Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Tesina maturità su Peter Pan, Tesine di Maturità di Italiano

Tesina di maturità: collegamenti con Italiano, Psicologia, Astronomia e Inglese (trama della storia).

Tipologia: Tesine di Maturità

2014/2015

Caricato il 13/01/2015

paola.boninsegna
paola.boninsegna 🇮🇹

4.3

(67)

17 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tesina maturità su Peter Pan e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! “Dimenticali Wendy, dimenticali tutti, vieni con me dove non dovrai mai, mai pensare alle cose dei grandi…” Peter Pan Italiano Pascoli “Il Fanciullino” Inglese The plot of the story Peter Pan: il bambino che ci insegna a vivere! Astronomia Le stelle come orientamento Psicologia Importanza delle favole Fantasia e immaginazione Sindrome di Peter Pan bambini smarriti, le sirene e Capitan Uncino e la sua ciurma. Ma i fratellini hanno nostalgia di casa e tornano accompagnati dai bambini perduti, che verranno adottati dalla famiglia Darling. Peter invece non vuole diventare grande e quindi ritorna a sull’IsolaCheNonC’è, promettendo però di passare a trovare Wendy ogni primavera. Quando si ripresenta, lei è ormai cresciuta e ha una figlia, Jane, che accetta di andare con Peter sull’IsolaCheNonC’è assumendo il ruolo di madre. Dopo Jane, sarà la nipote di Wendy, Margaret, ad accompagnare Peter, e il ciclo continua… “Non mi dimenticherai, vero Peter, prima che arrivi il tempo delle pulizie di primavera?” Wendy È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell'età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell'angolo d'anima d'onde esso risuona. […] Egli è quello, dunque, che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l'ombra di fantasmi e il cielo di dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. Egli rende tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d'amaro e di dolce, e facendone due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l'amore, perché accarezza esso come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra un bramire di belve) , accarezza e consola la bambina che è nella donna. Egli nell'interno dell'uomo serio sta ad ascoltare, ammirando, le fiabe e le leggende, e in quello dell'uomo pacifico fa echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive, e in un cantuccio dell'anima di chi più non crede, vapora d'incenso l'altarino che il bimbo ha ancora conservato da allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce. E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l'Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Il fanciullino pascoliano rappresenta la sensibilità poetica, intesa come percezione fantastica, spontanea e immediata, delle cose. Pascoli carica la metafora del fanciullino di significati molteplici: il fanciullino è la potenza dell'immaginazione che arricchisce la realtà di sogni, esseri fantastici; è la disponibilità a commuoversi, a partecipare emotivamente alle esperienze più diverse, anche se non condivise razionalmente: l'amore, lo spirito di pace e di guerra, la religione; è l' “antica serena meraviglia”, la capacità di vedere la realtà con occhi sempre nuovi. In ognuno di noi c’è un bimbo, con le sue paure, i suoi dolori le sue manifestazioni esuberanti. Egli non cresce come noi, quando siamo piccoli si confonde in noi, così i due fanciullini si scontrano, fra di loro ogni tanto c’è rivalità, ma sempre insieme condividono le speranze, le paure, le gioie, si sentono tutt’uno, si sente un solo battito, un solo pianto. Non cresce con noi, ma resta piccolo; noi continuiamo a desiderare cose nuove lui invece continua a provare stupore per tutto, mentre noi invecchiamo e la nostra voce si arrugginisce, sentiamo la sua squillante. Egli vive in noi con semplicità e umiltà, ha paura del buio perchè vede o crede di vedere cose brutte, sogna ad occhi aperti ricordando cose mai viste. Ama la natura, gli animali è colui che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei, piange e ride di cose che noi non abbiamo più la capacità di percepire e non riusciamo a comprendere. Quando muore un nostro caro, egli si manifesta in noi ricordando qualcosa di puerile che ci permette di piangere e di sfogarci. E’ quello che, quando presi dalla gioia sfrenata ci fa dire cose gravi e ci frena, ci rende l’infelicità e la felicità sopportabili misurando la giusta dose di amaro e di dolce. Rende umano l’amore perché lo accarezza come una sorella, allo stesso modo fa con la bimba che è in ogni donna. Nell’uomo serio ascolta le fiabe, mentre in quello pacifico fa suonare tromboni, fanfare e pive, in chi ha perso la fede, in un angolo dell’anima mette un altarino e fumo d’incenso. Quando abbiamo fretta ci fa perdere del tempo perché vuol raccogliere un fiore, ascoltare l’uccellino che canta o toccare il selciato. Parla molto senza stancarsi mai, per noi egli è l’Adamo che da un nome a tutto ciò che vede e sente, senza di lui parecchie cose, dandole per scontate, non le vedremmo. Nelle cose egli nota le somiglianze più impensabili, ad adattare le cose più grandi a quelle più piccole. Ciò che lo spinge a fare questo è che non finisce mai di stupirsi, la curiosità non ha limiti, rimpicciolisce per poter vedere meglio, ingrandisce per ammirare e provare stupore. Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855. Nel 1867, il padre, fu ucciso. Poco dopo la morte del padre, Pascoli perse anche la madre e le due sorelle: la famiglia, composta prevalentemente di ragazzi, cadde nella miseria e nel dolore. Queste esperienze dolorose dell'adolescenza furono determinanti per la formazione del suo mondo interiore e poetico. La famiglia rappresenta il nucleo di memoria e Pascoli la tradusse in termini simbolici con l'immagine del nido, caldo, chiuso, intimo. Nel 1895, mentre la sorella Ida si sposa, distruggendo così il suo nido familiare, egli si trasferì con la sorella Maria nella casa di Castelvecchio. Le trasformazioni politiche e sociali che agitavano gli anni di fine secolo gettarono progressivamente Pascoli in una condizione di insicurezza e pessimismo ancora più marcati. Nel 1912 muore a causa di un cancro al fegato. Pascoli ebbe una concezione dolorosa della vita, sulla quale influirono due fatti principali: la tragedia familiare e la crisi di fine ottocento. Pascoli, nelle celebri pagine del “Fanciullino” (1897), viene teorizzando la sua poetica, intimamente connessa al Decadentismo. Egli arriva alla verità in modo intuitivo ed irrazionale, guardando tutte le cose con stupore, con meraviglia, come fosse la prima volta: “Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d’un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporti nell’abisso della verità”. (Pascoli, “Fanciullino”) Anche la poesia deve essere spontanea e intuitiva, come intuitivo è appunto il modo di conoscere e di giudicare dei fanciulli. Gli occhi del fanciullo scoprono nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose; adattano il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario; rimpiccioliscono per poter vedere, ingrandiscono per poter ammirare, ecc. tutto è definitivamente sulla pellicola. Chi ascolta dalla viva voce o legge da un libro, ha invece l'opportunità di costruirsi il proprio film interiore, di lasciar fluire immagini prodotte dalla propria mente in sintonia con la propria sensibilità e con la voce di chi racconta. Le parole a differenza delle immagini hanno questa caratteristica, di non aderire mai completamente ai personaggi, ai paesaggi e ai sentimenti che descrivono: esse lasciano all'ascoltatore uno spazio da riempire. Quando un adulto racconta o legge una storia, immediatamente si crea un'atmosfera di complicità. Il bambino si sente insieme, protetto e sicuro. L'educatore può anche inventare una storia ad hoc se si accorge che il suo piccolo ascoltatore ha un problema da risolvere, una paura da superare, una curiosità oppure un passaggio esistenziale da affrontare. Le produzioni intellettive sono costituite da forme di ragionamento intuitivo e transduttivo che preludono al pensiero operatorio. La produzione fantastica è data da rappresentazioni mentali, da immagini, derivate dalla realtà e trasfigurate. Esse si muovono, assumono forma e vita propria, si scompongono in elementi più semplici e si ricompongono in unità complesse e diverse dalle precedenti. E' questo un inarrestabile ed infinito gioco di produzione immaginaria a cui sono associate sensazioni, emozioni e profondi turbamenti dell’animo infantile. Le forme della fantasia sono presenti nei pensieri dei bambini, nelle fiabe, nei giochi che essi sviluppano, sia singolarmente, sia in gruppo. L’attività fantastica svolge una funzione equilibratrice nel complesso sistema della vita psichica del soggetto. Venendo a contatto con la realtà, il bambino s’imbatte in una serie di difficoltà e d’avversità che vive in modo drammatico, sperimentando l’asprezza e la violenza del mondo della concretezza. Emergono, inevitabili, delle frustrazioni che potrebbero portare il soggetto a concepire il reale in modo ineluttabilmente pericoloso ed ostile. Ma la fantasia permette al bambino di rendere flessibili, ai propri desideri ed alle proprie aspettative, le manifestazioni reali, attraverso la trasformazione fantastica dei dati, degli oggetti e delle vicende concrete. In tal modo la durezza e l’aggressività del mondo vengono ammorbidite, modificate, e il bambino trasforma il reale in una serie infinita di fatti immaginari, soddisfacenti e piacevoli. Il bambino “dà vita”” a cose inanimate trasfigurandole secondo i loro bisogni interiori e i loro desideri. Con la fantasia, il reale pericoloso ed avverso viene esorcizzato e in tal modo vengono neutralizzati conflitti e frustrazioni. La fantasia permette di evocare situazioni felici e rassicuranti. Essa permette al bambino di “giocare” con i suoi fantasmi e di sistemarli in vicende gradevoli o sgradevoli, con sicure vittorie conclusive. In tal modo il bambino appaga desideri nascosti difficilmente realizzabili. Nel mondo della fantasia l’inverosimile e l’incredibile diventano possibili e realizzabili. Con la fantasia, il mondo esterno e quello interno perdono i rispettivi confini, s’intersecano e si mescolano. Il mondo della fantasia si carica di elementi concreti, e il mondo reale viene trasfigurato. Il bambino è solito dividere sia il mondo reale che quello fantastico in modo manicheo: da una parte ci sono i buoni, dall’altra ci sono i cattivi. I buoni sono persone, animali, oggetti, immagini, elementi che danno sicurezza, affidamento, aiuto, amore, protezione, i cattivi sono persone, animali, oggetti ed elementi che sono ostili, malvagi, e provocano danno, aggressività, pericolo. Il potere della fantasia è quello di inventare situazioni e fatti che sono favorevoli al bambino: egli crea e trasforma questo mondo a suo piacere, secondo i suoi sconfinati desideri e le sue innumerevoli esigenze. In questo mondo di buoni e cattivi il bambino impersona l’eroe delle vicende, forte ed invincibile. L’eroe, aiutato dagli elementi benefici, entra in conflitto con le forze del male distruggendole ed annientandole. In tal modo il bambino vive una vita eroica e mitica, piena di pericoli e di asperità, riuscendo sempre a vincere e ad imporsi sulle forze del male. La domanda che ci si potrebbe porre è: nella nostra era moderna e telematica, governata soprattutto dai prodotti della ragione, il bambino riesce ancora a vivere una vita fantastica? Certamente sì. Anzi, oggi più che mai il bambino ricorre alla vita della fantasia, quasi per arginare la noia di un mondo massimamente organizzato e programmato, eppure così pieno di pericoli e di ostacoli, così imperfetto ed ingiusto. Il bambino non può sottrarsi a! fascino di un mondo magico, in cui le immagini e le rappresentazioni non obbediscono, così come accade nel sogno, alle leggi e alle regole della ragione, e dove, diversamente dalla vita solare, tutto può andare al dì là delle determinazioni del tempo e dello spazio, oltrepassando i limiti della logica. L’immaginario, oltre a rappresentare una vera e propria esigenza psicologica, e ad essere un mezzo efficace per dare vita e sviluppo agli stati emozionali dell’ animo, costituisce sempre uno degli elementi fondamentali ed indispensabili della psiche umana, in particolar modo della psiche dei bambini. Parlare di fantasia è opportuno definire anche il concetto di creatività ossia la capacità di prendere spunto dalla fantasia per realizzare qualcosa di nuovo nella realtà. Grazie alla fantasia, presente in ogni essere umano e viva soprattutto durante l'infanzia, i bambini sono in grado di organizzare giochi con materiali poveri ed intrattenersi per ore giocando al “fare finta di..”. Verso gli otto mesi il bambino impara che gli oggetti possono anche esistere nella sua mente, e che non scompaiono solo perchè sono invisibili (permanenza dell'oggetto). Il piccolo capisce che anche le persone possono trovarsi altrove senza scomparire. Il bambino protesterà quando la sua mamma andrà via ma immediatamente si tranquillizzerà perchè può immaginare e sa che lei ritornerà. La creatività è distribuita in misura molto minore della fantasia, poiché oltre ad una buona capacità intellettiva richiede anche una notevole abilità organizzativa. Il “mondo incantato” non è finito e non potrà avere mai fine. Freud, curando i suoi pazienti si era reso conto che gli adulti in fuga da una realtà dolorosa spesso si rifugiavano in una regressione ai giorni spensierati e felici della fanciullezza, stadio in cui gli esseri umani non sono ancora repressi da famiglia ed educazione. Nella concezione generale un Peter Pan è colui che non vuole crescere, che è rimasto fermo evolutivamente alla propria infanzia ed adolescenza dove tutto è bello, tutto è possibile, e c'è il rifiuto di calarsi nel mondo, con le limitazioni che questo comporta. Egli è un essere perfetto che vive in un suo mondo ideale; è vivace, curioso, brillante; ha un' inestinguibile sete di novità e di esperienze; è egocentrico, impaziente, "al di là del bene e del male"; è incapace di fare i conti con la realtà. La sindrome colpisce molti giovani uomini che si sentono rifiutati dai genitori, abbandonati ed incompresi, sono inquieti, non hanno nessuno a cui rivolgersi con fiducia, ma cercano di nascondere le loro inquietudini con coperture, come fa Peter Pan quando si mette a suonare allegramente il suo flauto proprio mentre sta per essere abbandonato da Wendy e dai suoi Bimbi Sperduti. La personalità di questi moderni Peter Pan li spinge a fingere, mentire, imitare, recitare un ruolo, inventare storie straordinarie. Per prima cosa essi mentono a se stessi e, per evitare di pensare alle loro paure ed insicurezze, preferiscono guardare ai loro lati positivi, finendo così per sviluppare un estremo narcisismo convincendosi presto di essere qualcosa di speciale e trasformandosi Come scrisse il cantautore Edoardo Bennato Peter Pan, Wendy e i due fratelli raggiunsero l'IsolaCheNonC'è seguendo la “seconda stella a destra”. Come loro anche noi possiamo orientarci nello spazio grazie a due componenti fondamentali: l'asse del mondo e il meridiano celeste che, grazie alle varie intersezioni, consentono di individuare diversi punti nella sfera celeste. Questi punti corrispondono ai quattro punti cardinali, Zenit e Nadir. I punti cardinali sono Nord, Sud, Est e Ovest, ricavati dall'intersezione tra l'equatore celeste e l'orizzonte celeste. Per trovare lo Zenit e il Nadir dobbiamo indicare i punti di intersezione tra la verticale dell'osservatore e la volta celeste. Ovviamente questi punti non sono sufficienti per indicare le corrette coordinate di una stella. Per trovarle possiamo basarci sul piano dell'orizzonte o sul piano dell'equatore. calcolando le coordinate di una stella troviamo due grandezze: l'ALTEZZA e l'AZIMUT. L'altezza (h) è la distanza tra il punto di osservazione e la stella studiata, costituisce la coordinata verticale. La misura dell'altezza varia da 0° a 90°. L'azimut (α) è l'angolo misurato dallo specchio formato dell'altezza fino ad incontrare il punto lungo il piano dell'orizzonte, costituisce la coordinata orizzontale. La sua misura varia da 0° a 360°. calcolando le coordinate di una stella troviamo due grandezze la DECLINAZIONE e l'ASCENSIONE RETTA. La declinazione retta è la distanza angolare tra l'astro considerato e il piano dell'equatore celeste, costituisce la coordinata verticale. L'ascensione retta è la distanza angolare dell'astro dal meridiano celeste che passa per il punto gamma ( ). Un altro modo per orientarsi può essere l'osservazione degli astri. Nell'emisfero boreale di notte possiamo prendere in considerazione la Stella polare che si trova in corrispondenza del Polo Nord; nell'emisfero australe la stella visibile a occhio nudo che funge da “stella polare” è la stella Octantis nella Costellazione dell'Ottante o la Costellazione della Croce del Sud. “Le stelle sono belle, però non possono partecipare attivamente a nessuna vicenda umana: possono soltanto guardare giù, in eterno, sulla terra. E’ una punizione caduta su di esse per qualche mancanza commessa tanto tempo fa e che ora più nessuna stella sa quale fosse. Così le più vecchie, la colpevoli, sono diventate occhiute e taciturne, le più piccole si meravigliano di tutto e vogliono vedere. In realtà, non sono molto amiche di Peter perché egli ha il deplorevole vezzo di giocare a rimpiattino dietro a loro e di soffiare sopra le loro fiammelle.” - James Matthew Barrie - Bibliografia: - Letteratura Letterature Secondo Ottocento. Guido Armellini e Adriano Colombo.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved