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Riassunto esame Microeconomia (testo del corso: Frank), Sintesi del corso di Microeconomia

Riassunti delle lezioni di Microeconomia. Autore libro di riferimento del corso: Robert H. Frank.

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012
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Caricato il 16/03/2012

arakne89
arakne89 🇮🇹

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Scarica Riassunto esame Microeconomia (testo del corso: Frank) e più Sintesi del corso in PDF di Microeconomia solo su Docsity! CAPITOLO 4 L’effetto di una variazione di prezzo si compone di due effetti separati: l’effetto di sostituzione, che misura la variazione della quantità domandata a seguito della variazione del prezzo, e l’effetto di reddito, che misura la variazione di quantità domandata a seguito del cambiamento del potere d’acquisto causato dalla variazione di prezzo. La curva Pcc, curva prezzo-consumo, è data dall’unione tra i panieri ottimali. La curva di domanda individuale indica la quantità di un determinato bene che un consumatore è in grado di acquistare per ogni livello di prezzo. La curva Reddito-Consumo mostra come le variazioni di reddito influiscono il consumo. La curva di Engel esprime la relazione esistente tra reddito e quantità di un determinato bene che il consumatore decide di acquistare . La curva di Engel non ha però sempre inclinazione positiva; esiste il caso in cui all’aumentare del reddito il consumo di un dato bene si riduce. Se la curva de Engel ha inclinazione positiva stiamo parlando di beni normali, se ha inclinazione negativa parliamo di beni inferiori. I beni inferiori sono quei beni ai quali il consumatore potrebbe benissimo fare a meno sostituendoli con altri che preferisce maggiormente ma che hanno un costo troppo elevato; se il suo reddito aumenta il costo dei beni preferiti non sarà più così elevato ed il consumatore potrà permetterseli. La variazione di prezzo di un bene porta ad un effetto di sostituzione e ad un effetto-reddito; per l’effetto di sostituzione il consumatore sarà disposto a sostituire il bene soggetto all’aumento di prezzo con altri beni, per l’effetto-reddito varierà il potere d’acquisto del consumatore. L’effetto totale dell’aumento del prezzo di un bene è dato dalla somma tra effetto-reddito ed effetto di sostituzione. Possiamo scomporre graficamente l’effetto totale i due casi: il caso di un bene normale E di un bene inferiore Oltre ai beni normali ed ai beni inferiori, esistono anche i beni di Giffen. Questi sono i beni per i quali, all’aumentare del prezzo, aumenta anche il consumo. Ciò accade quando l’effetto reddito riesce non solo a compensare quello di sostituzione, ma addirittura a superarlo. La domanda di mercato è data dalla somma orizzontale di tutte le domande individuali. Elasticità L’elasticità è definita come la variazione percentuale della quantità domandata di un determinato bene rispetto ad un aumento dell’1% del prezzo dello stesso. L’elasticità del bene si calcola come il rapporto tra i rapporti tra la variazione di quantità domandata e la quantità inizialmente domandata e tra la variazione di prezzo e il prezzo originario. Se l’elasticità di un bene è <1, il bene si dice rigido, se è =1, il bene si dice ad elasticità unitaria, se è >1, il bene si dice elastico. Esiste inoltre l’elasticità della domanda rispetto al reddito, data da I beni con un’elasticità al reddito <1 sono detti beni di prima necessità, quelli con elasticità al reddito =1 sono rappresentati da linee rette che partono dall’origine, con elasticità <0 sono beni inferiori e con elasticità >1 sono beni di lusso. L’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo inoltre ci indica come varia la quantità acquistata di un bene ad una variazione del prezzo di un altro bene, ed è data dall’equazione Si parla di curve di domanda ad elasticità costante quando l’elasticità non varia al variare del prezzo e della quantità. Curva di Domanda compensata Per capire quali sono le quantità di un bene che i consumatori acquisterebbero se fossero totalmente compensati dall’effetto reddito abbiamo bisogno di costruire la curva di domanda compensata. Sappiamo che l’aumento di prezzo su un bene comporta un effetto di sostituzione ed un effetto- reddito come da figura: retribuzione accettabile è data dal prodotto dei due fattori, quindi da ((200-w*)/100)((200-w*)/2), quando questi sono posti uguali al costo della ricerca. La regola di decisione ottimale ci impone quindi di continuare a cercare fin quando non si troverà un lavoro retribuito almeno 168,38. La maledizione del vincitore – Il principio generale per il quale l’offerta vincente in un’asta è spesso maggiore dell’effettivo valore della posta è noto come maledizione del vincitore. Supponiamo di partecipare ad un’asta con un bene di valore 0,5. le offerte saranno uniformemente distribuite in un intervallo tra 0 e 1. le stime non sono quindi distorte poiché hanno valore atteso 0,5, pari al valore del bene. Se i contendenti sono 2, l’offerta più alta sarà uguale ai 273 di uno, se sono 3 sarà 473 e così via. In linea generale ad un numero di n partecipanti il valore della stima più alta è n/(1+n) e l’offerta da fare è da rapportarsi a C. se il valore effettivo del bene è C/2, allora bisogna offrire la metà della stima aggiustata. CAPITOLO 7 – Oltre l’interesse individuale; l’importanza dell’altruismo L’ipotesi primaria della microeconomia è che i soggetti si comportino in modo razionale. Esistono due criteri di razionalità per la dottrina: la razionalità secondo fini e la razionalità secondo l’interesse individuale. Per quanto riguarda il criterio della razionalità secondo fini, ogni azione compiuta segue una prospettiva più ampia, un fine a cui il soggetto mira, che può variare dal benessere collettivo a quello proprio ecc. Tuttavia con questo metodo non si riesce ad arrivare ,molto lontano poiché non se ne individuano i limiti. Per il criterio dell’interesse individuale invece l’uomo compie solamente quelle azioni che gli portano diretto giovamento. Eppure l’interesse individuale non è l’unica motivazione del comportamento degli uomini. CAPITOLO 8 – Limitazioni cognitive e comportamento del consumatore Esistono molti esempi di comportamento economico che contraddicono il modello di scelta razionale. Molti individui tendono infatti a non ignorare i costi non recuperabili. Per gli psicologi questo sarebbe dovuto a delle limitazioni cognitive degli esseri umani. Gli individui utilizzano degli schemi di contabilità mentale che riducono la complessità delle loro azioni. Kahneman e Tvesky proposero un sistema che, allontanandosi dal modello di scelta razionale, descriveva il comportamento delle persone. Teorizzarono quindi la funzione asimmetrica del valore, che dà molta più rilevanza alle perdite rispetto ai guadagni. Secondo tale funzione non è detto che una persona che si trova davanti la scelta tra due situazioni, una che gli impone di dover pagare una cifra x dopo averne vinta una x + r, e l’altra che non gli fa pagare né vincere nulla, scelga la prima opzione. Per il modello di scelta razionale ovviamente la prima situazione è quella migliore poiché produce un aumento della ricchezza di r; per la funzione asimmetrica del valore invece, poiché viene data più importanza ad una perdita, la scelta che molti faranno sarà la seconda. Essendo entrambe le curve con pendenza decrescente, possiamo arrivare ad importanti conclusioni: per esempio è molto meglio vincere o guadagnare la stessa cifra in più volte rispetto ad una volta sola, è meglio perdere la stessa cifra in una volta anziché in due, una perdita presentata insieme ad un guadagno superiore produce un effetto positivo, ma separatamente ne produce uno negativo, infine un piccolo guadagno presentato separatamente rispetto ad una perdita ingente produce un effetto meno negativo rispetto ai due eventi considerati insieme. Anche le decisioni prese in condizioni di incertezza violano il modello della scelta razionale e quindi dell’utilità attesa. Il modello descrittivo della funzione asimmetrica di valore ci spiega infatti che le persone sono avverse al rischio nei confronti di guadagni, mentre sono propense al rischio nei confronti di perdite; dato ciò è facile comprendere che una piccola variazione del modo in cui viene posta la questione può portare a scelte opposte. Anche i metodi euristici con i quali stimiamo le informazioni chiave per risolvere un problema decisionale sono spesso in contrasto con il modello di scelta razionale: - la frequenza di una classe di eventi è viziata dalla memoria che si ricorda molto più spesso di eventi clamorosi o sconvolgenti. - a causa delle caratteristiche rappresentative siamo portati ad associare un individuo ad una classe solo perché questo ha alcune caratteristiche della classe. - il metodo dell’ancoraggio porta infine gli individui ad effettuare delle valutazioni numeriche su elementi comodi, aggiustando poi il risultato in base ad altre informazioni potenzialmente rilevanti. Questo metodo porta a sottostimare il tasso di insuccesso di progetti molto complessi formati da molte fasi successive. - infine l’ultima grande difficoltà per gli individui di seguire il modello di scelta razionale consiste nella difficoltà di scegliere tra alternative diverse tra loro. CAPITOLO 9 – La produzione La produzione in economia può essere definita come qualsiasi attività che crea un’utilità presente o futura. Può anche essere definita come il processo di trasformazione di input in output. Per gli economisti gli input sono rappresentati da terra, lavoro e capitale e la categoria più vaga “lavoro imprenditoriale”. A questo elenco si sono aggiunti via via fattori intangibili come l’energia, la conoscenza, la tecnologia e l’organizzazione. La funzione produttiva può anche essere vista con un’equazione matematica; per esempio in un processo che sfrutta lavoro e capitale per produrre un output, la relazione matematica sarà Q= F(K,L). F è una funzione indicativa del processo da compiersi. Il lungo periodo è definito come il lasso di tempo minimo a far variare tutti gli input. Un input che può variare liberamente è detto fattore variabile, mentre un input che non può fare ciò a meno che non si sostengano costi proibitivi è detto fattore fisso. Il breve periodo è definito invece come quell’intervallo di tempo nel quale almeno un input non può essere modificato. Nel breve periodo vige la legge dei rendimenti decrescenti; essa ci spiega che se vengono aggiunte uguali quantità di un fattore variabile e tutti gli altri rimangono costanti, i conseguenti aumenti dell’output, ad un certo punto, inizieranno a diminuire. Le funzioni di produzione di breve periodo sono dette curve del prodotto totale: mettono in relazione la quantità di output con quella di input. Un altro elemento fondamentale è il prodotto marginale. Questo è definito come la variazione che interessa l’output all’aumento dell’input di una unità. Geometricamente il prodotto marginale calcolato in un punto qualsiasi è dato dalla pendenza della curva in quel punto. Converrà aggiungere una unità di input finché il prodotto marginale non sarà uguale a 0. Il prodotto medio è invece definito come il rapporto tra il prodotto totale e la quantità del fattore impiegato. Il prodotto medio geometricamente è dato dalla retta passante per l’origine e per il punto considerato. Esistono importanti relazioni tra prodotto marginale e prodotto medio. Osserviamo che, dopo aver disegnato la curva del prodotto marginale e quella del prodotto medio, quando la curva del prodotto marginale è posta sopra quella del prodotto medio, il prodotto marginale è destinato a salire. Quando le due curve si intersecano il prodotto medio ha trovato il suo punto di massimo, e, quando la curva del prodotto medio risulta essere posta sopra a quella del prodotto marginale, il prodotto medio p destinato a calare. La distinzione tra prodotto medio e prodotto marginale è fondamentale tra chiunque debba allocare una risorsa scarsa tra due o più attività produttive. La regola generale ci dice di allocare la risorsa all’attività in cui il suo prodotto marginale è massimo. Un errore che commettono in molto è invece quello di allocare l’unità di output nell’attività il cui prodotto medio è più alto. Avendo 4 barche da distribuire, la scelta migliore, che assicura un output di 440, sarà quella di disporre due barche nella zona orientale e due in quella occidentale. Mentre nel breve periodo almeno un fattore produttivo non deve essere modificabile, nel lungo periodo ogni fattore produttivo è variabile per definizione. È probabile quindi che le funzioni di produzione assumeranno una forma di Q = F(K,L). risolviamo queste funzioni per ogni valore di Q; in particolare, se Q = 2K è la funzione, assegnando un output di 16, la funzione sarà K=8/L. La curva che si viene così a creare è detta isoquanto , ed è definita come l’insieme di tutte le possibili combinazioni di fattori produttivi variabili che consentono di ottenere un determinato livello di output. Il saggio al quale un fattore produttivo può essere sostituito a un altro garantendo lo stesso livello di output è detto saggio marginale di sostituzione tecnica, ed è dato nel punto A dalla pendenza dell’isoquanto nel punto. Il termine rendimento di scala indica ciò che accade all’output quando tutti i fattori produttivi vengono aumentati. Se i fattori vengono raddoppiati e gli output risultano più che raddoppiati la funzione di produzione presenta rendimenti di scala crescenti. Se gli input raddoppiano e anche gli output raddoppiano la funzione presenta rendimenti di scala costanti. Se gli input vengono raddoppiati e gli output non riescono a raddoppiare la loro quantità la funzione di produzione presenta rendimenti di scala decrescenti. Risulta semplice intuire che una funzione di produzione difficilmente presenta rendimenti di scala crescenti, costanti o decrescenti in assoluto, bensì presenta diversi tipi d rendimento a seconda della dimensione. Nella funzione di produzione considerata, vediamo che da 1 a 3 la funzione presenta rendimenti di scala crescenti, da 4 a 6 costanti, e in seguito decrescenti. La questione fondamentale è che quando un’impresa supera una certa dimensione, la sua gestione risulterà più difficile. APPENDICE 9 Per ottenere l’equazione per Q°, il metodo cobb-douglas ci dice di partire dall’equazione generica Per ottenere quindi l’equazione in k: CAPITOLO 10 – Costi Costi nel breve periodo – Dalla definizione di breve periodo possiamo evincere che almeno un fattore produttivo non sia variabile. Possiamo distinguere fondamentalmente 3 tipi di costi. Il primo è chiamato costo fisso, un costo cioè che nel breve periodo non varia al variare dell’output. Questo può essere per esempio il capitale. Al capitale va associato un prezzo, corrispondente al suo costo opportunità, per ottenere il costo fisso. Supponiamo di avere un capitale formato da 2 macchine che possono essere messe in funzione simultaneamente, 120 ore-macchina/ora, e un prezzo di 0,25 £/ ora che ne rappresenta il costo opportunità; avremo così FC = rK°. Il costo variabile è invece un costo che varia al variare dell’output. Per trovare il costo variabile è sufficiente conoscere la quantità di lavoro che serve per produrre quella determinata quantità di output e moltiplicarla per il salario. Supponendo che, per produrre 27 unità di prodotto ho bisogno di 3 ore di lavoro retribuite a 10 £/ora, avrò Il pedice Q, ci indica che il costo variabile è strettamente in funzione della quantità di output che produco. Il costo totale infine è la somma tra FC e VC, e quindi è dato da La rappresentazione grafica di queste tra curve appare subito evidentemente collegata alla funzione di produzione. La funzione di produzione associa infatti ad una certa quantità di output una quantità di lavoro (nel breve periodo); la funzione dei costi variabili invece associa, partendo da lavoro e output, un salario al lavoro e ne disegna l’isoquanto: Massimizzazione del profitto – Supponendo che il fine principale nel breve periodo sia quello di massimizzare il profitto, costruiamo il diagramma in cui vengono rappresentata la curva TR dei ricavi totali e quella TC dei costi totali. La curva dei ricavi totali sarà rappresentata da una retta con inclinazione pari al prezzo dei prodotti venduti. TR passerà dall’origine poiché il ricavo proveniente dalla vendita di 0 unità è uguale a 0. Per quanto riguarda la curva del costo totale, essa avrà come intercetta il livello dei costi fissi e avrà un andamento dato dai rendimenti prima crescenti e poi decrescenti rispetto al valore variabile. Con Π si indica il profitto economico dell’impresa. Si definisce ricavo marginale dell’impresa la variazione del ricavo totale che si verifica quando varia di un’unità la quantità venduta. Le curve di costo medio variabile e di costo marginale sono rappresentate nella figura sottostante. L’impresa per massimizzare il profitto, se P° è maggiore del punto di minimo della curva di costo medio variabile, deve produrre un livello di output dato dall’intersezione tra la retta di P° (MR) e la retta di costo marginale nella parte crescente. L’impresa non avrò guadagni a produrre una quantità > Q°, poiché oltre questa quantità il costo derivante dalla produzione di un’unità aggiuntiva di output è maggiore del ricavo derivante dalla vendita di un’unità aggiuntiva di output. Se l’impresa decidesse di produrre ad un livello di output pari a Q1, il costo marginale corrispondente a quella quantità risulterebbe essere MC(Q1) che è minore di P°. l’impresa trarrebbe quindi beneficio ad aumentare la produzione fino a raggiungere il punto Q°. analogamente, aumentando il livello di produzione a Q2, l’impresa trarrebbe sempre vantaggio a diminuire la produzione fino a Q°. La condizione per la quale il prezzo deve essere maggiore del minimo di AVC è indispensabile per un’impresa. Possiamo notare infatti che il prezzo, quando è costante per ogni quantità di prodotto, è uguale al ricavo medio dato da MT/Q. se i ricavi medi sono inferiori ai costi variabili medi, l’impresa troverà sconveniente produrre, poiché perderà una quota per ogni bene prodotto. L’impresa troverà vantaggioso cominciare a produrre ad una quantità coincidente con l’intersezione tra i costi marginali e i costi variabili medi quando i ricavi medi sono superiori al minimo dei costi medi variabili. Tuttavia l’impresa, ad un livello di costo compreso tra l’intersezione MC e AVC e MC e ATC, sarà sempre in perdita, ma perderebbe di più se non producesse nulla; questo perché la differenza tra e ATC e AVC rappresenta i costi fissi. Le due condizioni (1- MC coincidente con AVC; 2- P° > min AVC) definiscono, unitariamente considerate, la curva di offerta di breve periodo in concorrenza perfetta. Per i livelli di prezzo > AVC intersecato ad MC la curva di offerta di breve periodo coincide con la parte evidenziata, per un prezzo minore con l’asse verticale poiché l’impresa non produce niente. La curva di offerta di un’industria è uguale alla somma delle curve di offerta delle imprese che la compongono. La somma deve venire effettuate orizzontalmente. Abbiamo quindi affrontato il problema della quantità di output ottima ad un dato livello di prezzo. Questo livello di prezzo è dato dall’intersezione tra la curva di domanda del bene e l’offerta dell’industria, misurata calcolando la somma delle singole curve di offerta di breve periodo delle imprese, a sua volta sostituita dalla parte di costo marginale crescente dopo il minimo della curva di costo variabile medio. Se il prezzo risultante è pari al punto di minimo della retta dei costi medi totali abbiamo il punto di pareggio (break even point). (prima di questo punto l’impresa è in perdita, oltre in profitto). Se il prezzo è maggiore del break even point, calcoliamo il profitto Π come differenza tra i ricavi totali, dati da P*Q* e i costi totali, dati da ATC Q* possiamo anche calcolarla come (CM-ATC)Q*. tra il minimo di AVC e quello di ATC l’impresa è in perdita poiché non arriva a coprire i costi fissi. • Una caratteristica positiva della concorrenza perfetta è l’efficienza allocativa. Questa avviene perché non sono pensabili, in quanto svantaggiosi, scambi privati tra produttori e consumatori ad un prezzo diverso da P*, che risulta essere il più basso proponibile perché rappresenta il costo dei fattori necessari a formare l’output. Un mercato concorrenziale è efficiente quando massimizza il beneficio netto di coloro che vi partecipano, quindi produttori e consumatori. Il surplus del consumatore misura il beneficio che il consumatore ottiene effettuando lo scambio sul mercato, quello del produttore misura il beneficio che l’impresa ricava dall’aver offerto la quantità di output che massimizza il suo profitto. Il surplus del produttore è maggiore del profitto economico poiché è dato dalla differenza tra ricavo totale e coti variabili. In pratica è uguale alla somma del profitto economico con i costi fissi. Nel lungo periodo l’offerta del bene considerato è soggetta a degli aggiustamenti. Quando un’impresa genera un profitto, essa attira altre imprese in cerca di occasioni di guadagni. L’aggiungersi delle imprese, nel lungo periodo, determina uno spostamento verso destra della curva di offerta, abbassando così il prezzo e il profitto di ogni impresa che dovrà ridurre il capitale. Man mano che si aggiungono le imprese il prezzo d’equilibrio arriverà a tangere il minimo di LAC, in modo che il profitto di tutte le imprese diventa nullo. Questo è l’equilibro di concorrenza perfetta di lungo periodo. Al contrario, se il prezzo è più basso del minimo di LAC, alcune imprese decideranno di levarsi dal mercato, determinando uno spostamento verso sinistra della curva di offerta, facendo aumentare il prezzo fino ad arrivare al punto di equilibrio del mercato in concorrenza perfetta. A spingere i settori verso l’equilibrio di lungo periodo in concorrenza perfetta, secondo Adam Smith, è la mano invisibile dell’interesse individuale. Anche se nessuna impresa pone come proprio fine il benessere collettivo, vi sono alcune importanti caratteristiche di ottimo sociale nell’equilibrio di concorrenza perfetta. Innanzitutto ricordiamo che c’è piena efficienza allocativa, quindi, siccome il prezzo è sempre uguale al costo marginale, non esistono scambi tra privati più vantaggiosi di quelli proposti dal mercato; inoltre nell’equilibrio di lungo periodo il prezzo equivale al minimo di LAC, quindi non c’ modo di produrre ad un prezzo inferiore; infine tutti i produttori realizzano solo il saggio marginale di profitto, dato dal costo opportunità del capitale. La concorrenza riesce dunque ad esprimere gli interessi del consumatore, in quanto egli è sovrano e decide i prodotti che le imprese devono produrre. Tuttavia per essere soddisfatti, bisogna avere le idee ed i gusti della maggior parte della popolazione e, ancora più importante, il loro livello di reddito. In concorrenza perfetta, se il prezzo dei fattori è costante, la curva di offerta di lungo periodo è una retta orizzontale, sia quando le curve di costo medio di lungo periodo sono orizzontali, sia quando sono a “U”. Se il prezzo è funzione crescente dell’output, la curva di offerta è inclinata positivamente, se è decrescente la curva di offerta è inclinata negativamente. Possiamo calcolare l’elasticità dell’offerta del prezzo, derivandola come la sensibilità dell’offerta sulle variazioni di prezzo. Essa si trova dall’equazione Ugualmente all’elasticità della domanda con curve di offerta orizzontali l’elasticità risulterà tendente all’infinito, quindi variazioni di prezzo non modificheranno l’offerta. In presenza di economie o diseconomie pecuniarie l’elasticità dell’offerta è negativa o positiva. Gli economisti per semplicità ragionano quasi sempre con curve di offerta orizzontali. CAPITOLO 12 – Il Monopolio Il monopolio è una forma di mercato nella quale un unico venditore offre il prodotto per il quale non esistono stretti sostituti. La differenza tra un tipo di mercato concorrenziale e un monopolio è data dall’elasticità al prezzo della domanda di ciascuna impresa. Nel lungo periodo la domanda ha elasticità infinita quindi se il produttore aumenta di poco il prezzo fallisce; nel monopolio invece il produttore è capace di controllare il prezzo senza rischiare niente. Gli economisti hanno individuato 5 cause fondamentali per la nascita di un monopolio. Esse sono: 1- controllo esclusivo di input fondamentali: si crea una situazione di monopolio quando un produttore ha il controllo esclusivo su un prodotto difficilmente imitabile. Per esempio la DeBeers Diamond Mires ha il controllo esclusivo sulla maggior parte dell’offerta mondiale dei diamanti grezzi. I diamanti sintetici non sono sostituti dei diamanti originari, quindi la debeers ha il monopolio sui diamanti. Tuttavia il controllo esclusivo sull’input sostiene una situazione di monopolio temporanea; difatti quando la qualità dei diamanti sintetici sarà superiore a quella dei diamanti naturali, la debeers non avrà più monopolio. 2- Economie di scala: se la curva di costo medio di breve periodo è decrescente, il modo meno costoso di servire il mercato è concentrare la produzione presso un’unica impresa. Così facendo si riduce il costo di produzione. L’impresa che serve il mercato ad un costo minore crea un monopolio naturale. Ciò si crea solo nell’economie di scala, dove appunto la curva di costo medio di breve periodo può essere decrescente. 3- Brevetti – un brevetto conferisce il diritto esclusivo di godere dei benefici economici derivanti dagli scambi in cui è coinvolta l’invenzione. Il costo sociae che comportano i brevetti sono rappresentati dai monopoli che si vengono a creare sull’invenzione, mentre i benefici sono rappresentati dalla copertura dei costi necessari per arrivare all’invenzione. 4- Economie di rete: in un mercato un bene acquista tanto più valore per i con sumatori tanti più sono gli utilizzatori. 5- Licenze governative o appalti: molti settori del mercato sono disciplinati dalla legge tramite licenze governative. In pratica l’esclusiva sull’entrata del prodotto nel mercato in certi luoghi è data solamente ad una singola impresa con metodi diversi. Un esempio può essere le catene di ristoranti lungo l’autostrada, assegnati dal governo ad una singola compagnia, oppure il gioco del lotto. Supponiamo che l’obiettivo del monopolista sia uguale a quello di chi opera in concorrenza perfetta: la massimizzazione del profitto. Sappiamo che in concorrenza perfetta la curva di domanda si presenta come una retta parallela all’asse delle quantità con intercetta sull’asse verticale pari a P*, cioè al prezzo stanziato dal mercato; sappiamo inoltre che l’impresa in concorrenza perfetta non può agire sulla quantità di output tramite variazioni di prezzo poiché soddisfa una quantità troppo piccola della domanda del mercato. La curva di ricavo totale di un’impresa in concorrenza perfetta sarà quindi una retta passante per l’origine con inclinazione pari a P*. il monopolista si trova invece a fronteggiare una curva di domanda inclinata negativamente. Il ricavo totale è anche in questo caso dato dal prodotto tra prezzo di vendita e quantità venduta. Nel monopolio data la curva di domanda ad inclinazione negativa, il ricavo totale non aumenterà proporzionalmente alla quantità venduta, bensì troverà un suo punto di massimo, dopo il quale comincerà a calare. Questo perché il monopolista, per vendere una quantità maggiore di prodotti, deve diminuire il prezzo del singolo prodotto. Il ricavo totale raggiunge il massimo in corrispondenza del punto intermedio della curva di domanda. La curva di costo totale, anche per il monopolista, avrà come intercetta, l’ammontare dei costi fissi. Ricordiamo che il profitto economico è dato dalla differenza tra costo totale e ricavo totale. Il maggior profitto lo avremo quando risulterà massima la differenza tra ricavi totali e costi totali. Notiamo che la distanza tra le due curve è massima quando esse hanno la stessa pendenza per definizione, la pendenza della retta del costo totale è detta costo marginale, inoltre la pendenza della retta del ricavo totale è detta ricavo marginale. Il profitto economico maggiore quindi quando RM = CM. Questa è detta condizione di ottimo per un monopolista. Possiamo vedere il ricavo marginale la differenza tra l’aumento del ricavo totale ottenuto grazie ad un aumento delle vendite e la diminuzione del ricavo totale ottenuta in seguito a una diminuzione dei prezzi, divisa la quantità venduta. risposta dell’altra. Come fare per convincere a prima nazione che in caso di attacco la risposta sarà sicura? La risposta a questa domanda è data dall’inserimento nel gioco di un automa che in casso di attacco fa partire automaticamente i missili. Un’impresa che voglia modificare la quantità prodotta o il prezzo può ipotizzare molti modi di risposta da parte dei concorrenti. Può ipotizzare che i concorrenti non varino la produzione, che non varino il prezzo, o altre ipotesi ancora. Cournot – secondo questo modello ogni impresa suppone che le sue concorrenti continuino a produrre lo stesso livello di output. Il modello più famoso che ha teorizzato Cournot è quello di duopolio. L’ipotesi fondamentale è che ogni duopolista consideri costante la quantità prodotta dal suo concorrente. Supponiamo che la curva di domanda di mercato sia P = A-B(Q1+Q2). Supponiamo anche che i costi di produzione delle due imprese siano uguali a 0. risolvendo la curva di domanda in funzione di Q1 e Q2 troviamo le due curve di domanda delle singole imprese. Dopo aver trovato i ricavi marginali ed averli eguagliati al loro costo marginale, avremo trovato la funzione di reazione, che indica come varia la quantità prodotta da un’impresa in riposta a quella prodotta da un’altra. Per ogni cambiamenti del livello di produzione di Q, seguirà un cambiamento di Q2 e così via, fino ad arrivare al punto di equilibrio, dato dall’intersezione tra le due funzioni di reazione. Sommando le due quantità di equilibrio troviamo l’output totale, il quale, sostituito nella curva di domanda, ci dà il P*. Secondo il modello di Bertrand ciò che davvero interessa ai consumatori è il prezzo dei prodotti delle due imprese. Supponiamo che un’impresa fissi un prezzo p°, l’impresa concorrente può fare tre cose: fissare un prezzo più alto non guadagnando niente, fissare un prezzo più basso marginalmente prendendo tutto il mercato o fissare un prezzo uguale spartendosi il mercato. L’impresa sceglierà la seconda ipotesi, e l’impresa uno la risceglierà a sua volta, finche prezzo non eguaglierà il costo marginale e il profitto sarà nullo. Per il modello di Stackelberg, per anticipare le mosse di un concorrente che ragiona con Cournot basta sostituire la sua funzione di reazione alla domanda di mercato, ricavandone una funzione di domanda e relativo ricavo marginale, il quale, eguagliato al costo marginale, ci dà il livello Q*, che, sostituito alla domanda, ci da P*. La concorrenza monopolistica è caratterizzata da due semplici circostanze: 1- l’esistenza di numerose imprese, ciascuna delle quali produce un bene che è sostituto stretto ma imperfetto di quelli delle concorrenti. 2- la libertà di entrata e d’ uscita dal settore. Secondo il modello spaziale di concorrenza monopolistica, i consumatori preferiscono particolari localizzazioni o caratteristiche del prodotto, e quindi ogni impresa tende a misurarsi con le imprese che offrono prodotti simili al suo. Il punto cruciale del modello spaziale della concorrenza monopolistica è il trade-off tra il desiderio di ridurre costi di produzione da un lato, e quello di aumentare la varietà o il numero delle localizzazioni produttive dall’altro. Il grado ottimale di varietà dal punto di vista collettivo dipende da numerosi fattori: di solito, la differenziazione cresce all’aumentare della densità della popolazione e del costo di trasporto ( dove, in genere, il costo di trasporto misura la disponibilità a pagare per avere il prodotto con le caratteristiche preferite). Il grado di differenziazione ottimale è correlato negativamente al costo dell’investimento iniziale necessario a produrre un bene dotato di nuove caratteristiche. Il mercato rispetta, in un certo senso, un criterio di equità poiché il costo della differenziazione viene sostenuto soprattutto da coloro che le attribuiscono un valore maggiore. CAPITOLO 14 – Mercati dei fattori Consideriamo un’impresa che impiega due input, lavoro e capitale. Supponiamo che nel breve periodo il capitale rimanga fisso. L’impresa vende tutti i suoi prodotti in un mercato in concorrenza perfetta e può ingaggiare tutta la forza lavoro che vuole a 12 £ all’ora. Come fa a capire quante unità di lavoro deve comprare? Semplice: consideriamo un’unità in più di lavoro per il ricavo che ottengo nel vendere l’output che essa produce, il livello di equilibrio si può trovare eguagliando questo valore con il saggio di salario, che rappresenta il costo marginale. Supponiamo che il prezzo deciso dal mercato sia p=2 e che l’equazione del prodotto marginale del fattore lavoro sia MVL = (10 – 1/20 L). MPL ci dice quanto output è prodotto da un’unità aggiuntiva di lavoro; per scoprire il valore di questa ricorriamo all’equazione del valore del prodotto marginale del lavoro VMP(l) = (P(M P1). In questo caso quindi VMP(L) = 2(10 – 1/20 L). eguagliando a VMP(L) il saggio di salario otteniamo 12 = 2 (10-1/20 L). risolvendo l’equazione in funzione di L, troviamo che la quantità ottimale di lavoro L* è 4=1/20L quindi L=120. la curva della domanda di lavoro è più elastica nel lungo periodo poiché l’impresa ha la possibilità di sostituire il lavoro al capitale in seguito ad un abbassamento del prezzo del lavoro, mentre nel breve periodo può soltanto aumentare l’output. Supponiamo di avere la curva Corrispondente alla somma orizzontale delle varie curve VMP(L) con P=P1, w=w1 e L=L1. se diminuisce il saggio di salario a w=w2, avremo un aumento del lavoro a L=L2. questo processo aumenterà la quantità di output che ogni impresa metterà sul mercato. Ci sarà quindi uno spostamento verso il basso lungo la curva di domanda di mercato che comporterà necessariamente una diminuzione del prezzo dell’output. Si può cosi ricavare che la curva di domanda di mercato è più inclinata della curva - nel caso di un’impresa che opera in un mercato in concorrenza imperfetta un aumento di output sarà seguito da una diminuzione del prezzo del prodotto. questo avviene contrariamente ai mercati in concorrenza perfetta, nei quali un’unità aggiuntiva d output si può vendere al prezzo corrente. In concorrenza perfetta il valore dell’output aggiuntivo si ottiene moltiplicando il prezzo con il prodotto marginale. Il concorrenza imperfetta invece il valore di un’unità aggiuntiva di output viene denominato ricavo marginale del prodotto del lavoro e viene calcolato come il prodotto tra il ricavo marginale e il prodotto marginale. Dato che il ricavo marginale è definito come il rapporto tra la variazione di Q e la variazione di L e il prodotto marginale come il rapporto tra la variazione di TR e la variazione di Q, La domanda di lavoro sarà quindi data da RMP = SS (ricavo marginale del prodotto del lavoro = saggio del salario). Offerta di lavoro – L’offerta di lavoro evidenzia quanto un individuo voglia lavorare ad un determinato salario orario. Per trovare questa quantità, dobbiamo supporre che la scelta sia tra due beni: reddito e tempo libero. Una persona può scegliere il suo “paniere ottimale” a seconda della sua curva di utilità tangente al vincolo di bilancio. Notiamo che per livelli di salario molto elevati l’offerta di lavoro si riduce: l’uomo infatti dopo aver raggiunto un certo livello di reddito, tende a dare più importanza al tempo libero. Siccome la curva di domanda di tempo libero può essere inclinata positivamente, è lecito chiedersi se il tempo libero è un bene di Giffen. Un bene di Giffen è un bene per il quale esistono sostituti allettanti ma più costosi, quindi la sua domanda aumenta all’aumentare del prezzo. I beni di Giffen sono dunque beni inferiori. Il tempo libero è invece un bene normale. Per quanto riguarda il tempo libero, un aumento del salario costituisce non solo un aumento del pezzo (costo opportunità) dello stesso, ma anche un aumento del reddito. L’effetto di sostituzione di un prezzo relativo più alto di quello del tempo libero è quello di ridurre la domanda di tempo libero, ma poiché il tempo libero è un bene normale, il reddito aggiuntivo fa aumentare la domanda di tempo libero. La curva di offerta di lavoro può presentare un andamento negativo solo quando l’effetto di reddito dell’incremento salariale supera l’effetto di sostituzione. Per ottenere la curva di offerta di mercato è necessario sommare tutte le singole curve di offerta individuale. Sebbene la curva di offerta di lavoro individuale possa presentare dei tratti discendenti, quella totale avrà sempre inclinazione positiva Questo poiché l’aumentare del salario oltre a ridurre le ore lavorative di chi già lavora nel settore, apporterà al settore stesso nuove forze lavorative. Monopsonio – Mentre per Monopolio si intende la presenza di un unico produttore sul mercato, per Monopsonio intendiamo la presenza di un unico acquirente di un particolare fattore di produzione. Supponiamo che vi sia un’unica impresa che agisce in un determinato mercato, essa sarà monopsonista rispetto al lavoro per esempio. Per un monopsonista la curva di offerta di mercato sarà uguale alla curva di offerta di lavoro. Supponiamo che sia inclinata positivamente. S si può anche definire curva di costo medio dei fattori, poiché indica la spesa media per lavoratore ad ogni livello di occupazione. Moltiplicando il valore della curva di costo medio dei fattori per la quantità dei fattori otteniamo la curva di costo totale dei fattori. Il costo marginale dei fattori indica invece quanto varia il costo totale dei fattori in seguito all’acquisto dell’ultimo fattore. È intuitivo capire che MFC ha inclinazione doppia rispetto a AFCC. Il livello di occupazione ottimale sarà quello per il quale MFC e la curva di domanda si intersecano. Il valore trovato, sostituito in AFCC ci dà il valore del salario da attribuire a ciascun lavoratore. Possiamo notare che, a differenza della concorrenza perfetta, il monopsonio presente lo stesso grado di inefficienza del monopolio, dato dal fatto che non vengono esauriti i benefici derivanti dallo scambio dei beni. In concorrenza perfetta la quantità di lavoro sarebbe infatti data C** e il lavoro da w**, che si trovano nell’intersezione tra la curva di domanda e la curva di offerta. Nel monopsonio l’intento è quello di massimizzare il profitto e quindi l’equilibrio si avrà quando i ricavi dati dall’unità addizionale di lavoro rappresentati dalla curva di domanda eguaglieranno i costi sostenuti per il suo acquisto, MFC. Sindacati – i sindacati fungono da collegamento tra la direzione e i lavoratori dipendenti. Lo scopo principale del sindacato è quello di contrattazione salariale oltre di comunicazione tra lavoratori e dirigenti. Notiamo che il processo di sindacalizzazione di un’impresa diminuisce il livello di output nazionale poiché i lavoratori si spostano da imprese non sindacalizzate a imprese sindacalizzate e viceversa. Tuttavia, calcolando la differenzazione tra i lavori, questa diminuzione di output è trascurabile. Notiamo che, se i salari delle imprese sindacalizzate aumentano del 10%, i costi che deve sostenere un’impresa risultano molto più elevati. Intuitivamente quindi le imprese non sindacalizzate dovrebbero produrre di più, poiché possono contare su più lavoratori e su un salario più basso. Tuttavia però un lavoratore a cui viene offerto un salario migliore unito ad un rapporto migliore con i propri dirigenti sarò motivati a lavorare meglio, e, quindi, la produttività dell’impresa sindacalizzata sarà superiore di quella non sindacalizzata. Struttura dei salari – se rapportati con la realtà i modelli formulati di attribuzione del salario hanno ben poca attinenza. Ciò perché nei modelli non si considerano due agenti fondamentali: 1- la preferenza di un individuo di trovarsi in posizione di controllo sugli altri 2- la libertà di qualsiasi lavoratore di cambiare lavoro. Sappiamo che un lavoratore può presentare una preferenza per lavorare a un elevato tasso di reddito o ad un elevata posizione gerarchica. Spesso, a produttività costante, un lavoratore è pagato meglio a livelli gerarchici più bassi poiché deve essere “premiato” per accettare la condizione d inferiorità gerarchica. Notiamo quindi come sia minore il salario di chi vuole essere la locomotiva di un piccolo treno rispetto a chi si accontenta di essere l’ultimo vagone di un grande treno. Calcolando i differenziali salariali quindi, la teoria della remunerazione torna ad essere in accordo con quella basata sulla produttività marginale. La teoria delle superstar è molto interessante. Essa stabilisce la remunerazione del lavoratore che può farti fare il salto di qualità. Due imprese in lotta per vincere una causa da 1 miliardo pagheranno l’avvocato migliore che, per ipotesi, è sicuramente in grado di far vincere la causa all’una e all’altra ad un prezzo x<1 miliardo. Questo è il motivo per il quale l’attore di successo, il cantante di fama mondiale ecc percepiscono stipendi spaventosi.
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