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Tesi medio oriente , Tesi di laurea di Storia Economica

Tesi di laurea di storia economica del Medio Oriente

Tipologia: Tesi di laurea

2015/2016

Caricato il 15/07/2016

ale-ross
ale-ross 🇮🇹

4.5

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Scarica Tesi medio oriente e più Tesi di laurea in PDF di Storia Economica solo su Docsity! Indice • Capitolo 1°: Profilo storico • Capitolo 2°: La politica coloniale delle potenze europee Capitolo 3°: La politica coloniale italiana durante il periodo fascista e il ruolo dell’Agip • Capitolo 4°: Situazione dei principali paesi mediorientali • Capitolo 5°: Fondamenti e struttura dell’economia e della finanza islamica PAGE \* MERGEFORMAT26 Introduzione Il Medio Oriente, un’area geografica che è stata indubbiamente al centro di forti interessi economici dall’inizio del secolo scorso fino ad oggi, una regione d’importanza strategica a livello mondiale con l’aumentare del petrolio quale fonte energetica. In questo breve elaborato, dopo un breve profilo storico con particolare riferimento alla fine dell’Impero Ottomano si passerà a spiegare le ragioni principali per cui i paesi occidentali e la loro cultura, sono entrati nella regione medio orientale, influenzando e determinando per gli anni a venire la storia di queste popolazioni. Il suo crollo permise alle potenze del vecchio continente di estendere la propria influenza in queste aree di strategico interesse introducendo “l’invenzione degli Stati”. Iraq, Israele, Giordania, Libano, Siria, Kuwait e Arabia Saudita furono entità statali istituite ad hoc principalmente da Francia e Gran Bretagna attraverso il “sistema dei mandati” concesso dalla Società delle Nazioni. I nuovi confini, arbitrariamente tracciati, toccarono pericolosamente le corde della religione e delle etnie delle varie popolazioni, coinvolgendo ed innescando pericolose dinamiche ancora oggi sotto gli occhi del mondo con importanti riflessi sotto il profilo economico. La colonizzazione occidentale avrebbe lasciato tracce indelebili nel destino dei popoli mediorientali che ne condiziona ancora oggi, pesantemente, l'evoluzione politica ed economica. Come ultima parte si cercherà di analizzare brevemente il sistema economico e finanziario islamico, facendo riferimento ai principi dell’Islam come fonti giuridico – religioso che condizionano non solo la sfera privata dell’individuo islamico, ma anche la sfera pubblica e il modello economico-finanziario islamico. PAGE \* MERGEFORMAT26 Questo impero, che ha rappresentato in una certa misura un ponte tra l’europa sudorientale, l’asia occidentale e l’africa settentrionale, si basava su un modello politico, economico e sociale profondamente diverso da quello europeo. Tra i primi decenni dell’ottocento e i primi decenni del novecento si svolsero alcuni avvenimenti assai importanti che condizionarono la storia futura di questa ampia regione. Infatti, al periodo di maggior espansione, che possiamo indicare tra il XV e XVI secolo, seguì gradualmente un periodo di decadenza politica, economica ed amministrativa che si fece sempre più acuta verso la fine dell’ottocento nella quale cadde anzitutto l’attuale Turchia, centro dell’impero ottomano, dopo l’ascesa dell’ultimo autocrate Abdul Hamid II (1842-1918). L’impero ottomano mancava di una reale coiesione interna sia sotto il profilo politico, amministrativo e religioso, tanto che poteva essere considerato più un insieme di popoli assai diversi e scarsamente uniti. Così che, anche il tentativo di creare un solido esecutivo sotto la guida del “Gran Sultano” assieme ad una riforma della giustizia e alla razionalizzazione del sistema fiscale ed economico non consegui alcun risultato tangibile, poiché la classe dirigente stessa sentiva di appartenere più al proprio gruppo etnico e culturale che ad un solido apparato amministrativo che garantiva una solida struttura di potere. Per queste ragioni, la presenza di varie etnie e gruppi linguistici attaccati alle proprie tradizioni contribuì non poco a favorirne la disgregazione. Quanto alla religione, avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale nel processo di unificazione nazionale, invece tra le varie correnti dell’Islam la figura del sultano-califfo, quale diretto successore temporale e spirituale di Maometto, era vista in modo differente dai sunniti, setta di maggioranza, che riconoscevano la doppia natura politico-religiosa del sultano-califfo. Mentre gli sciiti, dal canto loro, non accettavano la duplice funzione del capo di stato. PAGE \* MERGEFORMAT26 Oltre a questa divisione tra le comunità islamiche circa un quarto della popolazione dell’impero professava una fede diversa da quella musulmana, tanto è vero che sul territorio erano presenti comunità greco-ortodosse, cattoliche romane e armene, ebriache, protestanti e tante altre ancora. Si può così ritenere a ragion veduta che proprio la mancanza di una forte coesione amministrativa e politica fu la causa principale della spinta autonomistica e alla frammentazione delle popolazioni e dei vari gruppi etnici presenti nell’impero ottomano alla fine dell’ottocento, a cui contribuì non poco anche il fattore religioso. Tuttavia si può affermare che fino alla fine dell’Ottocento le alte cariche del governo continuavano ad ignorare o ad eludere questo ed altri problemi. I funzionari ragionavano come se molte delle province dell’impero fossero ancora parti integranti di un organismo ancora omogeneo e compatto. Dopo tutto è anche vero che le guarnigioni turche presidiavano gran parte delle province sebbene i governatori locali faticavano ad imporre un’effettiva autorità sul territorio, mentre fuori dalle grandi città gli amministratori non avevano alcun potere e vi erano zone nelle quali le tribù e le etnie locali non soltanto si rifiutavano di obbedire, ma addirittura imbracciavano le armi contro la burocrazia e l’esercito regolare. Tuttavia, all’inizio del XX secolo, anche in grandi centri come Costantinopoli, il governo non era più in grado di avviare quel processo di modernizzazione amministrativa e strutturale che i giovani dirigenti civili e militari chiedevano con forza per la rinascita dell’impero. Nelle zone rurali la presenza dell’impero, invece, risultava talmente debole a livello amministrativo e così disorganizzato che i governanti non erano in grado di riscuotere i normali tributi, e anche la soluzione di delegare a terzi questa fondamentale funzione (nel 1914 il 95% delle imposte veniva raccolto da esattori privati) rappresenta indubbiamente un forte elemento di debolezza. PAGE \* MERGEFORMAT26 Questa, in sostanza, era la condizione in cui si trovava quest’aerea geografica alla fine del 1800, all’indomani dello scontro con le nuove potenze emergenti europee. PAGE \* MERGEFORMAT26 La designazione dei leader e delle elité poste ai vertici del potere statale, la forma dei regimi politici, con la preferenza delle monarchie ereditarie rappresentavano parte del mandato ricevuto dalla Società delle Nazioni. Inglesi e francesi decidevano, con la supervisione degli Stati Uniti, sulla distribuzione delle risorse naturali della regione, in particolare delle riserve petrolifere che allora cominciavano ad essere scoperte nel Golfo Persico e nel distretto settentrionale iracheno di Mosul. Il controllo delle vie di comunicazione, il monopolio del commercio e successivamente lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi furono gli interessi dominanti che guidarono i paesi europei nello stabilire già ancor prima della fine della Grande guerra, il nuovo assetto territoriale delle aree dopo la fine dell’impero-ottomano. La forza delle due potenze coloniali era tale che anche i governi dei paesi formalmente indipendenti - la Turchia, l'Egitto, la Persia - erano costretti a riconoscere i nuovi confini statali e ad accettare il nuovo ordine mandatario. Le prassi politiche ed economiche di “state building” imposte alle popolazioni del Medio Oriente dai funzionari britannici e francesi comportavano l'accentramento del potere di governo. Il nomadismo tribale veniva fortemente ostacolato attraverso l’emanazioni di leggi e regolamenti del tutto estranei alla cultura delle popolazioni originarie. Ed anche il censimento, introdotto dalle potenze colonizzatrici, rappresentava una forma di controllo sulle popolazioni obbligate a stanziare in certi confini definiti dalla catografia coloniale. La preoccupazione prevalente delle potenze colonizzatrici era rivolta alla sicurezza per la tutela degli interessi, del benessere e delle garanzie delle comunità dei coloni bianchi, tanto che si può affermare che la maggior parte del reddito nazionale, quasi i due terzi veniva speso per potenziare l’apparato di PAGE \* MERGEFORMAT26 sicurezza delle forze di polizia e delle forze armate impegnate a presidiare il territorio. Dall’altra, ovviamente, l’attenzione massima rivolta alla sicurezza lasciava scarse risorse ad interventi rivolti alla salute pubblica, all’istruzione di base e alla formazione di una classe dirigente che avrebbe potuto avviare un processo di modernizzazione del paese. Si tratto in sostanza soltanto di puro sfruttamento delle risorse e commerciale. Le potenze coloniali si orientarono al consolidamento di accordi con con i grandi proprietari terrieri, agli accordi con gli sceicchi delle tribù più potenti. Sotto il profilo strettamente economico la colonia rappresentava una riserva economica della potenza europea, a cui venivano imposti un regime fiscale e monetario senza possibilità di controllo da parte delle popolazioni colonizzate. Nel Medio Oriente, dunque, gli stravolgimenti apportati dopo la Grande guerra furono senza dubbio assai profondi e segnarono profondamente i problemi dell’intera area geografica. Tra le nuove entità nazionali va segnalata la nascita del Kuwait, una “costruzione” territoriale volta a presidiare un lembo di terra per consentire uno sbocco strategico sul Golfo Persico e contenere l’espansione irachena a sud-ovest. Mentre il Libano rappresentava un’area geografica capace di contenere l’espansione della Siria. Quanto alla Transgiordania poteva evitare l’eventuale estensione ad est del futuro stato di Israele. Tuttavia, per garantire la supremazia europea era necessario attuare l’antico motto divide et impera. Con gli accordi di Sykes-Picot nel 1916, stipulati in gran segreto tra Inghilterra e Francia in piena guerra mondiale, furono definiti gli equilibri economici, politici e geografici del Medio Oriente. Sostanzialmente alla Francia veniva assegnata la Siria e il Libano, oltre all’accesso al porto di Haifa in Israele, mentre all’Inghilterra andava l’Iraq e la PAGE \* MERGEFORMAT26 Giordania, quella che un tempo era la Mesopotamia. D’altra parte in quell’area l’Inghilterra aveva fin dalla metà dell’800, una sorta di protettorato che non intedeva certo perdere. Il patto indicava anche la promessa per il sostegno alla nascita di una confederazione di stati arabi in chiave anti Impero Ottomano, non va dimenticato infatti che siamo alla vigilia della caduta dell’Impero (1920) e che i popoli arabi aspiravano all’indipendenza, anche tramite la creazione di un’unico grande stato panarabo capace di far superare quelle differenze culturali e religiose che si erano già profondamente radicate. Questi accordi consentivano per i due stati firmatari il libero commercio in alcune zone, ma erano anche la conseguenza dell’importanza strategica che, con l’apertura del canale di Suez nel 1989, il mediterraneo aveva riacquistato tornando ad essere un importante via di collegamento tra l’Asia e i mercati europei. Per lo stesso motivo anche l’Italia aveva visto aumetare la sua importanza come potenza capace di controllare il mediterraneo nelle rotte passanti per il canale di Suez. E anche per tale ragione negli accordi di Sykes-Picot un capitolo fu dedicato all’Italia la quale, tra l’altro nel 1911, aveva intrapreso una guarra contro la Turchia, nota anche come guerra di Libia o campagna di Libia, per la conquista delle regioni della Tripolitania e della Cirenaica allo scopo di impedire ai turchi di sostenere i libici, dove l’Italia finì per occupare temporaneamente anche le isole del Dodecanneso. Già all’inizio del novecento quasi tutti gli stati dell’Africa settentrinale erano sotto il dominio di Francia e Inghilterra. La Francia si era impossessata della Tunisia fin dal 1881, mentre nel 1882 l’Egitto era sotto il controllo dell’Inghilterra che aveva conquistato anche il Sudan, il tutto venne suggellato poi con gli accordi di Sykes-Picot nel 1916 . PAGE \* MERGEFORMAT26 (Ministero delle Colonie) la quale chiedeva di effettuare ricerche petrolifere in Eritrea autonomamente, ovvero con la filiale italiana della società Texas Company, che già aveva inoltrato richiesta al ministero per il permesso di ricerca delle fonti petrolifere. Il coinvolgimento dell’Agip in Africa Orientale iniziò verso la fine del 1935 e rappresentò un autentico sfozo finanziario con molteplici difficoltà logistiche. L’attività di upstream da parte degli esperti Agip terminarono con la fine delle operazioni militari in Africa a cui seguì un periodo di ricerca petrolifera subordinato alle direttive del governo, il quale a fianco della forte matrice propagandistica con la quale sosteneva l’impegno dell’Agip, era comunque convinto di ottenere importanti risultati economici. L’Agip dovette adeguarsi alle direttive del governo abbandonando l’attività di ricerca delle fonti petrolifere per dedicarsi completamente alla organizzazione del downstream in Africa Orientale Italiana. Fu creata una rete di distribuzione praticamente dal nulla, nella quale furono impegnate le professionalità migliori inviate dall’Agip nel territorio etiopico. Tuttavia, gli enormi investimenti che il paese stava affrontando per valorizzare l’AOI erano spropositatamente antieconomici, tanto più se si considera che nel frattempo erano stati scoperti importanti gacimenti di petrolio irakeno. Tra il 1936 e il 1937, l’Agip stava progettando lavori da eseguire per un importo di 64 milioni solo per gli investimenti patrimoniali, mentre per i vari depositi costieri e interni, fabbricati ed uffici, la spesa preventivata indicata dal Consiglio era di 40 milioni di lire. Alla fine di novembre 1937, il presidente della Agip racatosi in Africa Orientale per verificare lo stato di avanzamento dei lavori, riportò ottime impressioni. Complessivamente l’attività dell’Agip per il completamento di tutto il programma PAGE \* MERGEFORMAT26 per l’Impero, avrebbero comportato una spesa di 100 milioni di lire, uno sforzo finanziario notevole. L’Agip, nel 1937 aveva consentito l’approvvigionamento petrolifero dell’Africa Orientale Italiana con 227.000 tonnellate di prodotti petroliferi, con particolare riguardo ai carburanti. Quanto all’importazione dei prodotti finiti sfusi questa era passata dal 29% del 1936, al 52% del 1937, con provenienza per il 50% circa dal Golfo Persico, da Suez, da Aden, dalle Indie Olandesi. Nel 1939, l’Agip aveva continuato il programma di sviluppo del downstream nell’AOI, completando diversi depositi costieri ed interni, nonché stazioni di rifornimento, e potenziando le rete di autotrasporti per la distribuzione dei prodotti petroliferi. Quanto alle importazioni di prodotti petroliferi in favore dell’AOI, queste erano state inferiori rispetto al 1938, mentre gli acquisti erano stati quasi del tutto concentrarti nell’area del Golfo Persico. L’attività dell’Agip nell’Impero sarebbe continuata anche nel 1940, ma ormai la situazione internazionale era fortemente compromessa e, dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, le sorti dell’attività politico-economica italiana in AOI erano segnate. L’Agip impegnò nella capagna d’Africa Orientale uno sfozo enorme vedendola protagonista nell’importante opera di costruzione di tutta la rete distributiva. A questa attività si affiancò un’altrattanto importante ed ecomiabile opera di esplorazione scientifica del territorio, che portò i suoi tecnici allo studio di un’aera geografica di quasi 650.000 Kmq. PAGE \* MERGEFORMAT26 PAGE \* MERGEFORMAT26 La questione palestinese e il riconoscimento dello Stato d’Israele da parte di alcuni Stati arabi rimane ancora oggi un problema irrisoto che grava profondamente sull’intero medioriente. PAGE \* MERGEFORMAT26 L’Egitto Con la nascita nel 1928 delle organizzazioni ad orientamento religioso salfita che avevano l’obiettivo di rinnovare l’Islam dal basso, sia sotto il profilo spirituale che dei costumi, fu introdotta nel contempo anche l’idea di politicizzazione dell’Islam, per il quale il Corano doveva rappresentare la costituzione dello stato islamico. Ne seguì anche un’attiva propaganda legata anche ad un’azione sociale volta a sostenere interventi assistenziali, di istruzione e sanitari che contribuirono a diffondere la principale organizzazione dei Fratelli Musulmani, fondata da Hasan al-Banna, in tutto il mondo arabo. Successivamente, durante la seconda guerra mondiale, all’interno dello stesso movimento si sviluppò una componente armata che compì alcuni attentati, la quale venne dichiarata fuori legge. Al termine della seconda guerra mondiale l’Egitto entrò in una grave crisi che aprì le porte a gruppi rivoluzionari, tra cui quello degli Ufficiali Liberi guidata dal generale Nasser che, nel 1952, mise in atto un colpo di stato costringendo il sovrano all’esilio ed istaurando l’anno seguente la repubblica. Il governo guidato da Masser avviò immediatamente una riforma agraria per andare incontro alle misere condizioni dei contadini, e affermò di voler lottare contro l’imperialismo straniero, per l’unità dei paesi arabi e per restaurare la giustizia in nome dell’Islam. La politica di Nasser si orientò sostanzialmente verso due direzioni: da una parte il panarabismo, con l’aspirazione di unità politica e culturale fra tutti i popoli arabi, nel tentativo di fare di Nasser e della sua politica il punto di riferimento di tutte le rivendicazioni arabe. Dall’altra il socialismo, che però non aveva tratti comuni con quello europeo, in quanto si caratterizzava su basi morali islamiche e prassi politica laica. PAGE \* MERGEFORMAT26 Il socialismo di Nasser si caratterizzò, infatti, come un sistema fortemente statalizzato, concepito sulla base di un partito unico (l’Unione socialista araba) di stampo militare. Vennero presi provvedimenti a favore delle donne, come il diritto al voto e la partecipazione politica, l’assistenza sociale e l’istruzione, e si cercò di garantire a tutti una casa e un lavoro. Con l’appoggio politico dell’URSS, Nasser nazionalizzò il Canale di Suez, provocando come reazione una crisi economica internazionale a cui seguì lo scoppio della seconda guerra arabo-israeliana. Il socialismo prodotto dal governo di Nasser fu assai deludente e fallimentare sia perché non riuscì a controllare l’onnipotente e corrotta burocrazia, che paralizzava l’amministrazione pubblica e privata, sia perché non produsse uno sviluppo industriale ed economico soddisfacente. Tuttavia, dopo la morte di Nasser, il mondo arabo rimase privo di un leader autorevole, facendo di fatto indebolire sia il potere contrattuale internazionale dell’Egitto ( oramai filo-americano) che l’ideale panarabo. Il successore, Sadat che sarebbe dovuto diventare sotto il profilo politico il suo fedele prosecutore, ne fu invece il distruttore “decapitando” l’intera èlite dirigente e incarcerando i principali esponenti. Modificò la costituzione per consolidare i suoi poteri e abbandonò i principi della politica socialista di Nasser, inoltre, pose fine all’ideale di una Repubblica araba unita. Sotto il profilo economico Sadat promosse investimenti sia interni che esteri, stimolando anche la circolazione del denaro e liberalizzando le transizioni commerciali. Ridusse inoltre l’intervento statale in economia, ma i risultati furono assai deludenti. Infatti la privatizzazione delle imprese andò molto a rilento, mentre la corruzione remase un male endemico, mentre la forbice tra ricchi e poveri dievene sempre più ampia e aumentò l’inflazione. Per tali motivi l’Egitto PAGE \* MERGEFORMAT26 I princpali interventi di Assad sul piano interno riguardarono soprattutto il partito Bath il cui potere fu ampiamente ridimensionato a favore del gruppo religioso degli Alawiti, di estrazione sciita, a cui Assad apparteneva. Cercò di accrescere il culto della propria personalità ed eleminò brutalmente gli oppositori, in particolare i Fratelli Musulmani. Riguardo alla politica estera la Siria di Assad divenne la principale protettrice dei palestinesi nella guerra contro Israele sostenendo sia ideologicamente che finanziariamente i terroristi libanesi di Hezbollah Avviò un’alleanza con l’Iran di Khomeini, guadagnandosi la fama di protettore del terrorismo tanto che venne inserito dagli Stati Uniti tra i paesi favorevoli al terrorismo internazionale. Oggi la Siria appare uno dei paesi più fragili dello scacchiere mediorientale. PAGE \* MERGEFORMAT26 L’Iraq Il mandato della Società delle Nazioni del 1922 aveva delegato l’Inghilterra ad occuparsi dell’Iraq, dove, dopo la caduta dell’impero ottomano, venne instaurata una monarchia parlamentare. Venne insediato re Faysal e il primo ministro Al-Said, il quale tentò di acquisire una reale indipendenza dall’Inghilterra, favorendo un nazionalismo tipicamente iracheno completamente estraneo ai movimenti panarabi. Al-Saidd tentò di amalgamare l’eterogenea società irachena, profondamente divisa tra sciiti, sunniti e dal separatismo curdo. Ma nel 1958, a causa delle ostilità con l’Egitto per la leadership sul Medio Oriente e il malcontento per il fallimento delle riforme politiche e sociali, con un colpo di stato da parte degli Ufficiali Liberi che rovesciarono la monarchia, fu instaurata la dittatura militare del generale Kassem. Per 10 anni si susseguirono dittature a favore e contro Nasser, fino a che nel 1968 il filone iracheno del partito Bath compì un golpe da cui emerse la figura di Saddam Husayn che, nel 1979, divenne presidente dell’Iraq. Saddam Husayn instaurò un regime militare personalistico assai rigido, ma anche efficace, basato sul culto della propria personalità definto rais. L’estrema intransigenza verso gli oppositori, soprattutto curdi e sciiti, unita alla fama di potere portò l’Iraq di Saddam Husayn ad intraprendere una guerra sanguinosa contro l’Iran per impadronirsi dei pozzi di petrolio iraniani e diventare in tal modo dominatore indiscusso della Mezzaluna Fertile e dell’area del Golfo. La guerra, che durò dal 1980 al 1988, fu sostenuta e finanziata anche dagli Stati Uniti, intenzionati a contenere la diffusione della teocrazia islamica iraniana, si concluse con un accordo di pace tra Saddam e Khomeini. Nel 1990 Saddam, convinto del sostegno dell’occidente, decise di invadere il Kuwait per impadronirsi dei pozzi petroliferi. Invece, l’aggressione al Kuwait scatenò una violenta reazione americana facendo scoppiare la prima guerra del Golfo. Per l’opinione pubblica araba, questa guerra appariva come un’indebita ingerenza dell’occidente negli affari mediorientali, come una sorta di nuova spedizione coloniale. L’Iran PAGE \* MERGEFORMAT26 Nel 1925 un colpo di stato da parte di Reza Shah pose fine alla dinastia dei Qajar, il quale fu un dittatore assai spietato contro ogni opposizione ed espressione politica di dissenso. Reza Shah istaurò una politica incentrata su tre pilastri: autocrazia, modernizzazione, militarizzazione. La modernizzazione riguardò anzitutto le ferrovie e l’industria, ma anche sul piano sociale ebbe importanti risvolti con l’ammissione delle donne alle Università e la possibilità di togliersi il velo. Quanto all’esercito, riorganizzato e rafforzato, divenenne il principale sostegno della politica di Reza Shah. Da ricordare inoltre la “rivoluzione bianca” che consisteva in una serie di riforme agrarie e sociali. Tra le riforme vi fu anche la trasformazione del nome dello stato da Persia ad Iran. Allo scoppio della seonda guerra mondiale l’inghilterra e la Russia costrinsero Reza pahlavi a cedere il potere a causa del sostegno he egli diede alla Germania di Hitler. Tuttavia nel primo dopoguerra il problema più importante fu di gestire i giacimenti di petrolio di cui il paese era immensamente ricco. Il nuovo primo ministro Mussadeq avviò la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere provocando la reazione dell’Inghilterra che, colpita suoi interessi economici, chiese l’intervento dell’AIA e quello delle Nazioni Unite per boicottare i prodotti iraniani. Mussadeq era comunque deciso a porre un limite all’autorità dello scià. Nominò il ministro della Difesa senza il consenso del sovrano e inoltre diminuì il budget della corte. Parallelamente avviò una riforma agraria e impose ai ricchi di pagare le tasse. Ma la nazionalizzazione delle risorse petrolifere e l’indebolimento dello scià provocarono la reazione delle potenze occidentali, primi fra tutti l’Inghilterra e gli Stati Uniti che organizzarono nel 1953 un colpo di stato e arrestarono PAGE \* MERGEFORMAT26 L’emiro Al-Aziz, per oltre 50 anni, governò l’Arabia Saudita, un governo fondato sul potere del movimento sunnita del wahabismo. Il wahabismo rappresentava un gruppo di guerrieri e un gruppo di esperti religiosi che dovevano sollecitare i sudditi ad obbedire in modo incondizionato. Alla sua morte il potere passò al figlio Faysal, uomo austero e carismatico che tentò di portare all’affermazione dell’Arabia Saudita come stato egemone non solo nel mondo arabo, ma in tutto il mondo islamico. Faysal riuscì a trasformare un regno arcaico (beduino) in un moderno stato consumista. Una forma di governo monarchia, autoritaria ed assoluta, in cui nessuna legge, a parte la sharia islamica, era superiore al sovrano Iniziavano a diffondersi la tecnologia moderna, un benessere diffuso e un grande sviluppo architettonico e urbanistico. Faysal fu assassinato nel 1975 lasciando il suo progetto incompiuto. Di seguito alla diminuzione delle rendite petrolifere, al malcontento della società civile e all’emergere di gruppi estremisti di Al-Qaeda e Bin Landen, negli anni 80 e 90, la monarchia saudita reagì in vari modi, anzitutto enfatizzando il proprio ruolo religioso, facendo poi alcune piccole concessioni politiche e consolidando il suo rapporto con l’Europa e gli Stati Uniti. Il Libano Dal 1500 fino alla fine della prima guerra mondiale il Libano fece parte dell’impero ottomano, per passare poi sotto il protettorato francese che avviò la separazione dalla Siria e ne fece uno stato indipendete nel 1943. Dal punto di vista religioso il Libano può essere rappresentato come lo stato più eterogeneo del medioriente. La ripartizione delle cariche amministrative vengono distribuite a seconda del peso dal punto di vista demografico e socioeconomico delle varie comunità confessionali, così il Presidente della PAGE \* MERGEFORMAT26 Repubblica, Suleiman, è di confessione cristiano-maronita, mentre il primo ministro, Siniora, è sunnita, il Presidente del parlamento ,Berri, invece è sciita e componente del movimento Amal. Questo sistema politico ha mantenuto un suo equilibrio fino all’inizio degli anni ’70 quando numerosi profughi palestinesi sunniti giunti nel paese diminuì la capacità di influenza della popolazione sciita e cristiana facendo scatenare una guerra civile tra le milizie cristiane e quelle musulmane. Questa struttura politica assai debole e frammentata ha consentito la nascita di movimenti radicali sciiti come quello di Hezbollah, il partito di Dio, fondata nel 1982, sostenuta ideologicamente e finanziariamente da Iran e Siria. Hezbollah ha una componente militare e una politica, i cui rappresentanti siedono al parlamento libanese e sostengono la lotta palestinese contro lo stato ebraico addestrandone le forze paramilitari sciite irachene. Potrebbero essere considerari come uno stato nello stato, in quanto offrono servizi sociali e assistenziali nei confronti delle popolazioni sciite più povere e trascurate dal governo di Beirut (costruiscono ospedali, scuole, offrono lavoro e pensioni, formazione tecnica e professionale). In Libano, oltre a Hezbollah è presente anche il movimento AMAL, ossia le milizie della resistenza libanese, il cui presidente Berri è anche presidente del parlamento, ed è stato il primo partito libanese fino all’arrivo del partito di Dio che si è dimostrato superiore sia per le capacità militari che per le doti di assistenza alla popolazione. Nel 2005 i due movimenti si sono uniti e hanno vinto le elezioni. Tuttavia dopo l’assassinio dell’ex primo ministro Hariri, fortemente contrario alla Siria e nel 2006 la guerra con Israele, le Nazioni Unite hanno sancito una la risoluzione per garantire la presenza dei caschi blu sul terriotorio. PAGE \* MERGEFORMAT26 6° Capitolo Fondamenti e struttura dell’economica e della finanza islamica Per approfondire i principi della economia e della finanza islamica, non si può prenscidere da una breve analisi dei valori diffusi dalla religione islamica nell’ambito della cultura dei paesi medio orientali. L’Islam non può essere considerata solo una religione nel senso tradizionale del termine, i cui concetti si limitano a regolare il rapporto privato tra uomo e Dio. L’Islam rappresenta un vero e proprio stile di vita, una legge che oltre a valere per la sfera privata, si estende anche nella vita pubblica regolando anche la vita dell’uomo nella comunità dei credenti (la umma). Il credo religioso islamico si distingue, quindi, per una profonda relazione tra la sfera teologico – morale e sfera normativa – sociale, politica ed economica. Questo implica che l’analisi dell’economia deve essere fatta tendendo in debita considerazione le fonti religiose che, in quanto tali, assumono il valore e il significato di norma giuridica regolatrice dei rapporti umani. Per tale motivo i fondamenti della religione islamica possono essere rappresentati iin modo gerarchico come una piramide, al cui vertice stà il Corano, il testo sacro per eccellenza dell’Islam, al di sotto del quale c’è la Sunna che include gli atti e i detti del Profeta così come sono stati tramandati negli hadith. Per ultimo, laddove le questioni non trattate da queste fonti primarie, si ricorre all’ijmà e al qiyàs, che tradotte significano rispettivamente “consenso” e “analogia”. I contenuti di queste fonti vanno a costituire la Shari’a, ovvero “la via diritta”, la legge divina e positiva che regola l’attività umana. La particolarità dei principi economici islamici stà quindi nell’esplicito richiamo ai precetti di carattere etico, che discendono direttamente dal Corano e dalle altre PAGE \* MERGEFORMAT26 Un altro principio cardine riguarda i divieti di ghàrar e maysir, rispettivamente “inganno” e “speculazione”. Con il primo si intende il divieto all’azzardo, ovvero la proibizione di incorrere in transazioni condizionate da eventi incerti; ogni contratto per essere valido deve essere libero da qualunque forma di incertezza in termini sia di informazione incompleta sul prezzo sia di incertezza intrinseca all’oggetto del contratto. Con il secondo si intende il divieto di ogni sorta di speculazione, quale gioco d’azzardo o scommessa sul risultato di un evento. Entrambi svolgono un ruolo molto importante nel sistema assicurativo islamico che è molto simile a un sistema mutualistico. Riguardo alla tassazione è importante menzionare il pagamento della zakàt che è stata per lungo tempo l’unica imposta dovuta dai musulmani all’interno dei paesi islamici e un importante strumento di politica economica al fine di creare un welfare state. Il suo significato letterario è “purificazione” e consiste nel pagamento dovuto dal credente sul surplus di ricchezze e utili generati durante l’anno. La zakàt è una componente chiave dell’economia morale islamica incarnando il concetto già visto dell’individuo come proprietario solo in quanto amministratore fiduciario di Dio dal quale deriva l’idea che la proprietà debba essere usata per fini superiori come il sostegno dei meno fortunati. Dopo l’analisi dei fondamenti dell’economia islamica, si vede ora come la shari’a e le sue linee guida hanno condotto alla formazione di un sistema bancario specifico, basato su forme di raccolta e di impiego di risparmio diverse da quelle convenzionali. Le banche islamiche come i modelli di banca convenzionale hanno le tipiche funzioni di raccolta di risparmio e di erogazione del credito, con la particolarità però di non applicare interessi sui prestiti, operando secondo il principio di partecipazione agli utili e alle perdite delle operazioni finanziarie, e di investire solo su attività reali e progetti concreti. Riguardo all’attività di finanziamento, la particolarità stà nel fatto che la scelta di erogare o meno un credito non dipende dall’analisi economico finanziaria del soggetto e dalla sua PAGE \* MERGEFORMAT26 capacità di fornire garanzie, ma dalla valutazione della redditività del progetto proposto. Altro elemento caratterizzante è la presenza degli Shari’a Supervisory Board, organi che hanno il compito di supervisionare che tutte le operazioni compiute siano in linea coi principi islamici. A livello organizzativo, il sistema bancario islamico può operare principalmente attraverso tre modelli: la banca islamica vera e propria, completamente shari’acompliant; la filiale di una banca convenzionale, specializzata nell’offerta di prodotticonformi alla shari’a; la finestra o sportello islamico (islamic windows), unità apposita all’interno delle banche convenzionali che offre prodotti finanziari islamici. Negli ultimi due casi, almeno teoricamente, vi è l’obbligo di separazione tra fondi islamici e quelli provenienti da attività bancarie convenzionali. Come ultimo argomento d’analisi, parallelamente allo sviluppo del sistema bancario, e quindi del sistema finanziario, hanno iniziato a prendere forma anche strumenti di mercato come obbligazioni e azioni, coerentemente coi principi islamici. Le due aree che hanno riportato una maggiore crescita e hanno migliori prospettive di sviluppo sono appunto quella dei sukùk – bond o obbligazioni islamiche – e quellam degli investimenti azionari. Il termine sukùk è il plurale della parola araba sakk che significa“certificato” ed è affine alla parola europea cheque (assegno). Secondo la legge islamica, le obbligazioni classiche - i titoli di stato o le obbligazioni societarie (corporate bonds) - basate sul tasso di interesse, non possono accettarsi perché non coerenti con il divieto di ribà’. La finanza islamica ha così elaborato degli strumenti obbligazionari shari’a compliant che riproducono gli stessi flussi di cassa di un bond - il pagamento di cedole e il rimborso del capitale a scadenza - avendo però alla base attività reali, per cui il PAGE \* MERGEFORMAT26 rendimento non si considera un interesse a fronte di un prestito, ma un profitto derivante da un investimento in un progetto ben determinato. Per quanto riguarda gli investimenti azionari la prima caratteristica di un investimento azionario islamico è il divieto di investire in società quotate che svolgano direttamente o indirettamente attività proibite dalla shari’a: produzione e vendita di alcolici; allevamento; lavorazione e vendita di carne di maiale; traffico d’armi; produzione e vendita di tabacco; gestione di casinò e night club; industria pornografica; servizi finanziari che violano il divieto di ribà’ e i servizi assicurativi tradizionali. Allo screening settoriale, che comporta un’analisi non solo formale del business della società selezionata ma una verifica sostanziale di tutte le sue attività, si aggiunge lo screening finanziario, che valuta se la struttura finanziaria della società rispetta il divieto di ribà’ e il legame tra attività finanziaria e attività reale. Ciò significa che, in teoria, sarebbe precluso l’investimento in aziende che ricorrono al debito pagando interessi o che concedono crediti incassando interessi implicando un eccesso di liquidità in bilancio invece che allocata nel processo produttivo. Nell’ultimo decennio, a dimostrazione della crescente importanza che sta assumendo l’industria dei capitali islamica, sono nati alcuni indici azionari islamici per sintetizzare l’andamento degli investimenti azionari “shari’a compliant”. PAGE \* MERGEFORMAT26 Bibliografia • Storia delle relazioni internazionali 1918-1992 E. Di Nolfo (Editori Laterza 1994) • La costruzione del Medio Oriente Bernard Lewis (Editori Laterza 1998) • Storia del Medio Oriente Peter Mansfield ( Società editrice internazionale Torino 1993) • La “politica estera” dell’Agip (1933-1940) Matteo Pizzigallo (Giuffrè editore Milano 1992) • Storia del Medio Oriente 1798-2005 Massimo Camparini (Universale Paperbacks Mulino 2006) • https://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_Sykes-Picot • it.wikipedia.org/wiki/Finanza_islamica PAGE \* MERGEFORMAT26 PAGE \* MERGEFORMAT26
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