Download Paradise lost libro pdf and more Cheat Sheet Italian Language in PDF only on Docsity! Indice generale LIBRO PRIMO...............................................................7 LIBRO SECONDO ......................................................44 LIBRO TERZO ............................................................91 LIBRO QUARTO.......................................................123 LIBRO QUINTO........................................................171 LIBRO SESTO ...........................................................211 LIBRO SETTIMO......................................................248 LIBRO OTTAVO.......................................................277 LIBRO NONO............................................................307 LIBRO DECIMO .......................................................360 LIBRO UNDECIMO..................................................408 LIBRO DUODECIMO...............................................448 2 IL PARADISO PERDUTO John Milton 5 Eran del mondo, un suo leggier divieto Come romper fur osi? Al turpe eccesso 3 Chi sedusse gl'ingrati? Il Serpe reo D'inferno fu. Mastro di frodi e punto Da livore e vendetta egli l'antica 6 Nostra madre ingannò, quando l'insano Orgoglio suo dal ciel cacciato l'ebbe Con tutta l'oste de' rubelli Spirti. 9 Su lor coll'armi loro alto a levarsi Ambìa l'iniquo e d'agguagliarsi a Dio Pensò, se a Dio si fosse opposto. Il folle 12 Pensier superbo rivolgendo in mente, Incontro al soglio del Monarca eterno Mosse empia guerra e a temeraria pugna 15 Venne, ma invan. L'onnipossente braccio Tra incendio immenso e orribile ruina Fuor lo scagliò dalle superne sedi 18 Giù capovolto e divampante in nero, Privo di fondo disperato abisso; Ove in catene d'adamante stretto 21 A starsi fu dannato e in fiamme ultrici Qual tracotato sfidator di Dio, E già lo spazio che fra noi misura 24 La notte e 'l dì, nove fiate scorse, Che con l'orrida ciurma avvolto ei stava Nell'igneo golfo, tutto sbigottito 27 Benchè immortal. Pur lo serbava ancora A maggior pena il suo decreto. Intanto L'aspro pensiero del perduto bene, 30 E del futuro interminabil danno Il cruccia alternamente. Intorno ei gira Le bieche luci una profonda ambascia 33 Spiranti e un cupo abbattimento misto D'odio tenace e d'indurato orgoglio: 6 Ed in un punto, quanto lungi il guardo D'un Angelo si stende, ei l'occhio manda 3 Su quell'atroce, aspro, diserto sito; Carcere orrendo, simile a fiammante Fornace immensa; ma non già da quelle 6 Tetre fiamme esce luce; un torbo e nero Baglior tramandan solo, onde si scorge La tenebrosa avviluppata massa 9 E feri aspetti e luride ombre e campi D'ambascia e duol, dove non pace mai, Non mai posa si trova, e la speranza 12 Che per tutto penétra, unqua non scende. Quivi è tormento senza fin, che ognora Incalza più, quivi si spande eterno 15 Un diluvio di foco, ognor nudrito Da sempre acceso e inconsumabil solfo. Tal la Giustizia eterna a quei ribelli 18 Aveva apparecchiata orrenda chiostra D'esterno tenebror, remota tanto Dalla luce del ciel quant'è tre volte 21 Lontan dal centro della terra il polo Dell'Universo. Oh dalla stanza prima Stanza diversa! Egli i compagni quivi 24 Di sua caduta scerne urtati, avvolti Fra i turbinosi vortici, fra i gorghi Del tempestoso foco, ed al suo fianco 27 Voltolantesi quei che gli era in cielo In potere e 'n delitto il più vicino, E noto poscia e Belzebù nomato 30 Fu in Palestina. Ad esso il gran Nemico (Satáno è detto in ciel) si volse, e in queste Parole audaci il fier silenzio ruppe: 33 Se quel tu sei... (Ma qual ti miro, e quanto Cangiato da colui che ne' beati 7 Regni di luce tante schiere e tante Di Spirti fulgidissimi vincevi 3 Tutto vestito di fulgór!). Se quegli Tu se' che nell'ardita illustre impresa I conformi pensier, le stesse voglie, 6 Egual speranza ed egual rischio meco Strinsero in salda lega e che or congiunge Un crudo egual destin, da quale altezza 9 Vedi in qual ruinammo orribil fondo! Tanto la folgor sua colui più forte Rese di noi: fatale atroce telo! 12 Chi pria d'allor ne conoscea la possa? Ma non io per quell'arme, e non per quanto L'ira del vincitor su me s'aggravi, 15 Non io mi pento o cangio: invan son io Di fuor cangiato, il cor lo stesso è sempre; Del mio spregiato merto ivi entro impressa 18 Altamente ho l'ingiuria, hovvi confitto Il fero sdegno che a lottar mi spinse Con quel Possente. E che! Potei pur trarre 21 Contr'esso in campo innumerabil'oste Di congiurati valorosi Spirti Che il regno suo dannavano, che a lui 24 Me preferìan, che di virtù, d'ardire Diero alte prove memorande incontro Gli estremi sforzi suoi, che sugl'immensi 27 Lassù celesti campi in dubbia lance Tenner vittoria e gli crollaro il trono! Perduto è il campo, e sia: perduto il tutto 30 Dunque sarà? Quell'invincibil, fermo Voler ci resta ancor, quel di vendetta Fero desìo, quell'immortal rancore 33 E quel coraggio che non mai s'abbatte, Che mai non si sommette. E che altro è mai 10 Volgere in bene il male; ogni nostr'arte Quel suo disegno a distornar si volga, 3 E fuor del seno ancor del bene stesso Per nostre oblique trame il mal germogli. Ciò può spesso avvenirci, e, s'io non erro. 6 Forse ei vedrà dolente i suoi più chiusi Pensieri ir lungi dal proposto segno. Ma vedi tu? Quel vincitore irato 9 Alle porte del cielo i suoi ministri D'inseguimento e di vendetta indietro Ha richiamati. Quel sulfureo nembo, 12 Quella rovente impetuosa folta Grandine ond'ei nel precipizio nostro Ci flagellava, dileguossi omai; 15 E 'l tuon dell'ali sue di rabbia e foco Scarichi tutti e logri alfin gli strali Ha forse, e cessa di mugghiar pel vasto 18 Abisso interminato. Afferriam pronti L'occasion che, sia dispregio o sia Sazio furore, or ci abbandona il nostro 21 Crudo nemico. Vedi tu quell'ermo Lugubre piano, inospite, coverto Di folta tenebrìa, tranne quel raggio 24 Che spaventoso e lurido vi getta Di queste vampe il livido barlume? Lungi colà dal tempestar di queste 27 Onde focose indirizziamci, ed ivi Posiam, se posa esser vi puote alcuna; E raccogliendo le disperse schiere, 30 Cerchiam qual via ci resti, onde al nemico Più grave danno in avvenir s'arrechi; Cerchiam qual sia della sconfitta nostra 33 Il riparo miglior, come sì cruda Sciagura superar, qual dalla speme 11 Forza ritrarre, o, in fin, qual dar ci possa La disperazïon consiglio estremo. 3 Così al compagno suo dicea Satáno Colla testa alta fuor dell'onde, e fuori Degli occhi folgorando orribil lume: 6 Prono su i flutti e galleggiante il resto Delle immani sue membra un ampio e lungo Spazio di molti iugeri coprìa. 9 Tali in lor mole della terra i figli La favolosa Grecia a noi dipinse Che osâr Giove assalir, quel Briaréo 12 O quel Tifóne, cui di Tarso antica Il grand'antro accogliea. Tal è fors'anco Quel mostro enorme, a cui null'altro eguale, 15 Fra quanti l'ampio mar rompon col nuoto, Creonne Iddio. Sulle Norvegie spume (Se la fama col falso il ver non mesce) 18 Ove in lui steso per dormir s'abbatta Il pallido nocchier di picciol legno In buia notte a naufragar vicino, 21 Spesso un'isola il crede, in sua scagliosa Scorza l'áncora gitta e a lui s'afferra, Finchè la notte il mar ricopre, e tarda 24 La sospirata aurora. Incatenato Su quell'ardente pelago giacea Così vasto e disteso il gran nemico; 27 Nè alzata mai, nè scossa pur l'altera Cervice avrìa di là, se il ciel che tutto Regge e governa, non lasciava appieno 30 Ai disegni di lui libero il corso; Ond'egli colpe accumulando a colpe E l'altrui mal cercando, anco sul capo 33 Dell'ira eterna s'accrescesse il peso, E furibondo al fin non altro frutto 12 Fuor dell'arti sue prave uscir vedesse Che infinita bontà, grazia, mercede 3 Sull'uom da lui sedotto, e piover doppio Scorno sopra di sè, furor, vendetta. Repente egli erge dal bollente gorgo 6 Sua vasta mole; d'ambo i lati spinte Torcon le fiamme le appuntate cime E raggirate in grosse onde nel mezzo 9 Lascian orrida valle. Alto egli spande L'ali e dirizza il vol per l'aria fosca Che stride al peso inusitato, e sovra 12 L'arida terra approda alfin, se terra Quella pur è che di massiccio foco Tutt'arde ognor, siccome il lago ardea 15 Di foco alliquidito; e tal rassembra Qual di rabbiosi sotterranei fiati Per la gran forza da Peloro svelto 18 E via scagliato alpestre masso; o quale Di Mongibello il fracassato fianco, Quando le gorgoglianti ime fornaci 21 Di solfo pregne e d'irritati venti Fuore sbocca tonando e al guardo scopre Tutte di fumo e di fetor ravvolte 24 Le arroventate orribili caverne. Sopra sì fatto suol, dal suo compagno Seguìto ognor, le maledette piante 27 Satáno arresta, e baldanzosi entrambi Vantansi dalla Stigia accesa lama Per la lor propria ricovrata forza, 30 Quai Dei, scampati, e che il gran Re del Tutto Così permise, immaginar non sanno. Quest'è la regïon, la terra è questa, 33 Disse Satáno allor, quest'è la sede Che abitar ci convien del cielo invece? 15 Di quel mare infiammato il piede arresta. Alza il grido colà verso le sue 3 Prostese innumerabili falangi Che ammucchiate giacean qual sotto gli alti Archi de' boschi opachi in Vallombrosa 6 S'ammassano e ricoprono i suggetti Rivi in autunno le cadute foglie: E forse è folta men l'alga ondeggiante 9 Quando Orión di feri venti armato Tutto dall'imo fondo alza e sconvolge Quel mar famoso, entro i cui flutti vide 12 Il perseguìto Ebreo dal salvo lido Busiri andar con l'oste sua sommerso, E galleggiar tra rotti carri i morti 15 Cavalli e cavalieri e fanti avvolti. Così densa coprìa quel vasto gorgo La perduta oste rea, che più se stessa 18 Per lo stupor del cangiamento strano Non conosceva: alto ei chiamolla, e tutti Rintronàr dell'inferno i cupi seni 21 A quella voce: O Potentati, o Prenci, Guerrieri che del ciel l'onor già foste, Del ciel già vostro, ed ora, oimè! perduto, 24 Se un letargo simìl voi, Spirti eterni, Puote ingombrar così: questa dimora Sceglieste forse a ristorar la stanca 27 Vostra virtù dopo la pugna? è questo, Come lassù del ciel le amene valli, Il loco adatto ai vostri sonni? o in tale 30 Postura abietta d'adorar giuraste Il vincitor? Ch'ei dal suo trono or miri Le vostre insegne, le vostr'armi sparte, 33 E voi medesimi in questo mar convolti, Nulla curate? Ma che parlo? Forse 16 State attendendo che, il vantaggio scorto, Quel suo veloce inseguitor drappello 3 Dalle soglie del ciel scenda a calcarci Giù col piede le languide cervici, O co' fulminei catenati strali 6 Di questo golfo ci conficchi al fondo? Scuotetevi, sorgete, o eternamente Siate perduti. Eglino udir, vergogna 9 Gli punse, e l'ali dibattendo, a un tratto Tutti s'alzaro. Quasi talor sull'armi Dal capitan temuto a dormir colte 12 Le sentinelle, non ben deste ancora Rizzansi e mostra fan d'ardite e franche, Tai sembravan coloro. Il crudo stato 15 Senton ben essi e le lor pene acerbe: Ma pur del Duce al grido in un istante Obbedisce ciascun; tutto all'intorno 18 Si scuote, tutto freme e tutto ondeggia. Così al brandir della possente verga Del figliuol d'Amràm vide l'Egitto 21 Inorridito in quel feral suo giorno, Curva sull'Euro comparir repente Caliginosa mormorante nube 24 Di voraci locuste, e, come notte, Dell'empio Faraòn pender sul regno E coprirlo di tenebre. Tal era 27 L'innumerabil numero di quelle Malvagie squadre che laggiù d'inferno Sotto la vôlta, tra le basse ed alte 30 E d'ogni lato circolanti vampe, Stavan sospese sugli aperti vanni; Finchè, qual segno, l'aggirata in alto 33 Asta del magno Imperador diresse Il corso lor. Sulle librate penne 17 A quella vôlta giù tosto si calano Sovra quel fermo solfo e 'l vasto piano 3 Ingombran tutto; immensa torma, a cui Una simil non mai versò da' suoi Ghiacciati fianchi il popoloso Norte, 6 Quando, varcata la Danoia e 'l Reno, Come un diluvio, i barbari suoi figli Cadder sull'Austro e passâr Calpe, e tutte 9 Le Libiche inondaro aduste sabbie. Repente fuor d'ogni squadrone uscendo I condottier colà s'affrettan dove 12 Stava il gran Duce lor; divine, eccelse Sembianze e forme, ogni beltà terrena Superanti d'assai; Principi e Regi 15 Ch'eran nel ciel poc'anzi assisi in trono. Ogni memoria de' lor nomi spenta Or è lassuso, cancellati e rasi 18 Per la lor fellonía da' libri eterni Di vita eternamente, e nuovi nomi D'Eva tra i figli non aveano ancora. 21 Iddio provar l'uom volle e lor permise D'ir la terra scorrendo, e sì potero La più gran parte dell'uman lignaggio 24 Togliere al culto del verace Dio Con lor menzogne e loro inganni, ond'essa Lui glorioso, onnipossente, eterno, 27 Non comprensibil, non visibil, spesso Coll'insensata imagine d'un bruto Tutta di pompe e d'ôr cinta e coperta 30 Scambiò miseramente, e, come Numi, I Démoni adorò. Diversi allora Ebber costoro in terra idoli e nomi. 33 Di', Musa, dunque i nomi lor; chi prima Surse, chi poi da quel bollente letto, 20 Che di polpe e di nervi e d'ossa insieme È contesta ed ingombra. In ogni forma 3 Oscura o luminosa, o densa o rara, Qual più lor giova, or d'odio, ora d'amore Possono i rei disegni in opra porre. 6 Per essi i figli d'Israello infidi, Al sommo Dio, lor viva forza, spesso Volsero il tergo, e infrequentata e muta 9 Lasciando l'ara sua, curvâr le fronti Dianzi a brutali Numi, onde quell'empie Cervici lor di tanta colpa carche 12 Poscia in campo mietè vil ferro imbelle. Venìa con lor quell'Astaréte in schiera, Che da' Fenici poi fu detta Astarte, 15 Del ciel notturna regnatrice, ornata Delle crescenti luminose corna. Alla corrusca imagin sua fur use 18 Per l'aer bruno offrir lor voti ed inni Le Sidonie donzelle, e culto ed ara In Sionne ebbe ancor sull'empio monte 21 Fondata da quel Re che il saggio core Tra femminili amor corruppe, e spinto Da sue belle idolatre, idoli immondi 24 Pur cadde ad incensar. Venìa Tammuzo Poi, la cui piaga riaperta ogn'anno Ogn'anno ancor rinnovellava il duolo 27 Delle Siriache vergini che in triste Note d'amore al Libano d'intorno Tutto un estivo dì stavan piangendo 30 L'acerbo fato suo, mentre vermiglie Adoni al mar volgea le placid'onde Dalla natía sua rupe, e a lor parea 33 Mostrar in esse di Tammuzo il sangue. Di pari ardor quell'amorosa fola 21 Infettò di Sionne ancor le figlie; E ben le turpi lor fiamme lascive 3 Fin dentro i sacri portici scoprío Ezechïel quando girò sull'empie Idolatrie del ribellato Giuda 6 L'occhio ripien della virtù superna. Quegli poscia venìa che vivo duolo Sentì nel cor quando la propria imago 9 Entro il suo tempio stesso a un tratto monca Farsi dall'arca prigioniera ei vide, E via le tronche mani e la spiccata 12 Testa balzarne rotolando al suolo, De' suoi scornati adoratori al piede. Dagón fu il nome suo, marino mostro, 15 Uom sopra e pesce in basso: alto sorgea Il suo tempio in Azóto e i lidi tutti Di Palestina ed Ascalona e Gata 18 Fin d'Accarón ai termini e di Gaza Temean suo scettro. Lo seguìa Rimmone Ch'ebbe nel bel Damasco ameno seggio 21 D'Abbana e di Farfarre in sulle vaghe Fertili rive. Egli pur erse incontro Alla magion di Dio l'audace fronte, 24 E se un lebbroso Duce ei vide un giorno Abbandonar suo culto, un Re pur vide Prestargli omaggio: Aazo ei fu, quel folle 27 Suo vincitor, che del verace Dio Spregiò, rimosse l'ara, e un'altra a guisa Delle Assirie n'eresse, ov'empi incensi 30 Arse agli Dei già da lui vinti e domi. Folta appo questi una gran torma apparve Che sotto i nomi celebrati antichi 33 D'Isi e d'Osiri e d'Oro, e de' tanti altri Seguaci lor, con mostruose forme 22 E con vani prestigi il cieco Egitto Sì schernir seppe e i sacerdoti suoi, 3 Che andaro ognor sotto ferino aspetto, Anzichè umano, or qua or là cercando I lor vaganti Dei. Da quella peste 6 Non fu immune Israél quando in Orebbe L'oro accattato ei del vitello fuse Nell'immago adorata. Empiezza eguale 9 Vider bentosto Bettelemme e Dana Doppiarsi da quel Re che osò ribelle Paragonare a bue che l'erba pasce, 12 Iéova che lo creò, Iéova che quando Dall'Egitto ei fuggìa, con un sol colpo, In una sola notte, ogni fanciullo 15 Primonato percosse, e a terra stese Ogni muggente Nume. Ultimo venne Quel Belial, di cui più laido Spirto 18 Dal ciel non cadde e più del vizio in preda Sol per amor del vizio: a lui non tempio Sorgea, nè altar fumava; eppur qual altro 21 Soggiornò più di lui fra templi ed are? Ei là sovente d'ogni Dio l'idea Nei sacerdoti cancellò, qual d'Eli 24 Ne' figli avvenne, che di Dio la casa Di vïolenza e di lascivie empiero. Ei pur le Corti e i gran palagi alberga, 27 E le ricche città passeggia altero, Ove il fragor della licenza oscena, Degli oltraggi e dell'onte, oltre le cime 30 Delle più eccelse torri ascende e suona; E quando della notte il fosco velo Le strade abbuia, allor vagando intorno 33 Escon di Belialle i sozzi figli Ebbri di vino e oltracotanza. Troppo 25 A somma altezza, e non furor, ma fermo Valor deliberato in lor spirava 3 Che temea, più che morte, esser rispinto; Alta armonia che con sublimi note Dalle mortali ed immortali menti 6 Dubbio, paura, angoscia e affanno sgombra O molce almeno. Tacita, secura In sua virtude, in sua congiunta possa 9 Così movea quell'oste al dolce suono Che del bruciante suol l'ardor temprava Sotto i suoi passi dolorosi. In mostra 12 Ecco a un punto s'arresta; orrida fronte Di terribil lunghezza e d'abbaglianti Armi, ai prischi guerrier simile in parte 15 Con aste e scudi in ordinanza, e attenta Stassi ad udir quale al possente Duce Comando piaccia imporre. Egli l'esperto 18 Sguardo dardeggia per le file, e tutta Da un punto all'altro la falange immensa Ne trascorre veloce; il ben disposto 21 Ordine, i volti e le stature eccelse, Solo proprie di Numi, osserva e squadra, E alfin somma il lor numero. D'orgoglio 24 Or più gonfia il suo core e più s'indura; Poichè dal giorno, in cui fu l'uomo creato, Non mai si ragunò tal'oste e tanta 27 Che, di questa al paraggio, assai simile Non fosse a stormo di pimmei pugnanti Di strepitose gru contro uno stuolo. 30 Taccia Flegra i giganti, ed Ilio e Tebe Quella stirpe d'Eroi che d'ambo i lati Pugnò frammista ai parteggianti Numi; 33 Nè favola o romanzo il prode Arturo Da' suoi Britanni o Armorici campioni 26 Intorno cinto osi membrar (chè troppo Spregevol fora il paragon), nè quanti 3 In Aspramonte o Montalban giostraro, In Damasco, in Marocco o in Trebisonda Cristiani o Saracini invitti Eroi, 6 Nè quei che dalle Maure aduste arene Mandò fra noi Biserta allorchè il Magno Carlo con tutti i Paladini sui 9 In Fontarabia cadde. Incontro a questi Del ciel rivali uman valor è nulla. Pur se ne stanno riverenti al loro 12 Temuto Duce. Alteramente eccelso Ei di persona, e portamento sopra Tutti gli altri torreggia; ancor perduto 15 Non ha tutto il natìo fulgor celeste, E conquiso com'è, pur sempre in lui Un Arcangel si vede, un offuscato 18 Di gloria eccesso. Tale il sol nascente Timidi getta e pallidi pel grave Aere nebbioso i raggi, e tal ei sparge, 21 Se Cintia il vela coll'opposto dosso, Sovra mezza la terra un torbo e mesto Lume che pel timor d'aspre vicende 24 Tien palpitante de' tiranni il core. Oscurato così, tanto splendea Sopr'ogn'altro Satáno: ancor dell'alte 27 Cicatrici del folgore rovente Solcata avea la faccia, ancor gli stava La cura e 'l duol sulla scaduta guancia; 30 Ma sotto il ciglio l'indomabil core E 'l ponderato orgoglio intento tutto Alla vendetta trasparìa; feroce 33 Ardeva l'occhio suo, pur di rimorso Segni gettava e di cordoglio: ei mira 27 Spiriti innumerabili, già visti In sì diversa sorte, ora dal cielo 3 E da sua luce eterna eternamente Per sua cagion sbanditi e in quegli abissi Spinti e dannati; e suoi compagni furo, 6 Anzi seguaci suoi! pur fidi ancora Quanto gli sono e nella lor sventura Qual mostran fermo generoso core! 9 Così qualor la rovinosa fiamma Del ciel piombò sulla foresta e gli alti Pini e le querce noderose antiche 12 Percosse, diramò, pur coll'arsiccia Sfrondata cima stan gli alteri tronchi Sul divampato suol fissi ed immoti. 15 Egli a parlar s'accinge, onde si curva Vèr lui del campo il destro corno e 'l manco, E in semicerchio co' più degni Duci 18 Raccolto viene: ciascheduno è muto Per desìo d'ascoltar: ei per tre volte Tentò parlare e per tre volte, ad onta 21 Del proprio scorno, in lagrime proruppe, Ma quali Angel le sparge; alfin mescendo Co' sospir le parole, ei così disse: 24 O d'immortali Spirti immense schiere, O Forti, o comparabili soltanto Con lui che tutto può, certo d'onore 27 Priva non fu l'alta contesa nostra, Benchè seguìta da un evento atroce Siccome questo loco, ahi! troppo attesta, 30 E quest'orribil cangiamento, ond'io Parlar non oso. Ma qual mai presaga Mente sublime e dagli eventi instrutta 33 Temer potea che tal di Numi unito Esercito, che forze a queste eguali, 30 Da lor calcato gli rapiva il core D'ogni bëante visïon celeste. 3 Ei fu che all'uom da pria spirò l'avara Sete delle ricchezze, esso gli apprese A squarciare e predar con empia mano 6 Della terra le viscere, ed in luce Quei tesori a recar che meglio stati Foran là dentro eternamente ascosi. 9 Tosto la torma sua larga ferita Aprì nel monte, e d'ôr fulgidi brani Ne trasse fuor. Niun meraviglia prenda 12 Che quel metallo nell'inferno abbondi; A qual altro terren meglio conviensi Il prezïoso tosco? Or qui chi vanta 15 Mortali cose, e di Babelle e Menfi Meravigliando le grand'opre estolle, Vegga quanto sia lieve ad empi Spirti 18 Solo in un'ora superar quegli alti Per arte umana o per umana forza Monumenti famosi, eretti appena 21 In lunghe età da innumerabil braccia E da sudor perenne. Ivi d'appresso Sul piano, in molte preparate celle 24 Che sotto avean di liquefatte fiamme Rivi sgorganti dal bollente lago, Una seconda affaccendata schiera 27 Con stupendo lavor distempra e scevra La metallica massa, e ne dischiuma Tutta l'impura feccia. Un terzo stuolo 30 Colla prestezza stessa entro il terreno Varie forme compose e per arcani Canali empiè delle bollenti celle 33 Le varie cavità. D'un'aura il soffio Nell'organo così per molte file 31 Di canne scorre, e vario suon respira. A guisa di vapor che in alto saglia, 3 Ecco repente dal terreno alzarsi, Di tempio in forma, un edificio immenso, Al suono di soavi sinfonie 6 E dolci canti. Doriche colonne, D'aureo architrave sotto il peso, intorno Splendono in ordin lungo: ornati i fregi 9 E le cornici con mirabil'arte Son di sculture e di rilievi; è il tetto Solid'oro intagliato. Unqua non vide 12 Magnificenza egual l'Eufrate e il Nilo, Quando de' Regi loro e de' lor Numi I palagi ed i templi ergeano a gara 15 Più eccelsi e vasti, e di ricchezza e lusso Contendevan tra lor. Compiuta alfine Sovra le salde basi immobil sorge 18 La maestosa mole; e l'énee porte Repente spalancandosi, le interne Splendide sale immense e il liscio e terso 21 Pavimento il sorpreso occhio discopre. Dal curvo tetto per sottile incanto Pendean stellati mille lampe e mille, 24 In cui Nafta ed Asfalto una sì viva Luce nudrìan che un ciel pareva l'inferno. Meravigliando entra la folla, e questi 27 Loda il lavor, quei l'architetto in cielo Egli era illustre già per molte eccelse Edificate moli, ove soggiorno 30 Scettrati Angeli fean che il Re supremo Al governo esaltò degli ordin vari Di sue celesti rifulgenti squadre. 33 Nè senza nome o senza onor divini Andò per Grecia e per Ausonia, dove 32 Vulcan fu detto: ivi che Giove irato Via lo scagliò dai cristallini merli 3 Favoleggiossi: dal nascente sole Alla metà del dì, da questa infino Alla rorida sera, un lungo estivo 6 Giorno durò precipitando, e allora Che il sol cadea nell'onde, in Lenno, antica Isola dell'Egeo, piombò simile 9 A divelta dal ciel corrusca stella. Favole e sogni! Ei da gran tempo innanzi Con questa cadde insiem ribelle turba, 12 Nè punto gli giovâr le alte nel cielo Costrutte torri, nè sottile ingegno; Chè capovolto con sua ciurma industre 15 Giù negli abissi a fabbricar fu spinto. Al suon di trombe e con gran pompa intanto Per comando sovran gli alati Araldi 18 Vanno per tutta l'oste alto gridando Che in Pandemonio, la superba Reggia Del gran Satáno e de' suoi Pari, in breve 21 Solenne s'aprirà Consesso augusto; E colà tosto da ciascuna schiera, Da ciascuna falange i più distinti 24 Per dignitade o per sovrana scelta Sono appellati. Là traggon repente Tutti costor da nobile seguìti 27 Corteggio innumerabile. Ogni via, Ogni atrio capacissimo, ogni porta Gran calca ingombra e stringe, e l'ampia sala 30 Tutta n'ondeggia e bolle, ancor che pari A quei recinti ella in grandezza fosse, Ove arditi campioni in sella armati 33 Presentarsi eran usi, e innanzi al seggio Del Soldano appellare il fior de' prodi 35 LIBRO SECONDO Cominciatasi la consulta, Satáno discute se un’altra battaglia abbia a tentarsi per ricuperare il cielo. Alcuni sono di questo avviso, altri vi si oppongono. Si conchiude di seguire il pensiero di Satáno e ricercare la verità di quella profezia o tradizione che correva in cielo intorno ad un altro mondo e ad un’altra specie di creature poco inferiori agli Angeli, e che doveano essere create all’incirca in quel tempo. Dubbj sopra chi dovrà mandarsi alla difficile scoperta. Satáno, loro Capo, intraprende solo il viaggio, e ne riceve onori ed applausi. Sciolta l’adunanza, gli Spiriti si dividono in varie schiere, e per recare qualche sollievo ai loro mali, si danno a vari esercizj secondo le diverse loro inclinazioni, aspettando il ritorno di Satáno. Egli arriva alle porte dell’Inferno che trova chiuse e guardate da due mostri. Gli vengono finalmente aperte. Scopre il gran golfo fra l’inferno e il cielo. Con quanta difficoltà attraversa l’abisso. Il Caos, Sovrano di quel luogo, gl’indica il cammino verso il nuovo mondo, di cui va in traccia. In trono eccelso che più ricco assai Splende d'Ormus, dell'Indo e del pomposo Orïente colà dove più spande Su i barbarici Re l'oro e le gemme, 3 Siede Satáno, a quell'altezza rea Portato da' suoi merti, e dallo stesso Disperar sollevato oltre ogni speme 6 Più alto aspira ognor: la vana e stolta Guerra col cielo a proseguir lo spinge Una superba irrequïeta brama, 9 E dagli eventi non istrutto ancora Così dispiega i suoi disegni alteri: O Principi, o Possanze, o Dei del cielo, 36 Poichè abisso non v'ha ch'entro i suoi golfi Rattener possa un immortal vigore, 3 Benchè scaduto, e oppresso, il ciel non stimo Perduto io già. Spirti superni e divi, Dal lor cader sorgendo, assai più chiari 6 Mostreransi e tremendi, e contro un nuovo Fato staranno in sè sicuri. Un giusto Dritto e del ciel le fisse leggi in prima, 9 Quindi la vostra appien libera scelta E quanto oprai col senno e colla mano Non indegno di pregio, a me governo 12 Sopra di voi già diero; e in fin di questa Perdita stessa i danni in parte almeno Già da me riparati, oltre ogni tema, 15 Oltre ogn'invidia stabilito m'hanno Su questo soglio, a cui concorde e intero Il vostro assenso mi chiamò da pria. 18 Alto grado lassù nel bel soggiorno Puote ai men alti esser d'invidia oggetto; Ma qui chi un seggio agognerà che il renda 21 Ai colpi del Tonante il primo segno, Lo schermo vostro, e a maggior parte il danni Di dolor senza fine? Ov'è sbandito 24 Il ben, non entra ambizïosa gara. Saravvi alcun che a maggioranza aspiri In questo diro abisso? A chi sì scarsa 27 Pena toccò ch'altra cercar ne voglia, Più alto onor bramando? In ferma lega Congiunti dunque, in stabil pace e fede 30 Più che nel cielo esser mai possa, il nostro A vendicar giusto retaggio antico Or noi torniamo, e di felici eventi 33 Più certi siam che se propizia ognora Ci fosse stata la Fortuna. Or quale 37 Sia miglior mezzo, aperta guerra, o frode, Cercar si dee: chi a dar consiglio basta, 3 Apra, chè appien gli lice, il suo pensiero. Disse; e Molocco alzossi, inclito Rege, Il più feroce Spirito, il più forte 6 Che nel cielo pugnasse, ed or più fero Fatto dal disperar. Ei coll'Eterno Aver sperava d'egual possa il vanto, 9 E nulla sì, di lui minor non mai Esser volea: con tal pensiero, tutti I suoi timor perdeo; di Dio, d'inferno 12 O peggio ei nulla cura, e sì favella. Aperta guerra è il voto mio; di frodi, Men ch'altri in esse esperto, io non mi vanto: 15 Chi n'ha d'uopo, le ordisca, e quando è d'uopo: Non ora. E che! Mentre qui lenti adunque Van costoro macchinando arti ed inganni, 18 Dovrà un popolo intier coll'armi in pugno Il segno sospirar di sua vendetta E del suo scampo, e qui languendo starsi 21 Dal ciel sbandito, fuggitivo, in questa Obbrobrïosa fossa, in questo nero Carcer di quel tiranno, il qual per nostro 24 Indugio or regna sol? No, no: piuttosto Di queste fiamme e di nostr'ire armati, Scegliam di viva forza e tutti a un tempo 27 Del ciel sull'alte torri aprirci il varco. Contro il tormentator canginsi questi Nostri tormenti in orrid'armi: egli oda 30 L'infernal tuono rimugghiare incontro L'onnipossente ordigno suo; rimiri Di questo foco i sanguinosi lampi 33 Con egual furia sfolgorar sul volto A sue schiere atterrite, e queste fiamme, 40 Me più che ogni altra dall'audace avviso Non ritraesse e sull'intero evento 3 Non gettasse un fatal presagio tristo. Dunque chi più degli altri in armi vale, Mal nell'armi fidando e male in quanto 6 Ei pur consiglia, il suo coraggio fonda Sul disperar? Dunque all'estremo nostro Disfacimento, al nostro fin son tutte 9 Vôlte le mire sue, purchè si compia Qualche fiera vendetta? Ahi! qual vendetta? Son le torri del ciel d'armate scolte 12 Ripiene, e chiusa n'è ogni via: sovente In sulle rive del vicino abisso Lor legïoni accampano, e sull'ali 15 Tacite e brune van con larghi giri Qua e là scorrendo il regno della notte, E di sorprese ridonsi. E se a viva 18 Forza potessim'anco aprirci il varco, E dietro noi l'intero inferno a un tempo Sorgesse inferocito a scagliar questa 21 Caligin tutta entro a quell'alma luce, Pur sull'eterno incorruttibil trono Il nostro gran nemico appien securo 24 E intatto sederìa. L'eterea tempra Macchia temer non può di basso foco; Chè tosto il vince e sperde, e come in pria, 27 D'un fulgòre purissimo sfavilla. In questo crudo stato, estrema nostra Speranza è il disperar: dobbiam, si dice, 30 L'onnipossente vincitore a tanto Sdegno irritar, che la sua rabbia tutta Su noi riversi, e ci consumi alfine: 33 Questo esser dee nostro disegno e cura; Non esser più. Tristo disegno e cura! 41 E chi vorrà, benchè d'affanni colma, Questa che intende e vuol, sublime essenza, 3 Questi d'eternità nel giro immenso Spazïanti pensier lasciar per sempre, E giuso d'ogni moto e senso privo 6 Piombar perduto, inabissato dentro All'ampio sen dell'increata notte? E sia pur questo un ben, chi sa se possa 9 Darloci il fier nemico, o il voglia mai? Che il possa, è dubbio; ch'ei non voglia, è certo. Ei saggio tanto, al suo furore il freno 12 Tutto sciorrà ad un tempo e vorrà, quasi Mal avveduto, e mal di sè signore, Far de' nemici suoi paghe le brame 15 E consumar nella sua rabbia quelli Che la sua rabbia stessa ad infinito Gastigo serbar vuol? - Perchè si cessa 18 (Dice chi vuol la guerra)? a noi che giova Lo star timidi e lenti? A duolo eterno Decretati, serbati, additti omai 21 Noi siam: checchè si faccia, altro possiamo Soffrir di più, soffrir di peggio? - Adunque Così seder, così tener consiglio, 24 Così lo starsi in armi è adunque il peggio? E allor che fu, quando incalzati, quando Da quell'atroce folgore percossi 27 Fuggivam ruinosi, e questo abisso A ricovrarci imploravamo? Allora Contro quelle ferite un dolce asilo 30 Qui ci parve trovare. E quando stemmo Là catenati su quel lago ardente, Peggio non era? E che sarìa se il soffio 33 Che quelle fiamme spaventose accese, Destosi ancor, settemplice furore 42 Vi spirasse per entro e ad esse in fondo C'immergesse dipoi? Se l'intermessa 3 Vendetta colassù quella rovente Sua destra armasse ancor? Se quanto ei serba Riposto, sprigionasse, e questa vôlta, 6 Questa vôlta infernal che tien sospeso Sul nostro capo un igneo mar, crollando S'aprisse un giorno, e gl'infocati fiumi 9 Per le tremende cateratte infrante Su noi si rovesciassero? che fora, Se mentre stiamo glorïosa guerra 12 Disegnando o esortando, orribil turbo Di foco ognun di noi rotasse, e in cima D'acuto scoglio lo lasciasse infitto, 15 In trastullo e balía d'atre bufére? Oppur ricinto di catene e sotto A quel bollente Oceano eternamente 18 Star dovesse sommerso in pianti e strida, Senza pietà, riposo, o tregua mai Al disperato interminabil duolo? 21 Questo inver fora il peggio! Aperta guerra Quind'io sconsiglio al pari e guerra ascosa. Che può forza con lui, che può l'inganno 24 Con chi tutte le cose a un punto vede? Nostri vani disegni egli dall'alto Del ciel mira e deride; ei non men forte 27 Contro il poter che incontro a frode accorto. Ma che? vivremo in tal viltade e tanta Noi dunque? Noi stirpe celeste e diva 30 Così sbanditi, calpestati e carchi Qui sarem di catene e di tormenti? Poichè il voler del vincitor, decreto 33 Onnipossente, inevitabil fato Sì ne soggioga, assai miglior io stimo 45 Di splendido servaggio: in noi medesmi Cerchisi il nostro bene e sia nostr'opra: 3 Sì, viviamo a noi stessi, entro quest'ampia Remota sede indipendenti e sciolti, E dura libertade al facil giogo 6 Di servil pompa anteponghiam. Più chiara Risplenderà nostra grandezza allora Che da picciole cose uscir le grandi, 9 Il vantaggio dal danno, e dagli avversi. Per noi vedransi i fortunati eventi; E alfin, qualunque il nostro albergo sia, 12 Alla grave miseria, al duro stento La costanza, il sudor, lo sforzo opporsi Vittorïosi, e trionfar del Fato. 15 Questo in cupo buior ravvolto mondo Paventiam noi? Ma, quanto spesso ei pure L'alto del cielo regnator non sceglie 18 Sua sede in mezzo a folte oscure nubi Senza che di sua gloria un raggio scemi? Di maestoso tenebror non cinge 21 Egli il suo trono tutt'intorno, donde Poscia profondo in suon di rabbia mugge Il tuon sì che un inferno il ciel rassembra? 24 Com'ei le nostre tenebre, ancor noi Imitar non possiam, quando ci aggrada, La luce sua? Questo diserto suolo 27 Splendidi in sè vasti tesori asconde Di gemme e d'oro; e di scïenza e d'arte Noi non siam scarsi onde innalzar eccelse 30 Moli di Numi degne, emule al cielo. Cangiar questi tormenti anco può il tempo In elementi nostri, e queste fiamme 33 Quant'or son crude e penetranti, allora (Fatta la nostra alla lor tempra eguale) 46 Allenirsi dovranno, ed ogni senso Spegnersi del dolor. Tutto c'invita 3 A consigli di pace, e a fermi starci Nell'ordine presente, onde possiamo Cercare in sicurtade ai nostri mali 6 Il sollievo miglior, quai siam mirando E dove siamo, ed ogni van pensiero Lungi cacciando di rischiosa guerra. 9 Ecco il consiglio mio. - Finito appena Egli avea di parlar che tutto intorno Per quel consesso un mormorìo si sparse, 12 Come allor quando il suon de' feri venti Che volser tutta notte il mar sossopra, In cave rocce romoreggia ancora; 15 E i marinai ch'entro petroso seno, Calmato il nembo, s'ancoraro a caso Da lunga veglia e da fatica oppressi 18 Col rauco borbottar al sonno invita. Tal fu l'applauso, il bisbigliar fu tale Quand'ei finì: piacque il suo voto a tutti 21 Di pace consiglier; chè un'altra pugna Temean più dell'inferno; a lor nel seno Tanto tuttor del folgore, e del brando 24 Di Michele potea l'alto spavento, E la brama non men di por laggiuso Le basi a impero tal che poscia un giorno, 27 Da forti leggi sostenuto, sorga Sì che n'abbia anco il cielo invidia e tema! Tosto che Belzebù quei plausi udìo, 30 Belzebù, di cui niun (tranne Satáno) Più sublime sedea, con grave aspetto Surse, e di stato una colonna parve. 33 Pubblica cura, alti pensier maturi Ha in fronte impressi, gli risplende in volto, 47 Nella ruina maestoso ancora, Regal consiglio, e a sostener la mole 3 Dei più possenti imperi atto si mostra Su gli omeri atlantèi. Qual cheta notte, O l'aere immoto di meriggio estivo, 6 Profondamente taciti ed attenti Tutti pendean dal labbro suo, quand'egli Così comincia: O degli eterei seggi 9 Prenci, Possanze, Re, Figli del cielo, Di questi eccelsi titoli il rifiuto Dobbiam far dunque, e invece esser nomati 12 Prenci d'Abisso? A questo invero inchina Il voto popolar: qui ferma sede Stabilir vuolsi, qui fondare un vasto 15 Crescente impero: o cieche menti! o sogni Torbidi e vani! E che? sicuro asilo Dalla sua man fulminatrice è questo 18 Carcere adunque, a cui quel Dio possente Ci condannò? Solo ei quaggiù ne spinse Perchè viviam dall'alta sua ragione 21 Liberi e sciolti, e in nova lega uniti Ci rivolgiam contro il suo trono? Adunque Vero non è che in duro aspro servaggio 24 Dobbiam qui sempre starci, e benchè tanto Lungi da lui, col freno in bocca ognora, Folla di schiavi a' cenni suoi serbata? 27 Ah! ch'ei primiero, egli ultimo, nell'alte Sedi e nelle profonde, a me credete, Esser vuol solo regnator, nè mai 30 Perder del regno suo minima parte Pel nostro ribellar. Ei sull'inferno, Sopra di noi stender suo ferreo scettro 33 Vuol, come l'aureo suo lassuso in cielo Sopra i Celesti. A che seggiam qui dunque 50 Che dal solo Satán, dal sole autore Di tutti i mali, sì profonda e nera 3 Nequizia uscir potea? d'infettar tutta L'umana stirpe in sua radice e ad onta Del Creator sovrano, inferno e terra 6 Mescer insiem? Ma far più bella solo La gloria dell'Eterno, altro non puote Il suo dispetto. Quel disegno audace 9 Piacque altamente all'infernal Consesso; Gioia scintilla ne' lor occhi e a pieni Voti l'assenso è dato. Allor ripiglia 12 Così a dir Belzebù: Saggio decreto, Dopo lunga contesa, è il vostro alfine, O Concilio di Numi, e di voi degne 15 Risolveste gran cose: in onta al Fato Dal più cupo Profondo anco una volta Appresso al nostro almo soggiorno antico 18 Noi leveremci ed alla vista forse Di quei confini luminosi, donde, Tempo cogliendo alle sorprese adatto 21 Colle propinque nostre forze, in cielo Rïentrar potrem forse, o albergo e stanza Trovar sicuri in qualche ameno sito 24 Ove del ciel si stenda il dolce lume, Ed a quel puro sfavillante raggio Terger da noi questa caligin atra. 27 Quella delizïosa aura soave, Col soffio suo balsamico, le crude Di questo foco e ancor non chiuse piaghe 30 Temprerà, salderà. Ma dite in prima: A ricercar questo novello mondo Chi di noi spedirem? Con piè rammingo 33 Il negro, immenso e senza fondo abisso Chi tenterà? chi l'aspra, ignota via 51 Per quella troverà palpabil notte, Ed il sublime sterminato volo 3 Fia che con ala infaticabil sopra Al discosceso baratro distenda Pria ch'alla fortunata isola arrive? 6 Qual sarà mai da tanto o forza od arte Che salvo il meni per le caute scolte, Pe' fitti posti d'Angeli veglianti 9 Per tutt'intorno? Egli avrà là ben d'uopo D'ogni accortezza, e minor uopo or noi Non ne abbiam nello scerlo: il peso in lui 12 Di tutto è posto e la final speranza. Ciò detto, ei siede, e con sospesi sguardi Rivolti in giro, se alcun sorga, attende, 15 Per oppugnar la perigliosa prova, Per secondarla o imprenderla; ma tutti Si stetter muti con pensier profondo 18 Librando il rischio, e l'un dell'altro in faccia, La propria tema attonito leggea. Niun fu tra quei della celeste guerra 21 Primi e scelti campioni audace tanto Che a quel vïaggio spaventoso osasse Offrirsi od accettarlo. Alfin Satáno 24 Che il proprio merto sente e va superbo De' primi onori, con reale orgoglio Surse intrepido, e disse: O empirei Troni, 27 O progenie del ciel, ben a ragione, Ancorchè in noi l'usato ardir non manchi, Profondamente taciti e sospesi 30 Stemmo finor: lungo è il cammino e duro Dall'Erebo alla luce, e saldo invero È questo nostro carcere: di foco 33 Orribil vallo nove volte intorno N'accerchia e serra, e contro noi sbarrate 52 Roventi porte d'adamante stanno. Varcate queste, se alcun mai le varca, 3 Ecco spalanca sue tremende gole Il golfo della Notte, il Vôto immenso, Muto regno del nulla, il qual minaccia 6 Spegnerlo e tranghiottirlo entro la sua Sempiterna caligine profonda; E se indi salvo in altro mondo o spiaggia 9 Ignota egli esce, nuovi rischi ignoti Gli restan sempre, e non men arduo scampo. Ma ben sarei di questo trono indegno 12 E di questo sovrano eccelso grado Cinto di gloria e di possanza armato, Se cosa qui proposta e al comun bene 15 Utile giudicata, unqua potesse Sotto aspetto di rischio o di fatica Me dalla prova spaventar. Se queste 18 Reali insegne io vesto e non ricuso Di qui regnare, tanta parte ai rischi Quanta agli onori io ricusar potrei? 21 L'una e l'altra a chi regna è al par dovuta; E il periglio maggior dritto è che s'abbia Quei che sugli altri più onorato siede. 24 Itene dunque, incliti Eroi, terrore Del cielo ancor nella ruina vostra, Itene, e quanto più soffribil possa 27 Render l'inferno, infin che nostro albergo Esser pur dee questa città dolente, Volgetevi a cercar; tentate il modo 30 Onde si disacerbi o inganni almeno La nostra angoscia; vigilate attenti Contro vigil nemico, infin ch'io fuori 33 Tutte le buie piagge andrò spïando Della distruzïone e a tutti noi 55 Quindi men triste in core, e da superba Fallace speme sollevate alquanto, 3 Disbandansi le schiere, e ognun, siccome Proprio talento o trista scelta il guida, Là volge i passi erranti ove più spera 6 Ingannar l'ore dolorose e qualche Tregua trovar alle inquïete cure, Finchè rieda il gran Duce. Altri sul piano, 9 Altri per l'aere in sulle forti penne Gareggiano fra loro al corso, al volo, Qual già soleano degli Olimpj ludi 12 O de' Pizi i campioni. Ignei corsieri Frenan taluni o schivano la meta Colle rapide rote: altri dispone 15 Schiere e falangi ad ordinata pugna; Come allor quando nei turbati campi Dell'etra, ad ammonir città superbe, 18 Appar di guerra portentoso appresto, E fra le nubi l'un dell'altro a fronte Due minaccianti eserciti si stanno, 21 Vansi prima ad urtar con lancie in resta Gli aerei cavalieri; indi s'avventa L'un'oste all'altra in folta mischia e tutto 24 D'orrendi scontri, dall'un polo all'altro, Il firmamento romoreggia e avvampa. Con gigantéo furor altri più felli 27 Squarcian rupi e montagne, e van su i nembi Quell'aër nero trascorrendo: tanto Fragore appena il vasto abisso cape. 30 Così d'Ecalia vincitor tornando Ercol sentì del feral manto il tosco, E da rabbioso duol spinto divelse 33 Dell'Eta i pini e nell'Euboico mare Lica scagliò dall'alta vetta. Alcuni 56 Ch'han men fero talento, aman raccolti Entro riposta valle, in man di nuovo 3 Prender le cetre, e con divini accenti Le lor proprie cantare eroiche gesta, La gran battaglia e l'infelice evento; 6 E accusano il Destin che al giogo indegno Della Fortuna e della Forza avvinca Il coraggio e 'l valor. Eran lor versi 9 Superbi e vani, ma le dive note (Tanta è la possa del celeste canto!) Calman l'inferno, e l'affollata turba 12 Tengon assorta in estasi profonda. Altri, d'un ermo colle in vetta assisi, In sublimi colloquj assai più dolci 15 D'ogni armonìa (chè questa i sensi alletta, Quelli scendono nel cor) consuman l'ore; E con alto pensar le arcane vie 18 Cercan scoprir di Dio, l'ordine eterno, La prescïenza sua, l'immobil fato, Il libero voler: per ciechi errando 21 Laberinti così, tentano invano Di sempre nuovi dubbj il groppo sciorre. Di lungo argomentar scabro subietto 24 Lor porgon quindi la cagione oscura Del ben, del mal, la misera, e beata Eternità, dell'alma i ciechi moti, 27 La piena requie lor, la gloria, e l'onta; Inutile saper, fumosa e vana Filosofia delle superbe menti! 30 Pur tessere a lor pene un dolce inganno Così potean, o in sen destar fallace Speme, o di dura sofferenza armarlo 33 Qual di triplice smalto. In grosse schiere Pel disperato mondo altri sen vanno 57 A spïar lunge intrepidi se qualche Men duro clima e men dolente stanza 3 Ponno trovar. Per quattro vie diverse Drizzano il corso lor lungo le ripe De' quattro fiumi che nell'igneo lago 6 Sgorgan acque angosciose; il crudo Stige Ch'odio esala; Acheronte atro e profondo Che gonfi di dolore i flutti volve; 9 Cocito che di mezzo a' gorghi suoi Manda gemiti e strida ond'ebbe il nome; E Flegetonte che fremendo aggira 12 Di fiamma e foco rapidissim'onde Rabbia spiranti. Il lento e cheto Lete Lungi da questi in tortuosi giri 15 Move il torpido umor, del qual chi bee, Ogni memoria de' trascorsi tempi E di se stesso e gioie e affanni obblìa. 18 Diserto, oscuro un agghiacciato mondo Giace al di là, da turbini sonanti E da sassosa grandine percosso 21 Eternamente: sulla salda terra Non si scioglie essa mai, ma in rupi ed alpi S'alza ed ammonta che d'antiche moli 24 Rassembran le ruine: il resto è tutto Di gelo e neve altissimo baràtro, Simile a quello che fra 'l Casio antico 27 S'apre e Damiata, e che fu già d'intere Osti la tomba. Ivi l'acuto ed aspro Aere brucia agghiacciando, e il gel del foco 30 Ha un effetto medesmo: ivi, ad un certo Rivolger d'anni, strascinata tutta Da Furie ch'han d'arpie gli unghiuti piedi 33 È dei dannati l'empia folla, ed ivi Dei feri Estremi la vicenda cruda 60 A ciascun lato delle porte: un d'essi Infino al cinto vaga donna appare; 3 Ma poi con molte spire in vasto, immondo A finir va scaglioso atro serpente Di letal punta armato: al sen di lei 6 Intorno, intorno un ululo, un fracasso Fan con cerberee spalancate gole Inferni cani, alto, incessante; e dove 9 Sia quel gridar turbato, a voglia loro Le s'acquattan nel ventre, ov'hanno il covo; E là non visti i lor latrati ed urli 12 Seguon pur sempre. Erano assai men feri Que' truci cani che di Scilla un giorno Feron scempio in quel mar che dal sonante 15 Trinacrio lido la Calabria parte; Nè più deformi mostri e più nefandi Seguon giammai notturna Maga allora 18 Che in segreto chiamata e lunge il sangue Fiutando de' fanciulli, in groppa assisa Degli aerei cavalli a danzar vola 21 Fra le Lappone streghe, e a' loro incanti La Luna intanto in ciel langue e s'oscura. Quell'altra forma, se tal nome darsi 24 Pur puote a ciò che non ha forma alcuna Distinta in membro od in giuntura, un cieco Torbo Fantasma che sustanza ed ombra 27 A un tempo stesso rassomiglia, stava Nera qual densa notte, a par di dieci Furie crudel, come l'inferno orrenda, 30 E un fier dardo brandía: quel ch'esser fronte In lei pareva, di regal corona Avea sopra un'imago. Ad essa innanzi 33 Già sta Satán: quel mostro allor repente Dal suo seggio vèr lui s'alza e si slancia 61 Con lunghi passi spaventosi: tutto Tremò a que' passi l'Erebo. Satáno 3 Intrepido ammirò quel che ciò fosse, Ammirò, non temè, Satán, cui nulla (Tranne l'Eterno) è a spaventar bastante, 6 Ma a scherno prende ogni creata cosa; E a lui con torvo lampeggiante sguardo Sì prese a dir: Chi sei? Che vuoi? tremendo 9 Spettro ma non a me. Chi sei che innanzi Osi a me farti e attraversarmi il passo Di quelle porte? Io di varcarle intendo, 12 E a tuo dispetto varcherolle. Arrétrati, Scostati, o questo braccio appien mostrarti Saprà la tua follìa: vedrai per prova 15 Figlio d'inferno, se tu dèi con Spirti Del cielo contrastar. E tu, di', chi sei? (Feroce quello spettro a lui risponde). 18 Quell'Angelo fellon non se' tu forse Che pace e fede invïolate in pria Ruppe primo lassù? Quegli non sei 21 Che de' figli del ciel la terza parte Cinta di ribellanti armi superbe Teco traesti dall'Eterno a fronte, 24 Ond'ei te poscia e la tua torma rea Dall'Empireo sbalzando, in questi abissi Eterni giorni di miseria e duolo 27 A consumar dannovvi? e tu t'ascrivi Fra gli Spirti del ciel, tu qui proscritto, Traditor empio? tu minacce ed onte 30 Respiri ov'io do leggi, e dove io sono Per tua rabbia maggior, tuo Rege e donno? Va, disertor mendace, al tuo gastigo 33 Ritorna, ed ali alla tua fuga aggiungi, O con flagello di aggroppati scorpi, 62 Se indugi ancor, t'incalzo, e strano orrore Ti fo provar con questo dardo e ambasce 3 Non pria sentite. Così disse il truce Irritato Fantasma, e sì parlando E minacciando, dieci volte fessi 6 Più spaventoso e squallido. Satáno Imperterrito stette e d'alto sdegno Tutto avvampò: per l'iperboreo cielo 9 Arde men tetra un feral cometa Che il vasto Ofiuco in sua lunghezza infiamma, E dal sanguigno crin su gli atterriti 12 Mortali scuote pestilenza e guerra. Ciascun di lor la fatal mira prende Dell'altro al capo, e d'un secondo colpo 15 Non fan pensier: ne' tenebrosi e biechi Sguardi rassembran due di lampi e tuoni Gravide nubi che sul Caspio mare 18 S'avanzan negre, romorose e a fronte Pendon l'una dell'altra infin che i venti. Dien lor col soffio di cozzarsi il segno 21 A mezzo l'aere. A que' sembianti arcigni Crebbe la notte dell'abisso: eguale È il paragon, nè alcun di lor sì grande 24 Nemico incontra è per aver più mai, Fuorchè sol uno, onde fien domi entrambi. Già i lor gran colpi rintronato tutto 27 L'inferno avrìan, quando l'anguinea Maga Che alla porta infernal sedeasi accanto E custodíane la gran chiave, a un tratto 30 Surse, e fra lor con alto urlo lanciossi; E, Padre, ella gridò, che tenti incontro Quest'unica tua prole, e te, che germe 33 Se' d'ambo noi, qual furor cieco assale, E quel dardo feral contro il paterno 65 Ripetè l'eco in ogni lato. Io fuggo, Egli m'insegue, e di lascivia ardente 3 Par più che di furor: di me più ratto M'aggiugne alfine e di sforzati amplessi E laidi me sua sbigottita madre 6 Circonda e stringe: indi son nati questi Urlanti mostri che mi stanno intorno, Come or vedesti, con perpetuo grido, 9 Ognor concetti e riprodotti ognora Con mio duolo infinito: entro quel seno Ond'ebber vita, a grado lor di nuovo 12 Tornano, addoppian gli urli e pasto fanno Delle viscere mie: riscoppian quindi E con fredde paure e strazj alterni 15 Non cessano infierir sì, che un istante Posa o tregua non ho. Quest'altro in faccia Mostro arcigno mi sta, nemico a un tempo 18 E figlio mio, che me gli adizza incontro, E per difetto d'altra preda, ad ora Ad ora in me medesma anco la cupa 21 Sua fame volgería, ma sa che unito È il mio destino al suo, che amaro pasto, Se ciò tentasse, e suo veleno io fora, 24 E che del Fato è tal l'immobil legge. Ma tu quel feral telo evita, o Padre, (Io te n'avverto) e di codeste cinto, 27 Benchè temprate in cielo, armi lucenti, Non sperarti securo: a' colpi suoi, Tranne chi lassù regna, alcun non regge. 30 Scaltro Satán quel che di far gli è d'uopo Ha scorto già, già l'ira ha spenta e dolce Così risponde: Poichè me tuo padre, 33 O cara figlia, riconosci, e questa Mia prole a me presenti, amato pegno 66 Di que' diletti che già teco io presi Nel ciel, sì dolci allora, or tanto acerbi 3 A ricordarsi in quest'orribil nostro Cangiamento impensato, io, qual nemico, Sappi che qui non vengo. A trar da questo 6 Fero albergo d'angosce entrambi voi E tutte insiem quelle celesti squadre Che sursero coll'armi alla difesa 9 De' nostri giusti dritti e in questi abissi Fur con noi spinte, io vengo. Io sol per loro Calco quest'aspra via, solo per tutti 12 Spiando vo l'interminato abisso, E per l'immenso Vôto un luogo io cerco Che già predetto fu, che già creato 15 Esser dovrìa (se i concorrenti segni Non son fallaci), fortunato albergo Non lontano dal ciel, rotondo e vasto, 18 Ove di nuovi abitator locata Una stirpe esser dee che forse un giorno I nostri occuperà vacanti seggi. 21 Quel Dio che la creò, lungi per ora La vuol da sè, forse temendo in cielo Novelle trame, ov'ei lassù raccolga 24 Popol soverchio. Or questo siasi, od altro Più ascoso, il suo consiglio, io là m'affretto A scoprir meglio il tutto, indi qui riedo, 27 Ed ambo là vi scorgo ov'ampio e lieto Soggiorno avrete e sulle tacit'ali Quel puro scorrerete aere soave 30 Di grati odor sempre olezzante: appieno Le vostre brame ivi fien sazie e tutto Vostra preda sarà. Satán sì disse, 33 E udendo Morte che satolla fora Sua lunga fame, con orribil ghigno 67 Digrignò le mascelle, e col rabbioso Suo ventre s'allegrò serbato a tanta 3 Ventura alfin. Non men gioì la rea Sua genitrice ed a Satán rispose: Per dritto io serbo e per sovran comando 6 Del Re de' cieli onnipossente questa Chiave infernale: è legge sua ch'io mai Queste non schiuda adamantine porte, 9 E contro ogni poter sta Morte in pronto Quel suo dardo a frappor che nulla teme E tutta abbatte quanta forza vive. 12 Ma che mi stringe mai gli ordin superni Di lui che m'odia ad eseguir, di lui Che in questo mi gittò tartareo fondo, 15 Che a me del cielo abitatrice e nata In ciel commise l'abborrito incarco Di qui seder fra eterno duol, qui sempre 18 Cinta dagli urli e dai terror di questa Mia prole stessa che di me si pasce? Mio genitor tu sei, questa mia vita 21 Ell'è tuo dono: e chi obbedir, chi deggio Seguire altri che te? Dietro i tuoi passi Sarò lassù bentosto, in quel di luce 24 E di felicità novello mondo, Fra que' beati Numi, ed ivi, come Conviensi a tua diletta unica figlia, 27 Regnerò alla tua destra, e i giorni miei Trapasserò d'eterna gioia in grembo. In così dir, da lato ella si tolse 30 La fatal chiave, orribile strumento D'ogni nostra sciagura, e vèr la porta, L'atra divincolando anguinea coda, 33 Si strascinò. Senza niun sforzo ell'alza La gran saracinesca, a tutte insieme 70 Fora men grande il suono. Alfine ei stende L'ampie vele dell'ali, il suol percuote 3 Col piede, e dentro il gonfio ondante fumo Si slancia e s'alza, e intrepido per lungo Tratto poggiando va quasi portato 6 Sopra cocchio di nugoli, quand'ecco Quel seggio gli vien meno, e un Vôto immenso Incontra inaspettato: allor repente 9 In giù ben dieci e dieci mila braccia, Precipitoso cadde come piombo, L'ali invan dibattendo, e ancor cadrebbe, 12 Se per rea sorte l'improvvisa vampa Di procellosa nube il sen ripiena Di nitro e foco, un egual spazio in alto 15 Non l'avesse respinto. Alfin smorzossi Tanta tempesta in paludosa sirte Che non è mar nè fermo suol: con lena 18 Affannata, su i piè, sull'ali a un tempo. Qual naviglio che remi e vele adopra, Per quell'infida instabil lama innanzi 21 Ei pur sempre si spinge. In quella guisa Che il cupido grifone, a cui di furto Rapito ha l'oro l'Arimaspio astuto, 24 Per aspre rocce, erme boscaglie e cupe Valli con forti infaticabil'ali Insegue il predator, così per mille 27 Diverse vie quel rovinoso Spirto Il suo cammin precipita a traverso Stagni, rupi, erte balze e strette gole, 30 In aere or grave, ora leggier, coll'ali, Co' piè, col capo, colle braccia, e or nuota Or guada, ora s'attuffa, or striscia, or vola. 33 Universale altissimo fracasso Alfin di strida e d'ululi tonanti 71 Che uscía dal vôto orror, con gran tempesta Gli assal le orecchie. Ei là si volge audace 3 A rintracciar qual dell'estremo abisso Poter, qual Spirto in quel rumor soggiorni, Da cui ritrar dove del Buio giaccia 6 La costa ch'alla luce è più vicina. A un tratto il soglio del Caosse innanzi Gli s'appresenta ed ampiamente steso 9 Sulla vorago solitaria il nero Suo padiglione. Atro-vestita in trono Delle cose antichissima la Notte 12 Siede a parte con lui del regno immenso; Stan l'Orco e l'Ade a lor dappresso e 'l truce Demogorgóne, paventoso nome; 15 Indi il Rumore e 'l Caso ed il Tumulto E la Confusïon, tutti in un gruppo, E la Discordia con sue mille urlanti 18 Diverse bocche. Intrepido Satáno A lor si volge e dice: O Voi, di questo Ultimo abisso Regnatori e Dei, 21 Formidabil Caosse, antica Notte, Del vostro impero io qui, de' vostri arcani No, spïatore o sturbator non vengo. 24 Stretto a vagar per queste piagge oscure In cerca di quel calle, onde per gli ampi Vostri domíni alla superna luce 27 Uscir si può privo di scorta, solo, Quasi smarrito, io di saper sol bramo Il più breve sentier che là mi guidi 30 Ove co' vostri tenebrosi regni Il ciel confina; o se l'etereo Rege Qualch'altra parte ha di recente invaso 33 Di vostre regioni, io là son vôlto. Deh! voi drizzate i passi miei; non lieve 72 Del beneficio ricompensa avrete: Se al primo orror, se al vostro scettro quelle 3 Tolte provincie ricondur, se tutti Gl'iniqui usurpator balzarne fuora A me fia dato, e ripiantar le vostre 6 Nere insegne colà, sì, vostro appieno Il frutto ne sarà, mia la vendetta. Così parlò Satáno, e a lui con viso 9 Scomposto e rotti ed affoltati accenti Il Signor del Disordine rispose: Ti conosco, Stranier: tu quel possente 12 Angelo sei che al Re del ciel pur dianzi Osò far fronte, ancor che invano. Io vidi Abbastanza ed udii: nè giù per questo 15 Baratro spaventato oste sì grande Fuggir poteva inosservato: in tanto Viluppo traboccavano ravvolte 18 Le schiere sulle schiere, e le falangi Sulle falangi, e sull'orror l'orrore; E popol tanto le celesti porte 21 Versavan fuor che vincitor feroce A tergo v'incalzava! Io qui soggiorno Fo su questo confin, del regno mio 24 A conservar, se pur potrò, gli avanzi; Chè troppo omai per vostre interne liti È questo impero dell'antica Notte 27 Invaso e scemo: ampio, profondo sito Sotto me si stendea che in carcer vostro, In inferno cangiò quel Re supremo; 30 Ed or sovra il mio regno un altro mondo, Cielo e terra, ei creò che là sospesi Stan da catena d'ôr ver quella parte, 33 Donde tue schiere caddero. Se movi Colà, lontano non ne sei, ma il risco 75 LIBRO TERZO Dio dall’alto del suo trono vede Satáno che vola verso questo mondo allora novellamente creato. Lo addita al Figlio assiso alla sua destra: predice che Satáno riuscirà nel pervertire l’uomo, e dimostra che, avendo egli creato libero e capace di resistere al Tentatore, la sua divina giustizia e sapienza non possono in verun modo accusarsi. Dichiara che questa sua divina giustizia e sapienza non possono in alcun modo accusarsi. Dichiara che questa giustizia divina vuole una soddisfazione, e che l’uomo dee morire con tutta la sua posterità, se qualcun atto ad espiare la offesa di lui non si sottomette alla pena che gli è dovuta. Il Figlio di Dio si offerisce volontario, il Padre accetta, consente alla sua incarnazione, comanda a tutti gli Angeli di adorarlo, e tutti i Cori, unendo le voci loro al suono delle arpe, celebrano la gloria del Padre e del Figlio. Satáno intanto scende sull’erma convessità del più estremo orbe di questo universo; di là fa passaggio nel sole, ove egli trova Uriele reggitore di quella sfera; ma prima si trasforma in un Angelo dell’ordine minore, e col pretesto che uno zelo ardente l’ha spinto a intraprendere quel viaggio per contemplare le cose novellamente create e l’uomo principalmente, si informa del luogo ove questi dimora. Saputo ciò, si parte e cala sul monte Nifate. Salve, o del cielo primigenia figlia, O dell'Eterno coeterno raggio, 3 Se tal nomarti senza biasmo io posso, O sacra luce. E nol potrò se Iddio, Iddio medesmo è luce, ed altro albergo, 6 Fin dall'eternitade egli non ebbe Che il tuo fiammante inaccessibil grembo, O d'increata rifulgente essenza 9 Fulgido effondimento? O se piuttosto Ami esser detta un puro etereo rivo, La tua sorgente chi dirà? Tu pria 76 Fosti del sol, tu pria de' cieli, e all'alta Voce di Dio, come d'un manto, il mondo 3 Di te stessa avvolgesti allor che, tolto All'infinito informe Vôto, ei fuora Dalle negre sorgeva acque profonde. 6 Or con ali più ardite a te ritorno Da' laghi Stigi alfin scampato, ov'io Tante or medie or estreme a varcar ebbi 9 Tenebre nel mio volo, e ad altro suono Che quel soave della Tracia lira, Della Notte e del Cao gli orror cantai. 12 Dalla celeste Musa a entrar nell'ima Buia discesa instrutto e ver le stelle A risalir per via solinga e dura, 15 Salvo a te riedo, o bella Luce, e sento L'alma tua lampa che di vita è fonte; Ma tu questi occhi a visitar non torni 18 Però, che in cerca del tuo raggio invano Rotansi, e albór non trovano: tal denso Vel li ricopre, o lor pupille ha spente 21 Maligno umor! Ma non per questo io cesso D'ir là vagando ov'ha più spesso in uso Di far sua stanza delle Muse il coro, 24 Lungo un limpido fonte, o in colle aprico, O in ombroso boschetto: un così forte Amor de' sacri carmi il sen m'infiamma. 27 Ma te, Sionne, in prima, e i tuoi fioriti Soavemente mormoranti rivi Che il sacro piè ti bagnano, notturno 30 A visitar io vengo, e spesso in mente Mi tornano que' duo ch'ebber con meco Egual destino (egual così foss'io 33 A loro in fama almen!), Tamiri il cieco E 'l cieco Omero, e di que' Vati antichi, 77 Tiresia e Fíneo, mi sovvien pur anco. Allor mi vo di que' pensier nudrendo 3 Onde sgorgano poi spontanei e pronti Armonïosi versi, e a quel somiglio Vigile augel che sott'ombrosa chiostra 6 Nascoso intuona il suo notturno canto. Le stagioni così riedon coll'anno, Ma il giorno a me non riede: io più non veggo 9 Nè i dolci raggi del mattin che spunta, Nè quei del sol che cade; io più non veggo Di primavera i fior, nè rosa estiva, 12 Non più scherzosi armenti, non più mandre, E non più volto d'uom, divina imago: Ma folta nube invece e buio eterno 15 Mi cinge intorno e dai piacer che dolce Fanno la vita, mi divide: invano Del bel saper, delle grand'opre sue 18 Apre natura il libro; è per me tutto Oscuro, vôto, cancellato, e chiusa M'è a Sapïenza una gran via per sempre. 21 Tanto più vivi dunque, o tu, celeste Luce, i tuoi rai nella mia mente infondi E ne illustra ogni parte, occhi migliori 24 Tu m'apri in essa e ne disgombra e tergi Ogni bassa caligine terrena, Onde scorgere io possa e altrui far conte 27 Negate a mortal guardo arcane cose. Dal luminoso empireo, ov'egli siede In alto soglio ch'ogni altezza avanza, 30 L'onnipossente Padre, in giù rivolse Gli occhi a mirar le sue grand'opre e l'opre Che uscivano da lor. Più che le stelle 33 Gli stanno innumerabili d'intorno Gli eccelsi Cori che ineffabil gioia 80 Mio preveder già fisso. Essi, non io, Decretaro il lor fallo; e s'io 'l previdi, 3 La previdenza mia qual ebbe parte Nella lor colpa? Se imprevista ell'era, Sarìa stata men certa? In guisa alcuna 6 Il Fato dunque e l'antiscorger mio Non li sforzò, non mosse; e fu lor opra Il giudizio, la scelta e la ruina. 9 Liberi fur color, libero al pari È l'uomo, e tal sarà, finchè nei turpi Lacci per sè medesmo ei non s'avvolga. 12 Se no, cangiar la sua natura e quello Eterno, irrevocabile, decreto Dovrei per esso cancellare, ond'io 15 D'intera libertà gli feci il dono, E per cui vuol cader ciascun che cade. Figlia d'orgoglio reo, di scusa indegna 18 La colpa fu di que' celesti Spirti Che depravâr, sedussero se stessi; Ma gioco è l'uom di lor maligna frode; 21 Quindi ei trovi mercè, mercè non mai Trovin color. Così la gloria mia Per giustizia e pietà fia che risplenda 24 In terra e in ciel, ma di più vivo raggio Prima ed estrema la pietà rifulga. Mentre Dio sì parlò, d'ambrosia un'alma 27 Fragranza il cielo tutto intorno empieo, E de' beati eletti Spirti in seno Novello gaudio inenarrabil sparse. 30 Di gloria incomparabile fu visto Splendere il divin Figlio; e tutto in lui Mostrarsi espresso il sommo Padre: in volto 33 Pietà celeste, immenso amore, immensa Grazia gli riluceano, e, Padre, ei disse, 81 Oh quanto dolce ne' tuoi detti estremi Fu la parola che il perdon promette 3 All'uom caduto, onde tue laudi il Cielo Farà sonare altissime e la terra Con inni senza fine, e fia tuo nome 6 Benedetto in eterno! Alfin perduto L'uom dunque andría per sempre, ei ch'è l'estrema Opra delle tue mani e la più cara, 9 Egli che cade, è ver, ma tratto e spinto Da iniqua frode al precipizio? Ah! Padre, Sia da te lunge un tal rigor, sia lunge 12 Da te che sei d'ogni creata cosa Il giustissimo giudice. Vorresti L'empio disegno del nemico nostro 15 Far dunque lieto e vano il tuo? Fia paga La sua malizia e tua bontà distrutta? Dunque agli abissi suoi, benchè dannato 18 A maggior pena, ei tornería superbo Della presa vendetta, e seco insieme Nell'eterno dolor trarría l'intera 21 Da lui corrotta umana stirpe? Adunque Tu l'opre tue strugger vorresti, e quello Per lui disfar che per tua gloria festi? 24 Ah! che la tua bontà, la tua grandezza Altro chieggon da te. Figlio, rispose L'onnipossente Padre, o Figlio, in cui 27 La sua gioia maggior trova quest'alma, Figlio di questo sen, che sei mio Verbo E Sapïenza ed efficace Possa, 30 A' miei pensieri, a' miei decreti eterni Ogni tuo detto appien consuona. Ogni uomo Perduto non andrà; chi vuol, fia salvo; 33 Non già pel solo suo voler, ma retto Da quella grazia ond'io farogli dono 82 Liberamente: io le languenti forze In lui ravviverò ch'a impure e guaste 3 Voglie il peccar sommesse; anco una volta Col mio sostegno il suo mortal nemico Affronti in pari agon, ma vegga insieme 6 Quant'ei sia fral senza il sostegno mio, E senta che il suo scampo a me si debbe, A me sol, non ad altri. Io già fra tutti 9 Mi elessi alcuni e di mia grazia i doni (Fu tale il mio voler) versai sovr'essi. Gli altri sonarsi in core udran sovente 12 La voce mia che dalle torte vie Richiameralli del fallir, l'offeso Mio Nume ad implorar, finchè sia tempo 15 Di grazia e di perdon. Dai ciechi sensi, Quanto lor basti, io la caligin densa Disgombrerò: que' duri cori a' preghi, 18 Al pentimento, all'obbedir saranno Ammolliti e piegati; e a' preghi loro, Al pentimento, all'obbedir, se schiette 21 Saran lor brame e lor pensier, non sorda Avrò l'orecchia mai, non chiusi i lumi. Dentro il lor sen la Coscïenza, il mio 24 Incorruttibil giudice e sicura Guida io porrò, cui se daranno ascolto, Luce maggior da non spregiata luce 27 Otterran sempre, e, in lor proposto immoti, Usciran salvi di lor corso a riva. Ma chi di mia pietà disprezza i giorni 30 E 'l mio lungo soffrir, pietà non speri: Alle tenebre sue tenebre aggiunte Saran, durezza alla durezza, inciampo 33 A inciampo, e al suo cader cadute e morte. Solo a costor la mia pietade è chiusa. 85 Del suo scheletro stesso alfin la tomba Empiere e disfamar. Così dal largo 3 Stuol de' redenti miei seguìto e cinto Farò ritomo a queste sedi alfine, E innanzi, o Padre, a te, sul cui sembiante, 6 Non più si mostrerà nube di sdegno, Ma pien perdono, inalterabil pace E amor e gioia splenderanno eterni. 9 Tacque, ciò detto, ma tuttor parlava Anco tacendo il suo soave aspetto Tutto spirante un immortale amore 12 Vèr l'uom mortale, amor che vinto in lui Dall'alto ossequio filïal sol era. Lieto di gire al sacrifizio, i cenni 15 Sol del gran Padre attende. Alto stupore Tenea sospeso il ciel che i detti arcani Non comprendea; ma senza indugio il sommo 18 Padre così soggiunse: O tu, che sei Mio sol diletto, o tu, che in cielo e 'n terra Resti al genere uman caduto in ira 21 Unica pace, unico asil, tu sai Quanto a me l'opre mie tutte sian care; E se l'uom, benchè estrema, ancor mi sia 24 Caro d'ogn'altra al par, mentr'io consento Che tu dalla mia destra e dal mio seno T'allontani per esso, onde un tal poco 27 Io te perdendo, la perduta intera Sua stirpe salvi. A tua natura dunque Quella di lor congiungi, i quai tu solo 30 Redimer puoi. Sovra la terra scendi, Sii fra gli uomin laggiuso uomo tu stesso, Con portentoso nascimento umana 33 Carne vestendo entro virgineo grembo, Quando fia tempo; e dell'uman lignaggio 86 Capo e padre sii tu, d'Adamo invece, Benchè figlio d'Adam. Com'essi a morte 3 Van tutti in lui, sì richiamati a vita, Qual da nuova radice, in te saranno Tutti color che otterran scampo, e niuno 6 L'otterrà senza te. Nel suo delitto, D'infetto tronco infetti rami, involti Son tutti i figli suoi; tuo merto quindi 9 Riparator sopra ciascun si stenda Che l'opre ingiuste sue per te rifiuti, Per te le giuste ancora; egli riceva, 12 Rigermogliando in te, vita novella, Quasi in novello suol trasposta pianta. Così ciò che l'uom dee, l'uom fia che paghi: 15 (Giusta ragion il vuole) a sua sentenza Ei soggiaccia così, mora, risorga, E, risorgendo, i suoi fratei che a prezzo 18 Di sua vita scampò, seco pur levi. Sarà in tal guisa dal celeste amore L'infernal odio vinto, ancor che troppo 21 Nobile e prezïosa ostia ripari Quanto l'inferno per sì facil via Distrusse e ancor distrugge in lor che sordi 24 Stan della Grazia all'amoroso invito. Nè mentre tu dell'uom l'umil natura In te rivesti, la tua propria e diva 27 Abbasserai perciò. Se lasci il trono, Su cui tu siedi eguale a me, se lasci Questa celeste gloria e questa eterna 30 Perfetta gioia, dagli estremi danni Così tu salvi il condannato mondo; E così, figlio mio, per proprio merto 33 Assai di più che per natío diritto Ti mostrerai: la tua bontà sublime, 87 Più che la tua grandezza, al grado eccelso Egual t'attesterà: maggior l'amore 3 Fu che la gloria in te; quindi fia teco, Mercè tanta umiltà, la stessa ancora Umanitade tua quassuso alzata, 6 Ed incarnato sederai su questo Soglio medesmo, Uom Dio, prole divina E umana insiem, Re universal dell'almo 9 Licore asperso della sacra oliva. Ogni poter ti do, tuoi merti assumi, Eterno impera, a te soggetti sono, 12 Come a supremo Sir, Principi e Troni, Possanze e Regni. Quanto in cielo e 'n terra E nel profondo tartaro soggiorna, 15 A te dinanzi incurverassi umìle; E un giorno alfin verrà che intorno cinto Di queste empiree squadre, in mezzo al cielo 18 Apparirai; di là tuoi messi alati Dell'apprestato tribunal tremendo Andran l'avviso ad arrecar: repente 21 I vivi tutti e tutti insiem gli estinti D'ogni trascorsa età (tal suon dal lungo Sonno fia che li scuota!) al tuo cospetto 24 La sovrana ad udir sentenza estrema S'affretteran da tutti i punti a un tempo Del costernato mondo. In mezzo all'ampio 27 Stuolo de' Santi tuoi gli Angeli rei E i rei mortali il gran giudizio udranno Che lanceralli entro l'abisso: allora 30 Sazio sarà l'inferno e le sue porte Chiuse per sempre. Immense fiamme intanto La terra, gli astri, ogni creata cosa 33 Alla tua voce struggeran, ma tosto Dalle ceneri lor novella terra, 90 Il sommo Padre, in cui non può per altra Guisa affisarsi occhio creato alcuno. 3 Dalla sua gloria in te l'ardente lume Impresso sta, trasfuso in te riposa L'ampio suo Spirto: egli de' cieli il cielo, 6 Egli per te le angeliche Possanze Tutte creò, per te lo stolto orgoglio Delle perverse ammutinate squadre 9 Traboccò negli abissi; in quel gran giorno Di sue tremende folgori ministro Fu il possente tuo braccio, e tu le vive 12 Del fero carro sfavillanti rote Che l'eterna scuoteano empirea mole, Sulle cervici a' rovesciati Spirti 15 Terribile aggirasti. Al tuo ritorno Piene di gioia le fedeli schiere Alto levár solenne plauso, e figlio 18 Te celebràr della paterna possa, Te su i paterni perfidi nemici Aspro vendicator; ma tal sull'uomo 21 No, non sarai. Di scellerato inganno Vittima cade questi, onde tu, sommo Padre di grazia e di mercè, temprasti 24 Coll'infelice il tuo rigor severo E pendesti al perdon: ti scorse in volto Di giustizia e pietà la gran contesa 27 L'unico tuo diletto Figlio e pronto A finirla s'accinse. Ei dall'eterna Gloria del ciel discende, ei s'offre a morte 30 Per l'umano fallir. Oh amor sublime! Oh amore incomparabile, che solo Nel sen d'un Dio può ritrovarsi! Salve, 33 O gran Figlio di Dio, salve, del guasto Genere uman riparator possente; 91 De' nostri canti ampio suggetto ognora Sarà tuo nome, ognor sull'arpe nostre 3 Suoneranno tue laudi, e mai da quelle Del Padre tuo non suoneran disgiunte. Così ne' regni di eterna luce 6 Essi spendeano in gioia e in dolci canti L'ore beate. Sulla salda intanto Del rotondo Universo opaca vôlta 9 Ch'ogni altra inferïor lucente sfera In sè rinchiude e del Caosse affrena E delle antiche Tenebre gli assalti, 12 Satán scende e passeggia. Un picciol globo A lui parea da lunge, or terra immensa Gli sembra, oscura, desolata ed erma; 15 Severo ciel che sotto il torvo aspetto Di notte senza stelle ognor si giace, E del Caosse che d'intorno freme 18 Sempre esposto al furor. Solo in quel lato Che del ciel guarda le lontane mura, Per l'aere da' furenti orridi nembi 21 Meno percosso, un fioco lume ondeggia. Quivi l'iniquo Spirto in largo campo Spazia a grand'agio, ed avoltoio sembra 24 Che là cresciuto ove il nevoso Imao L'argine oppon degli ammontati ghiacci Al vago Scita, dalla trista terra 27 Scarsa di preda sloggia e via sen vola Di pingui agnelli e di capretti in cerca Su per li colli ove le greggie han pasco, 30 Ver le fonti del Gange o dell'Idaspe Dirizzando il cammin, ma scende intanto, Stanco dal lungo vol, sugli arenosi 33 Campi di Sericana, ove sì destro Guida il Cinese i suoi di canna intesti 92 Leggieri carri con le vele e 'l vento, Che scorrer sembra il mar. Così Satáno, 3 Sovra quel suol simíle a mar ventoso, Tutto anelante alla sua preda e solo Su e giù cammina. Tutto solo egli era; 6 Chè là vivente o inanimata cosa Non si trovava ancor, ma poscia allora Che l'opre de' mortali ebbe la Colpa 9 Piene di vanità, lassù volaro, Come aerei vapori, in larga copia Le cose di quaggiù fugaci e vane. 12 Quest'orbe tenebroso in suo passaggio Il reo Spirto rinvenne e a lungo errando Per esso andò, ma un fil di dubbia luce 15 Tremolando improvviso a sè gli stanchi Suoi passi in fretta volse. Ei lungi scopre Superba mole che alle mura ascende 18 Del ciel per gradi splendidi e infiniti: Ad essa in cima qual di regio tetto Un'ampia porta appar, ma ricca e vaga 21 Oltr'ogni paragon, con fronte adorna D'oro e diamanti: folgorava tutto D'orïentali folte gemme intesto 24 Il grand'arco che in terra ingegno alcuno Nè in rilevate, nè in dipinte forme Solo adombrar non mai potrìa. Simíli 27 Eran le scale rilucenti a quelle, Per cui, fuggendo la fraterna rabbia, Sotto il notturno aperto ciel disteso 30 Là nel campo di Luza il buon Giacobbe Discendere e salir fulgidi stuoli D'Angeli vide in sogno e nel destarsi, 33 Quest'è, gridò, quest'è del ciel la porta. In ogni grado alto divin mistero 95 E quai ne sien gli abitator felici Non s'arresta a cercar; ma l'aureo sole, 3 Che più del ciel l'immensa luce imita, Sovra ad ogn'altra stella a sè richiama Lo sguardo suo: colà rivolge il corso 6 Pel firmamento placido (se in alto, Ovvero in basso, o presso il centro, o lungi, Chi 'l potría dir?) dove la nobil lampa 9 Lungi dal folto popolo degli astri Che in convenevol lontananza stanno Dall'occhio suo sovran, loro dispensa 12 Il tesor de' suoi rai. Con ordin vario, Ma immutabile ognor ne' varj moti, Al suo rallegrator lume d'intorno 15 La mestosa lor veloce danza Menano quelli, e i giorni, i mesi, gli anni Misuran seco; e forse in giro mossi 18 Son de' suoi rai dall'attraente forza Che dolce scalda l'Universo e dolce Ogni lontana e più riposta parte 21 Penetra e scuote coll'arcano ed almo Foco sottil: sito ammirabil tanto Fu fisso all'orbe animator del mondo! 24 Colà Satáno approda, e macchia pari A quella ond'egli il lucid'astro adombra, Sguardo mortal d'ottici ingegni armato 27 Forse giammai non vi scoperse: il loco Egli trovò sopra ogni dir lucente, E molto più che non rifulge in terra 30 Terso metallo o gemma. Ogni sua parte Non è simìl, ma sfolgorante e piena, Come di foco è pien rovente ferro, 33 D'egual lume è ciascuna. Oro là sembra, Qua purissimo argento: ivi il fulgóre 96 Del crisolito imíta, o del rubino, O del topazio, o del carbonchio; o quello 3 Dei dodici gioielli, onde d'Aronne Il sacro petto fiammeggiava adorno; Nè il nostro immaginar pinge sì bella 6 Quella mirabil pietra, a cui rivolto Fu de' creduli Sofi invan tuttora Lo studio ed il sudor, sebben in ceppi 9 Il fuggevole Erméte a por sia giunta La lor arte possente, e su traendo Dal marin fondo il vecchio Proteo sciolto 12 In varie guise ognor, stringerlo sappia A ripigliar per vitrea angusta doccia La sua forma natìa. Mirabil cosa 15 A chi dunque sarà, che spirin quivi Puro elisir le regïoni e i campi, E volgan aurei flutti i fonti e i fiumi, 18 Quando col tocco del sovrano raggio Che nel terrestre umor s'infonda e mesca, Il sol da noi sì lunge, in queste basse 21 Tenebre può produr tante e sì rare Cose ammirande, e trasformar l'impuro Loto in raggianti prezïose gemme? 24 Nulla abbagliato da cotanta luce, Quivi d'alto stupor spettacol novo Trova il maligno Démone, e col guardo 27 Ch'ombra od intoppo non incontra, tutti Signoreggia dell'aere i campi immensi. Come dal sommo vertice del cielo, 30 Colà dove la notte al dì s'adegua, In sul meriggio a noi diritti vibra Quel pianeta i suoi rai, dritti lassuso 33 Così li manda ognor per vie disgombre D'ogni opaco ritegno, e l'eter puro, 97 Qual non è altrove, di Satán gli sguardi Aguzza e guida ai più lontani oggetti. 3 Un Angel glorïoso a un tratto ei scorge, Quell'Angelo medesmo ivi dipoi Da Giovanni veduto: egli a Satáno 6 Volgea le spalle, ma il celeste lume Non cela già che lo riveste; intorno Gli sfavilla alla fronte aurea tïara 9 Intesta de' più puri eletti raggi, E mollemente sull'alate spalle Gli ondeggia sparso il folgorante crine. 12 Fisso in pensier profondo, ad alto incarco Intento egli parea. S'allegra allora Lo Spirto reo che ritrovato alfine 15 Spera d'aver chi all'Eden drizzi il suo Errante volo, alla felice sede Dell'uom, che al lungo suo viaggio è meta, 18 E principio sarà de' nostri affanni. Ma per fuggire indugio o rischio, in pria Cangiar la propria in altra forma ei pensa; 21 E tosto un Cherubin leggiadro e vago, Ma non dei primi, ei si dimostra: in volto Fresca gli ride gioventù celeste, 24 E concorde si sparge in ogni membro Grazia e decoro. Il menzogner sembiante Nulla smentisce in lui; vezzoso serto 27 Gli orna le tempie, ed alle gote intorno Gli scherzano ravvolti in vaghe anella I biondetti capelli; ali ha sul tergo 30 Di sparse d'oro variopinte penne; Succinto e lieve è il suo vestir, e innanzi A' composti suoi passi argentea verga 33 Ei stringe in man. Pria d'appressarsi, udito Dall'Angel fu che il luminoso volto