronte a un originale trascritto e revisionato dall’autore, è ovvio che l’editore critico del testo si atterrà a quel manoscritto. Si rispettano le lezioni, si incolonnano i versi secondo l’uso moderno e si inserisce la punteggiatura corrente integrando quella dell’autore. Contini però con il Canzoniere ha fatto di più: ha mantenuto le grafie latineggianti del testo (honesta, Philomena..) L’editore moderno si chiederà nel caso di Petrarca se si ha interesse a conoscere -anche da parte dei non specialisti- l’uso grafico dell’autore. Esistono poi anche edizioni meno arcaizzanti, come quella di PAOLA VECCHI GALLI per BUR. →GRAFIA ARCAIZZANTE VS GRAFIA ATTUALIZZANTE La grafia arcaizzante avverte che l’opera antica è diversa da quella contemporanea, e dunque va decifrata con attenzione. I fautori della normalizzazione grafica non vogliono disorientare il lettore con una pagina lontana dagli usi grafici correnti (conservare grafie in disuso potrebbe tramandare letture sbagliate e false convinzioni). Contini ha basato il suo lavoro sulla trascrizione diplomatica di Modigliani (ricavandone anche errori e fraintendimenti). Inoltre l’uso grafico di Petrarca non è uniforme ma varia nel passaggio da una mano all’altra. Nel 2008 GIUSEPPE SAVOCA pubblica i Rerum Vulgarium fragmenta > una revisione quasi diplomatica del manoscritto originale, nel rispetto pressoché integrale dello stile di Petrarca. Il controllo del testo -con l’aiuto anche degli infrarossi- ha permesso di correggere delle lezioni vulgate che si erano tramandate in modo erroneo. L’edizione critica poi non può fare a meno di ripercorrere le fasi elaborative dell’opera, e nel caso del Canzoniere non si può procedere senza considerare il MANOSCRITTO VATICANO LATINO 3196, ovvero il Codice degli abbozzi. →IL CODICE DEGLI ABBOZZI Il codice degli abbozzi è una raccolta composita, cioè nata a posteriori dall’aggregazione di 20 fogli autografi originariamente sciolti. Oltre ai materiali (conservati in diverse redazioni -copie, abbozzi, stesure intermedie) del Canzoniere ci sono anche materiali dei Trionfi. Il codice degli abbozzi comunque riporta 54 componimenti poi entrati nel Canzoniere. ANGELO ROMANO’ ha curato un’edizione diplomatico-interpretativa che presenta la stratigrafia delle redazioni varianti. È un’edizione GENETICA, che cioè illustra l’evoluzione del testo dalla prima alla seconda -e ultima- stesura. Quella di Romanò è la prima edizione moderna delle varianti del Petrarca volgare. LAURA PAOLINO pubblica poi una sua edizione in cui pubblica i sonetti nell’ordine in cui si trovano nel manoscritto e secondo la prima stesura del testo. L’apparato delle varianti è dunque EVOLUTIVO perché rappresenta i successivi interventi d’autore sul testo-base del sonetto. DAL VOLGARE AL LATINO (e ritorno) RES SENILES di PETRARCA >>Petrarca fino a pochi mesi prima di morire aveva continuato a scrivere lettere in latino ai suoi corrispondenti e amici. Con la recente edizione delle Res Seniles -confluita nell’ Edizione Nazionale di Petrarca- curata da Silvia Rizzo e Monica Bertè si è conclusa la pubblicazione moderna e filologicamente certificata di tutto l'epistolario di Petrarca. (ci sono anche Lettere Disperse, Familiares, Liber Sine Nomine) Tra le opere latine di Petrarca non si possono non ricordare le sue lettere, che l’autore stesso divise in raccolte. Qui affrontiamo i 17 LIBRI delle RES SENILES →TEMI DELLE RES SENILES - accidia della vecchiaia - ansia della scrittura - racconto di malattia e guerre - addio agli amici più anziani e affetto per i più giovani - riflessione sui modelli classici e contemporanei Il recupero e la pubblicazione di queste epistole con testo critico latino e traduzione italiana a fronte dunque permette di vedere uno spaccato importante degli ultimi anni di vita di Petrarca. →ALCUNI NUMERI Le Res Seniles sono - 127 lettere distribuite in 17 libri - indirizzate a circa 50 destinatari diversi (18 indirizzate a Boccaccio) Anche per le Res Seniles parliamo di MACROTESTO perchè le epistole hanno vita autonoma, ma prendono un assetto diverso nel momento in cui l’autore decide si suddividerle secondo uno schema. Petrarca non le suddivide né per tema né cronologicamente, ma secondo una sorta di “percorso dell’anima” Differenza con le Familiares: le Seniles hanno libri con anche solo un tema o anche solo un destinatario →EDIZIONE DI SILVIA RIZZO E MONICA BERTÉ Il lavoro per l’edizione delle Res Seniles della Rizzo e della Berté è iniziato nel 2006 e terminato nel 2019. In questa edizione si dichiara l’estraneità all’opera della LETTERA AI POSTERI (LIBRO 18), che invece è presente nell’opera nell’editio princeps. Questa edizione è l’unica che termina con il LIBRO 17, la cui lettera si considera messa da Petrarca alla fine della sua opera proprio perché dà un addio alle lettere e ai suoi amici. →METODO PER LE EDIZIONI DEI CANTARI Nel 1960 DOMENICO DE ROBERTIS pubblica Problemi di metodo nell’edizione dei cantari in cui dice che 1) la datazione da dare al cantare è quella che coincide con il manoscritto più vecchio che lo veicola 2) per i cantari non si può applicare il metodo di Lachmann 3) ogni manoscritto è testimone di una redazione che può essere confrontata ma non contaminata con le altre →EDIZIONI DI BALDUINO E DI DE ROBERTIS, 1970 Nel 1970 sia Balduino sia De Robertis pubblicano una nuova edizione del Bel Gherardino, servendosi anche del ritrovamento di un nuovo manoscritto autografo del rimatore fiorentino SCARLATTI (conservato a Firenze, C). BALDUINO si rivolge a un pubblico non esperto. Dall’edizione di Levi deduce che molte lezioni di B sono state introdotte senza necessità, e che Levi ha accettato nel testo quell’intera ottava inventata da Zambrini (togliendone anche le [ ] che Zambrini aveva messo). Interviene su ipometrie o ipermetrie Balduini vuole ricostruire A, e ricorre a B e C solo in caso di errori evidenti e/o lacune DE ROBERTIS si rivolge a un pubblico esperto. Non interviene né su ipometrie né su ipermetrie, che segnala a margine con + o -. Con *segnala la presenza di rime irregolari In caso di lacune inserisce le lezioni di B o C scrivendole in corsivo. Due fasce di apparato: 1) per le lezioni di A respinte 2) per le lezioni introdotte da Levi deducendole da B DECAMERON: un autografo e le sue edizioni >>Boccaccio iniziò a lavorare al suo testo nel 1340, poco dopo l’epidemia di peste e l’ha terminato circa attorno al 1350. Non è da escludere la tradizione spicciolata di alcune novelle. Negli anni successivi poi Boccaccio ricontrollò l’opera e la perfezionò sotto il punto di vista linguistico, stilistico e strutturale. Siamo anche qui davanti a un MACROTESTO che può definirsi anche PROSIMETRO (a fine di ogni giornata c’è una ballata). Prende l’idea dalla Vita Nova di Dante… poi il Decameron è scritto nel 1348, nel “mezzo del cammin” della vita di Boccaccio. →UN NUMERO ELEVATO DI COPIE La trasmissione manoscritta del Decameron conta 155 COPIE RICONOSCIUTE. Il Decameron fu ricopiato in tarda età da Boccaccio (1370, di cui possediamo l’autografo: il MANOSCRITTO HAMILTON 90 conservato a Berlino). Nell’atto della ricopiatura Boccaccio appose al testo numerose varianti. →ITER REDAZIONALE DEL DECAMERON Si ipotizza la presenza di un primo abbozzo redazione dell’opera, dove i narratori delle giornate erano solo 7 (le 7 donne, come succede nella Comedia delle ninfe fiorentine). Si è invece certi della tradizione spicciolata di alcune novelle in forma ancora provvisoria. Quest’opera ebbe grande successo, e dunque venne copiata più e più volte dagli amanuensi, che però manipolarono a loro piacimento la lezione del Decameron. Per il “caso Boccaccio” bisogna quindi tenere conto del TESTO (con possibili redazioni d’autore e il manoscritto originale) e la TRADIZIONE. →TRADIZIONE MANOSCRITTA E L’ORIGINALE Il manoscritto Hamilton 90 (autografo di Boccaccio) è stato scoperto solo nel 900. Per secoli quindi il Decameron è stato letto e diffuso in una vulgata che parte dal CODICE MANNELLI (A). Si è poi diffuso portando con sè errori, contaminazioni, censure… ad esempio nell’edizione 500esca LA GIUNTINA. →AUTOGRAFO DEL MANOSCRITTO HAMILTON 90 In pieno 900 l’autografia del MANOSCRITTO HAMILTON 90 (B) venne cautamente avanzata da Alberto Chiari e poi dimostrata da Vittore Branca. Il manoscritto è scritto in alfabeto semigotico petrarchesco, grazie al quale si suppone la sua datazione al 1370 circa →EDIZIONE BRANCA, 1976 VITTORE BRANCA pubblica la sua edizione critica basandosi proprio sull’Hamilton 90 Il manoscritto Hamilton 90 è lacunoso della prima carta e della caduta di 3 fascicoli (che Branca ha integrato con la lezione del MANNELLI. INTRODUZIONE: 1) tavola della tradizione manoscritta del Decameron 2) esamina l’autografo della redazione del 1370 3) rapporti tra l’autografo e le testimonianze più affini 4) formula i criteri della sua edizione TESTO + APPARATO CRITICO Nell’originale ci sono delle lezioni alternative (5) non correzioni, che Boccaccio ha messo al margine del testo > Boccaccio ha rivisto e migliorato l’opera Branca accoglie i numerosi errori dell’autografo (lapsus, scorsi di penna, omissioni..) determinatisi contro la volontà e la coscienza dell’autore. →ERRORI D’AUTORE Nell’atto della ricopiatura Boccaccio ha portato nella sua opera anche errori sostanziali, i cosiddetti errori polari →ASSETTO FORMALE DEL TESTO Secondo Branca alla stampa moderna è concesso qualche ammodernamento grafico > che conserva l’immagine tradizionale dell’opera ma ne facilita la lettura del testo. →CODICE PAR. IT. 482 “REDAZIONE GIOVANILE” Il MANOSCRITTO P vergato dal mercante fiorentino CAPPONI è copia risalente agli anni 60 del 300 del Decameron, passato sotto la visione di Boccaccio e testimonianza notevole dell’opera insieme a B (=Hamilton 90). Il codice -conservato a Parigi- reca un sacco di varianti adiafore e divergenze formali dall’autografo. Per Branca quindi questa è una REDAZIONE GIOVANILE dell’opera, che poi ricopia nel manoscritto Hamilton 90 (degli anni 70) BRANCA e VITALE hanno lavorato alle differenze e alle similarità che ci sono tra B e P, e ne hanno ricavato l’usus scribendi di Boccaccio. Non tutte le lezioni di P sono da considerare varianti d’autore, perché alcune possono essere sviste di Capponi e altri possono essere errori commessi da Boccaccio. Messina portò a termine un ampio censimento dei manoscritti e delle stampa attinenti alle rime delle vulgate. →EDIZIONE ZACCARELLO, 2000 Nella sua edizione critica MICHELANGELO ZACCARELLO esula dalla prospettiva genealogica e cerca di dare alla questione del Burchiello una visione storico-tradizionale. Il volume si presenta con le seguenti scansioni: - Introduzione - Testo critico - Annotazioni all’apparato critico - Nota al testo - Nota metrica L’editore ritiene legittimo rinunciare alla ricostruzione di un autore singolo, perchè gli unici manoscritti databili al periodo in cui era in vita Burchiello sono zibaldoni che tramandano testi isolati →TRASMISSIONE DEL CORPUS Sembra comunque possibile identificare un originale o un archetipo mobile (non coincidente con qualcosa scritto dall’autore, bensì assemblato dai suoi ammiratori), che Zaccarello denomina SILLOGE PRIMARIA. Zaccarello ha poi fatto una distinzione tra tradizione frammentaria e trasmissione organica (di corpus). La tradizione di corpus comprende 36 testimonianze e può a sua volta essere suddivisa in due sillogi x e y grazie alla presenza di sequenze di sonetti comuni all’una o all’altra. Quindi la selectio non viene fatta sulla base degli errori ma sulla base della compresenza nei testimoni di identiche serie di sonetti. →EDIZIONE “COLLETTIVA” Zaccarello promuove un incunabolo fiorentino FD (con 223 componimenti), perché lo ritiene il solo che sembra derivare direttamente da una parte dei manoscritti pervenuti. Quindi il libro dei sonetti di Burchiello non si identifica con un ipotetico originale, bensì con la SUMMA DELLE RACCOLTE MANOSCRITTE E A STAMPA CHE RAPPRESENTANO UN TENTATIVO DI MEDIAZIONE TRA LE CARTE SPARSE DELL’AUTORE E I SUOI LETTORI. →VESTE GRAFICO-FORMALE Zaccarello si attiene alla veste grafico formale dell’incunabolo FD. Rimane conservativo nei confronti dell’incunabolo e rinuncia ad ammodernare la lingua o la grafia. →NOVITA’ METODOLOGICHE >> quali sono gli aspetti più significativi di questa edizione critica? 1) anteporre un incunabolo alla tradizione manoscritta (quindi va contro l’idea che il manoscritto sia più importante rispetto alla stampa) 2) viene meno il concetto di originale dell’opera 3) l’edizione accorpa sonetti probabilmente autentici e altri certamente apocrifi →ALLA RICERCA DELLE POESIE AUTENTICHE ANTONIO LANZA nel 2010 fa un’altra edizione critica riducendo il corpus dell’opera ai soli componimenti attribuibili a Burchiello (passando dai 223 di Zaccarello a 158 sonetti). Sposta poi l’attenzione dall’incunabolo FD a una tradizione manoscritta coeva che ritiene essere più affidabile. L’ORLANDO RITROVATO: poema padano >>L’Orlando Innamorato è un poema in ottave di endecasillabi. La novità del poema sta già nel titolo: un eroe guerriero carolingio per eccellenza ma innamorato (caratteristica del ciclo arturiano). La porzione del poema portata a termine dall’autore in 3 libri (dove il 3 si ferma alla 27 ottava del canto 9) è stata più volte pubblicata nel corso della vita dell’autore. L’editio princeps del 1482 è andata perduta, della seconda e della terza edizione sopravvive per ciascuna un unico esemplare. Morto l’autore nel 1494, l’editore PELLEGRINO DE’ PASQUALI pubblicò nel 1495 la princeps integrale del poema, ma anche questa è andata perduta. La prima edizione completa giunta fino a noi è quella pubblicata a Venezia dal RUSCONI nel 1506. →LA FORTUNA DELL’ORLANDO INNAMORATO La prima edizione dell’Orlando Innamorato di MATTEO MARIA BOIARDO risale al 1482. La fortuna dell’opera non fu particolarmente duratura, perché già dal 400 e poi in tutto il 500 si iniziarono a scrivere le “giunte” ovvero le continuazioni destinate a colmare il vuoto lasciato dall’autore. La più famosa tra queste giunte è sicuramente L’Orlando Furioso di LUDOVICO ARIOSTO Nel 1970 esce il volume miscellaneo su Il Boiardo e la critica contemporanea che ha acceso un nuovo interesse per l’opera originale (a lungo soppiantata dalle giunte o considerata solamente l’avantesto per l’Orlando Furioso). Seguirono poi altri volumi che aiutarono a far veicolare il messaggio secondo cui prima dell’omologazione al toscano fiorentini voluto da Bembo nel 1525 c’erano anche altre opere di spessore appartenenti ad aree geografiche diverse. →TRADIZIONE DEL POEMA La tradizione dell’Orlando Innamorato è affidata quasi per intero alla testimonianza di stampe in esemplare unico (gli originali di mano dell’autore sono andati perduti). Il TRIVULZIANO 1904 è l’unico manoscritto organico (=integrale) che abbiamo dell’Orlando, ma è da escludere la sua attribuzione a Boiardo. Molto probabilmente si tratta di una copia. La prima edizione in due libri e la princeps in tre del 1495 sono andate perdute. La più antica memoria che abbiamo del poema è affidata all’unicum dell’edizione PIASI del 1487, mentre la prima copia del poema giunta fino a noi è la veneziana RUSCONI del 1506. Le stampe proto-500esche sono più numerose, e come spiega NEIL HARRIS il poema è veicolato anche fuori dal ducato estense, arrivando a Venezia e Milano. →RIPULITURE E RIFACIMENTI Fin dalle prime edizioni la lezione dell’Innamorato va perdendo di originalità per le correzioni linguistiche e metriche imposte dai tipografi. A fianco di queste ripuliture stanno poi i rifacimenti (o riscritture integrali) dell’opera. IL CORTEGIANO IN TIPOGRAFIA Il trattato del Cortegiano è scritto in forma dialogica, iniziato nel 1513 e approdato in stampa nel 1528 dopo continue revisioni da parte del suo autore BALDASSARRE CASTIGLIONE. 1) 1516-1518 2) 1520-1521 3) 1522-1524 Il Cortegiano è composto da 4 libri, ognuno dei quali ospita dei dialoghi avvenuti a sera nella corte di Urbino, attraverso i quali si delinea la figura del perfetto cortigiano. Il Cortigiano, insieme al Galateo di GIOVANNI DELLA CASA sanziona in tutta Europa una nuova morale laica, appunto cortigiana. →LA TRADIZIONE DEL CORTEGIANO La tradizione del Cortegiano è formata da diverse testimonianze - A: abbozzi autografi - B: bella copia non compiuta - C: codice completo ma suddiviso in 3 libri e non in 4 come la vulgata - D: una copia in pulito - L: manoscritto che attesta la terza e ultima redazione, conservato a Firenze - Ad: editio princeps del 1528, pubblicata a Venezia Tutte le edizioni novecentesche pubblicano il testo secondo la lezione di L Solo GHINASSI porta a testo la lezione D (=seconda redazione) →EDIZIONE QUONDAM (2016) L’edizione del Cortegiano a cura di AMEDEO QUONDAM del 2016 è la tappa finale di un lungo lavoro che l’editore ha svolto nell’arco degli anni sulle opere di Castiglione (del Cortegiano aveva già pubblicato dei commenti). L’indagine di Quondam ruota attorno alle mani che sono intervenute sui testi di L e Ad, sulla normalizzazione linguistica dell’opera, sulla storia editoriale e sulla tradizione manoscritta. →STORIA EDITORIALE PRIMO CAPITOLO: Quondam si sofferma sull’iniziale circolazione del Cortegiano, che venne inviato dall’autore stesso a destinatari di prestigio (es: PIETRO BEMBO o LUDOVICO ARIOSTO) per generare curiosità. Poi analizza l’approdo del manoscritto a Venezia presso lo stampatore MANUZIO e la scelta comune di autore e tipografo di servirsi di un revisore linguistico →MANOSCRITTI SECONDO CAPITOLO: fornisce un resoconto dei cinque codici conservati, testimoni di almeno tre fasi di elaborazione dell’opera. All’autografo A (conservato dalla famiglia Castiglioni a Mantova) seguono i tre codici vaticani latini B C D (che sono idiografi e databili dal 1514 e 1520), e L allestito sotto la sorveglianza dell’autore e approdato in tipografia nel 1528. L’esame della tradizione manoscritta testimonia lo sviluppo genetico del testo avvenuto sotto il controllo di Castiglione, e testimonia anche la presenza delle mani che hanno lavorato su L: - copista - autore, che corregge e integra - revisore editoriale e compositore tipografico, normalizzano la scrittura - lettore del 600 che chiosa il testo →REVISIONE D’AUTORE TERZO CAPITOLO analizza la revisione che l’autore ha fatto di L prima di mandarlo in stampa. Quondam dimostra (allegando riproduzioni fotografiche) il lavoro di Castiglione nella preparazione dell’opera da mandare in stampa, da lui revisionato sia nella forma sie nei contenuti. Il manoscritto era linguisticamente instabile, e Castiglione ci ha lavorato per normalizzare la lingua passando dal suo lombardo al volgare eloquente italiano. es: cognoscere > conoscere madonna> signora Mette poi delle pause di paragrafo, motivate dalla stampa imminente →INTERVENTI DEI REVISORI Nelle ultime fasi, il passaggio dal manoscritto L all’editio princeps è stato subordinato a un lavoro affidato alle cure del revisore veneziano GIOVAN FRANCESCO VALERIO. Quest’ultimo ha attuato una sorta di accanimento normalizzatore che ha mutato profondamente l’assetto originario fonomorfologico e grafico di L. →EDIZIONE TRIPLICE L’ultimo capitolo del terzo volume fornisce gli strumenti per leggere i primi due volumi, che accolgono rispettivamente l’edizione semidiplomatica e interpretativa della princeps Ad e l’edizione semidiplomatica di L Quondam opta per un’edizione largamente conservativa. Da qui la decisione di moltiplicare x3 i testi da pubblicare, creando un’edizione triplice 1) princeps Ad in edizione semidiplomatica 2) princeps Ad in edizione interpretativa 3) L in edizione semidiplomatica Quondam offre al lettore sia l’impianto editoriale 500esco nella sua forma originale, sia una trascrizione dove nulla si perde dell’opera originale →TESTO PER LA TIPOGRAFIA (L) Il secondo volume propone la versione del codice L Quondam in chiusura del secondo volume mette l’INVENTARIO DELLE VARIANTI FORMALI che registra 23mila lezioni alternative. Gli editori e i copisti hanno messo mano al testo venendo mano a quella che era l’ultima volontà di Castiglione. Si stava formando quella figura di autore consenziente all'auto censura e che lascia carta bianca all'editore. Si è agli albori della FILOLOGIA EDITORIALE L’edizione di Quondam è una fusione della filologia d’autore + tipofilologia (o filologia del testo a stampa). LEOPARDI: ORIGINE ED EVOLUZIONE DELL’ED CRITICA D’AUTORE >> I CANTI raccolgono 36 poesie compiute e approvate, 5 frammenti e le 2 poesie pubblicate postume nell’edizione fiorentina del 1845 curata da ANTONIO RANIERI (La Ginestra e Il tramonto della luna) Si tratta dunque di un piccolo libro, attraverso il quale è possibile seguire la carriera poetica dell’autore dall’età giovanile fino alla vigilia della sua morte. I primi testi arrivati alla stampa nel 1818 (All’Italia e Sopra il monumento di Dante), nel 182 (Ad Angelo Mai) Il titolo CANTI compare per la prima volta nell’edizione fiorentina del 1831 (raccoglie anche gli Idilli composti a Pisa e Recanati) La produzione del Ciclo di Aspasia, delle 2 canzoni sepolcrali, Palinodia al marchese Gino Capponi, Il passero solitario) arrivano solo nell’edizione napoletana del 1835 pubblicata da SEVERINO STARITA →OBIETTIVO DELLA FILOLOGIA LEOPARDIANA Compito primario della filologia leopardiana è allestire gli strumenti necessari per una lettura dei materiali di Leopardi che siano in grado di rappresentare il percorso che dalla prima redazione (redazione tendenzialmente compiuta, dato che di Leopardi non sopravvivono abbozzi nel senso proprio del termine) porti all’ultima ↓ non definitiva, se è vero che ci sarebbero stati dei mutamenti nella revisione della stampa napoletana del 1835, avviata su un esemplare sciolto (STATIRA CORRETTA) ma non compiuta a causa della morte di Leopardi nel 1837 =Leopardi stava ricontrollando la stampa del 1835, ma non ha terminato il suo lavoro perché è morto. →EDIZIONE MORONCINI (1927) La prima edizione critica dei CANTI di Leopardi appare nel 1927, curata da FRANCESCO MORONCINI. L’edizione di Moroncini si può dire eccellente, tanto che da questa edizione prende avvio la critica novecentesca denominata CRITICA DEGLI SCARTAFACCI che vede come protagonisti BENEDETTO CROCE contro DE ROBERTIS e CONTINI. Il caso dei Canti è complesso: - per alcune poesie mancano completamente testimonianze autografe (i pochi mutamenti che Moroncini riporta quindi sono quelli che trova nella STARITA CORRETTA. Es: Il Passero Solitario) - per altre gli autografi documentano, accanto a un lavoro correttorio, la presenza di varianti, lezioni alternative che affollano i margini delle carte →STRUTTURA DELL’EDIZIONE MORONCINI Di ogni canto si propone il titolo e il testo definitivo, con i versi numerati di 5 in 5 Poi si ha una rapida illustrazione delle fonti manoscritte e a stampa (con lo scioglimento delle sigle) e -se ci sono- le diverse redazioni dei titoli. Poi arriva l’APPARATO CRITICO che ripete solo i versi con correzioni e varianti, e riporta 2 fasce distinte: mutamenti di maggior peso e mutamenti che riguardano punteggiatura, uso delle maiuscole, grafia..) Alla lezione ultima si da risalto scrivendola in grassetto Per distinguerle dalle correzioni le varianti sono racchiuse in riquadri. Poi si ha una fascia per le postille e note dell’autore e una per le note del curatore. →EDIZIONE PERUZZI (1981) Nel 1981 EMILIO PERUZZI pubblica un’altra edizione critica dei canti. Pur riconoscendo il lavoro magistrale di Morincini, gli contesta: - la suddivisione fra correzioni importanti e secondarie nell’apparato critico (basate su un pensiero soggettivo di Moroncini e probabilmente sbagliato considerata l’attenzione e l’importanza che Leopardi dava anche alle singole virgole) - interventi in cui l’autore ha ritenuto legittimo aggiungere parole che negli autografi non c’erano (quindi INDEBITE INTEGRAZIONI CONGETTURALI) →DIFFERENZE CON L’EDIZIONE MORONCINI Peruzzi numera i canti verso per verso, facilitandone i rinvii nell’apparato critico. Nell’apparato di Peruzzi figurano tutti i versi (non solo quelli interessati da correzioni) in modo che siano più facili da confrontare per il lettore. L'apparato non distingue correzioni di primaria e secondaria importanza (riunite tutte nella prima fascia) e nella seconda fascia accoglie le varianti (che Moroncini aveva messo nei riquadri). La terza fascia ha le note dell’autore; la quarta quelle dell’editore La novità decisiva sta nella RIPRODUZIONE FOTOGRAFICA di tutti i manoscritti autografi e di mano di Ranieri, utilizzati per l’edizione. Riprodurre i manoscritti significa consentire al lettore di controllare l’operato del filologo e agevolare la lettura degli interventi correttori proposti in apparato. →EDIZIONE DE ROBERTIS (1984) Arriva poi DOMENICO DE ROBERTIS che nel 1984 pubblica una nuova edizione critica dei canti. Il suo scopo è quello di proporre una ricostruzione del tutto diversa, e di dare una nuova ipotesi metodologica. Argomento fondamentale di De Robertis è che l’edizione di Moroncini usando come termine di riferimento la STARITA CORRETTA ricostruisce l’itinerario di ogni canto (=microtesto) ma non consente di seguire il processo di formazione del libro (=macrotesto) De Robertis ritiene che il momento cruciale non sia l’estrema revisione di ogni canto, ma il modo in cui quel canto concorre alla formazione del libro. L’elaborazione precedente la prima edizione a stampa viene documentata dalla riproduzione fotografica degli autografi, e quella successiva da un apparato EVOLUTIVO. Questa edizione è diversa sia per la disposizione dei canti sia per l’assetto testuale dei singoli canti. De Robertis vuole sostituire il suo testo critico dei Canti a quello di Moroncini e Peruzzi, venendo meno al principio che la redazione che conta è l’ultima voluta dall’autore? NO!!!!!! De Robertis offre semplicemente uno strumento in più agli studiosi. →EDIZIONE GAVAZZENI (2006-2009) Una quarta edizione critica dei Canti è data da FRANCO GAVAZZENI che mette a testo la versione della Starita corretta, e condivide con De Robertis la necessità di distinguere con edizioni separate il testo critico della tradizione a stampa e quello condotto su ciascun manoscritto MYRICAE DI PASCOLI: ITINERARIO CREATIVO >> Senilità di Svevo è il suo secondo romanzo, pubblicato nel 1898 apparso prima in puntate sulla rivista L'indipendente e poi in volume unico a spese di Svevo stesso (presso l’editore Vram di Trieste). Il romanzo però fu un fiasco, e Svevo si impose una sorta di autocensura che durò per 25 anni, durante i quali non pubblicò nulla. Il silenzio terminò nel 1923 con la pubblicazione de La Coscienza di Zeno. Il protagonista di Senilità è EMILIO BRENTANI, che incorpora la figura dell’inetto sconfitto dall’esistenza che si trova a vivere e alla quale non riesce ad appartenere. Al fianco di Emilio c’è la sorella AMALIA infelice, a sua volta emblema di una vita vuota condotta tra le pareti di casa sentite come una prigione. Ai due personaggi si contrappongono il nemico e rivale in amore di Emilio, ovvero STEFANO BALLI e ANGIOLINA, la donna amata da entrambi e che fa da opposto alla figura di Amalia. →INSUCCESSO E REVISIONE DEL ROMANZO Dopo l’insuccesso della prima edizione di Senilità, Svevo si impose un’autocensura durata 25 anni durante i quali non pubblicò più nulla. Dopo il successo della pubblicazione di La Coscienza di Zeno e il successo che stava riscuotendo in Francia prima e in Italia poi grazie alle parole di Montale, decise di riconsiderare i suoi primi romanzi (Una vita e Senilità). Avviò la revisione di Senilità nel 1926, che si compì in tre momenti principali. →I TRE POSTILLATI Tre esemplari dell’editio princeps vennero riletti e postillati da Svevo in vista della seconda edizione del romanzo del 1927 (la ne varietur) - FI postillato fiorentino, letto ed emendato da Svevo - TS postillato triestino conservato al Museo Sveviano, su cui lavorò prima il collaboratore di Svevo e che poi passò sotto la revisione di Svevo - MI postillato milanese su cui venne copiata l’opera in bella copia con tutte le correzioni in pulito sia di FI sia di TS > viene mandato in stampa Sono poi ipotizzabili ulteriori ritocchi di Svevo su bozze che però non ci sono pervenute e in TS si trova la presenza di una terza mano, che probabilmente è attribuibile al genero di Svevo che interviene sporadicamente e con apporti non significativamente rilevanti. →INTERVENTI SUL TESTO La stampa del 1898 emendava i tantissimi refusi dell’edizione apparsa a capitoli sull’Indipendente. Svevo effettua sul testo della princeps un lavoro di normalizzazione linguistica per giovare alla buona riuscita del romanzo Due tipi diversi di interventi: 1) assistente: predilezioni per termini e costrutti toscaneggianti 2) Svevo: non incline alla toscanizzazione e all’eccessivo formalismo In FI svevo ritocca la punteggiatura. semplifica il testo e in quale caso va verso un innalzamento stilistico In TS (e quindi anche in MI che accoglie TS) le correzioni furono prevalentemente grafiche e lessicali Nel conflitto tra ricercatezza ed economia espressiva, innalzamento del lessico e alleggerimento della sintassi si ha un generale impoverimento della resa testuale →EDIZIONI CRITICHE Quale edizione di Senilità è da preferire e da considerare originale? La princeps o la ne varietur? Gli editori critici non hanno raggiunto una decisione univoca - SARZANA mette a testo la princeps del 1898 con in apparato una doppia fascia con le varianti ricavate dalla prima edizione uscita a capitoli sull’Indipendente e quelle evolutiva dei successivi postillati - BRUNO MAIER assegna pari importanza a entrambe le edizioni e le ha stampate a fronte ma non ha messo nè apparato per le varianti e non ha parlato dei postillati - NUNZIA PALMIERI nel 2004 mette a testo la ne varietur del 1927 accompagnandola con un apparato lineare che va da 27 a 98 passando per i tre postillati - SANTI mette a testo la princeps del 1898 e sulla pagina a destra l’apparato critico in tre fasce (la prima fascia genetica per le varianti dell’Indipendente, la seconda e la terza evolutive per le varianti dei postillati e della ne varietur) →EDIZIONE RABBONI (2015) RENZO RABBONI nel 2015 pubblica un’ulteriore edizione critica. Porta a testo la princeps del 1898 (l’edizione del 1927 ha correzioni linguistiche che poco si addicono a Svevo e lo fanno perdere di originalità). Condivide l’opzione di Maier e pubblica distintamente le due redazioni del romanzo (1 volume ed. 1898; 2 volume ed. 1927) Ogni edizione è corredata di una fascia di apparato critico - ED 1898: apparato genetico registra le varianti dell’Indipendente - ED 1927: apparato genetico negativo registra le varianti di ed 1898 Sulla genesi dell’opera abbiamo notizie indirette non essendoci giunti autografi, abbozzi o frammenti datati. Rabboni fa risalire la stesura dell’opera al 1895 effettuando un riscontro tra lettere, articoli di giornali, una pagina di diario… per la pubblicazione però bisognerà aspettare il 1898. La complessa riscrittura che porta Senilità all’edizione definitiva del 1927 è registrata da Rabboni nella TABELLA DEI POSTILLATI che occupa una parte nel secondo volume. La tabella è organizzata in 3 colonne in cui si allineano la lezione del 1898, gli interventi dei 3 postillati e l’edizione del 1927 Particolare rilievo ha poi il postillato FI che è l’unico ad avere SOLO gli interventi di Svevo, identificato nella tabella con un fondo grigio scuro. Il grigio chiaro evidenzia invece le coincidenze tra i tre postillati e la lezione del 1898 Infine (DIOOOOOO) bisogna parlare della Prefazione alla seconda edizione di Senilità conservata in 5 diverse redazioni dattiloscritte dall’autore (4 integrali, 1 interrotta) che abbiamo grazie alla figlia. Rabboni pubblica ogni edizione con tanto di apparato critico che dà conto della stratigrafia correttoria e delle integrazioni. MONTALE E UNGARETTI MONTALE
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