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Sbobinature 2020/2021 Diritto del lavoro dispari, Sbobinature di Diritto del Lavoro

Sbobinature 2020/2021 Diritto del lavoro dispari

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

Caricato il 15/09/2023

StudenteUnica
StudenteUnica 🇮🇹

4.6

(7)

51 documenti

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Scarica Sbobinature 2020/2021 Diritto del lavoro dispari e più Sbobinature in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! Sbobinatura lezione diritto del lavoro 13-11-20 Lez. n. 28 Lez. n. 29 (è un'esercitazione con giudizio non allegata qui ma indicata per non sfalsare la numerazione delle lezioni) Dunque terminiamo la parte sui diritti di discriminazione che abbiamo cominciato ieri. Abbiamo visto che dal punto di vista dell'impostazione generale i diritti di discriminazione sono uno strumento per realizzare la parità, l'eguaglianza. Quindi l'ordinamento predispone delle norme nelle quali indica quali sono i fattori che non possono essere utilizzati per giustificare trattamenti differenziati. Quindi laddove il datore di lavoro o anche il legislatore utilizzino per giustificare, per approntare dei trattamenti differenziati, dei fattori che l'ordinamento considera vietati in quanto discriminatori, siamo di fronte ad una discriminazione. Quando il datore di lavoro invochi il sesso dei lavoratori per giustificare un trattamento differenziato, essendovi una norma antidiscriminatoria che considera il sesso come fattore discriminatorio, il provvedimento del datore di lavoro è discriminatorio e come tale è considerato come nullo dall'ordinamento giuridico. Abbiamo visto però che non tutte le discriminazioni sono dello stesso tipo. Ci sono discriminazione dirette che necessitano di una comparazione e sono accertate nel momento in cui, sulla base di uno dei fattori vietati dalla legge, un soggetto sia trattato meno favorevolmente di un altro che si trova in una condizione comparabile; e discriminazioni indirette quando il criterio, la prassi, il comportamento adottato dal datore di lavoro sia apparentemente neutro ma produce nei confronti dei soggetti che rivestono una delle caratteristiche indicate dalle norme antidiscriminatorie (quindi per esempio appartengano ad un certo sesso, abbiano una certa età, siano portatori di handicap) uno svantaggio. Quindi nelle discriminazioni c'è sempre un trattamento meno favorevole oppure uno svantaggio. Poi abbiamo visto però che alcune discriminazioni anche di carattere diretto non necessitano della comparazione, per esempio le molestie o lo stato di gravidanza. E ancora abbiamo visto che le discriminazioni indirette, quindi quelle che producono degli effetti svantaggiosi nei confronti di soggetti che abbiano una caratteristica indicata dalla legge come non valutabile quanto discriminatoria ai fini di quel criterio apparentemente neutro, consentono giustificazioni. Queste giustificazioni però devono essere verificate attraverso un test molto severo. Queste prassi apparentemente neutre possono essere giustificate purché ci sia una finalità legittima che ha portato il datore di lavoro ad adottare appunto queste prassi. Ma questo non basta. La finalità deve essere legittima ma i mezzi che sono stati impiegati per raggiungere quella finalità legittima devono essere anche appropriati e necessari. Quindi sulla base di questo test l'apparente neutralità del criterio, della prassi, adottata dal datore di lavoro può cadere e quindi siamo davanti a una discriminazione. Cioè se la giustificazione non è sufficiente siamo di fronte ad una discriminazione indiretta che come tale è, anche in questo caso, valutata dall'ordinamento come illegittima. Abbiamo detto che si è davanti a una discriminazione quando vi è un trattamento differenziato. E questo trattamento differenziato o è direttamente basato sul criterio vietato dalla legge (sesso, razza, orientamento politico, religioso ecc), o è fondato su un criterio che è neutro però negli effetti si produce un trattamento differenziato e il soggetto che avanza la pretesa di applicare un trattamento differenziato non è in grado di giustificare questo trattamento che è indirettamente discriminatorio. Cioè è un trattamento differenziato indirettamente discriminatorio. Però vi sono dei trattamenti differenziati che invece sono una declinazione del principio di parità. Il principio di parità è applicato e garantito quando situazioni uguali sono trattate in modo uguale, ma è altresì rispettato e garantito quando situazioni diverse sono trattate in modo diverso. Per questo potremmo dire che ci sono dei trattamenti differenziati che sono già in partenza giustificati dal legislatore, come tali non possono costituire discriminazioni. Cioè è esclusa la loro natura discriminatoria perché è già il legislatore che prevede che questi trattamenti differenziati siano riconducibili ad una ragione legittima. Per esempio, la maternità: la direttiva sulla parità tra uomo e donna a livello europeo del 2006 all'articolo 28 dice "la presente direttiva non pregiudica le misure relative alla protezione della donna in particolare per quanto riguarda la gravidanza e la maternità". È chiaro che tutte le norme che sono dirette a proteggere la donna che si trova in stato di gravidanza, o comunque che proteggono la maternità, sono norme che applicano trattamenti differenziati che non vengono riconosciuti per esempio al padre e che quindi in teoria potrebbero essere considerate come una violazione del principio di parità. Lo stesso legislatore ci dice che il principio di parità non pregiudica, non impedisce che invece ci siano misure relative alla protezione della donna in stato di maternità perché sono appunto valutate dal legislatore ab initio come situazioni differenziate che meritano un trattamento differenziato. Poi ancora la direttiva precisa un'altra categoria generale di giustificazione delle discriminazioni, quindi precisiamo meglio le cose che abbiamo detto ieri sulle discriminazioni dirette. Abbiamo detto che le discriminazioni dirette in via generale non ammettono giustificazioni. Però abbiamo fatto l'esempio delle discriminazioni sulla base dell'età e poi in realtà c'è questa possibilità di deroga al regime generale di giustificazioni quando la differenza di trattamento sia basata su una caratteristica, in questo caso appartenente a un determinato sesso, e questa caratteristica sia fondamentale per il contesto in cui l'attività lavorativa viene esercitata. Quindi anche in questo caso il legislatore richiede il controllo severo della sussistenza di questa giustificazione generale, e cioè che la caratteristica legata al sesso sia giustificata per la particolare natura dell'attività lavorativa che deve essere svolta. Quindi il primo punto del test è che la caratteristica legata al sesso sia un requisito essenziale e determinante dell'attività lavorativa. Pensate al caso di un regista che deve fare un film e quindi fa una ricerca di personale, di attori di un determinato sesso perché per la parte che deve essere assegnata è necessario che l'attore abbia un determinato sesso. Oppure una sfilata di un determinato designer. Si dice "c'è la sfilata di Tizio, si cercano modelle" oppure "si cercano modelli uomini". Apparentemente questa potrebbe sembrare una discriminazione, stai discriminando sulla base del sesso. Ma in questo caso, siccome la prestazione lavorativa ha come suo requisito essenziale che ci siano lavoratori di un determinato sesso, allora la prima fase del test è superata. Ma questo non basta. L'obiettivo deve essere legittimo e il requisito deve essere proporzionato. Non ci deve essere un eccesso nel senso che si deve cercare di dimostrare che non era possibile raggiungere lo stesso obiettivo attraverso strumenti o mezzi diversi. Ci sono diversi casi della Corte di giustizia. Forse il caso Smith potrebbe essere il più interessante e facile da capire. É un caso abbastanza risalente, del '99, però molto importante perché nel regno unito la tutela in caso di licenziamento illegittimo era riconosciuta soltanto ai lavoratori che avessero maturato una certa anzianità di servizio, che avessero almeno 2 anni di servizio continuativo. Quindi solo a partire dal secondo anno di servizio continuativo presso lo stesso datore di lavoro, il lavoratore avrebbe avuto, in caso di licenziamento illegittimo, accesso alla tutela prevista dall'ordinamento giuridico inglese. Ora questa norma, che è neutra perché si parla di lavoratore, è stata accusata di essere indirettamente discriminatoria sulla base del sesso. Cioè la norma che richiedeva un servizio continuativo prolungato per almeno 2 anni, produceva effetti svantaggiosi per le donne perché come abbiamo sempre ripetuto le donne hanno maggiore difficoltà ad avere un'anzianità di servizio continuativa perché possono avere interruzioni legate a ragioni di cura, legate alle gravidanze. E quindi di fatto questa norma escludeva una fetta della forza lavoro femminile dalle protezioni dal licenziamento. Di fatto per una rilevante parte delle lavoratrici la disciplina di tutela contro i licenziamenti illegittimi non si applicava perché le lavoratrici non riuscivano a maturare l'anzianità di servizio utile a far scattare la tutela. Naturalmente poi la Corte di Giustizia ha rinviato al giudice che ha sollevato la questione pregiudiziale, la verifica dei dati di tipo statistico perché da questo in realtà si deduce effettivamente la sussistenza della discriminazione, cioè quando si accerta che c'è un effetto svantaggioso per una rilevante parte della forza lavoro. Poi tutto il tema della parità retributiva che abbiamo in parte visto analizzando l'articolo 119 del trattato, che ha avuto impulso dal caso Defrenne attraverso il quale la Corte di Giustizia si è pronunciata nel senso che a parità che l'ex articolo 119 ( oggi articolo 157 TFUE ) ,essendo una norma di carattere diretto, può essere direttamente invocata per il riconoscimento a parità di lavoro o di lavoro di pari valore stessa retribuzione per uomini e donne. E questo è un principio che noi ritroviamo non solo nell'ordinamento dell'unione europea ma anche nel nostro ordinamento. E anche qui è utile riportare i concetti che abbiamo esaminato, cioè le discriminazioni di carattere retributivo e quindi la violazione del principio di parità retributiva. Il divario retributivo tra uomini e donne può dipendere in larga parte da trattamento differenziato direttamente sulla base dell'età, ecco questi trattamenti differenziati che sono sospettati di discriminazione in realtà possono essere giustificati e quindi non costituiscono discriminazioni, ma trattamenti differenziati giustificati quando diciamo così sia possibile dimostrare che c'è una finalità legittima e tra queste finalità ci sono anche gli obbiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro, e i mezzi utilizzati per realizzare, per attuare questa finalità legittima sono appropriati e necessari. Noi ieri abbiamo visto che si tratta di un test abbastanza severo che è stato applicato per esempio nel caso Mangold e in questo caso si trattava di giudicare come eventualmente discriminatoria la legislazione tedesca che stabiliva che nel caso di situazioni di contratti a tempo determinato per lavoratori che avessero superato l'età di 52 anni non era necessario giustificarli, addurre delle giustificazioni a questo contratto. Ma in questo caso la Corte di Giustizia ha ritenuto che non è stato dimostrato dal legislatore tedesco in questo caso, che il limite di età sia obbiettivamente necessario per gli obbiettivi di inserimento professionale dei lavoratori anziani in disoccupazione, perché qual è la finalità legittima che aveva addotto il legislatore tedesco? Quella di facilitare il reingresso nel mercato del lavoro dei lavoratori ultra cinquantaduenni, allora per facilitare il loro ingresso nel mercato del lavoro, il legislatore tedesco aveva così diciamo alleggerito il contratto a tempo determinato dando alcuni oneri, fondamentali come per esempio l'indicazione dei motivi per cui si stipula il contratto a tempo determinato, però appunto la corte di giustizia ha ritenuto che il legislatore tedesco non sia stato in grado di dimostrare che per esempio quella misura era strettamente necessaria cioè non ne valevano altre per raggiungere l'obbiettivo di migliorare e facilitare l'ingresso delle categorie o il loro reingresso, nella maggior parte dei casi dei lavoratori ultra 52enni. Nel caso Mangold il test di giustificazione è fallito nell'ultima parte, cioè nel test di necessità. Ecco soltanto due cose sull'handicap perché appunto la direttiva 2000 n° 78 individua come fattore discriminatorio anche l'handicap, quindi lo stato fisico e permanente che impedisce ai lavoratori l'attuazione dei principi e dei diritti fondamentali riconosciuti agli altri lavoratori. In questo caso la direttiva impone al datore di lavoro, ovviamente di non discriminare sulla base dell'handicap né direttamente né indirettamente, però impone al datore di lavoro di adottare delle soluzioni ragionevoli, cioè significa che il datore di lavoro deve eventualmente modificare la sua organizzazione aziendale, laddove viene svolta la sua attività lavorativa per consentire ai disabili di accedere al lavoro, di svolgere un attività lavorativa bisogna avere una carriera o comunque avere una formazione, purchè naturalmente questo non comporti costi o costi eccessivi. Quindi il concetto di soluzione ragionevole implica che anche qui ci sia un bilanciamento tra interessi diversi, cioè deve essere verificato che il datore di lavoro effettivamente non sopporti costi eccessivi per la modifica della sua struttura organizzativa nei luoghi di lavoro ecc ecc. Una cosa importante riguardo alla discriminazione sulla base dell'handicap è stata una sentenza della corte di giustizia del caso Coleman che ha considerato come diciamo cosi violato il divieto di discriminazione sulla base dell'handicap non soltanto quando i divieti di discriminazione riguardano le stesse persone disabili, la persona disabile quindi il divieto di discriminazione non è violato soltanto quando il datore di lavoro discrimina il disabile, quindi quando viene licenziato il disabile, quando gli vengono assegnate delle mansioni non compatibili con il suo stato di disabilità, quando non viene assunto il disabile, ecco queste sono discriminazioni, quindi non soltanto in questo casi c'è un azione di divieto di discriminazione nei loro confronti o basato sulla disabilità, si ha una discriminazione basata sulla disabilità anche quando, diciamo cosi, il trattamento differenziato riguarda una persona che si occupa di un disabile, sostanzialmente il caso Coleman, la corte ha considerato come discriminatorio sulla base dell'handicap il licenziamento della signora Coleman che è la madre di un soggetto disabile, essa e stata oggetto di un trattamento differenziato, è stata licenziata perché non riusciva a rispettare la flessibilità di orario richiesta dal suo datore di lavoro e la corte di giustizia ha ritenuto che in quel caso il trattamento sfavorevole a cui la signora era stata esposta fosse la disabilità del figlio, quindi in sostanza si è trattato di un trattamento sfavorevole sulla base della disabilità del figlio, quindi una persona di cui ovviamente la madre doveva esercitare delle cure. Quindi in questo caso si e trattato secondo la corte di giustizia di una discriminazione diretta fondata sulla disabilità seppure non nei confronti del figlio disabile ma nei confronti della madre che doveva prendersene cura. Una sentenza molto importante questa della corte che ha ampliato in modo rilevante il campo di applicazione della direttiva e il campo di applicazione delle discriminazioni sulla base della disabilità. Ora inizierei a trattare il tema delle sospensioni, la sospensione del rapporto di lavoro, che facciamo in modo molto generale perché sono argomenti abbastanza non complessi dal punto di vista teorico che potete vedere da soli. Noi abbiamo visto che il rapporto di lavoro ha una natura contrattuale, implica l'individuazione di obbligazioni per ciascuno dei due contraenti, queste sono rette dalla sinallagmaticità come qualsiasi contratto di natura civilistica, il rapporto di lavoro è un rapporto sinallagmatico. In realtà ci sono dei momenti nel rapporto di lavoro che è un rapporto di durata, tendenzialmente, anche se non sempre a tempo indeterminato, vi sono delle situazioni nelle quali il prestatore di lavoro, per la condizione in cui si trova, non è in grado di svolgere la prestazione lavorativa. Queste sono la malattia, la gravidanza, il puerperio, l'infortunio e ci sono anche i servizi militari, però quelle che ci riguardano direttamente perchè sono appunto legate allo stato fisico del lavoratore, o alla sua funzione genitoriale o parentale, in presenza di queste situazioni il lavoratore non è in grado di svolgere la prestazione lavorativa, e quindi non svolgendo la sua prestazione lavorativa, se noi applicassimo i principi civilistici, la mancata esecuzione della prestazione lavorativa da parte di uno dei contraenti dovrebbe comportare sicuramente la reazione dell'altro contraente, quindi per esempio la risoluzione del contratto per inadempimento, o richieste di risarcimento del danno, però prima di tutto la possibilità di interrompere il rapporto di natura contrattuale. Questo non accade nel diritto del lavoro, e questo lo distingue in maniera evidente rispetto al diritto civile, perché invece si parla soltanto di sospensione del rapporto, o di sospensione della prestazione lavorativa. Quindi sempre in ottica di protezione del lavoratore, inteso come contraente debole, l'ordinamento prevede che il rapporto di lavoro non si interrompa in presenza di queste ipotesi che abbiamo elencato, che sono contenute nell'articolo 2110 e 2111 cc, quindi il rapporto di lavoro non si interrompe, ma il lavoratore continua una percepire una retribuzione che poi però non ha sempre natura retributiva, continua a percepire un reddito che può avere però natura previdenziale, perché erogato non dal datore di lavoro, ma dall'ente previdenziale, quindi va esaminata ogni singola ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro. Quindi la sospensione del rapporto di lavoro implica che appunto a fronte della mancata esecuzione della prestazione lavorativa da parte del lavoratore, il datore di lavoro invece debba tenere in vita il rapporto di lavoro, non possa licenziare il lavoratore, quindi la sospensione implica anche la sospensione del potere datoriale di irrogare il licenziamento, però vedremo che ci sono delle eccezioni a tale principio generale, però possiamo dire che come tratto comune di tutte le fattispecie che stiamo per analizzare, vi sia un inibizione dei poteri datoriali di licenziamento, di recesso insomma. Ecco queste sono le ipotesi del 2110 e 2111 alcune sono contenute in tali articoli, altre sono di nuova costruzione come per esempio i congedi parentali, che non sono certamente contenuti in questi articoli. Quindi i principi che abbiamo appena evidenziato sono esattamente questi: diritto di conservazione del posto, perché appunto il lavoratore che sospende la sua prestazione lavorativa nelle fattispecie esplicitamente previste nell'ordinamento giuridico, 2110 e 2111 cc, o le altre ipotesi specifiche previste come congedi parentali, donazione del midollo osseo, ecco molto specifiche, sono casi in cui si ha diritto alla conservazione del posto e ne consegue il principio della irricevibilità da parte del datore del lavoro. Il lavoratore continua a percepire il trattamento economico, può essere in parte retribuzione, in parte trattamento previdenziale, e il periodo di sospensione è calcolato ai fini dell'anzianità di servizio. Ricordate l’esempio che facevo prima, il caso Semus Smith: una lavoratrice che non riesce a causa delle interruzioni, non matura la continuità di servizio di 2 anni, ecco diciamo che qui dipendeva anche dal diritto inglese che non considerava ai fini dell'anzianità di servizio i periodi di astensione per maternità, quindi una grave carenza nella disciplina della tutela della maternità. Dicevamo prima che, nella sospensione del rapporto di lavoro, in caso si sospensione per le ipotesi previste dal legislatore, il lavoratore non è in grado di eseguire la prestazione lavorativa, quindi non adempie alla sua obbligazione fondamentale, che è eseguire la sua prestazione lavorativa, che abbiamo detto è sospesa. Le obbligazioni accessorie art 2104 e 2105. La prima 2104, disciplina l'obbligo di diligenza, che è anch'esso sospeso, perché sapete che è strettamente correlato all'obbligazione principale cioè lo svolgimento della prestazione lavorativa, quindi l'obbligo diligenza è sospeso. Però l'obbligo di correttezza e buona fede, quello generale, o l'obbligo di fedeltà 2105 permangono anche in caso di sospensione della prestazione lavorativa, quindi anche quando la prestazione lavorativa è sospesa perché appunto si tratta di una delle ipotesi previste dalla legge. Questo è molto importante perché se ricordate, per esempio l'art 2105 prevede che il lavoratore abbia l'obbligo di riservatezza, nei confronti del proprio datore di lavoro, che può essere violato anche durante il periodo di sospensione del rapporto di lavoro, quindi abbiamo un lavoratore in malattia o una lavoratrice in gravidanza che tengono dei comportamenti che comportano una violazione dell'obbligo di riservatezza per esempio diffondono notizie inerenti all'organizzazione produttiva, o diffondono l'elenco dei clienti. Quindi in malattia o in gravidanza il lavoratore può compiere degli atti che possono essere considerati in violazione delle obbligazioni accessorie che continuano a permanere. Questo è rilevante soprattutto ai fini del licenziamento durante la malattia o durante la gravidanza, anticipo delle cose sul licenziamento che vedremo meglio a breve, il licenziamento di una lavoratrice in gravidanza è un licenziamento nullo! Anche la donna in stato di gravidanza, se si è resa colpevole della violazione dell'obbligo di riservatezza di cui l'art 2105, quindi una violazione sufficientemente grave da meritare il licenziamento può essere licenziata per giusta causa. Quindi la sopravvivenza di queste obbligazioni accessorie è fondamentale eventualmente ai fini della valutazione dell'esercizio del potere sanzionatorio o addirittura del recesso per licenziamento. La malattia, esaminiamo molto velocemente l’ipotesi più importante di sospensione che è la malattia, che è un incapacità temporanea fisica o psichica a lavoro, diversa dalla malattia professionale invece o dall’infortunio che sono legate alla specificità dell'attività lavorativa prestata. La malattia quindi implica la sospensione del rapporto di lavoro, e proprio per la natura stessa della malattia che impedisce al lavoratore di svolgere la sua prestazione lavorativa e allo stesso tempo eventualmente qualora questo lavoratore fosse stato in ferie impedisce il recupero delle energie psicofisiche, la Corte di Giustizia ha precisato che la malattia durante le ferie causa la sospensione delle ferie stesse, perché appunto lo stato fisico, l'incapacità temporanea del lavoratore impedisce che ci sia il ristoro delle energie psicofisiche che appunto è l'obbiettivo delle ferie. Cosa succede durante la malattia, diciamo che la disciplina, molto velocemente, si è evoluta alla fine dello Statuto dei lavoratori, lo stato di malattia di un lavoratore non può essere accertato da un medico aziendale, deve essere accertato da un medico del sistema sanitario nazionale, che adesso attraverso un sistema semplificato deve inviare all'INPS, una volta accertato lo stato di malattia, invia il certificato per via telematica, diciamo così il certificato è un documento che indica la prognosi, cioè per quanti giorni il lavoratore sarà malato, presumibilmente, e poi la diagnosi, cioè la causa della malattia. Sono ammessi i certificati cartacei solo quando c'è l'impossibilità di inviare la certificazione. Questo è un obbligo in capo al lavoratore che se non consulta il medico e il medico non gli invia il certificato è passibile di sanzioni di tipo disciplinare. C'è una parte importante della disciplina, che è quella parte relativa ai controlli sul lavoratore, nel senso che lo stato di malattia può essere accertato una volta che il lavoratore abbia dichiarato di essere malato e ci sia stato il certificato del medico, tuttavia il datore di lavoro, può richiedere che ci sia un controllo, anche l’INPS stesso può effettuarlo, che si sia un controllo sull'effettivo stato del lavoratore, ecco quindi che l’INPS può inviare il cosiddetto medico fiscale per accertare lo stato di malattia del lavoratore, pertanto il lavoratore è obbligato a farsi trovare nel suo domicilio, in fasce di reperibilità, per essere oggetto di controlli e di verifiche della sua effettiva e temporanea incapacità di lavorare. Queste fasce di reperibilità sono state modificate attualmente, nel settore privato sono dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, nel settore pubblico sono più severe, ma la cosa che ci interessa maggiormente è cosa succede se il lavoratore non è presente nel proprio domicilio nelle fasce orarie di disponibilità. Innanzitutto è possibile avere delle giustificazioni, ma sono diventate molto limitate, e se il lavoratore non riesce a giustificare la sua mancata presenza nel domicilio durante le fasce di disponibilità è passibile di sanzioni, con il conseguente mancato indennizzo per le giornate di malattia, perché ciascun lavoratore in malattia riceve un indennità, un trattamento economico che è parzialmente di carattere retributivo e parzialmente di carattere previdenziale. Quindi il lavoratore deve farsi trovare, ci sono delle giustificazioni che sono diverse tra il settore pubblico e il settore privato sono un po’ più ampie, come il doversi sottoporre a visite mediche urgenti che non potevano essere effettuate se non in quelle fasce orarie di disponibilità, provati gravi motivi familiari o personali, forza maggiore nel settore pubblico sono un po’ più ristrette le patologie addirittura gravi che richiedono insomma che siano terapie salvavita, ma su questo trascuriamo. Vediamo adesso gli
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