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Sociologia dello sviluppo - Adam Smith , Dispense di Sociologia Economica

Riassunto elaborato del pensiero di Smith da una prospettiva sociologica

Tipologia: Dispense

2013/2014

In vendita dal 12/05/2014

daniela.musina.71
daniela.musina.71 🇮🇹

4.8

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Scarica Sociologia dello sviluppo - Adam Smith e più Dispense in PDF di Sociologia Economica solo su Docsity! ADAM SMITH Uno stereotipo diffuso ha fatto di Adam Smith il paladino del laissez-faire. Ma a differenza dei fisiocratici, per i quali il libero perseguimento dell'interesse individuale è in grado di conciliare “naturalmente” benessere individuale e collettivo, per Smith non è così. La ricerca dell'interesse individuale e il funzionamento del mercato possono favorire il benessere collettivo solo se sono controllati da precise regole istituzionali. Smith è il primo, grande economista che coniuga insieme economia e sociologia economica, a partire dalla sua opera Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776). In questo famoso scritto, il pensiero di Smith risulta essere fortemente influenzato dalla filosofia inglese del tempo, in particolare da Hobbes, Locke e David Hume. Ma dai primi due prende subito le distanze: l'uomo, nei rapporti con i suoi simili, non può essere considerato né spontaneamente egoista (come riteneva Hobbes), né naturalmente guidato dalla ragione (come pensavano Locke e i fisiocratici). L'azione sociale è piuttosto un'azione istituzionalizzata, cioè influenzata dai valori e dalle norme che prevalgono storicamente in una determinata società. Nella Teoria dei sentimenti morali (1759), Smith si propone, sulla scia di Hume, di applicare il metodo scientifico, basato sull'esperienza, al comportamento umano. Il risultato di questo esperimento è che il perseguimento dell'interesse individuale è una molla importante nel comportamento umano. L'esperienza mostra però che questa spinta non si manifesta in modo incontrollato, ma tende ad essere regolata da norme condivise dai membri della società. I benefici pubblici non derivano quindi dai vizi privati, ma dal perseguimento dell'interesse individuale in forme socialmente espresse e controllate (quello che Smith chiama la «virtù privata»). Ma in che modo l'interesse individuale è socialmente disciplinato? Il meccanismo che l'economista scozzese individua, cioè un sistema morale fondato sul principio di simpatia, non è altro che un processo di socializzazione, come si direbbe con termini moderni. Per simpatia, sentimento innato nell'uomo, va intesa la capacità di identificarsi nell'altro e di comprenderne i sentimenti in modo da poterne ottenere l'apprezzamento e l'approvazione. E le norme sociali non possono che spingere verso modelli di solidarietà e integrazione sociale. Gli individui, mossi dal principio di simpatia vanno alla ricerca dell'apprezzamento degli altri, ed iniziano a lavorare, a costruire e ad accumulare, favorendo di conseguenza la produzione economica. Dalla necessità di scambio dei beni prodotti ha origine il mercato, ma una società basata sul mercato ha bisogno di regole di giustizia per poter funzionare. È evidente che per Smith l'economia può funzionare solo in presenza di un quadro istituzionale appropriato. Se l'azione umana è influenzata dalle norme sociali, il guadagno individuale non deve essere considerato un fine in sé, piuttosto uno strumento per ottenere approvazione sociale. Ne discende che non sempre il desiderio di miglioramento individuale si esprimerà nella ricerca della ricchezza: questo avviene tipicamente in una «società commerciale» consolidata. In altre società può non accadere lo stesso, il desiderio di affermazione individuale può concretizzarsi in forme differenti, definite dai valori dominanti: per esempio la forza fisica, la capacità militare, il potere politico ecc. In sintesi, l'azione economica motivata dalla ricerca del massimo guadagno ha origini non economiche, e questa teoria è confermata anche nel libro III della Ricchezza delle Nazioni. L'azione economica è storicamente variabile. Vi sono quattro stadi dello sviluppo storico che si succedono nel tempo (ciascuno caratterizzato da un tipo di organizzazione economica prevalente): caccia, pastorizia, agricoltura e commercio. Ad ogni stadio corrispondono istituzioni diverse. Smith passa poi ad esplorare le conseguenze economiche che discendono da queste forme di organizzazione sociale, e lo fa attraverso due prospettive distinte, una di statica economica e una di dinamica economica. Nel primo caso egli indaga circa le modalità secondo cui avviene la produzione dei beni e la distribuzione de redditi in una società capitalistica. Qui il quadro istituzionale è considerato come dato. Invece con una prospettiva dinamica Smith si pone il problema di come si crei lo sviluppo. In questo caso le istituzioni sono considerate come variabili. In una «società commerciale» l'attività economica è regolata in base allo scambio. Smith parla di interesse individuale: come esso, in un contesto di libero mercato, può condurre a risultati ordinati e prevedibili dal punto di vista economico? Smith lo spiega attraverso Statica economica: produzione dei beni e distribuzione dei redditi in una società commerciale due fenomeni: quello della produzione di beni e della distribuzione dei redditi. Per quanto riguarda la produzione di beni, in virtù delle leggi della domanda e offerta del modello economico classico, Smith afferma che la domanda determina l'offerta: quindi la quantità prodotta di beni tenderà a corrispondere alla domanda effettiva esistente per tali beni. Egli inoltre distingue tra prezzo di mercato e prezzo naturale: il primo si riferisce al breve periodo, il secondo al lungo periodo e riflette il costo di produzione. La distribuzione del reddito avviene tramite salario, profitto e rendita. Il salario si forma nel mercato del lavoro (anche in questo caso si arriva spontaneamente a un prezzo di mercato che garantisca la sussistenza dei lavoratori). Se i salari diminuiscono troppo, si innesca una reazione che porta, attraverso il calo delle nascite e alla riduzione della forza lavoro, al ristabilimento dell'equilibrio. Smith ritiene che in un sistema di economia capitalistica, i salari siano destinati a crescere per effetto dello sviluppo economico. Ai profitti accade esattamente l'opposto. Anch'essi sono determinati dal rapporto domanda/offerta nel mercato degli impieghi del capitale. Infatti, all'aumento della concorrenza, corrisponde la diminuzione dei profitti. Ma Smith non ne trae conseguenze pessimistiche: anzi, ritiene che un basso tasso di profitto sia un ingrediente necessario per stimolare l'imprenditorialità del singolo capitalista e la genesi di nuovi mercati. Affinchè queste leggi possano funzionare correttamente, sono indispensabili alcuni elementi nel quadro istituzionale: 1) la formazione di una classe di lavoratori salariati le cui condizioni di vita dipendano dal prezzo del lavoro sul mercato; 2) l'affermazione di una classe di capitalisti che concentrano nelle loro mani le risorse necessarie a condurre il processo produttivo e di sviluppo, le cui condizioni di vita dipendano dal profitto conseguito con l'investimento del capitale; 3) la possibilità per i proprietari terrieri di trarre sostentamento dalla rendita derivante dall'affitto della terra. A queste condizioni, dice Smith, l'economia capitalistica è in grado di assicurare insieme benessere ed equità, efficienza economica e consenso. Qual è allora il ruolo delle istituzioni economiche nel processo di sviluppo? Smith, contrariamente a ciò che si crede, non ha trascurato questi temi, che sono al centro della sua indagine sulle cause della ricchezza delle nazioni. Da questo punto di vista, il ruolo delle istituzioni diventa una variabile: il mercato può determinare lo sviluppo economico se è sostenuto da istituzioni appropriate, che stabiliscano le seguenti condizioni: 1) Concorrenza perfetta → determina un'allocazione efficiente delle risorse, perchè spinge i prezzi ad avvicinarsi ai costi di produzione, tende al ribasso dei profitti, riducendo così le differenze di rendimento. Il monopolio non favorisce lo sviluppo quanto la concorrenza. 2) Divisione del lavoro → favorisce la crescita della produttività e quindi della ricchezza. Il singolo operaio la può sfruttare specializzandosi in una determinata mansione. Permette ai produttori di risparmiare tempo e facilita l'invenzione di macchine. 3) Il ruolo dello stato è importante → deve assicurare la libertà commerciale, garantire la proprietà privata e limitare l'intervento nell'economia rinunciando alle pratiche mercantilistiche. Uniche eccezioni: tutelarsi, e quindi impegnarsi per la difesa nazionale; controbilanciare politiche protezionistiche di altri stati; garantire il buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia e provvedere alle opere e ai servizi pubblici (in particolare l'istruzione). Il modo in cui Smith si occupa delle istituzioni pubbliche conferma ulteriormente che egli non può essere genericamente considerato come un alfiere del laissez-faire. Perchè queste istituzioni sono in grado di conciliare efficienza economica e consenso? Perchè producono sviluppo, e con lo sviluppo aumenta il benessere di tutte le classi sociali. «La grande moltiplicazione dei prodotti è all'origine, in una società ben governata, di una generale prosperità che estende i suoi benefici fino alle classi più basse del popolo». Il filosofo scozzese crede fortemente nella capacità diffusiva dello sviluppo, dinamica economica: sviluppo economico, istituzioni e ruolo dello stato
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