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tesina sulla crisi del 29, Tesine universitarie di Economia Politica

Ottima tesina per l'esame di maturità

Tipologia: Tesine universitarie

2012/2013

Caricato il 12/12/2013

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4.5

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Scarica tesina sulla crisi del 29 e più Tesine universitarie in PDF di Economia Politica solo su Docsity! TESINA SULLA CRISI DEL 29 INTRODUZIONE Questa tesina è nata dal mio interesse per l'economia politica specialmente quella della grande crisi e tutte le teorie. La scelta dell’argomento tra i molti possibili, è stata influenzata anche dalla situazione attuale con una nuova crisi di portata mondiale sviluppatasi negli Stati Uniti, per poi diffondersi in Europa e in maniera non meno rilevante in tutti gli altri continenti. L’idea originaria era quella di un raffronto tra le cause e le modalità con cui si sono manifestati questi episodi ma durante la realizzazione ho modificato il progetto iniziale per concentrarmi totalmente sulla crisi del ‘29, sia per la maggior semplicità a livello economico, sia per l’interesse -maggiore di quello atteso- che mi ha invogliato ad approfondire questo momento storico. STORIA La crisi del '29 Il boom degli anni venti (anni ruggenti) Nel primo dopoguerra l'economia degli Stati Uniti ebbe un forte incremento, dovuto anche alla grande richiesta d'investimento che veniva dall'Europa per la ripresa delle varie potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale. Infatti, in America dal 1922 al 1929, la produzione industriale aumentò del 64%, la produttività del lavoro del 43%, i profitti del 76% e i salari del 30%. La forte differenza tra l'aumento dei profitti e della produzione con quello dei salari creò un evidente squilibrio nella distribuzione dei redditi, il quale i sindacati americani non riuscirono ad equilibrare, poiché indeboliti. A questi squilibri, si aggiunse un fattore psicologico trainante: la convinzione che fosse possibile un arricchimento facile, ovviamente non legato al lavoro o alla produzione, ma che provenisse da audaci attività speculative. Ma questa corsa all'acquisto, nel momento in cui era duratura, avvalorava se stessa, causa di quotazioni sempre crescenti. L'esistenza di queste alte quotazioni, attirava anche parte della popolazione a reddito modesto, disposta a pagare alle banche interessi altissimi pur di tentare facili guadagni. Per queste ragioni, il sistema si stava costruendo su se stesso e accentuava le tendenze di mercato, sia che tendessero all'acquisto sia che precipitassero verso la vendita. Ma al crescere dei titoli di borsa corrispondeva il calo della produzione e nell'ottobre del 1929, tra i più avveduti si resero conto di questo fatto portando al crollo della borsa di Wall Street. Cause della crisi Il crollo della borsa, non rappresenta la causa scatenante della crisi economica, ne rappresenta, semmai, il primo segnale. Le sue cause sono da ricercare nelle relazioni economiche e finanziare internazionali nel primo dopoguerra. La prima guerra mondiale, oltre a causare gravi perdite umane e artistiche, frantuma anche l'equilibrio monetario all'interno dell'Europa. Infatti, fino all'immediato scoppio della guerra, le monete dei vari Stati occidentali avevano raggiunto un valore di parità legale, ma durante il conflitto molti Stati avevano ecceduto nell'emissione di carta moneta, che si era svalutata, eccetto gli Stati Uniti che mantennero inalterata la convertibilità in oro del dollaro (Gold Standard), con il quale le altre monete dovettero, poi, confrontarsi. Gli Stati Uniti registrarono un boom ininterrotto dell'economia (salvo nel 1924 e nel 1927) fino all'ottobre del 1929 in quanto essa era stimolata da vari fattori: 1. L'espansione dell'industria edilizia e di quelle collegatele; 2. Innovazioni basate sullo sfruttamento di nuovi prodotti (per esempio l'automobile) e delle industrie collegate; 3. Sviluppo dell'industria elettrica; 4. La razionalizzazione dei processi produttivi tramite il taylorismo, mirante ad eliminare i tempi morti (catena di montaggio). Vi fu un forte aumento del reddito nazionale, non corrisposto da quello della popolazione e, quindi, della forza lavoro. L'America divenne, così, il paese più prospero del mondo e poté concedere prestiti ai paesi europei del dopoguerra. La maggior beneficiaria fu la Germania, che poté riprendersi rapidamente dal collasso del marco. Quindi nell'autunno del 1929 gli Stati Uniti, che tenevano in piedi il sistema economico internazionale, permisero alla crisi che li colpì di spargersi a macchia d'olio. La crisi A partire dal giugno del 1929, la domanda interna americana si trova di fronte ad un calo e la crisi di sovrapproduzione cominciò a colpire le industrie fondamentali e le attività agricole. La crisi dell'economia reale, porta fin dal settembre ad una corsa al ribasso, invece che al rialzo. Infine, dopo settimane di oscillazioni il 24 ottobre 1929 (giovedì nero) tredici milioni di azioni vengono vendute a prezzi bassissimi. Salvo brevi periodi di ripresa, il ribasso continua fino all'8 luglio 1932. Gli effetti della crisi all'interno della società capitalistica sono molteplici: 1. I salari si ridussero e ciò non contribuì all'accrescere la produzione attraverso investimenti, ma portò solamente ad una riduzione dei prezzi; 2. I profitti industriali si contennero; 3. Nei paesi industriali dove i sindacati erano più solidamente organizzati, i salari subirono minori riduzioni, anche perché il numero dei salariati occupati era diminuito. 1933: il New Deal Il crollo della borsa e la crisi economica squalificarono, di fronte all'opinione pubblica americana, gli ambienti capitalistici che durante gli "anni ruggenti" erano stati esaltati per il loro spirito d'iniziativa. Questa sfiducia si abbatté anche sul Partito Repubblicano che era il maggior rappresentante del mondo capitalista; quindi, alle elezioni del 1932 il Partito Repubblicano venne sconfitto da quello Democratico, rappresentato da Franklin Delano Roosevelt, che fu sostenuto soprattutto dai lavoratori. Il patto che Roosevelt presentò agli americani, il New Deal, non si inspirava ad una precisa dottrina economico-politica, ma all'interno di questo programma ci furono degli importanti punti fermi: 1. La decisione di affrontare la crisi tramite l'intervento dello Stato; 2. L'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe per dimostrare la compatibilità tra sistema capitalistico e regime democratico. Tramite il Brain Trust, cioè un gruppo di collaboratori competenti, durante il primo periodo della sua presidenza mise in atto una serie di provvedimenti, inspirati alle idee di Keynes: 1. Per ridurre la disoccupazione, il governo promosse una vasta serie di lavori pubblici (costruzione di case, strade, ponti, opere pubbliche) e fondò un Corpo Civile per la Conservazione della Natura che impiegò circa 3 milioni di giovani in opere di rimboscamento. Fondò, inoltre, la famosa Tennessee Valley Authority, che in circa venti anni portò a termine i lavori di sistemazione della valle del Tennessee, costruendo dighe e centrali per fornire energia elettrica a costi più bassi di quelli praticati dalle industrie private; 2. Concesse dei sussidi agli agricoltori perché diminuissero la produzione o perché distruggessero una parte del raccolto, per evitare una caduta dei prezzi; 3. Affidò all'Ente Nazionale per la Ripresa Industriale il compito di stimolare il rilancio industriale e di formulare un "codice dei concorrenza leale" per mantenere i prezzi ad un livello adeguato. Dall'altra parte le aziende dovevano dare ai lavoratori un minimo salariale e non dovevano aumentare il numero pattuito d'ore lavorative per settimana; 4. Per trovare i fondi necessari a questa nuova politica, fondata sull'espansione della spesa statale, si ricorse all'aumento del debito pubblico: si accettò il deficit statale non pretendendo più il pareggio ad ogni costo; si stampò più carta moneta in rapporto alla quantità di riserve auree, creando un'inflazione controllata che svalutò il dollaro ma permise una più facile esportazione. Tamponati gli aspetti più pericolosi della crisi, dal 1935 venne creato un programma di riforme per consolidare questo sistema. La legge sulla sicurezza sociale fissò consistenti indennità per la disoccupazione, l'invalidità e la vecchiaia. Una riforma fiscale rese fortemente progressive le imposte sui redditi e rese più difficoltosa l'evasione fiscale. La legge sui rapporti di lavoro riconobbe giuridicamente i sindacati. Ma se inizialmente il New Deal era stato accettato da tutti come l'unica soluzione alla crisi, le riforme successive incontrarono una forte opposizione nell'ambiente capitalistico che, per salvaguardare i propri interessi, accusava il presidente di autoritarismo e di concessioni al collettivismo. Nonostante ciò Roosevelt venne rieletto nel 1936, ma nel 1937, mentre il governo restringeva la spesa pubblica per non aumentare troppo il deficit dello Stato, l'ostilità dei capitalisti si manifestò in un cosiddetto "sciopero bianco del capitale" che consistette in un decremento degli investimenti: ne seguì una ripresa della disoccupazione per far fronte al quale il governo, ricorse nuovamente all'espansione della spesa pubblica. Nel 1938, la politica del New Deal, può considerarsi conclusa. Infatti, le minacce del nazismo e dell'imperialismo nipponico, indussero il governo a moltiplicare le spese per gli armamenti, che da sole riuscirono a far superare la crisi, tanto che la disoccupazione sparì velocemente. Roosevelt venne rieletto nel 1940 e nel 1944 e tenne la presidenza fin quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale: morì, infatti, il 12 aprile del 1945, alla vigilia della vittoria sul nazismo. L'interpretazione Keyneysiana Uno studio approfondito della crisi del '29, venne effettuato da uno dei più brillanti economisti del secolo: John Maynard Keynes nel suo libro "La teoria generale dell'occupazione, dell' interesse e della moneta". Secondo la sua tesi, la depressione nasce a causa della riduzione degli investimenti nell'economia che si riflette nella riduzione della produzione dei beni strumentali. Di conseguenza, ne deriva una minore occupazione e un minor consumo da parte di coloro che percepiscono reddito. Di seguito peggiorano le prospettive di guadagno di altri gruppi di imprenditori e, quindi, l'incentivo ad investire. Avviene una diminuzione dei consumi e tramite una serie a catena, la situazione tende a peggiorare. In particolare, gli imprenditori non trovano conveniente utilizzare in investimenti i risparmi monetari di coloro che percepiscono un reddito. Il nodo della crisi risiede, appunto, in questa discordanza tra le decisioni dei percettori di reddito, che non ritengono conveniente consumare, ma anche che non investono direttamente; e quelle degli imprenditori che non ritengono conveniente utilizzare il denaro per aumentare i loro investimenti. A questo punto deve intervenire lo Stato, per cercare di arrestare il processo. Ciò può avvenire tramite una spesa pubblica che, se effettuata tempestivamente, può invertire la tendenza, mantenendo stabili i prezzi. Dopo di che termina l'intervento dello Stato. In conclusione, Keynes sostiene che l'intervento dello stato deve essere limitato nel tempo e basato su un programma di spesa pubblica, o finalizzato a contenere la domanda. Bilancio del New Deal Com'è facile immaginare, la politica di Roosevelt cambiò alcuni dei fondamentali della civiltà americana. Il fattore più evidente, è la scomparsa delle tesi del liberismo, introducendo la pratica dello "Stato assistenziale" (Welfare State), non solo in America, ma in molti paesi capitalisti. La ripresa economica che era tra gli obiettivi del presidente, fu attuata in buona parte, ma non fu raggiunto il pieno impiego della manodopera, cosa che avverrà solo con il riarmo, che non apparteneva, però, alla logica di Roosevelt. Fu conseguita in misura notevole la ridistribuzione dei redditi e venne allargata e tutelata la libertà dei sindacati, assieme a quella politica, tanto che gli Stati Uniti divennero il rifugio di molti intellettuali durante la persecuzione nazista e fascista (Albert Einstein, Thomas Mann, Enrico Fermi, Sigmund Freund, Bertold Brecht, ecc.). SCIENZE FINANZE Finanza neutrale e finanza funzionale - Il ruolo dello stato in economia – Lo Stato, nel momento in cui svolge un’attività finanziaria, esercita un’attività di spesa a cui corrisponde un’attività di entrata. L’intervento dello Stato in economia si atteggia in modo diverso a seconda di quale di gamma di servizi pubblici intende offrire. Nel corso degli ultimi due secoli sono state elaborate diverse teorie sull’opportunità di un massiccio intervento dello Stato in economia; principalmente si sono contrapposte due diverse teorie , che prendono il nome di finanza neutrale e finanza funzionale. La finanza neutrale: è una teoria economica elaborata da alcuni economisti alla fine del 1800 secondo la quale lo Stato doveva limitare al massimo il proprio intervento nell’economia; infatti, sempre secondo questa teoria, l’intervento dello Stato sarebbe risultato dannoso, in quanto finiva per alternare gli equilibri che il sistema economico naturalmente raggiunge. Si parla anche di politica del “lasciar fare”, cioè di lasciare l’innovativa economia in mano ai privati; questi ultimi infatti nel tentativo di perseguire il massimo profitto. La libertà di iniziativa presuppone la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo Stato deve quindi astenersi da ogni tipo di intervento(laissez faire). Questi interventi,infatti, sono dannosi e quindi lo Stato deve solo salvaguardare il quadro istituzionale. In questo sistema il prezzo di equilibrio è dato dall’incontro tra la domanda delle famiglie e l’offerta delle imprese. Il liberismo presenta diversi aspetti negativi. Prima di tutto non difende le categorie più deboli, quelle dei lavoratori; pensiamo allo sfruttamento dei lavoratori nel ‘800. Solo con l’affermarsi delle organizzazioni sindacali i lavoratori hanno iniziato ad essere tutelati e gli imprenditori hanno aumentato i loro profitti. Inoltre l’astensione dello Stato ha portato a situazioni di crisi come nel 1929 negli Stati Uniti. Sistema collettivista (Karl Marx) SCUOLA SOCIALISTA Le teorie del sistema collettivista nacquero come reazione al liberismo e in particolare allo sfruttamento dei lavoratori. Secondo queste teorie è più importante l’interesse collettivo rispetto a quello individuale e quindi si basa sull’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, che appartengono allo Stato. La figura dell’imprenditore viene sostituita dal funzionario dello Stato e la scomparsa del profitto privato avrebbe portato ad una società senza classi. Lo Stato deve intervenire pianificando la politica economica e dettando i prezzi che le famiglie e le imprese devono rispettare obbligatoriamente. Questo sistema ha portato ad una burocratizzazione dell’economia, alla mancanza di incentivi ai miglioramenti tecnologici, al ristagno della produttività e ad una cattiva qualità dei prodotti. Inoltre le libertà fondamentali dell’uomo vennero sacrificate e si formò un altro mercato a prezzi più elevati di quelli fissati dalle autorità. Sistema di economia mista Il fallimento del sistema liberista ha diffuso l’opinione di un intervento statale nell’economia per garantire uno sviluppo regolare e continuo. Una caratteristica di questo sistema è l’elevato livello della spesa pubblica (tra 1/3 e 2/3 della spesa complessiva). Inoltre assumono notevole importanza, assieme al capitale privato, le forze politiche ed i gruppi sociali;l’intervento dello Stato è importante nella soluzione dei problemi della produzione e del consumo. Questo intervento avviene oggi con la programmazione pluriennale della spesa pubblica e con una politica fiscale diretta non solo ad assicurare le entrate ma anche a condizionare positivamente l’attività produttiva e la redistribuzione del reddito, associandosi a particolari scelte di politica economica. Oggi è condivisa l’idea che lo Stato debba lasciare ai privati la gestione delle imprese, regolare il mercato e limitare i suoi interventi assistenziali a favore di chi ha realmente bisogno. Ciò comporta una riduzione del ruolo dello Stato che sappia garantire equità ed efficienza al sistema. In questo quadro convivono Stato e Mercato, ciascuno con propri compiti e al servizio di un’organizzazione che ha al centro le famiglie. EC AZIENDALE ANALISI DEI COSTI Classificazione dei costi in contabilità dei costi La contabilità dei costi oltre alla classificazione operata nella contabilità generale secondo la natura fisico economica dei fattori produttivi viene integrata da altre distinzioni: Costi speciali e comuni , Costi variabili e fissi , Costi controllabili e non controllabili , Costi effettivi ed ipotetici , Costi speciali e comuni , la classificazione si basa sulla possibilità o meno di misurare in modo oggettivo la quantità di fattore produttivo impiegata per un certo oggetto. I costi speciali sono attribuibili ai centri o prodotti mediante misurazione oggettiva, i costi comuni vengono attribuiti ai centri o ai prodotti mediante una ripartizione più o meno oggettiva. La ripartizione dei costi comuni può avvenire su base singola o multipla a seconda se il costo viene ripartito in proporzione ad una sola grandezza o in proporzione a specifiche classi omogenee predeterminate. Costi variabili e fissi , tale classificazione si basa sul tipo di comportamento dei costi al variare della quantità prodotta. Sono definiti variabili i costi che variano più o meno proporzionalmente al variare del volume produttivo, viceversa sono definiti fissi i costi che non derivano dai volumi di produzione. Nell’ambito dei costi variabili è possibile individuare varie leggi di variabilità: - proporzionali , costi che variano nella stessa direzione e con l’intensità proporzionale alla variazione del volume produttivo; - progressivi , variano nella stessa direzione del volume, ma con intensità maggiore; - degressivi , variano nello stesso senso del volume produttivo, ma con minore intensità; - regressivi , variano, oltre un certo livello produttivo, nella direzione opposta al variare delle quantità prodotta. Costi controllabili e non controllabili , tale distinzione è relativa alla possibilità o meno di poter influenzare con specifiche decisioni il costo da parte dall’organo preposto alla sua realizzazione. Costi effettivi ed ipotetici , tale distinzione si basa sull’effettività della manifestazione dei costi, cioè vi sono costi effettivamente sostenuti, corrispondentiad un effettivo impiego di risorse e costi ipotetici che sono i costi che si sosterebbero se certe ipotesi di gestione si manifestassero. Configurazione di costo nella contabilità dei costi Le configurazioni di costo di un prodotto possono essere molteplici a seconda delle voci che vengono inserite nel calcolo, pertanto possiamo distinguere in via principale configurazione di costo parziali e complessive. Nell’ ambito delle configurazioni di costo parziali a seconda dei costi che concorreranno nella determinazione del costo di prodotto è possibile individuare le seguenti classificazioni: Costo variabile Costo Primo o diretto Costo industriale. Costo variabile È una figura di costo che presuppone la chiara separazione dei costi variabili dai costi fissi esclusi dal calcolo Costo Primo o diretto Deriva dalla somma dei costi diretti, senza alcuna imputazione dei costi indiretti. Costo industrialeÈ dato dalla somma del costo delle materie prime più i costi di trasformazione industriale delle medesime. Tale tipologia di costo richiede la ripartizione dei costi indiretti industriali, che sono una parte del costo di trasformazione. In relazione alla configurazione di costo prescelta è possibile distinguere due tipologie di analisi dei costi Direct Costing e Full Costing. Direct Costing (Contabilità a costi variabili) Il Direct Costing imputa ai prodotti i soli costi variabili, mentre considera i costi fissi come costi di periodo che non vengono rinviati al futuro con la determinazione delle rimanenze; Ricavi vendita prodotto + Costi variabili prodotto - ________________________ Margine Lordo di contribuzione capitals, too. Between 1925 and 1928 the value of the shares exchanged at Wall Street went up enormously. However, in October 1929, suddenly, the Stock Exchange collapsed. Actually production had increased so much that it was impossible to find buyers both in America and Europe. Consequently, industries while their owners were not able to return money borrowed from banks. The same thing happened to farmers and the result was that numerous banks failed, too. Moreover, the Stock Exchange was unable to sell and the value of shares reduced notably so that many people went bankrupt. At the presidential election of 1932 Hoover was substituted by Roosevelt, the Democratic candidate. He realized a large economic program, called “New Deal”. The New Deal outlined the idea of a greater interest of the public institutions to the living conditions of the common citizen and a collective effort of federal organizations. It also included measures for the recovery and the control of the stock market. This project fixed contributions and financing in order to realize numerous public works, such as: roads, dikes to prevent floods and energy production at low costs. Farmers were given financial helps and were invited to limit their areas as to avoid excessive production. The State itself promoted industrial activity and introduced social measures, such as assistance to the jobless, old-age pensions and particular care for children and mothers. In 1934 the economic situation began to improve. Roosevelt was convinced that to make industries earn it was necessary to give people more spending power by means of sufficiently high salaries. Moreover, if private citizens were not able to favour any economic development and employment, the State had to act as an entrepreneur and spend, even if this led to a series of debts. Roosevelt’s plan was supported by a famous economist of the time, John Maynard Keynes, who stated that a “balance in red” was not a harmful event for the State if it brought employment or any other positive result in future. It also stressed the new role of government in our society, since Keynes thinks that only an active State intervention in the economy can support employment. When the demand is insufficient the State must diminish taxes and increase public expenditure, even if this involves a balance deficit. In the USA, but also in other European countries, the Crisis of 1929 had introduced a transformation of Capitalism, whose focus was the State intervention. ITALIANO Italo svevo Pensiero e Vita Italo Svevo vive e descrive la parabola della crisi della cultura borghese. D’altra parte questa crisi culturale è il prodotto di una profonda trasformazione economico-politica della grande borghesia, che nel primo ‘900 si avvia all’egemonia, travolgendo la piccola e media borghesia. Svevo appartiene a questa piccola borghesia, come Pirandello, e ne avverte il tramonto, soffocata com’è ed incapace di affermarsi. I piccolo borghesi protagonisti della narrativa sveviana, coscienti della loro inferiorità economica e della loro incapacità di fare la storia, sono allora costretti alla lotta contro la società. Ma per il singolo che si oppone alla violenza organizzata del sistema, un sistema che soffoca ogni aspirazione, non può esserci altro che la sconfitta. E i personaggi sveviani devono constatare la loro impotenza, la loro inettitudine. Italo Svevo nacque a Trieste il 1861 da genitori ebrei. Il suo vero nome era Ettore Schmitz, ma volle chiamarsi Italo Svevo, per indicare la pacifica convivenza in lui della cultura italiana e tedesca. Egli fu uno scrittore ignorato per molti anni dalla critica e dal pubblico. Fu scoperto e rivelato all’estero da Joyce. In Italia fu fatto conoscere da Eugenio Montale. Tutta via la fama di Svevo è cresciuta soltanto dopo la seconda guerra mondiale, quando, approfonditasi la conoscenza della letteratura del primo ‘900, la sua opera è apparsa nuova, una delle testimonianze più alte e significative per comprendere la spiritualità del secolo. L’importanza di Svevo è dovuta, oltre che alla sua sensibilità umana di scrittore, dall’ambiente in cui si formò Trieste, che ai suoi tempi era un vero e proprio crocevia della cultura italiana e della cultura germanica e slava. Questo fece di Svevo lo scrittore più antiletterato del ‘900 italiano, per lo stile e il lessico. Il merito di Svevo è quello di aver inserito l’Italia nella nuova cultura europea. Le opere di Svevo sono costituite da tre romanzi. I primi due “Una vita” e “Senilità” furono quasi del tutto ignorati dal pubblico. Dopo anni di silenzio, Svevo pubblicò il terzo romanzo “La coscienza di Zeno”, che gli procurò un’improvvisa notorietà. I tre romanzi sono idealmente affini, perché hanno una tematica comune che consiste nell’analisi ossessiva e spregiudicata del subcosciente dei rispettivi protagonisti, analisi che è poi una sorta di autoanalisi, perché ciascuno di loro è la controfigura romanzesca dell’autore. Per condurre in profondità quest’analisi, Svevo si servì della psicanalisi di Sigmund Freud. Quest’ultimo insegnava che molte nostre azioni solo apparentemente nascono da libere scelte, in realtà sono condizionate da complessi psichici, formatisi nel passato, specialmente durante l’infanzia, o ricevuti in eredità. Perciò solo frugando nei meandri tortuosi del nostro io, possiamo cogliere le ragioni e i motivi più profondi di molte nostre azioni. Svevo fu tra i primi scrittori a introdurre la psicanalisi come strumento di conoscenza scientifica della nostra più profonda realtà interiore, operando una vera e propria rivoluzione copernicana del romanzo. L’attenzione dello scrittore non è più rivolta a fatti esterni, ma ai fatti interni, all’esplorazione dei labirinti del subconscio, mettendo a nudo ciò che si cela sotto la crosta delle apparenze esteriori e delle convenzioni sociali. Il 13 settembre 1928 mentre tornava con la famiglia da un periodo di cure termali, Svevo è coinvolto in un incidente stradale, in cui rimane gravemente ferito. Viene dichiarato morto al ricovero nell'ospedale di Motta di Livenza. Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, una "continuazione" de La coscienza di Zeno, rimarrà incompiuto. Opere La coscienza di Zeno Zeno, il protagonista dell'opera, proviene da una famiglia ricca e vive nell'ozio ed in un rapporto conflittuale con il padre, che si rifletterà su tutta la sua vita. Nell'amore, nei rapporti coi familiari e gli amici, nel lavoro, egli prova un costante senso di inadeguatezza e di "inettitudine", che interpreta come sintomi di una malattia. In realtà solo più tardi scoprirà che è la società ad essere malata e non lui. Prefazione È questo uno dei capitoli più importanti, dato che rappresenta una finzione letteraria ben inventata. Si tratta di poche righe firmate dal dottor S., il quale espone l'origine del libro ed afferma di averlo pubblicato per vendicarsi di Zeno, che era in origine paziente del dottore stesso. Le cure cominciavano a dare i loro frutti (esse iniziavano con la stesura delle memorie di Zeno, le quali non sono altro che i capitoli successivi del libro). Dato che Zeno ha interrotto la terapia, il dottore è profondamente ferito nel suo orgoglio professionale e decide così di vendicarsi del paziente. È chiaro che questa finzione letteraria è anche una polemica contro la ,psicanalisi una forma di terapia che iniziava proprio in quegli anni velocemente ad affermarsi, soprattutto nell'Impero Austro-Ungarico, di cui Trieste faceva parte. L'iniziale S pare essere la prima lettera del nome del padre della psicanalisi, Sigmund Freud anch'egli un austriaco viennese, ma potrebbe anche riferirsi all'autore. realtà per un oscuro desiderio di rivalsa, di superiorità nei confronti del fortunato rivale in amore che, nel frattempo, ha sposato Ada. Anche Guido, peraltro, è un inetto, e incomincia, per inesperienza, a sperperare il suo patrimonio e a tradire la moglie con la giovane segretaria Carmen, mentre Zeno ha la soddisfazione di essere incaricato da Ada di aiutare e proteggere il marito. Questi, dopo un'ennesima perdita (ha infatti iniziato a giocare in borsa) simula un tentativo di suicidio, per indurre la moglie a sovvenzionarlo con la propria dote. Più tardi, ritenterà il colpo astuto, ma, per un banale gioco della sorte, si ucciderà davvero. Zeno, che impegnato a salvarne, per quanto è possibile, il patrimonio, non riesce a giungere in tempo al suo funerale (ed in seguito sbaglia persino corteo funebre), è accusato da Ada, divenuta nel frattempo brutta e non più desiderabile per una malattia (il morbo di Basedow), di avere in tal modo espresso la sua gelosia, il suo malanimo verso il marito. Il famoso triangolo matrimoniale termina con tre sconfitte irreparabili, ma anche con l'autoinganno dei tre protagonisti, incapaci di distinguere fra sogno e realtà. Psicoanalisi Il capitolo precedente aveva concluso il racconto imposto dal medico a Zeno. Ma ora questi lo riprende, per ribellarsi al medico, che non l'ha guarito, come crede. Zeno tiene un diario, che poi invia al Dottor S. per fargli capire come la pensa. Questo si compone di tre parti distinte, contrassegnate dalle date di tre giorni distinti negli anni di guerra 1915-1916. Nella riflessione conclusiva Zeno si considera completamente guarito, grazie alla scoperta che la "vita attuale è inquinata alle radici" e rendersene conto è segno di salute e non di malattia. MATEMATICA RICERCA OPERATIVA La ricerca operativa (R.O.) è sorta agli inizi della seconda guerra mondiale, dapprima si sviluppò in Inghilterra per lo studio di problemi di difesa antiaerea mediante l’uso del radar; successivamente, negli Stati Uniti, fu impiegata per lo studio di problemi di strategia militare. Una volta terminato il conflitto poi, fu utilizzata per problemi organizzativi nei piu’ svariati settori. DEF : La ricerca operativa può essere considerata l’applicazione del metodo scientifico da parte di gruppi interdisciplinari a problemi che applicano il controllo di sistemi organizzativi al fine i fornire soluzioni che meglio servono gli scopi dell’organizzazione nel suo insieme. Si divide in 5 fasi : • Raccolta delle informazioni: consiste nell’esame della situazione reale e nella raccolta delle informazioni nel modo più ampio e approfondito possibile. • Formulazione del problema : che comporta l’individuazione delle variabili controllabili e non controllabili e la scelta della funzione economica da massimizzare o minimizzare. • Costruzione Modello matematico : che deve essere una buona rappresentazione del problema, anche se è quasi impossibile che sia una rappresentazione perfetta; il modello non è qualcosa di statico e definitivo, ma può essere modificato in una successiva revisione, per renderlo più aderente al problema. Un buon modello deve essere semplice da utilizzare, rappresentare completamente il problema, fornire tutte le informazioni per poter assumere una decisione razionale. • Ricerca Soluzione del modello matematico : se è possibile mediante i metodi della matematica classica e con i metodi dell’analisi numerica partendo da una prima soluzione e cercando di migliorarla. • Verifica e controllo delle soluzioni ottenute. Fonti appunti studenti.it tiscali-studenti wikipedia
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