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Tesi 'educare alla legalità attraverso il teatro', Tesi di laurea di Metodologia della ricerca

Tesi di laurea sperimentale sull'educazione alla legalità

Tipologia: Tesi di laurea

2015/2016
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Caricato il 16/04/2016

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI ROMA TRE Dipartimento di Scienze della Formazione Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’educazione TITOLO DELLA TESI Educare alla legalità attraverso il teatro RELATRICE LAUREANDA Anna Maria Ciraci Margherita Tomei ANNO ACCADEMICO 2014/2015 1 Titolo della tesi: “Educare alla legalità attraverso il teatro” Introduzione Capitolo 1: L’educazione alla legalità 1.1 significato del termine legalità. 1.2 Che cos'è l'educazione alla legalità. 1.3 Il ruolo della scuola nell’educazione alla legalità. 1.4 L’educazione alla legalità come strumento per cambiare le nuove generazioni. 1.5 La storia dell'educazione alla legalità in Italia e nell'Unione Europea. 1.6 Alcune circolari del Miur sull'argomento Capitolo 2: Il teatro per educare alla legalità 2.1 La didattica del teatro 2.2 Il teatro come uno strumento terapeutico per situazioni di disagio. 2.3 L’approccio scolastico alla didattica del teatro. 2.4 Il teatro nella peer education. 2.5 Il teatro nelle scuola per rappresentare e riflettere sulla realtà 2.6 Il teatro per educare alla legalità Capitolo 3: Il progetto “Pari e Impari” 3.1 Il progetto “Pari e Impari” e il Centro Italiano di Solidarietà Don Mario Picchi 3.2 Descrizione del progetto 3.3 Descrizione delle modalità didattiche utilizzate 3.4 Svolgimento del progetto Capitolo 4. Un’indagine empirica Obiettivi 4 materiale del mondo per costruire le teste dei ragazzi, perché se non si cambia la mentalità non si può far progredire la società. La modalità didattica del teatro scelta come forma per educare alla legalità è un modo creativo per condurre i ragazzi verso un percorso. Il teatro offre molti spunti di riflessione per cambiare il punto di vista delle cose, molto spesso si indossano le vesti di personaggi che non rappresentano se stessi, ma nel teatro c’è la capacità di poter vivere tanto io, di essere tanti me, di sviluppare tanti pensieri. Mettersi nei panni degli altri significa cambiare punto di vista, modo di vedere, quindi è aprirsi incondizionatamente all’altro, percependolo non più come nemico, ma come un fratello con il quale condividere tante emozioni. Rappresentare una scena diventa calzare nuovi vestiti, e nuove emozioni. Il teatro non è solo impararsi delle battute a memoria e recitarle su un palco scenico, è lavorare introspettivamente sulla persona cercando di apportare più benefici possibili. Quindi diventa uno strumento per contrastare situazioni di disagio nei giovani e negli adulti, aiuta a prevenire situazioni di disagio, ma soprattutto diventa una valida terapia per malattie quali la depressione e l’ansia. Il teatro è come una valvola di sfogo che aiuta il ragazzo, l’adulto, a sfogarsi, ad affrontare al meglio la paura, a divertirsi ma anche a riflettere su se stesso e sugli altri. Il teatro, la musica, l’arte in generale, può essere un ottimo modo per combattere fenomeni illegali, quali la mafia, lo spaccio di droga, ecc., cercando di dare strumenti nuovi per combattere tali fenomeni, dare un modo nuovo per affrontare la vita, senza dover ricorrere all’illegalità, dovrebbe essere un metodo per prevenire tutto ciò, soprattutto operando in luoghi con un’alta intensità di penetrazione dell’illegalità. La scuola deve aiutare i giovani ad avere strumenti necessari per non essere attratti dagli atti illegali, con il quale con tanti rischi riesci a guadagnare tantissimi soldi, tutto ciò può essere allettante per i ragazzi, ma le istituzioni, la scuola, deve porre un muro tra le nuove generazioni e i fenomeni illegali. I ragazzi devono essere pronti a combattere, non rimanendo più muti davanti alle ingiustizie, non pagando il pizzo, non restando fermi davanti alla violenza, cercando ogni giorno di cambiare le cose. “La giustizia no, non è solo un’illusione” deve diventare uno stile di vita per i ragazzi, che coinvolga tutta la società, pronta sempre al cambiamento, che porterà 5 ad una nuova cultura senza fenomeni illegali, dove i giovani saranno portatori di legalità. «La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni». Giovanni Falcone 6 Capitolo 1: L’educazione alla legalità. 1.1 Significato del termine legalità. Se prendessimo un qualsiasi dizionario della lingua italiana il termine legalità è risolto in un trafiletto. Nel dizionario della lingua italiana: “De Mauro” il termine legalità viene spiegato in questo modo: «l’essere legale, conforme alla legge»1 poi espone qualche esempio di frase ma nulla di più. Se invece si esamina il termine legale, sul dizionario della lingua italiana “De Mauro” si legge: «che concerne la legge/permesso, consentito dalla legge/ avvocato o procuratore/ giuridico/ lecito; legittimo»2. Quindi il termine legalità, secondo il dizionario italiano, è un termine strettamente legalo alla legge. Ma se si cambia punto di vista, il termine legalità secondo un documento della CEI del 1991 (Conferenza episcopale italiana): «la legalità è un'esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune»3, quindi non solo un mero rispetto delle leggi, ma “un’esigenza fondamentale” per vivere in una società, rispettandone non solo le regole ma ogni persona. La legalità diventa quindi un modo di vivere, stando alla definizione della CEI, e bisogna interpretare questa parola non solo in termini giuridici ma anche culturali. La legalità, ciò che è legale e ciò che non lo è, varia in base alla cultura di appartenenza. L’Unione Europea, per esempio, sancisce nella Convenzione europea diritti dell’uomo, nell’articolo 2, comma1: «Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena»; comma 2: «La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a)per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; (b)per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; (c)per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione».4 Gli USA sono l’unico paese occidentale che prevede ancora la pena di morte, non tutti 1 De Mauro T. (2004), Il dizionario di italiano. Torino: Paravia 2 Ibidem 3 Cei,(1991) citato dall’associazione Libera, “Legalità significa responsabilità”, libera contro le mafie http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4883 4 Corte Europea dei diritti dell’uomo (1998), Convenzione europea diritti dell’uomo. Strasburgo: Council of Europe 9 leggi. Insegnare ai ragazzi a leggere la Costituzione significa fargli comprendere i principi sui quali è stata fondata la nuova Italia, nel secondo dopoguerra. Come dice Benedetto Croce: «I libri si leggono a dovere si intendono e si giudicano solo storicamente, cioè riportandoli alle condizioni in cui sorsero, agli avversari coi quali l’autore esplicitamente disputava, ed ai precedenti ideali ed ai susseguenti dell’opera sua».7 Citando invece Nicola Occhiocupo sull’argomento: «Mi sembra che questa indicazione metodologica sia da tener presente anche quando, o specie quando, si analizzano atti, come le Costituzioni, espressioni e prodotti della società in certi momenti storici»8. Quindi educare alla legalità, intesa come formare al rispetto delle leggi, significa anche cercare di formare le nuove generazioni sulla storia del nostro paese, in modo da far progredire la società. Educazione alla legalità intesa come lotta alle mafie. Molto spesso i progetti di educazione alla legalità nelle scuole, assumono questa accezione. In uno stato come l’Italia, in cui il fenomeno mafioso è presente in quasi tutto il territorio nazionale, educare le nuove generazioni a combattere questo versante dell’illegalità, diventa un dovere nazionale. Come dice Antonino Caponnetto: «La mafia teme più la scuola della giustizia. L'istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa». Questa presa di coscienza, da parte della scuola, è avvenuta agli inizi degli anni ’90 dopo le stragi di via D’Amelio e Capaci, dove sono rimasti uccisi rispettivamente Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, con le loro scorte, i due giudici dell’antimafia famosi per aver sentenziato moltissime pene contro i mafiosi e i loro collaboratori. Quindi si cerca di far comprendere ai ragazzi l’importanza di non lasciarsi convincere a intraprendere determinati comportamenti, che possono essere influenzati da una matrice mafiosa, come lo spaccio ad esempio, ma anche ad evitare i comportamenti che favoriscono lo sviluppo della mafia, come l’omertà nei confronti dei soprusi di qualsiasi tipo. Educazione alla legalità economica, che potrebbe sembrare una cosa abbastanza scontata o semplice, ma anche su questo argomento i ragazzi hanno bisogno di essere formati. L’educazione alla legalità economica verte sul campo dell’economia appunto, cercando di far comprendere ai ragazzi l’importanza di non evadere le tasse, di non comprare gli oggetti senza che venga emesso un 7 Croce B., (1906), Scritti vari editi e inediti di filosofia e politica. Bari: Laterza 8 Occhiocupo N. (a cura di) (2010), Costituzione e Corte costituzionale. Percorsi di un rapporto genetico dinamico e indissolubile. Milano: Giuffrè Editore. 10 regolare scontrino, cercare di valutare sempre la trasparenza di una transazione, anche su internet. I ragazzi con questi progetti riescono a comprendere meglio l’importanza di un economia e di transazioni economiche sempre trasparenti. Questo argomento solitamente viene trattato nelle scuole dalla Guardia di Finanza, oppure collegato all’educazione alla legalità intesa come lotta alla mafia, in base al percorso scelto dalle persone che affrontano l’argomento. Educazione alla legalità per contrastare atteggiamenti di bullismo. Il bullismo essendo un comportamento violento atto a danneggiare persone o cose, è anch’esso un atteggiamento ai limiti della legalità. Gli atti di bullismo come le lesioni, le percosse, il razzismo ecc., sono comportamenti che indeboliscono le persone presenti nella società, per questo motivo sono atteggiamenti che vanno fermati sul nascere, cercando di far comprendere ai ragazzi l’importanza del rispetto degli altri. Ledere altre persone, non è solo un atto assolutamente da condannare è anche e soprattutto un comportamento molto pericoloso. Molte persone a causa del bullismo si sono tolti la vita, per questo che le generazioni future devono imparare ed essere educati al rispetto di tutte le persone, ma anche degli animali e delle cose. Solo con il rispetto la società può progredire e far sì che le generazioni future non siano razziste, non solo contro gli stranieri, ma anche contro le persone più deboli o le persone disabili. Educazione alla legalità per far comprendere ai ragazzi i comportamenti a rischio. I comportamenti a rischio, soprattutto per gli adolescenti, sono l’utilizzo e il piccolo spaccio di droghe, specialmente quelle cosiddette “leggere”, informarli e formarli: sul rischio dell’uso e l’abuso di alcool nei giovanissimi, e sulle malattie sessualmente trasmissibili. Anche questi sono dei comportamenti che vengono inclusi nei programmi di educazione alla legalità, perché la maggior parte di essi, provocano dei danni al modo di percepire la realtà, e avendo una visione distorta della realtà, anche le azioni sono diverse, sicuramente si rischia di più la vita, ma si rischia di commettere atti non legali. Si rischia molto di più di quello che si guadagna, e far prendere coscienza ai giovani di quello che si può perdere, solo per qualche bicchiere di troppo. Comprendere anche l’importanza della vita stessa. Educazione alla legalità ambientale, cioè formare i ragazzi al rispetto dell’ambiente circostante. L’ambiente che circonda le nostre giornate, fatto di 11 cemento e di natura, va rispettato per far sì che l’ecosistema non venga sconvolto. Il rispetto dell’ambiente è legato anche all’inquinamento che noi creiamo usando determinati oggetti, come la macchina oppure elettrodomestici ad alto consumo, ecc. Anche far capire ai ragazzi l’importanza della raccolta differenziata, che limita gli sprechi e ricicla i materiali usati per crearne di nuovi. Educare al rispetto dell’ambiente è un’esigenza per tutta la cittadinanza, perché il territorio va preservato e custodito nel migliore dei modi, per evitare che si ribelli, distruggendo tutto ciò che si è creato. Per questo bisogna far conoscere e comprendere anche le leggi che determinano i reati contro l’ambiente, come il decreto legge n. 1345 del 2015 di recente entrata in vigore, che determina, in Italia, i “delitti contro l’ambiente”. Educazione alla legalità stradale, cioè conoscere le leggi del codice stradale. Il codice stradale determina tutte le regole da tenere sulla strada, sia da pedone che da conducente di un mezzo, essendo una legge anch’essa prevede delle sanzioni e in alcuni casi anche il carcere, per cui è importante che i giovani capiscano anche queste regole. Insegnare nelle scuole il codice della strada significa «impartire ai più giovani, a quelli che un domani saranno automobilisti e che comunque sfrutteranno la strada in maniera più "diretta", non solo la conoscenza dei segnali ma anche e soprattutto i corretti comportamenti da adottare. Solo comprendendo che la strada, in quanto "pubblica", soggiace a determinate leggi e soprattutto impone prudenza e rispetto nei confronti di se stessi, degli altri e dell'ambiente, si può sperare in una riduzione degli incidenti e in una mobilità più sostenibile.» 9 Informare i ragazzi significa porli davanti ad una scelta cosciente, tra ciò che si fa e ciò che non si dovrebbe fare, tra ciò che fa male e ciò che fa bene, bisogna educare i ragazzi a sceglier, fare le scelte giuste, insegnare ai ragazzi a rispettare gli altri e a rispettare se stessi. L’educazione alla legalità, in qualsiasi accezione essa venga presa, è fondamentale per i giovani che si approcciano in per la prima volta alla società, che saranno i futuri cittadini attivi, i futuri governanti, ed educarli al rispetto significa formare una nuova società, che progredendo elimina alcuni aspetti illegali. Questo è l’assunto di base su cui vertono i progetti di educazione alla legalità, forse un po’ utopico, ma è sempre meglio provarci che 9 AutoSoft Multimedia srl (2014), “Educazione stradale ed educazione civica”. http://www.educazionestradale.it/ 14 negative, alcune positive, ma loro tendono a prendere come esempio solo i personaggi di serie tv molto “cattivi”. Parlando con alcuni ragazzi delle medie o superiori si capisce quanto la tv penetra nelle loro vite, simulano lotte, replicano battute, si identificano con i personaggi, insomma diventano quasi loro stessi protagonisti, nella vita reale, delle varie fiction. Le serie tv più gettonate parlano di clan mafiosi e di camorristi che uccidono pur di far soldi, oppure di bande che lottano per controllare i traffici di droga e che per far soldi farebbero di tutto. I ragazzi quindi emulano persone che sono disposte ad uccidere pur di “guadagnare” tanti soldi facilmente. Andare contro la legge, per i protagonisti di queste serie tv, è all’ordine del giorno, e la cosa che porta i ragazzi ad emularli è sicuramente il fatto che i registi li pongono come dei supereroi, che non entrano in conflitto con la legge e la giustizia, e anche se dovessero incappare nella giustizia dopo qualche tempo evaderanno o fingeranno malattie, per uscire. Ma anche il mondo che rappresenta la giustizia, come il carcere, si vede impregnato della criminalità. Per cui se questi ragazzi credono che la realtà sia uguale o simile alla fiction, come possono avere fiducia nella giustizia? Se vedono questi personaggi arricchirsi compiendo atti illegali, e chi invece vive nella legalità venir ucciso perché si è ribellato ai soprusi dei criminali, come possono non voler vivere come i criminali? Per questo motivo la scuola deve educare alla legalità. Deve porsi come obiettivo non solo quello di far apprendere le varie materie scolasticamente preposte, ma deve educare anche a vivere nella società. La scuola però sembra essere lasciata sola a combattere contro i mulini a vento, le famiglie, sempre più spesso lasciano che i loro figli facciano esperienze, ma senza nessun tipo di filtro, poi dovendo lavorare sia padre che madre, i ragazzi già in prima media si recano soli a scuola e trascorrono la maggio parte del tempo soli a casa, liberi di fare ciò che vogliono. E la scuola sembra che debba affrontare tutti i compiti educativi da sola. Quindi solitamente l’Unione Europea stabilisce dei fondi, destinate ad enti che propongono dei progetti di integrazione alla legalità, o di altro tipo, in modo che le scuole che rispondono ai requisiti stabiliti dal bando di concorso, non debbano spendere nulla. Per cui, fortunatamente le scuole sono aiutate nell’arduo compito di educare le nuove generazioni alla legalità, l’unica cosa è capire se questi programmi sono realmente funzionali al loro compito e come vengono svolti nelle scuole. 15 Gli strumenti utilizzati per portare nelle scuole l’educazione alla legalità sono diversi dalle solite lezioni frontali svolte in classe, o anche se hanno il carattere di una lezione frontale sicuramente c’è più interazioni tra le parti. Uno strumento utilizzato è la musica, suonando o ascoltandola. “Il linguaggio della musica, risulta particolarmente vicino ai più giovani e genera un immediato interesse e coinvolgimento.” Componendo musica, o insegnando uno strumento musicale, è un ottimo modo per dare un futuro a ragazzi disagiati, oppure a trovargli un hobby, invece che farli rimanere in strada a conoscere la delinquenza, la droga ecc. I percorsi possono essere affiancati oltre che dagli operatori, anche dai professori di musica, ove presenti, in modo che il lavoro svolto nelle ore extra non vada perduto, e non rimanga qualcosa di esclusivo per quelle poche ore di lavoro. Insegnare uno strumento significa anche insegnare la disciplina musicale, fatta di regole matematiche, di ritmi definiti e precisi, ma soprattutto di ascolto. L’ascolto diventa quasi il punto centrale di dell’educazione alla legalità attraverso la musica, perché ascoltare e ascoltarsi diventa quasi un metodo preventivo, per evitare non solo le incomprensioni, ma per essere capaci di vivere. Come dice la figlia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Simona Dalla Chiesa: «Io ricordo sempre come quando al Festival di Sanremo, Fabrizio Moro, con una canzone riuscì a parlare ai ragazzi e a colpirli molto più di quanto non avrebbe fatto un trattato antimafia, che avrebbe un circuito e un target di utenza meno ampio. [...] Sono manifestazioni importanti di un sapere, di un’emozione che viene trasmessa e che aiutano a trasmettere la cultura antimafia»12. Queste sono parole che colpiscono, soprattutto chi vuole educare alla legalità con la musica, uno strumento molto utile per arrivare dritto al cuore dei ragazzi. Gli strumenti musicali possono essere un ottimo sfogo per i ragazzi, ma anche ascoltare la musica i pezzi, scritti da cantautori, autori ecc. può arrivare ad emozionarli così tanto, che poi ogni parola di un testo viene imitata nella vita quotidiana. La musica forse è il mezzo che più riesce in questa impresa, molto spesso ci si emoziona al primo ascolto di un testo, ci si commuove, ci si sente rappresentati da esso, e se tutto questo può servire per educare le nuove generazioni alla legalità, forse un programma di studi apposito sarebbe la cosa migliore, i ragazzi apprezzerebbero perché è un’arte che a loro 12 Gasbarri M.(2014), “Premio Dalla Chiesa, la figlia Simona: contro le mafie ognuno faccia la sua parte”. 24newsItalia. http://italia-24news.it/2014/10/29/premio-dalla-chiesa-la-figlia-simona- contro-le-mafie-ognuno-faccia-la-sua-parte-10863-27195/ 16 piace, ma soprattutto rifletterebbero sulle loro azioni e le loro conseguenze. La musica unisce anche le anime delle persone, ci fa sentire vicini a persone sconosciute, aiuta a creare un rapporto di aiuto reciproco. Le orecchie abituate all’ascolto non smetteranno di ascoltare nemmeno nel momento del bisogno, riusciranno ad ascoltare sempre. Cercando su internet alla voce educazione alla legalità con la musica compare questo particolare concorso indetto dal comune di Milano, che è riuscito a racchiudere in poche righe l’operato dell’educazione alla legalità che utilizza come strumento la musica: «Al via il primo concorso musicale rivolto alle scuole superiori di Milano e Provincia per educare alla legalità. Milano, 16 ottobre 2014. "The unkode voice. Non trasgredire, canta la legalità" è il concorso musicale patrocinato dal Comune e rivolto agli studenti delle scuole superiori di Milano e Provincia, nato per promuovere il concetto di legalità e del corretto comportamento nelle scuole, nella società, nella professione e nel vivere quotidiano. […] “The unkode voice" ha l’obiettivo di sensibilizzare i giovani attraverso un percorso di educazione musicale che coinvolgerà gli studenti delle scuole superiori milanesi in un ruolo attivo, rendendoli protagonisti di un nuovo percorso educativo e personale. La musica, infatti, diventa un veicolo per favorire il dialogo tra i giovani, la scuola e gli adulti. Le scuole coinvolte dovranno informare gli studenti e invitarli a creare la loro band per partecipare al concorso. Le migliori band, selezionate da una giuria di esperti e professionisti del settore musicale, daranno poi vita ad un concerto dove saranno invitate tutte le scuole che hanno partecipato al progetto».13 Un altro strumento utilizzato per educare alla legalità è la lezione in classe o nelle aule magne, dove delle persone autorevoli si confrontano con i ragazzi sul tema. In alcuni casi è la polizia di stato o i carabinieri ad entrare nelle scuole per parlare con i ragazzi, altre volte sono politici, o cantanti, oppure giornalisti, o giudici, vengono invitati nelle scuole quelle persone che possono trasmettere, attraverso la 13 Associazione unkode (2014), “"The unkode voice - non trasgredire” la legalità si insegna con la musica”, Comune di Milano.http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/news/primopiano/Tutte_notizie/educazione_ istruzione/unkode_voice_non_trasgredire 19 per cui oltre alla semplice spiegazione ognuno deve mettere a servizio di tutti le proprie idee e la propria manualità, ma anche il proprio modo di vedere un determinato argomento. Insomma in questa tipologia di progetto si entra in contatto con il modo di vedere e di pensare degli altri, rispettandoli sempre, e la legalità viene inserita attraverso la creazione di disegni, grafiche ecc. riguardanti il tema delle regole, del rispetto reciproco ecc., ogni persona quindi riesce ad arricchire non solo il proprio bagaglio culturale, imparando ad usare strumenti nuovi o a perfezionandosi , ma anche ad avere rispetto per le persone, le opere d’arte, le idee altrui, la nazionalità dell’altro ecc. Insomma con l’arte e l’immagine il lavoro diventa poliedrico e multi tematico, e in questo frangente riesce ad inserirsi l’educazione alla legalità donando nuovo enfasi e un nuovo modo di vedere le cose, ai ragazzi. Molto interessante è il progetto di educazione alla legalità indetto dall’associazione “Il girasole” svoltosi in Sicilia, nella provincia di Palermo e rivolto ai minori delle scuole secondarie inferiori: «Le attività prevedono la realizzazione di workshop sull’educazione alla legalità e ai diritti con la produzione di materiale divulgativo e didattico sul tema della legalità sul lavoro. Tale materiale sarà in parte acquistato ed in parte il frutto delle attività degli studenti coinvolti. Obiettivo specifici dell’attività sono promuovere la cittadinanza attiva, valorizzare gli strumenti di educazione non formale per attuare una strategia di accompagnamento verso una corretta conoscenza che può consapevolmente costruire la cultura della legalità e dei diritti nei giovani. Per lo svolgimento di workshop sull’educazione alla legalità e ai diritti si prevede una stretta collaborazione con le scuole presenti nel comprensorio, al fine di attivare percorsi comuni di lavoro per la gestione delle problematiche e per pianificare attività integrative che si pongano come naturale proseguimento delle azioni formative – educative poste in essere (gestione integrata dell’agire educativo). Ciò si inserisce nell’ottica di lavoro di rete che il progetto intende implementare. Saranno realizzati materiali divulgativi e didattici sul tema della legalità sul lavoro. DESTINATARI 20 Studenti alunni delle scuole medie. Il materiale divulgativo sarà distribuito, in un’ottica di effetto moltiplicatore anche agli studenti che non partecipano ai workshop.»15 Un altro strumento molto utilizzato è l’informatica. Per i ragazzi tutto ciò che è tecnologico è una ragione di vita, divisa tra smartphone, pc e tablet, non si può non pensare che di far arrivare un messaggio così importante, come l’educazione alla legalità, attraverso questi mezzi. Sicuramente si deve cercare di porre l’attenzione solo ed esclusivamente sull’argomento, senza concedere ai ragazzi l’accesso a internet, potrebbe compromettere la realizzazione del progetto e dei suoi obiettivi, però una volta date poche regole si può procedere con il progetto. L’informatica, oltre ad aver una forte presa sui ragazzi, per via della grande familiarità che hanno con essa, è molto utile per formarsi ad usare legalmente internet, a rispettare gli altri anche quando questi si trovano dietro lo schermo, a non commettere reati informatici ecc. quindi questa modalità di educazione alla legalità aiuta anche a capire come si usa uno strumento come il computer, utilissimo ma anche pericolosissimo. Usare un mezzo di comunicazione così fruibile da tutti, ha bisogno di essere utilizzato nel modo più corretto possibile, per evitare di incappare in problemi a livello legale, ma anche, e forse soprattutto, a livello personale, troppo spesso dietro uno schermo si nascondono pericoli grandi per i ragazzi, e bisogna aiutarli a scorgere questo pericolo prima ancora che si manifesti, per prevenire invece che rimediare quando le cose sono già avvenute. Un altro importante obiettivo dell’uso dell’informatica è quello di far creare una rete collaborativa tra le persone, cercando di aiutare i più deboli, ma anche segnalando tutte le anomalie che si riscontrano quando si entra in contatto con qualcuno, segnalando prontamente i problemi alle autorità di riferimento. Si cerca quindi di far usare internet e i mezzi tecnologici nel modo più funzionale possibile, per avere dei cittadini sempre più responsabili e capaci di intervenire prontamente in caso di episodi spiacevoli. Aiutare le nuove generazioni a confrontarsi e usare nella maniera più corretta possibile internet diventa anche uno scopo dell’educazione alla legalità, perché è proprio con i nuovi mezzi di comunicazione che si potrebbe riuscire a risolvere problemi come l’illegalità. 15 Scritto dall’Associazione Girasole (2012), “Educazione alla legalità”, Progetto il girasole. http://www.progettoilgirasole.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10:educazione- alla-legalita&catid=13:legalita&Itemid=111 21 Un progetto di educazione alla legalità, svoltosi nella città di Firenze, rivolto ad un’utenza di scuola primaria e superiore di primo grado: “Chiavi della Città 2012/2013” Chiavi della Città è un progetto dell’assessorato all’Educazione del Comune di Firenze di progetti e percorsi formativi per la scuola dell’infanzia primaria e secondaria di I grado.[…] Obiettivi: sensibilizzazione sul ciclo di vita del materiale informatico e sulla riduzione dei rifiuti RAEE e nozioni base di informatica. Lo scopo del laboratorio è mettere in evidenza l’importanza e la limitatezza delle risorse naturali e fornire informazioni utili a stimolare una riflessione sul ciclo di vita del materiale informatico. Si propone una azione di informazione e formazione per un uso corretto e consapevole, dalla costruzione allo smaltimento, attraverso un uso corretto durante il loro ciclo di vita. Per gli insegnanti è previsto un incontro di due ore per l’illustrazione delle finalità del laboratorio e per la progettazione dell’attività che verrà poi svolta con gli alunni. Dopo una prima parte informativa, si organizzano i contenuti e le modalità di svolgimento, cercando di integrare gli argomenti del laboratorio con il programma scolastico con modalità interdisciplinari. […] Sarà disponibile materiale informativo per gli insegnanti, relativo agli argomenti trattati, per una migliore integrazione con la didattica. Durante i laboratori sarà realizzata una documentazione fotografica, che insieme ai cartelloni realizzati dagli alunni, sarà consegnata agli insegnanti. Laboratorio per gli studenti della scuola superiore di primo grado: Diritti d’uso e buon uso dell’informatica -Consapevolezza nell’uso di internet Obiettivi: educazione alla legalità e al rispetto delle regole, in particolare dei contenuti digitali, acquisizione di competenze nell’uso dell’informatica in generale e di Internet in particolare, informazione per un uso consapevole e sicuro del web (copyright, copyleft, sicurezza, privacy) Per gli insegnanti è previsto un incontro per l’illustrazione delle finalità del percorso e per la progettazione dell’attività che verrà poi svolta con gli studenti. 24 sperimentare, cambiando la realtà, rendendo la fantasia del bambino l’unico mezzo per essere educato senza nemmeno che se ne accorga. Per questo, con i bambini, deve essere l’unico metodo con il quale insegnare la legalità, perché il gioco diventa un momento divertente, per cui loro lo attenderebbero con ansia, però si trovano anche ad apprendere e ad essere recettivi per tutti gli insegnamenti che verranno fatti tramite il gioco. Per questo in un paesino toscano è stato portato avanti un progetto di educazione alla legalità attraverso il gioco, in cui il gioco viene inteso in varie sfaccettature diverse, ognuna con una sua valenza. «"Utopia", il gioco per educare alla legalità. Il gioco, la fantasia e il confronto con gli altri per avvicinare i bambini al tema della legalità. E' l'idea alla base del progetto Utopia, che prevede percorsi formativi rivolti agli alunni delle scuole dell'infanzia e primarie di Rosignano Marittimo e altre località limitrofe, ai genitori e agli insegnanti. Il progetto, promosso dal laboratorio filosofico Ichnos, dall'associazione Armunia e dal Comune di Rosignano Marittimo. […] Il mezzo prescelto è, appunto, il gioco: negli incontri rivolti agli alunni, formatori di Ichnos ed esperti di teatro invitano i bambini a immaginare e costruire, prima oralmente poi con la redazione di testi, un luogo “ideale”, “l'isola” in cui vorrebbero vivere. […] Il gioco e la creatività diventano, dunque, “esercizi di democrazia”, che coinvolgono anche genitori e insegnanti. […] I risultati degli incontri, documentati da testi e video, saranno poi presentati e discussi sia dai bambini che dai genitori in un'assemblea conclusiva, a cui seguiranno dibattiti aperti a tutti i cittadini per far conoscere il progetto e aprire il confronto sul tema della legalità. Utopia, quindi, cerca di dar voce a esigenze diverse, sintetizzate, nella presentazione dell'iniziativa, in alcuni punti: fra questi, “l'apertura della scuola al territorio”, la “continuità” dell'insegnamento, “l'educazione alla democrazia e alla legalità” e “l'educazione all'integrazione”.»18 18 Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (2010), “"Utopia", il gioco per educare alla legalità”, Minori. http://www.minori.it/news/utopia-il-gioco-educare-alla- legalit%C3%A0 25 Un altro strumento che potrebbe essere utile per educare alla legalità è l’arte cinematografica, attraverso la tecnica delle riprese, recitando davanti ad una telecamera, vincendo ogni paura e timidezza per affrontare questo lavoro. Affrontando le paure e le timidezze i ragazzi si guardano dentro, riflettendo sugli spunti che vengono dati grazie al testo. Molto spesso questo lavoro è accorpato anche al teatro, in modo che attraverso i testi si riesca a riflettere sulla legalità, e riesca a vincere la timidezza e la paura. Interpretando ruoli particolari, come quelli del bullo e del maltrattato ad esempio, si riflette suoi ruoli, sulle sensazioni, e le emozioni del personaggio che interpreta, e si pone nella situazione di capire anche le motivazioni che portano a spingere la persona a svolgere una determinata azione. Anche vincere la timidezza e la paura, soprattutto quella nei confronti degli altri, è una cosa fondamentale, far in modo che il ragazzo si comporti autonomamente, cercando di essere solo ed esclusivamente quello che è realmente, e non quello che vorrebbero gli altri. Rendere i ragazzi autonomi da ogni tipo di giudizi, e da ogni timidezza, oltre che farli riflettere sulle azioni che svolgono, è un vero e proprio patrimonio che si possa regalare a loro, lasciando in loro un seme di speranza, che possa far cambiare, giorno dopo giorno, il pensiero, rendendo i giovani sciolti da ogni vincolo che la società vuole imporre. I ragazzi diventano anche portatori dei valori della legalità, perché interpretando dei personaggi, si immedesimano in essi e riflettono sulle azioni che vengono svolte dal loro ruolo e lo confrontano con le loro azioni, questo li pone in maniera critica anche nei confronti dei loro stessi comportamenti, mettendo in discussione la loro stessa vita. Per questo è molto importante svolgere queste piccole introspezioni, grazie al teatro, usando anche la parte video, riprendendo l’operato, girando un piccolo film. In un progetto di educazione alla legalità attraverso il teatro si legge questo: «EDUCARE ALLA LEGALITA' ATTRAVERSO IL TEATRO Lunedì 24 febbraio, alle ore 12.00, circa 60 allievi dell’Istituto Polispecialistico “San Paolo” di Sorrento, […] hanno affrontato le tematiche principali di ‘’A Ciascuno Il Suo’’ di Leonardo Sciascia. […] La commedia con ambientazione siciliana, mette sullo stesso piano appunto la Sicilia e l’Italia del giorno d’oggi, mettendo in risalto la potenza dei poteri forti di un tempo, che non sono dissimili a quelli odierni. I ragazzi, attraverso l’incontro con Sciascia, sono riusciti a 26 percepire quanto la mafia sia collusa con la Politica e la Chiesa, il tutto non è molto diverso nell’Italia contemporanea. [...] Ben vengano tali iniziative che trattano tematiche finalizzate alla formazione di cittadini attivi e civili. Avvicinare gli studenti all’arte teatrale rientra nel progetto ‘’il teatro a scuola’’ che prevede non solo la visione diretta di alcuni autorevoli autori in teatro, come Sciascia, ma anche la successiva analisi del testo drammaturgico che in aula verrà spiegato attraverso dibattiti i cui protagonisti diretti sono gli studenti».19 Un altro progetto molto significativo sull’educazione alla legalità con la filmografia dice: «La scuola al cinema: continua la rassegna di educazione alla legalità. Si è concluso il ciclo di proiezioni del primo film italiano che tratta il bullismo all'interno dell'undicesima edizione de "La Scuola a Cinema", una rassegna che coinvolge gli studenti di 20 istituti della città di Cosenza e dell'hinterland. Secondo appuntamento in cartellone il recentissimo successo "Nient'altro che noi" (2009), di Angelo Antonucci. […] "Nient' altro che noi" è il primo film italiano che tratta il tema del bullismo nelle scuole, un tema di attualità messo in luce soprattutto nell' ultimo periodo. I duemila studenti cosentini, coinvolti nella rassegna "La Scuola a cinema", dunque, hanno assistito alla proiezione della pellicola ispirata ad una storia vera. […] Un fenomeno, il bullismo, che allarma e su cui sono puntati i riflettori dei media. Gli studenti che hanno visto il film hanno dimostrato sensibilità sul problema e hanno avuto l'occasione di prendere coscienza di una dinamica che li tocca da vicino. In programma, durante l'anno scolastico, pellicole di successo legate al mondo dei giovani, di ultima uscita o prossimi nelle sale (Il bambino con il pigiama a righe", "Fortapsc" e "Sbirri) che affrontano, soprattutto, il difficile tema del rispetto della legalità. Il cinema può essere per i più giovani non solo un momento d'intrattenimento ma anche di formazione culturale, questo l'obiettivo de "La Scuola a Cinema". I cinque film avranno cadenza mensile e i ragazzi avranno la 19 Giussi G. (2014), “Educare alla legalità attraverso il teatro”, Scuola repubblica. http://scuola.repubblica.it/campania-napoli-itcsanpaolo/2014/educare-alla-legalita-attraverso-il- teatro-2/ 29 a) l’informazione. Bambini, adolescenti, adulti – ciascuno in proporzione alle proprie potenzialità intellettive ed attrezzature culturali – hanno il diritto/dovere di conoscere lo status quo dei codici sino a quel momento legittimamente vigenti per regolare le varie forme di convivenza (il galateo a tavola, la carta degli studenti a scuola, la Costituzione italiana…); b) l’esame critico dei codici in vigore. Se la presentazione delle norme avviene in forma dogmaticamente assertoria, l’informazione predispone il terreno per un’accettazione timorosa o per un rifiuto ribellistico: in nessun caso per un’adesione libera, sincera e duratura. E’ necessario, al contrario, presentare ogni assetto normativo come storicamente condizionato già all’atto della sua formazione e la cui validità dipende essenzialmente dal consenso, mai scontato, che ogni generazione deve rinnovare (se non unanimemente, almeno a maggioranza); c) il supporto motivazionale all’obbedienza delle leggi di cui si riconosce la legittimità (formale) e la validità (sostanziale). Non basta riconoscere, astrattamente, che certi divieti e certi obblighi sono ‘giusti': occorre trovare delle motivazioni adeguate per rispettarli esistenzialmente, praticamente [..]; d) il supporto motivazionale all’obiezione di coscienza. Se le leggi che, ad un esame approfondito, ci risultano ‘giuste’ vanno rispettate a qualsiasi costo, a qualsiasi costo vanno contestate e disattese quelle che, ad un esame altrettanto approfondito, dovessero risultarci in coscienza ‘ingiuste’. L’educazione alla legalità non può, in nessun modo e in nessun caso, diventare educazione al legalismo, al conformismo, al tradizionalismo. La storia parla chiaro: le tragedie più disastrose non sono derivate solo dal dissenso dei disonesti e dei facinorosi, quanto – e più ancora – dall’assenso acritico delle maggioranze silenziose. Socrate, Gesù di Nazareth, Dietrich Bonhöffer, Gandhi, don Ernesto Balducci, Nelson Mandela sono stati rigorosi nel rispetto della Legge quanto nel rifiuto delle leggi contrarie alla loro consapevolezza morale. e) Il supporto motivazionale – metodologico all’impegno politico. La disobbedienza civile, per quanto ammirevole e in certi casi inevitabile, resterebbe sterile se si bloccasse sul piano della pura testimonianza individuale. Il senso dei suo eventuali ‘no’ è al di là di essi: nei ‘sì’ verso cui deve portare il resto del 30 consesso sociale. Detto altrimenti: contestare le leggi esistenti è solo il primo passo verso la promulgazione di leggi correttive e innovative. [..] Solo facendo politica si può ottenere che gli organi a ciò deputati modifichino le normative ingiuste, o superate, promulgandone di meno ingiuste, o di più aggiornate. L’educazione alla legalità appare dunque monca tutte le volte che non si completa in educazione alla politica [..]».22 L’educazione alla legalità può raggiungere i suoi obiettivi solo nel momento in cui esso sia condiviso da tutte le agenzie educative: la famiglia, la scuola, la chiesa, i media ecc., garantendo anche un pluralismo di norme, facendo sì che tutte le regole vengano apprese, ma anche contestate, senza che diventino dogmi, per cui bisogna solo accettarle. Per educare realmente alla legalità bisogna stare attenti a fornire stimoli coerenti, se i ragazzi ricevono modelli educativi diversi, difficilmente essi potranno capire cosa fare o cosa non fare. Per questo che l’educazione alla legalità non deve essere una cosa totalmente utopica, o riservata solo a dei professori sognatori, ma ogni insegnante deve credere nel potenziale dei ragazzi, per cambiare il loro modo di essere e di comportarsi. Si dovrà dare ai ragazzi, inoltre, la possibilità di scegliere, perché si sentano grandi, e si abituino a guardare con occhi diversi la realtà. «Si cerca di dare alle nuove generazioni ideali e ali con cui volare in alto, per renderli autonomi, per farli sognare una società diversa, migliore, dove loro possano vivere.»23 22 Cavadi A. (a cura di) (2005). Strappare una generazione alla mafia. Lineamenti di pedagogia alternativa. Trapani: Di Girolamo Editore 23 Ibidem. 31 1.5 La storia dell'educazione alla legalità in Italia e nell'Unione Europea In Italia, di educazione alla legalità, si è iniziato a parlare relativamente tardi, agli inizi anni ’90 quando il paese è stato attraversato da un’ondata di sangue, le stragi di Capaci e di via D’Amelio, gli attentati a Roma, Firenze e Milano, ci si è posti seriamente il problema di far capire alle nuove generazioni l’importanza di comportarsi con legalità. Per questo che da quel momento, sulla scia delle stragi di stampo mafiose, nelle scuole si iniziò a parlare di mafia, cosa che prima spaventava la maggior parte delle persone, che dopo però ha iniziato a far riflettere, e si è iniziato a prendere coscienza sull’argomento. Proprio in quegli anni, a seguito di questi avvenimenti, il ministero della pubblica istruzione decide di inserire questa nuova modalità di educazione, nelle scuole, «con l’obiettivo dichiarato di elaborare e diffondere un’autentica cultura dei valori civili a partire dalla consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possano considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette».24 Ci fu in pratica «L’urgenza di promuovere una più forte coscienza civile, democratica e solidale, percepita soprattutto dalle istanze democratiche della società civile che si sono impegnate nella costruzione di una moltitudine di progetti avviati nel nostro territorio con l’obbiettivo di promuovere la pratica della legalità, di imparare a rispettare i diritti dell’altro, di insegnare a riconoscere diritti e doveri, diffondendo il rispetto dell’altro, delle regole e delle leggi nei diversi contesti urbani e all’interno delle comunità scolastiche».25 Quindi l’educazione alla legalità, in Italia, iniziò ad essere pratica nel senso di far conoscere il fenomeno mafioso ai ragazzi, visto che le generazioni precedenti sono cresciuti con il pensiero che la mafia non esistesse, e molto spesso si è sottovalutata anche la pericolosità del fenomeno. Prima si pensava a tener fuori i ragazzi da questi problemi “da grandi”, preservandoli dal conoscere questi fenomeni malavitosi. In occasione quindi sono state varate delle circolari dal ministero della pubblica istruzione dando le indicazioni per svolgere al meglio l’educazione alla legalità. Agli inizi degli anni ’90 ci si inizia a porre il problema 24 Sportello equo un mondo diverso comincia da te (013). “Educazione alla legalità”. Sportello equo Comune di Firenze. http://sportelloecoequo.comune.firenze.it/temi/educazione_legalita.htm 25 Ibidem 34 percorso formativo e ottengano competenze in grado di renderli più competitivi sul mercato del lavoro. Tra le priorità fondamentali troviamo la riduzione del tasso di abbandono scolastico e il miglioramento delle opportunità di istruzione professionale e universitaria». 28 Grazie a questo fondo, si riescono a finanziare i progetti che riguardano l’educazione alla legalità, ma anche progetti di qualsiasi altro tipo, in modo che la scuola non solo formi i giovani al sapere didattico, ma che abbia sempre una più ampia offerta formativa, che si apri a tantissime e nuove iniziative, così che la scuola e la didattica sia sempre al passo con i tempi, per non essere tacciata di essere troppo antiquata. La Carta di Nizza ha posto le basi a delle idee nuove che sono state riprese e modificate, in una versione adattata, nel 2007 a Strasburgo dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione. La Carta è stata inserita come seconda parte della Costituzione Europea, perché si aspettava una rettifica, che non avvenne. 28 Comunità europea (2013). “Un'istruzione e una formazione migliori”. Fondo sociale europeo. http://ec.europa.eu/esf/main.jsp?catId=51&langId=it 35 1.6 Alcune circolari del Miur sull'argomento Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha varato alcune circolari molto significative sull’educazione alla legalità. La prima circolare, che porta il termine educazione alla legalità nelle scuole è la n. n. 302 del 25 ottobre 1993, che dice testualmente: «Oggetto: Educazione alla legalità. Il contesto storico-sociale nel quale la scuola italiana si trova attualmente ad operare, richiede da parte di tutti gli operatori scolastici una sempre più rigorosa e puntuale attenzione per alcuni aspetti assai preoccupanti delle vicende nazionali, che sembrano registrare una obiettiva diminuzione della consapevolezza del valore della legalità […]. Pertanto, la responsabilità, che la scuola si è sempre assunta, di educare i giovani alla società assume oggi aspetti di particolare coinvolgimento e va concretizzata in un rafforzamento dell'educazione alla legalità».29 In questa circolare si fa riferimento alla lotta alla mafia, recepita dal ministero della pubblica istruzione come un ostacolo alla formazione della nuove generazioni. La scuola, collaborando con le istituzioni competenti e responsabili, deve avviare un processo di educazione alla legalità per contrastare la criminalità. «L'educazione alla legalità si pone non soltanto come premessa culturale indispensabile ma anche come sostegno operativo quotidiano, poiché soltanto se l'azione di lotta sarà radicata saldamente nelle coscienze e nella cultura dei giovani, essa potrà acquisire caratteristiche di duratura efficienza, di programmata risposta all'incalzare temibile del fenomeno criminale.»30 La lotta alla mafia sembra rappresentare un’occasione per rendere concreta l’educazione alla legalità, rendendo i cittadini coscienti delle loro azioni, quindi dovrà essere un impegno che si assumono tutti e su tutti i fronti. «Finalità 29 Ministero della pubblica istruzione (1993), “Circolare Ministeriale 25 ottobre 1993, n. 302”. http://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm302_93.html 30 Ibidem 36 Educare alla legalità significa elaborare e diffondere una autentica cultura dei valori civili. Si tratta di una cultura che: - intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le istituzioni; - consente l'acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza, a partire dalla consapevolezza della reciprocità fra soggetti dotati della stessa dignità; - aiuta a comprendere come la organizzazione della vita personale e sociale si fondi su un sistema di relazioni giuridiche; - sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possono considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette».31 Si deve, in primo luogo, valorizzare la posizione e responsabilità della scuola, perché essa è un terreno fertile per l’educazione. Pertanto essa deve educare i giovani alla legalità, visto l’importante ruolo svolto. La scuola deve quindi sembrare coerente rispettando i diritti e le libertà di tutti, soprattutto durante le valutazioni del rendimento scolastico, non si devono fare distinzioni, applicando criteri di trasparenza, equità e coerenza, rendendo il giudizio il più oggettivo possibile. L’anno scolastico in questione, il 1993, dovrà dedicare ampi spazi alla riflessione sul valore della legalità, cercando di far riflettere sulla necessità di una lotta forte e costante alla criminalità. «La complessiva azione da promuovere deve articolarsi, nel rispetto del principio della continuità didattica, in interventi di tipo verticale, che vanno dalla scuola materna alla scuola secondaria superiore, e di tipo orizzontale, che richiedono il coinvolgimento dei docenti, da realizzarsi attraverso un'azione finalizzata di programmazione educativa. Questa attività potrà avvalersi anche del contributo di altre realtà istituzionali e sociali presenti sul territorio».32 31 Ibidem 39 «1. Ruolo dell’educazione e della scuola nella società odierna. Programmi di insegnamento di educazione civica 1. Programmi di insegnamento di educazione civica».35 Gli obiettivi dell’educazione civica sono flessibili in relazione all’autonomia delle singole scuole, sempre nell’ambito di un insegnamento specifico «come previsto dal d.p.r. 585 del 1958».36 Si rivedranno i programmi di insegnamento dell’educazione civica nelle scuole secondarie, favorendo le iniziative dei progetti educativi d’istituto. «I progetti educativi di istituto assicurano modalità, spazi e tempi idonei, nell’ambito delle singole discipline, nell’area di progetto, di cui alle conclusioni elaborate dalla Commissione ministeriale Brocca, e nell’ambito dell’esperienza partecipativa, alla realizzazione di proposte e di azioni educative e didattiche, che siano capaci di aiutare i giovani ad affrontare le sfide del nostro tempo.»37 Il Comitato di studio istituito dal D.M. 23/03/95, formulerà i programmi della scuola secondaria superiore, integrerà delle parti di cultura costituzionale nei programmi della scuola media «Su tali programmi sarà richiesto il parere obbligatorio del cnpi.»38 L’educazione civica, viene solitamente affidata all’insegnante di storia, tranne per i bienni di scuola secondaria superiore che prevedono insegnamenti di economia e diritto, in cui l’educazione civica è prevista all’interno di tali materie. E infine un’ultima direttiva molto importante per le scuole, nata da un protocollo d'intesa tra la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio, quindi una commissione autorevole che si è unita per donare un protocollo molto importante, che porti nelle scuole la cultura della legalità, intesa, anche qui, come lotta alla mafia: 35 Ministero della pubblica istruzione (1996), “Direttiva ministeriale n. 58, 8 febbraio 1996”, educational rai. http://www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura/strumenti/normativa/direttive/dirmin_58 _96.htm 36 Ibidem 37 Ibidem 38 Ibidem 40 «Protocollo d'intesa tra la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio».39 I destinatari delle iniziative di educazione alla legalità e solidarietà sono, principalmente, gli allievi della scuola dell’obbligo e del biennio superiore. «La Commissione parlamentare antimafia, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si avvarranno della consulenza del mondo universitario per le competenze di ricerca e di analisi dei fenomeni nei loro vari aspetti, così da usufruire di un contributo qualificato nella formazione di una cultura della legalità e della solidarietà nei giovani».40 La Commissione parlamentare antimafia, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio contribuiscono alla formazione dei giovani di tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione per i giovani che vivono in zone dove vi è degrado culturale, sociale e ambientale. Essi si impegnano a redigere una programmazione delle attività, a sostenere con ogni mezzo le scuola, coinvolgendo le regioni, gli enti locali e le parti sociali. «La Commissione parlamentare antimafia si impegna a mettere a disposizione delle istituzioni universitarie, scolastiche, formative e sociali che si occuperanno di educazione alla legalità ed alla solidarietà: a) sussidi documentali relativi ad analisi effettuate nell’ambito dei compiti istituzionali della Commissione medesima. b) esperti quali relatori su argomenti ritenuti di interesse dei progetti o dei corsi educativi per studenti e docenti. 39 Commissione parlamentare (1998), “Protocollo d'intesa tra la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari, il Ministero della Pubblica Istruzione e il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio”, camera. http://www.camera.it/_bicamerali/antimafia/sportello/protocollo.htm 40 Ibidem 41 c) occasioni di confronto e scambi culturali con altri Paesi, in particolare dell’Unione Europea».41 Il Ministero della Pubblica istruzione effettuerà attività di aggiornamento del personale docente, per facilitare l’integrazione nei curricula dell’educazione alla legalità. Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha sicuramente dato delle direttive molto significative per quanto riguarda il percorso di educazione alla legalità, cercando di non lasciare le scuole sole ad affrontare questo problema, dando anche molti spunti su cui riflettere, senza lasciare spazio solo ed esclusivamente alla lotta della mafia, l’argomento per cui è nato questo tipo di formazione. 41 Ibidem 44 costumi e scenografie) o, peggio ancora, di interpretare; la scuola non può e non deve essere una scuola di recitazione. Condurre i ragazzi in scena significa far sperimentare loro una disciplina gratificante che si basa sul gioco, sullo stare insieme e sul rispetto reciproco».43 Nello stesso tempo l’operatore che si occupa del teatro deve trasmettere la sicurezza a tutto il gruppo partecipante alle attività, perché in ogni momento essi si possano affidare e fidare di lui. Per questo non può essere solo un conoscitore tecnico del teatro, ma anche un esperto conoscitore dell’infanzia e dell’adolescenza, per prevenire ogni problematica, conflitto, o altre situazioni negative durante questo tipo di intervento. L’operatore deve ridurre al minimo gli errori perché possono essere la causa di una sofferenza psicologica, soprattutto perché per lavorare con i ragazzi, affrontando tematiche che toccano le parti più profonde dell’io, potrebbe portare tanti benefici, ma anche tanta sofferenza. Il teatro offre tantissimi strumenti per conoscere e conoscersi, ma deve essere anche tutelata la sofferenza. È importante anche che le insegnanti siano preparate per svolgere questo ruolo di educazione teatrale, perché improvvisarsi come tale potrebbe far perdere il senso e la vera utilità del teatro nelle scuole. Per questo motivo anche nelle università, nelle facoltà che formano i futuri insegnanti, sono stati inseriti corsi di educazione teatrale, per preparare i futuri laureati ad affrontare anche questo tipo di educazione con competenza, in modo da poter svolgere questi laboratori e apportare i dovuti benefici ai ragazzi. Per questo che le scuole molto spesso si fanno affiancare da professionisti nel settore, aderendo a progetti di educazione teatrale, finanziati dallo stato oppure autofinanziati, così i ragazzi possono avere il meglio per imparare a recitare, a scoprirsi e a guardarsi dentro. «Dalla fine degli anni ottanta, si è sempre più sviluppata l’idea di utilizzare la teatralità per approfondire temi di grande attualità come: l’ambiente, la multiculturalità, l’alimentazione, la salute etc. Affrontare teatralmente un tema ha i suoi pregi e i suoi difetti. Il difetto che potremmo individuare, nell’affrontare un laboratorio che ruoti intorno ad un progetto tematico, è la dimensione “costrittiva” in cui l’operatore e i partecipanti si vengono a trovare, ovvero il tema necessita di 43 Castiglia G. (2014). Metodologia di didattica teatrale applicata. http://www.nonsoloteatro.com/maialino/download/Castiglia_appr_02.pdf 45 una immediata definizione dell’obbiettivo da raggiungere e quindi di una scelta e una selezione delle tecniche teatrali da utilizzare, al fine di restituire una comunicazione teatrale efficace ed esaustiva. Il pregio è senza dubbio che il tema diventa catalizzatore di energie, evita dispersioni e divagazioni; le tecniche teatrali vengono immediatamente applicate e approfondite nella loro capacità comunicativa».44 Un progetto a tema richiede più tempo rispetto ad un semplice laboratorio teatrale, perché si deve effettuare una grande ricerca dei contenuti, con tutto il gruppo partecipante ma anche con l’insegnante interessato, per creare una continuità all’interno della scuola, per non lasciar disperso il lavoro svolto. Il programma entra a fa parte del programma e nell’attività didattica come se fosse una materia. «La prima fase si muove quindi alla ricerca d’informazioni oggettive (scientifiche o letterarie) ma anche attraverso la sedimentazione delle stesse informazioni e l’analisi soggettiva dei significati che la tematica suggerisce». 45 L’esperienza di ogni singolo partecipante, sia essa emotiva o di altro tipo, deve entrare a far parte del progetto, per rendere il progetto il più vicino possibile al gruppo partecipante. L’operatore deve saper recepire gli elementi che hanno suscitato più interesse nel gruppo, per poter offrire le basi di un’esperienza teatrale. «La seconda fase prevede un aspetto ostico: la scelta, ovvero, tra tutti i materiali emersi occorrerà scegliere gli stimoli più funzionali alla comunicazione teatrale. Un lavoro difficile, del quale il conduttore dovrà assumersi la responsabilità, perché nessuno intende mai abbandonare un benché minimo frammento della propria creatività, se a farlo però è il drammaturgo conduttore (il quale deve aver conquistato la fiducia dei partecipanti e degli insegnanti) il distacco sarà meno doloroso».46 Ovviamente questa fase diventa il momento dove si possono creare ostilità tra il gruppo partecipante e l’operatore, quest’ultimo quindi deve essere molto bravo a 44 Ibidem 45 Ibidem 46 Ibidem 46 mediare, anche con l’aiuto degli insegnanti, per non creare un ambiente ostile alle attività, che potrebbe essere deleterio per il funzionamento della didattica teatrale. «La fase terza è più semplice, è il momento in cui l’operatore teatrale applica le proprie capacità creative: la costruzione di una struttura drammaturgica, composta dai materiali emersi, in grado di esprimere al meglio i risultati delle prime due fasi. La rappresentazione conclusiva avrà una funzione rituale. La gratificazione di giungere, divertendosi, ad una comunicazione teatrale assume una doppia valenza: 1°) attraverso la sintesi teatrale riuscire a comunicare il risultato di un lungo ed elaborato lavoro; 2°)Il raggiungimento, a rappresentazione avvenuta, della comprensione globale della comunicazione allestita». 47 La vera e propria riflessione sul lavoro effettuato e rappresentato avviene solo alla fine del laboratorio, dopo che si è cercato di tirare le somme del laboratorio, dopo che attraverso una riflessione di gruppo si individua il vero significato del progetto. Il vero laboratorio è la riflessione che avviene dopo, quella capace di cambiare le posizioni irremovibili, quella che altera tutte le convinzioni creandone di nuove, prendere coscienza di avere altre possibilità espressive oltre a quelle fino ad allora possedute, o presunte tali. L’esperienza di un laboratorio così concepito e così realizzato è un seme depositato nell’animo del partecipante che si speri porti molto frutto. Nel teatro avviene quella forma di apprendimento che Piaget definisce accomodamento48, che consiste nella modifica della struttura cognitiva o dello schema comportamentale, per far sì che vengano appresi nuovi oggetti o eventi che fino ad allora erano ignoti. Con la didattica teatrale non avverrebbe solo una semplice assimilazione, cioè l’incorporazione di un nuovo sapere in schemi già esistenti, ma cambia proprio gli schemi creatisi negli anni per creare apprendimenti nuovi, fino ad allora neanche immaginabili, cambiano idee, modi di vedere e pensare le cose, punti di vista, ma soprattutto comportamenti. 47 Ibidem 48 Piaget Jean (1967). Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia. Torino: Einaudi. 49 Per questo la scuola dovrebbe favorire l’entrata di didattiche alternative alla semplice lezione frontale. Per le generazioni odierne, fatte dei cosiddetti “nativi digitali”, bambini che si interfacciano con le tic (tecnologie dell’informazione e comunicazione) fin dai primi anni di vita con estrema naturalezza, l’ingresso in una scuola priva di tali elementi, e le cui modalità di insegnamento e trasmissione delle informazioni risultano in tal senso fortemente anacronistiche, l’approccio affettivo con la scuola risulta con il tempo negativo, e essi finiscono per disamorarsene. E’ ormai diffusa, soprattutto in letteratura, la convinzione che sia necessario favorire l’integrazione nella pratiche scolastiche delle tic, ma anche puntare maggiormente su forme di “active learning” e cooperative “learning”, che favoriscano l’apprendimento attivo, in situazione e coinvolgente non solo sul piano cognitivo ma anche su quello affettivo-motivazionale. E’ necessario in pratica, rivedere la didattica e l’approccio con gli studenti, favorendo da parte di questi lo sviluppo dell’autonomia e di capacità e competenze fondamentali quali: il “problem solving”, l’apprendere ad apprendere, le competenze sociali, tutte risorse un giorno molto utili anche per le future professioni e per una cittadinanza attiva. Quindi bisogna cercare di porre la didattica in modo diverso cercando di non costruire lezioni frontali, o con l’ausilio dell’informatica, ma anche didattiche alternative come per esempio il teatro, perché le generazioni sono cambiate, è cambiato il modo di vestirsi, di parlare, di esprimersi, e non si può avere una scuola non adeguata con i tempi e alle nuove generazioni. Per questo anche la didattica del teatro potrebbe entrare nelle scuole, che permette di costruire a livello emotivo e comprensivo soprattutto sui temi che riguardano la cittadinanza o l’integrazione. Ciò non esclude che la didattica del teatro possa essere usata anche per insegnare l’italiano, la storia, la geografia, la matematica ecc., non si esclude, certo è difficile improntare tutta la scuola sulla didattica del teatro, ma non significa che sia impossibile, o che non favorisca un apprendimento valido quanto quello della lezione frontale e tradizionale. Il rapporto con l’adulto è fondamentale in questi casi, in quanto può essere un valido supporto nell’affrontare tali problemi come l’abbandono scolastico. Il teatro come dice Dewey: «nell’educazione e arte il discorso sull’arte e sull’estetica si precisa unicamente all’interno di una teoria generale 50 dell’esperienza umana intesa come interazione con la natura e con l’ambiente sociale: l’arte e l’esperienza estetica, come la morale e la religione, rendono più ricca e intensa la nostra esistenza e permettono di superare contrasti o divisioni che possono talora interessarla».52 È un’esperienza che amplia l’esistenza dei ragazzi fine a superare difficoltà relazionali. Ad incrementare il pensiero di Dewey c’è un osservazione di Cecilia De Carli: «tanto il processo artistico quanto quello educativo consistono nel mettere consapevolmente in relazione la persona con la realtà e il suo significato: emerge un’idea di arte, o meglio di processo artistico, come possibilità interpretativa che presuppone il dato sensibile ma inevitabilmente se ne stacca».53 Il teatro, pertanto, dà la possibilità di mettere a nudo le emozioni e le problematiche dei giovani, su un piano reale così da poterle affrontare in un modo insolito, originale, alternativo. I disagi di questi ragazzi, non sono solo di natura sociale ma anche interni, profondi che i ragazzi hanno con se stessi. Forse, sono ancora più grandi e pesanti perché se non si sta bene con se stessi non lo si può essere con gli altri. A tale proposito, il teatro può essere un valido sostegno per rinforzare la fiducia in se stessi, ma in particolare il rispetto per la propria persona, che va oltre ad ogni altro tipo di rispetto. Rendersi disponibile all’altro senza aver paura che quest’ultimo possa violare o giudicare le tue esperienze personali è qualcosa di molto importante e decisivo per potersi relazionare con gli altri. Pertanto, l’esperienza teatrale fa vivere a chi vi partecipa atteggiamenti di rispetto verso gli altri e se stesso, in un clima dove non esistono giudizi. Il teatro diventa una sorta di terapia di gruppo, fine ad ascoltare e risolvere le incomprensioni dei giovani. A tale proposito scrive Sisto della Palma: «il gruppo diventa non sommatoria di individui, ma un luogo di ascolto, di relazioni, di tolleranze, di scoperte, di identificazioni, di improvvisazioni».54 Per questo che il teatro è un’arte che sin dagli inizi del secolo scorso non ha assunto solo una carattere di intrattenimento, ma un vero e proprio modello di terapia, non solo per i giovani disagiati, al quale si possono fornire gli strumenti necessari per affrontare la realtà e le sue conflittualità, ma anche ai meno giovani, che si trovano in situazioni di difficoltà che possono in qualche modo recuperare il loro essere e ad aprirsi alla relazione con gli altri. Il teatro è molto importante anche 52 Guerra M., Militello R. (2012). Tra scuola e teatro. Per una didattica dei laboratori teatrali a scuola. Milano: Franco Angeli (collana Il mestiere della pedagogia. Studi e appr.) 53 Ibidem 54 Ibidem 51 per curare la depressione, l’ansia e altri sintomi depressivi del sistema nervoso centrale. «Lo scopo della teatro-terapia è rendere armonioso il rapporto con se stessi e gli altri attraverso il corpo, la voce e la mimica. Gli effetti benefici delle sedute di gruppo producono risultati anche al di fuori della scena, poiché gli stimoli ricevuti precedentemente diventano parte integrante della vita delle persone. Questa forma di terapia non si sostituisce ad una psicoterapia individuale, ma può affiancarla per dare alle persone la possibilità di avere più visioni di sé. La sua finalità non è propriamente artistica, non si lavora per costruire una scenografia anche se a volte nasce l’esigenza di allestire le scene».55 I primi incontri si focalizzano sul rapporto tra corpo, voce e mente nella relazioni sia con gli altri che con se stessi, attraverso il linguaggio del corpo, quello non verbale. Il teatro diventa una fonte e un mezzo per raggiungere il benessere perché si pone l’attenzione su se stessi, e soprattutto per guarire da determinate malattie, infatti aiuta le persone a guarire. «Il metodo della teatro-terapia si avvale dell’improvvisazione che consente all’attore di far emergere dall’inconscio sentimenti e bisogni. Improvvisare significa “fare finta”, uscire dal nostro personaggio principale, quello che ogni giorno portiamo in giro attraverso atteggiamenti e comportamenti e che definiscono il nostro essere. Attraverso la finzione molto spesso si riesce a dare voce ad altri “noi”, perché ci sentiamo protetti e non giudicati. Il tutto avviene in una scena che l’attore stesso si crea usando materiali e oggetti che gli sono più adatti».56 È una forma di terapia che può essere usata sia per prevenire situazioni di disagio, sia in ambito terapeutico che comportamentale, sia per un percorso riabilitativo, di guarigione. Nel primo caso ci si focalizza sui blocchi creativi, e sulla capacità di immaginarsi in modo diverso da come si è in quel momento. In un percorso riabilitativo deve intervenire il teatro-terapeuta, che è allo stesso tempo uno psicologo ma anche un educatore al teatro specializzato, cura la persona mettendolo in un gruppo, per porlo in relazione con gli altri, siano essi “malati” o 55 Fracas B. M. (2015), “Teatro terapia”, guida consumatore. http://www.guidaconsumatore.com/psicologia/teatro_terapia.html 56 Ibidem. 54 ginnastica, per migliorare il corpo, ma anche per sfogare tutte le emozioni negative, e perfezionare tutti i movimenti, per non presentare sul palcoscenico persone goffe, ma ben coordinate. Il modo di camminare diventa anch’esso un elemento scenico, per cui deve sembrare il più naturale possibile, coordinandosi tutto il movimento corporeo con la voce, che deve anch’essa essere allenata controllando la respirazione. Una volta raggiunto l’obiettivo si avrà un attore vero. Certo è difficile utilizzare a pieno questo metodo, significherebbe avere tutta la giornata scolastica tutti i giorni, impegnati nel teatro, ma comunque ci sono moltissimi stimoli da poter riproporre ai ragazzi, in modo da migliorare il loro rapporto con la realtà e la loro corporeità. 55 2.3 Approccio scolastico alla didattica del teatro. L’ingresso del teatro nella scuola è relativamente recente risale agli anni ’70 del ‘900, quando dopo la contestazione giovanile, si è cercato di ripensare alla didattica in maniera diversa. Essendo i giovani scesi in piazza per manifestare contro l’elevato potere dei professori, e alla didattica obsoleta, risalente ancora al fascismo. Per questo in quegli anni iniziano a prender piede nuove metodologie didattiche come il teatro, la musica, e l’arte in generale. Un volta capita l’importanza di tali didattiche nella scuola, essa è cambiata, certo si è trovata ad affrontare molte situazioni negative, visto il periodo storico particolare, ma con costanza l’istituzione scolastica è riuscita a modificare il suo aspetto intransigente avvicinandosi di più ai ragazzi, che in essa ci vivono ogni giorno. Il teatro entra nelle scuole con carattere ludico, ispirandosi agli ideali di don Bosco e San Filippo Neri, un teatro dello spontaneismo, che non significa fare ciò che si vuole, ma dare libero spazio alla proposte dei ragazzi dirigendo il tutto in modo da arrivare a dei risultati prestabiliti. «L’importanza pedagogica del gioco scenico sta nel condurre il ragazzo a passare da un mondo egocentrico (narcisistico), dove tutto l’esito consisteva nel soddisfare le proprie tendenze e la propria immaginazione, a un mondo aperto agli altri, dove il ragazzo non offre solo se stesso e le sue capacità, ma subisce anche responsabilizzanti richieste […]nel presentarsi in pubblico, l’esperienza personale e la creazione intima restano ancora condizioni importantissime ed essenziali, ma non diverranno utili che nella misura in cui il ragazzo sarà riuscito a coinvolgere un pubblico di spettatori, a fargliele capire. Non basta più, insomma, esprimere, occorre comunicare. Qui avviene un passo avanti di somma portata educativa, tale che stupisce di trovare gran parte della scuola italiana irrigidita nel rifiutarlo».59 Il teatro all’interno della scuola si inserisce abbastanza bene, si incardina con la didattica tradizionale, però bisogna prendere in considerazione che ciò cambierà alcune cose tra cui l’orario delle lezioni, gli spazi, che saranno modificati per favorire lo svolgimento dell’attività, oppure verrà cambiata proprio il luogo per l’apprendimento, trasferendo le lezioni dalla classe al teatro vero e proprio della scuola. Questo tipo di organizzazione dovrà essere impostato per facilitare le 59 Bongiovanni M. (1977). Giochiamo al teatro. Dalla invenzione drammatica al teatro espressivo. Torino: ElleDiCi. 56 modalità di apprendimento dei ragazzi nonché ampliare la loro partecipazione alle lezioni. D’altra parte, il teatro ha la caratteristica di introdurre globalmente gli aspetti organizzativi, didattici e pedagogici per favorire un’innovazione della scuola. Per la realizzazione del laboratorio teatrale, la prima questione da visualizzare è l’aspetto economico, il quale deve attenersi ad un’offerta formativa adeguata alla finalità e alla metodologia che si intende realizzare. Altri aspetti da osservare sono le difficoltà burocratiche-organizzative, collegate alla mancanza di comunicazione tra chi offre il laboratorio teatrale e la scuola, oppure tra i vari insegnanti. I cosiddetti “insegnanti vecchio stampo” vedono in maniera ostica le innovazioni didattiche, per cui spesso ci sono delle ostilità tra colleghi, che portano a delle difficoltà nello svolgimento della didattica. La collaborazione e la comunicazione tra i vari docenti è quindi fondamentale, ma anche presentare e far approvare il progetto ai genitori ha una sua valenza, in quanto parte integrante della scuola. I genitori dovrebbero poter partecipare anche attivamente a queste attività extracurriculari di svago, per poter star vicini ai loro figli ed essere sensibilizzati su determinati argomenti che vengono trattati nei progetti teatrali, in modo che non rimangano solo parole, ma che diventi un seme che possa far frutto in tutta la famiglia, per poter riscoprire dei sani valori ed educare ad essi. Per tanto l’organizzazione dell’adulto è fondamentale per realizzare il progetto e per far sì che avvenga nel migliore dei modi. E sono proprio gli adulti, i docenti per lo più, che devono accompagnare il giovane in questo cammino fatto di introspezione e lettura delle proprie emozioni. Un valido aiuto può essere la presenza di un attore professionista. Ciò lo confermano diversi studi europei: «il coinvolgimento di artisti professionisti nell’insegnamento artistico è stato raccomandato in diversi studi europei, l’ottica dichiaratamente perseguita è quella di migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento artistico, di favorire una maggiore creatività, di migliorare le competenze e la fiducia degli insegnanti e di dare accesso a una più ampia gamma di risorse culturali». Lo studio europeo svolto che parla di questo argomento è avvenuto nell’ambito di “Eurydice”, la rete di informazione sull’istruzione in Europa. «Ricerche precedenti sulla capacità dell’educazione artistica di favorire la creatività tra i giovani hanno mostrato che era necessario migliorarne continuamente la qualità. Per rispondere a questo bisogno e facilitare 59 2.4 Il teatro nella “peer education” Perché l’apprendimento dia luogo ad un vero e proprio progresso delle strutture cognitive, occorre promuovere l’apprendimento sociale e valorizzare l’interazione tra i pari con la “peer education”. Questo tipo di interazione è molto efficace, in quanto i giovani usano lo stesso linguaggio e possono comprendersi con più facilità; perché i ragazzi hanno meno paura ad affermare il proprio punto di vista e perché pur non disposti ad abbandonare la loro idea, sono interessati a superare le contraddizioni che creano il conflitto. Infatti i ragazzi nella fase adolescenziale hanno bisogno di affermare se stessi, ciò avviene soprattutto nel gruppo dei pari, essendo la scuola, i genitori, e il resto degli adulti, dei nemici da dover contraddire sempre, i pari rimangono l’unica fonte di dialogo, gli unici capaci di far cambiare idea al gruppo. Ciò comporta vedere il gruppo di ragazzi come una comunità collaborativa, la quale cerca di gestire insieme le problematiche. Questo orientamento trova diversi modelli di applicazione come il “ brainstorming” e la “peer education”. Il “brainstorming” è una delle tecniche più usata per il lavoro di gruppo, è stata ideata e formulata da Osborn. Si tratta di una tecnica che si compone in due momenti ben distinti: la “focalizzazione del problema”, che rappresenta il momento in cui ognuno può esprimere le sue idee, anche le più assurde e strane, in maniera totalmente libera, senza freni inibitori; questo processo di associazioni libere dà luogo a stimoli e contaminazioni delle idee in maniera reciproca. Questa fase non ha un tempo definito, perché spesso il gruppo ha un inizio stentato, per poi raggiungere un ritmo più alto, dove le idee sono abbondanti ed hanno un percorso più fluido. Il ruolo del formatore è quello di invitare tutti i partecipanti a proporre più idee possibili sia in libera associazione, sia stimolate da processi quali l’analogia, la sostituzione, la modificazione, ecc. Successivamente si passa alla “valutazione e sezione delle idee”: è la fase dell’analisi e della scelta. Spesso gli allievi sono molto attaccati alle loro idee, e quindi per poter avere un atteggiamento più oggettivo bisogna lasciar passare un adeguato intervallo di tempo. «La tecnica è particolarmente utile per gli studenti con difficoltà comunicative (dovute, per esempio, a timidezza) o con povertà lessicale, poiché ciascuno può dire quello che vuole e come lo vuole, protetto dalla rigorosa regola dell'esclusione della critica. Per altro verso è utile anche agli studenti 60 eccessivamente loquaci e prolissi che, costretti nei limiti di tempo a disposizione, sono invitati a sviluppare capacità di sintesi e a rispettare le regole della comunicazione sociale»61 La seconda tecnica è la “peer education” o educazione tra pari. È una strategia didattica che vede alcuni ragazzi come tutore nei confronti di altri compagni. Gli studenti formati sono dei veri “peer educators”, esperti su determinati argomenti che agiscono come facilitatori del cambiamento degli atteggiamenti del gruppo. Nell’ambito dell’educazione tra pari esiste una tecnica, molto interessante, del “jigsaw”62 che significa gioco ad incastro, puzzle ideata da Elliot Aronson nel 1978 basata sulla convinzione che gli studenti si trovano in situazioni di insofferenza o disagio perché non protagonisti o non responsabilizzati. Dopo aver diviso la classe in piccoli gruppi, si assegna ad ogni ragazzo uno specifico compito di ricerca, essenziale al gruppo a cui appartiene. Avranno un tempo preciso per ricercare sull’argomento, e al termine i ragazzi sono invitati ad esporre il loro lavoro di cui sono diventati ormai degli esperti. In fine gli studenti vengono sottoposti ad una valutazione da parte del gruppo, fine a spronare e migliorare chi ha avuto difficoltà nell’organizzarsi. Molto spesso queste attività sono seguite da un’insegnante o da un operatore esterno che deve mediare, e condurre le attività per non andare fuori tema, soprattutto per non far sì che i ragazzi inizino a sbeffeggiare le idee degli altri. Cosa assolutamente da evitare, in questi casi, che i ragazzi non prendano seriamente il lavoro degli altri, ognuno porta delle idee di egual dignità delle altre. Tutti i partecipanti devono avere la stessa dignità e la stessa possibilità di parlare senza esser sopraffatti dagli altri, quindi deve sempre esserci un mediatore che porti a compimento questo, proprio perché questo è un momento divertente, di gioco, non devono esserci ostilità tra i partecipanti oppure con i mediatori. I “peer educators” sono ragazzi appositamente scelti per svolgere determinati programmi di apprendimento, atti soprattutto a sviluppare un pensiero critico, che li ponga a frapporsi tra i cattivi atteggiamenti e gli amici, educandoli a essere persone diverse. La “peer education” ha come presupposto teorico la teoria sociale e cognitiva del cambiamento ideata da Albert Bandura, che tratta della personalità, un sistema 61Tessaro F. (2002) Metodologia e didattica dell’insegnamento secondario. Roma: Armando 62 Aronson, E., Blaney, N., Stephin, C., Sikes, J., & Snapp, M. (1978). The jigsaw classroom. Beverly Hills, CA: Sage Publishing Company. 61 aperto con caratteristiche che hanno a che fare con la sfera cognitiva ed emotiva, dove esistono delle comunicazione dell’individuo con il contesto sociale, favorendone lo sviluppo. Tratta della capacità cioè le caratteristiche dell’individuo che cerca un dialogo con l’ambiente circostante. Albert Bandura identifica cinque capacità di base: «la capacità di simbolizzazione, vicaria, di previsione, di autoregolazione, di autoriflessione. Esse assegnano a ciascuna persona un ruolo proattivo, selettivo e trasformativo nei confronti dell'ambiente.»63 Tratta della condotta che è sostenuta da strutture cognitivo-valutative, che verificano le capacità messe alla prova durante lo sviluppo. Tratta anche delle mete, quelle che l’individuo si prefigge per raggiungere dei risultati, e che alla fine regola anche la motivazione che lo spinge a fare una determinata cosa. «L'elemento unificatore che caratterizza l'intero paradigma sociale cognitivo è dato dall'obiettivo teorico di sviluppare un linguaggio comune per la comprensione della consistenza e della variabilità del comportamento sociale. Questo approccio sottolinea come non sia necessario sviluppare due distinti sistemi concettuali per rendere conto della consistenza della personalità e della variabilità situazionale. È possibile identificare alcuni princìpi generali del funzionamento psicologico e fare riferimento ad essi per spiegare sia le differenze individuali sia le influenze situazionali».64 Storicamente la “peer education” si rifà al mutuo insegnamento, un metodo didattico medievale ripreso da alcuni pedagogisti rinascimentali, quali Comenio e Castellino da Castello, del quale riprende alcune strategie. I primi progetti rifacenti proprio al metodo della “peer education” risalgono agli anni ’50 e ’60 del ‘900, svolti negli Stati Uniti, iniziative riguardanti prevenzione dell’uso della droga, di educazione alla salute, oppure di integrazione nella scuola. Con gli anni ’70 del ‘900, la “peer education” ebbe una più ampia diffusione negli interventi scolastici, e dagli Stati Uniti prese piede anche nel resto del mondo, in vari contesti come gli ospedali, le comunità terapeutica, sul posto di lavoro, nelle palestre, nei centri di aggregazione giovanile ecc., ma oltre ai vari ambienti si diffuse l’utilizzo per prevenire comportamenti a rischio che possono compromettere il benessere fisico, psicologico e sociale, come può succedere per 63 Bandura A. (2000) Autoefficacia. Teoria e applicazioni. Trento: Erickson. 64 Ibidem. 64 senso, ma nella sua concretezza, per cogliere, nell’immanenza del suo darsi, l’essere come potenza. La sintesi dell’esperienza trova così la sua luce nella pratica. L’esperienza è sempre data e dentro questa datità il soggetto è già calato. Ma la comprensione dell’esperienza è un itinerario che approda all’azione, alla “performance” come messa in comune e in circolo, come presa di senso per sé e gli altri».66 Tale teatro non può essere svolto da chiunque ma da un professionista del settore, affiancato da un’insegnante per non creare nei ragazzi un affiancato da un’insegnante per non creare nei ragazzi un distacco dalla realtà scolastica. I ragazzi hanno bisogno di avere dei punti fissi durante un percorso di laboratorio, fatto da esterni, almeno i primi tempi di attuazione del progetto gli insegnanti devono essere presenti nel luogo dove avviene la didattica, perché i ragazzi possano acquisire la fiducia nei confronti di questo estraneo che è entrato nella classe. I “peer educators” solitamente sono presi eterogeneamente, in modo da garantire su più fronti un’educazione di prevenzione, soprattutto nelle scuole si prende da ogni classe qualche alunno da poter avviare a questo tipo di didattica. Se nel teatro, qualunque progetto si voglia attuare, c’è una popolazione eterogenea sicuramente il lavoro svolto potrà essere più difficile, a causa dei caratteri diversi dei ragazzi, ma il risultato sarà migliore, soprattutto per i destinatari della “peer education”. 66 Pontremoli A. (2011) Il teatro sociale tra verità, rappresentazione ed etica. Milano: Vita e Pensiero editore. 65 2.5 Il teatro nelle scuole per rappresentare e riflettere sulla realtà Il più antico “mass media” come strumento di diffusione e di rappresentazioni della vita è il teatro. La sua origine si perde nella notte dei tempi e, se esso è già riconoscibile come modalità espressiva nelle primitive narrazioni cultuali e misteriche degli uomini preistorici, può essere collocata anche prima dell’invenzione della scrittura. Il teatro sembra esser stato sempre presente, con forme rudimentali, nella storia dell’uomo, da quando insomma si hanno notizie di esso. Il teatro primitivo era più una forma di culto verso divinità sconosciute, derivate dalla natura, ma in qualsiasi modo si esprime la forma teatrale essa è sempre importante. Da non dimenticare che anche i bambini stessi, sin dai primi anni di vita, realizzano una forma di teatro, infantile certo, ma sempre di teatro si tratta. Infatti secondo gli stadi di sviluppo di Piaget il gioco simbolico, che potrebbe essere considerato un teatro infantile, che si articola dai 2 ai 7 anni, che è lo stadio di sviluppo pre-operatorio. In questa fase di sviluppo i bambini usano dei simboli per rappresentare gli oggetti dalla realtà, dei pezzi di carta diventano dei piatti, una scatola viene usata come un tavolino, una caraffa vuota diventa un thè da servire alle 17, insomma i bambini iniziano ad immaginare solo mentalmente oggetti, eventi, situazioni che non stanno accadendo realmente. In questi anni inizia la vera rappresentazione, i bambini giocando si calano in ruoli diversi, interpretano la mamma, il papà, il “cowboy”, la maestra ecc., imitano gli adulti copiandoli nei loro atteggiamenti, nelle loro parole, rappresentando la realtà vista dai loro occhi. Rappresentare la realtà, quindi, sembra un’esigenza dell’essere umano, che sin dai primi anni di vita imita ciò che avviene in essa riproponendolo sotto forma di gioco, si potrebbe dire che è un vera e propria rappresentazione teatrale, dove il bambino inventa delle vere e proprie scenette recitandole, con l’unica differenza rispetto al teatro di non avere un pubblico davanti. Come ha osservato Virgilio Melchiorre, «rappresentare significa ri-ad-presentare, cioè presentare nuovamente un fatto a qualcuno. Ma questo fatto cos’è? E’ la realtà; e perché la si rappresenta? Per cercare di comprenderla, cioè di identificarne la verità intera, il significato esauriente da?»67 67 Don Graziola M. (2010), “Teatro e verità, ovvero la possibilità di rappresentare il vero [parte 1]”, libertà e persona. 66 Nel teatro accade qualcosa di simile, tanto che potremmo definirlo un vero e proprio strumento di conoscenza del reale e della realtà. Quest’ultimo infatti, che viene rappresentato nella sua dimensione dinamica, cioè nella sua azione, e in quella statica, viene osservato attentamente per poterlo comprendere nel suo significato. Il teatro è un tentativo di conoscenza più profonda del reale, sia perché è considerato nella sua complessità dinamica e nelle relazioni che lo costituiscono, e sia perché viene osservato attentamente e accuratamente per scoprire una vera e propria verità. La rappresentazione, similmente alla conoscenza, è anche un ‘raddoppiamento’ del reale, cioè un tentativo di rappresentare il suo contenuto ideale oltre a quello reale. Nel teatro, infatti si può far evolvere la realtà ponendola sotto una lente critica, rappresentandola, ma anche criticandola, dando dei suggerimenti per cambiarla nel suo essere. Criticarla non significa però prendere solo gli aspetti negativi della realtà, anzi è mettere in scena gli aspetti positivi ed evolverli in modo da poter mutare anche gli aspetti negativi della società. Il teatro ha quindi una valenza sociale molto alta, è capace di lanciare messaggi significativi, di denunciare situazioni sfavorevoli, rappresentando la semplice realtà. In questo senso il teatro rimane un media insostituibile dalle moderne tecnologie elettroniche. In esso infatti sono in azione uomini reali che rappresentano un’azione reale: ciò che accade davanti allo spettatore è un avvenimento reale, che nonostante l’evidente finzione scenica viene scosso in qualche modo nella sua realtà originaria davanti agli osservatori. Pirandello, un noto scrittore di teatro (e non solo) del ‘900, ha usato per le sue opere teatrali la tecnica del teatro specchio, inteso come specchio della realtà. Un bel giorno si potrebbe scoprire, davanti ad un specchio, che il naso pende da una parte, parafrasando il celebre libro “Uno, nessuno centomila” di Pirandello, e una semplice scoperta, innocua all’apparenza, possa cambiare l’esistenza stessa di una persona. È quindi lo specchio a rivelare la realtà, un atroce verità molto spesso, con quale si deve fare i conti, che scardinerà ogni certezza fino a quel momento conquistata. Gli altri, coloro che fanno notare i difetti, sono una metafora dello specchio, sono coloro che fanno cadere la maschera, che nascondeva il viso, portando allo scoperto una verità di se stessi fino ad allora ignorata. Questo accade nel teatro pirandelliano, far cadere le maschere dei personaggi, per mettere http://www.libertaepersona.org/wordpress/2010/12/teatro-e-verit-ovvero-la-possibilit-di- rappresentare-il-vero-parte-1-2166/ 69 studio è l’educazione al teatro, come già parlato precedentemente, facendo appassionare gli studenti a questa antica forma d’arte. 70 2.6 Il teatro per educare alla legalità Il teatro è, anche, uno strumento di promozione culturale per veicolare i valori della legalità, della giustizia e della solidarietà, partendo dalle esperienze quotidiane più semplici come: non rispettare la fila, cercare raccomandazioni, accettare lavori non regolari, preferire le scorciatoie e i favoritismi per realizzare i propri progetti. Il teatro quindi dovrebbe favorire l’educazione alla legalità per far sì che i ragazzi possano rifiutare tali comportamenti. Diventa un modello didattico partecipativo e innovativo attraverso il quale i ragazzi posso riconoscere la responsabilità che accompagna e sostiene il senso più profondo della nostra libertà, i diritti e doveri del cittadino, difendere i propri diritti, approfondire il senso della legalità, dei suoi istituti e fondamenti nella società civile, comprendano l’importanza della partecipazione responsabile alla cultura della legalità, intesa come strumento principale del vivere civile. Il teatro come strumento per educare alla legalità, entra nelle scuole, insieme ad altri modelli didattici innovativi, nel momento in cui il ministero dell’istruzione e dell’università e della ricerca emana la prima circolare a riguardo, nel 1993, dopo i fatti appena accaduti delle stragi più cruente della storia dell’Italia unita, la strage di Capaci, di via d’Amelio, dove rimasero uccisi i giudici Falcone e Borsellino con le loro rispettive scorte, ma anche la strage di via dei Georgofili a Firenze e via Palestro a Milano. Il progetto inizia con la volontà di dare alla scuola un ruolo attivo nella promozione della cultura alla legalità, coinvolgendo direttamente i ragazzi al fine di recuperare e coltivare il senso della cittadinanza attiva. Ai giovani che partecipano al laboratorio viene data la possibilità di approfondire, partendo dal vissuto personale dei partecipanti e dalla generale insofferenza alle regole; i comportamenti quotidiani, spesso percepiti come “normali”, ma che in realtà favoriscono comportamenti illegali, anche il solo copiare al compito in classe è un modo per ingannare e di comportarsi in maniera scorretta, ed è anche illegale rispetto alle regole scolastiche. Il progetto proposto intende supportare un processo educativo informale con una modalità artistica e teatrale, che comprende un percorso di analisi delle problematiche che avviano a comportamenti di devianza sociale sfocianti nel bullismo, esclusione, “drop out”. Il processo è volontariamente non formale dal momento che nasce dall’intenzione di esplicitare, attraverso un percorso che cambi processi interiori e inconsci come fa il teatro, la riflessione personale dei ragazzi su cosa significhi realmente entrare 71 in contatto con il mondo normativo, tentando di arrivare a una costruzione collettiva del significato della necessità normativa, piuttosto che a una sua rigida e unilaterale imposizione da parte dell’autorità, che diventa un ottimo modo per far sì che i ragazzi trasgrediscano le regole. Soprattutto durante l’adolescenza le regole imposte dagli adulti diventano dei veri e propri nemici, che per essere sconfitte vanno trasgredite, senza però capirne il reale significato, farli ragionare sulle motivazioni che spingono gli adulti a dare regole ai ragazzi, diventa un modo per farle loro accettare e di conseguenza non trasgredirle. In tal modo si cercherà di stimolare negli studenti stessi una comprensione, sentita e individuale, dell’inutilità e della banalità di qualunque forma di trasgressione implicita, divenendo un modo di trasgressione con finalità distruttiva, senza pensare all’esistenza di una possibilità ben diversa: l’esercizio di una forma di protesta civile nel momento in cui la norma sia realmente sentita come ingiusta o inadeguata. Ciò che per esempio è successo durante gli anni della contestazione giovanile nel ’68, in cui in tutta Europa ci sono stati dei moti rivoluzionari, partiti dai ragazzi stessi, che si sono ribellati alle regole della società, facendo in modo che cambiassero i valori stessi di una comunità, modificando proprio l’assetto politico dei vari stati europei. Un simbolo di lotta per combattere i soprusi imposti dalle autorità, ma per cambiare le regole non serve di certo fumare uno spinello, oppure non studiare, o rubare. L’obiettivo del progetto diventa quello di favorire lo sviluppo di una “coscienza individuale della responsabilità”, stimolando e incentivando la possibilità per l’adolescente di riuscire a raggiungere una capacità decisionale autonoma. Attraverso il lavoro su se stessi, che la pratica teatrale sempre mette in atto, si tenterà di far riflettere e reagire il singolo allievo alla omologazione che la massa impone in maniera quasi esasperata, fenomeno tipico, e per questo in parte inevitabile e anzi auspicabile dell’età adolescenziale. Il percorso intrapreso vorrebbe di fatto rafforzare la capacità dell’adolescente di prendere la distanza dal gruppo qualora non ritenga corretto o rispettoso il comportamento di quest’ultimo e al contempo aiutarlo a maturare il coraggio per esplicitare il proprio pensiero anche nel momento in cui appaia poco in linea con quello dei compagni. È sicuramente uno degli obiettivi anche della “peer education”, ma con il teatro si riesce a vincere anche la paura e la vergogna di certi momenti critici, soprattutto nella vita dei ragazzi. Il progetto intende far comprendere all’adolescente il peso delle proprie azioni, mostrando, sempre 74 regionali, culturali, familiari. Un'esperienza che le ha avvicinate, unendole fortemente. Hanno passato mesi a studiare e mi hanno portato una ricerca sulla detenzione. Così ho deciso che il progetto delle Donne del Muro Alto non doveva spegnersi». 70 La vera differenza tra il teatro nelle scuole, o nei contesti classici, e il carcere è il carico di energie utilizzato per preparare una scena, perché ogni rappresentazione diventa motivo di sofferenza e frustrazione. Soprattutto rappresentare la realtà per loro è difficile, non conta da quanto si è in carcere, un giorno, un mese o un anno, il non riuscire ad immaginare la realtà senza che questo porti sofferenza è quasi impossibile. Per questo si dovrebbe rappresentare solo la vita carceraria, per ricercare ed esaltare le differenze con la vita “fuori” dall’istituto penitenziario, tutto contornato da una potenza drammatica maggiore. «Recitare un testo teatrale offre un doppio sostegno a chi è in una cella a scontare la propria pena, permette il libero flusso di emozioni e sentimenti rimossi e repressi dalla contenzione carceraria e spinge alla cooperazione, alla solidarietà, allo scambio con gli altri»71. Solo la memoria e il dialogo sono i pochi mezzi efficaci per non impazzire nella quotidianità carceraria. Quindi il teatro migliora sia gli uomini che la condizione e la dimensione in cui essi vivono, operando con modalità di aggregazione, di collettività perché tutti i detenuti possano arricchirsi invece di impoverirsi. Fare teatro diventa un modo per riscattarsi dalla pena non vivendo più in isolamento, piegato in se stesso e nella sua pena, ma inizia a mettersi a nudo narrando la sua storia e quella che rappresenta teatralmente. Fare teatro in carcere consente di conoscerne anche la sua vera funzione, cioè il suo essere terapia, pedagogia e un metodo ricreativo. Fare teatro in carcere vuol dire non creare false illusioni, non deve essere come una droga che porta in altri mondi facendo dimenticare completamente la realtà che si vive all’interno dell’istituto penitenziale. Un altro progetto teatrale, che poi è sfociato nella realizzazione di un film, è: “Cesare deve morire” diretto da Paolo e Vittorio Taviani, che hanno realizzato, all’interno del carcere di Rebibbia di Roma, un docu-dramma che racconta la messa in scena del “Giulio Cesare” di William Shakespeare, diretto dal regista 70 Alteri L. (2015), “Il teatro dentro il carcere, l'esperienza della regista Francesca Tricarico”. http://www.ilcaffe.tv/articolo/10284/il-teatro-dentro-il-carcere-l-esperienza-della-regista- francesca-tricarico 71Andraous V. (2013), “FARE TEATRO IN CARCERE COSA SIGNIFICA?”. http://www.edscuola.it/archivio/informagiovani/teatro.htm 75 teatrale Fabio Cavalli. Il film è nato dalla collaborazione con i detenuti della sezione di alta sicurezza del carcere, dopo vari provini si chiede agli aspiranti attori di fornire le proprie generalità con due modalità emotive diverse. Una volta assegnati i ruoli si chiede agli attori di recitare la loro parte nel dialetto di origine. I fratelli Taviani con questa opera hanno anche mostrato a tutta l’Italia che il teatro è uno strumento principale per un percorso di reinserimento del detenuto. Il film è girato in bianco e nero «L'originalità della loro ricerca sta nella cifra quasi pirandelliana con la quale cercano la verità nella finzione. Questi uomini che mettono la loro faccia e anche la loro fedina penale (sovrascritta sullo schermo) in pubblico si ritrovano, inizialmente in modo inconsapevole, a cercare e infine a trovare se stessi nelle parole del bardo divenute loro più vicine grazie all'uso dell'espressione dialettale. Frasi scritte centinaia di anni fa incidono sul presente nel modo che Jan Kott attribuiva loro nel saggio del 1964 dal titolo "Shakespeare nostro contemporaneo". Ogni detenuto “sente” e dice le battute come se sgorgassero dal suo intimo. [...] Nei momenti in cui dovrebbero uscire dalla parte per rientrare in se stessi si avverte che è proprio allora che stanno recitando un copione che parla delle loro tensioni o delle loro attese. La ricerca della verità nella finzione si trasforma in finzione che pretende di palesare delle verità».72 Si evince da questa esperienza quanto il teatro e la lettura, anche in chiave moderna, dei classici, possono essere funzionali per raggiungere un fine terapeutico, senza ricorrere ai farmaci ma solo al lavoro introspettivo, grazie a dei professionisti che svolgono tale lavoro. La legalità quindi si interiorizza tramite l’introspezione che si realizza durante il lavoro preliminare per la realizzazione degli spettacoli. Nel cercare si hanno tanti momenti per riflettere sulla legalità, creando un vero e proprio percorso riabilitativo, che porti a riflettere sugli errori commessi e sul futuro, dandosi la possibilità di uscire dal carcere come una nuova persona che ha riflettuto sui propri sbagli e che cerca di recuperare, attraverso una forma di arte ed espressiva quale il teatro. Quindi si evince che il teatro può essere uno strumento versatile da utilizzare in tutti i fronti educazionali, non solo per i ragazzi ma anche per gli adulti, per 72 Zappoli G. (2012), “Shakespeare entra in carcere e ancora una volta si fa nostro contemporaneo”. http://www.mymovies.it/film/2012/cesaredevemorire/ 76 recuperare situazioni di disagio, per far evadere (nel senso figurativo del termine) i detenuti nei carceri, per aiutare l’individuo a capire nel profondo le proprie emozioni e indirizzarle verso gli stimoli “buoni”. Il teatro educa il potenziale umano di domani, accorpandolo con gli insegnamenti derivanti dagli uomini vissuti prima, quelli che hanno sbagliato e che stanno pagando, quelli che sono riusciti a cambiare strada prima che il peggio arrivasse, mettendo a confronto le varie realtà il teatro può evolversi, divenendo un ottimo modo per prevenire comportamenti illegali, per aprirsi ad un mondo diverso da quello che si credeva e perché no per conoscere un potenziale nascosto, come quello del recitare, nascosto nell’individuo, creando un nuovo sogno per il futuro. Il teatro deve diventare un mezzo per educare sempre più presente nelle scuole. Effettuato da professionisti nel settore, e da persone qualificate che conoscano non solo le fasi di realizzazione di uno spettacolo teatrale, ma che abbiano studiato anche la psicologia infantile, adolescenziale, per approcciarsi ai giovani nel modo più efficace possibile. Il teatro è una forma di educazione alla legalità, forse quella più giocosa, che permette i giovani di muoversi ed esprimersi come meglio credono, ma per fare tutto ciò serve passione, spirito di sacrificio, ma soprattutto bisogna crederci. Educare alla legalità non è una cosa semplice, ma con dei professionisti, un po’ idealisti, sicuramente sarà possibile anche cambiare le cose, facendo capire ai ragazzi quanto anche la legalità possa essere uno strumento per divertirsi, senza rischiare nulla. 79 È un’associazione presente sul territorio di Roma e provincia, nel tempo si è evoluto in base alle esigenze territoriali. «Dalla comunità terapeutica per assuntori di droghe con legami sociali ancora saldi (CT Santa Maria, in origine a Torvaianica sul litorale laziale e poi nel complesso di Via Appia Nuova, in zona Capannelle), al Programma “Serale” per adulti lavoratori; dall’Accoglienza diurna ai servizi specifici per adolescenti (Mentore) e per bambini di famiglie problematiche (Mani Colorate nella struttura di lungotevere Raffaello Sanzio, già sede della Comunità di Reinserimento degli ospiti provenienti dalla CT, negli anni 80); dalle attività in favore delle scuole e degli insegnanti, oltre che degli studenti (“Koiné” e poi Gulliver), per la prevenzione del malessere e la promozione del benessere alle iniziative culturali, educative, informative con la rivista “il delfino” (dal 1976), il centro studi e la biblioteca Agorà, i libri, i manuali, i rapporti di progetto e dalla fine degli anni Novanta la newsletter e il sito Internet); dal “Barone Rampante” per persone senza fissa dimora a Eco per giovani in doppia diagnosi (tossicodipendenza e problemi psichiatrici); dall’assistenza domiciliare ai malati di Aids al gruppo di volontariato per l’assistenza agli anziani; dalle iniziative in favore di stranieri immigrati, rifugiati e richiedenti asilo politico alla più recente comunità “La Casa” per pazienti psichiatrici dimessi dagli ospedali».75 « Gli scopi del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi sono: - Promuovere iniziata per far conoscere i bisogni delle persone fisiche e istituzioni private. - promuovere, stimolare e finanziare in Italia e all’estero la fondazione e la vita di istituzioni specializzate per l’assistenza e la riabilitazione di diverse categorie di bisognosi e di tossicodipendenti; - promuovere la formazione permanente, scientifica, professionale ed umana degli operatori del sociale; - promuovere la formazione professionale, civica, relazionale e culturale delle persone in stato di disagio; - promuovere e realizzare iniziative di formazione e/o aggiornamento del personale della scuola; http://www.ceisroma.it/upgrade/progetto-uomo-centro-italiano-solidarieta/ 75 Ibidem 80 - aiutare il superamento dell’emarginazione attraverso la prevenzione e la rimozione di situazioni di bisogno; - promuovere e realizzare iniziative di formazione, avviamento al lavoro, ricerca scientifica e applicata, divulgazione culturale e promozione e sostegno allo sviluppo. - progettare e realizzare attività concrete di volontariato prestate in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite la medesima associazione, verso categorie svantaggiate. Attualmente il CeIS don Mario Picchi è:  Ente Ausiliario della Regione Lazio.  Ente accreditato presso il Ministero dell’Interno nello svolgimento di attività a favore di immigrati.  Ente riconosciuto dal MIUR e iscritto al Registro definitivo degli Enti accreditati presso il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca scientifica per la formazione e l’aggiornamento dei docenti della scuola di ogni ordine e grado.  Iscritto al RUC del Comune di Roma come Ente preposto a lavorare con minori e adulti svantaggiati.  Ente accreditato per la realizzazione di progetti di Servizio Civile Nazionale.  Ente accreditato a “Comunitalia”, progetto nazionale di vasta portata del Dipartimento Politiche Antidroga».76 76 Ibidem 81 3.2 Il “Laboratorio di teatro” del Progetto Pari e Impari” Il progetto a cui ho avuto modo di partecipare personalmente, sempre all’interno della vasta gamma di Pari & Impari, è quello di teatro. Questo progetto di teatro è stato svolto da un’operatrice del CeiS, specializzata nella didattica teatrale, che opera all’interno delle scuole da 10 anni. Il laboratorio di teatro è stato svolto nella scuola media inferiore “Istituto Comprensivo via Belforte del Chienti” sito in Roma in via Belforte del Chienti in zona san Basilio, periferia nord-est della città, nota per essere un quartiere popolare con un alto tasso di criminalità. La referente alla salute, una professoressa del plesso, insieme alla preside della scuola, hanno deciso che per questi ragazzi il progetto migliore, tra quelli proposti dal CeiS, sarebbe stato quello di teatro e video, svolto in 2 momenti separati ma alla fine uniti, perché le riprese fatte sono quelle dello spettacolo teatrale che è stato portato in scena. I ragazzi a cui è rivolto questo servizio hanno una fascia di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, tutti frequentanti le classi prime e seconde medie inferiori. I partecipanti al progetto sono stati estratti dai professori, e sono un campione rappresentativo di 2 ragazzi per ogni classe prima e seconda media inferiore. L’operatrice del CeiS, quando ci siamo incontrati il primo giorno, ha delucidato i ragazzi sull’argomento del progetto, cioè la prevenzione dell’illegalità minorile, e si è iniziato a lavorare su questi argomenti. Molti ragazzi, però, dopo il primo incontro di semplice spiegazione del lavoro da svolgere hanno preferito abbandonare il laboratorio, per cui, in tutto i ragazzi che hanno partecipato al progetto sono stati 12. Gli incontri svolti con i ragazzi sono iniziati il 6 marzo 2015 e si sono conclusi il 15 maggio 2015, ogni venerdì, in orari diversi, 9 incontri. Ogni incontro si svolgeva nel teatro della scuola, un ampio spazio che veniva messo a nostra completa disposizione. I professori non sono intervenuti durante il laboratorio, in modo che i ragazzi si sentissero a loro agio, senza doversi sentire giudicati o esposti a giudizio, è stato sicuramente più difficile gestirli, ma loro si sono sentiti liberi di esprimersi come meglio volevano, alcune volte anche con un linguaggio troppo scurrile, però sia io che l’operatrice non ci siamo mai posti in una posizione di superiorità, rispetto a loro. I ragazzi dovevano darci del tu, chiamarci per nome e mai rivolgersi a noi 84 3.4 Lo svolgimento del progetto Il primo giorno, quando abbiamo incontrato i ragazzi, ci siamo presentati, e anche loro hanno fatto lo stesso, raccontandoci le loro idee per rendere più piacevole il percorso da affrontare insieme. Con questo piccolo sondaggio sono emerse le loro passioni per i film d’azione, di spionaggio e horror, nessuno ha espresso un’opinione contraria verso questi tipi di film, anzi tutti erano d’accordo con questo target. Però spiegato loro il progetto che avremmo presentato, cioè l’educazione alla legalità affrontata con il teatro, molti si sono ritirati e hanno preferito non continuare quest’esperienza, perché l’argomento non era di loro gradimento, per cui hanno preferito rimanerne fuori. Gli altri ragazzi, in tutto 12, che sono rimasti non si è ben capito se lo hanno fatto per saltare le lezioni o perché l’argomento gli interessasse seriamente, però hanno voluto continuare questo percorso. Con il secondo incontro si è parlato del tema vero e proprio del progetto, cioè la legalità. Quasi tutti i ragazzi non sono stati entusiasti dell’argomento trattato, preferivano non parlarne, infatti farli ascoltare è stato quasi impossibile, tutti arroccati nelle loro posizioni, secondo cui tutti ciò che dicono di non fare sia sbagliato a priori, tutti che difendevano le loro idee senza neanche ascoltare le nostre. È stato un incontro impegnativo, parlare con dei muri non è semplice, però una volta trovato un punto d’accordo, cioè far esprimere ad ognuno di loro la propria opinione e poi intervenire, successivamente, correggendo le informazioni sbagliate e le idee (malsane) che hanno, si è riusciti a discutere una mezz’oretta. Durante il terzo incontro si è lavorato molto di più sull’aspetto teatrale vero e proprio, sulle emozioni. Ognuno doveva pensare ad un evento pauroso successo nella loro vita e cercare di mimarlo davanti agli altri, enfatizzando l’istante della paura, tutto svoltosi con movimenti lentissimi e senza l’uso della parola. Un esercizio molto difficile per dei ragazzi che non stanno mai zitti, che hanno sempre qualcosa su cui commentare, infatti è stato abbastanza difficile far sì che la persona che in quel momento stava recitando, fosse contornata da silenzio e rispetto. Ma anche qui tra una risata ed un’altra siamo riusciti ad ottenere il risultato sperato. Non sono mancate lacrime, visto che molti ragazzi sembrano duri ma hanno un vissuto molto particolare, fatto di sofferenze, mancanze e anche violenza, però siamo riusciti a superare anche questo, grazie anche all’enorme 85 sensibilità dei ragazzi che subito hanno smesso di pensare alle loro cose e si sono subito stretti vicino i loro compagni in difficoltà, facendoli ridere oppure cercando di dargli il conforto necessario. Non pensavo che dei ragazzi così piccoli potessero avere così tanta empatia, visto che dagli incontri precedenti era emerso un totale menefreghismo da parte degli stessi. Il quarto incontro è stato un susseguirsi di improvvisazioni. Dopo averli fatti riflettere sull’empatia, cioè mettersi nei panni degli altri, cercare di capire le emozioni e inscenarle. Lavorando sull’improvvisazioni scene immaginarie di piccoli reati, come furti, percosse e insulti. Divise in coppie dovevano decidersi su cosa inscenare, una volta messo a punto le battute e quant’altro, rappresentavano la scena davanti a noi, cercando di esternare le emozioni provate in quel momento, attraverso gesti e parole, poi dovevano invertire i loro ruoli. La differenza più grande notata da questa rappresentazione è quella di genere, le ragazze reagivano in modo totalmente diverso, piangevano quando subivano dei danni ed erano poco incisive quando si trattava di farli, i ragazzi invece, anche se solo per finta, quando subivano danni erano capaci di fare i matti e cercare di menare colui che aveva recato un danno, quando dovevano farlo usavano più violenza, con spinte e strattoni violenti. Quando abbiamo chiesto le loro impressioni su questa esperienza, alcuni ragazzi avevano notato questa differenza di genere, altri invece hanno notato che nell’improvvisazione ci sono state poche parole e tanti gesti, molto bruschi delle volte, rispetto a quanto in teatro si dovrebbe fare, però i gesti, soprattutto in palcoscenico, valgono più delle parole. Nel quinto incontro ogni ragazzo ha dovuto inventarsi una storia di un ragazzo o ragazza che subisce una violenza di qualsiasi tipo, sulla falsa riga di un pezzo estrapolato dal testo “Il signore delle mosche” di William Golding, dove i ragazzi iniziano a prendersi beffe di un ragazzo un pochino in sovrappeso compiendo le peggiori angherie. Ai 12 ragazzi abbiamo chiesto di inventare delle storie particolari e originali, cercando di mettere in evidenza sempre le ragioni della vittima ma anche del “carnefice”. I loro testi, però, si fermavano solo in superficie, raccontando cose successe meccanicamente. Dopo la richiesta esplicita di riscrivere il testo cercando di raccontare le emozioni, ma anche le ragioni che possono spingere quei ragazzi a compiere quelle determinate azioni, sono emersi degli aspetti interessanti, in alcuni testi sono emerse solo le ragioni del “carnefice” 86 non tenendo conto della vittima, in altri si parlava solo della vittima e della sua sofferenza, in nessuno dei testi sono riusciti a scrivere entrambi i punti di vista. Una volta letti e corretti i testi, abbiamo chiesto loro di tornare il venerdì successivo con un oggetto che potrebbe rappresentare la storia da loro narrata. Il sesto incontro è stato caratterizzato dagli oggetti di scena, ognuno ha portato una cosa che potesse rappresentare la sua storia, una pistola, una bambola, un foulard, degli orecchini ecc., ognuno poi ha riletto la propria storia e improvvisato un monologo, dove veniva raccontata in prima persona la storia. Hanno dovuto cercare di mettere in scena anche gli oggetti, aiutandosi con essi per dare enfasi alla recitazione. Gli oggetti sono stati usati in modo abbastanza creativo, il monologo per alcuni aspetti era abbastanza statico, la maggior parte di loro stavano in piedi sul palcoscenico e recitavano il loro pezzo. Alcuni hanno giocato con l’oggetto portato, altri lo hanno usato come punto fisso da guardare, in modo da non guardare il pubblico, alcuni si sono ritrovati a muoversi con esso, creando un movimento molto gradevole da vedere. Individuate le interpretazioni migliori, si è chiesto ai ragazzi di cercare di muoversi sul palco come quelle persone, e pressappoco sono riusciti ad essere meno statici, rendendo il complesso più dinamico e carino da vedere. Gli incontri successivi, il settimo e l’ottavo, si è messo a punto tutto il monologo di ognuno, in modo da renderlo presentabile ad un pubblico, cercando di studiare i movimenti da tenere mentre si parla, si è anche curato il movimento degli altri attori sul palco, mentre gli altri recitavano. Ci si è preparati al meglio per svolgere la rappresentazione nel migliore dei modi. Il nono incontro è stato tutto dedicato alle riprese della rappresentazione. Tutti i ragazzi, sia gli operatori di ripresa sia gli attori si sono divertiti, soprattutto durante l’ultimo incontro, visto tutte le prese in giro, le risate per gli errori, e le persone vergognose. Sono state fatte tante riprese a causa della loro irrequietezza, era l’ultimo incontro e non riuscivano a concentrarsi per recitare, forse perché si vergognavano degli altri ragazzi che facevano parte del laboratorio video, però alla fine si è riusciti a creare qualcosa di carino, e con il montaggio è diventato veramente uno spettacolo carino, nonostante sia emersa la gioia e l’agitazione di quel giorno. 89 più tempo per svolgere nel migliore dei modi questa modalità didattica, però è pur sempre una modalità didattica che a loro non piace molto. Analizzando le domande nel dettaglio si arriva a questa tabella. Ho evidenziato i miglioramenti tra le risposte fornite dai ragazzi in entrata e quelle in uscita. Anche se il miglioramento ha avuto come percentuale un solo studente, comunque si può definire un miglioramento complessivo, soprattutto quando si parla di poche unità. Domande Risposte in entrata Risposte in uscita 1 “Cosa significa per te legalità?” 8/12 hanno risposto in modo incoerente con lo stimolo. 12/12 hanno definito la legalità come “rispetto delle leggi” o “permesso dalla legge” 2 “Secondo te, ci possono essere degli atteggiamenti, che per legge vengono definiti illegali, ma che in realtà per te non lo sono?” 9/12 hanno risposto che non esistono comportamenti illegali definiti da loro come legali. 8/12 hanno risposto che non esistono comportamenti illegali definiti da loro come legali. 3 “A scuola, nello sport, nella società, esistono regole ben precise e definite, tu le rispetti sempre?” 7/12 hanno risposto che non sempre rispettano le regole 7/12 hanno risposto che non sempre rispettano le regole. 10/12 le regole “servono per farci vivere al meglio la vita” e a “rispettarci gli uni con gli altri” 4 “Secondo te, quali sono i motivi per cui un ragazzo della tua età o più grande trasgredisce le regole della società?” 4/12 hanno risposto che si trasgrediscono le regole per divertirsi 7/12 hanno risposto che si trasgrediscono le regole per divertirsi 90 5 “Secondo te, una qualsiasi azione illegale è meno grave se commessa in gruppo?” 3/12 hanno affermato che le azioni commesse in gruppo sono meno gravi. 2/12 hanno affermato che le azioni commesse in gruppo sono meno gravi. 6 “Se ti capitasse di essere vittima di un reato (ad esempio un furto, un danneggiamento di cose di tua proprietà) e sapessi chi è stato, quali azioni intraprenderesti?” Nessuno ha risposto 4/12 si rivolgerebbero alla famiglia 2/12 alla polizia 6/12 il resto si farebbe giustizia da solo oppure resterebbe in silenzio 7 “Pensi che commettere atti di bullismo in gruppo siano da condannare diversamente da quelli individuali?” 6/12 hanno risposto che sono più gravi gli atti commessi in gruppo. 6/12 hanno risposto che sono più gravi gli atti commessi in gruppo. 8 “Tu condanni gli atti di bullismo?” 7/12 hanno risposto negativamente alla domanda 6/12 hanno risposto negativamente alla domanda 9 “E gli adulti (professori, genitori ecc.) dovrebbero sempre condannare gli atti di bullismo?” 6/12 hanno risposto negativamente alla domanda, asserendo che sono troppo diversi da loro per capire 6/12 hanno risposto negativamente alla domanda, asserendo che sono troppo diversi da loro per capire 10 “Ti è piaciuta la modalità didattica del teatro per affrontare il tema della legalità?” 6/12 hanno risposto che non gli è piaciuta la modalità didattica del teatro 11 “In futuro, se dovessi rifare un percorso formativo di Nessuna risposta significativa 91 educazione alla legalità, quali modalità didattiche suggeriresti?” 12 “Hai qualche suggerimento da darci per migliorare le attività svolte con noi? Quali?” 1/12 ha suggerito di invitare personaggi famosi 1/12 ha risposto di girare e montare un film 10/12 non hanno fornito risposta Analizzando gli esiti la prima cosa che si nota nel questionario in entrata è la quasi totale mancanza di padronanza del lessico e la mancanza di interesse nel rispondere alle domande, mentre nel questionario in uscita si nota un netto miglioramento nella definizione di legalità. Nel questionario in entrata i ragazzi ad aver dato una risposta incoerente sono stati 8 su 12, nel questionario in uscita invece tutti e 12 hanno dato una risposta coerente con la definizione “permesso per legge”, o “rispettare le leggi”. I ragazzi hanno quindi dimostrato di aver acquisito una padronanza con il termine legalità, sapendone riconoscere il significato. Seconda domanda: «Secondo te, ci possono essere degli atteggiamenti, che per legge vengono definiti illegali, ma che in realtà per te non lo sono?» voleva cogliere l’importanza della percezione dei comportamenti illegali, che però potrebbero essere considerati legali per alcuni. Nel questionario in entrata in 9 su 12 hanno risposto che per loro non esistono comportamenti illegali, considerando anche alcuni comportamenti illeciti come legali, nel questionario in uscita 8 su 12 hanno risposto nello stesso modo. 94 risposta, la maggior parte ha lasciato la domanda senza risposta, solo una persona ha detto che preferirebbe fare un film e un’altra che vorrebbe far partecipare personaggi famosi, ma il resto delle persone non ha fornito una risposta. Nonostante dagli esiti di questa indagine non sono stati quelli attesi, nel senso che, in seguito al laboratorio teatrale, mi aspettavo netti miglioramenti, soprattutto nel modo di comportarsi, e nonostante le difficoltà nel condurla, un risultato importante è stato ottenuto: tutti hanno recepito il significato del termine legalità. Sembrava una cosa quasi impensabile, considerando che la parte di lezione quasi frontale era stata accolta nel peggiore dei modi. Considerazioni conclusive Molto spesso la scuola si chiude dentro roccaforti fatte di convinzioni, metodi didattici, materie e programmi, in realtà essa potrebbe e forse dovrebbe essere un luogo dove i ragazzi di ogni età imparano ad esprimersi, a tirar fuori il meglio di loro stessi, a relazionarsi con gli adulti e con il mondo esterno. La scuola dovrebbe essere il luogo dove apprendere le regole della società, per formare e crescere i cittadini di domani. A volte ci si trova a combattere cause perse in partenza, a “lottare contro i mulini a vento”, ma bisogna continuare a provare a dare un futuro migliore alle nuove generazioni, educandoli e non solo insegnandogli nozioni. Per questo motivo nel nostro paese e in Europa sono nati progetti di educazione alla legalità, per portare nelle scuole i principi che regolano la società e cercare di farli comprendere ai ragazzi. È vero che la scuola sola non può fare i miracoli, ma è pur vero che la nostra scuola sta diventando troppo tecnicista, trascurando il lato motivazionale e affettivo. E’ utopico pensare che solo la scuola può cambiare il mondo, cambiare il modo di pensare e di comportarsi dei ragazzi, è quasi impossibile che l’istituzione scolastica riesca a compiere questa rivoluzione, però ci può provare, perché se solo un ragazzo cambia divenendo migliore, meno prepotente e più attento alla legalità, comunque un passo avanti è stato svolto, un po’ come diceva Madre Teresa di Calcutta «Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno». Con questa filosofia forse la scuola dovrebbe approcciarsi all’educazione alla legalità, non sentendosi onnipotenti e gli unici capaci di cambiare il mondo, ma cercando piano piano di svolgere un lavoro costante sull’argomento, dando i docenti stessi il buon esempio 95 comportandosi sempre conformemente alle regole. I ragazzi passando la maggior parte del tempo a scuola portano in essa tutto ciò che hanno, non solo una testa con cui ragionare, ma anche un cuore con cui emozionarsi. Sembra che spesso ci si dimentica del cuore cercando di insegnare solo alla testa, invece per renderci migliori dovremmo far passare ogni insegnamento prima dal cuore, perché da esso deriva l’educazione. Il teatro in questo caso potrebbe fare da ponte tra la scuola e l’educazione alla legalità, chiedendo ai ragazzi di lavorare con la testa e soprattutto con il cuore, perché, come si evince da molti studi, solo se una nozione viene interiorizzata può diventare parte integrante di una persona. Il teatro offre moltissimi spunti di riflessione non solo sull’argomento specifico dell’educazione alla legalità, ma su tutti gli ambiti affrontati nelle scuole e non. Per questo ogni ragazzo dovrebbe avere l’opportunità di approcciarsi al teatro, per crescere, per percepire, capire e gestire le proprie emozioni, per confrontarsi con gli altri e aprirsi a nuovi punti di vista. Il teatro diventa quasi un metodo per garantire un dialogo tra le parti, non solo nelle scuole, ma utopicamente nella società stessa, per aprirsi all’altro senza aver paura della diversità. In ogni scuola si dovrebbe parlare di legalità affinché i ragazzi, il futuro, possano davvero cambiare la società e se lo si fa attraverso la didattica teatrale potremmo avere una futura classe dirigente pronta al dialogo, al confronto, capace di capire le opinioni altrui, renderle proprie oppure criticarle, senza alcun bisogno di litigi o addirittura guerre. Nei tavoli del potere di domani ci saranno i ragazzi che si stanno formando oggi, la scuola dovrebbe donargli gli strumenti necessari per comandare senza commettere soprusi, e il teatro la forza necessaria per mettere in atto gli insegnamenti della scuola stessa. 96 Bibliografia e sitografia - Alteri L. (2015), “Il teatro dentro il carcere, l'esperienza della regista Francesca Tricarico”. http://www.ilcaffe.tv/articolo/10284/il-teatro-dentro- il-carcere-l-esperienza-della-regista-francesca-tricarico - Andraous V. (2013), “FARE TEATRO IN CARCERE COSA SIGNIFICA?”. http://www.edscuola.it/archivio/informagiovani/teatro.htm - Aronson, E., Blaney, N., Stephin, C., Sikes, J., & Snapp, M. (1978). The jigsaw classroom. Beverly Hills, CA: Sage Publishing Company. - Associazione libera contro le mafie (2013), Concorso giornalistico "Giuseppe Fava" per le scuole, Libera contro le mafie. http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9440 - Associazione unkode (2014), “"The unkode voice - non trasgredire” la legalità si insegna con la musica”, Comune di Milano. http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/news/primopiano/Tutte_noti zie/educazione_istruzi - AutoSoft Multimedia srl (2014), “Educazione stradale ed educazione civica” http://www.educazionestradale.it/ - Bandura A. (2000) Autoefficacia. Teoria e applicazioni. Trento: Erickson. - Bongiovanni M. (1977). Giochiamo al teatro. Dalla invenzione drammatica al teatro espressivo. Torino: ElleDiCi. - Castiglia G. (2014). Metodologia di didattica teatrale applicata. http://www.nonsoloteatro.com/maialino/download/Castiglia_appr_02.pdf - Cavadi A. (a cura di) (2005). Strappare una generazione alla mafia. Lineamenti di pedagogia alternativa. Trapani: Di Girolamo Editore - Cei,(1991) citato dall’associazione Libera, “Legalità significa responsabilità”, libera contro le mafie http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4883 - Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi (2013), “Chi siamo”, Ceis Roma. http://www.ceisroma.it/upgrade/progetto-uomo-centro-italiano- solidarieta/ - Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (2010), “"Utopia", il gioco per educare alla legalità”, Minori. http://www.minori.it/news/utopia-il-gioco-educare-alla- legalit%C3%A0
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