Download Canto 11 purgatorio-divina commedia and more Lecture notes Italian in PDF only on Docsity! Canto XI Posizione: I cornice Spiriti espianti: superbi Pena: avanzano curvi sotto pesanti macigni che li costringono a tenere il volto chino. Osservano esempi di umiltà esaltata e superbia punita Contrappasso: ● in vita guardavano gli altri dall’alto verso il basso e adesso sono costretti a guardare a Terra. ● In vita cercarono di sopravanzare gli altri e adesso sono costretti a procedere lentamente. La preghiera del padre Il canto si apre con la recita della preghiera del Padre Nostro, che le anime rivolgono a Dio. I temi in essa affrontati sono quelli che vivono in tutta la cantica: ● La coscienza dei limiti delle possibilità umane ● L’invocazione della grazia ● L’affermazione dell’umiltà ● Il desiderio della redenzione ● La lode a Dio, alla Trinità, alla creazione. Viene recitato proprio il padre nostro perché i superbi si sono sempre sentiti migliori degli altri e dire padre “nostro” significa riconoscere che siamo tutti uguali. Quindi questa è la preghiera giusta per questa cornice. I superbi In questo canto vedremo tre categorie di superbi: ● I superbi per nascita: quindi i nobili che si sono sempre sentiti migliori degli altri per il loro sangue e la loro discendenza ( Omberto Aldobrandeschi) ● Un artista che si era sempre sentito il migliore tra gli artisti e invece adesso quasi nessuno si ricorda di lui (oderisi da Gubbio ) ● Un superbo per meriti politici: pensava di poter governare tutto, di poter prendere la sua città e governare da solo (Provenzano Salvani ) La superbia nobiliare di Omberto Aldobrandeschi Egli si presenta a Dante e Virgilio vantando la sua stirpe latina e il suo essere nato da un “gran tosco”. Egli infatti sottolinea la nobiltà e le grandi opere del padre e le sue virtù cavalleresche. L’orgoglio per l’onore e le virtù dei predecessori è giusto, ma degenerò nel peccato di superbia quando Omberto cominciò a disprezzare gli altri uomini, dimenticandosi che tutta l’umanità è nata da una madre comune e che tutti sono uguali davanti a Dio. Verso 1-36 Il padre nostro dei superbi Curve sotto il peso dei massi, le anime dei superbi recitano il Padre Nostro, rivolgendo l’ultima parte della preghiera ai vivi. «O Padre nostro, che ne’ cieli stai, non circunscritto, ma per più amore ch’ai primi effetti di là sù tu hai, 3 Che stai nei cieli: riprende precisamente questa frase perché, le anime della prima cornice vorrebbero guardare verso l'alto e desiderano il paradiso, ma invece non lo possono fare. laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore da ogni creatura, com’è degno di render grazie al tuo dolce vapore. 6 Questa terzina è una lode alla trinità: il tuo nome è il padre; il tuo valore è il figlio, il dolce vapore è lo spirito santo. Su questa interpretazione ci sono molte discussioni, non tutti sono convinti sia questa quella giusta. Laudato si: è un rimando a Francesco d’assisi Vegna ver’ noi la pace del tuo regno, ché noi ad essa non potem da noi, s’ella non vien, con tutto nostro ingegno. 9 In questa terzina ammettono che pensavano di poter fare tutto e invece hanno bisogno di Dio per potere salvarsi. Come del suo voler li angeli tuoi fan sacrificio a te, cantando osanna, così facciano li uomini de’ suoi. 12 E s’io non fossi impedito dal sasso che la cervice mia superba doma, onde portar convienmi il viso basso, 54 cotesti, ch’ancor vive e non si noma, guardere’ io, per veder s’i’ ‘l conosco, e per farlo pietoso a questa soma. 57 Io fui latino e nato d’un gran Tosco: Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre; non so se ‘l nome suo già mai fu vosco. 60 Fui: quest’anima si esprime con il passato remoto rispetto a chi fu in vita perché è consapevole del fatto che non è più vivo e che ciò che sta dicendo appartiene al suo passato. Gran Toscano: già parlare dei suoi antenati in questo modo è un segno di superbia. Guiglielmo Aldobrandesco: il nome del padre è lunghissimo e occupa quasi tutto il verso, proprio per sottolineare la grandezza del padre. Essi erano una famiglia nobile della maremma toscana (con esattezza della maremma senese; la possedevano quasi tutta). L’antico sangue e l’opere leggiadre d’i miei maggior mi fer sì arrogante, che, non pensando a la comune madre, 63 Comune madre: alcuni dicono sia la vergine; altri dicono sia la madre terra; altri ancora generalizzano riportando al fatto che tutti nasciamo dalla donna e nasciamo tutti alla stessa maniera. ogn’uomo ebbi in despetto tanto avante, ch’io ne mori’, come i Sanesi sanno, e sallo in Campagnatico ogne fante. 66 ch’io ne mori: non sappiamo come sia morto questo personaggio. Alcuni dicono sia morto in guerra, altri dicono sia morto annegato, ma probabilmente vuole semplicemente dire che è morto da superbo. Campagnatico: era uno dei regni dove questa famiglia esercitava il proprio potere Fante: deriva dalla radice di un verbo latino che significa balbettare. Vuole dire che anche un bambino che ha appena iniziato a parlare sa che lui è morto da superbo. Io sono Omberto; e non pur a me danno superbia fa, ché tutti miei consorti ha ella tratti seco nel malanno. 69 Sono: adesso usa il presente Omberto: non mette il cognome, perchè ha capito la lezione e l’importanza del suo cognome non è più importante E qui convien ch’io questo peso porti per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia, poi ch’io nol fe’ tra ‘ vivi, qui tra ‘ morti». 72 Verso 73-108 Colloquio con Oderisi da Gubbio Mentre procede così chinata, un'altra anima riesce con fatica a guardare la faccia di Dante e lo riconosce; anche Dante lo riconosce: è Oderisi da Gubbio, un celebre miniatore che pensava di essere il migliore nel suo campo. Dante si rivolge a lui con parole di ammirazione, ma Oderisi respinge queste lodi ammettendo che la sua arte è stata superata da Franco Bolognese (cosa che in terra non avrebbe mai fatto). Egli ne approfitta per ricordare la caducità della gloria terrena, che è come un vento che soffia ora in una direzione, ora in un’altra. Continua con degli esempi per spiegare questo concetto: la fama di Cimabue fu oscurata da quella di Giotto, quella di Guinizzelli fu superata da quella di Cavalcanti. Inoltre aggiunge che dopo mille anni la gloria di chi è morto da vecchio e celebre è la medesima di chi è morto da fanciullo, non cambia niente che tu viva cento anni o 10 perché non sono comunque niente in confronto all’eternità. La lezione che vuole dare Oderisi è ancora molto attuale soprattutto adesso che viviamo in un mondo consumistico. Ascoltando chinai in giù la faccia; e un di lor, non questi che parlava, si torse sotto il peso che li ‘mpaccia, 75 Ascoltando chinai in giù la faccia: alcuni critici dicono che Dante sente già il peso della pena che dovrà subire, in quanto sa di aver peccato di superbia. Altri studiosi dicono che Dante si sia abbassato per ascoltare meglio Omberto. e videmi e conobbemi e chiamava, tenendo li occhi con fatica fisi a me che tutto chin con loro andava. 78 E..e..e: polisindeto che indica lo sforzo dell’anima per cercare di parlare con Dante. «Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte ch’alluminar chiamata è in Parisi?». 81 «Frate», diss’elli, «più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l’onore è tutto or suo, e mio in parte. 84 Franco Bolognese: a dir il vero per noi sia Oderisi che Franco sono poco più che dei nomi. Sappiamo che furono dei miniatori ma non ci è arrivato nient'altro. Ben non sare’ io stato sì cortese mentre ch’io vissi, per lo gran disio de l’eccellenza ove mio core intese. 87 Di tal superbia qui si paga il fio; e ancor non sarei qui, se non fosse che, possendo peccar, mi volsi a Dio. 90 mi volsi a Dio: qui Dante ci sta dicendo chiaramente che oderisi si è convertito prima di morire e non in punto di morte (altrimenti non sarebbe qua), ma quando ancora poteva peccare. Ora inizia un discorso contro il desiderio di eccellenza e fama degli uomini. Oh vana gloria de l’umane posse! com’poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l’etati grosse! 93 Oh vana gloria de l’umane posse!: questa è la traduzione di un verso del poeta latino Boezio. Quindi non è opera di Dante. Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura: 96 così ha tolto l’uno a l’altro Guido la gloria de la lingua; e forse è nato chi l’uno e l’altro caccerà del nido. 99 Non è il mondan romore altro ch’un fiato di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato. 102