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Appunti di storia - dall'anno Mille all'epoca di Elisabetta I e Filippo II, Appunti di Storia

Riassunti dettagliati del programma di storia del 3° anno di Liceo, dall'anno Mille all'età di Elisabetta I e Filippo II. Pagine 39.

Tipologia: Appunti

2014/2015

In vendita dal 29/05/2015

thefox06
thefox06 🇮🇹

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Scarica Appunti di storia - dall'anno Mille all'epoca di Elisabetta I e Filippo II e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! 1 L’EUROPA DOPO IL MILLE 1. CENNI SULLA SITUAZIONE EUROPEA ALLA VOLTA DEL MILLENNIO ……………………… All’approssimarsi dell’anno 1000, l’Europa vive un periodo di paura, la paura della fine del mondo (Mille e non più Mille, aveva detto lo stesso Gesù e ciò era visto come una profezia). Trascorso l’anno Mille ed anche il 1033 (molti, infatti, erano convinti che il millennio andasse calcolato dall’anno in cui Gesù era stato ucciso, il 33 d.C.), l’Europa tirò un sospiro di sollievo e iniziò a riprendersi: le invasioni erano ormai terminate (i Normanni si erano definitivamente stabiliti in Francia e si erano convertiti; le incursioni saracene erano state arrestate dai bizantini), nelle città e lungo le strade dell’impero c’erano pace e sicurezza. Certo, la situazione non era facile: la vita media era di soli 30 anni, la mortalità infantile era altissima (scarsa igiene e alimentazione insufficiente), le condizioni di lavoro molto dure; tuttavia, diversi fattori – oltre alla fine della grande paura – portano ad un’innegabile rinascita: 1. la mancanza di epidemie di peste per circa due secoli; 2. l’introduzione di nuove piante (fave, lenticchie, piselli) ricche di proteine, che arricchiscono la dieta; 3. una serie di buoni raccolti. Tutto ciò favorisce anche la crescita demografica: la popolazione europea passa dai 20 milioni dell’anno 700 ai 40 dell’anno 1000 ai 60 del 1200. La crescita avviene soprattutto nelle campagne, dove si dissodano nuove terre, si prosciugano acquitrini e si introducono le nuove colture: si ha, in questo periodo, la cosiddetta “rivoluzione agricola”, destinata ad incidere profondamente sul paesaggio dell’Europa centro-settentrionale e sullo sviluppo del continente. In alcuni paesi (Spagna e Olanda) vengono costruiti molti mulini a vento per la macinazione dei cereali, ma anche – in Olanda – per pompare via l’acqua dai terreni strappati al mare. In altri paesi europei si sfritta invece la forza dell’acqua. La ruota ad acqua viene utilizzata non solo per macinare, ma anche per muovere grandi magli nelle fucine degli artigiani, per strizzare i panni nei laboratori tessili, per azionare i mantici nelle fonderie. Vengono costruiti dighe e canali per l’irrigazione, che permettono di portare l’acqua sempre più lontano e di mettere a coltura nuove terre. La crescita della popolazione porta numerosi villaggi a crescere di dimensioni, ma molta gente si sposta anche a vivere nelle città, che nell’Alto medioevo erano state semi-abbandonate per paura delle incursioni nemiche. Le città tornano così a ripopolarsi e ne nascono di nuove. Per tutti questi cambiamenti, l’anno 1000 è stato assunto dagli storici come spartiacque tra l’Alto e il Basso Medioevo (ricorda: Alto, dal 476, anno della caduta dell’Impero romano d’Occidente, al 1000; Basso, dal Mille al 1492). 2. RELIGIONE E CHIESA NEL MEDIOEVO: LE ERESIE, LA NASCITA DELL’INQUISIZIONE, I NUOVI ORDINI (FRANCESCANO E DOMENICANO), LE UNIVERSITÀ, LE CROCIATE ……... Agli inizi del millennio, la Chiesa attraversa una profonda crisi. Anche nella Chiesa, infatti, sono arrivati malcostume e corruzione. Se molti uomini prendono i voti per vera vocazione, molti lo fanno solo per avere una rendita sicura e una posizione di prestigio; vescovi, abati, cardinali e gli stessi papi si sentono governanti, amministratori e signori feudali più che pastori di anime. Molti di loro vivono nel lusso e nella ricchezza; tanti non rispettano neppure l’obbligo al celibato e si formano una “famiglia”. Infine, le cariche ecclesiastiche vengono spesso acquistate e rivendute per denaro (simonia = commercio di cariche religiose, condannato dalla Chiesa e da Dante nella D.C.; deve il suo nome a Simon Mago, che cercò di comprare dall’apostolo Pietro la sua capacità di fare miracoli). Non è poi raro il fenomeno del nepotismo, per cui beni e proprietà della Chiesa vengono assegnati da cardinali e pontefici ad amici, sostenitori, parenti e figli. Accanto a questa corruzione dilagante, ci sono, ovviamente, coloro che sono mossi da vera fede: non a caso, in questo periodo, nascono in Europa nuovi ordini monastici, come quelli dei camaldolesi toscani, dei certosini di Grenoble e dei cistercensi di Borgogna. La nascita di questi ordini rientra in quel movimento riformatore che sente il bisogno di un ritorno alla Chiesa delle origini, pura e interessata alle anime, non alle ricchezze. Anche alcuni papi avvertono questa necessità di rinnovamento della Chiesa, ad esempio Gregorio VII (1073-1085), che afferma la superiorità della Chiesa su ogni altra autorità ed emana delle riforme per esercitare tale superiorità: - rafforza l’obbligo del celibato per gli ecclesiastici (questo per moralizzare la Chiesa, ma anche per impedire che i beni ecclesiastici venissero usati per scopi familiari); - sottrae gli ecclesiastici alla giustizia civile e fonda il diritto ecclesiastico, per cui nascono leggi e tribunali appositi per giudicare gli ecclesiastici stessi; - proclama l’assoluta superiorità della Chiesa di Roma su tutte le altre chiese, e del papa su tutte le assemblee e concili. Questo per tenere la Chiesa cattolica unita sotto l’autorità del pontefice. La situazione della Chiesa, però, non cambia molto. Corruzione e malcostume continuano a dilagare, tanto che, in reazione a questo stato di cose, si sviluppano diverse eresie, ossia credenze diverse (più o meno profondamente) dall’interpretazione ufficiale delle Sacre Scritture. Gli eretici sostengono la necessità, per il cristiano, di condurre una vita pura e onesta, distaccata dalle ricchezze e dal lusso, e di credere nell’uguaglianza e nella fratellanza degli uomini. La Chiesa, da parte sua, reagisce alle eresie scatenando le CROCIATE, cioè campagne militari finalizzate a debellare gli infedeli. La prima crociata si ha nel 1095, quando il papa Urbano II fa un appello a tutti i cristiani, chiedendo loro di combattere insieme sotto l’insegna della Croce per liberare Gerusalemme e il Santo Sepolcro di Cristo: i Turchi, infatti, di religione islamica, avevano conquistato Gerusalemme nel 1071 e rendevano sempre più difficili i pellegrinaggi in Terra Santa (inoltre, i Turchi danneggiavano l’economia delle repubbliche marinare e i loro commerci nel Mediterraneo). Il proclama di Urbano II colpisce nel segno e migliaia di Cristiani si mobilitano. I primi a partire, però, sono i poveri, in cerca di una vita migliore, ma privi di qualsiasi esperienza con le armi. La loro crociata, detta “crociata dei pezzenti”, colpisce, durante il viaggio verso Gerusalemme, molti ebrei, anch’essi ritenuti “infedeli” e causa anche molti disordini: i disordini sono tali che i feudatari dei luoghi attraversati dall’esercito dei “pezzenti” devono mandare le loro truppe a disperderli. Gli scontri causano tra le file dei crociati numerose perdite: infatti, solo pochi di loro giungono in Terra Santa, e qui vengono definitivamente debellati dai Turchi. Subito dopo la crociata dei pezzenti, parte la vera prima crociata, guidata da Goffredo di Buglione. Questi riesce a riconquistare Gerusalemme nel 1099 e consente la creazione di diversi regni cristiani sulle coste asiatiche del Mediterraneo. Cinquant’anni dopo, i Turchi si lanciano alla riconquista dei territori perduti: viene organizzata in risposta una seconda crociata (1147-9), che però termina con un clamoroso fallimento. Infatti, l’avanzata turca prosegue e il nuovo sultano turco, il Saladino, entra di nuovo in Gerusalemme. Viene allora bandita una terza crociata (1189-92), guidata da tre grandi sovrani: l’imperatore Federico Barbarossa (che muore durante la spedizione), Riccardo Cuor di Leone (re d’Inghilterra) e il re di Francia Filippo Augusto. I Cristiani riescono a sconfiggere il Saladino ed ottengono una tregua trentennale che garantisce ai Cristiani il libero accesso a Gerusalemme. Nei due secoli successivi, sempre allo scopo di risolvere definitivamente la liberazione del Santo Sepolcro, si svolsero altre cinque crociate, tutte fallite: infatti, i luoghi santi resteranno nelle mani dei Turchi per circa 700 anni. Tuttavia, se le crociate furono un fallimento sotto il profilo miliare, furono invece importanti per le repubbliche marinare, che videro svilupparsi i propri commerci marittimi, soprattutto Venezia, che ebbe il primato assoluto dei traffici con l’Oriente. Inoltre, le crociate portano allo sviluppo dell’industria navale e RICORDARE che nel 1054 è avvenuto lo scisma d’Oriente = la separazione defini- tiva delle due chiese d’Occidente (catto- lica) e d’Oriente (ortodossa). La scissione è avvenuta perché una parte dei fedeli non accettava più l’autorità del papa di Roma. - i guelfi devono il loro nome ai duchi di Baviera, i Welf (italianizzato in “guelfi”) e sono i sostenitori del papato; - i ghibellini devono il loro nome ai duchi di Svevia, gli Hohenstaufen (detti Waiblingen dal nome di un loro castello e italianizzati in “ghibellini”) e sostengono l’impero, opponendosi all’intromissione del pontefice. Queste fazioni, in Italia, coinvolgono nella loro lotta anche i Comuni, nella fase del loro sviluppo. Il conflitto tra le due parti si ricompone in parte nel 1155, quando viene eletto imperatore Federico Barbarossa, imparentato sia con i Duchi di Baviera (per parte di madre) sia con quelli di Svevia (per parte di padre). Vedi in seguito. 2. LA NASCITA DI UN NUOVO TIPO DI STATO: LA MONARCHIA NAZIONALE …………………. Mentre nell’area germanica prevale l’impero, nell’Europa occidentale prende forma la monarchia, un tipo di organizzazione incentrata sulla figura del re, che raccoglie sotto di sé un intero popolo e controlla un territorio più o meno esteso ma compatto. Nella Penisola iberica, in Gran Bretagna e nel nord dell’attuale Francia, iniziano a formarsi le monarchie nazionali, quelle che diventeranno poi la Spagna, la Francia e l’Inghilterra. La “MONARCHIA NAZIONALE” è un’istituzione senza precedenti nel mondo antico: infatti, mentre gli antichi imperi erano sempre stati “multinazionali” (riunivano cioè molti popoli, con molte lingue), queste monarchie riuniscono un solo popolo che parla una stessa lingua e le minoranze che vi restano all’interno finiscono per essere emarginate o discriminate (come i Baschi in Spagna, i Gallesi in Inghilterra e i Bretoni in Francia). La monarchia nazionale si differenzia anche dagli antichi regni feudali: - questi ultimi erano infatti caratterizzati da una gerarchia di feudatari grandi e piccoli, ciascuno dei quali era fedele solo al suo diretto superiore; - le monarchie nazionali, invece, hanno un sovrano che domina su tutta la nobiltà feudale, costituendo così uno Stato, cioè un’organizzazione stabile e dotata di propri funzionari. 3. LA MONARCHIA INGLESE, DA GUGLIELMO IL CONQUISTATORE ALLA MAGNA CHARTA. Nel 1066 si forma la monarchia inglese. Il re Edoardo il Confessore, morendo, nomina erede al trono il Duca di Normandia (= la regione francese che si affaccia sulla Manica) Guglielmo. I nobili inglesi, però, rifiutano l’idea di un re che giunge dalla Francia, per cui Guglielmo sbarca in Inghilterra con un esercito di 50.000 uomini e sconfigge i suoi oppositori, guadagnandosi l’appellativo di “Conquistatore”. Egli trapianta in Inghilterra la monarchia feudale a lui nota in Francia e sostituisce i vassalli anglosassoni con altri normanni. Tuttavia, riesce a mantenere unita la popolazione e a costituire un regno solido: Normanni e Anglosassoni si uniscono e danno vita ad una nuova società che distinguerà l’Inghilterra dal resto dell’Europa. Nel 1085, consolidato il regno, Guglielmo si occupa di questioni amministrative e finanziarie, facendo un censimento della popolazione e delle sue proprietà e compilando il Libro del catasto, che registra tutti gli oneri dovuti alla Corona (per la paura che incuteva è detto Domesday book = Libro del Giorno del Giudizio). Tra i successori di Guglielmo, si distinguono Enrico II Plantageneto, che restaura il sistema delle finanze statali, e ancor più Giovanni Senzaterra (fratello di Riccardo Cuor di Leone, morto nella III Crociata), che concede al popolo la Magna Charta Libertatum dopo una rivolta di baroni ed ecclesiastici. La Magna Charta limita i poteri del sovrano, che non può imporre tasse senza il consenso dell’assemblea dei baroni; non può fare arrestare arbitrariamente nessuno; deve garantire agli accusati un giusto processo con tanto di giuria (ogni suddito processato era giudicato, oltre che dal giudice, da un gruppo di giurati suoi pari). L’assemblea di baroni rappresenta l’inizio del Parlamento, un’istituzione con cui tutti i successori di Giovanni Senzaterra collaboreranno, per assicurarsi un certo consenso, ma anche per controllare la nobiltà ricca e desiderosa di autonomia. Il Parlamento comincia ad essere riunito regolarmente sotto Edoardo I, ricordato anche per la conquista del Galles (da quel momento il re d’Inghilterra riceve anche il titolo di “Principe di Galles”). Nel Trecento, il Parlamento verrà diviso in Camera dei Lords (grandi nobili e alto clero) e Camera dei Comuni (piccola nobiltà, clero minore e borghesia produttiva). Nei secoli, il Parlamento acquisterà sempre più importanza, fino ai giorni nostri, quando diventa un’istituzione le cui decisioni devono essere rispettate dai sovrani. Il fatto che i sovrani inglesi siano comunque anche feudatari in Francia causerà tra Francia e Inghilterra un conflitto detto “Guerra dei Cent’Anni”, che vedrà la sconfitta dei sovrani inglesi (1337-1453, vedi in seguito). Plantageneti | Enrico Plantageneto (Enrico II) | Riccardo I Cuor di Leone | Giovanni Senzaterra | Edoardo I 4. LA MONARCHIA FRANCESE (I CAPETINGI) ……………………………………………………….. Nel X secolo, dopo che i discendenti di Carlo Magno si era esaurita, in Francia si scatena una lunga lotta per il trono, che si conclude nel 987, quando riesce a prevalere il conte di Parigi, Ugo Capeto, con cui ha inizio la dinastia dei Capetingi. Il regno di Francia è inizialmente molto piccolo, limitato a Parigi e territorio circostante: una parte del territorio francese, infatti, appartiene ai sovrani inglesi che, come abbiamo già visto, sono anche feudatari in Francia. Con Filippo II Augusto, la piccola monarchia francese comincia ad allargarsi: egli infatti conquista diverse province e sconfigge gli Inglesi nella battaglia di Bouvines, togliendo loro gran parte dei feudi che essi possedevano in terra francese. Inoltre, viene istituito il principio di ereditarietà della corona, per cui, a differenza della corona imperiale (che veniva attribuita per via elettiva), la corona passa dal padre al figlio maggiore (ricordare che la legge salica1 esclude le figlie femmine). Anche i successivi sovrani continuano ad espandere il territorio della monarchia francese: Filippo IV il Bello, ad esempio (l’ultimo dei Capetingi), toglie altri feudi agli Inglesi, che ormai conservano soltanto più alcune terre nel sud-ovest della Francia. Sotto Filippo il Bello, inoltre, si completa il passaggio dal regno feudale alla monarchia nazionale: infatti, il potere di governare i vari territori dello stato viene tolto ai feudatari e affidato a funzionari del re, eletti dal re personalmente. Ciò favorisce la formazione di una classe di funzionari molto capaci dal punto di vista amministrativo, finanziario e giudiziario, la cui esistenza dipende dal re e che quindi assicurano al re il loro sostegno contro la nobiltà feudale, contro l’impero e, se occorre, anche contro la Chiesa. Per rafforzare ancora di più il loro dominio, il sovrano francese si appoggia ad un’assemblea, chiamata Stati Generali e composta da rappresentanti della nobiltà, del clero e della borghesia. In essa vengono votate le richieste del re, come nel Parlamento inglese. Tuttavia, col tempo, gli Stati Generali perdono importanza e non vengono quasi più convocati. Il sovrano francese è molto diverso da quello inglese: infatti, - il re francese è legibus solutus, cioè “sciolto” dall’obbligo di obbedire alle leggi, al di sopra delle leggi; - quelli inglesi, invece, si definiscono “sottomessi a Dio e alle leggi”. Non a caso in Francia si arriverà col tempo ad una monarchia assoluta, mentre in Inghilterra si affermerà la monarchia parlamentare. 1 Complesso di leggi dei Franchi Salii (stanziati nella valle dell’Ijssel) e risalenti al IV secolo. Via via che il popolo franco progredì, ne fece nuove redazioni. 4. LA RECONQUISTA SPAGNOLA ………………………………………………………………………… La Penisola iberica, nei secoli VII-VIII, era stata occupata dagli Arabi, musulmani e provenienti dall’Africa del Nord, già precedentemente occupata. Nelle mani dei cristiani erano rimaste solo le terre del nord, frammentate in tanti piccoli Stati indipendenti: Asturia, Castiglia, Catalogna e Aragona. Quando il potere arabo si indebolì a causa di dissidi interni al mondo islamico, i Cristiani di Spagna ne approfittarono ed iniziarono la Reconquista, ossia un movimento verso sud finalizzato a riprendere possesso delle terre del sud. I regni delle Asturie e di Castiglia si uniscono ed iniziano l’offensiva contro gli Arabi, guidata da El Cid Campeador (= “colui che combatte in campo aperto”, Rodrigo Diaz de Vivar). A lui si deve la conquista di diverse città, tra cui Toledo. Nei decenni successivi, la Reconquista prosegue, fino al 1248, quando, con la conquista di Cordova e Siviglia, gli Arabi vengono respinti definitivamente (restano confinati nel piccolo regno di Granada). Intanto, nel 1137, si sono uniti alle Asturie e Castiglia anche gli altri due regni di Catalogna e Aragona ed è nato il secondo grande regno di Spagna. 5. LA SITUAZIONE DELL’ITALIA MERIDIONALE: I NORMANNI …………………………………. I Normanni non influirono solo sulla storia inglese, ma anche su quella dell’Italia Meridionale dell’Alto medioevo. La situazione del Sud era allora la seguente: - la Sicilia era stata conquistata già nel IX secolo dagli Arabi, che l’avevano portata ad un alto grado di sviluppo; - diverse aree della Puglia e della Calabria erano ancora nelle mani dei Bizantini. I Normanni giunsero in Italia come mercenari, ma si accorgono ben presto che, unendosi, possono conquistare quelle stesse città che li pagano per i loro servizi. In primis conquistano la Calabria, dove Roberto il Guiscardo (= “l’astuto”) si dichiara vassallo del papa; nel frattempo il fratello di Roberto, Ruggero, sbarca a Messina e conquista la Sicilia cacciandone gli Arabi. Successivamente, le conquiste normanne vengono unificate sotto il nome di Regno di Sicilia: questo potente regno influirà pesantemente sulla storia italiana, perché nel Mezzogiorno permarrà una struttura di tipo feudale, mentre nel Centro-Nord si affermeranno i liberi Comuni. L’Italia vivrà, quindi, due storie diverse e conoscerà due sviluppi economici diversi: - il Mezzogiorno si baserà essenzialmente sull’agricoltura e resterà a lungo un serbatoio di materie prime; - il Nord, invece, svilupperà manifatture e commercio. Con i Normanni, il Regno di Sicilia conosce un lungo periodo di prosperità e potenza, che raggiungerà il suo culmine sotto Federico II. Quest’ultimo, infatti, si circonderà di una splendida corte di intellettuali e darà impulso alla cultura: nascerà qui la prima poesia volgare della penisola Italiana (scuola siciliana). Inoltre, con le Costituzioni melfitane (= raccolta di leggi), creerà una burocrazia efficiente e rafforzerà il potere del re rispetto ai nobili feudatari. Divenuto poi anche imperatore, Federico II coltiverà il sogno di un impero unificato, ma il suo progetto fallirà (vedi oltre). 6. CHIESA CONTRO IMPERO (DA INNOCENZO III A BONIFACIO VIII) ………………………….. La nascita delle monarchie nazionali porta alla nascita di conflitti tra queste e la Chiesa di Roma, che ormai era uno Stato territoriale a tutti gli effetti. I papi hanno, infatti, oltre al potere spirituale, anche quello temporale e non intendono rinunciarci. Poiché il papa è quindi anche un sovrano, nascono contrasti e rivalità politiche con altri sovrani: un con-trasto è rappresentato dalla gestione delle ricchezze della Chiesa: - il papa sostiene che, come capo di tutte le Chiese dei paesi cattolici, è suo compito gestire le loro ricchezze e i loro beni; - le monarchie nazionali, invece, ritengono che la gestione non spetti solo al papa, ma anche a loro. - una terrestre, detta Via della Seta, costituita dalle piste carovaniere che dal Pamir vanno verso Costantinopoli passando per la Persia; a volte occorrono anni per compiere l’intero tragitto; una marittima, detta Via delle Spezie: dall’Indonesia, dall’Indocina e dall’interno dell’India, le merci raggiungono i porti indiani e viaggiano per mare fino all’Arabia. Da qui, esse vengono trasportate a dorso di dromedario attraverso il deserto fino all’Egitto e alla Siria, da dove ripartono per mare fino all’Europa. Le vie marittime sono più sicure e soprattutto più rapide di quelle terrestri. Per questo, il commercio marittimo conosce un significativo sviluppo, e ciò favorisce, come si è visto, soprattutto le città costiere, dotate di porti. Insieme con i commerci e l’artigianato, nel Basso Medioevo si evolve anche l’attività bancaria: infatti, per realizzare le grandi imprese economiche, sono necessari capitali sempre più significativi, che nessun privato possiede; per questo nascono le banche, che raccolgono denaro e lo prestano dietro pagamento di un interesse. Anche i re spesso si rivolgono alle banche per prestiti atti a finanziare le guerre. Per difendere i loro interessi, mercanti e artigiani si uniscono in corporazioni, dette “arti” (in Italia), regolate da veri e propri “statuti” che tutti sono tenuti a rispettare, pena gravi sanzioni (fino a perdere il diritto di esercitare il mestiere). Solo chi è membro di una corporazione può praticare quell’attività; chi ambisce a praticarla, deve svolgere un periodo di apprendistato presso un maestro. 2. LA NASCITA DEI COMUNI ……………………………………………………………………………… Si è visto che dopo l’anno Mille, le città si ripopolano, si ingrandiscono e ne sorgono di nuove. Per soddisfare le mutate esigenze della popolazione, le città si trasformano, non solo nella struttura, ma anche nelle istituzioni: infatti, le istituzioni tradizionali – la Chiesa e i rappresentanti dell’imperatore – spesso dimostrano di non essere capaci di comprendere e di adattarsi alla nuova realtà. Nascono così i COMUNI, dove i cittadini aventi un certo reddito eleggono propri rappresentanti che amministrino gli interessi dell’intera comunità. In Italia, i Comuni si sviluppano prevalentemente nel Nord e nel centro, dove le lotte tra la Chiesa e l’Impero favoriscono il processo di formazione dell’autonomia comunale: Milano fu una delle prime città a diventare “Comune”. Nel sud-Italia, invece, la situazione è molto diversa e la nascita dei Comuni è fortemente limitata dal potere regio (= la monarchia normanna), che ancora impone strutture feudali. Anche nel resto d’Europa il potere regio condiziona le città, molte delle quali ottengono dai sovrani delle concessioni (ad es., che il commercio e le attività siano più liberi), ma non la possibilità di autogovernarsi. Un caso particolare è quello delle città dell’Europa settentrionale, specie i porti sul Mare del Nord e del Baltico, che si affrancano dal potere della nobiltà locale e si governano dovendo lealtà direttamente all’imperatore. Per rafforzare la loro attività commerciale e detenere il monopolio di certe merci (tessuti fiamminghi, pellicce russe, pesce, ferro…), queste città finiscono per unirsi in una confederazione, la “Lega anseatica” (da Hansa = unione), che persegue scopi fondamentalmente mercantili. Più tardi anche le città della Svizzera si uniranno in una confederazione politica. Il Comune è quindi una forma di governo indipendente che molte città dell’Italia centro-settentrionale si danno a partire dal 1038 (Brescia) per svincolarsi dall’autorità dell’imperatore e dei grandi feudatari, ma anche del papa e dei vescovi. Il fenomeno è agevolato dal fatto che la popolazione cittadina prende coscienza di costituire un corpo unitario, capace di autogovernarsi. I primi Comuni (Brescia, Milano, Pisa, Genova, Firenze, Bologna) a volte si collegano per fronteggiare le truppe imperiali o dei grandi feudatari: infatti, spesso occorrono decenni di lotte e guerre per arrivare all’autogoverno. Una volta raggiunta l’indipendenza politica, però, le città italiane si sviluppano molto rapidamente: tant’è vero che, già alla fine del Duecento, Milano ha già 200.000 abitanti e Genova, Firenze e Venezia superano i 100.000 (nello stesso periodo, Londra ne ha solo 20.000 e Parigi 80.000). A mano a mano che i Comuni vedono crescere la propria prosperità, cresce anche la loro potenza: alcuni Comuni più grandi prendono il sopravvento su quelli più piccoli ed estendono il loro territorio ben oltre le mura cittadine, nel contado, i cui abitanti restano sottoposti alla città e non godono degli stessi diritti dei cittadini. L’età dei Comuni è un’epoca di forti innovazioni politiche, che danno luogo a nuove istituzioni che devono soddisfare le sempre diverse esigenze della popolazione: per questo le istituzioni comunali non sono stabili, ma cambiano nel tempo, per adattarsi alla mutevole realtà cittadina. Questo fatto spiega anche perché nella Penisola i Comuni non hanno tutti la stessa forma nello stesso momento. Si possono, infatti, individuare tre fasi: 1. quella consolare, la più antica; 2. quella podestarile, in cui il Comune è guidato da un podestà; 3. quella popolare o delle Corporazioni. Il Comune dei Consoli è la forma più antica di Comune. Quando le città ottengono l’affrancamento (= li- berazione da tutti o da parte) degli obblighi feudali verso il re), esse possono istituire delle magistrature autonome per autogovernarsi. In Italia, questi magistrati prendono il nome di consoli (balivi nel resto d’Europa); variano da 2 a 20 e sono affiancati da una sorta di parlamento (o arengo) eletto dai cittadini più agiati e aventi il diritto di voto. I consoli amministrano il Comune, emanano ordinanze, controllano la riscossione dei tributi e il rispetto dell’ordine pubblico, amministrano la giustizia. Inoltre, sono presenti un consiglio di cittadini con potere legislativo, e dei giudici dei tribunali. Tutte le cariche elettive durano solo da 6 mesi ad un anno, per evitare abusi di potere. Vengono anche create magistrature competenti in fatto di scuole, strutture sanitarie e uffici amministrativi. Gli addetti agli uffici vengono spesso sorteggiati. Sono retribuiti con piccoli compensi, perché lavorare per il Comune è considerato un dovere. In base alla loro origine, ricchezza ed attività, i cittadini dei Comuni si dividono in ceti: - magnati = nobili di nascita, proprietari di terre del contado e potenti famiglie mercantili; - popolo grasso = ricchi borghesi (mercanti e artigiani, banchieri, professionisti e proprietari di manifatture; - popolo minuto = piccoli artigiani e commercianti. Seguono gli operai salariati a giornata e i nuovi immigrati dalle campagne in cerca di occupazione. I vari ceti hanno interessi contrastanti e tra loro c’è un forte scontro politico, perché, se prevalgono i nobili, tassano le imposte su vino e farina; se prevale il popolo grasso, tassa le case e i terreni. Raramente prevale il popolo minuto, mentre i più poveri, le donne e i disoccupati appena giunti dalle campagne sono del tutto esclusi dalla partecipazione alla vita politica. Questo porta spesso a lotte intestine e alla divisione dei cittadini in fazioni, che si contrappongono fra loro in caso di scontri tra papa e imperatore: conosciamo bene, grazie anche a Dante, le due fazioni guelfa (filopapale) e ghibellina (filoimperiale). A Firenze, i guelfi si dividono anche al loro interno in guelfi bianchi (intorno alla famiglia dei Cerchi) e neri (intorno alla famiglia dei Donati): Dante, guelfo bianco, paga con l’esilio la vittoria dei neri nel 1302. Per cercare di mettere fine alle discordie cittadine, viene istituito un nuovo magistrato, il podestà. Il podestà proviene da un altro Comune e viene chiamato per amministrare la città in modo equo e imparziale. A partire dagli inizi del XIII secolo, il podestà si afferma in quasi tutti i comuni italiani centro-settentrionali; è una carica elettiva e dura un anno; per essere scelto, occorre avere più di 30 anni e non avere parenti nella città da cui si è chiamati. Il suo stipendio è molto elevato e ha diritto ad una piccola corte di notai e ufficiali che porta con sé dalla città di provenienza. Il podestà è giudice, ma detiene anche il potere esecutivo, governa il Comune, comanda l’esercito e, a volte, viene affiancato da un’altra figura, il capitano del popolo, che rappresenta il popolo grasso e funge da “governatore”. Per quanto riguarda la terza forma di Comune, cioè quella popolare, si tratta di città dove i nuovi ceti borghesi cercano di assumere direttamente il controllo. Infatti, le Corporazioni, che all’inizio servono solo per difendere e tutelare gli interessi di un certo gruppo di lavoratori o di professionisti, finiscono per avere un ruolo economico e quindi sociale sempre più grande, al punto da esercitare una pressione crescente sul governo cittadino: alla fine, arrivano perfino a sostituirsi alle vecchie magistrature. Ciò accade, ad esempio, a Firenze nel 1293, dove viene istituita una “repubblica di mercanti”. Tuttavia, alla lunga, nessuna forma di Comune dimostra di essere efficace a risolvere le divisioni interne e l’instabilità politico-sociale. Per questo, si arriverà alla fine dei Comuni e all’affermazione della Signoria. Altre città, come Venezia e Genova, seguiranno invece un percorso diverso e affideranno il loro governo ad un patriziato = un ristretto numero di famiglie. 3. LO SCONTRO TRA I COMUNI E L’IMPERO …………………………………………………………. Nel 1155 viene eletto imperatore Federico I Barbarossa, il quale è deciso a restaurare l’autorità imperiale che ritiene indebolita dall’autonomia dei Comuni. Il suo sogno è quello di ricostruire il Sacro Romano Impero e non riesce a capire i grandi cambiamenti che stanno avvenendo in Italia: per questo scende più volte nella Penisola con l’intento di sottomettere i Comuni e il pontefice e di riconquistare il meridione, che è nelle mani dei Normanni. Nel 1158, a Roncaglia, riunisce una dieta (= da dies, giorno = assemblea dei rappresentanti della nobiltà, del clero e della borghesia dei Comuni) e intima ai Comuni di restituire le regalìe (= diritti e poteri che i Comuni avevano ottenuto dai sovrani: sfruttamento delle proprie miniere, diritto di battere moneta, controllo di strade e fiumi…). Barbarossa, infatti, ritiene che tali regalìe spettino all’ imperatore, non ai Comuni; per cui, se non vi rinunceranno, saranno puniti severamente. Per i Comuni, accettare le richieste di Barbarossa equivarrebbe a perdere la propria indipendenza, per cui insorgono. Il papa, Alessandro III, si schiera al loro fianco e scomunica Federico I. L’imperatore, che però ha già eletto un antipapa, attacca Crema e Milano: nel 1163 quest’ultima viene rasa al suolo. Ventidue Comuni dell’Italia settentrionale formano quindi una lega, la Lega lombarda (giurata a Pontida, 1167). Barbarossa prova a fronteggiarla, ma viene sconfitto a Legnano (1176) ed è costretto a firmare la pace di Costanza con cui Federico riconosce una larga autonomia ai Comuni. Malgrado questa sconfitta, Barbarossa riesce comunque ad accaparrarsi il Meridione d’Italia, facendo sposare al figlio Enrico VI la normanna Costanza d’Altavilla, erede del Regno di Sicilia. Barbarossa muore poco tempo dopo durante la terza crociata ed Enrico VI gli succede sul trono. Anch’egli, però muore prematuramente e lascia il trono al figlio Federico II. Questi, però, ha solo 3 anni; il suo tutore è il papa Innocenzo III, che gli dà il suo appoggio a patto che egli tenga sempre separati i territori di Sicilia e di Germania (ciò significa che lui avrebbe dovuto essere Re di Germania e Re di Sicilia, ma non “imperatore”), in modo da non stringere in una morsa lo Stato della Chiesa. Nei primi anni di regno, Federico II accontenta Innocenzo III, ma dopo la morte del papa cerca di unificare il Regno di Sicilia con i domini imperiali in Italia e si fa incoronare imperatore (1220). Nel 1228, dopo aver titubato a lungo (tanto da subire una scomunica dal papa), Federico II partecipò alla IV crociata per riprendere Gerusalemme. Riuscì nell’intento non con una guerra, ma diplomaticamente: fu incoronato Re di Gerusalemme e la scomunica fu revocata. Intanto, all’inimicizia del Papato (che trova pericoloso l’accerchiamento dovuto all’unificazione delle due corone), si aggiunge quella dei Comuni, che si ritengono a rischio di perdere l’indipendenza tanto difesa contro Barbarossa. Si riforma, quindi, l'esercito della Lega lombarda, che però si fece aiutare dai Comuni di parte ghibellina e sconfisse la lega Lombarda: a questo punto, Federico II chiese ai Comuni sconfitti una sottomissione assoluta, il che lo avrebbe portato a divenire signore incontrastato dell’intera penisola. Questo allarmò il papa, che lo scomunicò una seconda volta; Federico II invase lo Stato della Chiesa e minacciò Roma, al punto da essere definito dagli avversari “Anticristo” e dai seguaci “Messia”! ma proprio nel mezzo di questa La morte senza eredi dell’imperatore Enrico V e del suo successore Lotario aveva posto fine al potere delle due dinastie di Franconia e di Sassonia e aveva riaperto il conflitto tra le famiglie ducali tedesche per assicurarsi la corona imperiale: la famiglia ducale di Svevia e la famiglia ducale di Baviera, sostenute la prima dai ghibellini e la seconda dai guelfi. Alla fine, era prevalsa la casa di Svevia con Federico I Barbarossa di Hohenstaufen (1122-1190), il quale mise d’accordo i due partiti essendo imparentato per parte di padre con i ghibellini e per parte di madre con i guelfi. Si sa che le dinastie regnanti di Francia e Inghilterra avevano da tempo motivi di contrasto: infatti, i Plantageneti d’Inghilterra possedevano ancora vasti territori in Francia; in più, avevano legami di stretta parentela con i Capetingi francesi ed ognuno vantava diritti sull’altra corona. La situazione precipita alla morte dell’ultimo dei Capetingi, Carlo IV: uno dei candidati più accreditati a succedergli sembra essere suo nipote Edoardo III (= figlio della sorella), già re d’Inghilterra. Ma, poiché i Francesi non vogliono sul trono un re inglese, i dignitari francesi – appellandosi alla legge salica che non riconosce il diritto di successione alle donne, in questo caso, alla sorella di Carlo IV – danno la corona a Filippo VI di Valois, figlio di uno zio del defunto re e iniziatore della dinastia che avrebbe regnato oltre 200 anni. Oltre a questa causa (dinastica), la Guerra dei Cent’anni è legata anche ad altri motivi, in particolare alla questione delle Fiandre (regione dell’attuale Belgio). Le Fiandre sono inserite nell’orbita francese, ma sono indispensabili all’economia inglese (le città commerciali fiamminghe, infatti, importano lana e tessuti inglesi che poi lavorano e rivendono): per questo, entrambi i regni sono interessati alla regione. La guerra scoppia nel 1337, quando il re d’Inghilterra Edoardo III si proclama re di Francia rifiutando di riconoscere re Filippo VI di Valois, il quale reagisce proibendo alle Fiandre l’importazione della lana inglese. Edoardo III, allora, attraversa la Manica in armi e infligge a Filippo una dura sconfitta a Clercy e a Poitiers. La prima fase della guerra è dunque favorevole agli inglesi, ma gli scontri si susseguono a più riprese, con i successori dei primi due sovrani contendenti: in una seconda fase, favorevole ai Francesi, gli Inglesi perdono numerose terre in Francia; in una terza fase, gli Inglesi recuperano gran parte dei territori francesi; alla fine (1422-53), la Francia di Carlo VII, grazie anche a Giovanna d’Arco (studia cornice), si riprende tutte le terre ed estromette definitivamente l’Inghilterra dal continente (essa riuscì solo a conservare Calais, sulla costa della Manica). La Guerra dei Cent’anni segna una transizione, perché restringe l’Inghilterra all’area insulare e avvia la formazione dell’Inghilterra e della Francia come Stati nazionali. Conseguenze della guerra dei Cent’Anni: dalla Guerra dei Cent’anni, il potere monarchico inglese esce indebolito, quello francese rafforzato. ● Le vicende del Regno inglese = Prima della guerra, tra feudatari e corona non c’erano problemi: il Parlamento (Camera dei Lords + Camera dei Comuni), infatti, dava a tutti la possibilità di far sentire la propria voce e i feudatari non osteggiavano la supremazia del re. Durante la guerra, però, il re è costretto ad aumentare le tasse per affrontare le dure spese militari e questo scatena numerose rivolte anche tra i nobili, particolarmente colpiti. Dopo la guerra (e la sconfitta), le cose peggiorano ulteriormente, perché la nobiltà, che durante la guerra ha potuto almeno fare bottino in Francia, è ora diventata irrequieta. A questi problemi, si aggiunse la crisi dinastica: già prima che finisse la Guerra dei Cent’anni, era salito al trono l’ultimo dei Plantageneti (Riccardo II), che però aveva solo 10 anni, per cui la reggenza era stata affidata a suo zio, il duca di Lancaster. Alcuni anni dopo, il figlio di quest’ultimo, Enrico di Lancaster, fa uccidere Riccardo e sale sul trono al suo posto, dando origine alla dinastia dei Lancaster, che vede, dopo di lui, anche Enrico V ed Enrico VI. Enrico VI, però, ha problemi di salute mentale, per cui viene nominato “protettore del regno” Riccardo di York. Attorno ai Lancaster e agli York si formano due opposte fazioni, che arrivano ad un conflitto, la GUERRA DELLE DUE ROSE (1455-1485), cosiddetta dal fatto che le due famiglie hanno sullo stemma una rosa, rispettivamente rossa e bianca. La guerra dura 40 anni e termina con la vittoria di Enrico Tudor dei Lancaster, che diventa re con il titolo di ENRICO VII. Questi sposa poi Elisabetta di York, imparentando le due famiglie e ponendo fine al conflitto. Giovanna d’Arco è una giovane contadina della Lorraine, convinta di essere stata prescelta da Dio per risollevare le sorti della Francia. Ispirata da voci misteriose (che lei attribuisce all’arcan- gelo guerriero Michele e alle sante Caterina e Margherita), Giovanna si presenta Carlo (= erede del trono di Francia) e lo convince ad affidarle delle truppe per liberare la Francia dagli Inglesi. Ella riesce a liberare Orléans dall’assedio e a far incoronare Carlo re di Francia (Carlo VII), ma viene poi catturata dai borgognoni, alleati degli Inglesi, e venduta a questi ultimi. Accusata di stregoneria ed eresia, viene condannata al rogo, Carlo VII ne ottiene però la riabilitazione e, nel 1920, viene santificata da Benedetto XV. Riccardo II (ultimo dei Plantageneti)  Duca di Lancaster | Enrico di Lancaster | Enrico V di Lancaster | Enrico VI di Lancaster  Riccardo di York | Guerra tra Lancaster e York (Guerra delle 2 Rose) | vince Enrico VII Tudor dei Lancaster (che sposa Elisabetta York e pone fine alla guerra) ● Le vicende del regno francese = A differenza di quanto accade in Inghilterra, in Francia il potere monarchico esce rafforzato. Il re continua ad essere affiancato dagli Stati generali (assemblea diversa dal parlamento inglese, perché quello affianca il re, mentre questo è uno strumento con cui il re impone la sua volontà), ma col tempo il re relega questo “parlamento” ad un ruolo marginale, quasi nullo. Rispetto all’Inghilterra, la Francia se la cava meglio anche con le tasse e con i nobili: infatti, per sostenere le spese militari, viene imposta la taglia, ossia una tassa imposta ad ogni “fuoco”, cioè ad ogni nucleo familiare, indipendentemente dai beni posseduti (non è quindi una tassa equa, ma evita ritorsioni dai nobili). Ciò assicura alla Francia un gettito costante, grazie al quale può dotarsi di un proprio esercito, permanente e retribuito (ciò permette al re di non dover più dipendere dall’aristocrazia, che prima usava la sua forte presenza nell’esercito come uno strumento di ricatto per godere di privilegi). Dopo la guerra, inoltre, la Francia si dota di funzionari capaci e fedeli. Di estrazione borghese, studiano e si formano nelle università e diventano consapevoli del loro ruolo e della loro importanza, finché vengono nobilitati: per distinguerli dai “nobili di spada” (cioè dai nobili feudali) vengono definiti “nobili di toga”. Ma soprattutto, a rafforzare la monarchia francese è il fatto che prima della guerra la Francia era un mosaico di piccoli stati feudali, grandi e piccoli, affidati a parenti del re e indipendenti; dopo la guerra, invece, questi stati tendono ad unirsi e, alla fine del Quattrocento, la Francia è ormai la potenza europea più compatta e forte del momento. Con Carlo VIII può dare inizio alla sua politica di espansione, in primis verso l’Italia. 3. LA PENISOLA IBERICA: PORTOGALLO, CASTIGLIA E ARAGONA ……………………………. Al tempo in cui Inghilterra e Francia sono coinvolte nella Guerra dei Cent’Anni (1337-1453), nella Penisola iberica si rafforzano i regni che hanno riconquistato le terre precedentemente occupate dagli Arabi. Si tratta di tre regni molto diversi fra loro per lingua e costumi: Portogallo, Castiglia e Aragona. - Il Portogallo sviluppa la sua vocazione marittima e mercantile lungo le coste atlantiche; Lisbona, la sua capitale, è un importante porto di transito tra il Mediterraneo, le Fiandre e l’Inghilterra. I suoi regnanti stimolano viaggi di navigatori genovesi e veneziani al loro servizio e si procurano colonie in Marocco e nelle Azzorre. - l’Aragona rivaleggia con Genova come potenza navale e mercantile nel Mediterraneo. Tra il 1229 e la metà del Trecento, essa conquista Sicilia e Sardegna; poi, nel 1442, Alfonso V prende possesso dell’intero Mezzogiorno d’Italia e adotta il titolo di Re di Napoli e di Sicilia, lasciando al fratello Giovanni II il titolo di re d’Aragona. A quest’ultimo succederà Ferdinando (vedi sotto). - La Castiglia è prevalentemente agricola; i suoi allevamenti di pecore da lana sono l’elemento portante della sua economia (pecore merinos). Dal punto di vista politico, gli esponenti di clero, nobiltà e borghesia sono riuniti in Cortes = istituzioni simili agli Stati generali francesi, e prendono importanti decisioni in fatto di tasse e di politica estera. Le principali città sono organizzate come libere associazioni. Dopo un periodo fi guerre civili e di ribellioni al tempo di Enrico IV, il Paese torna alla pace nel 1479, con la nuova regina Isabella di Castiglia e suo marito Ferdinando d’Aragona; l’anno successivo, i due uniscono i due regni e gettano le basi per la costituzione del Regno di Spagna e della sua grande potenza. 4. LA GERMANIA DEGLI ASBURGO …………………………………………………………………..... Nel XIV secolo, gli Asburgo hanno allargato i loro domini mediante un’accorta politica matrimoniale: hanno così rafforzato il loro potere in Austria e hanno acquisito la Carinzia, il Tirolo, l’Istria e il porto di Trieste. Perdono invece la Svizzera che, nata dall’unione di tre cantoni per contrastare i signori feudali, conquista la sua totale indipendenza come Confederazione elvetica nel 1499. Il fatto si presenta come una vittoria della libertà politica e dimostra che è possibile amalgamare popoli tra loro diversi per lingua e costumanze. Intanto, i TURCHI ottomani, che hanno costituito in Asia un grande impero, hanno iniziato una politica espansionistica che rappresenta un serio pericolo per l’Europa: Maometto II, dopo l’occupazione di Costantinopoli, ricolgono la loro attenzione alle colonie genovesi e veneziane sul Mar Nero e sull’Egeo; si impadroniscono della Grecia e della penisola balcanica; arrivano fino al Marocco. L’imperatore, Federico III, non fa nulla per contrastare l’avanzata turca, neppure quando gli ottomani attaccano l’Ungheria di Mattia Corvino. Il sovrano ungherese, però, riesce a fermare i nemici, libera la Bosnia e conquista la Boemia e parte dell’Austria, arrivando a rivendicare la corona imperiale. Solo dopo la morte di Corvino, Federico III riesce a riprendersi l’Austria e a rilanciare la dinastia asburgica, grazie al matrimonio tra suo figlio Massimiliano e Maria di Borgogna, che consentirà a Massimiliano di essere eletto imperatore nel 1493. 5. LE MONARCHIE SCANDINAVE ……………………………………………………………………….. Nel XIV secolo, l’area scandinava è scarsamente popolata ed è divisa in 2 regni: - il Regno di Svezia e Norvegia; - il Regno di Danimarca. Al loro interno, è molto importante la nobiltà, associata in clan (= gruppi di famiglie di notevole peso sociale, che si ritengono discendenti da un antenato comune e sono tra loro legate strettamente, in pace e in guerra) e in grado di condizionare i sovrani. Dopo una guerra tra Svezia e Danimarca, si arriva ad un unione dei tre regni sotto la regina Margherita di Danimarca: la Svezia riacquisterà la propria indipendenza nel 1523. 6. L’EUROPA DELL’EST E LA NASCITA DELLA RUSSIA ……………………………………..……… Nel periodo in cui nell’Europa occidentale nascono i primi Stati nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra) e in quella centrale continua il contrasto tra papato e impero tedesco, nell’Europa orientale non ci sono grandi insediamenti: nelle sue pianure sconfinate, predomina la nobiltà feudale (= i boiari), che sfrutta i servi della gleba e ostacola (o addirittura impedisce) lo sviluppo della monarchia e di una borghesia cittadina. La formazione degli Stati è quindi, in quest’area, estremamente lenta: solo Polonia e Boemia sono regni autonomi ben sviluppati. Agli inizi del XV secolo, Alessandro il Buono diventa autocrate (despota, tiranno) del popolo romeno, mentre più a est si forma il regno di Bulgaria. La Serbia, che si era espansa ad Occupare Albania, Grecia, Macedonia e Tracia, è stata occupata dagli ottomani e rimarrà sottomessa fino al XIX secolo. L’Ungheria ha sconfitto i Turchi con Mattia Corvino, si è espansa a spese della Boemia ed è divenuta uno Stato potente, ma la morte del sovrano accentua i contrasti tra la grande e la piccola nobiltà e porta allo scoppio di molte rivolte contadine. Il Paese torna così sotto i Jagelloni, una dinastia lituana che sarà poi sconfitta dai Turchi: a quel punto, l’Ungheria passerà in parte agli ottomani (che occupano Buda) e in parte sotto gli Asburgo d’Austria. Regno di Napoli) restano gli Angioini: essi non riescono a creare uno Stato vero e proprio, perché il regno è nelle mani di potenti famiglie feudali e dei banchieri fiorentini e genovesi, che sfruttano le risorse della regione. Le città restano poche e non si sviluppa una borghesia moderna e attiva. Le conseguenze di questa situazione si faranno sentire fino all’età contemporanea. Ricordiamo, infine il DUCATO DI SAVOIA. Sotto Amedeo VIII, il Ducato, che già comprendeva la Savoia, parte delle terre svizzere fino al lago di Ginevra e il Piemonte con Torino, incorpora Vercelli e Nizza. L’amministrazione del Ducato è basata sul modello francese, con un territorio diviso in piccole entità territoriali, ciascuna con il proprio Statuto. Il sovrano è coadiuvato da un Consiglio per l’amministrazione, mentre un Cancelliere ha autorità suprema su tutti i magistrati e si occupa della giustizia. I successori di Amedeo VIII abbandonano la sua politica, che tendeva all’unificazione amministrativa di Savoia e Piemonte. Amedeo IX appiana i contrasti con Milano e si allea con la Francia. Successivamente, non avendo ricevuto da Luigi XII i territori pattuiti, l’alleanza si incrina e il Ducato di Savoia si avvicina agli Asburgo. ______________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________ 5 ESPLORAZIONI E COLONIALISMO 1. LE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE NEI SECC. XV E XVI………………………………………… Il XV secolo è un periodo molto importante per quanto riguarda le esplorazioni geografiche e la cultura geografica in sé. Nel 1409, viene completata la traduzione latina della Geografia di Tolomeo (II sec. d.C.), opera che subito conosce una larga diffusione, prima manoscritta poi a stampa. La riscoperta di questo grande geografo antico porta non solo a ribadire la sfericità della Terra (cosa di cui ormai si era convinti), ma anche a diffondere una immagine credibile della Terra (grazie alle carte disegnate da Tolomeo) e ad utilizzare il metodo delle coordinate geografiche (latitudine e longitudine) per segnare con esattezza ogni punto sulle carte. Tuttavia, da Tolomeo la geografia rinascimentale eredita anche alcuni errori: - la convinzione che l’Oceano Indiano sia un mare chiuso (perché a Sud l’Asia e l’Africa sarebbero state unite da una “terra incognita”; - la sottovalutazione dell’ampiezza della circonferenza terrestre (metà circa di quella reale); - la convinzione che esista, tra le fasce climatiche terrestri, una fascia perusta (= bruciata) inabitabile per l’uomo. E’ per dare conferma a queste ed altre notizie che nel XV secolo si organizzano diverse esplorazioni geografiche, che portano ad un netto rinnovamento della cultura geografica. A determinare i viaggi di esplorazione non furono, però, soltanto le motivazioni culturali, ma anche quelle religiose, economiche e politiche: - religiose, perché si vuole diffondere la parola di Dio in ogni continente; - economiche, perché si vuole arrivare via mare ai ricchi mercati indiani e cinesi. A questi ultimi non interessano tanto le materie prime e i manufatti europei, quanto l’oro e gli schiavi: i mercanti europei si approvvigionano di entrambe le merci in Africa e poi aprono una rotta meridionale per raggiungere agevolmente i mercati asiatici; - politici, perché un’economia forte significa supremazia sugli stati più deboli. Asia Oceano indiano Terra incognita Africa I grandi viaggi esplorativi non sarebbero stati possibili senza i progressi nel campo della navigazione e della strumentazione: nascono, infatti, in questo periodo le caravelle e i galeoni; vengono perfezionati la bussola e l’astrolabio; vengono realizzate tavole che permettono di determinare la latitudine di un punto in base alla posizione degli astri… 2. LA SCOPERTA DELL’AMERICA ……………………………………………………………………….. La prima rotta ad essere esplorata dagli Europei è quella meridionale, che può collegare ai mercati asiatici (indiani e cinesi). I dominatori di questa rotta sono i Portoghesi, che, nei primi decenni del ‘400 iniziano anche un’esplorazione dell’Africa: nel 1444 raggiungono capo Verde (A nella cartina) e, quarant’anni più tardi, il capo di Buona Speranza (B nella cartina). Così si scopre che la terra incognita ipotizzata da Tolomeo non esiste e la via delle Indie è aperta. L’ultimo passo viene compiuto nel 1497 da Vasco de Gama, che da Lisbona raggiunge Calcutta in 10 mesi di navigazione. I Portoghesi restano a commerciare con la penisola indiana per tre mesi, dopodiché tornano in patria, suscitando un entusiasmo incredibile. I viaggi dei Portoghesi attorno all’Africa danno modo di disegnare carte sempre più precise: infatti, le esperienze dei navigatori e i dati da loro raccolti durante i viaggi influiscono servono a correggere gli errori. La rotta occidentale è più pericolosa, perché non si conoscono i venti, le correnti e le distanze da affrontare in mare aperto. Tuttavia, il sogno di raggiungere l’Oriente navigando verso ovest prende forma in un progetto di Cristoforo Colombo. Nato probabilmente a Genova nel 1451, Colombo si mette ben presto al servizio delle corone iberiche. Appassionato lettore de’ Il Milione di Marco Polo, egli cova il sogno di poter un giorno raggiungere l’Oriente navigando verso ovest. Studiando l’opera di Tolomeo e altri scritti geografici dell’epoca, sottovaluta però le distanze: pensando che tra le Canarie e il Giappone vi siano soltanto 4.500 km (in realtà sono quasi 18.000), percorribili dalle navi di allora con una certa tranquillità, Colombo presenta un progetto di viaggio al re del A B Portogallo, Giovanni II. Gli scienziati cui il re affida il progetto trovano sbagliati i calcoli di Colombo, per cui la spedizione non viene finanziata. Colombo si rivolge allora ai sovrani di Spagna, i quali, in un primo momento, rifiutano il finanziamento, ma poi cambiano idea. Colombo riceve tre caravelle (Niña, Pinta e Santa Maria), viene nominato ammiraglio e governatore delle terre eventualmente scoperte, e gli viene promessa la decima parte delle ricchezze provenienti dalle stesse. Egli parte il 3 agosto 1492 da Palos con un equipaggio di 100 uomini e ad ottobre, dopo che gli uomini hanno minacciato di ammutinarsi temendo di non arrivare da nessuna parte e di non poter neppure tornare indietro, avvista terra. Pensando di essere arrivato nelle Indie, approda invece su un’isola del continente americano. Tornato in patria, con 2 caravelle su 3 (l’ammiraglia ha fatto naufragio), compie poi altri tre viaggi per capire dove porti effettivamente la rotta occidentale che ha aperto. Purtroppo, mentre cerca invano di capire, giunge la notizia che i Portoghesi hanno aperto la rotta meridionale verso le Indie: questo getta discredito su Colombo e la sua fortuna declina rapidamente. Muore pressoché dimenticato nel 1506, ancora convinto di essere arrivato in Oriente. Negli anni successivi, altri navigatori seguono la rotta aperta da Colombo, spostandosi a volte un po’ più a sud, a volte un po’ più a nord; ma ogni volta si incontra una terra che sbarra la navigazione. Si fa strada l’ipotesi che Colombo abbia scoperto un continente sconosciuto. Tra i tanti che intraprendono il viaggio verso ovest c’è Amerigo Vespucci, il quale giunge alla conclusione che, a ovest, c’era un “mondo nuovo”, chiamato più tardi America dal nome di Vespucci. Essa viene rappresentata, le prime volte, come una striscia di terra ininterrotta che si allunga nell’oceano Atlantico da nord a sud (vedi figura a lato). 3. CIVILTA’ E IMPERI PRECOLOMBIANI ………………………………………………………………. I popoli che vivono nel “nuovo mondo” al momento dell’arrivo di Colombo sono totalmente sconosciuti agli Europei. Gli Spagnoli li chiamano Indios (oggi li chiamiamo Amerindi da American Indios). Essi sono giunti in terra americana dall’Asia in tempi remotissimi, attraversando lo stretto di Bering allora ghiacciato. Data la vastità del luogo, si sono insediati in zone diverse, anche lontane fra loro, per cui si sono sviluppati in modo differente, pur mantenendo alcune caratteristiche comuni. Quando gli Europei arrivano nel Nuovo Mondo, ci sono, secondo i calcoli, circa 30 milioni di Indios, concentrati nell’attuale Messico e nella regione andina. Le civiltà più importanti erano tre: i MAYA (che costituivano uno Stato), e gli AZTECHI e gli INCA (che erano imperi). Vedendo che questi popoli non conoscono la ruota e l’aratro, e che usano solo delle pseudomonete (= oggetti usati come merce di scambio) gli Europei li giudicano arretrati rispetto a loro, senza tener conto che hanno semplicemente un modello di vita diverso. In realtà, alcuni di questi popoli possiedono una cultura notevole: i Maya e gli Aztechi, in particolare, hanno elaborato una scrittura ideografica e fonetica già secoli prima di Cristo (ideografica = scrittura in cui ogni segno rappresenta una parola: i suoni di queste parole, letti uno dopo l’altro, formano frasi complesse; fonetica = scrittura come la nostra, dove ogni segno rappresenta un suono). Inoltre, i Maya sono abili astronomi e matematici, hanno elaborato un calendario solare molto più corretto di quello giuliano (allora in uso in Europa) e hanno già introdotto da molto tempo lo zero, a differenza dell’Europa, che lo ha introdotto solo nel XIII secolo. Le civiltà precolombiane condividono l’idea della precarietà dell’uomo: credono che le civiltà siano destinate ad una distruzione ciclica o definitiva. Hanno un forte culto degli dei, ai quali offrono anche sacrifici umani, per cibarsi poi delle carni delle vittime. In questo modo, secondo la loro religione, non solo assicurano nuova energia al Sole, alla Terra e all’Universo intero, ma si impossessano (grazie al cannibalismo) anche della forza del morto. I MAYA si sviluppano soprattutto nella Penisola dello Yucatan. Sono divisi in città-Stato, ciascuna con un loro sovrano e hanno in comune solo la religione e la cultura. La piramide sociale vede in alto i sacerdoti e i nobili (proprietari terrieri), che vivono in un centro ricco di palazzi e templi. Tutt’intorno sorgono i villaggi 6 LA RIFORMA PROTESTANTE E LE NUOVE COSCIENZE NAZIONALI 1. MARTIN LUTERO E LA SUA RIFORMA ………………………………................................................ Tra il 1400 e il 1500, la Chiesa ha un’organizzazione molto simile a quella degli Stati: è divisa in diocesi (affidate ai vescovi) e le diocesi in parrocchie. Inoltre, la rete capillare di monasteri, ognuno con il proprio territorio di appartenenza, consente alla Chiesa di estendere sul paese il proprio dominio economico oltre che spirituale. (Le indulgenze) Negli uomini dell’epoca è fortemente sentito il bisogno di ottenere la salvezza eterna. Per questo, la Chiesa ha messo a punto il sistema delle indulgenze. L'indulgenza consiste nella possibilità di cancellare le conseguenze ultraterrene di un peccato per quei peccatori che confessano sinceramente il loro errore e ricevono il perdono tramite la Confessione. Quindi, l’indulgenza è la “remissione parziale o totale delle pene maturate con i peccati, ma perdonati da Dio con la confessione”. All’inizio le penitenze sono molto gravose, poi si inizia ad alleggerire il carico della penitenza, chiedendo al peccatore di compiere un'opera meritevole, come un pellegrinaggio, la visita ad un luogo santo, o un’opera di mortificazione, come il digiuno. Infine, nei secoli XIV-XVI, l'uso delle indulgenze si è diffuso a tal punto che si introduce la possibilità di ottenerle con un'offerta in denaro, detta oblatio, che viene poi usata per opere interne alla Chiesa (mantenimento di chiese, ospizi, scuole, ospedali). È facile comprendere come l'intento iniziale di andare incontro alle esigenze del peccatore pentito abbia finito per diventare un vero e proprio commercio, addirittura con tariffe precise a seconda dei peccati! Ne deriva uno scandalo, che fa sentire sempre più urgentemente la necessità di una RIFORMA della Chiesa. Di questa esigenza si fa portavoce, tra gli altri, Martin Lutero. Martin LUTERO è un frate tedesco (nato nel 1483), che prende i voti dopo essersi laureato in legge. A quel tempo, dal punto di vista religioso, in Germania elementi del vecchio paganesimo resistono accanto al cristianesimo e la gente incolta crede ancora agli elfi e alle fate; nei confronti della Chiesa di Roma, i tedeschi hanno un atteggiamento contraddittorio: ad esempio, la criticano per la sete d’oro e per la corruzione, ma un gran numero di fedeli è sempre pronto ad acquistare le indulgenze! Accade però un fatto che porta alla rottura tra la Chiesa di Roma e la chiesa tedesca. Nel 1517 un giovane vescovo, Alberto di Brandeburgo, che, pur essendo già a capo di due diocesi, vuole anche quella di Magonza, offre al papa una forte somma di denaro (utile a terminare la Basilica di San Pietro) in cambio dell’abolizione della norma che vieta l’accumulo dei benefici. Il papa accetta e la banca FUGGER anticipa al pontefice la somma. In cambio, il giovane vescovo riceve la diocesi di Magonza e l’autorizzazione a predicare le indulgenze per ripagare la banca: i certificati delle indulgenze possono essere acquistati proprio nella banca Fugger, pagando una somma che dipende dallo stato sociale del peccatore e dal peccato commesso. Alberto affida l’incarico di predicare le indulgenze al domenicano Tetzel, che assicura il perdono dei peccati anche ai defunti, se qualche suo erede acquista l’indulgenza per lui. L’iniziativa ha molto successo, ma suscita anche un violento moto di protesta, di cui si fa appunto portavoce LUTERO. Lutero sviluppa l’idea che solo Dio può concedere la salvezza agli uomini (i quali, dopo il peccato originale di Adamo, sono irrimediabilmente corrotti). Nonostante questo – egli predica – possono salvarsi, ma NON con le indulgenze comprate presso la banca Fugger, né compiendo opere buone (infatti, secondo i luterani, qualunque cosa l’uomo faccia in vita non può incidere sul suo destino futuro): la loro salvezza dipende solo da Dio e i loro unici tesori sono le Sacre Scritture e la fede. Nel 1517, Lutero decide di intervenire materialmente contro lo scandalo delle indulgenze e la corruzione della Chiesa. Scrive, infatti, in latino, 95 tesi che spedisce poi a dei colleghi, per avere un parere circa le sue critiche alla Chiesa tradizionale e le sue idee (tra cui quella di eliminare il voto di castità per i preti e di togliere diversi sacramenti, vedi cornice sottostante). I suoi colleghi traducono le 95 Tesi in tedesco e ne favoriscono la diffusione: il successo che riscuotono dimostra che le sue idee sono largamente condivise (sembra ormai certo che le 95 tesi non siano state davvero appese alla porta della cattedrale di Wittenberg – come si diceva un tempo – e che quindi Lutero non volesse compiere un gesto di vera e propria ribellione e di sfida). Le 95 tesi di Lutero giungono anche a Roma, ma vengono sottovalutate; il frate scrive, allora, alcuni brevi trattati che, grazie alla stampa, vengono diffusi in tutta la Germania: in essi, egli attacca duramente la Chiesa (che secondo lui è solo frutto della fantasia medievale) e soprattutto la pretesa del papa di essere al di sopra delle Sacre Scritture. Questo attacco costa a Lutero una condanna: infatti, nel 1520, il papa Leone X lo condanna come ribelle con la bolla Exurge Domine. La Bolla invita Lutero a sottomettersi, ma lui non ne ha alcuna intenzione. Si scaglia violentemente contro la Chiesa bruciando pubblicamente la bolla pontificia e, con questo gesto, inizia la Riforma luterana. Il papa chiede all’imperatore Carlo V di intervenire, ma questi, anziché arrestarlo, lo convoca per sentire le sue ragioni. La dieta (= assemblea dei prìncipi) lo ascolta per due giorni, mentre egli sostiene che quanto dice è già nelle Sacre Scritture. Lutero diventa un eroe nazionale tedesco, ma nonostante questo la dieta lo condanna all’arresto. Il nobile tedesco Federico di Sassonia, allora, lo nasconde nel suo castello (dove Lutero si dedica alla traduzione della Bibbia in tedesco). Intanto, però, le sue idee si sono diffuse con successo. Molte città hanno aderito alla Riforma e mal sopportano i tentativi dell’impero di imporre l’uniformità religiosa. I principi di queste città si riuniscono in assemblea e dichiarano ufficialmente di aderire alla Riforma luterana come “protesta” contro l’ingerenza dell’imperatore nelle questioni religiose: per questo i fedeli della nuova Chiesa vengono detti “protestanti”. Carlo V ribadisce la condanna delle “eresie tedesche” e respinge la Confessione Augustana (= testo che sintetizza il pensiero luterano e che ancora oggi è un testo base delle chiese luterane nel mondo), aprendo il conflitto con la lega antimperiale formata da tutti i luterani uniti. Questo conflitto durerà 25 anni circa e si concluderà con la Pace di Augusta (se ne parla in seguito, nel paragrafo sul Concilio di Trento). Nel frattempo, nell’ambito del luteranesimo si evidenzia una corrente che interpreta il messaggio di Lutero in chiave egualitaristica e persegue la cancellazione delle differenze sociali: in questo contesto si colloca la rivolta dei contadini del 1524, guidati dal luterano Thomas Müntzer: essi vogliono liberarsi del sistema feudale e chiedono espressamente l’abolizione della servitù della gleba, la libertà di pesca e di caccia e la possibilità di scegliere i loro rappresentanti. La rivolta viene fronteggiata dai principi tedeschi, cattolici e protestanti insieme, e lo stesso Müntzer viene giustiziato. Lo stesso Lutero non approva questa rivolta, anzi incita il potere costituito a reprimere i ribelli; il suo messaggio politico, infatti, è chiaro: come la sua riforma non intende abolire la Chiesa, così non vuole neppure mettere in discussione l’autorità politica, che è stabilita da dio e quindi intangibile. La Riforma luterana non si pone quindi in contrasto con i governi degli stati tedeschi, ma finisce comunque per avere effetti anche sulla politica del suo tempo: infatti, numerosi prìncipi si convertono e assumono il luteranesimo come religione di Stato. La Germania si divide così in Stati luterani e Stati cattolici, che presto entreranno in conflitto tra loro, determinando nell’impero una profonda frattura (non solo religiosa, ma anche politico-territoriale). Ciò che più distingue Lutero dal cattolicesimo è la questione dei sacramenti: infatti, la Chiesa li considera 7 mezzi indispensabili per ottenere la Grazia di Dio (battesimo, comunione o eucarestia, cresima, confessione, estrema unzione, matrimonio, ordine sacro), mentre Lutero ne riconosce solo due, il battesimo e l’eucarestia (gli unici che, secondo le sacre Scritture, sono stati istituiti proprio da Gesù). Inoltre, Lutero è convinto del cosiddetto sacerdozio universale, cioè che non ci sia bisogno di nessun intermediario tra il cristiano e Dio: ognuno può essere sacerdote di se stesso, leggersi da solo le Sacre Scritture ed instaurare un proprio rapporto specifico con Dio; per questo Lutero traduce la Bibbia in tedesco, per permettere a tutto il popolo di accedere alla lettura della Bibbia. Infine, Lutero accetta della tradizione cattolica solo la Bibbia, i Vangeli e le lettere di San Paolo, mentre vuole abolire tutto il resto. 2. GLI SVILUPPI DELLA RIFORMA: CALVINO ……………………………………………………….. La riforma giunge in Svizzera con Ulrich Zwingli (1484-1531), predicatore della cattedrale di Zurigo. Anche Zwingli sostiene che l’unica fonte di fede sono le Sacre Scritture e nelle sue prediche attacca il celibato ecclesiastico, respinge l’autorità del papa, nega la validità della messa, la transustanziazione (trasformazione di pane e vino nel corpo e nel sangue di Cristo) e il culto dei santi, e attribuisce ai sacramenti un valore puramente simbolico. Nel 1529, Zwingli e Lutero si incontrano, ma non riuscendo a trovare l’accordo sulla questione dell’eucarestia, non consentono l’alleanza dei cantoni riformati con le città tedesche luterane contro l’impero. Il conflitto religioso in Svizzera diventa una vera e propria guerra, durante la quale lo stesso Zwigli resta ucciso. Un decennio più tardi, a Ginevra, troviamo un altro grande rappresentante della Riforma europea: Giovanni Calvino. Come Lutero, anche Calvino studia prima legge, poi teologia. Caratteristica fondamentale del pensiero di Calvino è la rielaborazione della filosofia antica, da cui trae il concetto di predestinazione. Secondo Calvino, Dio è assoluto sovrano del mondo e della storia e tutto è subordinato alla sua volontà: ogni uomo è predestinato fin dalla nascita, chi alla vita eterna, chi alla dannazione eterna, e a nulla valgono le sue azioni. La predestinazione, però, non deve indurre al disimpegno nella vita, cioè ad una vita passiva e inattiva. Infatti, è vero che le azioni degli uomini non possono incidere sul loro destino, ma sono comunque necessarie per rendere Gloria a Dio; inoltre, secondo Calvino, se un uomo ottiene il successo nella vita dimostra la predilezione di Dio per lui e può scorgere in questo una prova della sua predestinazione alla grazia eterna. Ciò che distingue maggiormente Calvino da Lutero è l’accento posto più sulla potenza di Dio che sulla sua misericordia. Altra grande differenza è che Calvino non riconosceva alcun valore all’eucarestia (che per lui era un puro simbolo), mentre Lutero vedeva nell’ostia la reale presenza di Cristo. Lutero, poi, si rifà maggiormente a sant’Agostino, Calvino a San Tommaso. Il Calvinismo si diffonde anche in Scozia, Olanda e America. 3. LA NASCITA DELLA CHIESA ANGLICANA …………………………………………………………. Il percorso della Riforma in Inghilterra è del tutto originale. Al tempo della Riforma, governa in Inghilterra la dinastia Tudor, con Enrico VIII, il quale, inizialmente, non solo è ostile ad ogni tentativo di rinnovare la religione, ma scrive addirittura un libro contro Lutero in difesa dei 7 sacramenti. Per questo, il papa (Leone X) lo definisce “difensore della fede”. Tuttavia, più tardi, arriva la rottura con la Chiesa di Roma: Enrico VIII, infatti, ha una figlia femmina, ma desidera un erede maschio; chiede quindi al papa la possibilità di sciogliere il suo primo matrimonio (adducendo la scusa di legame di parentela con la moglie, vedova di suo fratello), ma il pontefice non acconsente. Enrico VIII non rinuncia: ripudia la prima moglie e sposa Anna Bolena, dalla quale ha però un’altra figlia; dopo due anni, Anna Bolena viene decapitata per adulterio ed Enrico VIII si sposa una terza volta, riuscendo ad avere un figlio maschio, il futuro Edoardo VI. Per il suo gesto di sfida, il papa scomunica il re e lui risponde con l’Atto di Supremazia, con cui rompe ogni rapporto con la Chiesa di Roma e si fa riconoscere dal Parlamento capo della Chiesa inglese. L’Atto di Supremazia è considerato l’inizio della Riforma in Inghilterra. Tuttavia, in un primo tempo, la Chiesa anglicana resta immutata nella sua struttura e nella dottrina; l’unica differenza è che ora i fedeli devono obbedienza al re anziché al papa, il che non è poco. Il primo vero cambiamento è la soppressione degli ordini religiosi, seguita dalla distruzione di monasteri e conventi per incamerare i loro beni: in tal modo, la Corona si impadronisce di un patrimonio immenso. Da quel momento, il cattolicesimo viene gradualmente distrutto, anche in modo cruento: infatti, tutti coloro che non accettano le decisioni del re vengono giustiziati; tra questi Thomas More, grande umanista, ucciso per essere rimasto fedele alla Chiesa di Roma. La vera svolta della Chiesa anglicana si ha però con i successori di Enrico VIII, prima con Edoardo VI e poi soprattutto con la regina Elisabetta (figlia di Enrico VIII e Anna Bolena) che pubblica i Trentanove articoli della Religione (1563) e pone l’anglicanesimo in una posizione intermedia tra il cattolicesimo e il 2. IL CONCILIO DI TRENTO E LE SUE CONSEGUENZE………………................................................ E’ l’evento che dà davvero inizio al rinnovamento della Chiesa, si svolge tra il 1545 e il 1563 e viene indetto da papa Paolo III. La scelta di Trento non è casuale: infatti, da una parte, Trento è un principato ecclesiastico, dall’altra, pur essendo in terra italiana, fa parte dell’Impero ed è soggetta al dominio di Carlo V: questo fa del Concilio un evento sottoposto ad un duplice controllo, quello del papa e quello dell’imperatore. Ma gli obiettivi del Concilio sono diversi per il papa e l’imperatore: - per il papa, il rinnovamento della Chiesa deve svolgersi in due direzioni: 1) restaurare la morale del clero; 2) combattere in modo serrato i luterani (= protestanti); - l’imperatore, invece, sta combattendo contro i prìncipi protestanti tedeschi: vuole sconfiggerli e poi invitare i luterani al Concilio per trovare un compromesso con Roma. Secondo lui, però, bisogna attendere che i protestanti siano presenti per discutere di questioni teologiche e dottrinali, parlando per il momento solo della riforma della morale e della disciplina ecclesiastica. Ma quando i protestanti, sconfitti da Carlo V, giungono a Trento, le decisioni più importanti in materia di fede sono già state prese. L’imperatore deve arrendersi all’evidenza e deve accordarsi con i protestanti per proprio conto (lo fa con la pace di Augusta). Il Concilio, che da Trento viene spostato a Bologna dal papa (in territorio ecclesiastico) e poi di nuovo a Trento, entra poi nella sua terza fase (1562-63). Il papa Pio IV, con una bolla, fa diventare leggi della Chiesa tutte le norme approvate a Trento, compresa la decisione di riconoscere la superiorità del pontefice rispetto ai Concili. Gli storici si pongono spesso la domanda se il Concilio di Trento sia stato più un evento religioso o più un evento politico: in realtà tutti i padri conciliari (= quelli che parteciparono al Concilio) erano lì su incarico dei rispettivi sovrani, che imponevano loro di accettare o rifiutare le varie risoluzioni. In questo senso, il Concilio fu un fenomeno politico. Ma esso fu anche religioso, perché fissò in maniera definitiva la dottrina del cattolicesimo e riorganizzò a fondo la Chiesa, eliminando gli abusi degli ultimi tempi e dando maggiore stabilità alla Chiesa di Roma. Con il Concilio, la Chiesa ha voluto contrapporsi alla Riforma: per questo la teologia e la dottrina uscite dal Concilio di Trento danno alla Chiesa un ruolo centrale, ritenendola sia voluta da Cristo, sia indispensabile alla salvezza eterna degli uomini. Inoltre, poiché la Riforma ha reso la Chiesa poco credibile, il rinnovamento promosso dal Concilio ha come scopo proprio quello di ridare credibilità alla Chiesa: per questo, non si vogliono introdurre particolari novità, ma ribadire con forza le vecchie tradizioni, proprio per renderle più salde in aperta contrapposizione alla Riforma. Contro i protestanti, i quali ritengono che la rivelazione divina provenga dalle sole Scritture, il Concilio ribadisce la teoria della doppia fonte di rivelazione: le Scritture e la Chiesa; stabilisce che la Chiesa è da considerarsi l’unica interprete delle Scritture (la lettura della Bibbia da parte dei fedeli non viene proprio vietata, ma è comunque sconsigliata e ostacolata. Viene condannata la traduzione della Bibbia fatta da Lutero e viene ammessa solo la Vulgata = traduzione in latino della Bibbia fatta da San Girolamo. Molte bibbie in volgare vengono invece bruciate). (Conseguenze del Concilio) – Dopo la conclusione del Concilio, i sovrani cattolici chiedono di poter tassare le proprietà del clero che vive nei loro regni. Spagna e Francia ottengono questa concessione e in più – essendo in prima linea nella lotta contro i protestanti, gli eretici e gli infedeli – il papa concede loro anche la riscossione di alcune decime pontificie. Questo fatto porta al declino del potere temporale della Chiesa: infatti, pur restando indiscussa l’autorità spirituale del papa, i sovrani cattolici cominciano ad affermare il predominio dello Stato sulle Chiese nazionali ed estendono la giurisdizione statale a persone, leggi e atti della Chiesa. L’episodio forse più noto di questa nuova lotta tra Stato e Chiesa è la guerra (combattuta a suon di documenti e scritture) dell’interdetto tra Paolo V e Venezia (1606): nel diritto canonico, l’interdetto è una punizione inflitta dall’autorità ecclesiastica ad un fedele (o comunità di fedeli), con cui si vieta la partecipazione ad alcuni riti (meno grave della scomunica). La vertenza scoppia in seguito all’arresto di due preti cattolici, accusati di reati comuni, per cui Venezia subisce l’interdetto. Il frate Paolo Sarpi e la maggior parte del clero cittadino difendono accanitamente Venezia contro le ingerenze della Chiesa. Temendo di spingere Venezia verso il protestantesimo, Paolo V chiude la faccenda, liberando Venezia dall’interdetto. 3. LA CONTRORIFORMA …………………..………………………………................................................ Dopo la chiusura del Concilio di Trento, l’azione di riforma della Chiesa prosegue ad opera dei papi successivi, come Pio IV, che promulga un nuovo Indice di libri proibiti; Pio V, che procede alla pubblicazione del Catechismo romano; Gregorio XIII, che crea il sistema delle nunziature apostoliche permanenti, per cui i nunzi (ambasciatori del papa) hanno diritto ad una residenza ufficiale presso le sedi delle principali corti italiane ed europee, da cui mantengono continui rapporti epistolari con la Santa Sede. Lo stesso Gregorio XIII assegna al pontefice il diritto di inviare dei prelati in visita apostolica nelle varie Diocesi per controllarne la situazione amministrativa e contabile o per dirimere eventuali contrasti con le autorità politiche locali. In più, egli riforma il calendario (calendario gregoriano, con gli anni bisestili, tuttora vigente in Europa). In questo periodo, il rapporto tra Chiesa e Scienza non è ancora alle strette, anzi la chiesa incoraggia le sperimentazioni, come dimostra la fondazione dell’Accademia dei Lincei (a Roma), sede stabile di incontri rivolti allo sviluppo delle scienze. Il divorzio tra Chiesa e Scienza avverrà intorno al 1612-13, quando la Chiesa rifiuterà la teoria copernicana eliocentrica. Altri papi si distinguono nell’età della Controriforma. Ad esempio, Sisto V dà vita a 15 congregazioni per il controllo di tutti i settori amministrativi, giudiziari e finanziari della Santa Sede, e obbliga i parroci a tenere i registri di morti, battesimi, cresime, matrimoni e “stato delle anime” della loro parrocchia. Il Seicento controriformistico si caratterizza non solo per il rilancio del fervore religioso e lo slancio evangelizzatore, ma anche per una fondamentale chiusura dogmatica, che porta la Chiesa ad esercitare un forte controllo sulla società e la cultura, attraverso la repressione del libero pensiero e la censura (libri bruciati o messi all’indice). 4. LE GUERRE DI RELIGIONE NELL’EUROPA DEL ‘500…..……...………......................................... Tra gli anni ’30 e ’50 del Cinquecento, scoppiarono in Europa diverse guerre di religione, che sconvolsero il continente per circa un secolo. Con la pace di Augusta (vedi pag. 33), l’impero aveva vissuto alcuni decenni di relativa tranquillità, ma, implicitamente, aveva dimostrato che non era possibile la convivenza di religioni diverse all’interno di uno stesso Stato: l’uniformità religiosa era dunque diventata un presupposto necessario all’unità politica di un Paese. Si svolse in questo periodo il cosiddetto processo di “confessionalizzazione” europea, per cui le varie confessioni cristiane modellarono le rispettive società con il consenso e l’appoggio dello Stato: - nei paesi cattolici, il modello da proporre alla società fu la morale uscita dal Concilio di Trento; - nelle società calviniste, si imposero valori ricavati dalla Bibbia, tali che l’impegno e il successo nel lavoro rappresentavano il modo per essere prediletti da Dio; - nelle società luterane, invece, si proponeva l’assoluta obbedienza ai principi, considerati l’espressione in terra della volontà divina. Tutte le confessioni, insomma, facevano dell’obbedienza al potere politico la massima virtù cristiana. La confessionalizzazione, che segnò profondamente il comportamento degli uomini, il costume, la moralità pubblica, le istituzioni, il paesaggio urbano, la letteratura, l’arte, si svolse solo là dove – come nell’impero germanico – esistevano Stati territoriali in cui distribuire i culti in base alla fede dei sovrani. Dove la confessionalizzazione non si verificò, la spinta all’espansione di alcune confessioni diede inizio a guerre di religione. Le guerre di religione più sanguinose esplosero in Francia, perché qui non c’erano Stati territoriali in cui distribuire i culti in base alla fede dei sovrani. Fino a Francesco I e al suo successore Enrico II, prevalsero l’attacco alla Chiesa Cattolica e i tentativi di introdurre il protestantesimo. Con la morte di Enrico II, la situazione cambiò: la regina Margherita si trovò con dei figli piccoli e deboli politicamente e la situa- zione agevolò la diffusione del calvinismo (che teoriz- zava il rifiuto dell’obbe- dienza e persino il tirannicidio nel caso in cui i sovrani non agissero secondo giustizia). La Francia, che aveva però una maggioranza cattolica, si oppose ai calvinisti (o protestanti), detti UGO- NOTTI (da un termine tedesco che significava “congiurati”): essi erano visti come rivoltosi pronti ad abbattere il potere regio. Gli ugonotti si riunirono sotto la guida dell’ammiraglio Coligny, ma il loro vero punto di riferimento fu Enrico IV di Borbone, imparentato con la dinastia regnante (vedi figura sopra) e aspirante alla Corona di Francia in caso di estinzione della dinastia Valois. La regina Caterina divenne dapprima reggente del figlio Francesco II, poi, dopo l’improvvisa morte di questi, del decenne Carlo IX. Essendo cattolica, ella cercò di mediare tra le due confessioni (cattolica e calvinista) ed emanò un editto (editto di Saint Germain) con cui concedeva libertà di coscienza ai calvinisti e una limitata libertà di culto fuori delle grandi città. Purtroppo, la frangia estremista cattolica non approvò questo editto e organizzò l’uccisione di un gruppo di ugonotti. Fu questo eccidio a segnare l’inizio delle guerre di religione, che videro l’alternanza di momenti di tregua ad altri di efferata violenza. Dalla Francia, le guerre si allargarono perché Inglesi, Tedeschi e ginevrini presero le parti degli ugonotti, mentre la Spagna e il Papato dei cattolici. La prima fase delle guerre terminò con l’editto di Amboise, che riconobbe agli Ugonotti una certa libertà di culto. Poi, però, gli scontri ripresero e ci furono eventi terribili: il peggiore fu la cosiddetta Notte di San Bartolomeo. Caterina aveva acconsentito alle nozze tra la figlia Margherita ed Enrico di Borbone, uno dei capi ugonotti; le nozze tra una cattolica e un protestante fecero scalpore e suscitarono indignazione. Così, nella notte delle nozze (tra il 24 e il 25 agosto 1572), fu assassinato l’ammiraglio Coligny e, subito dopo, in tutta Parigi si accese uno scontro che degenerò in un massacro di ugonotti: tutti i nobili presenti a corte e tutti quelli giunti in città per la cerimonia furono uccisi. I protestanti si riorganizzarono, proprio mentre Carlo IX moriva e veniva sostituito sul trono di Francia dal fratello Enrico III. Ben presto, nel 575, si arrivò al conflitto, che fu detto “la guerra dei tre Enrichi” (Enrico III di Francia, Enrico di Borbone, Enrico di Guisa = capo della fazione cattolica). La guerra dei tre Enrichi fu l'atto finale delle guerre di religione francesi. Poiché Enrico di Borbone era l’erede al trono di Francia più accreditato, e poiché la successione di un sovrano protestante non piaceva al cattolicissimo re di Spagna Filippo II, quest’ultimo decise di appoggiare i cattolici francesi e quindi la fazione di Enrico di Guisa per far sì che il cattolicesimo trionfasse in Francia. Inizialmente, anche il re francese Enrico III appoggiava Enrico di Guisa, ma poi lo fece uccidere. I cattolici reagirono e un monaco ferì a morte lo stesso Enrico III. Prima di morire, Enrico III riconobbe come suo erede Enrico di Borbone; il papa dichiarò nulla la successione, ma Enrico riuscì ad avere la meglio. Prima di entrare a Parigi, roccaforte del cattolicesimo, per l'incoronazione, Enrico di Borbone fu obbligato ad abiurare pubblicamente il calvinismo: egli accettò di abbandonare la propria I veneziani erano in difficoltà perché, da una parte, avevano necessità di fermare l’avanzata turca, ma dall’altra era importante, per loro, conservare il commercio con la Turchia. Alla fine, Venezia conservò le sue basi commerciali, ma perse alcuni possedimenti nel Mediterraneo orientale e, con essi, l’egemonia marittima. Dotati di una flotta potente, i Turchi si lanciarono in incursioni lungo le coste spagnole e italiane, mettendo in crisi i commerci europei: i loro attacchi pirateschi si trasformarono in una vera e propria guerra che andò avanti secoli. La forza dei Turchi dipendeva anche dalla loro organizzazione politica: al vertice stava il sultano, un sovrano assoluto che si serviva di ministri e funzionari civili e militari. Subito al di sotto del sultano stava l’aristocrazia, che traeva potere e rendite dalle proprietà fondiarie, come nei sistemi feudali. Il feudo era detto timàr ed era assegnato in cambio di una prestazione militare. Il nerbo dell’ esercito era rappresentato dai giannizzeri, una fanteria speciale, formata da cristiani sottratti in tenera età alle loro famiglie ed educati secondo un islam rigoroso. Nonostante le conversioni forzate, nella società turca vigeva una certa libertà religiosa. Pagando un’imposta, le popolazioni non musulmane sottomesse potevano continuare a professare la loro religione (anche se i Turchi tendevano ad islamizzare le terre conquistate). 3. L’INGHILTERRA DA ENRICO VIII AD ELISABETTA I .……………..…………………………… Il regno di Enrico VIII, oltre che dalla nascita della Chiesa anglicana, è caratterizzato anche dall’affannosa ricerca del re di avere un figlio maschio. Dal terzo matrimonio (con Jane Seymour) nasce Edoardo, per cui la dinastia Tudor ha finalmente un erede. Rimasto di nuovo vedovo (Jane muore di parto), Enrico VIII si sposerà altre tre volte, in parte per avere altri figli (che però non nasceranno), in parte per ragioni politiche. A parte questo, Enrico VIII governa con intelligenza e ha l’accortezza di cercare l’appoggio del Parlamento. Consapevole della scarsa potenza militare dell’Inghilterra di allora, cerca di mantenere una posizione di equilibrio nel conflitto tra Francesco I e Carlo V e nel frattempo avvia la formazione della Royal Navy, che trasformerà l’Inghilterra in una potenza navale. Inoltre, il re favorisce il consolidamento e lo sviluppo della nuova classe media (gentry), incaricata di svolgere compiti nell’amministrazione locale e nella giustizia. 4. LA RUSSIA .……………..………………………………………………………………………………….. Nel ‘500, la Russia si avviava a diventare una grande potenza, anche se non era ancora in grado di intromettersi nelle questioni europee. A dare grande impulso allo Stato russo fu lo zar Ivan IV il Terribile (1530-1584) che ampliò sia il territorio che il proprio potere. Sconfitti i Tartari, estese i confini russi oltre il fiume Volga e fino ai mari Nero e Caspio. Qui si fermò, avendo da una parte i Turchi in piena espansione (saggiamente, non li provocò) e dall’altra una Polonia molto forte militarmente. Ivan IV si dedicò, invece, alla costruzione del suo potere assoluto. Prima di lui, la Russia era governata da SOVRANO + BOIARI (= nobili), riuniti nella Duma, il Parlamento russo. I nobili, però, forti della loro posizione, portavano avanti una politica spesso contrapposta a quella dello zar, per cui Ivan li accusò di cospirazione e li perseguitò con efferata violenza (ciò gli valse appunto l’appellativo di “Terribile”). Nel frattempo, egli si circondò di “nuovi” nobili, come avevano fatto molti sovrani in Occidente: funzionari molto fedeli, innalzati al rango di nobili (nobiltà di servizio o nobiltà di toga). Il loro numero crebbe nel tempo, finché diventarono il principale sostegno dell’autocrazia zarista. ______________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________ 8 L’ETA’ DI FILIPPO II ED ELISABETTA I 1. LA SPAGNA DI FILIPPO II ……………………………………………………………………………… Filippo II diventa re di Spagna nel 1554, quando suo padre, Carlo V, abdica. Prima di morire, Carlo V ha diviso il suo regno in due blocchi: - al figlio Filippo lascia Napoli e Milano, i Paesi Bassi, la Castiglia, le Indie, l’Aragona, la Sicilia e la Franca Contea (Carlo V ha iniziato a trasmettergli da anni un regno dopo l’altro); - al fratello Ferdinando, invece, passa la corona imperiale e i territori tedeschi. Carlo V ha diviso la sua eredità soprattutto perché si è reso conto che è impossibile tornare ad un’unica fede cristiana: perciò ha fatto sì che al figlio vadano i territori cattolici e al fratello quelli protestanti. Anche le mogli scelte da Carlo V per il figlio devono servire a mantenere l’unità religiosa nelle sue terre: prima la figlia del re del Portogallo; poi, dopo la morte prematura di quest’ultima, la regina d’Inghilterra Maria Tudor. Dopo la morte di Carlo V, Filippo aggiunge all’eredità paterna dei tratti originali: 1) sceglie come centro del suo regno la Spagna (anzi, la Castiglia); 2) mette a punto un potente apparato burocratico per controllare ogni passaggio del governo dello Stato; 3) fa della difesa del cattolicesimo un punto fermo della sua azione politica. In Castiglia il re prende anche residenza, precisamente a Madrid, che a quel tempo è una cittadina meno centrale di altre e meno collegata alle vie di comunicazione. La posizione isolata di Madrid riflette la personalità del re, che vive isolato, dedito continuamente al lavoro (seguiva ogni passaggio del governo dello Stato per sua scelta) e alla preghiera: infatti, si fa erigere l’Escorial = reggia-monastero in cui i monaci pregano incessantemente per la protezione di Dio sulla Spagna. Il sistema di governo messo a punto da Filippo II contempla: - consigli dipartimentali, che si occupano di milizia, finanze, opere pubbliche, guerra, inquisizione…; - consigli territoriali, che si occupano ciascuno di un territorio (Italia, Indie, Castiglia, Fiandre…). I principali Consigli sono 14, danno disposizioni ai viceré e ai governatori e fanno tutti capo al re, che spesso siede di persona in un Consiglio o in un altro. I funzionari sono persone che godono della sua fiducia. Il governo di Filippo II è dunque fortemente accentrato, tanto che per lui si parla di assolutismo (egli è l’iniziatore dell’assolutismo politico, che si svilupperà in Europa solo nel XVII secolo); ad ogni modo, i vari Consigli convivono con alcune strutture preesistenti, con le quali la Corona deve a volte scendere a patti: infatti, in ogni territorio ci sono dei parlamenti locali (Cortes), dove siedono i rappresentanti dei ceti sociali privilegiati. Proprio alle Cortes Filippo II chiede il massimo sforzo economico per la sua politica di grandezza, ma, mentre le Cortes della Castiglia accondiscendono più o meno sempre alle richieste del re, quelle degli altri regni non sono sempre d’accordo: per questo avvengono anche violenti scontri, come quello con le Cortes aragonesi e con le Cortes dei Paesi Bassi. Riguardo al cattolicesimo, Filippo II ha una profonda e autentica fede, tanto che il primo obiettivo della sua azione politica è, fin da subito, la difesa del cattolicesimo dai suoi nemici interni, cioè dagli eretici. Il re controlla molto da vicino l’Inquisizione, che colpisce non solo gli eretici, ma anche gli eredi di quegli ebrei e musulmani convertiti a forza il secolo precedente da Ferdinando e Isabella (1492): essi, accusati di praticare ancora la loro religione, vengono processati in massa e spesso uccisi. Inoltre, Filippo II contrasta l’avanzata turca nel Mediterraneo e lotta contro il protestantesimo. Per quanto concerne la politica economica di Filippo II, se la Spagna è forte sotto il profilo politico, non lo è sotto quello economico: nonostante i metalli preziosi che giungono dalle colonie, una pastorizia diffusa (che fornisce lana all’industria tessile) e il commercio marittimo, l’economia della Spagna non riesce a decollare, a causa 1) di una struttura sociale arretrata, 2) di una agricoltura arcaica; 3) da una politica dispendiosa: infatti, mantenere i grandi eserciti e le flotte, lottare contro i Turchi, finanziare i ribelli cattolici richiede ingenti somme di denaro. Per sopperire alla continua carenza di denaro, Filippo II ricorre al prestito dei banchieri, il che aggrava ancora di più la situazione finanziaria per via degli interessi esosi. Tre volte Filippo II dichiara il fallimento della Corona per sottrarsi alle difficoltà, ma ogni volta ha sempre più problemi a reperire i fondi necessari, senza contare che molti banchieri prestatori falliscono a loro volta (es. i Fugger, grandi banchieri tedeschi). La politica estera spagnola vede – come si è detto – al primo posto la lotta contro l’avanzata dei Turchi nel Mediterraneo. A quell’epoca i Turchi hanno già conquistato Cipro e sono penetrati nell’Africa Settentrionale, alla quale Spagna e Portogallo guardano da tempo. Poiché i pirati musulmani fanno frequenti scorrerie lungo le coste, i sovrani spagnoli e portoghesi cercano di occupare in modo stabile il tratto di costa africana subito davanti alla penisola iberica, ma non hanno successo. Filippo II dà, insieme con Venezia, un apporto notevole alla costituzione della Lega Santa, la cui flotta, nel 1571, sconfigge la flotta turca nella battaglia di Lepanto. La vittoria fa crollare il mito dell’invincibilità turca e ferma temporaneamente l’avanzata turca nel Mediterraneo. Le conseguenze per gli sconfitti sarebbero anche maggiori, se Venezia non preferissero ben presto riprendere i rapporti commerciali con i Turchi. La battaglia di Lepanto ha anche un significato simbolico, perché è una sconfitta inflitta a degli infedeli, a degli eretici, al demonio. Il papa disse che la vittoria era avvenuta per intercessione della Madonna. Legata alla lotta contro gli infedeli è l’annessione del Portogallo. Infatti, durante uno degli scontri con i Turchi, il re portoghese Sebastiano è morto e il successore più accreditato è Filippo II: sua madre e la sua prima moglie, infatti, erano principesse portoghesi. Inoltre, in Portogallo sono in molti a volere che le due corone si uniscano, soprattutto i mercanti. Una certa opposizione viene dai nobili e da alcune città, ma Filippo II, deciso a diventare re del Portogallo, manda nel paese un esercito contro i suoi oppositori. Nel 1581, viene incoronato re del Portogallo: l’unione durerà fino al 1640. Sempre a proposito della politica estera di Filippo II, va ricordata l’azione verso i Paesi Bassi, prevalentemente calvinisti a nord e cattolici a sud. Filippo intende ottenere le loro risorse economiche e l’unità religiosa, ma le cose non vanno come vorrebbe. Quando egli arriva a minacciare di introdurre l’Inquisizione per contrastare il protestantesimo, scoppiano le prime rivolte. La reggente Margherita, sorellastra di Filippo, viene sostituita con il Duca d’Alba, il quale, con un potente esercito, seda le rivolte con violenza. La repressione del duca, però, spinge cattolici e protestanti dei Paesi Bassi ad unirsi (Unione di Gand) per fronteggiare l’esercito del Duca. Alla guida della rivolta antispagnola si pone Guglielmo I d’Orange, che riesce a trovare anche appoggi esterni, dando al conflitto una portata internazionale. Filippo II sostituisce il Duca d’Alba con il vincitore di Lepanto, il quale riesce a sconfiggere Guglielmo, ma poi muore, lasciando l’opera incompleta. A concluderla è il suo successore, Alessandro Farnese, che riconcilia i cattolici dei Paesi Bassi con la Spagna e porta alla separazione delle regioni del nord da quelle del sud: - quelle del sud (cattoliche) assumono il nome di Unione di Arras; - quelle del sud (protestanti) formano l’Unione di Utrecht. Queste ultime otterranno l’indipendenza nel 1648. L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I …………………………………………………………………….. Elisabetta I Tudor è, nel XVI secolo, l’avversario più temibile della politica estera di Filippo II. Nei primi anni di regno, Filippo non l’ha ritenuta un nemico, ma un’alleata: anche il padre, Carlo V, era stato della stessa idea: infatti, aveva fatto sposare il figlio Filippo (in seconde nozze) con la regina Maria Tudor, cattolica, figlia di Enrico VIII. Alla morte di Maria, Filippo II, rimasto vedovo, chiede alla nuova regina Elisabetta I di sposarlo, ma lei non acconsente e questo allenta il rapporto tra i due paesi (tant’è vero che, nel conflitto coi Paesi Bassi, l’Inghilterra si allea con i protestanti). I primi anni di regno di Elisabetta I sono caratterizzati dalla debolezza politica della nuova regina che, da un lato, è minacciata dalla cugina, Maria Stuart (ex regina di Scozia, che rivendica la corona d’Inghilterra), e dall’altro è insidiata da molti pretendenti, che vogliono sposarla per impossessarsi del Regno. Con gli anni,
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