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Riassunto esame Storia del diritto. Testo consigliato: Introduzione al 900 giuridico - Grossi, Sintesi del corso di Storia Del Diritto

Appunti che ho redatto in seguito alle lezioni di Storia del diritto. Il professore ha anlizzato il testo Introduzione al 900 giuridicodi Paolo Grossi

Tipologia: Sintesi del corso

2012/2013

Caricato il 26/02/2013

francescaceskina
francescaceskina 🇮🇹

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Scarica Riassunto esame Storia del diritto. Testo consigliato: Introduzione al 900 giuridico - Grossi e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Diritto solo su Docsity! Introduzione al Novecento Giuridico - Paolo Grossi Novecento giuridico: secolo pos-moderno 1. Novecento giuridico: secolo pos-moderno; secolo lungo Il Novecento in Europa viene definito come tempo di transizione, con la conseguenza che ha confinazioni non nette e non possono incidere con alcuna scansione cronologica. Infatti sul profilo socile ed economico, ancora oggi il diritto sta continuando a vivere un lungo assestamento e un itinerario che non si è ancora concluso. Quindi, al contrario di come diceva Hobsbawm, il Novecento non è il secolo breve, ma il secolo lungo = si ripercuote sul nostro presente. Un tempo di transizione, che è quindi pos-moderno. Un tempo che ha lasciato terreno storico nella sua modernità. 2. La modernità giuridica: il mondo di ieri Stephan Zweig, autore austriaco, scrive nel 1942 'Il mondo di ieri'. Egli afferma che quando morì l'ultimo imperatore asburgico Carlo, quindi con l'inizio della prima guerra mondiale, si trovava ad un momento storico fino al passare della storia. Quello era il mondo della sicurezza, dove ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: tutto aveva una sua norma. Il diritto viene quindi inteso da Zweig e dalla modernità come un insieme di norme, controllato dall'alto e che deve essere obbidito. Il diritto viene controllato dal potere politico, che deve comandare e dove vi è una precisa incarnazione testuale in sistemazioni organiche compiute, che danno chiarezza e certezza: i Codici. Sono il modello del disciplinamento di una branca giuridica e sono espressione della mentalità giuridica moderna. Un assetto giuridico specificato dallo Stato ingombrante che frammenta la visione unitaria e universalistica del Medioevo. Lo Stato cancella il pluralismo giuridico e monopolizza la produzione del diritto. Quindi, la vincolazione tra potere politico e diritto diventa necessaria e lo Stato compie la completa identificazione del diritto nella legge: uno statalismo giuridico che diventa, di conseguenza, un rigido legalismo. La pluralità delle fonti viene soffocata in una inflessibile piramide gerarchica, dove al vertice c'è la legge. Il primo modello di principe moderno fu Napoleone: un sovrano accentratore e facitore di diritto, un legislatore, un codificatore: la sua opera codificatoria inizia dal Codice Civile e la ragion civile perde extratestualità diventanto mancipio dello Stato. 3. Germinazioni pos-moderne negli ultimi decenni dell'Ottocento Zweig faceva il discrimine fra il prima e il poi con la Grande Guerra; ma alcuni giuristi cominciano a vedere profonde incrinature già negli ultimi decenni dell'Ottocento: il nuovo sentiero storico del secolo lungo ha un primo avvio sul piano socio-economico: • la Rivoluzione Industriale che ha un significato economico, poiché l'asse economico della società viene spostato dal paesaggio agrario a quello industriale, e sociale, poiché si esce lentamente dalle relazioni sociali del secolo precedente - familiarità - fino ad arrivare ad ampie masse di lavoratori, con la nascita di pretese collettive, di una coscienza di interessi collettivi e quindi di lotte collettive. • la consistenza di quelle formazioni sociali, organizzazioni sindacali, associazioni professionali, cooperative e assistenziali. Il ceto proletario prende coscienza e consapevolezza di sé per potersi trasformare da un io individuale ad un io collettivo: poter pretendere così qualcosa. La riscoperta di un soggettivismo esasperato e di una dimensione collettiva che si riduce a soli due soggetti: il macro-soggetto, lo Stato e il micro-soggetto, l'individuo singolo, che non è un nullatenente destinato a scomparire nella massificazione sociale - assetto sociale fondato sulla discriminazione censitaria. Infatti la pseudo-democrazia moderna vede soltanto dei soggetti che si, sono cittadini, ma senza volto o un'identità precisa e identificati solamente nella rigida scansione censitaria della società. Sono solo destinatari passivi del comando e il diritto viene e appartiene all'alto e si proietta sulla massa che é priva di qualsiasi incisività. Inoltre, nel Novecento, nasce l'articolazione corporativistica della società: un atteggiamento di insoddisfazione per lo statalismo e l'individualismo moderni. Esalta la funzione mediatrice tra Stato e individuo - recupero di tutta la complessità dell'ordine sociale,economico e giuridico - e uno strumento in grado di incarnare il soggetto astratto in un tessuto concreto di relazioni. Viene tolta quindi l'astrattezza al soggetto singolo e gli viene data una cellula protettiva necessaria per il soggetto economicamente e socialmente debole. Il corporativismo si sviluppa tra Ottocento e Novecento e ritorna dagli anni '30 e '40 del Novecento: diventa l'ossatura economico-sociale di alcuni Stati totalitari, come ad esempio il Regno d'Italia fascista. Lì vi era il bisogno di contrastare l'individualismo economico liberale e il collettivismo marxista/leninista - tutto ciò congeniale alla dittatura. Nella struttura corporativistica si cercò di togliere le venature pluralistiche che la caratterizzavano, così snaturandola. Come disse G. Capograssi, il Stato è un povero gigante scoronato - lo affermò nel 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale. Il diritto recupera pluralità, nella realtà plurale e complessa che è la società che si esprime nella pluralità di fonti e in diverse articolazioni e in fattualità, poiché nel sociale si mescolano atti e fatti, aggrovigliandosi rendendo così impensabile il presunto bene dell'astrattezza, portando invece ad un'inevitabile contaminazione. 5. L'irrompere del pos-moderno: crisi dello Stato, crisi della legge, crisi delle fonti. Il nuovo ruolo dell'interprete Nella civiltà moderna, Stato e diritto vengono identificati e la sua crisi coinvolge anche le fonti, in particolar modo la legge. La crisi viene causata dal movimento proveniente dall'Austria, detto Freirechtsbewegung, identificato con il modernismo giuridico in Italian dove si dice che il giurista ha il compito di relativizzare il testo normativo del legislatore, dandovi contenuti adeguati al tempo in cui si trova. Quindi la legge non è più rigida ed essenziale, ma proiettata verso il futuro e aperta al suo diventire incessante = variare i suoi contenuti al variare degli eventi, come affermavano i sostenitori di questo movimento, i giusliberisti. Quindi si comincia a discutere di due nuovi temi che durante la modernità venivano considerati "proibiti": • equità: è l'atteggiamento del diritto a misurarsi in modo ravvicinato con la giustizia e dove il fattuale prende posizione sul formale. Essa veniva rifiutata dal legalismo statalista poiché eliminava la confinazione con il mondo dei fatti - innalzava il giudice e umiliava il legislatore. Vittorio Scialoja era un sostenitore del diritto moderno e affermava che l'equità era uno strumento del legislatore e non del giudice o dell'interprete, poiché è un complesso di valori estranei al mondo giuridico e solo il legislatore è in grado di trasformarla. Invece i giudici neoterici, quelli immedesimati nel Novecento, dicevano che l'equità esprime la stessa storicità del diritto e la sua stessa positività = affermazione di un principio nuovo e diverso, che ora non viene applicato solo nella sua peculiarità, ma anche nella generalità. Una sorta di anticipazione del futuro. • interpretazione: la modernità la vedeva come una mera logica deduttiva, dove l'interprete era un personaggio passivo della volontà contenuta in un testo inattacabile e a-storico. Col tempo nacque un problema: quello delle lacune. Tra le consolidazioni giuridiche e la dinamica socio-economico-tecnica si vennero a creare che furono risolte immaginando di trovare le soluzioni nelle proprie risorse. Ma peccarono di astrattezza, poiché prescindevano dal concreto sviluppo della società. I nuovi giuristi sottaggono il sistema legale al mito indiscutibile della modernità, ossia della civiltà giuridica borghese che vedeva come principio cardine quello della divisione dei poteri e, quindi, il potere legislativo, quindi la produzione del diritto,nelle mani del potere politico. Quindi il sistema legale viene riconosciuto come un sistema di lacune, nasce diffidenza e così il giurista sposta la sua attenzione dallo Stato alla società e l'interprete diventa il mediatore tra la dinamica dei valori e la staticità dell'edficio legale. Dopo la Prima Guerra Mondiale, ossia tra lo ieri e l'oggi, ci furono due cambiamenti: 3 diritto che nasce e prospera al di là della positività - richiamo al diritto naturale ritorno della 'natura dei fatti'.Vittorio Scialoja affermò che nell'interpretazione e nell'applicazione quotidiana noi ci troviamo di fronte ad uno strato di coscienza generale assai turbata.6. Il diritto pos-moderno e la sua fattualitàNel Novecento vi è una riscoperta dei fatti strutturali, economici e sociali e quindi il diritto perde tutta la sua astrattezza per recuperare carnalità. Dopo la Prima Guerra Mondiale, gli Stati belligeranti avevano bisogni eccezionali e,di conseguenza,si necessitavano leggi eccezionali che dovevano conseguire risultati concreti sul piano economico-sociale. Non sono delle vicende da relegare in quel periodo storico come eccezionalità, ma sono un'anticipazione del futuro.Il diritto civile è una branca che si occupa della sfera privata e della vita quotidiana del singolo individuo come civis, ossia come cittadino. Un soggetto unitario, protagonista di un tempo metastorico. Una forte influenza arriva dal giusnaturalismo: è protesa a creare una costruzione individualistica dell'ordinamento - lo stato di natura dei giusnaturalisti è popolato da ingoli individui con diritti soggettivi precisi. Il soggetto del diritto civile è virtuale,astratto e ogni cittadino ha uguaglianza giuridica,ossia formale. I due istituti cardine della modernità nel diritto civile: 4 la proprietà privata individuale: sovranità di un individuo sacrale. Successivamente fu rivalutata, in quanto vengoni riconisciuti diversi tipi di proprietàn ognuno dei quali è modellato diversamente a seconda della struttura del bene e dei bisogni emergenti da esso. La proprietà non viene più considerata come soltanto diritto soggettivo, ma anche come dovere, relativizzando la sua pretesa di assolutezza. 5 negozio giuridico: nella modernità era basato sul principio della sovranità dell'individuo, mentre nel Novecento diventa una auto-regolamentazione di interessi sociali, basati sul principio di solidarietà. Non una semplice un fatto individuale, ma un fatto che attiene alla vita di relazione e come fenomeno sociale. Gli istituti civilistici, durante la modernità,vantavano l'unitarietà del diritto civile. Tuttavia questa certezza fu messa in discussione durante il Novecento, poiché furono accusati di astrattezza. Infatti vi era un solo diritto per tante e diverse situazioni, mentre nel Novecento cominciano a nascere diritti speciali per fatti ch si devono disciplinare, come il Diritto del lavoro (contratto del lavoro), il Diritto agrario (regole ed esigenze proprie che non possono essere ignorate - fatti geologici e agronomici) e il Diritto dell'economia. sempre il produttore di leggi. Ciò che va in crisi è la legge stessa, che si dimostra carente nell'ordinare la complessità della società. Il legislatore, inoltre, è distante dai problemi che infliggono la società - leggi disorganiche che violano ogni certezza (continue leggi finanziarie), a fronte di un corpo sociale che continua a vivere dinamicamente e che avverte l'esigenza di una veste giuridica che dia effettività e che lo ordini - un continuo rinnovarsi della società che necessita di attenzione e di nuovi strumenti ordinanti. L'ordinamento si scinde quindi in due piani: quello della validità e quello dell' effettività, che non coincidono, creando così profonde incrinature. Oggi, quindi, c'è la necessità di un onere dell'adeguamento che deve riversarsi su fonti duttili, che per loro natura sono elastiche e concrete, anzi,concrete proprio perché elastiche - soprattutto in un periodo di transizione. Quindi si sente il bisogno del fenomeno interpretativo: prima una semplice appendice, ma ciò eludeva il problema della frizione tra testo e vita, tra immobilità del comando e mobilità della società. La soluzione fu data da Gadamer: ermeneutica. Un rinnovamento metodologico che tenta di cogliere il rapporto reale tra testo e interprete. Guardare con occhi maggiormente critici e vedere che il testo non è una realtà auto-sufficiente, ma incompleta e incompiuta, che può diventare completa e compiuta solo grazie all'interpretazione, un'indagine meramente conoscitiva, che è com-prensione di un testo estraniato dal divenire.Attenzione e valorizzazione dell' interprete, che assume una funzione intermediativa. Il nuovo porta ad una rivalutazione dell'interprete e riconoscimento di pressanti esigenze di supplenze nei vuoti del legislatore. Esse si trovavano nella realtà delle cose - introdurre una nuova liberante visione. 10. Il cantiere/Europa: significato storico-giuridico della formazione di un diritto europeo Un ritrovato ruolo del giudice nella formazione del diritto nel Novecento, insieme all'innovazione dell'Unione Europea. L'UE diventa giuridica, ma nasce da un mercato comune, dimostrando che la dimensione economica dei suoi atti normativi tiene come punto primario l'homo oeconomicus. L'Europa giuridica è modellata sull'Europa economica - viene smentita l'astrattezza del diritto tipico della modernità; il diritto europeo si basa sulla fattualità.Inoltre, l'Europa è dotata di unità politica e giuridica, un'osmosi fra la common law - statalismo, legalismo e formalismo e il civil law - giudizialismo, storicismo ed empirismo. Il risultato è un assetto privo della rigidissima divisione dei poteri che affida il monopolio della produzione del diritto al potere legislativo, ossia a quello politico = un ordinamento giuridico che viene costruito da un organo giudiziario: la Corte di Giustizia. R. Sacco affermò che il formante decisivo del diritto europeo è quello giurisprudenziale, con giudici e scienziati che hanno definito dei principi orientatori in settori vitali dell'esperienza giuridica (contratti). 11. Significato storico-giuridico della globalizzazione giuridica La globalizzazione giuridica è un fenomeno presente nella realtà odierna: poteri economici si danno a produrre diritto, un diritto immerso nella fattualità economica e di rendere solida la prevalenza del potere politico sugli altri - con la pretesa di valorizzare la volontà popolare. Egli vuole demitizzare il tutto e demolirne le fondamenta per potere guardare avanti e criticare il passato senza coinvolgimenti emotivi. 5. Le prime carte costituzionali sotto l'occhio ciritco di un giurista senza prevenzioni Egli critica i prodotti storici della modernità, come uno strumento funzionale alla civiltà giuridica borghese nell'opera Le carte costituzionali nel 1907. Egli afferma che siano testi peccanti di artificiosità, poiché svincolati dalla società sottostante e dal suo terreno storico, poiché l'idea che le sorregge è che una costituzione può compilarsi in un giorno e che l'ordine politico sia un puro affare di invenzione. Carte improvvisate senza nessuna corrispondenza nella vita quotidiana e prive di disposizioni concrete, ma solo con principi filosofici e formulazioni dottrinarie. Romano li definisce catechismi, piuttosto che leggi, poiché sono prive di qualsiasi corrispondenza con la civiltà e non tentano nemmeno di avvicinarsi ad essa. Egli attacca le pretese conquiste giusnaturalistiche delle prime carte costituzionali a causa della loro astrattezza e del loro non rivolgersi all'uomo carnale che vive nella storia, ma a quello unitario del diritto naturale - insieme ad un riduzionismo o ad una strategia della classe borghese. Quindi bisogna apprezzare l'universo giuridico non consolidato in scritture, poiché il diritto costituzionale è in buona parte non-scritto. Bisogna guardare al mondo dei fatti, quelli durevoli e consolidati nel tempo e che incidono sull'ordinatura sociale.Bisogna eliminare il pensiero dei civilisti, che afferma il culto della legge e del Codice Civile, poiché non attinge ai fatti, mentre bisogna riconoscere che nel diritto pubblico, che poggia su fatti socio-politici, si deve far posto all'elemento consuetudinario. 6. Lo Stato moderno e la sua crisi: l'espressione compiuta della maturità culturale di Romano Egli fa una ricapitolazione dei problemi del suo tempo: una puntualizzazione dei vizi genetici e costruttivi della modernità giuridica e, inoltre, ne sottolinea le conseguenze negative = crisi dello Stato. Contempla il suo presente, ossia il pos-moderno e la percezione di fondo di esso è il cozzo fra la storicità del diritto e l'anti-storicità dello Stato moderno. Romano definisce il diritto come una stupenda creazione e una luminosa concezione, corrotta da uno Stato opprimente e dalla forzatura del suo processo storico, poiché sorgeva come divelto dal passato, come una creazione dal nulla - non frutto di esigenze storiche, ma dalla bacchetta magica di capricciosi legislatori. Lo Stato fu lo specchio del suo tempo: la volontà di contrapporre alla visione politico- giuridica universalistica e particolaristica del Medioevo, una compattezza e una monopolizzazzione di ogni potestà su un unico complesso geografico. Ciò che interessa soprattutto Romano è la lotta al complesso di credenze mitiche e di certezze dogmatiche che avevano alterato la reale consistenza - artificiosità dello Stato che aveva motivato ulteriormente la crisi: separazione dello Stato dalla società e quindi del potere con la società = un tempo di crisi che ha bisogno di rinnovamento, basato su un principio di organizzazione superiore che unisca, contemperi e armonizzi le organizzazioni minori in cui la società va specificandosi. Lo Stato ritrova essere il suo comunità. Romano vuole che gli uomini vivano il proprio tempo, comtemplandolo criticamente per poter progredire nel futuro. 10. Il discorso inaugurale pisano: un messaggio da raccogliere Viviamo anche oggi in un tempo di crisi e in un cammino di transizione. Necessità di osservazione critica del presente, che però non degeneri mai in scetticismo, in nichilismo, ma che sia vista senpre positivamente poiché stagione favorevole per un tempo di transizione della società e dello Stato = speranza e coraggio di costruire per poter corrispondere a quella etica della responsabilità a cui si è chiamati. Crisi del diritto, oggi? 1. Sul significato della odierna crisi agli occhi dello storico del diritto. Oggi si parla di crisi del diritto, che porta ad un richiamo ad un atteggiamento più vigile alla storia che ci circonda. G. Capograssi affermò nel 1951, nel secondo dopoguerra, la rilevanza del valore emozionale del concetto di crisi; una sommersa insofferenza e una ondata emotiva che era presente in quel periodo. Il termine crisi viene dal greco krisis, separazione, indicando così un momento di transizione, un momento determinante e di mutamento - che gli uomini rifiutano a causa della loro pigrizia, preferendo un periodo di quiete e stabilità. Anche oggi viviamo un periodo di transito: il passaggio lento e proressivo dalla modernità che abbiamo alle spalle, ad un contesto giuridico profondamente diverso, il pos-moderno. Stiamo perdendo tutte le certezze che fondavano la modernità per costruirne di nuove e andare a creare così un nuovo paesaggio giuridico: rimuovere il vecchio per edificare il nuovo. 'Crisi' è anche un presente che si fa futuro e quella odierna è il modificarsi dell'ordinamento ufficiale ed evitare la separazione della società e il suo inevitabile inaridimento. 2. Sul contenuto della odierna crisi: il Novecento giuridico quale tempo pos-moderno Il Novecento è il secolo lungo, che inizia a fine Ottocento e continua ancora oggi, ne periodo definito pos-moderno. Un periodo che soffre di eccessiva genericità: a fine Ottocento, si inizia l'edificazione della modernità giuridica con tutte le sue certezze e verità indiscuribili che venivano dalla Rivoluzione Francese e dove l'unico protagonista era lo Stato, che monopolizzava la produzione giuridica, il diritto e il controllo sul esperienza giuridica, poichè i suoi protagonisti sono modelli tutti uguali e astorici, non comuni cittadini. Infatti le carte dei diritti non vanno oltre il concetto di uguaglianza come eliminazione delle discriminazioni cetuali. Invece le Costituzioni novecentesche consentono alla società di esprimersi liberamente in tutta la sua complessità, poiché espressioni di una realtà socio-politica pluri-classista, insieme ad una individuazione di interessi e valori diffusi. Atti di conoscenza di quella realtà storica di cui un popolo è vivente = atti di ragione.Quindi le Costituzioni novecentesche riflettono il pluralismo socialr, trasformandolo in pluralismo giuridico e, di conseguenza, possono essere considerate come specchio del nuovo secolo: assumono come base la concretezza storica e i suoi valori, il tutto intriso nella sua fattualità. Infatti i valori non hanno una realtà metafisica, ma sono consolidazioni storiche che ne subiscono l'incisività della dinamicità e, pertanto, sono durevoli. Il tutto ciò è anche dimostrato dall'intangibilità dei Principi fondamentali da un lato e dalla Prima parte della Costituzione italiana. 5. La odierna crisi come crisi delle fonti del diritto Il Codice continua ad avere un'importante funzione anche nel pos-moderno, poiché persiste nel riproporre un ideale giuridico ispirato ad un raffinato formalismo. Anche in Italia, durante gli anni '30 e '40, durante il Fascismo, furono utilizzati per la loro intelaiatura tecnico-scientifica.Tuttavia col tempo persero la loro efficacia, a causa della frizione fra l'immobilità cartacea e il movimento della storia. Invece, la Costituzione italiana si era dimostrata capace di far fronte alla complessità sociale e fattuale. Anche i Codici stessi, col tempo, cominciarono a subire cambiamenti con conquiste sociali di quel pluralismo giuridico, a fronte di un allontanamento che stava avvenendo tra prodotti normativi e società. Infatti, per cercare di far fronte alle esigenze della società che non potevano essere risolte nel riduzionismo moderno creando così un profondo vuoto, si cominciò a tentare di risolvere il problema con una folta legislazione speciale che però si dimostrò incapace di risolvere il problema, dimostrando l'inefficienza del sistema gerarchico delle fonti. È quindi anche crisi del diritto, poiché un mutamento e un vuoto destinato a colmarsi con nuovi contenuti idonei a ordinare il cambiamento. Poiché non è che il diritto, in quanto realtà complessa, possa ridursi ad una serie di comandi e imposizioni dall'alto, ma una dimensione a più strati che agisce con meccanismi compensativi di supplenzaxhe spontaneamente agiscono impedendo una crisi intesa come peggioramento. Quindi è crisi della legge, di quella fonte paralizzante, di cui la modernità si è impossessata per bloccare il diritto. La legge è infatti incapace di disciplinare il movimento e il movimento. 6. La fattualità del diritto e l'odierno ruolo dell'interpretazione/applicazione La fattualità è tipica del Novecento e si connota per la rapidità, la mutevolezza e la complessità, a cui il legislativo non riesce a tenere testa poiché lenta e incapace a seguire qualunque variazione. Ed è qui che entra in gioco la realtà complessa e pluri- dimensionale del diritto che valorizza al massimo il piano dell'interpretazione/ applicazione, poiché fonte duttile, versatile e disponibile alle variazioni = fonte di storicità. Si caratterizza quindi per la mediazione fra la legge vecchia e i fatti nuovi e quella della supplenza per colmare vuoti non sopportabili dalla coscienza collettiva. Quindi l'interpretazione/applicazione non è più una mera appendice esterna alla norma, ma è l'ultimo processo formativo di essa, poiché ad essa interno: il comando diventa norma solo grazie al contributo dell'interprete/applicatore. Una crisi dell'interrelazione di chi identifica le fonti in un rapporto gerarchico, che però si risolve sempre più nell'immagine innovatrice della rete: una de-tipicizzazione del paesaggio giuridico che da semplice diventa complesso. 7. Il seme della speranza nella crisi odierna: un presente che si fa futuro Il termine crisi è la nozione complessa e comprensiva di qualcosa che cade e di qualcosa che sorge - crisi come transito, di un presente che si fa futuro. Oggi è crisi delle fonti. È necessario mandare un messaggio di speranza e di un richiamo alla forte etica di responsabilità, poiché solo una lucida consapevolezza della nostra condizione storica e una sentita etica della responsabilità potranno irrobustire la nostra azione intellettuale in un momento difficile e renderla, così, incisiva. Universalismo e particolarismo nel diritto 1. Universalismo e particolarismo in rapporto alla fattualità del diritto La genesi spontanea del diritto nella società è nel particolare, la sua dimensione essenziale quale la carnalità, che è riscontrabile nel processo storico. Il fatto è trama della vita quotidiana dell'uomo ed è vicenda naturale, un frammento di spazio e di tempo che nasce in basso - nasce da cose con cui l'uomo ha familiarità e nelle quali la società si articola e nelle quali i soggetti di una comunità si trovano inseriti. Finché il fatto resta fatto, ossia la sua condizione economico-sociale non subisce contaminazioni dall'alto e rimane immerso nella mera fattualità, si risolve in un duplice risultato: 1 esprime il particolare 2 ha una capacità espressiva che può estendersi all'universale 2. Universalismo e particolarismo in rapporto alla consuetudine quale fatto normativo La consuetudine è una fatto che trae la sua carica normativa nel ripetersi durevolmente nel tempo = una sua genesi particolare che può dilatarsi fino a diventare consuetudine globale. Infatti non attinge a modelli superiori, ma trae la sua validità dalla sua capacità di incidere sulla realtà circostante, grazie alla sua forza intrinseca. È la sua ripetizione durevole che le dà effettività. adatta sia nel particolare fino all'universale nell'intero corso della media aetas: il carattere fattuale non muta e il diritto attinge sempre ai fatti fenomenici, economici e sociali. Tutto ciò è naturale, solo fino a quando nel Novecento anche il diritto agragrio, caratterizzato dalla sua genesi nelle esigenze particolari emergenti nel basso dell'esperienza a seconda del luogo, non verrà inquinato. L'universalizzazione e il particolarismo ebbero modo di verificarsi nel corso del Medioevo poiché in quel periodo non vi erano soggetti politici forti e totalizzanti come sarà poi lo Stato, che imporrà alla società moderna il canone della validità (la necessaria corrispondenza dei fatti ad un modello generale, autorevole e autoritaria) quale condizione per la rilevanza giuridica e sarà poi lo Stato a monopolizzare la produzione di diritto. Quello che conta, invece, durante il Medioevo è l'effettività: il paesaggio medioevale è pluralistico e caratterizzato dalla dialettica fra universale e particolare. Uno stesso territorio, soggetto ad un unico potere politico e quindi politicamente unitario, è giuridicamente plurale, poiché il potere, disinteressandosi della dimensione giuridica, consente che questa si organizzi non in base ai modelli prefabbricati in alto, ma secondo i bisogni emergenti nella quotidianità dell'esperienza. Una pluralità di ordinamenti con germinazioni spontanee della società di cui parlerà nel Novecento anche Santi Romano: un affiancarsi di iura propria (Chiesa, Comune e Statuti, ceto feudale, ceto mercantile..) che non avevano bisogno di autorizzazioni, insieme ad uno ius commune, un diritto di scienziati che leggono i fatti e li categorizzano grazie alle provvedutezze tecniche offerte dal diritto giustinianeo e dal diritto canonico: assetto pluralistico, con dimensioni che si auto-disciplinano, ciascuna nel proprio ordine, e il potere politico che non ha la pretesa di regolarle e controllarle. 5. Universale e particolare: due rifiuti da parte dello statalismo moderno Dal Trecento fino alla Rivoluzione Francese si fortifica la presenza di quel soggetto politico teso a controllare tutto il complesso del reticolato sociale: lo Stato, che è intollerante di pluralismo e che aspira a instaurare un regime di governo dove si realizzi appieno la coincidenza tra monismo politico e monismo giuridico = un solo potere politico, un solo diritto. Si arriva alla statalizzazione e alla territorializzazione del diritto: il diritto non ha più proiezione nella complessità della società nelle sue diverse dimensioni, ma in ambito puramente geografico - cancella il particolare e ignora l'universale. L'Europa racchiude quindi tante realtà insulari, con frontiere che limitano il potere politico-giuridico, e ciascuna è pensata come sovrana. A differenza del Medioevo, dove il termine sovranità indicava autonomia e relativizzazione - una posizione autonoma in realzione ad altre parimenti autonome, la nuova sovranità significa assolutezza (dal latino ab-solum, sciolto), indicando l'indipendenza assoluta di ogni Stato, privo di legami e relazioni: ciascuno Stato è un universo conchiuso. La giuridicità ora parte dall'alto e si proietta sui fatti con l'intento di controllarli: la giuridicità si identifica nella corrispondenza a un modello autorevole e autoritario. Di conseguenza, la civiltà giuridica e moderna si mostra nemica di ogni universalizzazione e diventa particolarista solo quando é rivolta al suo territorio politico, oggetto delle sovranità di uno Stato - ogni altro particolarismo è bandito poiché portatore di quel pluralismo giuridico che si è voluto abbattere. 6. Universalismo e particolarismo nella riscoperta pos-moderna della fattualità del diritto Il pos-modero, ossia il Novecento, è un secolo di transizione, un periodo storico in cui si sta oltrepassando la modernità: lo Stato non riesce più a contenere la società nello suo non-ruolo di piattaforma passiva dei propri voleri ed è costretto a rapportarsi con il suo spontaneo auto-organizzarsi. Un secolo che riscopre la società e la riscopre nella sua complessità: sempre più società, sempre meno Stato - la fattualità riemerge sempre più incontrollabilmente. Santi Romano parlò dello svincolo del diritto dalla totalizzazione del potere politico e la liberazione conseguente della società che portò a due conseguenze: 1 la de-territorializzazione del diritto 2 la riscoperta del pluralismo giuridico Tutto questo racchiuso nell'ordinamento giuridico, inteso come auto-organizzazione della società, la quale si auto-ordina a seconda delle diverse dimensioni e raggiunge così il risultato di sollevarsi dalla passività a cui era stata condannatastessa Quindi la nozione di ordinamento sposta la concentrazione dallo Stato alla società, con una rappresentazione oggettiva dei valori e degli interessi in cui il sociale è intriso e, come affermò G. Capograssi, è necessario un richiamo ai fatti della vita quotidiana come genesi della giuridicità - ordinamento giuridico e esperienza giuridica vengono dal basso e lo Stato non può conservare il suo ruolo rilevante che porta, quindi, ad un recupero del particolarismo (dimostrato dalla crisi dello Stato e dalla crisi delle fonti). 7. La dialettica tra universale e particolare nell'odierna esperienza giuridica Oggi, nel pieno del pos-moderno, c'è una forte tensione all'universale, insieme ad una valorizzazione del particolare - la dialettica universale/particolare ha portato: 1 Europa come universale rispetto alle vecchie entità frammentate dei singoli Stati - il diritto europeo è dimostrazione dell'universalismo, poiché è un organismo formalmente giudiziario, ma sostanzialmente creativo che, nel rispetto dei tessuti delle consuetudini peculiari delle diverse entità locali, costituisce i diritti fondamentali del cittadino europeo e i principi regolanti l'esperienza giuridica. la globalizzazione, la mondializzazione giuridica e la lex mercatoria, che nasce dal diritto commerciale europeo - la genesi è la stessa: nascono dal basso, da una prassi che si adagia sui fatti economici e ne registra i bisogni. Una consolidazione che va avanti e il potere politico non è ingombrante, poiché ha il solo vincolo alla sciotezza dei traffici economici, che possono estendersi fino alla proiezione universale. Oggi, grazie alle tecniche informatiche, avviene una de-materializzazione dei confini delle frontiere e, così, il fatto economco può raggiungere l'universalizzazione. Ordine, compattezza, complessità. La funzione inventiva del giurista ieri ed oggi. 1. Intorno alla parola 'ordine' Ordine non significa immobilità e silenzio, ma un ordine autentico ha la sua genesi in basso, si adagia e si conforma sulla società che è chiamato a rivestire e a organizzare, rispecchiando la sua concretezza. L'ordine è ordine di una realtà plurale e la rispetta, anche se si articola in sostanziali diversità, arrivando all'esito di ricondurle ad un'unità, armonizzandole tra loro. Infatti, come affermò San Tommaso, l'unità realizzata dall'ordine non è mai semplice e compatta, che fa scomparire le diversità, ma un'unità che non cessa di essere complessa e che rispetta, con l'ordinamento, tutte le sue interne differenziazioni. Un pluralismo sociale sfociante, come avverrà poi, in un pluralismo giuridico. 2. L'ordine giuridico medioevale I giudici medioevali erano umili verso il cosmo e verso la società, poiché non volevano creare, ma scrutare a fondo nella circostante realtà sociale e naturale per leggervi regole e tradurle in un breviario giuridico dotato di autorevolezza. Infatti, nel Medioevo, era la fonte consuetudinaria la matrice prevalente del diritto, in quanto é la consuetudine che nasce dal basso ed è adesione totale alla realtà fattuale. È essa stess un fatto, che racchiude in sé normatività a causa della costante ripetizione - dalla fattualità del diritto medioevale, ne consegue un inevitabile particolarismo, che è proprio dei fatti = riscoperta della fattualità che ha portato ad una riscoperta della complessità. Infatti nel Medioevo, che dura circa da IV sec a XIV sec, si sono presentati nel corso del tempo alcune diversità di manifestazioni che sono strettamente connesse alle diversità strutturali che si sono mostrate nel corso del suo millennio.Fino al secolo XI, la società era immersa nella staticità di un assetto socio-economico agrario e pastorale, dove la circolazione è ridotta e dove il mercato è locale: trionfo del particolarismo e delle diversità e il notaio e il giudice li conservano con l'invenzione del contratto agrario, che rifiuta la locatio rei romana, ciò lo schema contrattuale che favoriva il proprietario e che era fisso, ma che cambia a seconda del luogo e a seconda delle consuetudini. Anche i identificata come volontà statuale.Inizia il periodo dell'assolutismo politico o, anche, assolutismo giuridico inteso come il passaggio da un pluralismo giuridico a un rigido monismo giuridico. Quindi ora si presenta una sola unità politica, insieme ad un unico diritto, in un unico territorio. Il termine 'unità', secondo la modernità, è progettata e imposta dall'alto in tutta la sua compattezza - non esistono differenziazioni sociali e giuridiche e, dopo la Rivoluzione Francese, vengono abbattute tutte le formazioni sociali che avrebbero potuto frammetare la compattezza dello Stato, mettendo a rischio il monopolio della produzione giuridica nella mani dello Stato. Qui il diritto è comando, non ordinamento. Prevale la sua dimensione potestativa e il pluralismo deve essere eliminato con una ingigatizzazione del legislatore. I giuristi vengono estromessi dal ruolo che avevano durante il Medioevo e diventano passivi di fronte alla legge, ossia la volontà, che è competa e perfetta. Società e Stato sono completamente separati e lo Stato, rigidamente oligarchico e censitario, non esprime e non vuole esprimere la società - anzi, la comprime. La società è concepita come una massa di destinatari passivi, in cui i cittadini, singoli atomi individuali, scompaiono. 4. Novecento giuridico: l'eclissi della compattezza giuridica e politica, il disordine e la ricerca di un nuovo ordine Lo Stato oligarchico moderno, quello borghese, ha il compito di analizzare il sociale e di renderlo giuridico, rendendo regola qualunque costume - il diritto soggiace all'alto e dipende da esso. Infatti il diritto moderno è costituito da un filtro che lo separa dai fatti strutturali, economici e sociali - viene ridotto a sistema, chiaro, certo, puro e formalizzato, che però non può sottrarsi da quell'alto che lo crea. Esso è ridotto a sistema, un artificioso riduzionismo dello Stato che lo manipola e, di conseguenza, il diritto diventa una costruzione viziata da artificiosità, che costringe le forze spontanee della società. Tuttavia questa compattezza cominciò ad incrinarsi e la società a riemergere a fine Ottocento a causa della presa di coscienza dei ceti nullatenenti che riscoprirono nelle formazioni sociali, soprattutto nei sindacati, il loro salvataggio, portando così lo Stato borghese ad una forte crisi, poiché il suo paesaggio socio-giuridico aveva perso la semplicità cui era stato ridotto, ritrovando la sua complessità. Lo Stato borghese fu definitivamente compromesso quando, non riuscendo a mantenere più la sua posizione immobile di fronte alla dinamicità della realtà storica, cedette il suffragio universale maschile (anche se limitato - alfabeti o servizio militare). Dopo la Prima Guerra Mondiale ci fu la svolta: i Codici furono ignorati dagli Stati belligeranti che cercavano di far fronte alle necessità economiche, violando i purismi e i formalismi tipici dello stretto legalismo con legislazioni speciali ed eccezionali. La guerra, in senso giuridico, ha apportato una grande rivoluzione. Infatti viene riconosciuta la reale complessità della società e viene abbandonato l'assolutismo e la semplicità senza concrete radici storiche della dimensione giuridica continentale della vive per regolarla. Le Costituzioni novecentesche sono percorse da valori giuridici che aiutano il vivere sociale del cittadino all'interno della comunità: leggono valori e interessi diffusi nella società, traducendoli in regole giuridiche. Per questo vengono definite atti di ragione, più che di volontà - sono lo specchio fedele della reale struttura della società. I costituenti italiani, ad esempio, lessero la società italiana e ne fecero un atto di conoscenza. Ecco perché la nostra Carta è pluralista - abbandona il riduttivismo tipico, lo Stato è avvertito come comunità e non come apparato; il singolo è una persona reale e relazionale, ben immerso nella società,titolare di diritti e doveri e non un individuo virtuale; per la persona sono fondamentali le formazioni sociali dell'art.2,intese come pilastro essenziale. La Costituzione novecentesca si propone, quindi, come ordinamento, proprio perché pluralista, armonizzatrice delle diversità e realizzatrice di una unità composita - mette ordine nel sociale. 6. Caratteri della pos-modernità: lungo la crisi attuale, verso un ordine futuro La seconda metà del Novecento è segnata da mutamenti rapidissimi che coinvolgono la dimensione sociale ed economica con lo sviluppo delle tecniche incidendo anche sulla sfera giuridica = sempre più società, sempre meno Stato, ossia la sempre minor capacità dello Stato ad ordinare la complessità della società. Nella modernità vi era un'unica fonte, quella della legge e il diritto si riscontrava in essa. Nel pos-moderno, invece c'è una pluralità disordinata di fonti: i fatti tendono ad imporsi sul piano giuridicon ignorando i testi statici e inattuali. Ciò è anche dimostrato dalle 'disposizioni preliminari al Codice Civile', che, nonostante qualche modificazione, sono rimaste intatte dal punto di vista delle fonti e dell'interpretazione/applicazione - senza che ne sia stata apportata qualcuna in nome del pluralismo giuridico. Sono, infatti,un paesaggio irreale di fronte al divenire storico. Infatti i Codici appaiono sempre più lontani dalla realtà circostante e, nonostante il loro valore tecnico-scientifico,hanno bisogno di disciplinamenti nuovi. Si cercò di colmare questo vuoto con leggi speciali: una moltitudine di norme che si dimostrarono incapaci di regolare la situazione e, al contrario, si rivelarono un ammasso normativo disorganico e grezzo che fecero perdere al cittadino qualunque certezza, che il legalismo avrebbe dovuto fornirgli. La crisi, nel termine greco, significa momento decisivo e di passaggio - ci siamo ancora in mezzo, nonostante le intelaiature giuridiche moderne che hanno ancora dei sostenitori. Il magma fattuale e il disordine conseguente al distacco tra forme e comandi causarono vuori. Nasce l'esigenza di trasformare questo disordine in ordine e questo compito viene affidato al teorico, che grazie ai suoi principi, ha il pregio della flessibilità e di unificare grazie alle diversità, e al giudice che è immerso nel particolare e da cui trae le decisioni e la cui giustezza è destinata a subire la verifica da mutamenti futuri. La figura del giurista viene valorizzata sempre di più, poiché è in grado di valorizzare la complessità - mentre, nel frattempo, si cerca di andare al di là delle frontiere dello Stato e di raggiungere una dimensione globale. L'ordine e l'armonia delle diversità diventa il fine che solo il giurista può raggiungere, mendiante il suo ruolo di mediatore fra regole vecchie e fatti nuovi, insieme alla fusione tra common law e civil law, con la tessitura di nuovi principi. Infatti nella globalizzazione giuridica si stanno verificando sempre più spesso forme di autonomia da parte dei privati che, non potendo aspettare le decisioni lente dello Stato, si auto-organizzano nel mercato per far fronte alle loro esigenze. La costituzione di un ordine nuovo che contrasta quello vecchio dei Codici - un sistema anacronistico. Oggi il giurista ha un compito difficile: nonostante lo sgomento causato dall'incertezza, dalla fluidità e dalla complessità, deve prendere atto della realtà e del periodo di transito di un itinerario che non è ancora stato compiuto. L'identità del giurista oggi 1. Oggi si parla di 'crisi del diritto' e per fare maggiori chiarimenti è necessario l'occhio dello storico del diritto, che è abituato al continuo divenire. Crisi, infatti, siginifica mutamento e movimento - proiezione verso il futuro, verso il quale si possono presentare incrinature e crolli di tutte quelle sicurezze che erano state stabili e salde fino a quel momento. Infatti, per lo storico di diritto, la crisi attuale non significa solo impegno per colmare i vuoti creatisi, ma anche affrancamento da ipoteche stringenti, da un presente diventato inerte. Il diritto, tuttavia, non può essere in crisi, intesa nel suo significato negativo, ma in quello positivo sì: in trasformazione e lesionando le forme entro le quali il passato aveva costretto il diritto a manifestarsi. Quindi è in crisi l'assetto delle fonti nella sua sistemazione moderna. 2. Viviamo in un periodo di transizione e ci stiamo dirigendo verso un periodo nuovo: la transizione fra moderno e pos-moderno ci sta portando verso una nebulosità che va a segnare un distacco sempre più netto. L'eclissi dei valori e delle certezze che sono stati erosi dalla storicità, insieme all'affioramento di altri, diversi. Il giurista sente, quindi, il disagio di un terreno instabile e, infatti, il Novecento è il secolo in cui tutto è stato rimesso in discussione, a cominciare da quel sacrario intoccabile delle fonti. Il giuristi ha, perciò, una crisi di identità - ha cominciato ad illuminista non riesce a fermare una realtà sociale non più inerte, con forze economicamente e ideologicamente plurali. È, quindi, crisi nel suo significato più autentico: la statica cede al movimento e l'immobilità al mutamento. Anche Santi Romano ne parla: uno Stato, che prima era un edificio artificioso svincolato dalla società sottostante, cede alla società ed è costretto a dare rilievo a quelle formazioni sociali cancellate artificiosamente e inefficacemente. Avvio di una trasformazione fondamentale: dall'astrattezza della produzione dall'alto che proietta sulla massa destinataria passiva della norma (riduzionismo e semplicità), si va verso un mutamento: crisi da intendersi storicisticamente, che sta portando ad un recupero per il diritto = da plasmare dal basso, recuperando la sua fattualità, in un universo giuridico che si sta carnalizzando. Dall'esasperato monismo giuridico, si va progressivamente verso un pluralismo giuridico accentuato. 6. La modernità giuridica lanciava un messaggio di rigidità e astrattezza, mentre il pos- moderno uno di elasticità e fattualità - carnalità del diritto. A circa cento anni dalla stesura del Codice Civile in Francia, J. Cruet afferma, ne La vita del diritto e l'impotenza della legge, che il diritto non domina la società, ma l'esprime; nel primo dopoguerra, inotre, G. Morin affermerà di una rivolta dei fatti contro il Codice e coglierà in questa tacita rivoluzione il nuovo itinerario storico- giuridico. Ma è nel 1899 la vera svolta: F. Geny scrive Metodo d'interpretazione e fonti nel diritto privato positivo nel quale non c'è alcuna tendenza a filosofeggiare, ma soltanto a riflettere all'interno del diritto francese; tratta di interpretazione e fonti - due temi che la modernità riteneva perfettamente risolti e pertanto indiscutibili (interpretazione come esegesi, fonti come assetto gerarchico). I temi trattati in quest'opera sono poi quelli che andranno a costituire l'itinerario del Novecento, che andrà sempre verso quella direzione che mostra la crescente incapacità dello Stato e della legge a ordinare la società e l'illusorietà di poter fronteggiare il divenire storico con la staticità del Codice. Anche in Italia il Codice Civile del 1942 appare sempre più distante dalla società in corsa: istituti centrali della convivenza, come la proprietà privata individuale e la responsabilità civile, sono disciplinati in modo inadatto dagli articoli del Codice, non soddisfando i bisogni dei tempi nuovi, e, di conseguenza, vengono invocate nuove supplenze al di fuori della scansione gerarchica delle fonti. I temi dell'interpretazione e delle fonti sono in grado di colmare i vuoti legislativi del legalismo, di certo non grazie alla funzione dell'esegetica attribuita al giurista, che oggi è alla ricerca di una nuova identità = un ruolo adeguatore, poiché si è fatto mediatore fra mutamento socio-economico-tecnico e norme fisse nel cartaceo, insieme ad un ruolo di supplenza e di adeguamento instaurando un collegamento fra società e ordinamento giuridico. Grazie ai giuristi, la società ha cominciato ad entrare fisicamente all'interno del diritto, impedendo il rischio del distacco fra forme/norme giuridiche e fluire della storia, che avrebbe portato un inaridimento di quelle. 7 e 8. Nel corso del Novecento ci sono stati due eventi che hanno consolidato la vincolazione tra diritto e società, diventandone garanzia e che hanno ingigantito il ruolo del giurista che è immerso nell'esperienza, non isolato e non insensibile al mutamento. 1 la Costituzione: norma suprema e fondamentale, ma che nasce da una lettura franca e oggettiva della società da parte dell'Assemblea Costituente, la quale ricerca nella stessa società interessi e valori diffusi, per poi trasformarli in principi e regole. Nelle carte del secondo costituzionalismo, infatti, si è persa l'astrattezza del giusnaturalismo che prescindeva dalle situazioni fattuali - diritti fondamentali che risultavano irridenti per il soggetto socialmente ed economicamente debole. Es. uguaglianza: nostro art.3 e l'uguaglianza formale della Rivoluzione Francese che abbatteva le discriminazioni cetuali, ma che in effetti si era dimostrata inconsistente. Inoltre le Costituzioni novecentesche hanno a loro difesa un custode dei suoi valori e di misurazione della coerenza e incoerenza da parte delle leggi nazionali = la Corte Costituzionale è un supremo organo giurisdizionale che si trova nella posizione di organo della comunità, piuttosto che dello Stato. Queste Corti, pertanto, sono state classificate come autentici artefici del diritto. 2 il confrontarsi crescente e il conseguente influenzarsi del civil law e common law: un evento decisivo che ha compromesso la mitizzazione delle scelte indiscutibili del legislatore statalista. Infatti l'incisività del common law deriva dalla diffidenza del Regno Unito a consegnare il diritto nelle mani del potere politico. Infatti il common law non ha mai conosciuto interruzioni storiche (come la Riv. Francese) e, di conseguenza, la storia giuridica inglese è caratterizzata da una continuità che comincia col diritto medioevale come dimensione ordinante della società e dove il protagonista è l'esperto del diritto, il giurista. Quindi nel common law, come nello ius commune medioevale, il diritto è cosa da giuristi e ha un ruolo centrale - empirismo inglese, il giuristo è immerso nella realtà ed inserito nella società: si immedesima nella storia stessa di un popolo ed è il garante della continuità; un osservatore attento al divenire della società. 9. La seconda metà del Novecento vede nascere un'Europa quale unità economica, politica e giuridica. Ed è per questo che common law e civil law si stanno mescolando tra loro, con il risultato di una costruzione del diritto europeo innovativa da parte dell'organo giudiziario della Corte di Giustizia del Lussemburgo, incidendo sul sistema delle fonti e svolgendo, quando necessario, un ruolo di supplenza nei confronti delle istituzioni politiche. Essa è formata da una matrice giudiziale e dottrinale = la scienza giuridica europea è implicata nel fornire principi e categorie ordinanti a un diritto spesso
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