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Tail risk e speculazioni nei mercati finanziari, Tesi di laurea di Economia Finanziaria

Tedi di laurea triennale in Economia e Commercio - Università degli studi di Bergamo.

Tipologia: Tesi di laurea

2015/2016

Caricato il 02/06/2016

emiliofaratro
emiliofaratro 🇮🇹

4.7

(6)

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Scarica Tail risk e speculazioni nei mercati finanziari e più Tesi di laurea in PDF di Economia Finanziaria solo su Docsity! Alla Mia Famiglia Indice Abstract ......................................................................................................................................... 7 Introduzione .................................................................................................................................. 9 1. Tail risk: definizione e modellazione empirica ........................................................................ 12 1.1 Definizione......................................................................................................................... 12 1.2 Misure del rischio .............................................................................................................. 15 1.2.1 Limiti dei modelli tradizionali ..................................................................................... 16 1.2.2 Value at Risk ............................................................................................................... 16 1.2.3 La Estreme Value Theory ............................................................................................ 21 1.2.4 Modelli ARCH ............................................................................................................. 22 1.2.5 Modelli GARCH ........................................................................................................... 23 2 Eventi estremi, elementi chiave della speculazione e mercati finanziari ................................ 26 2.1 La speculazione ................................................................................................................. 26 2.2 Rischi di mercato e rischi sistemici .................................................................................... 27 2.2.1 Il rischio del mercato azionario .................................................................................. 28 2.2.2 Il rischio del tasso di interesse ................................................................................... 29 2.2.3 Il rischio del tasso di cambio ...................................................................................... 29 2.3 La teoria Kindleberger–Minsky: la “Financial Fragility” .................................................... 30 2.4 Eventi estremi: dinamiche dei prezzi ................................................................................ 31 2.4.1 “Herd Behavior” – Il comportamento del gregge ...................................................... 32 2.4.2 I prezzi: causa primaria degli eventi estremi .............................................................. 32 2.5 Eventi estremi: il caso della recente crisi finanziaria ........................................................ 34 2.5.1 Ripercussioni sul sistema bancario ............................................................................ 34 2.5.2 Le politiche monetarie durante la recente crisi finanziaria ....................................... 38 2.5.2.1 La BCE e la crisi .................................................................................................... 39 2.5.2.2 La trasmissione della politica monetaria della BCE ............................................. 41 2.5.2.3 Misure non convenzionali della BCE ................................................................... 43 2.5.2.4 Alcuni cenni sulla politica della FED .................................................................... 47 Conclusioni .................................................................................................................................. 49 Bibliografia .................................................................................................................................. 54 Abstract Scopo di questo elaborato è definire il concetto di tail risk (il cosiddetto “rischio di co- da” delle distribuzioni di probabilità) e fornirne una evidenza grafica ed empirica. Il problema principale del tail risk, per economisti ed analisti finanziari, è riuscire a mo- dellare e prevedere eventi estremi. Da qui l’esigenza di fornire una rappresentazione a- nalitica dei principali metodi di calcolo dei rischi di attività finanziarie, ed in particolare quelle che permettono di meglio rappresentare gli eventi estremi che colpiscono i mer- cati. Nella seconda parte dell’elaborato, partendo dalla definizione di speculazione e dalla teoria di Keynes sulla speculazione nei mercati finanziari, si cerca di analizzare il mer- cato finanziario ed i fattori che incidono sulla generazione di crisi sistemiche, analiz- zando i rischi del mercato azionario, il rischio dei tassi di interesse ed il rischio di cam- bio. Digressione da non sottovalutare è quella sulla Financial Fragility definita da Minsky e Kindleberg, che ben descrive lo “spostamento” da una situazione di normalità ad una di crisi. Focus particolare verrà posto sulle dinamiche dei prezzi, la cui analisi e i cui squilibri sono alla base dei cicli economici. Per meglio comprendere il significato di “evento estremo” ed averne una evidenza reale non si può non citare la recente crisi economica. Da qui si parte per analizzare le riper- cussioni avute dal sistema delle banche globali e le politiche messe in atto dai governi e dalle banche centrali per arginare il diffondersi della crisi. In particolare si pone l’accento sulla politica economica applicata da FED e BCE durante la recente crisi fi- nanziaria, sottolineando le misure non convenzionali adottate. La loro capacità di com- prendere il momento e di mettere in atto politiche fuori dalla normalità ed al limite dei regolamenti, ha permesso di evitare che la crisi finanziaria si trasformasse in una dram- matica fine del sistema capitalistico delle economie occidentali. I n t r o d u z i o n e 1 0 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o babilità, quali GARCH-M-GED e l’utilizzo della distribuzione t di Student in luogo del- la normale. Nella seconda parte ci si concentrerà sui principali impatti che eventi estremi hanno sui mercati finanziari. In particolare analizzeremo i fattori che aumentano il rischio sistemi- co: i principali rischi di mercato (rischio del mercato azionario, rischio di tasso, rischio di cambio) che combinati fra loro danno luogo a speculazioni che rendono il sistema fi- nanziario fragile. Una ulteriore analisi trattata, alla base degli eventi estremi, è riferita alla dinamica dei prezzi. L’andamento dei prezzi ed il comportamento degli operatori economici alle sue variazioni, influenza e non poco le dinamiche economiche e rischia di rendere uno shock esogeno ancora più estremo. Per calare le teorie statistico/economiche trattate all’interno del contesto attuale, non si può non parlare della pesante e imparagonabile crisi finanziaria del 2007-2009 che ha avuto importanti ripercussioni anche e soprattutto sulla stabilità del sistema bancario globale. Infatti il dissesto finanziario mondiale esploso con la “crisi dei mutui subpri- me” americani ha messo a dura prova la stabilità finanziaria dei più importanti gruppi bancari, facendo temere per la loro solvibilità. Da qui il fondamentale intervento da par- te degli stati che hanno saputo interpretare il momento ed hanno compiuto scelte di poli- tica economica che hanno permesso che il sistema non implodesse su se stesso. Fragilità finanziaria, bolle speculative, eventi estremi, dissesto finanziario hanno ri- schiato di rendere la recente crisi finanziaria l’evento che avrebbe portato a dover riscri- vere le regole del nostro sistema economico. E’ stato grazie al fondamentale intervento delle Banche Centrali che si è potuto evitare il peggio. L’intelligenza soprattutto di Fed e BCE è stata quella di non fossilizzarsi su misure di politica economica standard, ma ricorrere con coraggio a misure non convenzionali. Ho ritenuto fondamentale quindi e- sporre quelle che sono le misure che le banche centrali possono operare convenzional- I n t r o d u z i o n e E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 1 1 mente e quelle che sono invece più adatte in periodi di eventi estremi, cioè le non con- venzionali. Questo percorso mira a fornire uno schema base delle dinamiche sottostanti gli eventi estremi: i modelli previsionali adeguati, le dinamiche sottostanti la formazione dei prez- zi e delle bolle speculative, i fattori che incidono sul rischio sistemico e le politiche a- dottate per evitare che shock estremi possano compromettere irrimediabilmente il siste- ma economico, contestualizzandoli successivamente nella recente crisi finanziaria, la quale può essere senza dubbio considerata come il manifestarsi di un tail risk. Il semplice utilizzo di modelli econometrici adeguati, basta a prevenire e prevedere gli eventi estremi del mercato? Quali sono i meccanismi sottostanti la formazione delle “bolle” e come possiamo prevenirle? Possiamo definire il comportamento dei soggetti economici “razionale”? La politica monetaria delle banche centrali può essere efficace nel contenere i rischi estremi del mercato? Come possono i policy maker intervenire in maniera efficiente in presenza di forti shock esogeni? Quali sono le sfide che il sistema economico dovrà affrontare? Quanto le politiche monetarie sono in grado di assicurare da sole stabilità al sistema finanziario e crescita economica? Lasciamo la lettura di questo elaborato sperando di poter rispondere, almeno in parte, a questi interrogativi. 1. Tail risk: definizione e modellazione empirica 1.1 Definizione Il tail risk (il c.d. “rischio di coda”) è il rischio di un bene o di un portafoglio di asset di registrare più di tre deviazioni standard dal prezzo corrente in una funzione di probabili- tà. La maggior parte delle valutazioni di rischio e dei modelli previsionali si basano su una distribuzione normale delle osservazioni. Dire che una distribuzione di probabilità è distribuita come una normale, vuol dire che essa tende a concentrarsi attorno ad un valore medio. Di seguito una breve rappresentazione di una distribuzione normale, in cui si osserva come la sua forma varia al variare delle varianza: Figura 1. Esempi di Distribuzioni Normali che variano al variare della media e della varianza (fon- te: Wikipedia). 1 . 1 D e f i n i z i o n e E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 1 5 Come accennato, una caratteristica rilevante delle serie storiche finanziarie è l’asimmetria della distribuzione dei rendimenti: shock positivi e negativi hanno un di- verso impatto sulle relative volatilità. Si osserva quindi una differente forma della di- stribuzione a destra rispetto che a sinistra del valore medio: la curva è più spessa a sini- stra, cioè in corrispondenza dei rendimenti inferiori alla media. Gli economisti e gli analisti finanziari devo quindi tenere conto delle mutate caratteristi- che delle serie storiche finanziarie ed è necessario che gli eventi estremi e la forte vola- tilità, che ormai caratterizzano le serie storiche finanziarie, vengano correttamente mo- dellati e calcolati, al fine di formulare modelli empirici in grado di prevedere ed antici- pare il Tail Risk. Modellare e prevedere il tail risk permette di limitare le volatilità estreme degli asset fi- nanziari ed i rischi di ingenti perdite. Tale conseguenza è stata ben chiara all’inizio della crisi finanziaria nel 2008 e nella crisi dei debiti sovrani del 2011 in cui gli asset patri- moniali di privati ed istituzioni sono stati messi a dura prova. La crisi finanziaria che stiamo attraversando, chiaro esempio del verificarsi del tail risk, ha senza dubbio preso di sorpresa tutti gli analisti finanziari ed gli economisti, soprattut- to per la scarsità di modelli in grado di modellare e predire eventi estremi del mercato. Il problema principale, come visto precedentemente, sta nella sottovalutazione delle code leptocurtiche dei modelli di analisi utilizzati nella teoria economica. 1.2 Misure del rischio Lo scopo di questo elaborato non è di esaminare tutte le forme di rischio e i relativi me- todi di calcolo dei rischio, ma quello di concentrarsi sulle metodologie che permettono di meglio modellare, predire e definire coperture degli eventi estremi del mercato. 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o 1 6 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o 1.2.1 Limiti dei modelli tradizionali I modelli classici di valutazione e modellazione delle serie storiche finanziarie sottova- lutano i rischi di mancanza di liquidità ed i rischi di controparte, concentrando la loro analisi sui rendimenti attesi e i rischi di default delle singole attività finanziarie. Da qui nasce la necessità di definire nuovi modelli basati su distribuzione dei rendimen- ti non esclusivamente normali e modelli che siano in grado di studiare il comportamento di una o di entrambe le code. Da qui l’introduzione della distribuzione GED, di modelli GARCH asimmetrici o di applicazione del modello Extreme Value Teory a modelli VaR. 1.2.2 Value at Risk Una delle misure standard del rischio di un asset finanziario è il Value at Risk (Jorion, 1996 e Longerstaey, Spencer, 1996). Esso rappresenta la misura della perdita potenziale associata ad un titolo o ad un portafoglio finanziario, data una certa probabilità e un o- rizzonte temporale. La metodologia si basa su tre elementi caratterizzanti:  L’orizzonte temporale;  Il livello di confidenza (si utilizza nella maggior parte dei casi un livello al 95%);  La valuta di riferimento. Il calcolo del VaR presuppone la normalità della distribuzione dei rendimenti. Possiamo quindi rappresentare il VaR come una funzione di distribuzione in cui sull’asse delle a- scisse sono indicate le potenziali perdite o guadagni e sull’asse delle ordinate la lo fre- quenza. Lo studio del VaR si basa sulla coda di sinistra della distribuzione, cioè sugli eventi che determinano maggiori perdite. Calcolare i VaR dato un certo arco temporale ed un livello di confidenza significa definire la probabilità che le perdite di un dato por- tafoglio siano maggiori di una certa soglia. 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 1 7 Le metodologie per il calcolo del VaR più utilizzate sono: - Approccio Varianza – Covarianza, detto anche approccio parametrio o analitico; - Approccio di simulazione: simulazione storica e simulazione Monte Carlo. Approccio Varianza – Covarianza o parametrico Nell’approccio Varianza-Covarianza si assume che i rendimenti siano distribuiti come una normale e che le variazioni del valore del portafoglio siano linearmente dipendenti dalle variazioni delle attività finanziarie che lo compongono. Tale approccio è stato reso famoso da JpMorgan negli anni ’90, sviluppando modelli come il Risk Metrics (Longer- staey, Spencer, 1996). E’ evidente che basare un metodo di calcolo sulla Normalità della distribuzione vuol di- re sintetizzare il comportamento della distribuzione dei rendimenti del portafoglio tra- mite due indicatori principali: media e varianza, dove la varianza è l’indicatore dell’incertezza del portafoglio. Cardine fondamentale di questo metodo, oltre alla distribuzione normale dei rendimenti, è il calcolo della matrice di correlazione tra le attività finanziarie del portafoglio. Una volta ottenuta la matrice di correlazione si ottiene in corrispondenza del percentile desi- derato (in base al livello di confidenza scelto) il livello di perdita massima del portafo- glio. Analiticamente: Dato VaRi come il valore a rischio di una singola attività finanziaria, calcolato: VaRi = VMi * σi * V.C. dove: VMi è il valore di mercato della singola attività finanziaria; σi è la deviazione standard della singola attività finanziaria; 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o 2 0 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o mentale scegliere in maniera appropriata i dati estrapolati in quanto per non rischiare di far perdere alla distribuzione la caratteristica di stabilità del comportamento si necessità di un periodo breve; al contrario per catturare gli eventi estremi necessito di un periodo più lungo. Trovare il giusto compromesso tra questi due elementi e limitare i costi di ri- cerca dei dati (in termini di tempo e di risorse necessarie a selezionare per ogni attività finanziaria la corretta dimensione dei dati) sono le sfide per chi utilizza questa metodo- logia di calcolo. Approccio della simulazione Monte Carlo Tale approccio tenta di superare il problema della scarsità dei dati selezionati tramite una simulazione degli stessi sulla base di quelli estratti. Si tratta quindi di prevedere il valore di mercato di una attività finanziaria sulla base dei dati a disposizione e degli scenari simulati. Una volta ottenuta la distribuzione di probabilità delle variazioni che assume il valore di mercato si calcola il VaR utilizzando la metodologia della simula- zione storica. Dai dati estrapolati ricavo la loro distribuzione di probabilità; ne stimo i parametri carat- teristici come media, deviazione standard, asimmetria e curtosi; sulla base di una distri- buzione di probabilità scelta e dei parametri calcolati, simulo degli scenari evolutivi re- lativi alle singole attività finanziarie, calcolandone le variazioni percentuali dei valori di mercato; tramite le simulazioni sulle singole attività finanziarie, ottengo simulazioni sull’intero portafoglio; rappresento la distribuzione empirica delle variazioni dei valori di mercato in corrispondenza delle variazioni delle simulazioni e la taglio in corrispon- denza del livello di confidenza desiderato, ottenendo infine il VaR. Il punto di forza di tale approccio è la sua capacità di generare un numero molto elevato di simulazioni, generando una distribuzione di probabilità dei rendimenti il più accurata possibile. Ciò comporta però una scarsa rappresentatività dei fenomeni estremi, non riu- scendo a rappresentarli per la loro esatta intensità. 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 2 1 Concludendo, l’approccio basato sulla simulazione, ed in particolare l’approccio di si- mulazione storica, sembra il candidato più idoneo a rappresentare in maniera più accu- rata, tra gli approcci del calcolo del VaR, il tail risk. 1.2.3 La Estreme Value Theory La Extreme Value Theory (si vedano alcune pubblicazioni sull’argomento quali Longin, 2000; Embrechts, 2000; Danielsson, de Vries, 1997) ha l’obiettivo di studiare in manie- ra più accurata le code di una distribuzione, concentrando l’attenzione su quei fenomeni che si presentano con bassa frequenza (eventi estremi). In particolare viene studiata una particolare funzione di distribuzione delle perdite, su cui successivamente viene calcolato il VaR. In questo modo si evitano i problemi di sot- tostima delle code in modelli in cui viene utilizzato come assunto la normalità della di- stribuzione. Una importante caratteristica è che non pone ipotesi stringenti sulla distribuzione dei rendimenti, in quanto si dimostra che la maggior parte delle funzioni di distribuzione ha come distribuzione estrema la funzione di densità di Pareto generalizzata. Per la funzione di Pareto Generalizzata assume la forma: dove il parametro α determina lo spessore delle code. Stimiamo α tramite uno stimatore appropriato. Consideriamo lo stimatore proposta da Hill (1975): α dove M rappresenta la variabile casuale corrispondente all’indice associato alla perdita di portafoglio che vogliamo utilizzare come separatore tra i dati. 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o 2 2 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o Una volta stimato α possiamo calcolare il VaR di portafoglio utilizzando: α dove p è il livello di confidenza scelto e T il numero di osservazioni. Il calcolo dell’EVT applicato al VaR permette di migliorare la valutazione degli eventi estremi, come dimostrato dalla recente letteratura sull’argomento (si veda Gavin 2000). 1.2.4 Modelli ARCH Le serie storiche finanziarie sono caratterizzate da una volatilità non costante nel tempo: la volatilità subisce fluttuazioni importanti che possono protrarsi nel tempo, il cosiddet- to volatility clustering. Da qui la necessità di definire modelli di regressione alternativi ai classici modelli per serie storiche (AR, MA, ARMA, ecc..) attraverso i quali si cerca di prevedere la volatilità futura tramite uno studio della volatilità passata, condizionata ad un set di informazioni. Engel (1982) fu il primo a definire il modello ARCH (Autoregressive Conditional Hete- rosckedasticity): dove rappresenta la varianza condizionata e è un processo stocastico indipendente ed identicamente distribuito con media zero e varianza unitaria, condizionato al set di informazioni al tempo T-i. Il processo rappresenta gli shock. Esso è distribuito come una Normale con media ze- ro e varianza . Di conseguenza la varianza dipende dal tempo ed al variare di T si ot- tengono Normali differenti tra loro. 1 . 2 M i s u r e d e l r i s c h i o E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 2 5 Nelson (1991) propone invece una rappresentazione dello spessore delle code tramite la distribuzione GED (Generalized Exponential Distribution), per la quale la funzione di densità di è espressa da: dove Anche in questa distribuzione rappresenta lo spessore delle code: per si ottiene la Normale Standardizzata, per si ha una distribuzione leptocurtica (di nostro in- teresse per lo studio e la previsione di eventi estremi), mentre per la distribuzione è platicurtica. 2 Eventi estremi, elementi chiave della speculazione e mercati finanziari 2.1 La speculazione La trattazione sulle conseguenze che gli eventi estremi hanno sui mercati finanziari non può che inevitabilmente iniziare definendo il concetto di speculazione. Il termine speculazione deriva dal latino “Specula” (vedetta) cioè colui che effettuava la guardia dei legionari. Da ciò deriva il suo significato di guardare lontano – guardare in profondità - prevedere (Wikipedia). Possiamo definire quindi la speculazione finanziaria come “l'attività di un certo operato- re finanziario che entra sul mercato nel momento presente effettuando un certo tipo di investimento e presumendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negati- vo, dipenderà dal verificarsi o meno di eventi su cui egli ha formulato le sue aspettative iniziali. Se l'evento aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l'operazione spe- culativa avrà esito positivo, cioè produrrà un profitto, nel caso contrario si avrà una per- dita” (Wikipedia). Facendo un passo indietro e rivalendoci al pensiero di J.M. Keynes sulla speculazione finanziaria, espresso nelle Eight Lectures on Company Finance and Stock Exchange del 1910, possiamo ricondurre la speculazione finanzia alle seguenti tre cause: 1) l’esistenza di incertezza sul futuro; 2) l’esistenza di moneta intesa come fondo di valore; 3) lo svilupparsi di mercati di titoli ben organizzati e liquidi e la progressiva sepa- razione tra la proprietà delle imprese e la sua amministrazione. Queste tre cause generano una serie di dinamiche comportamentali nei mercati finanzia- ri, configurando la speculazione come una attività di previsione della psicologia del mercato. 2 . 1 L a s p e c u l a z i o n e E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 2 7 Secondo Keynes, non esiste un modo per eliminare la speculazione dai mercati in quan- to le cause sono intrinseche nel sistema capitalistico. Tuttavia i decisori di politica eco- nomica possono ridurre ed arginare l’influenza della speculazione sui mercati. In particolare possono agire riducendo l’incertezza sui mercati, diffondendo notizie sui mercati cercando di impedire che gli operatori possano utilizzare le informazioni, vere o presunte, a loro disposizione per manipolare il mercato stesso. Possono intervenire sul lato della domanda di moneta speculativa tramite politiche monetarie espansive, abbas- sando i tassi di interesse a lungo termine al fine di stimolare gli investimenti reali. Infine agire sulla regolamentazione del mercato al fine di ridurre l’utilizzo della liquidità per operazioni speculative. Questi interventi da soli non sono però in grado di far fronte ad un forte shock esterno. E’ necessario che vengano accompagnati da politiche fiscali ed interventi pubblici nell’economia. La speculazione fonda la sue radici sugli eventi del mercato che generano instabilità e volatilità (rischio sistemico), in un contesto caratterizzato da asimmetrie informative. Tali situazioni generano la propensione verso “azzardi” e spingono gli operatori del marcato a formulare previsioni di presunti futuri scenari di mercato, sulla base delle in- formazioni più o meno complete disponibili. Speculare significa, come citato preceden- temente, guardare avanti e, assumendosi dei rischi, cercare di prevedere scenari futuri sulla base della valutazione di quei fattori di mercato che hanno generato la formazione di rischi sistemici. Vediamo quali sono questi fattori che incidono sulla formazione dei rischi sistemici, le dinamiche in termini di livello dei prezzi ed i comportamenti “umani” sottostanti e con- seguenti ad eventi estremi. 2.2 Rischi di mercato e rischi sistemici Il rischio sistemico, cioè il rischio di crisi dell’intero sistema economico, non è altro che una moltiplicazione del rischio di mercato. Il rischio di mercato a sua volta è composto 2 . 2 R i s c h i d i m e r c a t o e r i s c h i s i s t e m i c i 3 0 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o sto più elevato per il riscorso al credito estero, con il conseguente aggravio degli oneri finanziari. Il rischio di coda intrinseco nei rischi di mercato sopra esposti intacca quindi la normale gestione dei bilanci delle attività finanziarie e ostacolano la politica monetaria. 2.3 La teoria Kindleberger–Minsky: la “Financial Fragility” La teoria elaborata da Minsky (1982) e Kindleberger (1996) si basa sull’assunto che una elevata fragilità finanziaria porta ad un più elevato rischio di crisi finanziaria. Il punto chiave della teoria è l’individuazione del cosiddetto “Minsky Moment” cioè quella fase in cui si avverte una brusca inversione della fiducia degli investitori. E’ qui che è necessario intervenire prontamente tramite politiche economiche adeguate, al fine di evitare il passaggio della “normalità” alla elevata fragilità. Minsky utilizza in termine “spostamento” per indicare il passaggio dalla normalità ad una situazione di crisi sul mercato. Solitamente è un shock sistemico che porta instabili- tà finanziaria. Come si avrà modo di vedere meglio nei capitoli seguenti, nella recente crisi del 2007-2009 lo shock è stato rappresentato dallo scoppio della bolla immobiliare americana e dalla crisi dei mutui sub-prime. Minsky (1982) descriveva la nascita di una bolla speculativa che passa dalla concessio- ne di credito: una espansione del credito bancario viene accompagnato da una espansio- ne economica. Si genera un circolo virtuoso in cui il miglioramento economico genera fiducia, che a sua volta incrementa il credito, anche fuori dal canale bancario, oltre che a nuove forme di ingegneria finanziaria. Tutto ciò porta a maggiori profitti e maggiori profitti portano ad espandere il credito anche verso soggetti meno qualificati. Ecco che viene generata una bolla speculativa. Minsky indica tutto questo con il termine “eufori- a”. 2 . 3 L a t e o r i a K i n d l e b e r g e r – M i n s k y : l a “ F i n a n c i a l F r a g i l i t y ” E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 3 1 La bolla scoppia quando gli operatori economici si rendono conto che la situazione non può più evolvere. Da qui scaturisce un evento esogeno che fa scoppiare la bolla specula- tiva. Secondo la teoria di Kindleberger–Minsky la calma viene ristabilita se gli investitori si spostano verso attività meno liquide, oppure intervengono misure restrittive sul calo dei prezzi o se viene iniettata liquidità nel sistema 2.4 Eventi estremi: dinamiche dei prezzi Le crisi finanziarie sono spesso caratterizzate da grandi variazioni dei prezzi, anche se grandi variazioni di prezzo di per sé non devono costituire una crisi. Infatti tali variazio- ni di prezzo sono probabilmente i segnali di un mercato ben funzionante, in grado di in- tegrare nuove informazioni rapidamente. Il mercato ritrova il suo equilibrio abbastanza rapidamente dopo tali variazioni dei prezzi in quanto le informazioni vengono assorbite dai mercati. Durante eventi estremi del mercato, gli shock vengono amplificati dalle azioni degli operatori economici stessi. Questo meccanismo ricorda una “tempesta tro- picale sopra un mare caldo”: episodi di crisi sembrano raccogliere più energia mentre si sviluppano (Denielson, Son Shin, Zigrand, 2012). Nel momento in cui le condizioni fi- nanziarie peggiorano, la propensione al rischio degli operatori economici diminuisce, facendo tendere al ribasso i corsi azionari e generando una spirale ribassista. Pertanto gli eventi estremi del mercato non sono altro che degli eventi generati dei comportamenti degli operatori economici, quindi dall’uomo stesso piuttosto che da reali cause “natura- li”. John Denielson, Hyung Son Shin e Jean Pierre Zigrand in “Endogenous extreme events and the dual role of price” (2011), spiegano i meccanismi sopradescritti e definiscono il cosiddetto dual role of prices, enfatizzando la natura umana degli eventi estremi dei mercati finanziari: i prezzi non riflettono esclusivamente il valore intrinseco economico di una attività finanziaria, ma anche e soprattutto inducono all’azione agli operatori e- 2 . 4 E v e n t i e s t r e m i : d i n a m i c h e d e i p r e z z i 3 2 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o conomici. Questo meccanismo porta a far perdere ai prezzi il loro ruolo riallocativo, ge- nerando conseguentemente distorsioni e volatilità. I mercati finanziari sono l'esempio supremo di un ambiente in cui gli individui reagi- scono a ciò che sta accadendo intorno a loro e dove le azioni dei singoli influenzano i risultati stessi. Variazioni dei prezzi generano reazioni da parte degli operatori economi- ci, i quali fanno muovere i prezzi, che a loro volta provocano ulteriori reazioni, e così via. I prezzi durante un evento estremo non fanno altro che perdere il loro obiettivo naturale di riallocazione delle risorse nel sistema, perdono la loro integrità, generano conseguen- ze di termini di azioni da parte degli operatori economici, azioni che non fanno altro che generare ulteriore volatilità nei mercati. 2.4.1 “Herd Behavior” – Il comportamento del gregge Un fattore che contribuisce alla formazione delle bolle speculative è il cosiddetto “herd behavior”: i comportamenti delle persone ed in particolare degli operatori economici dipendono dai flussi di informazioni che si susseguono e spingono gli operatori ad agire prendendo spunto dai comportamenti degli altri e formando aspettative sul livello futuro dei prezzi. Da qui l’espressione “comportamento del gregge”. Come esposto da Froot, Scharfstein & Stein (1992) l’atteggiamento degli investitori è “imperfettamente raziona- le” in quanto le decisioni si basano sulle eventuali e presunte informazioni aggiuntive di altri soggetti. Inoltre più un prezzo sale più ci si aspetta che la sua ascesa diventi stabile, gonfiando ulteriormente il prezzo. L’aspetto quasi paradossale è che questo comporta- mento appare enfatizzato tanto più le informazioni disponibili sul mercato sono scarse. 2.4.2 I prezzi: causa primaria degli eventi estremi Il ruolo fondamentale che i prezzi giocano nell’economia è dettato da come loro squili- bri possano determinare eventi, anche estremi, sui mercati. 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 3 5 La causa che mandò in fallimento la banca d’affari americana e che segnò l’inizio della crisi dell’intero sistema bancario americano, e successivamente europeo, fu lo scoppio della “bolla” immobiliare americana e la crisi dei mutui sub-prime. Soprassedendo sulle cause che generarono lo scoppio di tale “bolla” (in quanto non atti- nenti allo scopo di questo elaborato), è interessante analizzare come un tale evento abbia innescato una serie di ripercussioni sul sistema bancario globale, quali sono state le a- zioni poste in essere dagli stati e quali conseguenze hanno avuto i bilanci pubblici delle economie occidentali. Le pesanti vendite di titoli azionari di banche comportò subito dopo lo scoppio della bolla pesanti perdite sui corsi dei titoli azionari soprattutto bancari, innescato da una sfiducia verso il sistema da parte del mercato. Il crollo della borsa di Wall Street è me- morabile: tra settembre e ottobre 2008 l’indice S&P500 perse il 25,9% (Borsa Italiana). La sfiducia nei confronti del sistema bancario provocò una crisi di liquidità senza pre- cedenti: l’accesso al credito per imprese e famiglie si abbassò drasticamente ed il tasso interbancario, attraverso cui le banche si prestano tra loro liquidità, si alzò a causa della sfiducia degli istituti di credito a prestarsi denaro tra loro. Inevitabilmente tutto ciò ebbe ripercussioni sull’economia reale, generando un crollo di investimenti, consumi e redditi. Si innescò quella che molti storici ed economisti defini- scono la peggiore crisi seconda solo a quella del 1929. Davanti ad eventi di tale entità gli stati e le banche centrali delle principali economie mondiali iniettarono liquidità nel sistema, soprattutto tramite aiuti pubblici alle banche e tagliando i tassi di interesse, cercando di fornire stimoli al mercato che da solo non sembrava più in grado di autoregolarsi. In tali situazioni estreme la salvaguardia del sistema bancario è fondamentale: il credit crunch ed il clima di sfiducia diventano dei fattori pericolosi perché rischiano di far av- 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a 3 6 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o vitare il sistema su se stesso. A tutto ciò si aggiunga l’estrema volatilità di cui fu vittima il mercato azionario globale. Tali eventi estremi registrati sui mercati azionari hanno delle importanti conseguenze sulle altre tipologie di titoli finanziari: la correlazione esi- stente fra asset finanziari, se in periodi “normali” si comporta come naturale regolatore del mercato, in periodi di shock negativi estremi la volatilità diviene ancora più marcata ed inizia una spirale negativa dando vita al cosiddetto panic sellig. Gli operatori econo- mici, i fondi di investimento, gli stati, le istituzioni finanziarie si trovarono costretti a vendere asset finanziari che vennero definiti “tossici”. La massa di titoli venduti fece crollare il loro prezzo e spinse gli investitori verso i “beni rifugio” (oro, petrolio, mate- rie prime, prodotti alimentari), facendone in breve tempo lievitare i prezzi. Il rischio sistemico raggiunse livelli mai visti prima: i patrimoni delle banche subirono ingenti svalutazioni, mettendo a dura prova la loro sopravvivenza. Senza parlare delle perdite subite dai risparmiatori privati che videro i loro patrimoni sgonfiati drasticamen- te. La globalizzazione dei mercati ha ovviamente comportato la globalizzazione dei mercati finanziari. La stretta relazione tra banche ed istituzioni finanziarie di diversi stati, com- portò che la crisi innescata dalle banche americane e la perdita di valore degli asset fi- nanziari presenti nei loro bilanci, scatenò un effetto domino su tutte le banche a livello globale con la conseguenza che asset finanziari fortemente deprezzati nei bilanci signi- ficò una diminuzione della loro patrimonializzazione. Gli squilibri nella struttura finanziaria delle banche comportarono l’inevitabile interven- to da parte dei governi centrali tramite iniezioni di liquidità di natura pubblica, cioè si compirono delle vere e proprie operazioni di salvataggio delle banche. Alle iniezioni di liquidità nei patrimonio delle banche sono seguite una serie di altre operazioni straordi- narie volte a riequilibrarne la struttura finanziaria: acquisto di titoli tossici presenti nei bilanci e operazioni di prestito garantiti da titoli del debito pubblico. Anche la fiducia da 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 3 7 parte dei risparmiatori privati andava in qualche modo recuperata. Da questa esigenza vengono istituti dei meccanismi di salvaguardia pubblica dei depositi bancari. L’operazione che può essere definita la più significativa e radicale fu la nazionalizza- zione di importanti gruppi bancari americani ed europei. Questa è solitamente una azio- ne pericolosa in quanto la presenza pubblica nelle banche rischia di condizionare politi- camente le loro scelte. Il vero e proprio stallo del mercato (sfiducia, mancanza di liqui- dità, credit cruch) non consentì di far altro che di utilizzare questa via come la più velo- ce ed efficace per riequilibrare i bilanci delle banche. Tutto ciò ha permesso di evitare che il sistema finanziario implodesse su se stesso. Proviamo a riepilogare schematicamente quel che accade al sistema bancario e quali po- litiche da parte dei governi centrali furono messe in atto, di fronte ad un evento estremo come quello dello scoppio della crisi del 2007: 1- Shock negativo sistemico; 2- Paura, panico e sfiducia; 3- Vendite massive di asset finanziari; 4- Blocco delle operazioni interbancarie; 5- Mancanza di liquidità; 6- Credit cruch delle banche; 7- Blocco delle operazioni di vendita allo scoperto; 8- Immissione di liquidità nel sistema da parte dei governi: a. Prestiti alle banche a tassi prossimi allo zero; b. Acquisto di titoli tossici presenti nei bilanci; c. Apertura di linee di credito garantite da titoli di stato; d. Nazionalizzazione delle banche; 9- Ripercussioni sull’economia reale: diminuzione di redditi, investimenti e con- sumi; 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a 4 0 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o che, a fronte di garanzie adeguate, le banche dell’area dell’euro hanno potuto ottenere liquidità illimitata dalla BCE al tasso di rifinanziamento principale. Di fatto la BCE si è sostituita al mercato monetario. Tra le altre misure adottate rientrano, oltre a una consi- stente riduzione dei tassi di interesse, l’ampliamento della gamma di attività stanziabili in garanzia e il prolungamento delle scadenze dei prestiti alle banche. Uno degli strumenti di politica monetaria a disposizione della BCE è costituito dalle o- perazioni strutturali, in cui rientra l’acquisto definitivo di determinate attività stanziabili in garanzia. Alla luce delle forti ripercussioni sul mercato delle obbligazioni garantite, che rappresentano un importante strumento di rifinanziamento per le banche, il Consi- glio direttivo della BCE ha deciso di varare un programma per l’acquisto di obbligazio- ni garantite allo scopo di imprimere nuovo slancio a tale mercato. Nel maggio 2010 i mercati finanziari e in particolare quelli dei titoli di Stato hanno regi- strato gravi tensioni, che erano di ostacolo alla trasmissione della politica monetaria. La BCE ha quindi stabilito di introdurre il Programma per il mercato dei titoli finanziari, che ha consentito alla stessa istituzione e alle banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro di intervenire nei mercati di alcuni titoli di debito, per lo più in quelli dei titoli di Stato, entro i limiti stabiliti dal Consiglio direttivo. In conformità al Trattato, che vieta l’acquisto diretto dagli Stati, sono stati ammessi solo acquisti nel mercato se- condario (a prezzi di mercato). L’ammontare totale dei titoli acquistati non ancora giunti a scadenza viene sterilizzato ogni settimana, in modo da non incidere sulle condizioni complessive di liquidità del mercato monetario interbancario. Nel dicembre 2011, in risposta alle gravi tensioni di mercato che minacciavano il fun- zionamento del mercato monetario e il flusso di credito dalle banche verso imprese e consumatori, la BCE ha deciso di condurre due operazioni di rifinanziamento a più lun- go termine con scadenza a 36 mesi. Il tasso applicato corrisponde alla media dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali eseguite nell’arco della durata della rispet- tiva operazione. La prima operazione è stata aggiudicata il 21 dicembre 2011 e la se- conda il 29 febbraio 2012. La BCE ha inoltre deciso di ampliare la disponibilità di garanzie, abbassando la soglia di rating per alcune attività cartolarizzate e consentendo alle banche centrali nazionali, 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 4 1 quale soluzione temporanea, di accettare come garanzia crediti aggiuntivi (ossia prestiti bancari) che soddisfino specifici criteri. La responsabilità inerente all’accettazione di ta- li crediti ricade sulla banca centrale nazionale che ne autorizza l’uso. La BCE ha infine deciso di ridurre il coefficiente di riserva dal 2 all’1%, liberando così garanzie e sostenendo l’operatività del mercato monetario. Nel settembre 2012, al fine di preservare l’unicità della propria politica monetaria e as- sicurare l’adeguata trasmissione del relativo orientamento all’economia reale di tutta l’area dell’euro, la BCE ha annunciato l’eventuale conduzione di operazioni definitive monetarie (ODM). Queste consistono in interventi condotti nei mercati secondari dei ti- toli di Stato per far fronte alle gravi distorsioni ivi presenti, che derivano in particolare dai timori infondati degli investitori sulla reversibilità dell’euro. Le ODM forniscono, nel rispetto delle condizioni appropriate, un meccanismo di sostegno del tutto efficace per scongiurare scenari nefasti, in grado di autoalimentarsi e suscettibili di porre sfide potenzialmente impegnative per la stabilità dei prezzi nell’area dell’euro. Per salvaguar- dare la preminenza del mandato della BCE di mantenere la stabilità dei prezzi, nonché assicurare che i governi siano sempre debitamente incentivati ad attuare il risanamento dei conti pubblici e le riforme strutturali necessari, uno dei presupposti necessari per la conduzione di ODM è il rispetto di condizioni rigorose ed efficaci connesse a un ade- guato programma dell’EFSF/MES. Negli ultimi due anni la BCE ha proseguito la sua opera di riduzione del tasso di rifi- nanziamento principale. Nel Giugno 2014 il tasso di rifinanziamento principale della BCE ha toccato il suo minimo storico a 0,15% ed il tasso sui depositi presso la banca centrale è addirittura sceso negativo a -10%. 2.5.2.2 La trasmissione della politica monetaria della BCE Il meccanismo di trasmissione è il processo attraverso il quale le decisioni di politica monetaria influenzano l’economia in generale e il livello dei prezzi in particolare. Poi- ché è caratterizzato da scarti temporali di durata lunga, variabile e incerta, è difficile 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a 4 2 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o prevedere gli effetti precisi degli interventi di politica monetaria sull’economia e sul li- vello dei prezzi. Quando eroga fondi al sistema bancario, la banca centrale applica un interesse; detenen- do il monopolio dell’emissione di moneta, può guidare l’andamento dei tassi di interes- se a breve termine. Le variazioni dei tassi di interesse ufficiali:  si ripercuotono direttamente sulle banche e sui tassi di interesse del mercato moneta- rio e indirettamente sui tassi attivi e passivi offerti dalle banche alla clientela;  influenzano le aspettative e, a sua volta, l’attesa di future variazioni dei tassi ufficiali incide sui tassi di interesse a medio e lungo termine;  influiscono sui prezzi delle attività (ad esempio sui corsi azionari) e sul tasso di cambio; le variazioni del cambio possono avere effetti diretti sull’inflazione: è ad esempio possibile un rincaro dei beni importati;  influenzano le decisioni di risparmio e investimento di famiglie e imprese: tassi di interesse più elevati tendono ad esempio a scoraggiare l’assunzione di prestiti;  incidono sull’offerta di credito: ad esempio, se i tassi di interesse sono più elevati, il rimborso dei prestiti può risultare più difficile; è possibile che le banche riducano l’ammontare dei prestiti a favore di famiglie e imprese, con ripercussioni su consu- mi e investimenti;  determinano oscillazioni della domanda aggregata e dei prezzi: le variazioni di con- sumi e investimenti, all’interno di un’area economica, modificheranno il rapporto tra il livello della domanda di beni e servizi e quello dell’offerta; se la domanda supera l’offerta, sono probabili pressioni al rialzo sui prezzi;  incidono sull’offerta di prestiti bancari: le variazioni dei tassi di interesse ufficiali possono influenzare in diversi modi il costo marginale sostenuto dalle banche per ottenere finanziamenti esterni, a seconda del livello delle risorse proprie o della po- sizione patrimoniale della banca. 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 4 5 ria sono state adottate, sulla base di valutazioni accurate, misure che hanno consentito un ampliamento del sistema delle garanzie al fine di agevolare la trasmissione della po- litica monetaria unica in tutta l’area dell’euro. Tali interventi sono stati accompagnati da opportune misure per il controllo dei rischi, calibrate in modo da equiparare il grado di rischio delle diverse tipologie di garanzia. L’Eurosistema tiene sotto costante osserva- zione l’adeguatezza del sistema e l’uso delle garanzie da parte delle controparti. Erogazione di liquidità a più lungo termine Di norma l’Eurosistema esegue su base mensile un’operazione di rifinanziamento a più lungo termine, con scadenza a tre mesi. Ma in via eccezionale può intensificare la fre- quenza ed estendere la scadenza di queste operazioni. Erogazione di liquidità in valuta estera Se le banche hanno un accesso limitato alla liquidità in valuta estera, l’Eurosistema può offrirla in collaborazione con altre banche centrali. Variazione del coefficiente di riserva obbligatoria Per incidere sul fabbisogno di liquidità del sistema bancario, l’Eurosistema può stabilire di modificare il coefficiente di riserva che le banche devono detenere. Acquisti definitivi di determinati titoli di debito Al fine di assicurare un’adeguata trasmissione degli impulsi di politica monetaria all’economia nel suo insieme e in ultima analisi al livello generale dei prezzi, l’Eurosistema può intervenire sui mercati dei titoli di debito di emittenti pubblici e pri- vati dell’area dell’euro, effettuando acquisti definitivi di determinate attività (anziché limitarsi ad accettarle come garanzia). 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a 4 6 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o Operazioni definitive monetarie Pur rientrando fra gli strumenti di politica monetaria della BCE dal 1999, gli acquisti definitivi non sono mai stati utilizzati prima del giugno 2009, quando la Banca centrale europea ha varato il primo Programma per l’acquisto di obbligazioni garantite; possono pertanto essere considerati una misura non convenzionale. Nel maggio 2010 la BCE ha deciso di introdurre il Programma per il mercato dei titoli finanziari; intendeva così al- lentare le tensioni presenti in alcuni segmenti di mercato che ostacolavano il meccani- smo di trasmissione della politica monetaria, ossia il processo attraverso il quale la BCE mira a influire sui prezzi nell’insieme dell’area dell’euro agendo sui tassi di interesse di riferimento. In virtù di tale iniziativa, se il funzionamento del meccanismo di trasmis- sione risultava compromesso da disfunzioni in alcuni segmenti e il segnale insito nei tassi della BCE non si trasmetteva in modo uniforme a tutta l’area, la Banca centrale eu- ropea poteva intervenire acquistando nel mercato secondario (ovvero dalle banche a prezzi di mercato) i titoli che solitamente accetta in garanzia. Gli ultimi acquisti in que- sto contesto sono stati effettuati nel febbraio 2012 e nel settembre successivo si è posto termine al programma. Sempre nel settembre 2012 la BCE ha precisato le caratteristiche tecniche delle opera- zioni definitive monetarie (ODM) annunciate il mese precedente; queste possono essere condotte nei mercati secondari dei titoli di Stato con lo scopo di salvaguardare l’adeguata trasmissione e l’unicità della politica monetaria. Mediante le ODM si intende preservare l’adeguata trasmissione della politica monetaria nonché la sua unicità in tutta l’area dell’euro offrendo un meccanismo di sostegno del tutto efficace per scongiurare scenari nefasti, suscettibili di porre sfide potenzialmente impegnative per la stabilità dei prezzi nell’area. A differenza del Programma per il mer- cato dei titoli finanziari, uno dei presupposti necessari per la conduzione di ODM è il rispetto di condizioni rigorose ed efficaci connesse a un adeguato programma dell’EFSF/MES; l’obiettivo è salvaguardare la preminenza del mandato della BCE di mantenere la stabilità dei prezzi, nonché assicurare che i governi siano sempre debita- mente incentivati ad attuare il risanamento dei conti pubblici e le riforme strutturali ne- cessari. Un’altra differenza rispetto al precedente programma risiede nel fatto che le ODM non sono soggette a limiti prestabiliti e si conducono nei mercati secondari dei ti- 2 . 5 E v e n t i e s t r e m i : i l c a s o d e l l a r e c e n t e c r i s i f i n a n z i a r i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 4 7 toli di Stato con scadenze comprese fra uno e tre anni. Infine, la BCE accetta di essere equiparata ai creditori privati o di altro tipo per tutti i titoli detenuti in tale ambito. Va segnalato che la BCE stabilisce la cessazione delle ODM al raggiungimento degli obiet- tivi perseguiti oppure in caso di inosservanza di un programma. 2.5.2.4 Alcuni cenni sulla politica della FED Allargando l’orizzonte dell’analisi oltreoceano, si può notare quali siano le possibilità a disposizione di un’altra Banca Centrale nell’affrontare le situazioni di emergenza. Al riguardo, si pone in evidenza che, rispetto alla Bce, la Fed in base al proprio statuto deve tener conto di più variabili nel processo decisionale della politica monetaria. Nel dettaglio, mentre l’Istituto di Francoforte ha come unico obiettivo il limite dell’inflazione su valori inferiori ma prossimi al 2%, la Federal Reserve ha come targets il raggiungimento del massimo livello di occupazione, di produzione e di potere d’acquisto. Anche la differenza nelle possibilità di intervento operativo tra le due Autorità è legato ai diversi statuti. In pratica, la Fed nei recenti periodi di crisi si è mossa direttamente sul mercato dei titoli di Stato per fornire maggiore liquidità al sistema e sostenere la crescita a differenza di quanto fattibile dalla Bce, che si trova costretta a sterilizzare tali interventi con opera- zioni di segno opposto, operando al limite dei regolamenti. Tali operazioni non conven- zionali adottate dalle Banche centrali sono denominate di quantitave easing. In partico- lare, ne sono state effettuate quattro da parte della Fed. Quantitative Easing 1 (QE1) – l’operazione è stata di un ammontare pari a 300 miliardi di dollari. Avviata nel marzo del 2009 ha avuto termine verso la metà dello stesso anno. Inoltre, durante la crisi finanziaria del 2008 – 2009 per sostenere gli istituti di credito la Banca centrale statunitense ha rilevato assets tossici per un totale di 950 miliardi di dol- lari, allargando notevolmente la base monetaria. C o n c l u s i o n i 5 0 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o conomico nel suo complesso, costringendo le banche centrali ad operare con strumenti non convenzionali. In tali situazioni estreme il mercato non è più in grado di autoregolarsi, soprattutto per- ché gli attori economici perdono fiducia nel sistema economico stesso. E’ la fiducia l’elemento chiave che può determinare quella che Minsky chiama “euforia” ed è sempre la fiducia che è in grado invece di compromettere irrimediabilmente il sistema nel suo completo. E’ il comportamento dell’uomo a rendere eventi negativi ancora più negativi. Ed è l’uomo stesso a dover porre rimedio alle conseguenze della speculazione. L’intervento delle istituzioni monetarie può porre freno agli effetti di eventi estremi e alla speculazione, ed è stato proprio l’oculato utilizzo da parte di FED e BCE degli strumenti a loro disposizione, anche e soprattutto grazie a manovre non convenzionali, che ha consentito di arginare gli effetti nefasti della recente crisi globale. Un approfondimento sulle problematiche relative al tail risk potrebbe riguardare le tec- niche per gestire portafogli di investimento, di privati ed istituzioni finanziarie, che mi- rino a limitare le perdite in caso di eventi estremi. Quanto costerebbe proteggere i porta- fogli finanziari da questi rischi? Quanto complesso rischiano di essere gli strumenti in grado di farlo? Sono realmente in grado di attenuare i rischi di eventi estremi? Dal punto di visto delle tematiche di economia monetaria trattate sarebbe interessante approfondire gli aspetti che riguardano il futuro della Banca Centrale Europea, soprat- tutto per quanto riguarda la possibilità di fungere da prestatore di ultima istanza per gli stati dell’Unione Europea e sulla possibilità di utilizzare prima e meglio strumenti di po- litica monetaria e fiscale che abbiano un rapido effetto nell’economia. Durante l’ultima crisi finanziaria, la FED da questo punto di vista ha dimostrato di avere una struttura ta- le da riuscire a porre in essere strumenti più “agili” per arginare il verificarsi di crisi si- stemiche. Gli ultimi decenni hanno palesato il rischio intrinseco del sistema capitalistico: il perio- dico verificarsi di crisi. Appare chiaro come il sistema attuale sia basato su continue fluttuazioni dei mercati: periodi di euforia accompagnati da grandi depressioni. C’è da chiedersi se un sistema siffatto sia in grado di durare o se ad un certo punto non sarà il C o n c l u s i o n i E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 5 1 caso di cambiare le “regole del gioco”. Quel che è sicuro è che l’ultima crisi ha portato conseguenze così pesanti per l’economia reale che sono d’obbligo degli interrogativi sull’effettiva sostenibilità del nostro sistema economico. Vorrei terminare questo lavoro con un articolo de Il Sole 24 Ore di Vittorio Da Rold del 02 Luglio 2014 (IlSole24Ore.com). L’articolo è stato scritto a seguito di un discorso te- nuto il 02 Luglio 2014 da Janet Yellen, governatrice della Federal Reserve, al Fondo Monetario Internazione presieduto da Christine Lagarde. L’articolo racchiude alcuni e- lementi caratteristici trattati in questo elaborato e lascia alcuni spunti di riflessione di strettissima attualità. In particolare pone interrogativi e spunti di riflessioni sull’intervento della politica monetaria al fine di alleviare i rischi di instabilità finanzia- ria. “2 luglio 2014 Yellen: non c'è bisogno di alzare i tassi contro i rischi di instabilità finanziaria di Vittorio Da Rold Una politica monetaria accomodante può aumentare gli incentivi dei partecipanti ai mercati finanziari a cercare rendimenti (appetitosi) e assumere rischi eccessivi? Per Janet Yellen, numero uno della Federal Reserve, la risposta è che non spetta alla politi- ca monetaria affrontare questo problema e quindi attualmente non c'è bisogno di alzare i tassi di interesse per affrontare i rischi alla stabilità finanziaria. La Yellen ha risposto così in un discorso tenuto al Fondo monetario, proprio ad alcuni richiami che lo stesso Fmi aveva lanciato un mese fa a Washington quando aveva ta- C o n c l u s i o n i 5 2 A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 E m i l i o F a r a t r o gliato le stime di crescita degli Stati Uniti e aveva sottolineato i rischi alla stabilità fi- nanziaria di tassi vicini allo zero per un periodo troppo prolungato. Un dibattito apparentemente teorico ma con risvolti molto pratici: l'aumento o meno dei tassi. Così la risposta del presidente della Fed Janet Yellen, secondo cui «la leva dei tassi di interesse non può essere lo strumento prioritario per governare i rischi e gli eccessi nel settore finanziario», tranquillizza i mercati. Secondo la presidente della Fed - i rischi alla stabilità devono piuttosto essere affrontati con strumenti regolatori. Mentre l'obiet- tivo principale della politica monetaria - ribadisce - deve rimanere quello di «garantire la stabilità dei prezzi e il massimo dell'occupazione». La Fed a differenza della Bce ha anche il compito di favorire l'occupazione oltre a quello di mantenere la stabilità dei prezzi. «La politica monetaria ha limiti significativi come strumento per promuovere la stabili- tà finanziaria», ha affermato Yellen, spiegando come «i suoi effetti sulle vulnerabilità del sistema finanziario non sono ancora ben compresi e sono meno diretti rispetto ad un approccio regolatorio e legato alla vigilanza». Per Yellen, quindi, l'approccio "macroprudenziale" (definito come un mix di vigilanza, controllo dei livelli di capitale e di liquidità delle banche e creazione di riserve finan- ziarie contro i fallimenti) «deve giocare un ruolo primario» per risolvere i problemi del sistema finanziario. Il governatore americano ha aggiunto che «il costo potenziale, in termini di performan- ce macroeconomiche più contenute, è probabilmente troppo alto per dare ai rischi alla stabilità finanziaria un ruolo centrale nelle decisioni di politica monetaria, almeno nel- la maggioranza dei casi». Così dicendo Yellen risponde alla tesi dell'ex membro della Fed, Jeremy Stein, ora tor- nato a insegnare ad Harvard e secondo cui la banca centrale dovrebbe attivamente pensare di usare la politica sui tassi per rispondere alla possibile formazione di bolle o altre tipologie di assunzione dei rischi. I tassi devono servire a controllare prezzi e fa- vorire l'occupazione, alla vigilanza spetta controllare che non si formino le bolle. B i b l i o g r a f i a E m i l i o F a r a t r o A . A . 2 0 1 3 / 2 0 1 4 5 5 Engle, R. F. (1982). Autoregressive conditional heteroscedasticity with estimates of the variance of United Kingdom inflation. Econometrica: Journal of the Econometric Socie- ty, 987-1007. 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