Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

titoli di solidarietà, Tesi di laurea di Diritto Privato

Tesi sui Titoli di solidarietà

Tipologia: Tesi di laurea

2018/2019

Caricato il 20/03/2024

Lorenzo220510
Lorenzo220510 🇮🇹

5

(1)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica titoli di solidarietà e più Tesi di laurea in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! I titoli di solidarietà Sommario Premessa 1 Storia dei Titoli di solidarietà periodo prima della riforma del Codice del Terzo settore) 2 Definizione normativa e caratteristiche dei titoli di solidarietà 2.1 I destinatari del finanziamento: gli enti del Terzo settore e i relativi requisiti 2.1.1 Il requisito dell’esercizio di un’attività di interesse generale 2.1.2 Destinazione e disciplina del patrimonio 2.1.3 L’iscrizione in un apposito registro 2.1.4 La denominazione sociale 2.1.5 Le scritture contabili e bilancio sociale 2.2 Gli enti emittenti e i relativi obblighi 3 Nella bilateralità delle obbligazioni vuoi societarie che bancarie, la tri-lateralità dei titoli di solidarietà 4 Osservazioni critiche sui titoli di solidarietà, di cui all’ert.77 del Codice del Terzo settore Conclusioni Bibliografia e sitografia Titoli di solidarietà Premessa I titoli di solidarietà esprimono degli strumenti per facilitare i meccanismi di accesso al credito da parte degli enti non profit. Questa particolare categoria di titoli trovano una specifica regolamentazione all’art.77 del Codice del Terzo settore, entrato in vigore il 3 agosto del 2017. Si fa riferimento ad obbligazioni e altri titoli di debito, ma anche certificati di deposito la cui emissione è riservata agli istituti di credito, come strumento di raccolta fondi per un impiego esclusivo a favore degli enti del Terzo settore. L’intervento legislativo, in tema di titoli di solidarietà si colloca all’interno della riforma, che ha investito l’intero settore del non profit, rispondendo alla necessità di colmare, nonché rinnovare la regolamentazione precedente.1 L’opera di unificare e semplificare l’intera regolamentazione prende avvio il 25 maggio del 2016 in seguito all’approvazione del Parlamento della legge delega n.106, rubricata “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. Per effetto di questa legge delega il legislatore delegante ha cercato di costruire un welfare partecipativo, fondato su una governance allargata alla partecipazione di tutta la collettività al processo decisionale delle politiche sociali.2 1 Le ragioni della riforma essenzialmente risiedono nella valorizzazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale e nella promozione dell’impresa sociale, ampliando le forme di sostegno economico sia di derivazione pubblica che privata. GORI L., ROSSI E., “La legge delega n.106 del 2016 di riforma del Terzo settore”, in Osservatorio sulle fonti, fascicolo n.2, 2016, pp. 1-23. 2 Negli ultimi 30 anni il nostro Stato ha avviato un processo di mutamento del proprio sistema di welfare da welfare state a welfare community a responsabilità diffusa. Un processo che prende avvio inizialmente con un decentramento istituzionale quando agli inizi degli anni ’70 nascono le Regioni. Poi, l’opera del decentramento si realizza con i servizi con importanti riforme a partire dal DPR 616 del 1977 alla L. 833 del 1978, tra cui si annovera un importante riconoscimento al volontariato. Con il nuovo sistema politico-organizzativo, per mezzo della eleggibilità diretta dei sindaci e della riforma della Costituzione congiuntamente al welfare consentono a dislocazione delle competenze in un sistema integrato di servizi ed interventi a cui possono concorrere tutti gli attori del territorio, realizzando il principio della sussidiarietà verticale ed orizzontale. COSTA G., Diritti in costruzione, Bruno Mondatori, 2012; RINALDI M., Dal welfare state al welfare society, Effatà Editrice, 2006, p. 168 Il decreto stabiliva inoltre, che i fondi raccolti dovevano essere oggetto di una gestione separata, dalla quale far risultare tutte le entrate e le spese in modo chiaro e trasparente. Il legislatore all’art.2 comma 1 stabiliva il limite massimo del tasso effettivamente praticato al momento dell’emissione, infatti, “Il limite massimo del tasso effettivamente praticato al momento dell'emissione dei titoli di solidarietà è stabilito in misura pari al rendimento lordo medio mensile delle obbligazioni emesse dalle banche (Rendiob7)”. Il beneficio fiscale previsto per gli emittenti consisteva “ nel poter computare il costo fiscalmente deducibile dal reddito d’impresa la differenza tra il tasso effettivamente praticato per l’emissione dei titoli di solidarietà e il tasso di riferimento”.8 Nessuna agevolazione fiscale risultava prevista per i sottoscrittori dei titoli. E quindi il legislatore prospettava nella sola gratificazione in attività socialmente utili percepite dal privato risparmiatore le prospettive della collocazione dei titoli presso il pubblico. Tuttavia l’assetto normativo di quegli anni è sempre stato considerato alquanto frastagliato e lacunoso, poco attento alle esigenze di un settore in continuo mutamento, quale appunto il Terzo settore.9 La necessità di riordinare e conferire un filo conduttore alla disciplina relativa alle misure agevolative e di sostegno economico agli enti del Terzo settore, è stata una delle motivazioni alla base della riforma del Codice del Terzo settore che ha portato successivamente all’adozione del d.lgs. 117/2017. 7Il rendimento delle obbligazioni bancarie calcolato giornalmente dalla Banca d’Italia su un paniere e composto da obbligazioni a tasso fisso emesse da banche, che presentano un significativo volume di negoziazioni sul MOT e che hanno vita residua superiore ad un anno. Sul mercato telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato si negoziano contratti di compravendita relativi ad obbligazioni diverse da quelle convertibili e titoli di Stato. RENDIOB e MOT, http://www.bankpedia.org 8 AA.VV., Il Codice del Terzo settore, commento al d.lgs 3 luglio 2017,n.117, Op. cit., p. 86. 9 Si ricorda che sono enti del Terzo settore “organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le coperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.” In un momento storico complesso, caratterizzato non solo da una crisi economico- finanziaria, ma soprattutto valoriale, i modelli che sono stati guida dell’idea di sviluppo socio-economico hanno dimostrato la loro debolezza. Al contrario l’universo di organizzazioni rientranti nel concetto di “terzo settore”, viene riconosciuto come componente essenziale dell’economia, soprattutto nel sistema di protezione sociale. Il settore non-profit se collegato in modo efficace con gli altri settori del mercato, profit e pubblico, ha la potenzialità di garantire un welfare universale elevato, in grado di rispondere ai bisogni reali ed emergenti di tutti gli “attori” del sistema economico. Ecco perché a partire dal 2012 vengono presi in considerazione nuove forme di finanziamento come i social bond10, che il settore bancario ha sperimentato e ai quali appunto si è ispirato il legislatore nel dettare la disciplina dell’art.77 volta a garantire una maggiore diffusione dello strumento. In considerazione dell’ampiezza assunta dalla riforma del Terzo settore, il proseguo della trattazione partirà dalla riesamina dell’art.77 in cui sono ravvisabili le caratteristiche dei titoli di solidarietà. 2 Definizione normativa e caratteristiche dei titoli di solidarietà In base all’art.77 comma 2 i titoli di solidarietà sono:” obbligazioni ed altri titoli di debito, non subordinati, non convertibili e non scambiabili, e non conferiscono il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non sono collegati ad uno strumento derivato, nonché certificati di deposito consistente in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario”. 1010 Tra i pionieri dei social bond troviamo UBI BANCA che nel 2011 ha lanciato “UBI COMUNITA’” un singolare progetto che le ha permesso di divenatare il punto di riferimento per il settore del non profit italiano. Una delle ideazioni più rilevanti all’interno di “UBI COMUNITA’” sono i Social Bond, cioè titoli obbligazionari che “offrono al sottoscrittore un ritorno sull’investimento e allo stesso tempo di contribuire al sostegno di iniziative di rilevante valenza sociale”. Ci sono due tipologie di social bond che UBI BANCA metta a disposizione: • la prima prevede la devoluzione ad associazioni, fondazioni ed enti di parte dell’importo (tipicamente lo 0,5% del valore nominale delle obbligazioni sottoscritte), ottenuto attraverso la collocazione di titoli di prestito obbligazionario; • a seconda si basa sulla creazione di un plafond di entità pari all’importo raccolto, per finanziare e supportare lo sviluppo sul territorio di iniziative di imprenditorialità sociale. I titoli di solidarietà sono dunque obbligazioni, titoli di debito e certificati di deposito. Le obbligazioni sono dei titoli di credito che esprimono quote di finanziamento concesse da un creditore, il quale riceve un interesse periodico allo scadere delle cedole ed il rimborso a scadenza. Esistono anche obbligazioni convertibili ma il dettato normativo impone un divieto di emissione perché non possono definirsi meri strumenti di raccolta. La convertibilità implica un potenziale elemento partecipativo e una potenziale posizione amministrativa dell’obbligazionista nella banca emittente. Banca emittente che di fatto non risulta la destinataria della raccolta del risparmio mediante l’emissione dei titoli di solidarietà, perché le somme non sono destinate a soddisfare un fabbisogno finanziario proprio da poter poi giustificare una conversione. Per altri titoli di debito si intendono strumenti rappresentativi di capitale di debito diversi dalle obbligazioni. Risulta comune alle due tipologie di titoli: • la non subordinazione che implica una mancata o insufficiente soddisfazione del pagamento delle cedole o il rimborso del capitale nel caso in cui l’ente si trovi in particolari difficoltà finanziarie. In questi casi, difatti, dovranno essere soddisfatti prima gli altri creditori, appunto non subordinati;11 • la non scambiabilità in azioni o valori equivalenti ad azioni. Non risulta preclusa la negoziabilità di questi titoli nel mercato monetario a differenza dei certificati di deposito, un’altra categoria di titoli che il legislatore annovera tra i titoli di sussidiarietà. I certificati di deposito sono titoli vincolati e trasferibili che attribuiscono al possessore il diritto al rimborso del capitale e all’interesse maturato. Ai titoli di solidarietà si applicano disposizioni diverse a seconda se trattasi di obbligazioni ed altri titoli di debito o certificati di deposito. Si applicano, difatti, di cui al terzo comma dell’art. 77 del Codice del Terzo settore: 11DEGREGORI & PARTNERS, Obbligazioni e titoli di stato, Edizioni R.E.I., 2016, p.51 • formazione extrascolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa ecc. Ciò che emerge dall’art.5 del d. lgs. è un cambiamento di rotta, soprattutto rispetto alla normativa degli anni 90. In passato l’impianto normativo riguardava un’attività sociale che era rivolta al singolo soggetto svantaggiato. Oggi invece, il legislatore fa riferimento ad “un’attività di interesse generale”, ponendo l’attenzione ai bisogni dell’intera collettività. In concreto le attività di interesse generale sono quelle che non soddisfano un interesse particolare o specifico ma piuttosto un interesse che “abbraccia” più da vicino la collettività; interesse che senza essere necessariamente pubblico, comprenda esigenze di ordine sociale. Occorre segnalare che a livello normativo il “Codice del Terzo settore supera anche la più ristretta interpretazione di scopo non lucrativo identificato nel non distribution constraint, il quale non è “il” parametro sul quale ruotano le differenze, ma solo uno dei parametri dei cinque che individuano in positivo l’ente del Terzo settore”.12 2.1.2 Destinazione e disciplina del patrimonio “Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di ricavi, rendite, proventi entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”. Si fa riferimento alla destinazione del patrimonio e assenza di scopo di lucro, di cui all’art.8 del Codice del Terzo settore. Il vincolo sul patrimonio è imposto dall’assenza di scopo di lucro che deve contraddistinguere l’attività degli enti, i quali in base al comma 2 dell’art.8 non possono distribuire i propri utili, neppure indirettamente. Di conseguenza il successivo comma dello stesso articolo prevede una casistica di distribuzione indiretta di utili che risulta preclusa, ossia: • “La corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle 12 AA.VV., Il Codice del Terzo settore, commento al d.lgs 3 luglio 2017,n.117, GORGONI M. ( a cura di), Op. cit., p.42 responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;” • La corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi; • La cessione di beni o servizi a condizioni più favorevoli di quelle di mercato a chiunque operi per l’organizzazione o ne faccia parte; • “La corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concreto con il Ministro dell’economia e delle finanze”. Il legislatore poi ha specificato che in caso di scioglimento o estinzione dell’ente, il patrimonio residuo deve essere devoluto, previo parere positivo dell’Ufficio del RUNTS e salva diversa destinazione imposta dalla legge, agli altri ETS secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente, o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. 2.1.3 L’iscrizione in un apposito registro Il D.Lgs. 117/2017 richiede l’iscrizione nel Registro Unico nazionale del Terzo settore, alla cui dettagliata disciplina è dedicato l’intero titolo VI (art.45-54). Il Registro sarà tenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Tuttavia, sarà operativamente gestito su base territoriale e con modalità informatiche. Per le regioni assumerà la denominazione di “Ufficio regionale del Registro unico nazionale del Terzo settore”; per le due provincie autonome di Trento e Bolzano sarà corrente la denominazione di “Ufficio provinciale del Registro unico nazionale del Terzo settore”. L’art. 46 del Codice dispone una divisione del Registro in sette sezioni, rispettivamente: • Organizzazioni di volontariato; • Associazioni di promozione sociale; • Enti filantropici; • Imprese sociali, incluse le cooperative sociali; • Reti associative; • Società di mutuo soccorso; • Altri enti del terzo settore. L’ultima sezione è stata inserita allo scopo di “consentire l’iscrizione anche a soggetti sui generis che pur in possesso dei requisiti generali previsti dalle generalità (sic) degli enti, presentano difficoltà a riconoscersi in una specifica categoria”.13 Nessun ente potrà iscriversi contemporaneamente in due o più sezioni, ad eccezione delle reti associative in ragione della loro naturale funzione e della loro relativa struttura. Quanto agli altri sei punti dell’elenco, per ciascuna tipologia è prevista una specifica disciplina nel Titolo V del Codice (artt.32-44). Per quanto concerne le imprese sociali, la qualità di Ente del Terzo settore è acquisita all’atto dell’iscrizione del Registro delle Imprese (come disciplina lo stesso art 11. Comma 3 del Codice),14 che dovrà provvedere alla trasmissione degli atti al Registro unico. La procedura di iscrizione ordinaria è disciplinata, dall’art.47 del Codice. Si tratta di un procedimento a discrezionalità vincolata in quanto l’ufficio verifica le condizioni per la costituzione e per l’iscrizione. La domanda di iscrizione è presentata a cura del legale dell’ente o della rete alla quale l’ente stesso aderisca, presso l’Ufficio Unico nazionale. La domanda deve indicare la sezione per la quale si fa richiesta di iscrizione. L’ufficio di competenza è quello della Regione o Provincia autonoma in cui è situata la sede legale dell’ente. Devono essere depositati insieme alla domanda l’atto costitutivo, lo statuto ed eventuali allegati. 13AA.VV., Il Codice del Terzo settore, commento al d.lgs 3 luglio 2017, Op. cit., p. 326. 14 “Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore”. • il dover destinare l’intera raccolta fondi esercitata mediante emissione dei titoli di solidarietà esclusivamente al finanziamento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale o di intermediari bancari e finanziari, nella misura in cui tali fondi sono destinati, da parte di questi ultimi, al finanziamento degli enti del Terzo settore; • di dover tenere una gestione separata dei fondi raccolti con gli strumenti di finanza sociale, nella cui contabilità dove devono risultare in modo chiaro e trasparente tutte le entrate e le spese connesse ai fondi medesimi; • di dover comunicare, entro il 31 marzo di ogni anno, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali: ✓ il valore dell’emissione dei titoli di solidarietà effettuato nell’anno precedente; ✓ l’erogazione complessiva di finanziamenti erogata a titolo di liberalità agli enti del Terzo settore, con indicazione degli enti beneficiari e delle iniziative oggetto di finanziamento. In contropartita a questi obblighi le banche e gli intermediari finanziari, di cui all’art.107 del TUB, possono: • applicare un tasso minore rispetto a quello previsto dal dettato normativo, e quindi minore rispetto a quanto stabilito dal comma 4 dell’art.77 del Codice del Terzo settore, solo per effetto della riduzione del corrispondente tasso di interesse applicato sulle operazioni correlate di finanziamento, in osservanza a quanto stabilito nel decreto attuativi di cui al comma 15; • erogare a titolo di liberalità agli enti del Terzo settore una somma commisurata all’ammontare nominale collocato dei titoli, operando una scelta discrezionale sulla validità del progetto dall’ente richiedente. Inoltre i titoli di solidarietà vengono emessi, senza commissioni di collocamento. 3 Nella bilateralità delle obbligazioni vuoi societarie che bancarie, la tri- lateralità dei titoli di solidarietà Nel mercato finanziario gli strumenti di raccolta del risparmio che rappresentano dei veri e propri capisaldi sono: azioni, obbligazioni. Ovviamente la scelta allocativa del risparmio dell’investitore dovrà tenere conto di tutta una serie di elementi, in primis il capitale dell’investitore, al fine da conoscere e stabilizzare al meglio il rischio complessivo. Nella maggior parte dei casi, inoltre, la scelta dell’allocazione finanziaria deve essere fatta simultaneamente alla valutazione del reddito e dei consumi, valutando le esigenze del singolo investitore. Le azioni sono quote sottoscritte di capitale di proprietà conferiscono all’azionista diversi diritti, sia di natura patrimoniale che amministrativa a seconda della categoria di appartenenza dell’azione posseduta. Le obbligazioni sono quote sottoscritte di capitale di terzi conferiscono all’obbligazionista il diritto di percepire degli interessi periodici e il rimborso a scadenza, quando ordinarie, o la conversione in azioni se convertibile. L’esposizione in bilancio di un prestito obbligazionario si trova collocata tra i debiti, perché di un debito si tratta. Un debito contratto allo scopo di soddisfare delle istanze di un fabbisogno finanziario al fine di effettuare degli investimenti nella propria attività produttiva. L’iniziativa all’emissione di un prestito obbligazionario proviene dalla stessa impresa, quando consentito per legge ed entro un determinato importo sempre stabilito dalla stessa. Per il collocamento sul mercato l’impresa può avvalersi di intermediari finanziari, quindi banche. Il rapporto tra impresa e obbligazionista è di natura bilaterale: ente emittente e sottoscrittore del prestito a cui fanno capo specifici diritti ed obblighi. L’obbligo del sottoscrittore è di versare all’ente emittente quanto sottoscritto; gli obblighi dell’ente emittente sono quelli di dover corrispondere degli interessi periodici e provvedere al rimborso alle scadenze prestabilite e/o alla conversione in azioni. Non c’è differenza tra un prestito contratto dalle imprese sotto forma di prestito obbligazionario o dalle banche. Sono le ragioni sottostanti all’emissione del prestito obbligazionario a giustificarne il ricorso: • per le imprese è una fonte alternativa di finanziamento al fine di soddisfare il proprio fabbisogno finanziario volto a sostenere l’attività produttiva per investimenti a medio lungo termine; • per le banche il ricorso al prestito obbligazionario è quello di raccolta fonti presso soggetti che si trovano in surplus finanziario per poi collocarlo presso soggetti che si trovano in deficit, andando a svolgere la tipica attività di intermediazione creditizia. La definizione di raccolta del risparmio tra il pubblico si ritrova nell’art. 11 del T.U.B., che viene indicata come “l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma”. La principale fonte normativa16 delle obbligazioni bancarie è l’articolo 12 del Testo Unico17 delle leggi in materia Bancaria e Creditizia, che ha riscritto il precedente art. 4 del d.lgs. n. 481/1992, dando così la possibilità a tutte le Banche di emettere obbligazioni sia nominative sia al portatore, comprese anche le obbligazioni convertibili. Prima, invece, solo gli istituti di credito speciale potevano emettere le obbligazioni, mentre era vietato agli altri istituti di credito18. L’art. 12 del T.U.B. individua gli strumenti attraverso cui le banche possono effettuare la raccolta di risparmio presso il pubblico: le obbligazioni convertibili e non convertibili, i titoli di deposito nominativi e al portatore, i prestiti subordinati, irredimibili e non, o rimborsabili previa autorizzazione della Banca d’Italia. Sempre il medesimo articolo, inoltre, pone una distinzione tra le obbligazioni non 16 Dettagliatamente, le attuali fonti normative sono: 1) la normativa primaria costituita dal Testo Unico approvato il 1 settembre 1993 con d. lgs. 385; 2) una organica normativa secondaria: a) decreto del Ministero del Tesoro n. 436659, emanato in data 28 dicembre 1992 e riguardante i controlli esercitabili dalla Banca d’Italia; b) sulle succursali di enti creditizi comunitari insediate in Italia;c) il decreto del ministro del Tesoro n. 242631, emanato il 22 giugno 1993 che detta direttive riguardanti l’emissione di obbligazioni, di certificati di deposito e le altre forme di raccolta delle banche; d) delibera Consob n. 11768 che approva il regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24febbraio 1998, n. 587, e del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, in materia di mercati; e) delibera Consob n. 11971 che approva il regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti; f) Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia contenute nella Circolare n. 229, aggiornata al 25 luglio 2003 (9° aggiornamento). 17 (TUB, emanato con il d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, ed in vigore dal 1º gennaio 1994) 18 Attualmente, l’emissione di obbligazioni è consentita a tutte le società bancarie, ivi comprese le banche cooperative, purchè queste abbiano previsto nel proprio programma di attività e nelle norme statutarie l’esercizio del credito a medio e lungo termine. Le obbligazioni bancarie costituiscono per le società bancarie una tipica operazione di raccolta di mezzi finanziari con vincolo di credito presso il pubblico, il cui ricorso alla relativa emissione, nonché collocamento, rientra in una particolare forma di raccolta del risparmio costituita da titoli di credito di massa. Le obbligazioni che rientrano nella categoria di titoli di solidarietà vengono sempre emesse dalle banche autorizzate, altrettanto collocate sul mercato, ma sono destinate a sostegno degli enti appartenenti al terzo settore. Carattere accumunante tra le obbligazioni vuoi quelle emesse dalle banche che dalle imprese è la bilateralità, una caratteristica non riscontrabile nei titoli di solidarietà. La raccolta del risparmio presso il pubblico mediante l’emissione di questi titoli non risulta destinata ad un uso diretto da parte dell’ente emittente nella propria attività. La banca emittente funge da ponte per far defluire risparmi verso attività di natura socialmente utile. 4 Osservazioni critiche sui titoli di solidarietà, di cui all’ert.77 del Codice del Terzo settore I titoli di solidarietà hanno lo scopo di creare risorse ricorrendo al mercato finanziario al fine di dare risposta alle richieste di finanziamento che provengono dagli Enti del terzo settore non commerciali. Sebbene funzionino come dei veri e propri titoli di investimento emessi dagli istituti di credito, non consentono agli investitori che partecipino all’acquisto dei titoli di decidere a quale iniziativa destinare i propri investimenti. Sarà invece la banca a far confluire gli investimenti in un apposito fondo teso a coprire un vasto portafoglio di crediti al Terzo Settore. Tale strumento, dunque, presenta il vantaggio di lasciare agli intermediari finanziari la possibilità di valutare modalità, meriti e tempi di erogazione dei finanziamenti, adeguandoli, ove possibile, alle necessità e peculiarità degli Enti che facciano richiesta di prestito. Una novità rilevante per gli Enti emittenti consiste nella possibilità di erogare a titolo di liberalità, una somma commisurata all'ammontare nominale collocato dei titoli, a favore di uno o più enti del Terzo settore, che abbiano sottoposto al vaglio dell’erogante un progetto per il sostegno di attività di interesse generale, ritenuto meritevole di finanziamento con il parere positivo dall’emittente stesso. Qualora tale somma sia almeno pari allo 0,60% dell’ammontare nominale collocato dei titoli, agli emittenti spetta un credito d’imposta pari al 50 % della stessa erogazione liberale23. Su quest’ultima previsione si è espresso il Consiglio di Stato nel parere n. 1405, del 14 giugno 2017, espresso dalla Commissione speciale, sullo schema del decreto legislativo. Infatti il Consiglio di Stato ha manifestato perplessità in ordine alla previsione del credito d’imposta per le erogazioni liberali di importo non inferiore allo 0,6 % dell’ammontare nominale collocato dei titoli. Ha osservato che, se la motivazione del legislatore è stata quella di esprimere “un favor per l’opzione liberalità, ciò inevitabilmente determina, simmetricamente, una contrazione delle disponibilità da impiegare per finanziamenti… remunerativi ed una corrispondente dilatazione del peso sulla finanza pubblica del credito d’imposta riconosciuto”, che invece avrebbe dovuto essere più accuratamente valutata. Un ulteriore elemento di criticità sottolineato dal Consiglio di Stato riguarda la questione della meritevolezza dei progetti da finanziare. Più specificamente sarebbe stato opportuno prevedere che fosse un soggetto terzo a valutare la meritevolezza dei progetti, e non gli stessi Istituti di credito, “onde evitare un circuito sostanzialmente autoreferenziale fra chi sceglie se effettuare la liberalità ed a favore di chi farla, fruendo corrispondentemente di un credito d’imposta (pur se pari alla metà del donato) che - come evidente - di per se stesso trasla sulla finanza pubblica (e perciò sulla collettività) la metà dell’importo donato, la quale viene così corrispondentemente socializzata senza che, in cambio, vi sia una qualche forma di riscontro “terzo” della meritevolezza del progetto a fronte del quale la donazione (che per metà è della collettività) viene effettuata”. Il Consiglio di Stato ha suggerito, a tal proposito, di affidare il giudizio di meritevolezza dei progetti “ad un soggetto diverso dall’emittente stesso, preferibilmente di natura pubblica”, nonostante tale parere tenda a scontrarsi con 23 CALDIROLA D,“Stato, mercato e Terzo settore nel decreto legislativo n. 117/2017: per una nuova governance della solidarietà”, in www.federalismi.it, 31 gennaio 2018. l’essenza stessa di una donazione, ovvero la libera scelta del destinatario da parte del donante24. Il Codice prevede inoltre – ed è sicuramente un elemento da valutare positivamente – che gli enti emittenti abbiano l’obbligo, entro il 31 marzo di ogni anno, di comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una serie di informazioni al fine di incentivare la trasparenza ed il monitoraggio dei titoli. In particolare sarà oggetto di comunicazione: il valore delle emissioni di Titoli effettuate nell'anno precedente; le erogazioni liberali impegnate a favore degli Enti e gli importi erogati a titolo di liberalità per il sostegno di attività di interesse generale ritenute meritevoli di finanziamento; l’indicazione dell'Ente beneficiario e le iniziative oggetto di finanziamento. Ulteriore elemento di interesse dell’innovazione legislativa del 2017 è l’istituzione del Registro unico nazionale del Terzo settore, ovvero uno strumento che consente di razionalizzare l’intero sistema di registrazione degli Enti non profit. Tuttavia proprio tale meccanismo potrebbe avvantaggiare le grandi Onlus che intrattengono rapporti con gli enti pubblici, e svantaggiare invece le “libere iniziative dei cittadini”. Le critiche a tale Registro Unico, infatti, provengono spesso da alcune rappresentanze delle organizzazioni di volontariato piuttosto che da soggetti maggiormente strutturati. Risulta del tutto comprensibile come le piccole organizzazioni di volontariato temano la concorrenza di realtà più grandi nell’accesso ai servizi e ai complessi e nuovi meccanismi di accesso al finanziamento, dato che le piccole realtà hanno strutturalmente maggiori difficoltà ad adeguare le proprie modalità operative a regole in continua trasformazione. L’operatività della riforma ed i suoi risultati – in ogni caso – potranno valutarsi solamente con il passare degli anni, ma senza dubbio è da sottolineare la presa di consapevolezza da parte del legislatore dell’importanza del Terzo settore nel contesto socio-economico italiano. 24 In tal senso “Stato, mercato e Terzo settore nel decreto legislativo n. 117/2017: per una nuova governance della solidarietà”, Debora Caldirola, in www.federalismi.it, 31 gennaio 2018.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved