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Riassunto filologia e, Dispense di Filologia italiana

Riassunto secondo capitolo filologia

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 29/06/2023

Iam.dioniso
Iam.dioniso 🇮🇹

5

(1)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto filologia e e più Dispense in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! CAP. 2 FILOLOGIA DEI MANOSCRITTI IL MANOSCRITTO L’OGGETTO: manoscri+o è qualsiasi documento scri+o a mano. In filologia con questo termine ci si riferisce solitamente a un libro cartaceo o pergamenaceo reda+o a penna. Questa ;pologia presa in la;no il nome di “codex”, da qui l'italiano codice, che è usato come sinonimo di libro manoscri+o. La disciplina che studia i manoscriC nel loro aspe+o materiale è la codicologia. Ogni codice è cara+erizzato dalla legatura di più fascicoli, cos;tui; a loro volta da fogli piega; in due inseri; l'uno nell'altro e tenu; insieme da una cucitura, e che formano un bifolio. Le pagine dei manoscriC si chiamano carte, la cui numerazione avviene numerando progressivamente ciascuna carta, della quale si specificherà con i termini: - Recto: il lato A - Verso: il lato B Ne consegue che quelle che nel libro a stampa sono le pagine 1,2,3,4, nel libro manoscri+o sono rispeCvamente 1r, 1v, 2r,2v ecc. oppure 1a, 1b, 2a, 2b, ecc. All'interno della biblioteca o dell'archivio in cui è conservato, a ogni manoscri+o è a+ribuita a una segnatura, che è l'equivalente della collocazione per il libro a stampa. Ma essendo ogni manoscri+o un “unicum”, la segnatura cos;tuisce anche il nome con cui esso viene iden;ficato. La segnatura consta in genere di due par;: 1. il nome del fondo a cui il manoscri+o appar;ene (o talvolta il numero dell'armadio in cui è collocato) 2. il suo numero d'ordine interno. Quando nella biblioteca esiste un unico fondo si avrà solo il numero progressivo. Se la segnatura comprende l'e;che+a greco, la;no ecc. Si fa riferimento al ;po di alfabeto in cui il testo è rappresentato. Alla segnatura si associa sempre il nome della biblioteca o dell'archivio è quello della ci+à dove il manoscri+o si trova. LA DESCRIZIONE: Già nel corso del 400 alcuni umanis; sen;rono la necessità di sviluppare delle schede che descrivessero il contenuto dei manoscriC. Dalla fine del 500 con lo sviluppo degli studi delle grandi biblioteche, questa pra;ca andò specializzandosi. Oggi esiste un numero molto rilevante di cataloghi che registrano e descrivono i manoscriC possedu; da biblioteche e archivi anche minori. I cataloghi dei manoscriC forniscono un supporto importante agli studi filologici sia per il reperimento dei materiali testuali sia per la loro descrizione. Non esiste un formato standard di organizzazione dei da; ma le informazioni devono comunque dare conto almeno di queste par;colarità: 1. descrizione esterna - segnatura: dalla segnatura si estrae di norma una sigla con la quale il manoscri+o nel corso dell'edizione cri;ca sarà sempre citato. - materiale scri.orio: se membranaceo o cartaceo. - Età: a+ribuire all’opera gli anni iniziali o finali del secolo - Dimensioni: espresse in millimetri, altezza x larghezza - Legatura: se an;ca o moderna; il materiale di cui è fa+a: pergamena, cuoio, cartone, legno, ecc; la presenza eventuale di fregi, fermagli - numero delle carte: es “72 numerate + 2 bianche” - cos5tuzione dei fascicoli: se sono duerni, quaterni e così via (numero di carte in ciascun fascicolo) - disposizione della scri.ura per carta: si dà no;zia della presenza eventuale di testo in colonna, del numero delle linee di scri+ura, eventualmente della rigatura ecc. - 5po di scri.ura: es. “mercantesca”; se un’unica mano o mani diverse - ornamentazione: segnalazione di eventuali rubriche, miniature - storia del manoscri.o: segnalazione di eventuali note di possesso, aggiunte, correzioni successive, no;zie esterne. 2. Descrizione interna: - Autore - Titolo dell’opera o delle opere - Contenuto: si può dare se necessario l'incipit (le parole iniziali) o l’explicit (le parole finali), la distribuzione delle par; o dei capitoli nelle carte, i capoversi nel caso di antologie di rime, ecc. 3. No2zie bibliografiche - Si segnalano gli studi eventualmente esisten; sul manoscri+o. TIPOLOGIE: fino al dodicesimo secolo la produzione di libri mi hanno scriC si era concentrata sopra+u+o nei centri scri+ori dei conven; (scriptoria). Al mondo delle ci+à è legata la trasformazione delle scuole monas;che in studia, ossia università. Poiché l'insegnamento e lo studio universitario richiedevano una grande produzione e circolazione di libri, intorno alle università si svilupparono di conseguenza corporazioni di copis; di professione. Il libro universitario ha precise cara+eris;che formali: - formato grande - testo disposto su una o due colonne - ampi margini sui la; e sulla parte inferiore della pagina per fare spazio al commento - rubriche in rosso - la scri+ura è la go;ca, molto compressa e ricchissima di abbreviazioni, quasi stenografica, per accelerarne i tempi di esecuzione e fare economia di spazio. Per questa ;pologia Armando Petrucci ha usato la classificazione di “libro scolas;co” de+o anche “libro da banco” perché per le sue dimensioni era impossibile da tenere tra le mani o sulle ginocchia. Il libro da bisaccia: nel XIV secolo, l'interesse per la riscoperta dei tes; dell'an;chità classica porta ad affiancare al libro di grande formato un'altra ;pologia, ispirata per dimensioni, messa in pagina e ;po di scri+ura ha le cara+eris;che dei manoscriC di età Carolina. Si tra+a di libri di formato più piccolo del libro da banco, contesto a tu+a pagina e margini ristreC; la scri+ura può essere una go;ca addolcita, oppure una cancelleresca o umanis;ca. Sono in genere i libri di studio prodoC per il singolo, di materiale cartaceo o pergamenaceo, ora di grande o media eleganza ora trasanda;. Seguendo ancora la classificazione di Petrucci tali manoscriC definiscono la ;pologia del libro umanis;co, che può uscire dalle bo+eghe di scribi di professione ma anche essere realizzato in proprio dallo studioso per uso personale. classificabili come banalizzazioni: il risultato di un'interferenza tra la cultura del copista e quella dell'autore. È fondamentale tenere conto di questo meccanismo quando si è chiama; a scegliere tra due varian; di cui una ovvia, conce+ualmente debole è un'altra non comune, più significa;va. 2. Memorizzazione: dopo che la pericope è stata Le+a, l'occhio del copista si stacca dalla fonte per portarsi alla pagina da riempire. Questo passaggio, che consta di una frazione di secondo, richiede comunque la necessità di mandare a memoria una porzione di testo. Anche in questa fase possono intervenire processi di banalizzazione, ma gli errori specifici di questo passaggio riguardano perlopiù l'omissione di parole sopra+u+o se sintaCcamente deboli. 3. de3ato interiore: la le+ura di una pericope consiste in un'acquisizione visiva nel momento della sua memorizzazione viene trado+a mentalmente in una rappresentazione acus;ca prima che la mano trasformi nuovamente in rappresentazione visiva sulla pagina. Questo passaggio me+e in gioco le abitudini di pronuncia del copista e ne consegue che potrebbe me+ere sulla carta, a seconda delle sue abitudini, parole modificate fone;camente. 4. Esecuzione: è il momento in cui la penna si poggia sulla carta per riportarvi quanto è stato le+o, memorizzato e interiormente de+ato. Nella fase di scri+ura possono avvenire sal; o duplicazioni di le+ere o di sillabe, fusioni di parole ecc. 5. ritorno al modello: dopo aver trasferito sulla carta la porzione di testo Le+a è memorizzata, nel ritornare alla pagina da cui si copia si cerca con l'occhio l'ul;ma parola trascri+a. Se poco più avan; rispe+o al punto in cui si era giun; è ripetuta la stessa parola o una essa molto simile, può avvenire che si riprenda dalla seconda e non dalla prima a cui ci si era ferma;. In questo modo si salta la parte compresa fra le due parole che può consistere anche di alcune righe. Questo errore comunissimo anche nella nostra esperienza, è de+o “saut du meme au meme”, cioè salto dallo stesso allo stesso. CLASSIFICAZIONE DEGLI ERRORI: A ognuna di queste fasi possono essere imputa; degli acciden; che alterano il testo (errori) che vengono deC “trascorsi di penna” o “lapsus calami”. Conoscere la ;pologia di un errore può servire a spiegare la sua origine e di conseguenza ad avere la chiave per correggerlo: - aplografia: omissione di una sillaba o di una parola di due consecu;ve iden;che o molto simili - di3ografia: duplicazione impropria di una sillaba o di una parola - omeotuleuto: due parole con;gue che terminano con lo stesso gruppo di le+ere vengono fuse in un'unica parola - omeoarto: due parole che iniziano con lo stesso gruppo di le+ere vengono fuse in un'unica parola - errore di an8cipazione: una parola che ricorre più avan; nel testo viene an;cipata al posto di un'altra, sopra+u+o se gramma;calmente compa;bile con il contesto - errore di ripe8zione: una parola già trascri+a viene ripetuta più avan; in luogo di un'altra - errore popolare: sos;tuzione di una parola con un'altra che esprime il conce+o opposto MODIFICHE INTENZIONALI: ci sono copis; più o meno a+en;; c'è chi controlla ciò che ha scri+o e chi no, chi trascrive passivamente e chi me+e partecipazione nel proprio lavoro. Per il filologo il copista migliore e quello che esegue il più passivamente possibile il suo lavoro fino ad arrivare a disegnare la parola se non riesce a leggerla, e che non corregge facendo delle induzioni personali. L'a+eggiamento opposto è quello di chi ha la preoccupazione della compiutezza del testo, per cui corregge dove ri;ene che ci sia errore, integra di sua inizia;va o ricorre ad altra fonte se giudica il testo manchevole, me+endo in gioco le sue abitudini linguis;che, il suo gusto le+erario o il suo giudizio morale. Ne consegue che in ogni copia si possono verificare modifiche involontarie e interven; volontari. In un testo modificato intenzionalmente, se non sono possibili confron; con altre fon;, l'elemento modificato diventa in genere molto difficile da riconoscere. Ecco perché se agli errori involontari è possibile rimediare avendo cognizione della fenomenologia dell'errore di copia, gli aggiustamen; intenzionali rischiano di diventare parte integrante del testo ed essere di conseguenza a+ribui; all'autore. L’AUTOREVOLEZZA DEL TESTO: un fa+ore non trascurabile che incide nella qualità della copia è dato dall’autorevolezza del testo. Gli errori involontari sono sempre possibili, ma come abbiamo visto sono il minore. Venendo alle opere le+erarie, quanto maggiore è l'autorevolezza del testo, tanto più l’amanuense ha un a+eggiamento di rispe+o nei suoi confron;. All'altro capo troviamo i tes; di circolazione popolare, sacri e profani, anonimi e no, che si considerano un po’ terra di nessuno, dunque passibili di subire alterazioni anche sostanziali nei passaggi di copia. Fino ad arrivare all'estremo dei tes; di circolazione orale, per i quali nel momento in cui vengono fissa; sulla carta ogni a+estazione finisce per essere un testo a sé. LA COPIA DELL’AUTORE: in epoca di circolazione manoscri+a poteva accadere che, successivamente alla pubblicazione di un'opera, l'autore ne esemplasse di mano sua una copia. Anche se l'intenzione non era quella di dar vita a una seconda redazione, era facile che nel corso della ricopiatura egli inserisse delle modifiche rispe+o al testo precedente. Queste varian; entrano a far parte del testo, configurando di fa+o una nuova redazione. Ma svolgendo l'autore in questo caso ha anche un ruolo di copista era probabile che introducesse nel testo involontariamente anche degli errori. In assenza dell'originale la copia d'autore ha comunque un'importanza grandissima. La più celebre copia da autore della tradizione le+eraria italiana è senza dubbio il ms. Hamilton 90 della Biblioteca di Stato di Berlino, autografo del Decameron. Boccaccio lo compilo negli ul;mi anni della sua vita: è un codice membranaceo di grande formato in scri+ura go;ca. Concepito inizialmente come esemplare di lusso forse da regalare a un amico illustre, va perdendo questa preroga;va via via che la sua compilazione procede. Alla fine, assomiglia più a una copia di servizio che ha un codice di dedica. Nel corso dei secoli questo manoscri+o è passato per mani illustri. Appartenne a Giuliano de medici, per mano dei quali, tra 400 e 500, Pietro Bembo ebbe l'opportunità di consultarlo e usarlo per le citazioni del Decameron nelle “prose della volgar lingua”. Colonica il ;more di confisca industrie i fra; a nascondere i libri più preziosi della loro biblioteca, tra cui anche l'autografo boccacciano. Una volta cessata la tempesta napoleonica, i libri scampa; alle requisizioni furono deposita; presso la biblioteca Marciana ma il Decameron non c’era più. Qualcuno l'aveva trafugato e venduto. Il codice fece la sua riapparizione nell’O+ocento in Inghilterra nella collezione del duca di Hamilton. Nel 1883 questa collezione fu acquistata dalla biblioteca di Stato di Berlino, e l’autografo boccacciano passo defini;vamente a far parte del suo patrimonio.
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