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Tecnica del colloquio semi, Prove d'esame di Psicologia della Comunicazione

ESAME TECNICA DEL COLLOQUIO RIASSUNTO

Tipologia: Prove d'esame

2015/2016

Caricato il 11/02/2016

GIULIAELUNA
GIULIAELUNA 🇮🇹

4.5

(15)

32 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tecnica del colloquio semi e più Prove d'esame in PDF di Psicologia della Comunicazione solo su Docsity! Tecnica del colloquio - Semi Introduzione Lo scopo di questo libro è di descrivere le basi del colloquio .Di tecniche del colloquio ce ne sono molte che risultano anche molto diverse tra loro.E' importantissimo il primo colloquio che si ha con il paziente . E' importante non perdersi nel corso del colloquio e comoprendere al meglio il disegno globale della situazione . La cornice del colloquio: aspetti psichici I Che scopo ha un colloquio? Molti diranno che lo scopo è quello di rendersi conto delle condizioni mentali della persona che l'ha richiesto. Ci sono però due fasi fondamentali nell'esame del malato:  la raccolta dell'anamnesi  l'esame obiettivo Il colloquio dovrebbe corrispondere all'esame obiettivo e la realtà che si deve indagare è quella psichica della persona che abbiamo davanti, il colloquio non può avere nessun'altra finalità e l'unica realtà per cui lo psicologo deve essere attrezzato è quella psichica. Se non si tiene conto di questo scopo c'è il rischio di non capire cosa cosa sta succedendo durante il colloquio. Il colloquio è la presentazione che il paziente fa di sé e del suo modo di usare la mente. Prima di iniziare il colloquio è importante che lo psicologo/psichiatra ecc abbia chiaro:  lo scopo generico  le distinzioni che implica questo scopo Si deve tenere presente la distinzione tra il lavoro dello psicologo e quello dei giudici, poliziotti e degli storici. Essi infatti devono indagare un tipo di realtà differente da quella psichica. Il giudice deve conoscere cosa è accaduto in un certo momento in quanto questo fatto ha provocato una variazione dei parametri stabiliti dalla legge ed ha reso necessario il suo intervento. Inizialmente dovrà valutare se il fatto è accaduto realmente , come e il ruolo delle persone implicate. Può essere che in un secondo momento serva capire il motivo psicologico del perché quella persona ha agito così ma non è detto. Il colloquio dello psichiatra invece è un esame obiettivo che continua a essere trasformato nella raccolta dell'anamnesi: continuiamo a raccogliere la storia della persona che ci sta parlando come se questa potesse spiegarci qualcosa ma in realtà noi riceviamo solamente l'interpretazione personale del paziente. La ricerca della realtà obiettiva è disastrosa per lo psicologo, questa ricerca può essere vista come la tendenza a negare. La negazione è sempre presente e raccoglierla significa mettere fine al colloquio. Nel nostro campo di osservazione non è possibile mentire; esistono diversi tipi di menzogna ma una vera menzogna può essere detta solo da un adulto sano sebbene neanche lui riuscirebbe a mentirci. E' faticoso ammettere che nel campo che teniamo più riservato e protetto la menzogna non serve. La paura di andare dallo psichiatra può derivare da questo timore, che qualcuno ci guardi dentro e scopra qualcosa che neanche noi sappiamo. Quello che una persona non può nascondere è chi è, come pensa e come organizza il suo pensiero. La persona può illudersi di raccontarci bugie ma resta il fatto che le sta raccontando a se stessa e neanche lei è in grado di spersonalizzare così tanto il racconto da evitare di dirci qualcosa su di sé. Si può mentire sulla realtà esterna ma non su quella psichica. Se riusciamo a focalizzarci su questa realtà, riusciremo a capire il paziente, a trasmettergli il nostro rispetto per lui e per la sua realtà al di fuori del colloquio. Il rispetto è l'unica posizione emotiva che ci permette di lavorare. E' raro che una persona vada da uno psicologo per conoscere la sua realtà mentale, spesso il colloquio ha un fine più generale, fini specifici e aspecifici. In uno studio ben organizzato è possibile che diverse persone si debbano occupare dei diversi livelli di realtà e delle domande del paziente; se ciò non è possibile il primo livello da indagare resta sempre quello psichico. Ogni tanto l'indagine di questa realtà può essere molto breve per poi passare a realtà successive per esempio → Gennaio- Venezia un tipo si presenta da lui con maglia senza maniche pantaloni corti mezzo congelato. Lo fa sedere gli dà una coperta e gli chiede perché voleva obbligarlo a vedere i suoi parenti. Il colloquio era finito. Il messaggio era quello di richieste di affetto immediate ma l'elemento importante era contenuto nella forma della comunicazione ossia l'uso di un comportamento invece che un discorso. Non era in grado di adoperare le parole e non gli sembrava il caso di parlargli per poi mandarlo via senza niente. Il colloquio serve per capire il funzionamento della mente del paziente, l'anamnesi nel primo colloquio passa in secondo piano. Che scopi ha un colloquio? Ogni colloquio ha degli scopi particolari e visto che sono due le persone si dovrebbe tener conto degli scopi di entrambi. Psichiatra : visto che è fondamentale il rispetto, lo psichiatra si deve chiedere per quale motivo accetta di vedere quel paziente, cosa si aspetta e cosa può offrire. Non basta fissare un appuntamento solo perché viene chiesto; lo psichiatra deve avere chiare le sue capacità professionali e materiali per il trattamento e del tipo di bisogni professionali ha in quel momento. Uno psichiatra che lavora in un gruppo ben organizzato sa cosa può realmente offrire al paziente mentre lo psichiatra che lavora in un gruppo dilaniato da invidie o lotte, raramente avrà in testa un quadro chiaro della situazione. Lo psichiatra all'inizio della sua carriera ma non solo dovrebbe pensare alla propria disponibilità materiale e alla propria competenza scientifica. Avere in testa un quadro chiaro della situazione permette di aver chiari lo scopo e i sottoscopi. Prerequisiti mentali Con prerequisiti mentali si intendono le condizioni, i fatti, le conoscenze, gli stati emotivi del mondo interno dello psichiatra che avrà anche acquisito conoscenze teoriche o apprese grazie all'esperienza che nel momento in cui sono state assimilate sono state anche deformate ed è normale che una persona personifichi quando interiorizza, l'importante è accorgersene e tenerne conto. Gli atteggiamenti che lo psichiatra deve ri-conoscere in se stesso sono:  disponibilità e professionalità Il paziente non è un amico e comportarsi come tale significherebbe mettere da parte le difficoltà del primo incontro e mostrare al paziente che abbiamo paura. Non va bene neanche comportarsi in modo troppo rigido in quanto negheremmo di essere umani. Ognuno deve pensare al proprio stile personale in quanto tutti abbiamo un modo proprio di parlare e impostare un discorso. (pensare cosa fare se arriva una persona a casa all'improvviso..smetto di fare quello che facevo, la rendo partecipe, ecc). La mancanza di consapevolezza in sé può creare dei problemi. E' importante sapere almeno a livello descrittivo come siamo, spesso ai pazienti chiediamo di fare un lavoro che non sapremmo fare come per esempio il descriversi. Non si deve neanche negare un aspetto di noi in quanto trasmetteremmo falsità e i pazienti hanno bisogno di tutto tranne che di falsità e il nostro lavoro ci risulterebbe insopportabile se venisse svolto in modo falso. Fondere il proprio stile con la tecnica del colloquio permette al paziente di sentire che la persona che ha di fronte è disponibile, incuriosita e ha a disposizione i mezzi tecnici per facilitargli un compito difficile.  frustrazione e sadismo La regola della frustrazione spesso viene interpretata in chiave sadica. E' la proiezione di un Super- io sadico sugli psicoanalisti e di una successiva identificazione legalizzata con questo Super-io. Non vuol dire che si debba essere maleducati con il paziente perché se si sentono così è un fatto loro, se siamo noi a farlo il problema diventa nostro. → se un paziente si innamora di un analista che è rimasto neutro si parla di transfert, se l'analista gli ha fatto la corte si parla di amore corrisposto. Nel primo colloquio lo psicologo è valutato dal paziente. Anche un atteggiamento simpatico può essere sadico. Atteggiamenti sadici nei confronti dei pazienti non ci dovrebbero essere ed è importante tener conto del fine della regola della frustrazione ossia evitare che il paziente e l'analista agiscano insieme soddisfacendo il secondo le richieste inconsce del paziente, cercando invece che il paziente prenda coscienza dei suoi desideri profondi. La regola della frustrazione è mirata a difese e desideri precisi ma durante il primo colloquio non sappiamo che difese utilizza il paziente e non possiamo quindi applicare questa regola in modo specifico e mirato. Nel primo colloquio si deve essere neutrali e questo indica un atteggiamento attivo di curiosità, disponibilità e e dei processi inerenti sottostanti.  stile Lo stile del discorso del paziente è importante. La retorica e l'oratoria sono fondamentali per la comunicazione tra persone.  analisi delle figure retoriche In un lavoro fatto di parole si deve sapere come usare e si devono riconoscere negli altri le figure retoriche. Il paziente non potrebbe parlare di sé senza il loro utilizzo. L'espressione metaforica è più ricca emotivamente in quanto essendo un verbalizzazione di un'immagine mantiene i rapporti più stretti tra le rappresentazioni di parola e quelle di cosa e consente un'espressione migliore di affetto. La regola del linguaggio ha un versante passivo ossia lasciar parlare il paziente con il proprio linguaggio e un versante attivo per quanto riguarda l'intervistatore. Lo psicologo deve creare le situazione che permettono al paziente di usare il proprio linguaggio e usare egli stesso per quanto possibile quel linguaggio impiegandolo spontaneamente e epr fare ciò deve essere in grado di identificarsi transitoriamente nel paziente. L'uso delle espressioni linguistiche del paziente si dovrebbe poter vedere nelle riformulazioni ossia interventi caratterizzati da un leggero aumento di significato del testo verbale del paziente che gli vengono proposti in forma interrogativa e hanno fini diversi. Una buona riformulazione fa sentire al paziente che la persona che ha davanti sta lavorando. Del paziente dobbiamo essere in grado di usare almeno le metafore. Le eccezioni a questa regola sono il tossicomane e il delinquente. Entrambi usano in modo falso il linguaggio, offrono un linguaggio che si mostrerà come una crosta vergognosa elaborata o affittata per non presentarsi e per esprimere la propria incapacità di farlo. La regola della frustrazione Questa regola si presta a equivoci. Durante il colloquio si deve evitare di soddisfare i desideri consci e inconsci del paziente a eccezione del desiderio conscio che l'ha spinto da noi. Il paziente ci esprime i suoi desideri attraverso le reali comunicazioni che ci fa; non permettergli di soddisfare con noi i suoi desideri significa comunicargli che abbiamo capito che non è venuto da noi per avere delle soddisfazioni sostitutive ma per mostrarci come nella sua mente il desiderio non trovi vie di espressione e realizzazione. La prostituzione simbolica tramite la propria attività professionale è abbastanza frequente, è una situazione personale e nevrotica. I tentativi di soddisfare suoi bisogni alleandoci con le sue parti più regredite è stato già fatto dalle persone del suo ambiente e quindi questi tentativi sono falliti. Si deve distinguere questa regola dalla maleducazione e dal sadismo. Questa regola si applica bene dove abbiamo avuto la possibilità di comprendere la struttura mentale del paziente e sarà quindi difficile applicarla al primo colloquio. Non conoscendolo ancora dovremo tenere un atteggiamento neutrale. Interagendo col paziente gli comunichiamo chi siamo, com'è strutturata la nostra attività mentale e che neanche noi possiamo mentire. Uno dei parametri valutativi della riuscita o meno della terapia sta nella certezza acquisita dal paziente circa il fatto di conoscerci bene senza sapere niente di noi, un paziente così ha potuto fidarsi di sé per capire sé e gli altri. Questo livello è difficile da raggiungere però. Spesso si fa confusione tra desideri e bisogni per esempio un paziente che appena entrato chiede di andare in bagno ci mostra che manipolando i bisogni ha imparato anche a manipolare gli altri. Ognuno di noi è diverso e l'applicazione della regola della frustrazione deve essere personalizzata. Questa regola si sovrappone a quella del linguaggio e entrambe devono essere filtrate dallo stile personale e poi professionale dello psichiatra. La regola della reciprocità Il paziente uscendo deve aver ricevuto almeno tanto quanto ha dato. E' la regola più banale ma più difficile da applicare. Questa regola si rivolge allo stato adulto della mente della persona che ci consulta. Il paziente non deve andare via senza aver ricevuto nulla per due motivi: il primo è di tipo relazionale–umano, se la persona ci ha esposto la sua vita mentale ci ha offerto qualcosa di prezioso e siamo obbligati a contraccambiare. Il secondo motivo è di tipo intrapsichico dello psichiatra infatti in molti casi il paziente tende a lasciare il suo problema nella mente dello psichiatra. Succede che il paziente per farsi capire susciti in noi emozioni che proviamo in situazioni simili ed è raro che le abbiamo superate senza difficoltà. Se non siamo in grado di comprendere quello che sta succedendo dentro di noi non saremo in grado di tradurre le nostre esperienze con quel paziente in quel momento nel suo linguaggio e non potremo quindi restituirgli migliorato il concetto che ci ha dato. Questa regola ha anche un aspetto egoistico per la salvaguardia della mente dello psichiatra. Non possiamo far andare via il paziente senza dirgli niente, come minimo dovremo dirgli che ci serve un altro colloquio. Quando facciamo una dichiarazione conclusiva al paziente è il momento in cui stiamo ricambiando. Attraverso queste tre regole è possibile creare la trama del colloquio. Anatomia del colloquio IV Le prime fasi del colloquio I preliminari del colloquio I preliminari comprendono gli aspetti psichici, materiali e in secondo luogo l'appuntamento. L'appuntamento può essere fissato da se stessi o da altri ed è sempre necessario prenderlo a meno che non si tratti di una situazione di emergenza. Il colloquio, specialmente se il primo, va fissato in un momento di calma e basso stress e sapendo che dovremo dedicare almeno 45 minuti al paziente. Fissare l'appuntamento comunica al paziente che lo stiamo prendendo in considerazione. L'appuntamento può essere fissato da altri se:  c'è una persona che non combina pasticci  c'è un'agenda di ogni membro del gruppo che rappresenta il quadro lavorativo futuro  il gruppo istituzionale funziona Se queste condizioni mancano allora si deve stabilire un orario in cui si è reperibili per fissarli di persona. Se le condizioni ci sono si deve concordare con chi risponderà una linea di massimo riserbo, spesso infatti vista la distanza grazie al telefono le persone sono molto disponibili a parlare di sé ma l'interlocutore dovrà tagliare corto. La telefonata per fissare l'appuntamento è una sorta di presentazione sia del paziente e dei suoi familiari che dello psicologo e la sua istituzione ma è fondamentale che questa pre-presentazione sia ridotta al minimo indispensabile. Quando si fissa l'appuntamento ci si deve far lasciare un contatto telefonico perché in caso di contrattempi si eviterà alla persona di presentarsi senza poter essere ricevuta, questo non significa che si possa spostare l'appuntamento a proprio piacere per futili motivi. Quando sono i parenti a fissare l'appuntamento si deve chiedere come mai non è il diretto interessato a chiamare. Se i motivi sembrano futili (sta dormendo ecc) è meglio dire che si preferisce che sia il paziente a chiamare. Se invece i motivi sembrano più accettabili si può anche fissare l'appuntamento. I parenti che chiamano non devono essere brutalizzati in quanto in futuro potrebbe essere necessario un colloquio con loro. Anche con i parenti non si deve fare un colloquio telefonico perché ci mostreranno una loro immagine del paziente (mentre a noi serve farci la nostra) e perché il fatto che un paziente psichico puro venga presentato da loro è frutto di una manipolazione inconscia del paziente su di loro e indirettamente su di noi. Nella forma più pura l'appuntamento sarà preso tra psichiatra e paziente che cercherà di comunicare ma gli si dovrà ricordare che il telefono non è la sede giusta; i pazienti che si attaccano al telefono è come se ci volessero avvertire che sono casi difficili ma meglio così piuttosto che le persone che celano questi aspetti e li tirano fuori tutti insieme dopo aver concluso un accordo terapeutico. Il periodo che va dall'inizio alla fase libera sarà quello che deciderà le sorti del colloquio ed essendo in due le sorti non dipendono solo da una persona e di 45 minuti circa a metà del tempo dovrà essere dedicata a questa fase. Si deve imparare a calcolare bene il tempo ma dopo un po' verrà spontaneo. L'inizio e il riconoscimento Prima di tutto ci si deve presentare,buongiorno con una stretta di mano e l'indicazione del posto che il paziente dovrà occupare va più che bene. All'inizio del colloquio si pongono due problemi ossia quello delle informazioni preliminari e la scelta del tipo di colloquio da compiere.  informazioni preliminari Sono i dati che abbiamo già sul paziente. Se abbiamo ricevuto una qualche informazione notevole è il caso di dire al paziente che ci è stata comunicata quella cosa. Non sempre è semplice fare questa comunicazione specialmente se il paziente ha tendenze paranoidee; tacendo però il dialogo può essere falsato. Ci sono situazioni in cui lo psichiatra pende su di sé la responsabilità di tacere nel tentativo di creare un minimo di holding quando si ha l'impressione che il paziente non sia in grado di contenere le tensioni e che la sua famiglia non sia stata in grado di dargli il sentimento di questa sua possibilità. In questo caso lo psicologo crea dentro di sé quella stanza raddoppiando le porte e insonorizzando le pareti. A lungo andare però questa tecnica di rafforzamento potrebbe diventare un bunker psichico dello psichiatra che a poco a poco fa suoi dei diritti che in realtà non sono.  scelta del tipo di colloquio I colloqui possono essere relativamente liberi e relativamente guidati. Il grado di libertà di un colloquio è difficile da definire. La libertà è più un nostro desiderio e un nostro impegno che una realtà del qui e ora del colloquio. Dove mancano le condizioni per portare avanti una conversazione mancano anche le condizioni per un colloquio “libero”. Un giovane schizofrenico in grado di produrre solamente insalate di parole o un paziente confuso non sopportano lo stress del colloquio libero anche se in realtà nella gran parte dei casi un colloquio relativamente libero è fattibile; non bisogna però dimenticare che ci sono delle controindicazioni in questo tipo di colloquio. Nel colloquio libero si fa accomodare il paziente e con una breve frase (per evitare di fare errori) lo si invita a parlare. Di fronte a noi abbiamo uno sconosciuto e dobbiamo cercare di capire chi è quindi si devono curare anche i piccoli particolari. La nostra breve frase deve essere un invito, stando zitti creeremmo solamente imbarazzo e parlando troppo potremmo ferire il paziente; meglio un sorrido e un “dunque..” . Questo periodo iniziale contiene anche un riconoscimento infatti come noi abbiamo avuto delle informazioni preliminari del paziente, lui le avrà avute su di noi, entrambi avremo fatto fantasie sull'altro e questo significa che le prima impressioni e fantasie sono per la prima volta soggette a verifica. La fase libera del colloquio Come inizierà il paziente? Ci sono alcune aperture tipiche e in questa fase delicata lo psichiatra deve saper usare capacità di discrezione, tolleranza ed empatia in quanto questi atteggiamenti permettono al paziente di potersi lasciare andare a parlare. Le aperture tipiche del paziente con l'andare del tempo tendono a ingannarci perché annebbia le nostre capacità critiche, ci illudiamo che una cera apertura corrisponde a un certo tipo di struttura mentale mentre un'apertura atipica attira subito la nostra attenzione. Un primo modo per presentarsi è l'elencare i sintomi che lo portano da noi, talvolta accompagnato da una breve storia del sintomo altre volte invece viene presentato solo il disturbo. Il sintomo è un compromesso difensivo che l'Io ha elaborato per evitare di essere allagato da contenuti inconsci intollerabili. Alcuni pazienti dopo aver presentato il sintomo vorrebbero scappare, altri rimangono zitti come se adesso il compito fosse tutto nostro. Il presentare subito il sintomo può essere un atto di fiducia ma anche un attacco aggressivo. Esempio → tipa che si era innamorata di tutti gli psichiatri così smette di andarci. Zitta per vedere reazione. Smetteva di andarci ma andava da un altro. Nella sua affermazione c'era una domanda implicita così lo psichiatra sta zitto così da farle capire che non ha capito e che non si deve avere paura di non capire. Il dire subito il sintomo e poi uno stop indica un tentativo di separazione tra la sindrome psicopatologica e se stessi come persona anche se non è detto che questo sia il desiderio della persona, può essere un test che ci sta facendo per vedere se siamo interessati a lui come persona o se pensiamo in termini medici. conoscere chi è il paziente, quello di sapere che tipo di trattamento gli possiamo offrire e se il trattamento lo faremo noi o un'altra persona. Si deve tener presente la situazione reale del paziente in quanto un trattamento psichiatrico richiede molto tempo, denaro e impegno emotivo; ma non gli si può chiedere l'impossibile. La valutazione della fase libera dura poco ma ha implicazioni di tutti i generi e premesse mentali nello psichiatra molto importanti. La carota dello psichiatra La carota è quella che i geologi estraggono con apposite trivelle da un terreno. Questo metodo ha il vantaggio di far vedere cosa c'è sotto. Il materiale che fino a questo punto abbiamo tirato su e messo da parte è la nostra carota. Potremmo dire che tutto quello che ci ha detto è vero ma che non è tutto. Le carote non sono tutte uguali e il modello che ci costruiamo che servirà poi per elaborare un'ipotesi di lavoro è un nostro modello specifico per quella persona. Gli strumenti di prelievo della carota Si tratta di strumenti culturali e umani. Una vera ricerca implica la disponibilità e il desiderio di vedere e comprendere qualcosa di nuovo, di sconosciuto; coscientemente c'è il desiderio di verificare un'ipotesi, di capire la situazione data e inconsciamente invece tutto il lavoro svolto viene usato per spingerci verso il ritrovamento invece che verso la scoperta. Se gli strumenti culturali implicano questo rischio, anche gli strumenti umani (interessi, sentimenti, vicissitudini personali) ci spingono verso un misconoscimento uguale. Dentro di noi c'è sempre una certa dose di opposizione alla conoscenza e alla scoperta, non c'è nulla che l'uomo tema di più che lo scoprire che siamo tutti uguali ma nessuno è uguale a un altro. Di ogni persona che viene a fare un colloquio è giusto chiedersi se ha un qualcosa di stimolante e se rientra nel campo della nostra curiosità scientifica- professionale, se non c'è nulla di ciò forse non è il caso di seguirla. I nostri interessi ci mettono fuori strada ma senza di essi strada non ne facciamo. Esistono strumenti culturali in senso stretto: le persone più vicine a noi come campo di competenza sono gli artisti. L'artista è colui che riesce a trovare un linguaggio comune e comunicabile per dire delle scoperte e per svelare mondi sconosciuti. Gli artisti hanno accesso a quel mondo del quale noi artigianalmente cerchiamo le porte. Gli strumenti per capire non ci forniranno mai le esperienze. L'arte ci consente di sentire certi sentimenti, di capire certe idee prima. L'adolescenza per esempio è un periodo in cui serve l'arte. Nel nostro lavoro è importante che qualcuno ci abbia fatto sentire che esiste una ragione del delinquente e che noi possiamo identificarci in modo poco pericoloso con esso prima di conoscere un ragazzo con condotte delinquenziali; è importante perché ci avrà fatto superare l'orrore che queste nostre potenzialità ci suscitano così da poterci identificare con esse e poter capire un giocane delinquente. I tossicomani per analogia cercano di sviluppare le proprie capacità umane attraverso l'assunzione di sostanze che fa provare loro sentimenti e sensazioni che ritengono non riuscire a provare. Ma lo fanno attraverso una truffa, in modo chimico. Attraverso l'analogia e l'identificazione costituiamo degli strumenti fondamentali di prelievo. Il paziente in parte è il frutto del nostro modo di condurre il colloquio, è continuamente valutato in modo non professionale in quanto dentro di noi abbiamo una tassonomia dell'umanità basata sulle nostre esperienze precedenti. Questa attività di riconoscimento si fonda su una discreta permeabilità preconscia. Tutti noi usiamo questa parte di noi per condurre la nostra vita ed è importante che la usiamo anche nella vita professionale. Attraverso questa attività, durante il discorso del paziente, possiamo valutare se il suo discorso ci permette di creare un'immagine nostra di lui oppure no; per poter ragionare sul paziente è indispensabile formarci una sua immagine soggettiva. La non negazione della soggettività è un prerequisito necessario ma non sufficiente per un'indagine oggettiva. La natura del terreno sondato Il materiale sul quale ragioniamo non è la realtà del paziente ma un modello della sua realtà psichica che ci costruiamo in virtù dell'utilizzo delle nostre attività mentali fisiologiche sulla base degli effetti che il paziente ci provoca. Ragionare su questo modello significa avere una grande capacità di lavoro che si raffina ogni giorno. Se abbiamo prelevato con cura il materiale esso dovrebbe apparire variegato e diversificato e dovremmo avere un'idea di come questa persona adopera e ha adoperato in passato i propri sentimenti. Dobbiamo cercare di costruirci un modello di quella persona e dobbiamo accordare questo modello con quelli offerti dalla psichiatria, spesso dalla discrepanza del modello fornito e quello studiato si ricavano domande utili. Se un nostro modello corrisponde a quelli studiati dobbiamo stare attenti. Costituzione dell'ipotesi di lavoro Se abbiamo prelevato bene e vi abbiamo riflettuto, saremo arrivati a qualcosa che va oltre alla diagnosi; avremo il materiale che ci permette di fare un'ipotesi di lavoro personalizzata. Per poter distinguere la diagnosi come ricerca di elementi comuni rispetto alla diagnosi come somma di elementi unici di quella persona, occorre fantasticare sul futuro dell'intervistato per vedere se il film che ci siamo costruiti può andare avanti e come. Dobbiamo provare a vedere diverse conclusioni della sua storia a seconda dei trattamenti disponibili. Esempio pag 71 ragno Esistono delle ipotesi di lavoro negative o parzialmente negative dove la situazione non ci è chiara ma l'importante è rendersene conto. Potremmo essere stati noi a non cogliere qualche punto del suo discorso oppure potrebbe essere lui ad aver fatto del suo meglio per non farcelo cogliere e questo potrebbe essere un NO a un trattamento. Queste tre possibilità sono molto diverse. La prima ci potrebbe spingere verso un nuovo colloquio, la seconda può farci interrogare sul significato del tentativo del paziente e la terza può farci capire che quella persona non ah alcun desiderio di affrontare un trattamento. L'ipotesi di lavoro va fatta in modo personalizzato così da consentirci di restituire al paziente il contenuto sostanziale di ciò che abbiamo colto nel suo messaggio senza reagire. Dentro di noi c'è la tendenza di proiettare sul paziente una nostra parte e il colloquio ci serve per drammatizzare la difficoltà di padroneggiare la nostra situazione personale. Anatomia del colloquio VI sono passati circa 20-25 minuti dall'inizio del colloquio. L'uso clinico dell'ipotesi di lavoro L'idea che ci siamo fatti del paziente può essere usata sia nel colloquio sia in altri contesti a scopo di ricerca. Qui tratteremo l'uso di queste informazioni nell'ambito del colloquio. In questa fase è molto importante la regola della reciprocità infatti il paziente ci ha dato qualcosa e noi dobbiamo sdebitarci; per fare ciò useremo la regola del linguaggio, quello che daremo al paziente non sarà una diagnosi ma un qualcosa di formulato nel suo linguaggio che cercherà di dargli in modo chiaro una parte del materiale che ci ha presentato o a fargli notare l'assenza di qualcosa di fondamentale nel caso in cui questa mancanza possa essere collegata a qualcosa che ci ha riferito nel colloquio. Spesso usiamo la riformulazione altre volte il riassunto. Il riassunto consiste nella riformulazione concisa di un testo, quello che rimane sono non tanto la storia in sé quanto i nessi esistenti tra gli elementi fondamentali. Nel riassunto psichiatrico i nessi sono esplicitati dallo psichiatra. Non è detto che anche se abbiamo perfettamente compreso la situazione saremo in grado di comunicarla in modo tale che il paziente possa comunicarsela. E' utile fare una distinzione tra due gruppi di nessi:  un tema viene posto prima o dopo di tutti gli altri i quali sono rispetto a questo in parallelo  gli argomenti sono in serie, sono concatenati da nessi congiuntivi o condizionali Bisogna fare attenzione al tipo di intervento “ in parallelo”; questo si differenzia da un'interpretazione psicoanalitica perché questa di solito aggiunge qualcosa che prima non era stato detto mente l'intervento riformulativo si svolge nell'ambito di quello che il paziente ha detto. Ma se si stabilisce un nesso è proprio questo che non era stato detto dal paziente. Esempio → signore stringe la mano con forza lasciandola di scatto, parla di sé in termini sintetici, si ferma sovrappensiero dicendo spero di tornare presto indietro perché ho la macchina in divieto di sosta. L'aspetto che più lo preoccupa (sia che lo dica esplicitamente sia attraverso rapida stretta di mano ecc) è che un certo tipo di fretta gli impedisce di fare bene le cose ; durante il colloquio il paziente gli aveva mostrato un sentimento (la fretta) attraverso vari esempi. → riformulazione in parallelo Esempio → Signore va a primo colloquio in stato di ebrezza alcolica non dichiarata; parla per tutto il tempo della sua depressione. Semi chiede se si sentiva triste perché beveva o se beveva perché era triste → riformulazione in serie posta in modo interrogativo Gli interventi fatti in questa seconda fase del colloquio dovrebbero essere finalizzati:  a verificare l'ipotesi di lavoro  consentirci di elaborare una proposta per il paziente Per quanto riguarda il primo punto, ciò significa sulla base delle nostre conoscenze e della nostra ipotesi, cercare di vedere, esaminando le risposte del paziente alle nostre comunicazioni, se non sia il caso di rivedere la nostra ipotesi. Può essere che abbiamo subito fatto centro ma è molto improbabile. Anche se dobbiamo riformulare l'ipotesi dobbiamo essere soddisfatti perché significa che si trattava di una buona ipotesi che ha promosso dentro di noi le facoltà critiche e ci ha consentito di andare avanti. Non è detto che dopo il periodo libero dobbiamo per forza dire qualcosa, possiamo anche stare zitti ma l'importante è che riusciamo a fare qlc ipotesi. Continuando a stare zitti può essere che esca fuori qlcs di nuovo e più comprensibile. Possiamo anche stare zitti nel senso che ci limitiamo a fare domande al paziente su quello che non ci ha ancora detto anche se queste domande dovrebbero essere il più possibile limitate. Possono essere implicite ossia che presuppongono che si sia notata una mancanza. Spesso ci sfugge che una persona ha evitato di affrontare tutto un periodo della sua vita. Alla fine della fase libera dovremmo avere “il film” che ci dice chi è il paziente ma se mancano troppi elementi concreti-storici-immaginativi non potremo costruirci un'immagine mobile-dinamica del paziente. L'ipotesi di lavoro deve consentirci di elaborare una proposta per il paziente che gli va riferita ed è quindi molto importante saperla formulare. La formulazione verbale di una domanda richiede attenzione e ogni domanda contiene già la risposta o un numero limitato di possibilità di risposta ( esempio seminaristi gesuiti fumare mentre prego, pregare mentre fumo) ma questo numero è ancora troppo grande e dobbiamo quindi ridurlo. Succederà che il nostro messaggio verrà in qualche modo deformato e bisogna tenerne conto. L proposta per il paziente nasce dalla verifica dell'ipotesi di lavoro e dalle possibilità che sappiamo esistere nell'ambiente.  Il primo tipo di proposta consiste nel richiedere un secondo colloquio per comprendere meglio la situazione. Bisogna usare frasi semplici e concise ( Le fisso una altro appuntamento per finire il colloquio di oggi/ mi pare di aver bisogno di ascoltarla ancora un po' per farmi un'idea + chiara della sua situazione → nostro bisogno)  Il secondo tipo di proposta è quello id un trattamento diverso da quelli che siamo in grado di condurre e implica l'invio del paziente a un collega e spiegare al paziente il perché. Sono due messaggi delicati, il primo implica un rifiuto e spesso è difficile mandarlo giù; la formulazione dovrà essere delicata ed onesta. Nello spiegare il perché di questa scelta vale la regola del linguaggio, non servono spiegazioni tecniche e per ogni paziente dovremo essere in grado di creare una spiegazione anche sulla base di quello che ci ha detto. Se si lavora in un'istituzione è più semplice fare questo tipo di proposta  Un terzo tipo di proposta consiste nel consigliare un ricovero ospedaliero dicendo anche dove si consiglia di ricoverarsi. Questa proposta implica un distacco da noi e dall'ambiente proprio del paziente. In alcuni casi è meglio un breve ricovero piuttosto che un trattamento sul territorio dove il paziente è in preda ad allucinazioni e sperimenta i danni che sta facendo alle proprie relazioni interpersonali. E' un consiglio da dare sulla base degli interessi della persona  Una quarta proposta consiste nell'offrire al paziente di seguirlo o trattarlo o curarlo noi stessi. Formulare una proposta di questo tipo ha sempre implicazioni di tutti i generi e se verrà accettata peserà sulla futura storia del rapporto. La conclusione clinica del colloquio La formulazione della proposta al paziente apre il periodo della conclusione del colloquio. Dal paziente. Tutti hanno difficoltà a descrivere onestamente come sono andate le cose. Lo stesso aspetto può però avere una faccia completamente diversa ossia una sorda si sbrodolamento esibizionistico in forza del quale può capitare che le reazioni dell'intervistatore diventino prevalenti. Queste difficoltà diminuirebbero se tenessimo conto del fatto che il lettore non saprà mai come sono andate veramente le cose. Il lettore potrà usare il materiale solo per ricostruirsi una sequenza fantastica sulla quale proverà ad applicare i modelli interpretativi proposti dall'autore e confrontarli con i suoi. Il testo scritto del colloquio serve soprattutto a noi stessi. Come si scrive una cartella o un resoconto di un colloquio??? Ci sono due modi, il primo è scrivere le idee mentre vengono in mente, il secondo è scrivere così come sono andate le cose. Il primo modo ha il vantaggio di fornirci una versione già elaborata e personalizzata o soggettiva dell'accaduto. Dentro di noi abbiamo già organizzato i materiali dell'intervista. Questa è la prima elaborazione del testo, non va cancellata e modificata. Siamo nelle condizioni per fare una seconda stesura che risulterà + ordinata, razionale ma un po' + morta. La seconda stesura dovrebbe essere aderente al testo, non dovrebbe contenere elementi che sono venuti in mente dopo né ragionamenti. E' una cronaca alla quale si può fare un commento. Ogni stesura del colloquio sarà diversa dall'altra e forse sempre + lontana dalla realtà ed è bene fermarsi ad un certo punto. Una delle funzioni endopsichiche della stesura del colloquio è lo scaricare una cerca quantità di aggressività accumulata nel colloquio non direttamente sul paziente ma sulla figura descritta da noi e quindi spesso la sua figura ne esce malconcia. Il secondo modo consiste nel descrivere fin dall'inizio come sono andate le cose seguendo un criterio cronologico. Anche qui la versione che ne uscirà sarà soggettiva e anche qui si potrà fare una seconda stesura che dovrà essere meno ragionata della prima e dovrà essere una rielaborazione del testo “per temi” o fili conduttori del discorso. Anche qui si potrà aggiungere un commento fatto di ragionamenti, ipotesi, idee. A questo punto abbiamo dei resoconti che dicono molto di noi oltre che del paziente. Solo a questo punto possiamo trattare la difficoltà inerente al fatto che il nostro è un lavoro con aspetti sociali e comunicativi. Ci si può chiedere: questi testi possono essere scritti su una cartella clinica?? NO, perchè la cartella clinica può per vie burocratiche arrivare in mano al paziente il quale ha si diritto a conoscere le nostre conclusioni ma non ha nessun diritto a conoscere le nostre fantasie. Nella cartella possiamo semmai scrivere una parte del commento. Ogni psichiatra deve avere un proprio archivio personale che si può portare a casa. Se si lavora in un'istituzione questi testi possono essere comunicati alle riunioni del gruppo di lavoro nel corso delle discussioni. Se non ce la sentiamo di discuterle con altri è perchè queste scritture ci comunicano uno stato di malessere nostro in quell'istituzione. Il nostro lavoro ha bisogno di comunicazione e il non potersi fidare degli altri riduce le possibilità di apprendimento e facilita il formarsi delle fantasie anche coscienti di essere i soli bravi, capaci ecc psichiatri esistenti. Colloquio e colloqui VIII Freud è diventato Freud anche grazie alla sua onestà intellettuale . La lettura dei casi è utilissima perchè ci fa vedere come Freud lavorava e ragionava. La presentazione di questa tecnica ha sottolineato l'uso di un linguaggio quotidiano. Il linguaggio scientifico è nato per separare ma nel nostro lavoro il compito è quello di riunire. Tuttavia il linguaggio scientifico ha un grande motivo per esistere e deve far parte del linguaggio dello psichiatra solo che è importante sapere QUANDO usarlo; MAI con i pazienti o nel testo del colloquio, QUALCHE volta nel commento al testo del colloquio, SPESSO nelle discussioni teoretiche sui modelli di apparato psichico che ci possiamo costruire. L'importante è saper tradurre da un linguaggio all'altro evitando di usare un linguaggio improprio per il livello operativo considerato. Il colloquio è uno degli strumenti dello psichiatra ma non è detto che debba essere usato. Possibilità d'uso Il colloquio può essere applicato anche ai colloqui successivi al primo. Nei casi in cui al paziente viene stabilito un trattamento misto ( farmacologico e psicologico) è necessario programmare il numero e la finalità dei colloqui. Utilizzando in serie dei colloqui così codificati dovremo tener conto di alcune modifiche:  i colloqui precedenti entrano a far parte dei preliminari del colloquio seguente  la fase libera potrà variare un po' di lunghezza ma non troppo  le aspettative del paziente saranno sempre + centrare sulla guarigione  le nostre aspettative cambieranno, dobbiamo tenerne conto e giudicare quanto questo mutamento ha influenzato l'andamento di quell'incontro e come Limiti d'uso  il primo limite è costituito dalla tecnica in sé: la nostra attenzione resta affascinata dalla tecnica e perde di vista l'oggetto da esplorare  la possibilità di applicare il colloquio solo con persone aperte alla conversazione  non dobbiamo illuderci di aver condotto un colloquio modificando le regole (no porta, no appuntamento ecc)  il colloquio ha delle limitazioni conoscitive ben precise. Con essa non otterremo mai una visione d'insieme, né ci consentirà nel singolo colloquio di ottenere la ricchezza di dati che si possono ottenere con l'abbinamento di questo a una somministrazione di test In ogni caso questa tecnica ci permette di pensare su quello che accade in un colloquio, consente ai pazienti di sentirsi trattati in modo umano e professionale. Permette una valutazione a tappe di un trattamento. Sulla valutazione dell'esito delle psicoterapie IX Due aspetti che insieme fondano la possibilità di una valutazione dell'esito di un trattamento psicoterapico sono: . - un aspetto razionale - una spetto umano. Con aspetto razionale si intende la possibilità di ragionare su un modello mentale del paziente e ci si chiede dunque dal momento in cui il paziente è venuto da me, che modificazioni strutturali sono intervenute??E' cambiato il Super- io? L'Io è + elastico? I meccanismi di difesa vengono usati ora con tutta la loro potenzialità e in modo modulato e variabile? Con aspetto umano si intende un insieme di elementi che spesso vengono chiamati controtransfet, con esso si intende la reazione emotiva dell'analista allo sviluppo della nevrosi di transfert del paziente o il transfert che l'analista elabora nei confronti del paziente. Finchè sono presenti transfert e controtransfert il trattamento non è comcluso Un colloquio X leggi sul libro per avere un quadro generale dello svolgimento del colloquio .
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