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Guide e consigli
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Welfare Menager benessere e cura, Dispense di Pedagogia

Materiale completamente sostituitivo per affrontare l’esame di pedagogia del lavoro

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 12/04/2024

chiara-maldera
chiara-maldera 🇮🇹

4.6

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Scarica Welfare Menager benessere e cura e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 LIBRO WELFARE MANAGER, BENESSERE E CURA CAPITOLO 1 • Concetto di benessere e sviluppo La pedagogia riconosce al lavoro come luogo, tempo e spazio di emancipazione, come strumento di inclusione, di partecipazione alla base dell’esercizio della cittadinanza attiva, ma condizione che si tratti di un lavoro sano, dignitoso, un “buon lavoro” direbbe Gadner. Bisogna partire dal presupposto che i telos pedagogici prioritari della pedagogia ben-essere e della felicità devono entrare a pieno titolo anche nella dimensione lavorativa e nelle organizzazioni aziendali che devono mettere al centro la soggettività, la cura del lavoratore, superando il modello dello Scientific management per aprirsi al modello dello Humanistic management e a una nuova idea di economia, un’economia più umanista. Del resto, documenti nazionali e internazionali sottolineano come il grado di sviluppo e benessere di un Paese non è dato solo dal prodotto interno lordo P.I.L. e quindi dalla valutazione degli assett tangibili che misurano la ricchezza materiale di una nazione, ma anche dagli assett intangibili e quindi dalla ricchezza immateriale. E negli indicatori di benessere come il BES il lavoro e la piena e “buona” occupazione sono parametri imprescindibili e ineludibili della stabilità economica, della coesione sociale e della qualità della vita di un Paese. Papa Francesco parla della creazione di un nuovo umanesimo del lavoro in cui l’essere umano, e non il profitto, sia il vero telos dello sviluppo, anche produttivo, in cui l’economia serva l’uomo e non “si serva” dell’uomo. Ormai da tempo gli studiosi hanno riconosciuto al concetto di benessere una valenza complessa ed ecosistemica, un ruolo imprescindibile e ineludibile nella definizione di ricchezza e sviluppo di una nazione. Studiosi come l’economista premio Nobel Amarthia Senn, ma anche la filosofa Martha Nussbaum hanno sottolineato come il vero obiettivo di un Paese sviluppato sia quello di creare le condizioni affinchè le persone possano perseguire i propri progetti di vita, coltivare le proprie aspirazioni, fare delle libere scelte. Oggi si sente parlare sempre più spesso di “Happiness Index” Indicatori di Benessere che sintetizzano il livello di “felicità” di un Paese, ovvero il suo livello multisistemico di benessere e sviluppo. In riferimento all’Italia si è giunti ormai alla quinta edizione del Rapporto BES (Benessere Equo- sostenibile) che misura tale grado di benessere e sviluppo attraverso degli indicatori generali e di contesto che considerano ad esempio la salute, l’istruzione e formazione, il lavoro, il benessere economico, la conciliazione dei tempi di vita, le relazioni sociali, ecc, nonché la politica, le istituzioni, la qualità dei servizi, gli investimenti in termini di ricerca e innovazione. • Benessere e lavoro Anche il lavoro è uno degli indici presi in considerazione dal BES e, più in generale, dagli “Happiness Index” in quanto esso rappresenta una voce imprescindibile e ineludibile nella visione multisistemica di benessere e sviluppo individuale e sociale che è sempre più al centro dell’interesse delle organizzazioni aziendali. 2 In seguito alla Carta di Ottawa l’OMS ha ridefinito il concetto di salute come condizione complessiva di benessere psico-fisico del soggetto e in accordo con l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) ha definito “lavoro accettabile” quel lavoro che garantisce anche lo stato di salute mentale del lavoratore, motivo per cui tra gli obiettivi della salute per tutti ci sono anche la tutela e il miglioramento della qualità di vita del lavoratore. Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma che parte dalla progressiva acquisizione della consapevolezza che il lavoro non ha solo una valenza economica legata alla remunerazione del lavoratore, che certo resta un aspetto imprescindibile, ma esso contiene in sé anche istanze di emancipazione e autorealizzazione del lavoratore. Da qui la necessità di un lavoro improntato al benessere organizzativo. • Decent work e pedagogia del lavoro Partendo dal presupposto ineludibile che il luogo di lavoro è un luogo di emancipazione e autorealizzazione del lavoratore e che il lavoro, oltre all’aspetto economico legato alla remunerazione, porta con sè istanze di emancipazione e di autorealizzazione, racchiudendo un alto valore antropologico, risulta chiara la necessità di una formazione orientata a promuovere e diffondere la cultura del decent work che si basa proprio sui costrutti di benessere e di qualità del lavoro, da declinare come metodo di gestione e organizzazione delle risorse umane orientato al lavoro sano, dignitoso, felice in grado di coltivare lo human developement approach nella prospettiva della formazione continua. L’idea è quella di diffondere la cultura del buon lavoro che sappia allineare i bisogni del soggetto- lavoratore con quelli dell’organizzazione aziendale nell’ottica dell’eccellenza, dell’etica e dell’engagement. Oggi assistiamo a fenomeni quali boundaryless careers (carriere senza confini) e protean careers (carriere proteiformi) che richiedono da un lato la capacità del lavoratore di saper coniugare competenze tecnico-professionali altamente qualificate con l’impegno etico e il coinvolgimento personale e, dall’altra parte, l’impegno delle imprese ad attivare politiche di employee care. • Formazione e cura nei contesti formativi La formazione diventa lo strumento “capacitante” che permette di creare le condizioni affinchè la cultura del benessere possa diffondersi coniugando la cura del soggetto/lavoratore con la cura e la crescita dell’organizzazione aziendale. Secondo Bruno Rossi un “lavoro felice” è un lavoro in cui l’efficienza tecnica, i risultati, la redditività, il fatturato sono importanti tanto quegli assett intangibili che riguardano “la difesa dell’integrità del soggetto” al lavoro e la coltivazione della sua intelligenza emotiva, morale ed etica”. In questa prospettiva il welfare aziendale assume una triplice funzione: economica nel senso che produce plusvalore per l’azienda e per il lavoratore in termini di produttività ed efficienza; istituzionale poiché l’azienda che sceglie di utilizzare politiche di walfare costruisce e promuove anche un suo ruolo istituzionale, una sua immagine anche etica; socio-comunitaria perché nel medio e lungo termine può innescare processi di rigenerazione per i territori in cui opera. 5 Elton Mayo presso un’industria elettronica di Hawthorne negli Stati Uniti con cui dimostrava che il rendimento dei lavoratori e quindi la produttività non dipende solo dalle condizioni fisiche del lavoro (es. una buona illuminazione della postazione di lavoro) o dagli incentivi economici sul salario, ma anche dai bisogni sociali del lavoratore: bisogno di riconoscimento, senso di appartenenza, clima di collaborazione ed empatia tra colleghi, partecipazione ai processi decisionali aziendali, tutti fattori che accrescono le motivazioni, il senso di benessere e l’engagement del lavoratore e che inevitabilmente si traducono in un aumento della produttività aziendale. • Adriano Olivetti, l’imprenditore utopista precursore del walfare aziendale Proprio negli anni in cui Elton Mayo avviava in alcune fabbriche americane indagini per evidenziare la stretta relazione che intercorre tra la crescita della produttività e i bisogni sociali dei lavoratori (anni 30), in Italia si andava affermando il progetto imprenditoriale, politico e utopistico (in senso pedagogico) di Adriano Olivetti che voleva creare una nuova tipologia di impresa orientata, non solo alla ricerca del profitto, ma anche alla promozione del benessere individuale, comunitario e del territorio in cui l’impresa di famiglia operava, offrendo i primi esempi di walfare privato, allora definito “istituzione di assistenza ai lavoratori”. In particolare, la figura di Adriano Olivetti perché in questo radicale stravolgimento apportato nell’organizzazione aziendale non ha mai dimenticato che essa è abitata da dall’”uomo”, né la dimensione etica e spirituale del lavoro. Egli partiva dal presupposto che “la fabbrica è della Comunità” e che come tale avesse una responsabilità sociale, nel senso che la produttività aziendale doveva svolgere anche una “funzione generatrice” per il territorio. Con il suo progetto rivoluzionario voleva opporsi al capitalismo pesante, per riconsegnare al lavoro e al lavoratore la dimensione etica, spirituale e comunitaria in cui il benessere individuale diventa benessere collettivo. Come? Coltivando il senso di appartenenza comunitaria, la solidarietà tra colleghi, costruendo un rapporto stretto e sinergico con il territorio, offrendo ai lavoratori servizi come assistenza medica, nido, asilo, servizio pediatrico, mensa, centro di formazione, biblioteche, incontri letterari e musicali, congedi per le neo-madri di 9 mesi con salario invariato, spazi di lavoro esteticamente più gradevoli, diffondendo bellezza …in sostanza, l’idea della fabbrica come strumento di emancipazione dell’uomo e del territorio. Purtroppo la morte di Olivetti avvenuta nel 1960 segna la fine di uno tra i progetti più innovativi coraggiosi dell’imprenditoria italiana. • Nuovi modelli di gestione delle risorse umane: people care, diversity management, employee engagement Nel passaggio dal capitalismo pesante a quello flessibile si assiste nel mercato del lavoro ad un paradosso di fondo: da un lato, in un tempo caratterizzato da flessibilità che troppo stesso si traduce in precarietà, sempre più individui trovano difficile trovare impiego e dare continuità alle personali biografie professionali; dall’altro, esistono molte aziende che, per continuare ad essere competitive e adattarsi al cambiamento, puntano soprattutto al riconoscimento delle diversità e della soggettività tra i lavoratori, valorizzando il capitale umano e tutte quelle capacità riflessive, relazionali, creative che oggi possono fare la differenza in termini di qualità, competitività e sviluppo aziendale. Superato il modello dello Scientifist management oggi si guarda allo Humanistic Manangement in cui il walfare 6 aziendale guarda alle risorse umane come fattori costitutivi dell’azienda e non mere variabili della produttività, valorizzando le peculiarità dei singoli dipendenti, promuovendo la loro partecipazione attiva ai processi aziendali attraverso l’employee care, il diversity management e la condivisione di valori e obiettivi attraverso la capacità di ascoltare e di intrecciare storie, vissuti, competenze secondo un approccio olistico ma allo stesso tempo clinico, capace di cogliere il particolare. Tutto questo porta ad una maggiore fidelizzazione (difficilmente il lavoratore penserà di cambiare lavoro), coinvolgimento e motivazione del personale. Del resto, come dice Rossi, ragioni economiche e ragioni pedagogiche possono coesistere, anzi è auspicabile che si intreccino. I servizi di secondo walfare e le attività di people care proposte dalle imprese italiane abbracciano principalmente 4 grandi aree: cura della persona (mensa aziendale, palestra aziendale o convenzioni con centri sportivi, fondi sanitari e pensionistici integrativi, area relax…) cura del tempo (flessibilità degli orari, part-time, congedi parentali più lunghi, disbrigo di pratiche amministrative, carrello spesa, pagamento utenze…) cura dello spazio (arredi, ergonomia e sicurezza sul posto di lavoro, spazi di co-working e smart working…) cura degli affetti (prestiti e mutui agevolati, alloggi a prezzi agevolati, shopping card, colonie estive, baby parking per i figli dei dipendenti, asili nido e scuola materna aziendale…) • Diversity management La gestione delle diversità oggi è un tema cruciale all’interno di quelle organizzazioni aziendali che vogliono creare un contesto professionale inclusivo e armonioso e che cercano di allineare la cultura e i valori aziendali alla cultura e ai valori dei singoli dipendenti che la abitano nel rispetto dell’unicità di ogni persona e dei suoi bisogni specifici. Una figura professionale importante è quella del Diversity manager il quale, sempre nell’ottica della promozione della cultura del benessere e del People care nei contesti organizzativi, mira a riconoscere, accogliere e valorizzare le diversità all’interno delle organizzazioni, siano esse di età, di genere, di etnia, di abilità. Quella del Diversity manager è una forma di gestione del personale più innovativa e inclusiva che con uno sguardo complesso e interdisciplinare cerca di combinare l’approccio olistico con quello clinico per guardare da vicino il particolare e prendendosi cura di ogni singolo dipendente promuovendo l’empowerment del lavoratore. • Employee engagement Con il termine engagement facciamo riferimento al coinvolgimento, all’impegno, alla dedizione e alla partecipazione attiva del lavoratore alla gestione aziendale, al suo sentirsi perfettamente integrato nel contesto professionale, condizione che si collega ad uno stato psicologico positivo e a una disposizione emotiva che si traduce inevitabilmente in un maggiore “impegno” del lavoratore. L’engagement personale è pertanto un mix di impegno intellettuale, emotivo e sociale verso l’organizzazione in misura maggiore alla media, in grado di influenzare positivamente anche l’aspetto relazionale e comportamentale del team di lavoro. 7 Le organizzazioni che vogliono accettare la sfida di un Change Management devono essere consapevoli del fatto che offrire servizi di people care, employee engagement, diversity management presuppone un allineamento tra i valori della cultura aziendale e quella dei singoli dipendenti anche attraverso l’ausilio di figure professionali specializzate nel guidare e sostenere la diffusione di una cultura del “benessere”. CAPITOLO 3 LA RICERCA CON VALORE D La pedagogia del lavoro che ha l’obiettivo di promuovere la cultura del “buon lavoro” nelle organizzazioni aziendali in cui si dà importanza alla cura e al benessere dei lavoratori muovendosi da un lato sul terreno della ricerca e dall’altro su quello della formazione, coniugando la teoria con la prassi. Si possono individuare 3 livelli d’intervento della pedagogia militante: la governance la leadership il self knowledge management In riferimento alla governance la pedagogia deve moltiplicare le occasioni di fare rete con i decisori politici a livello locale e nazionale soprattutto in merito al mercato del lavoro e alla formazione professionale perché, come sappiamo bene, la teoria pedagogica non può concretizzarsi senza una comunione d’intenti con la politica. Il secondo livello di intervento, quello della leadership, si colloca come dimensione mediana rispetto alle altre due, costituisce un fattore fondamentale per promuovere organizzazioni riflessive aperte al cambiamento in cui si creano “comunità di pratiche” in cui i soggetti lavoratori condividono obiettivi, interessi, esperienze, bisogni ed emozioni attraverso reti di relazioni spesso invisibili, implicite e latenti riconoscendo il “capitale narrativo” del lavoratore e delle organizzazioni. La leadership fissa obiettivi, stabilisce le priorità, coltiva motivazioni e talenti e dunque orienta la mission e la vision aziendale. Il terzo livello su cui può intervenire la pedagogia del lavoro e che rappresenta un ambito micro, ovvero il self knowledge management, la gestione della conoscenza di sé, fondamentale per far sì che il lavoratore svolgere un ruolo attivo da attore protagonista del proprio progetto di sviluppo personale e professionale. • La ricerca con valore d L’obiettivo di questa ricerca che ha carattere esplorativo sul walfare aziendale secondo un approccio pedagogico è quello di tracciare il profilo professionale del Walfare manager ma anche di valutare il contributo che i professionisti con formazione umanistica possono dare allo sviluppo e alla valorizzazione di tale figura professionale, nonché il ruolo strategico che possono rivestire all’interno di quelle aziende virtuose orientate al people care, al walfare e diversity management. La ricerca nata dall’incontro con Elisabetta Dallavalle del gruppo Nestlè si è poi aperta alla collaborazione preziosissima con Valore D ( prima associazione di imprese a promuovere l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva nelle aziende nata nel 2009) e rientra nel protocollo d’intesa siglato 10 1. Garantire il benessere del dipendente 2. Offrire supporto ai figli dei dipendenti 3. Offrire supporto ai familiari dei dipendenti I servizi più efficaci per rispondere al bisogno di cura per i figli dei dipendenti risultano essere: 1. Integrazione economica agli studi 2. Orientamento 3. Baby sitting I servizi più richiesti per rispondere al bisogno di cura dei familiari dei dipendenti risultano invece: 1. Assistenza domiciliare 2. Ricerca badanti 3. Residenze assistite Mentre per il dipendente risultano più forti i bisogni legati a: 1. Prevenzione e salute 2. Tempo libero 3. Formazione • Le modalità di finanziamento La maggior parte delle aziende preferisce gestire internamente i servizi di walfare (58% delle aziende rispondenti alla ricerca), ma molte sono aziende che decidono di appoggiarsi anche ad operatori esterni di servizi o a provider di servizi • Le sfide nell’agenda delle risorse umane Molte aziende si interrogano su come conciliare le sfide delle organizzazioni con l’attenzione nei confronti delle persone: non esistono soluzioni pre- confezionate. Sicuramente si possono individuare 5 aree tematiche su cui le aziende stanno lavorando: - Diversità: rispetto al genere, generazioni e culture; - Coinvolgimento: leadership e responsabilità che riguarda tutti i collaboratori; - Appartenenza: con il territorio e il mercato; - Distanza: intesa come comunicazione interna all’azienda; - Individualità/unicità: il collaboratore deve diventare il primo cliente “interno” favorendo la conciliazione tempi di vita e di lavoro. 11 • L’ascolto e la comprensione dei bisogni dei collaboratori La riuscita di qualsiasi piano di walfare è strettamente connessa alla conoscenza dei reali bisogni dei dipendenti. In tal senso, va condotta un’analisi dei bisogni che anticipi le discordanze tra ciò che viene dichiarato e il comportamento effettivo delle persone. Innanzitutto, occorre informare i collaboratori che spesso ignorano alcune iniziative che rientrano nel piano di walfare, anche per sapere se alcune iniziative, magari poco conosciute, sono molto apprezzate. In secondo luogo, è utile concentrarsi sulla comprensione dei bisogno e quindi sul walfare “desiderato”, anticipando le discordanze tra quanto dichiarato e l’effettivo comportamento delle persone. È inoltre utile associare l’analisi dei bisogni all’analisi del clima aziendale per verificare se le azioni di walfare implementate hanno avuto un impatto positivo in termini di engagement e fidelizzazione dei dipendenti. Oltre all’analisi quantitativa, inoltre, l’azienda può pensare di portare avanti una qualitativa, magari organizzando focus-group che vedono coinvolti i collaboratori per comprendere meglio i loro reali bisogni anche rispetto all’ambiente di lavoro. • I servizi di walfare a supporto dei bisogni emersi Il walfare aziendale deve prestare attenzione anche alla famiglia. Oggi le famiglie sono sempre più soggette a cambiamenti: basti pensare alle famiglie allargate, ai conviventi, ai figli di genitori separati, alle coppie omossessuali, ai nuclei familiari composti da una sola persona che vive sola. Tutto questo rende difficile immaginare un piano di walfare che offra servizi adatti a tutti: ogni dipendente ha esigenze e problematiche differenti. Rispetto al modo classico di intendere il walfare aziendale, le aziende oggi stanno adeguando i propri piani cercando si stare al passo con i cambiamenti sociali preferendo spesso soluzioni di rete, ovvero cercano di trovare risposte all’interno di una gamma di strutture più variegata senza che l’azienda debba implementare una struttura interna. Ad esempio, piuttosto che aprire una struttura interna di asilo nido per i figli dei dipendenti, può partecipare ad una partnership con molte cooperative sociali presenti sul territorio tipo Jointly “Primi anni”. • Welfare tradizionale People caring Questa soluzione è scelta quando un'azienda decide unilateralmente di assegnare un budget on top per finanziare un determinato servizio particolarmente utile per la sua popolazione. • Conto welfare Soluzione che si verifica quando un'azienda assegna volontariamente un budget di servizi di welfare a favore della totalità o di singole categorie di collaboratori lasciando questi ultimi liberi di scegliere in quali servizi spendere il contributo. 12 • Welfare partecipato Questa soluzione è adottata da aziende che negoziano contrattualmente con i sindacati elementi di produttività e che nel caso in cui si verifichi il raggiungimento degli obiettivi produttivi concordati distribuiscono le risorse economiche derivanti dall'incremento di produttività ai collaboratori sotto forma di beni o servizi. Si parla di welfare partecipato poiché vede la partecipazione dei sindacati e perché l'azienda deve prevedere quali beni o servizi dare collaboratori nel caso in cui venga raggiunto lo standard di produttività. • Flexible benefit Questo è il caso in cui l'azienda decide di lasciare libertà di scelta al collaboratore rispetto ai servizi verso cui concede dei contributi economici. In questo caso si verifica un duplice vanta datore di lavoro che per il collaboratore; infatti, il primo potrà dedurre totalmente le spese sostenute relativa ad opere servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti. Occorre ricordare che oggi nelle aziende convivono differenti modelli di welfare che coinvolgono diversi attori. • Avviare un piano di welfare processo di lavoro Dopo aver analizzato il panorama all'interno del quale si inserisce il Welfare aziendale come leva strategica per la gestione delle risorse umane vediamo quali sono i poassaggi che un’azienda deve mettere in campo per strutturare un piano di walfare. • Analizzare i sistemi di walfare vigenti e le iniziative ad essi collegate • Comprendere i bisogni dei dipendenti in modo profondo • Trovare le risorse per finanziare le iniziative di walfare • Individuare, con l’aiuto di esperti, gli interventi più vantaggiosi redigendo un piano costi/benefici • Informare e accompagnare i dipendenti nella gestione del proprio“budget di walfare
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