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Territori creativi - Economia Della Conoscenza e creatività - Fabrizio Montanari, Appunti di Economia Della Conoscenza

Riassunto capitolo per capitolo del libro "Territori creativi" di Fabrizio Montanari

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 14/09/2012

dvdeg10
dvdeg10 🇮🇹

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Scarica Territori creativi - Economia Della Conoscenza e creatività - Fabrizio Montanari e più Appunti in PDF di Economia Della Conoscenza solo su Docsity! CAPITOLO 1: ECONOMIA DELLA CONOSCENZA E CREATIVITA’ La creatività è la capacità di saper generare nuove idee o soluzioni utili al fine di realizzare innovazioni di prodotto, di servizi e di processo, un ruolo sempre più cruciale nello scenario competitivo globale. Le fabbriche sono ormai progressivamente sostituite da comunità creative, la cui materia prima è la capacità di innovare, di immaginare. La creatività è la capacità di creare idee nuove ed utili (è la sua unicità e novità a fare la differenza: . La creatività ha molte sfaccettature diverse, ed è fondamentale nell’ambito della knowledge economy. La creatività genera effetti di spillover contribuendo alla crescita economica e puntando così al vantaggio competitivo. C’è stato un distacco, un’evoluzione tra economia agricola, economia industriale ed economia della conoscenza (knowledge). La conoscenza oggi ha un ruolo fondamentale perché alimenta la crescita e lo sviluppo e riesce a spiegare le differenti performance tra imprese, stati. Non si trasformano più le condizioni materiali dell’esistenza, ma si utilizzano i pensieri, le emozioni. L’impresa è quindi una knowledge company: un sistema basato sulla conoscenza ma che conosce, apprende, crea conoscenza. Anche i consumatori, poi, sono cambiati: oggi si cercano i valori ed i contenuti simbolici dei beni. Si è passati quindi al retail management, con l’apparenza a capo di tutto: è valorizzata la produzione immateriale (la creatività). I territori sono diventati un asset di valore strategico per il supporto alla creatività e per la definizione di un vantaggio competitivo. La creatività richiede infatti un contesto sociale, culturale ed economico di riferimento in grado di alimentare varie forme di espressione e contaminazione. L’ambiente geografico diventa quindi un soggetto attivo, capace di processi di clustering e di interazione sociale; può offrire un insieme di concetti, saperi e tradizioni. Un territorio può fungere anche da serbatoio di conoscenze ed esperienze specifiche, quindi può essere uno stimolo alla creatività: i policy makers stanno cercando i driver utili a direzionarsi sulla scia della creatività. I fattori in grado di localizzare talenti e sviluppare creatività sono principalmente lo stile di vita (offerta e ambiente culturale vivace e stimolante), servizi unici e distintivi (di un determinato territorio) e le politiche pubbliche (finalizzare allo sviluppo dei distretti creativi). C’è la Resource-based-view che trova il vantaggio competitivo in quell’asset di risorse uniche, non imitabili. Le risorse da sole non bastano: vanno ovviamente messe in relazione! La creatività è un processo sociale, per cui i legami giocano un ruolo significativo. Ci sono 3 approcci alla creatività: psicologica (è a livello individuale: si cerca di superare la fissità funzionale (che non cerca più soluzioni nuove) con il brainstorming, il visioning o futuring, le tecniche out of the box. La creatività è quindi il mezzo per generare idee nuove: l’innovazione è invece la possibilità di attuarle in azione. La lead user theory è l’approccio 1 all’innovazione partecipativa: si occupa degli aspetti sociali del processo (condivisione delle conoscenze). I lead user conoscono i bisogni ed il contesto, mentre le imprese no: questi due tipi di informazioni sono stati definiti sticky (difficilmente trasferibili). I lead user sono in anticipo rispetto all’attuale trend di marketing e sono molto motivati perché sanno che benefici otterranno a fine incarico), il contesto organizzativo (si lavora meglio in condizioni di lavoro migliori: si ci basa sui processi di interazione, le esperienze passate, il carattere. Ci sono 5 leve principali: l’orientamento mostrato dall’azienda (nei confronti della creatività: si ci deve sentire liberi di sbagliare), le caratteristiche dei compiti, le pressioni esercitate, le risorse investite in creatività e gli ostacoli organizzativi) ed il processo sociale (le relazioni sono fondamentali: sia con le stesse persone, sia con persone diverse ogni volta). CAPITOLO 2: LA CREATIVITA’ COME LEVA PER LO SVILUPPO DI UN TERRITORIO I policy makers stanno puntando sempre più a politiche creative-led, cioè incentrate sulla creatività come leva per lo sviluppo economico e sociale e finalizzare ad agglomerare le attività creative in cluster. I territori in grado di attrarre il capitale umano migliore sono quelli che avranno vantaggi competitivi: non solo attrarre, però, ma anche trattenere e valorizzare i talenti. Così nascono le città creative: città che presentano un alto grado di creatività e che sono in grado di utilizzare questa risorsa per lo sviluppo economico e sociale (Firenze rinascimentale). Le città creative sono il frutto di un clima creativo collettivo che va oltre il singolo individuo e che caratterizza un sistema sociale nel suo complesso. Tre sono le leve che possono portare a questi risultati: idea di città creativa (di Charles Landry: sono quelle che, nel tentativo di trovare soluzioni ai problemi dei cittadini, riescono a trovare soluzioni innovative. Anche la diversità culturale può essere fonte di innovazione e creatività e favoriscono così lo sviluppo. Giocano quindi un ruolo importante gli innovatori interculturali: quelli che riescono ad attraversare le barriere culturali per comprendere diversi modi di vivere. In questo modo la città diventa un luogo di incontro e la cultura svolge un ruolo di humus della creatività), idea di classe creativa (di Richard Florida, le città in grado di godere di vantaggio competitivo sono quelle che hanno più persone appartenenti alla classe creativa. C’è un nucleo supercreativo (creativi puri, come gli scienziati) ed i creativi per professione (medici, dirigenti): è necessario saper attrarre queste persone e lo si fa con le 3T: talento (offrono un pool di risorse), tolleranza (poter vivere nuove esperienze) e tecnologia (contesto tecnologico). Oltre a queste si sono aggiunte anche le 2S del contesto simbolico e culturale), e idea di creative field (di Allen Scott, il campo creativo è una concentrazione spaziale di flussi materiali e simbolici che coinvolgono il contesto: sono attività economiche e fenomeni sociali 2 includendo più persone possibili. Bisogna creare un contesto diverso, anche creando l’associazionismo in più facce, con l’ottica sempre al lungo periodo. Un esempio è quello della Puglia con le politiche giovanili “Bollenti spiriti”, “Puglia creativa” e “Puglia sounds”. CAPITOLO 5: LA CITTA’ CREATIVA E LA SUA IMMAGINE L’immagine di una città è una risorsa molto importante per attrarre investimenti, turisti, talenti creativi: genera un’identità coerente, unica e distintiva. Fanno parte dell’identità gli attributi naturali o storici del luogo o delle storie che la città è in grado di generare (Ponte Milvio a Roma per gli innamorati). Una città immaginata in un certo modo prende quella forma, diventa quella città anche grazie ai comportamenti delle persone e agli stereotipi (i parigini). Le nuove strategie di sviluppo urbano cercano quindi di ricostruire l’identità urbana puntando alle differenze. Lynch afferma come l’immagine della città sia il risultato di un processo che coinvolge in modo bilaterale l’osservatore e il suo ambiente. Le esperienze individuali vengono raggruppare in un’identità comune, in un background culturale che va a creare l’identità pubblica, o l’immagine collettiva. Scott afferma l’inefficacia nel copiare ad esempio il made in Italy o il modo di fare cinema di Hollywood perché sono il frutto di un mix unico di codici culturali, sedimentazioni di esperienze e organizzazione del lavoro difficilmente replicabile. Lynch individua alcune categorie di riferimento nella nostra esperienza quotidiana di città: percorsi (i canali lungo i quali l’osservatore si muove abitualmente, occasionalmente o potenzialmente), margini (elementi lineari che l’osservatore non usa), quartieri (zone di città in cui l’osservatore entra mentalmente), nodi (punti e luoghi strategici della città) e riferimenti (come prima, ma l’osservatore ne resta fuori). Ci sono state delle critiche per l’eccessiva semplificazione, ma possono essere superate con la narrazione (storytelling): il principio che organizza l’azione umana, il metodo con cui valorizzare l’immagine della propria identità. Nasce così l’idea di brand urbano: un’insieme di strategie mirate a costruire l’immagine, ma anche a diffondere, rendere condivisa e riconosciuta quest’immagine. In questo processo può assumere un valore fondamentale l’evento culturale (es. Reggio Emilia Film Festival oppure Festival delle città impresa nel nordest): questo genera: attrazione di tutte le esperienze diffuse nel territorio, costituisce un laboratorio di produzione e sintesi di significati, valori, percezioni, poi agisce da cassa di risonanza di questi significati ed esperienze e infine lavora sul piano dell’immaginario, agendo sul piano fisico e materiale. CAPITOLO 6: LA MAPPATURA DI UN DISTRETTO CREATIVO 5 La resource-based-view vale anche per i territori, visto che la dotazione delle risorse a disposizione (infrastrutture, paesaggio) rappresenta una fonte importante di vantaggio competitivo rispetto ad altre aree geografiche. Ovviamente le risorse da sole non bastano e vanno integrate e valorizzate per ridurre l’embeddedness; dev’essere radicata e messa in relazione con le altre risorse. Per connettere le risorse a disposizione ci sono due modi principali: network closure (presenza di relazioni forti e dense, come un clan) e broker (connettono tra loro nodi che risulterebbero sconnessi). La Social Network Analysis (SNA) permette di mappare e misurare la forza delle relazioni e i flussi informativi che intercorrono tra i diversi attori. Per valutare, quindi, un network c’è bisogno di 2 indicatori: centralità (ci sono più tipi: degree centrality (è il più centrale chi possiede più connessioni rispetto a tutti gli altri nella rete), closeness (la facilità con cui si riesce a raggiungere gli altri nodi del network) e betweenness (come un broker, quando riesce a connettere gruppi di attori che altrimenti sarebbero sconnessi)) e densità (è un indice statistico che rappresenta il livello di connettività che caratterizza gli attori coinvolti in un network). Nel caso della città di Reggio Emilia è stata creata una metodologia di ricerca che si articola in 3 fasi: raccogliere informazioni sulle caratteristiche peculiari del territorio, mappatura degli attori del territorio e delle loro esigenze e infine formulare un piano d’azione. 6
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