Scarica ADHD A SCUOLA - STRATEGIE EFFICACI PER LE INSEGNANTI e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! RIASSUNTO LIBRO “ADHD a scuola – Strategie efficaci per gli insegnanti” CAPITOLO 1 Cos è l’ADHD? È la sigla che sta per “Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività”, cioè un’etichetta diagnostica che viene usata per descrivere una popolazione eterogenea e vasta di bambini, che presentano una serie di problematiche. Probabilmente, parliamo per la prima volta di ADHD, nel 1902, quando Still pubblicò su “Lancet”, qualche osservazione su un gruppo di bambini che presentavano “un deficit nel controllo morale e un’eccessiva vivacità e distruttività”. All’inizio del ‘900, si pensava che comportamenti distruttivi e iperattivi fossero legati a un carente sviluppo del controllo morale; negli anni ’30, le varie ricerche portano alla conclusione che l’iperattività e la disattenzione fossero legati tra loro perché erano accomunati dalla presenza, nel soggetto, di un danno cerebrale chiamato “minimo” perché non era stato identificato. Nel 1968 viene pubblicato il “Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (DSM,II), che introduceva l’etichetta diagnostica “reazione ipercinetica del bambino”: con questo termine, si dà maggiore importanza all’aspetto motorio, invece che a quello cognitivo, perché la parola “ipercinetica”, significa in greco “eccessivo movimento”. La successiva edizione di questo manuale, fu un’innovazione perché prevedeva un sistema di studio orientato in senso evolutivo, strutturato principalmente nel monitorare i disturbi dell’infanzia. Da “reazione ipercinetica del bambino”, passiamo a “disturbo da deficit dell’attenzione”, dando più importanza agli aspetti cognitivi. Questo cambiamento fu reso possibile grazie a Virginia Douglas, che sottolineava la centralità dei deficit cognitivi, rispetto a quelli motori, considerati “epifenomeno” dei primi. Nel DSM quarta versione (1994), si suddividono i sintomi in disattenzione, iperattività, impulsività con la possibilità di individuare dei sottotipi. Nel 2013 abbiamo la quinta versione dove l’ADHD si colloca nella sezione dei disturbi del neuro-sviluppo e la lista dei sintomi è rimasta inalterata. Ci sono inoltre degli esempi di sintomatologia distinti per età. Per esempio, esordio dei sintomi a 12 anni e non a 7. I sintomi relativi alla disattenzione si riscontrano soprattutto in bambini che presentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o lavorare su uno stesso compito. Diversi autori sostengono che il deficit di attenzione si presenta soprattutto nel livello sociale/lavoro e nelle relazioni sociali. In molte altre situazioni che richiedono attenzione, il bambino non presenta particolari problemi per cui l’accento è posto sull’autoregolazione dei comportamenti. I bambini hanno due tipi di comportamento: Autoregolato: difficoltà nel comportamento; Etero-regolato: buon comportamento perché guidato da altri, come genitori e docenti. La seconda caratteristica dell’ADHD è l’iperattività, cioè un eccessivo livello di attività motoria o vocale. L’iperattività e gli altri tratti che la caratterizzano possono essere messi sul: Polo calmo ben organizzato; Polo irrequieto-inattento; E’ quindi un continuum lungo il quale le persone si pongono e dove i bambini con ADHD hanno le posizioni estreme. Secondo altri studiosi, caratteristica dell’ADHD è invece l’impulsività che si manifesta nella difficoltà a dilazionare una risposta, ad attendere una gratificazione. Il bambino non riesce a regolare: Organizzazione e controllo dei processi cognitivi: problemi di controllo nella memori di lavoro, difficoltà nel metodo di studio, scarso uso di strategie. Pianificazione e soluzione dei problemi: difficoltà ad individuare un percorso solutivo e ad attuarlo. 1 Autostima: senso di sé come cattivo studente, ruolo di bullo comunque gratificante. Comportamento motorio: difficoltà a stare seduto, fermo, mancata coordinazione, comportamento motorio avventato o pericoloso. Gestione delle emozioni: scoppi di rabbia, scarsa tolleranza al richiamo dell’insegnate, difficoltà a tollerare il no e l’attesa. Motivazione e fiducia nell’impegno e nello sforzo: scarso impegno, poca motivazione scolare dovuta a continui insuccessi. Impulsività: difficoltà ad aspettare a parlare, a pianificare prima di parlare, disordine nell’esposizione e sul foglio. Concentrazione e attenzione sostenuta: difficoltà nel selezionare le informazioni rilevanti in un testo, nel rispetto delle consegne e nel mantenimento prolungato dell’attenzione. MODELLI COGNITIVI: CARATTERISTICHE NEUROPSICOLOGICHE DELL’ADHD: Il bisogno di conoscere tante cose nuove e la capacità di essere veloci, sono dei comportamenti positivi, ma in alcuni casi, questi comportamenti, in alcuni studenti, possono essere persistenti in tutti i contesti e situazioni, tanto da interferire a volte con le attività. Nonostante abbiamo un’intelligenza adeguata, la fatica necessaria a mantenere l’attenzione, può provocare minore rendimento scolastico, soprattutto nelle attività che richiedono organizzazione. Per la difficoltà a raccogliere gli stimoli sociali non verbali, si possono avere delle difficoltà nelle relazioni interpersonali. La difficoltà a relazionarsi con gli altri, i problemi scolastici, i continui rimproveri portano questi studenti a sviluppare una scarsa autostima e demotivazione. Iperattività, impulsività, sono caratteristiche primarie che però, quando vi è un vero ADHD, generano caratteristiche secondarie. Caratteristiche PRIMARIE Caratteristiche SECONDARIE date da primarie+ ambiente circostante Deficit di attenzione sostenuta Difficoltà scolastiche e/o lavorative Deficit di memoria a breve termine Difficoltà di socializzazione Deficit di pianificazione e autoregolazione Bassa stima di sé Iperattività Impulsività Cesare Cornoldi suggerisce che per poter fare una diagnosi bisogna osservare come i bambini sio comportano in ambienti quotidiani. FUNZIONI ESECUTIVE: Per raggiungere un obiettivo nello studio o in altro, occorre essere in grado di coordinare una serie di attività e funzione cognitive che assicurano flessibilità al nostro comportamento. Queste vengono dette funzioni esecutive, cioè competenze indispensabili per attivare, inibire o coordinare tutti i vari comportamenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo e per lo svolgimento di attività cognitive complesse. Durante tutta la vita, vengono sviluppate queste funzioni: Nei primi 6 anni di vita, operano le funzioni esecutive in modo esterno, parlando cioè ad alta voce per richiamare alla mente un compito, per cercare di aver presente il modo in cui risolverlo; Nella scuola primaria, queste funzioni vengono interiorizzate e consentono di riflettere su se stessi. I ragazzini imparano a regolare i propri processi attentivi e le proprie motivazioni, a modificare le reazioni immediate ecc. Tutto questo permette di tenere sotto controllo il proprio agire per intervalli di tempo sempre più lunghi e di pianificare i propri comportamenti per raggiungere uno scopo prefissato. La maturazione di queste capacità consente di autoregolare il comportamento in base alle richieste ambientali e in base alle esigenze personali. RUOLO DELL’ATTENZIONE: L’attenzione è la capacità di focalizzare, cioè portare e mantenere nel focus attentivo gli stimoli presenti nell’ambiente esterno e di organizzare risposte appropriate. Le aree della corteccia prefrontale permettono la scelta tra i diversi possibili comportamenti o attività mentali. Il termine 2 casi aggressivi e provocatori. Barkley, DuPaul e McMurray, nel 1990, attraverso ricerche sociometriche, hanno constatato che i bambini con ADHD ricevono più frequentemente valutazioni negative, mentre quelli con disattenzione prevalente, ricevono meno valutazioni in generale. È stato notato come loro, in contesti strutturati tra compagni, sono anche molto più attivi e collaborativi quando si trovano in altri contesti. Quando hanno un ruolo passivo, diventano più contestatori. Una ricerca dell’università dell’Illinois ha dimostrato che una attività finisca moderata come il camminare può aumentare l’attenzione e l’autocontrollo dell’individuo. La conclusione a cui arrivano è che l’attività fisica deve far parte di ogni insegnamento scolastico. Negli USA è stato realizzato un curriculum “Tools of the mind” basato sugli studi du VygotskiJ e Luria. Esso non fa riferimento solo ai contenuti di conoscenza ma comprende procedure per migliorare il controllo cognitivo implicate nelle attività di gioco finalizzate ad ottenere le capacità linguistiche e matematiche. I BAMBINI CON ADHD A SCUOLA IL CASO DI MICHELE: un bambino con un bisogno irrefrenabile di muoversi che non riesce a giocare con gli altri in modo adeguato. La maestra lo riprende spesso gli dà delle punizioni. Michele però non riesce a comportarsi diversamente. L’attesa, fare la fila, aspettare i suo turno è qualcosa di molto sgradevole. Lui vorrebbe tutto e subito. Con l’ingresso alla Primaria la situazione si complica: ci sono i compiti da fare, più regole da rispettare e meno momenti di gioco. La sua esuberanza rende difficile il rapporto con i compagni (non rispetta le regole dei giochi). Con la crescita questi problemi non spariscono ma si accentuano anche perché deve svolgere sempre più compiti. Alla scuola secondaria M. prova isolamento, senso di frustrazione e impotenza davanti ai suoi fallimenti. Tutto ciò crea in M. una grande fragilità psicologica che potrebbe portare anche ad ulteriori disturbi. ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA: Nel periodo prescolare, insegnanti e genitori osservano il comportamento del bambino: notano irrequietezza, bisogno di muoversi e di soddisfare i desideri immediati, nonostante la minaccia di punizioni. Se le insegnanti lo sgridano e gli spiegano quali sono le regole, lui le ascolta e sembra dispiaciuto nell’essersi comportato male. Durante la giornata si possono notare altri episodi di scarso controllo comportamentale, soprattutto se l’insegnante non sta conducendo un’attività strutturata in cui lui non ha un ruolo definito e divertente. È molto irrequieto, producendo comportamenti pericolosi anche per gli altri oltre che per se stesso. Le docenti non sanno come riprenderlo: spesso lo fanno gentilmente, altre volte con punizioni severe, ma la loro efficacia è sempre momentanea perché l’impulso e bisogno di muoversi è sempre presente. I concetti di deficit di inibizione e scarsa tolleranza dell’attesa, che rappresentano i modelli più accreditati per descrivere l’ADHD, non sono molto distanti dalle definizioni di Still del 1902. Un altro aspetto importante riguarda lo scarso controllo attentivo come comportamento problematico. Anche per attività più divertenti, ha uno sguardo sfuggente che si allontana spesso dall’insegnante e spesso sembra essere in un mondo tutto suo. I contenuti cognitivi sono aderenti alla realtà e c’è una chiara distinzione tra il mondo fantastico e quello reale: quello reale però, a volte, è meno eccitante perché contiene regole e tempi da rispettare. In sostanza, anche la disattenzione è un comportamento problematico nella scuola dell’infanzia. ALLA SCUOLA PRIMARIA: Con l’entrata nella scuola primaria, abbiamo un aumento delle richieste da parte dei docenti e un incremento delle problematiche cognitive e comportamentali. In classe vengono fatte numerose materie che richiedono una maggiore attenzione e una notevole dose di flessibilità, pianificazione delle attività ecc. Se lo studente non trova stimolanti le attività, ci sarà disordine, disattenzione e chiasso da parte sua. Se ha dei comportamenti sbagliati, si giustifica dicendo che “non è colpa sua”, dando la colpa a qualche fenomeno esterno che lo distrae per autogiustificarsi. Durante lo svolgimento dei compiti a casa e le verifiche in classe, il bimbo è preoccupato per la quantità di esercizi da fare, controlla sempre l’orario per la fine dell’ora: 5 abbiamo quindi un’incapacità di organizzare e pianificare le attività scolastiche. Il suo metodo di lavoro è dispersivo, lo porta a scrivere poco e con una grafia a volte illeggibile. Può succedere a volte, che delle insegnanti affermino che con loro lui fa i compiti, fa pochissimi errori: questa variabilità del comportamento, disorienta le docenti che non capiscono perché a volte riesce bene e a volte no. Analizzando la situazione, si capisce che questo può derivare dal fatto che trova delle attività divertenti e che gli richiedono poco sforzo. Le condizioni che potrebbero consentire al bambino di svolgere meglio alcuni compiti sono: interesse, brevità, verifica immediata e importanza del rinforzo. ALLA SCUOLA SECONDARIA: In questo ordine di scuola, permane nel bambino l’atteggiamento immaturo, fa interventi inopportuni, fa lo spiritoso, non scrive i compiti nel diario e non porta il materiale. Nonostante questo, dal punto di vista motorio, c’è una diminuzione dell’esuberanza anche se comunque il banco di scuola è sempre molto disordinato. Inoltre non ha capacità di sintesi o di cogliere l’idea principale di un discorso: questo dipende o dal poco sforzo del bambino, o da uno stile cognitivo poco strategico e poco capace di organizzare le informazioni più importanti nella memoria. Le aree più problematiche sono le materie di studio e la produzione del testo scritto: quando studia, legge un paio di volte e dice di essere già pronto per la lezione del giorno dopo. Per lui la comprensione e memorizzazione sono superficiali. Quando deve scrivere un testo, se l’argomento lo coinvolge, scrive tanti pensieri in modo confuso e disordinato; se non gli piace l’argomento, la quantità del testo sarà notevolmente ridotta. Dal punto di vista relazionale, non ha tanti amici; in questo momento può anche trovare un compagno con cui gioca, ma la loro relazione è molto instabile: si cercano quando hanno bisogno, bisticciano e non riescono a costruire un’amicizia profonda. Anche agli occhi dei professori il bambino può risultare svogliato, immaturo, e alla fine alcuni pensano che la bocciatura l’unica soluzione da adottare (soluzione errata!!). ASPETTI COMPORTAMENTALI: Bambini con ADHD hanno necessità di muoversi senza rispettare i tempi e le regole della scuola, soprattutto quando non ci sono attività strutturate. Da piccolo si doveva controllare che non si facesse male, mentre con l’ingresso nella scuola secondaria permangono l’instabilità comportamentale (disordine nel materiale scolastico) anche se il controllo motorio è leggermente migliorato. Oltre a questo non si trattiene nel dal dire ogni cosa che gli viene in mente. ASPETTI COGNITIVI: Molti problemi riguardano l’incapacità di mantenere lo sforzo di attenzione, soprattutto in mancanza di gratificazioni. Per trovare più divertente la scuola, spesso si estranea pensando a cose più interessanti. Dal punto di vista delle funzioni esecutive, c’è una difficoltà nell’organizzare le conoscenze e sviluppare piani di lavoro strategici per raggiungere scopi didattici. EMOZIONI: Molti bambini a scuola si annoiano perché non sono motivati. Quando i compagni criticano questo atteggiamento, hanno delle manifestazioni di rabbia. Vedendo che a volte vengono emarginati, diventano anche tristi. Alcuni bambini si rifiutano di avere delle responsabilità, che sono invece sempre esterne. Il tentativo di negare le difficoltà non gli permettono di attivarsi positivamente per migliorarsi, per farsi aiutare, aumentando i problemi in età successive. RELAZIONI: I rapporti con i compagni sono discontinui e così anche il rapporto con le insegnanti, perché è sempre sfuggente e poco sensibile alle punizioni o note. Col crescere può aver trovato bambini simili a lui, non riuscendo però a creare un vero rapporto di amicizia. CAPITOLO 2 - COME E QUANDO VIENE POSTA LA DIAGNOSI Come possiamo iniziare a fare la diagnosi di ADHD? Un bambino deve presentare almeno 6 sintomi per un massimo di 6 mesi e in 2 contesti di vita diversi. I sintomi devono presentarsi prima dei 7 anni e devono compromettere il rendimento scolastico e/o sociale. Come facciamo la diagnosi effettiva di ADHD? 6 Se il soggetto ha 6 sintomi su 9, relativi alla disattenzione avremo la diagnosi di ADHD/sottotipo disattento => PRIMO SOTTOTIPO Se il soggetto ha 6 sintomi su 9, relativi all’iperattività e impulsività, avremo la diagnosi di ADHD/sottotipo iperattivo-impulsivo => SECONDO SOTTOTIPO Se il soggetto ha entrambe le problematiche avremo la diagnosi di ADHD/sottotipo combinato => TERZO SOTTOTIPO I 18 sintomi totali che abbiamo nel DSM-IV, sono gli stessi dell’ICD-10, strumento usato dall’organizzazione Mondiale della Sanità, con la differenza che, nell’item f della categoria “iperattività”, cioè l’item “parla eccessivamente”, non si riferisce all’iperattività, ma all’impulsività (in poche parole il parlare eccessivamente, per l’OMS, è sintomo di impulsività). L’OMS inoltre, parla di “sindrome ipercinetica”, dando maggiore importanza all’iperattività e impulsività. La stima di questo disturbo però, è più prudente rispetto alla DCM-IV perché è compresa tra l’1 e il 2%=> questo significa che l’OMS, vuole parlare di disturbo, solo se questo è particolarmente grave. Per fare delle diagnosi corrette, vengono usati “3 sottotipi”, che permettono di descrivere campioni di bambini molto eterogenei tra di loro, per quanto riguarda la presenza di altri disturbi, del background famigliare, del decorso temporale e la risposta alla terapia farmacologica. Le ricerche inoltre hanno dimostrato che: Bambini con ADHD/sottotipo disattento, hanno maggiori problematiche emotive, sono più timidi e asociali. Bambini con ADHD/sottotipo combinato e ADHD/sottotipo iperattivo-impulsivo, sono più aggressivi e in contrasto con gli adulti. EVOLUZIONE DEL DISTURBO: Da 0 a 6 anni, è molto difficile fare una diagnosi di ADHD, che appare appunto provvisoria, ma possiamo comunque notare nel bambino una forte irrequietezza motoria. Dai 6 anni fino all’età adolescenziale, non si vedono segni di iperattività/impulsività, ma piuttosto di irrequietezza. Per quanto riguarda invece, il deficit di attenzione, si notano grandi difficoltà nell’organizzare e completare le varie attività, con conseguenti insuccessi scolastici. Negli adulti non abbiamo dati relativi a problemi di ADHD, perché si pensava che il disturbo migliorasse con l’età, in realtà solo 1/3 dei bambini non manifestano da adulti questi problemi. Il 15/20% dei bambini con questo disturbo, presentano, da adulti, oltre i sintomi di inattenzione, impulsività e iperattività, anche disturbi di tossicodipendenza, alcolismo ecc. Un indice che ci permette di vedere lo svilupparsi nel futuro di questo problema, è la presenza, fin dall’infanzia, di un disturbo della condotta associato all’ADHD: questo è notevolmente peggiore. Una ricerca dell’International Consensus Statement on ADHD, relativa alla popolazione nord-americana, segnalano che il 32-40% dei bambini con ADHD, evadono l’obbligo scolastico, molti altri hanno pochi amici e poca vita sociale e disturbi di personalità. I dati europei, fortunatamente, non sono così disastrosi, anche se bisogna sempre dare importanza nel trovare un equilibro tra famiglia, persona e società, per non cadere in altre problematiche. Alcuni studi ci fanno vedere come, in età adolescenziale e in età adulta, ci sia una forte associazione tra ADHD e abuso di sostanze. COMORBILITA’ E DIAGNOSI DIFFERENZIALE: L’iperattività, l’impulsività e inattenzione, non sono sintomi esclusivi del ADHD, perché molti dei sintomi possono riguardare: disturbi d’ansia, disturbo dell’umore, DSA. Per verificare che si tratta di ADHD, un esperto deve valutare anche la presenza di altri disturbi: questo viene chiamato “comorbilità”. Oltre i ¾ dei bambini con ADHD, presentano un disturbo associato che può rendere più difficile il riconoscimento della sindrome stessa. Le comorbilità più frequenti sono quelle con: 7 In Italia, l’intervento per l’ADHD, si basa su un programma multimodale (interventi psicoeducativi e farmacoterapia), definito sulla base delle procedure operative descritte nella Gazzetta Ufficiale, n.95 del 24 Aprile 2007. La prescrizione dei farmaci deve essere seguita da un piano terapeutico e ci devono essere controlli semestrali. Per l’uso di questi farmaci, è stato istituito il “Registro Nazionale dei bambini e adolescenti in terapia farmacologica”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Agenzia Italiana del Farmaco. CAPITOLO 3 - COMPORTAMENTI PROBLEMA E AMBIENTE UNO SGUARDO AL COMPORTAMENTO: I nostri comportamenti sono appresi dalle relazioni con altre persone e dall’ambiente. I meccanismi che regolano i comportamenti sono: - Apprendimento basato sulle conseguenze: quando si ha un comportamento, ci possono essere conseguenze positive, negative o neutre. La conseguenza, determina la frequenza con cui lo stesso comportamento verrà emesso in futuro. Ex. Alunno che ha ricevuto la lode, si impegnerà ancora di più per riottenerla. Le gratificazioni sociali, quali riconoscimento e apprezzamenti, hanno un enorme impatto sul comportamento, perché abbiamo un aumento della loro autostima. Non tutti i comportamenti hanno bisogno di gratificazioni esterne, perché un bambino per esempio, può risolvere un problema per il semplice gusto di farlo. - Apprendimento osservativo: un comportamento osservato nelle altre persone può essere messo in atto e acquisito dal soggetto. Si può anche capire quale rapporto esiste tra un comportamento e le sue conseguenze, anche semplicemente osservando. Ex. Mano sul fuoco, significa dolore perché lo ha già visto ad un’altra persona. Ex. Bambini che guardano cose aggressive, diventano aggressivi. Non tutti i modelli però hanno la stessa efficacia: alcuni hanno una grande influenza, mentre altri sono ignorati. Questo spiega numerosi comportamenti. Le carenze di imitazione di un comportamento possono essere dovute a: Attenzione inadeguata alle attività (bambino con deficit di attenzione); Inadeguata ritenzione dello stimolo (continuo a dimenticarmi); Inadeguatezza motoria (non ci riesco); Mancanza di motivazioni (non capisco perché devo farlo). - Apprendimento basato sull’associazione tra stimoli neutri e stimoli incondizionati (condizionamento classico). Ex. Bambino che vicino al babbo che gonfia un palloncino, si spaventa quando il palloncino scoppia. La seconda volta che vede il babbo che gonfia il palloncino, capisce che c’è la probabilità che il palloncino scoppi e si mette le mani nelle orecchie come per difendersi dal rumore. Condizionamento classico: è alla base di molte reazioni emotive condizionate (ansia fobica). Ex. Bambino che viene tiranneggiato e ha i sintomi dell’attacco d’ansia. Un potente stimolo condizionato interiore, è costituito dal “dialogo interiore”, cioè da quello che diciamo a noi stessi in determinate situazioni. Questo monologo interiore crea delle risposte emotive condizionate, come ansia, collera o tristezza. Bisogna distinguere tra “imparare un’azione o comportamento” e “eseguirlo nella realtà”. Possiamo usare delle domande preliminari come: “Il bambino sa che cosa fare?”; “Il bambino sa come farlo?”; “Il bambino sa quando farlo?”. Il bambino infatti può conoscere i comportamenti ma non sapere quando eseguirli. Poniamoci altre domande… ex. “Come faccio a dire al bambino di fare quel che io voglio che faccia?”. L’ABC DEI PROGRAMMI DI MODIFICAZIONE DEL COMPORTAMENTO: Per sviluppare un progetto completo di intervento psicoeducativo comportamentale, servono 3 componenti, che formano questo programma di modificazione del comportamento: 10 Evento antecedente; Comportamento; Conseguenze. Può essere applicato solo a comportamenti che hanno un antecedente, cioè preceduti da un evento osservabile. Evento antecedente: ciò che succede all’inizio. Gli stimoli antecedenti sono vitali perché dirigono il nostro comportamento. Un’abilità di adattamento dell’individuo è imparare a rispondere appropriatamente agli stimoli. Gli eventi antecedenti possono essere: Regole, aspettative, comunicazioni e pensieri. Tutti questi elementi formano l’input, cioè la base attraverso la quale il comportamento del bambino può essere osservato. Molti insegnanti dicono “Proprio non vuole capire”, con dei comportamenti di rabbia e confusione, non pensando in realtà che i bambini ancora non hanno chiare le regole che devono rispettare. A sua volta, con una regola non chiara, il bambino è confuso: le docenti quindi dovrebbero far ragionare i bambini sulle regole da rispettare e il perché devono essere rispettate. Anche le aspettative devono essere chiare nel bambino: frasi del tipo “adesso mi aspetto che…”, nonostante i bambini possano annuire, possono essere di difficile comprensione. Il contatto oculare è essenziale: il bambino deve guardare l’adulto, le sue spalle e il loro viso deve essere rivolto all’adulto che parla, perché questo contatto, garantisce maggiore attenzione. Bisogna inoltre adottare uno stile comunicativo assertivo. Il comportamento è ciò che il bambino fa, non è ciò che il bambino NON fa. Il comportamento è un qualcosa di osservabile, di cui si può misurare la frequenza e che si può modificare: non “è pigro”. I comportamenti si possono classificare secondo quelli: desiderabili e non desiderabili; tra quelli appropriati e non appropriati che si possono manifestare a casa, a scuola e fuori. I comportamenti problematici, emergono da: rapporti con i genitori, fratelli, compagni e rapporti con se stessi in diverse aree: Sicurezza Abitudini Controllo Espressione delle emozioni Moralità Le conseguenze ai comportamenti sono di due tipi: Premi: possiamo dividerli in 2 sottotipi: Assegnare una conseguenza positiva (ex. Oggetto, ricompensa sociale); Rimuovere una conseguenza negativa (ex. Togliere il bambino da una situazione brutta). E punizioni: possono essere: Assegnare una conseguenza negativa (ex. Rimprovero); Rimuovere una conseguenza positiva (ex. Togliere un giocattolo). Le conseguenze premiate, sono chiamate RINFORZI. La maggior parte delle persone adottano rinforzi positivi che possono essere di 4 tipi: Rinforzi tangibili: consistono in premi materiali (giochi, dolciumi); Rinforzi sociali: consistono in manifestazioni di approvazione e affetto (complimenti, sorrisi); Rinforzi simbolici: consistono in bollino o gettoni premi che vengono accumulati per essere scambiati con premi veri e propri; Rinforzi dinamici: consistono in attività gratificanti (poter vedere un DVD). Oltre che quelli positivi, ci sono anche i rinforzi negativi, per esempio rifiuto della scuola. I rinforzi provocano un aumento di frequenza del comportamento che li precede. Cosa significa? Che per esempio, la punizione indebolisce il comportamento introducendo qualcosa di sgradevole nel caso in cui 11 dovessimo commettere qualcosa di sbagliato. Il rinforzo negativo invece, premia un dato comportamento e lo rende più frequente tramite l’eliminazione di qualcosa di sgradevole. Ex. Smettere di urlare. Ex. Giacomo dà fastidio a Luca, Luca lo picchia. Giacomo smette di prenderlo in giro. Luca, di tendenze aggressive, vede che con un calcio, Giacomo smette di dargli fastidio, quindi continuerà ad essere aggressivo. NB. Punizione: fa accadere qualcosa di sgradevole Rinforzo negativo: fa cessare qualcosa di sgradevole Se invece adottiamo la tecnica delle “non conseguenze”, il comportamento non verrà né rinforzato né mantenuto. Parliamo infine dello “shaping”, cioè il rinforzo dei comportamenti che si avvicinano al comportamento desiderato. L’insegnante deve solamente attendere fino a che avviene anche un’approssimazione del comportamento desiderato, e poi rinforzarla! Si può usare questa tecnica per far apprendere al bambino nuovi comportamenti o rinforzarne altri desiderati. Ex. Sviluppo delle abilità linguistiche: appena il bambino sviluppa le prime forme di vocalizzazione riceve un’attenzione positiva, e con il passare del tempo, mostrerà espressioni sempre più accurate. Un altro vantaggio è quello di elencare i comportamenti specifici che si desidera estinguere e quelli che si desidera incrementare attraverso lo shaping. Visto che i premi sono parte dei programmi strutturati e informali per la modifica del comportamento, uno dei primi passi è quello di sviluppare e utilizzare rinforzi sociali, attraverso premi sociali. Uso della sequenza ABC nei programmi di modificazione del comportamento Per un appropriato ed efficace intervento educativo sul comportamento, bisogna avere una buona conoscenza delle 3 componenti del comportamento: AntecedenteComportamentoConseguenze Alcuni comportamenti sembrano avvenire in modo discontinuo, imprevedibile senza alcun apparente segnale ma anche in questo caso è necessario applicare conseguenze appropriate. In questa fase bisogna dare maggiore attenzione agli stimoli. Stimolo antecedenteRisposta comportamentaleStimolo conseguente “Per favore, metti a posto i pennarelli” il bambino prende i pennarelli e li mette viaL’insegnante dice “bene” STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO QUESTIONARIO PER L’ANALISI FUNZIONALE: Il questionario ha lo scopo di identificare l’importante funzione dei problemi di comportamento che un bambino o un adolescente possono presentare. Serve per stabilire da cosa sia motivato un comportamento indesiderabile. Può essere motivato da: Desiderio di attenzione: viene considerata quando il comportamento dell’alunno mira ad attirare l’attenzione su di se, ex. Fare il pagliaccio; Una probabile ricompensa: viene considerata per valutare quando l’alunno con un dato comportamento vuole ottenere una gratificazione concreta. Dalla fuga da una condizione spiacevole: viene considerata nel “fuggire da” o evitare una situazione Dalla ricerca di stimolazione sensoriale: viene considerata per valutare i bisogni sensoriali del bambino. Un comportamento può avere vari motivi ed è per questo che può essere segnata anche più di una categoria. 12 Approfondimento pg. 103! I POTENZIALI DISTRATTORI: I distrattori possono essere: cartelloni, cestino, porta, finestre, orologio, compagni vivaci, armadi, librerie, tavolo con materiale pittorico. Non possiamo eliminare tutte queste cose, ma possiamo limitarle. ATTIVITA’ ROUTINARIE E STRUTTURATE E TEMPI DI LAVORO PRESTABILITI: La difficoltà ad autoregolare il proprio comportamento porta il bambino ad agire in modo disorganizzato o addirittura in maniera tale da apparire “del tutto casuale”. Ma se abbiamo una routine in classe, lui avrà più possibilità a prevedere cosa l’ambiente si aspetta da lui. Esempi di routine: Ingresso in classe a un’ora fissa, tutti gli alunni insieme; Routine di inizio lezione; Presentazione delle attività previste per la giornata; Pause concordate, alla stessa ora; Attività durante la ricreazione o palestra stabilite a priori (il lunedì si gioca a mosca ceca, il martedì un altro gioco ecc.); Dettatura dei compiti ad un orario stabilito; Routine di saluto e di uscita a fine lezione. Bisogna specificare ed esplicitare la routine, per vedere se bisogna modificare alcuni comportamenti o aggiungerne altri. LE REGOLE DELLA CLASSE: Dare delle regole alla classe è necessario per regolare le interazioni fra i pari e con gli adulti. Le regole devono essere condivise per essere rispettate. Per fare questo possiamo adottare alcuni accorgimenti facilitanti: Le regole devono essere proposizioni positive e non divieti; Le regole devono essere semplici, espresse chiaramente; Le regole devono descrivere le azioni in modo operativo (evitando di dire solo “fate i bravi…”); Le regole dovrebbero utilizzare simboli pittorici colorati; Le regole devono essere poche e sintetiche (massimo 8/10). Successivamente scriveremo le regole in un cartellone. STABILIRE E PREVEDERE I TEMPI DI LAVORO: Una delle cose che più ostacolano una buona organizzazione del lavoro scolastico è sbagliare le valutazioni relative ai tempi di svolgimento e/o alla difficoltà di un compito. Bisogna abituare i bambini con ADHD a lavorare con tempi stabiliti per aiutarli ad essere efficaci nella pianificazione e organizzazione del lavoro da svolgere. All’inizio è preferibile che sia l’insegnante a fornire indicazioni sul tempo di svolgimento dei compiti assegnati. Più avanti, potremmo chiedere ai bambini “quanto tempo serve per…?”. Questo può essere integrato all’interno di una riflessione più ampia sulle richieste del compito e in parallelo sulle difficoltà del compito stesso. È molto utile introdurre simboli pittorici in grado di riassumere e sottolineare alcuni concetti chiave. Può anche essere utile usare segnali relativi ai tempi di lavoro e alla sua difficoltà. L’ORGANIZZAZIONE DEL MATERIALE: Una delle difficoltà in ambito scolastico che vengono riferite dalle insegnanti di bambini con ADHD, riguarda l’organizzazione del materiale di lavoro: spesso il bambino perde il materiale o lo lascia a casa. In questo caso possiamo far effettuare attività che migliorino queste abilità del bambino, incrementando la sua capacità di organizzazione e pianificazione e permettendo di attenuare la comparsa di alcuni comportamenti di disturbo. Può essere utile appendere in aula un cartellone dei materiali e uno delle materie giornaliere da appendere in aula. Sarà utile anche fare una tabella con ogni materia da porre nel diario dei bambini. Per i bambini che invece dimenticano spesso il materiale, visto che il problema non è risolvibile con le raccomandazioni, bisogna impostare una strategia specifica che 15 comprenda l’uso di materiale visivo, l’introduzione di routine finalizzate. È fondamentale, quando facciamo questo, coinvolgere tutta la classe!!! Esempio: come favorire la gestione del materiale scolastico: - Impostare con il bambino un accordo basato su un sistema a punti o su uno schema di gratificazione da convertire in premi materiali; - Preparare schede ritagliabili con piccole illustrazioni del materiale; - A un’ora stabilita della mattinata: Far leggere il cartellone delle materie per il giorno dopo alla classe; Fare elencare il materiale necessario per il lavoro in ogni materia; Chiedere di incollare sul diario per il giorno dopo le figurine del materiale scolastico individuato. - Ogni mattina, verificare la presenza del materiale e applicare la procedura di gratificazione. LEGGERE APPROFONDIMENTO PG. 111 ATTIVITA’ PIANIFICATE NEL TEMPO LIBERO O NELLE SITUAZIONI DI TRANSIZIONE: Il comportamento del bambino con ADHD viene a volte descritto come variabile e imprevedibile come se non fossimo capaci di prevedere il suo futuro comportamento. In realtà, il comportamento del bimbo, è influenzato dalla situazione in cui si trova. Anche in ambito scolastico quindi, possiamo individuare situazioni che potremmo definire scatenanti rispetto a tutti i comportamenti problematici messi in atto dal bambino: sono momenti in cui non sono del tutto chiari i ruoli e le regole, ex. Intervallo. Quando definiamo questa situazione come fluida e poco definita, possiamo avere maggiore probabilità di vedere il bambino con ADHD alle prese con le proprie difficoltà a regolare autonomamente il proprio comportamento. Come si può intervenire? Usando regole e attività strutturate note nelle loro caratteristiche e prevedibili. Ex. Intervallo: ci sono bambini di molte classi, spazi aperti e altre attrezzature e c’è la possibilità di fare potenzialmente qualsiasi cosa; questo può provocare nel bambino, la voglia di adottare comportamenti inappropriati. Bisogna quindi strutturare alcune regole, proporre attività, definire ritmi e tempi, stabilire un calendario routinario, sono prassi che possono aiutare a salvaguardare l’aspetto ludico e di sfogo di questi ambiti temporali, rendendoli però più prevedibili per i bambini con ADHD. DURANTE L’INTERVALLO: Durante l’intervallo possiamo definire le regole in un cartellone. Ci deve essere una formulazione verbale breve, accompagnata da un disegno esplicativo. L’intervallo comunque è un momento in cui il bambino svolge attività motoria, quindi una valvola di sfogo. Per questo motivo è più indicato permettere loro alcune attività anche movimentate e non decidere mai di utilizzare come punizione, il trascorrere l’intervallo seduto fermo!!! Per gestire l’intervallo servono: Alcune regole; Una breve attività di passaggio; Proposte ludiche come palla avvelenata; Gratificazione concordata con la classe, per il corretto comportamento durante l’orario scolastico; La “decompressione”: molti bambini con difficoltà comportamentali, dopo l’attività motoria, rimangono eccitati e questo rende difficile rientrare nei ritmi scolastici. Tra l’intervallo e il nuovo inizio della lezione, possono esserci delle attività di passaggio che favoriscono la conquista di una maggiore attenzione successiva. TEMPO LIBERO DOPO LA MENSA: LA BANCA DEI GIOCHI: Le proposte per il tempo libero possono essere simili a quelle dell’intervallo, con la differenza che potremmo lasciare i bambini più libertà di scelta nei giochi. Si può creare la “banca dei giochi” con una serie di giochi che i bambini, dopo aver fatto dei 16 gruppi, possono scegliere di fare. Questa soluzione permette di farsi un’idea dei gruppi di gioco che si formano e di quali richiedano maggiore supervisione. PASSAGGIO DA UN LUOGO A UN ALTRO: In questo momento i bambini potrebbero essere molto agitati, e bisogna quindi evitare che il passaggio da un luogo all’altro avvenga precipitosamente, ricordando ai bambini le regole da rispettare. INIZIO E FINE DELLA LEZIONE: Anche qua possiamo strutturare le attività, predisponendo delle azioni prestabilite. Ex. Inizio delle lezioni, si capisce quando tutti i bambini sono in classe, mentre per la fine della lezione è più utile perdere 5 minuti di lezione per evitare di farli preparare in fretta e furia, ma far sì che svolgano la corretta routine di fine lezione. MENSA: La mensa è una situazione molto caotica nella quale le insegnanti possono avere difficoltà nella gestione dei bambini. Se vengono rilevati dei frequenti episodi di comportamenti inadeguati, si pone la questione di stimolare un migliore comportamento dei bambini: possiamo adottare delle strategie come nominare un “bambino supervisore”. Possiamo inoltre stimolare un migliore comportamento con un sistema di gratificazione e assegnazione di ruoli: per esempio “chi consegna il pane?” INTERVENTI BASATI SULLE CONSEGUENZE: L’APPLICAZIONE DELLE CONSEGUENZE POSITIVE IL MECCANISMO DELLE CONSEGUENZE: Le conseguenze, come avevamo detto, possono essere sia positive che negative. Vari studi hanno dimostrato che le conseguenze positive, quando vengono usate strategicamente, possono avere un notevole impatto sui bambini con ADHD, perché queste conseguenze sono immediate, frequenti e modificate in modo da evitare l’abitudine. IDENTIFICARE I RINFORZI: Il primo passo da fare nel programmare un intervento basato sulle conseguenze, è capire quali sono quelle rinforzanti: ma come si identificano? Il modo migliore è osservare le azioni del bambino, per capire quali sono i comportamenti che si verificano con maggiore frequenza, che a sua volta potrebbero essere quelli rinforzanti. Per capire quali sono gli interventi rinforzanti possiamo somministrare un “Questionario sulle preferenze personali” che può far emergere informazioni preziose sulle potenziali conseguenze gratificanti. GUARDARE LE TABELLE pg. 118 e 119 USO STRATEGICO DEL RINFORZO: L’obiettivo finale, nel lavorare con bambini con ADHD, è quello di portare il bambino a rinforzarsi da solo per un comportamento desiderato. Dato che però non sempre è possibile ricorrere a rinforzi tangibili, possiamo anche usare rinforzi simbolici, come punti, gettoni, stelle adesive. I rinforzi simbolici hanno valore solo perché possono essere poi cambiati con oggetti desiderati o con attività stabilite precedentemente. Il concetto di “guadagnare punti” è stato usato con successo in diverse classi dove erano presenti problemi di comportamento. I rinforzi possono consistere anche nel concedere all’alunno di svolgere qualche attività piacevole o di usufruire di qualche privilegio come conseguenza di un cambiamento comportamentale. Questo sistema però può essere male utilizzato: per esempio la ricompensa potrebbe essere troppo piccola rispetto al cambiamento richiesto (15 minuti di tempo libero rispetto ad un’intera giornata di attività). In sostanza, bisogna usare correttamente i rinforzi!! Un altro tipo di rinforzo molto efficace ed economico è il rinforzo sociale che prende la forma di un’attenzione che l’adulto rivolge al bambino attraverso un riconoscimento o parole gentili. Molti bambini sono infatti molto sensibili a questo rinforzo. Ma quali errori bisogna evitare nell’uso del rinforzo sociale? Non bisogna dare attenzione al bambino che si sta comportando negativamente perché potrebbe far aumentare il suo comportamento negativo; non bisogna fare troppe lodi al bambino come “sei stato bravissimo”, perché il bambino presterà maggiore attenzione alla valutazione globale di se stesso e degli 17 inefficace!! Di solito, una volta che si rimuove l’attenzione al comportamento indesiderato, l’alunno lo amplificherà: nonostante questo bisogna ignorare il comportamento! Esistono anche altre strategie da adottare con: Alunni pericolosi o troppi disturbanti e Alunni il cui comportamento è talmente disturbante da rendere impossibile il proseguimento della lezione. In questi casi bisogna usare strategie basate sulle conseguenze negative RIMPROVERI: I rimproveri sono sempre stati usati. Alcuni hanno obiezioni sulla loro efficacia. Con alcuni bambini infatti, i rimproveri pubblici potrebbero rafforzare il comportamento che in realtà vorremmo indebolire. Rimproveri privati appaiono quindi più efficaci. Esiste una formulazione del rimprovero che risulta molto efficace, cioè il rimprovero centrato sul comportamento. Viene suddiviso in 4 fasi: 1. Descrizione del comportamento indesiderabile; 2. Spiegazione del perché questo comportamento è indesiderabile; 3. Suggerimento di un comportamento alternativo; 4. Indicazione del vantaggio che deriva dall’uso del comportamento adeguato. Questa modalità di rimproverò ha il vantaggio di evidenziare non solo il comportamento indesiderabile, ma anche quale potrebbe essere il comportamento adeguato in questa circostanza. Il vantaggio di questa procedura è che si può indicare il comportamento adeguato ed enfatizzare gli aspetti pragmatici del comportamento. Esempio: rimprovero centrato sul comportamento: 1. Viene descritto il comportamento indesiderabile del bambino, astenendosi da qualsiasi giudizio: “Giacomo, hai dato una spinta a Francesco” 2. Si indica per quale motivo tale comportamento è sbagliato: “Avresti potuto fargli male” 3. Viene suggerito il comportamento adeguato alternativo a quello indesiderabile: “Quando si esce dall’aula si passa uno alla volta” 4. Si indica il vantaggio che deriva dal mettere in pratica il comportamento adeguato: “Così facendo, eviterai di fare del male a qualcuno” CONSEGUENZE LOGICHE: La conseguenza logica è la conseguenza diretta ad un determinato comportamento. Come si può far capire all’alunno che a ogni comportamento scorretto corrispondono specifiche conseguenze spiacevoli? Si potranno fare alcuni esempi: “Se non rispettate il regolamento quando giocate a basket, verrete espulsi dalla partita”. Affinché il metodo sia efficace, l’alunno dovrà avere una chiara comprensione del rapporto tra il suo comportamento e le conseguenze che ne derivano, e l’insegnante avrà cura di intervenire con le spiegazioni opportune. Bisogna quindi costruire un senso di responsabilità personale. Esempio: modalità di attuazione della conseguenza logica: Si può introdurre l’attuazione con “Se… allora”. Ex. “Se esegui i tuoi esercizi senza attenzione, facendo errori, dovrai rifarli”. COSTO DELLA RISPOSTA: La conseguenza più negativa per un bambino con ADHD è il costo della risposta. È una strategia da attuare ogni mattina, dove si stabilisce un sistema di premi, bollini o punti. Prima di applicare la procedura, verrà costruito con il bambino, un menù di ricompense che gli verranno concesse in base ai punti che riuscirà a conservare e a guadagnare. Potremo avere anche un “tesserino raccogli-punti”. Intervento: l’intervento implica la somministrazione della penalità nel momento in cui si verificano determinati comportamenti indesiderabili. Alla fine della mattina, si farà il conteggio dei punti e, a seconda dei casi, si potrà scegliere una ricompensa che il bambino riceverà a casa dai genitori o a scuola la mattina successiva. 20 I punti premio, sono uno stimolo alla motivazione, perché il bambino con ADHD cercherà in tutti i modi di non perderli. Quale è però il problema relativo al costo della risposta? Che l’unico riscontro che riceve l’alunno riguarda comportamenti inadeguati. Proprio per questo, il costo della risposta, viene integrato con la procedura del sistema a punti. ERRORI NEGLI INTERVENTI SULLE CONSEGUENZE: È importante tenere sempre presente la particolarità con cui l’ADHD si manifesta nell’alunno. Leggere i casi di pg. 134-135. PROMEMORIA PER UN USO EFFICACE DELLE CONSEGUENZE: I ripetuti tentativi e fallimenti negli interventi di controllo delle conseguenze, portano a frustrazione sia nelle insegnanti che negli alunni. Quindi bisogna seguire alcuni accorgimenti: Quando il bambino con ADHD mostra il comportamento su cui si vuole intervenire, il feedback della docente deve essere immediato cosicché il bambino possa imparare a basarsi su questo feedback; Poiché il bambino con ADHD può lavorare per periodi più brevi rispetto agli altri, le conseguenze devono essere offerte più frequentemente; Gli incentivi devono essere più ricchi e allettanti; Le conseguenze positive dovrebbero essere applicate prima delle conseguenze negative. STRATEGIE EDUCATIVE AVANZATE: Queste strategie devono essere usate solo dopo aver familiarizzato molto bene con i principi posti precedentemente. Questo ovviamente necessita di un buon livello di collaborazione e coerenza. UN SISTEMA A PUNTI STRUTTURATO: Questa procedura stata applicata nella scuola primaria e secondaria di primo grado. I destinatari sono alunni con diversi tipi di problematiche: iperattività, oppositività, aggressività, disturbo della condotta e disfunzionalità emotiva e con DSA. Questo è un programma strutturato, basato sul controllo delle conseguenze. Si focalizza su 4 comportamenti scolastici: Seguire le regole di classe; Eseguire le attività di classe o partecipare attivamente; Svolgere compiti per casa; Interagire positivamente. L’alunno potrà usare i punti ottenuti per ottenere privilegi/premi. Il programma si focalizza sul conseguimento di gratificazioni/ricompense: le ricompense possono essere a sua volta, scolastiche o domestiche. Nonostante il “costo della risposta” sia un elemento importante della procedura, l’obiettivo principale è quello di far ottenere allo studente più punti possibile. Questo sistema impiega il feedback immediato tramite valutazione dell’insegnante alla fine di ciascun momento strutturato. Questa “conseguenza” può essere sia gratificante che penalizzante. In questo sistema c’è una fase di “osservazione comportamentale” dove i problemi dell’alunno sono identificabili tramite 4 obiettivi comportamentali che vengono osservati prima dell’assegnazione dei punti. Se applicato correttamente, questo sistema può migliorare in modo considerevole la performance scolastica di alunni con ADHD. L’ATTUAZIONE DEL SISTEMA A PUNTI: La realizzazione di questo sistema a punti, prevede l’utilizzo di una “scheda giornaliera dei punteggi”, il “menù delle ricompense per i privilegi scolastici e domestici” e la “tabella settimanale dei punti premio” (scheda 4.4, 4.9, 4.19). Ciascun giorno di scuola è diviso in vari intervalli temporali e queste suddivisioni possono essere fatte sulla base dell’orario (dalle 9.00 alle 9.30) o in base alle materie. 21 1 Gli insegnanti usano la scheda giornaliera dei punteggi per valutare l’alunno in 4 obiettivi comportamentali: Seguire le regole di base; Eseguire le attività di classe o partecipare attivamente alle lezioni; Svolgere i compiti per casa; Interagire positivamente con i compagni astenendosi dal manifestare aggressività fisica o verbale. Alla fine la docente dovrà assegnare un punteggio sulla base dei “criteri per l’assegnazione del punteggio” che abbiamo nella tabella 4.3 di pagina 139. 2 I punteggi iniziali, per i primi 5 giorni, vengono assegnati dall’insegnante senza informare l’alunno. Questo consente di ottenere una misurazione di base del comportamento attuale dell’alunno. Grazie a questo possiamo dare un punteggio all’alunno perché senza misurazione si rischierebbe di dare punteggi o troppo bassi o troppo elevati. 3 Gli insegnanti e i genitori si incontrano per stabilire i privilegi di base scolastici e domestici: riguardano attività stimolanti e rinforzanti (ex. Avere del tempo libero in classe o a casa, guardare la TV). I privilegi di base sono indicati nel “menu delle ricompense”; 4 I bambini devono ottenere un certo punteggio predeterminato per ottenere i privilegi di base. Questo numero è formato dal “numero maggiore di punti raggiunti durante i 5 giorni di osservazione +10”. Quindi, se il numero di base è 20, per ottenere i privilegi, il bambino deve totalizzare 30 punti. 5 Alla fine di ciascuna giornata, lo studente e l’insegnante contano il numero totale dei punti ottenuti. Possono capire se potrà avere dei privilegi o no, ed eventualmente, può discuterne con la docente. 6 Se l’alunno ottiene un punteggio superiore a quello necessario per ottenere i privilegi, questi “punti extra” potranno essere messi in un “cono risparmio” e possono essere usati per acquistare i “privilegi speciali”. Questi privilegi sono determinati in anticipo e possono riguardare il passare una notte fuori a casa di un amico, andare a letto più tardi la sera, stare più tempo fuori classe; 7 Tutti i punti richiesti per ottenere i privilegi di base devono essere usati solamente per tali ricompense, cioè l’alunno non può decidere di utilizzarli per acquistare privilegi speciali; 8 Se l’alunno non ottiene il punteggio minimo richiesto, i punti di quel giorno andranno persi e non potranno essere accumulati; 9 Se tutti i privilegi sono relativi all’ambiente scolastico, i punti risparmiati possono essere usati per acquistare privilegi speciali solo quando i privilegi di base sono stati guadagnati per 2 giorni consecutivi. Se tutti i privilegi sono relativi all’ambiente domestico, i punti risparmiati possono essere usati per ottenere privilegi speciali solo quando a scuola sono stati ottenuti abbastanza punti per acquistare i privilegi di base. Se i privilegi sono sia domestici che scolastici, lo scolaro può ottenere privilegi speciali a casa dopo aver ottenuto i privilegi di base a scuola per almeno 1 giorno, mentre per ottenere privilegi speciali a scuola deve ottenere privilegi di base scolastici per almeno 2 giorni. 10 Se il programma include sia l’ambiente domestico che scolastico, l’acquisto dei privilegi speciali nel weekend sarà consentito solo se l’alunno ha ottenuto i privilegi di base per tutti i giorni della settimana scolastica; 11 Ogni 2 settimane tutti i punti vengono sommati e viene stabilita una nuova media dei privilegi di base. L’obiettivo è quello di stimolare lo studente a migliorare il comportamento. L’ALLENAMENTO AL COMPORTAMENTO CORRISPONDENTE: Una delle caratteristiche principali dei bambini con ADHD è la difficoltà a interiorizzare specifiche regole di comportamento e applicarle senza che vi sia una supervisione dell’adulto. Negli ultimi anni, delle ricerche hanno dimostrato la possibilità di far acquisire al bambino la capacità di monitorare e guidare se stesso verso un maggiore autocontrollo. Una tecnica è quella de “allenamento al comportamento corrispondente”: consiste nel cercare di incrementare la 22 SE IL BAMBINO SI RIBELLA AL TIME OUT: Se l’alunno si ribella al time out è per attirare l’attenzione o punire l’insegnante. Noi abbiamo due obiettivi nell’usare il time out: Quello immediato è di far cessare all’istante il comportamento negativo; Quello a lungo termine è di sviluppare in lui una maggiore autodisciplina e autocontrollo. Il time out serve per compiere entrambi gli obiettivi. Esistono vari tipi di ribellione: 1. Ritardare o rifiutarsi di andare in time out Se l’alunno ha questo atteggiamento, diciamogli che dovrà passare altri ulteriori minuti in time out (allunghiamo il tempo). Non contare ad alta voce, non bisogna arrabbiarci né discutere. Comunichiamo al bambino ulteriori minuti e poi ci allontaniamo. 2. Fare rumore in time out In questo caso, ci sono 2 piani che potremmo adottare: Piano A ignorate il bambino e non tentate di calmarlo. Piano B aggiungere minuti extra al timer per il comportamento di far rumore. Fare rumore durante il time out, implica che la stanza si trovi lontano le aule dove si tiene lezione e che si abbia a disposizione un assistente che controlli il bambino 3. Scappare dalla stanza del time out Per ogni 10 secondi che il bambino è fuori dalla stanza, viene aggiunto un altro minuto di time out. La tendenza a scappare dalla stanza di time out di solito cessa dopo la prima o seconda settimana. 4. Mettere a soqquadro la stanza del time out Chiediamo al bambino di rimettere tutto in ordine prima di lasciare la stanza, senza fare scenate o rimanere sconvolti. 5. Il bambino non esce dalla stanza quando suona il timer oppure dice che “gli piace” il time out Dire al bambino “il timer è suonato, ora puoi uscire se vuoi, oppure rimanere qui, fai quello che vuoi”. Quindi lasciarlo solo senza dargli importanza. 6. Dopo aver lasciato la sedia del time out, il bambino continua a piangere, urlare e strillare Applicare un altro periodo di time out. 7. Dopo aver lasciato la stanza del time out, il bambino ce l’ha con voi, ma non piange e non strilla Bisogna ignorare il disappunto. Non scusarci per averlo messo in time out. CAPITOLO 5 - INSEGNARE AL BAMBINO CON ADHD Per rispondere alle esigenze di ciascun alunno l’insegnante deve attuare una didattica flessibile. Quando si lavora con alunni ADHD devono essere considerati tre aspetti: Brevità: Gli alunni ADHD iniziano a svolgere l’attività proposta con minore attenzione rispetto ai compagni, quindi “esauriscono” la loro attenzione molto prima. È necessario proporre loro esercizi brevi. Un alunno ADHD solitamente deve fare più tentativi prima di arrivare alla soluzione, motivo in più per proporgli un compito di breve durata. Alcuni dati ci indicano che l’alunno ADHD riesce a partecipare maggiormente alle attività della classe se esse si svolgono con un ritmo veloce. Varietà: Non dobbiamo proporre a gli alunni ADHD sempre le stesse attività, questi bambini le troverebbero monotone e ripetitive (poco stimolanti). Essi hanno bisogno di più tentativi per apprendere un concetto ma è compito della docente presentarlo sempre in modo differente fornendo vari stimoli, non solo visivi e verbali ma anche tattili. Questi bambini trovano molto interessante manipolare gli oggetti. Oppure possiamo proporre delle attività cooperative, lavorando in gruppi 25 offre l’opportunità di migliorare le proprie abilità e di sviluppare nuovi comportamenti grazie all’osservazione dei compagni. Struttura: per evitare che questi bambini manifestino atteggiamenti indesiderati è necessario stabilire in modo preciso una routine costante nella quale vengono proposte attività altamente organizzate (specifici programmi da seguire quotidianamente con passaggi guidati). Regole, aspettative e conseguenze devono sempre essere specificate in modo chiaro. LAVORARE SUI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEL BAMBINO Questi bambini presentano alcune difficoltà sulle quali possiamo intervenire. Difficoltà a mantenere l’attenzione per un lungo periodo; Cosa può fare l’insegnante? Spezzettare i compiti lunghi con brevi pause, in modo che il bambino possa ricaricare l’attenzione. Es: Se il compito consiste nel leggere un testo e rispondere alle domande, si può far leggere al bambino la prima sequenza del testo e poi farlo rispondere alla relativa domanda, per poi proseguire dopo una breve pausa con la sequenza successiva. Difficoltà a prestare la necessaria attenzione sia alle consegne orali che scritte; Cosa può fare l’insegnante? Chiedere all’alunno di rileggere la consegna, sottolineare le parti salienti, di ripeterla con parole proprie, costruire un diagramma alla lavagna. Affrontano i lavori in modo impulsivo, senza pianificare la maniera in cui agire; Cosa può fare l’insegnante? Questi bambini hanno la tendenza a svolgere il compito con molta fretta, per evitarlo l’insegnante deve stabilire delle regole, ad esempio, stabilire che nessuno più iniziare il lavoro prima che lei abbia dato il “via”. Potrebbe essere di aiuto anche utilizzare procedure fisse di pianificazione del compito. Es: chiedermi cosa devo fare, fissare la mia attenzione su quello che mi viene richiesto, scegliere una risposta e controllare la risposta data. Queste fasi dovrebbero essere riportate in un cartellone, in modo che il bambino le possa sempre vedere. Procedure di controllo poco efficaci sia durante il lavoro che a conclusione. Cosa può fare l’insegnante? L’alunno ADHD non riesce ad autocontrollarsi, l’insegnante non deve richiamarlo ad alta voce e in modo esplicito in presenza del resto della classe, per lui è frustrante. È utile concordare con il bambino dei segnali per richiamare la sua attenzione (toccare il naso, fare un colpo di tosse, avvicinarsi a lui, fare una pausa durante la spiegazione). Adottare questo atteggiamento può prevenire la comparsa di comportamenti oppositivi. Ad esempio, potremmo far svolgere ai bambini un’attività di “caccia all’errore”, una volta terminato il compito chiediamo di prendere un pennarello colorato, rileggere, sottolineare eventuali errori e correggerli in un tempo prestabilito. Gli errori corretti non verranno conteggiati nella valutazione finale. ATTENZIONE!!! Questa strategia è inadeguata per i bambini con disturbo specifico dell’apprendimento perché possono non essere in grado di individuare gli errori, perché a questi alunni non sono ben chiari alcuni meccanismi/procedure di svolgimento di determinate attività (ad esempio, non hanno compreso le varie fasi per svolgere un’espressione aritmetica). COME STRUTTURARE LA LEZIONE Alcuni suggerimenti che favoriscono il mantenimento dell’attenzione da parte della classe e del bambino ADHD: Usare tempi di lavoro non troppo lunghi; Affrontare i vari argomenti secondo un ordine preciso e prestabilito; Presentare l’argomento in modo stimolante, accompagnandolo con suoni e immagini; Usare un tono di voce variato (modulando la cadenza); Strutturare il più possibile i compiti rendendo esplicite le procedure che gli alunni devono eseguire; 26 Alternare compiti attivi, che richiedono ai bambini di agire a compiti passivi, che richiedono l’ascolto della spiegazione; Porre ai bambini delle domande alle quali devono rispondere rispettando le regole di comportamento condivise (alzare la mano, rispettare il proprio turno, non interrompere il compagno che parla…). ATTIVITA’ CON IL COMPUTER: Il computer è uno strumento molto motivante perché è a colori, le attività prevedono musica e immagini e permettono al bambino di autogestirsi. Questo strumento aiuta il bambino ADHD a migliorare la sua attenzione. In classe deve essere utilizzato sotto a supervisione del docente, ci si può lavorare anche in piccoli gruppi omogenei composti da due/tre alunni. Senza la supervisione dell’adulto il bambino tenderebbe a non portare a termine il compito. Inoltre, l’interazione con l’insegnante serve anche a gratificare il bambino oltre che a verificare la correttezza del compito che sta svolgendo. Il principale vantaggio che ci offre il computer è la possibilità di creare percorsi di apprendimento individualizzati calibrati sulle capacità del bambino ADHD. CORRETTE INFORMAZIONI DI RITORNO PER UN MIGLIORE CONTROLLO: In linea teorica i bambini ADHD sanno cosa e come fare, ma non utilizzano questa informazione al momento giusto. Ad esempio hanno difficoltà a rispettare il proprio turno di parola anche se sanno che devono aspettare che il compagno ha finito di parlare. Questo avviene perché i suoi meccanismi di autocontrollo sono poco attivi. Ad esempio durante lo svolgimento di un compito ha difficoltà a verificare se sta svolgendo un lavoro corretto o sta compiendo degli errori. L’insegnante deve quindi fornire dei feedback costanti che facciano comprendere all’alunno se sta agendo in modo corretto. È necessario evitare ogni forma di rimprovero e dare al bambino solo informazioni sul modo in cui deve comportarsi. LE NOTE: Per i bambini ADHD le note non sono una punizione ma una forma “speciale” di attenzione. Es: Nicola è felice di aver preso una nota perché ha ricevuto le attenzioni della maestra. DIFFICOLTA’ RIGUARDANTI I COMPITI A CASA: Quando un genitore riferisce che il figlio ha grossi problemi a svolgere i compiti a casa è utile fargli completare: “La scheda dei problemi relativi ai compiti per casa”. Annotando quante volte ogni problema si manifesta, il genitore ha una panoramica sui problemi del figlio in relazione ai compiti. Quali problemi può manifestare il bambino in relazione ai compiti a casa? Non ha scritto i temi da svolgere o li ha scritti sbagliati; Dimentica il materiale necessario; Impiega ore per fare lavori di pochi minuti; Mente quando dice di aver fatto il compito per casa; Dimentica di fare i compiti o di portare a scuola il lavoro fatto a casa; Non prende appunti relativi ai compiti a casa; Ha bisogno di continuo controllo su come fare i compiti per casa. I genitori di questi bambini finiscono per essere particolarmente stressati: “Alla fine finisco per farglieli io i compiti a casa, altrimenti impazziscono”. SCRIVERE QUALI COMPITI VENGONO ASSEGNATI: I diari che vengono comprati in cartoleria non sono utili per annotare i compiti per casa perché sono pieni di scritte/decorazioni e non sono sufficientemente strutturati. È opportuno fornire al bambino un quaderno a quadretti dove annoterà i compiti oppure possono essere utilizzate schede strutturate. Il bambino dovrà imparare a segnare autonomamente i compiti, questo lo aiuterà ad assumersi maggiori responsabilità e a sviluppare una maggiore indipendenza nel lavoro a casa e a scuola. Se il bambino è troppo lento a scrivere o scrive male è necessario l’aiuto di un’insegnante. Un’alternativa è consentirgli di utilizzare un registratore per registrare l’assegnazione dei compiti. Il primo obiettivo con i bambini ADHD è incoraggiarli a scrivere bene! QUANDO IL QUADERNO DEI COMPITI VIENE DIMENTICATO: Se ha dimenticato di portare a scuola il materiale, si può stabilire che dimenticare il quaderno porterà alla perdita di qualche gratificazione 27 Evidenziare miglioramenti del bambino per quanto riguarda la sua organizzazione, facendogli i complimenti. INIZIATIVE UTILI PER CONTROLLARE I PROBLEMI DI SCRITTURA Fornire al bambino indicazioni precise su come procedere con la scrittura: dimensioni delle lettere, spazi tra le parole ecc… Allenarlo sulle lettere che tende a scrivere peggio, lavorando su una lettera per volta. Utilizzare carta con bordi in rilievo per aiutare il bambino con problemi di coordinazione motoria fine. È utile iniziare a scrivere su quadretti e righe grandi e progressivamente utilizzarli sempre più piccoli. Questo permette di modellare la grandezza della scrittura graduale. Aiutare il bambino a usare la “mediazione cognitiva” cioè richiedere al bambino di commentare ogni movimento utilizzato per scrivere. La componente verbale è in collegamento con gli stimoli visivi e cinestetici, in questo modo nel processo di scrittura è coinvolto l’intero cervello. Lodare l’alunno se compie un lavoro corretto. Non solo verbalmente, si potrebbe appendere alla parete il corretto lavoro del bambino. Essere flessibili con i bambini disgrafici, ridurre il carico dei compiti e fargli utilizzare il computer. CAPITOLO 6 - METODO DI STUDIO E STRATEGIE METACOGNITIVE Con il termine metacognizione di fa riferimento a operazioni cognitive come l’attenzione, la concentrazione, la memoria, la percezione e il linguaggio ecc.. con la funzione di promuovere e coordinare la riflessione. L’esecuzione di un compito è preceduta da procedimenti cognitivi di cui l’individuo è più o meno consapevole. Ad esempio un bambino che deve studiare un testo di storia e che utilizza la metacognizione farebbe una stima delle risorse da impiegare per il suo apprendimento e una pianificazione delle modalità di studio. Per fare ciò il bambino si aiuta riconoscendo le possibili relazioni con esperienze simili in cui si è precedentemente cimentato (generalizzazione). All’interno della metacognizione sono stati distinti vari aspetti: Conoscenza metacognitiva generica: si riferisce alle credenze di un individuo su tutti i possibili aspetti dell’attività cognitiva, preesistenti allo svolgimento di un determinato compito e che quindi la persona ha acquistato e consolidato nel tempo. Questa conoscenza comprende sia il possesso esplicito di alcune nozioni (e quindi prende il nome di conoscenza dichiarativa), sia il possesso non cosciente di alcune nozioni, credenze ecc…(conoscenza non dichiarativa). Questo permette all’individuo di comprendere quali sono i pensieri, gli stati mentali, le emozioni che sottendono ad ogni comportamento proprio e altrui, al fine di comprenderlo, prevederlo e controllarlo. Ogni persona possiede un diverso livello di attitudine metacognitiva intesa come la tendenza a riflettere sulla propria o altrui attività cognitiva impiegata per lo svolgimento di un compito. Essa deriva da fattori emozionali/motivazionali (desiderio di autoaffermazione, fiducia nelle proprie e altrui competenze ecc…) e cognitivi. L’attitudine metacognitiva aiuta le persone ad integrare le informazioni e strategie già possedute per applicarle in modo efficace e proficuo al nuovo compito. Maggiori sono le conoscenze (informazioni) e maggiori sono le possibilità di utilizzo. Conoscenza metagcognitiva specifica: quanto si conosce su specifici aspetti delle funzioni cognitive di cui le strategie costituiscono l’esempio più tipico. Una strategia è un insieme di procedure e operazioni finalizzate alla risoluzione di un problema. Esse riguardano la conoscenza dichiarativa perché l’individuo è in grado di descrivere le componenti, i passaggi che attua per la risoluzione del problema e la conoscenza procedurale perché l’individuo è in grado di utilizzare effettivamente questa strategia. Conoscere una strategia non significa necessariamente utilizzarla 30 all’occorrenza: possono intervenire fattori motivazionali ed emotivi che possono influire negativamente, penalizzando la prestazione. Il mancato utilizzo di una strategia può anche essere dovuto a un’insufficiente efficienza dei processi di controllo. Cosa comporta questo deficit? Una stima non adeguata delle proprie risorse e abilità e ad una non adeguata valutazione degli obiettivi di un compito, una non adeguata pianificazione delle strategie da mettere in atto e uno scarso monitoraggio e valutazione del proprio operato. Tutto ciò è influenzato dalla conoscenza metacognitva specifica, ad esempio dall’interesse che l’individuo ha per una determinata disciplina, dalla conoscenza strategica del soggetto e dalla conoscenza metacognitiva generica, ad esempio per memorizzare un testo ho bisogno di attenzione e di comprendere quanto letto. COMPITO (PROBLEMA) – USO DELLA STRATEGIA – PRESTAZIONE – FEEDBACK Davanti ad un compito il bambino impara ad utilizzare le giuste strategie grazie ai feedback che riceve, attribuendo i successi all’uso corretto di strategie e gli insuccessi al mancato utilizzo di strategie. I processi di controllo regolano le attività cognitive e emozionali coinvolte. Attuare una giusta strategia che comporta una riuscita della prestazione porta ad un aumento della motivazione ad apprendere e ad un aumento dell’autostima del soggetto. L’efficacia di un comportamento strategico dipende anche dalla fiducia che un individuo ha di se stesso. I bambini ADHD dispongono di alcune strategie per affrontare situazioni problematiche ma tendono ad utilizzarle con scarsa riuscita a causa di un deficit nei processi di autoregolazione e controllo. Cosa può fare un insegnante? Il bambino ADHD ha dei deficit per quanto riguarda l’autoregolazione comportamentale ed emotiva. L’insegnante deve lavorare per rafforzare la metacognizione (intesa come la consapevolezza di usare in modo strategico i processi cognitivi) solo così il bambino avrà consapevolezza dei propri apprendimenti. Processi di soluzione e pianificazione dei problemi: Lo scopo di un processo di pianificazione è quello di definire e cercare di raggiungere i propri obiettivi personali. Definendo ed impegnandosi attivamente per raggiungere degli obiettivi, i bambini maturano aspettative positive sulla possibilità di controllo degli eventi e si assumono la responsabilità dei propri risultati Ad esempio il bambino si rende conto che per risolvere un problema di matematica “sparare” le operazioni a caso difficilmente porterà alla soluzione. In base a queste considerazioni il bambino sceglierà di intraprendere il percorso che gli permette di avere maggiori probabilità di successo. Una volta messo in atto il percorso scelto, valuterà se è stato efficace. In caso contrario Fasi coinvolte nel raggiungimento di un obiettivo: Comprendere che sia difronte ad una situazione problematica: se viene proposto un compito nuovo il bambino dovrà comprendere che devono essere attivate ed investite risorse in più rispetto allo stato precedente. Definire il proprio obiettivo: deve essere definito chiaramente ed essere ragionevole in base all’età ed alle competenze possedute. Pensare alle diverse soluzioni possibili: non importa quanto verosimili, strane possano essere, l’importante è rendersi conto che le vie possano essere più di una. Riflessione collettiva sull’attenzione e sui fattori che ci rendono disattenti: la riflessione è utile non solo ai bambini ADHD ma a tutta la classe. La riflessione può cominciare da un questionario (esempio domande: è divertente stare attenti? Cosa fa l’insegnante quando non siamo attenti? Quando ti viene chiesto di stare molto attento ti stanchi?) o da una discussione sui seguenti temi: L’autovalutazione del proprio comportamento attentivo; La considerazione dei fattori che producono disattenzione; Un esame di quello che succede in classe e del comportamento dell’insegnante. 31 I fattori che determinano una buona attenzione dipendono dall’efficienza del sistema cognitivo, dalla conoscenza e dal controllo che una persona ha su di esso, ma anche dagli stimoli esterni. Un intervento efficace si rifarà ai modelli metacognitivi, secondo i quali l’alunno può imparare a gestire meglio i processi cognitivi. Nello specifico il bambino dovrà: Conoscere i vari tipi di attenzione e riflettere su come essi influiscono nello svolgimento dei vari tipi di attività; Conoscere e usare strategie adeguate alla gestione e al controllo dei propri processi attentivi (ad esempio: chiedersi quali strategie adotto quando faccio i compiti?); Riconoscere gli esiti negativi quando queste strategie non vengono applicate; Riflettere sul rapporto tra attenzione, comprensione, memoria e motivazione. UNA TECNICA EFFICACIE DI ALLENAMENTO DELL’ATTENZIONE: Procedura ideata da Ted Glyn, professore all’Università della Nuova Zelanda. Preparare una registrazione su cui viene riprodotto ad intervalli irregolari di tempo un suono acuto. Il materiale occorrente è un registratore un orologio e qualcosa che possa produrre un suono acuto (una sveglia). Una prima registrazione verrà preparata per quindici minuti producendo un suono secondo questi intervalli di tempo: dopo 1 minuto, dopo 2 minuti, dopo 3 minuti, dopo 2 minuti, dopo 1 minuto, dopo 2 minuti, dopo 3 minuti, dopo 1 minuto. Al termine viene registrata la parola fine. Quando il bambino comincia una attività scolastica si avvia la registrazione. Ogni volta che sente il suono il bambino si dovrà chiedere: “ero attento a quello che stavo facendo?”. Se la risposta è affermativa farà una crocetta sulla colonna del Si se negativa sulla colonna del No. Se la procedura viene presentata come una sfida con se stessi per cercare di diminuire le proprie distrazioni, la maggior parte dei bambini collaborerà con entusiasmo. Successivamente si possono fare registrazione più impegnative della durante di 20/30 minuti. Quando il bambino lavora con questa procedura in classe, bisognerebbe dare delle cuffie agli altri alunni in modo che non sentano i “bip”. Questo metodo può essere adottato anche a casa per allenare il bambino a diminuire le distrazioni durante lo svolgimento dei compiti. CAPITOLO 7 - MIGLIORARE LE RELAZIONI INTERPERSONALI Il bambino ADHD ha difficoltà a stabilire rapporti positivi con i coetanei, egli spesso si pone con impulsività e irruenza. Il disturbo da lui arrecato in classe risulta fastidioso anche per i compagni che sviluppano un’ “antipatia” nei suoi confronti. Come migliorare i loro comportamenti? Per i bambini più piccoli risulta necessario utilizzare un approccio direttivo con il quale vengono identificati e rinforzati specifici comportamenti. I bambini più grandi migliorano il loro comportamento interpersonale se si applica un insegnamento alle autoistruzioni. Alcuni comportamenti che il bambino ADHD dovrebbe imparare a gestire: la cooperazione, l’attesa del proprio turno di parola, iniziare una conversazione ed entrare in un gruppo. Potremmo utilizzare una scheda da far compilare agli alunni ADHD per far emergere quali sono i loro problemi specifici legati alle relazioni con i compagni (domande della scheda: sei contento dei tuoi amici? Hai amici a scuola? Litighi spesso con i tuoi amici? Che tipo di amico ritieni di essere?). I bambini iperattivi spiccano nel gruppo e si mettono al centro dell’attenzione. Se l’organizzazione scolastica lo consente può essere attivato “Un laboratorio di abilità sociali”. Le abilità che vengono insegnate sono: Autoistruzioni: L’insegnante può iniziare una discussione con la classe: “oggi parleremo di alcuni metodi per riuscire ad andare più d’accordo”, “quando per voi è facile e quando è difficile andare d’accordo con gli altri?”. Successivamente l’insegnante distribuisce dei cartoncini con sopra scritto: Qual è il problema? Cosa posso fare? Funziona fare così? Come è andata? Gli alunni trascrivono sul foglio l’episodio spiacevole vissuto (es: quando sono stati presi in giro). L’insegnante ritirerà i fogli ed estrarrà qualche episodio tra quelli riportati e gli alunni a turno dovranno applicare le autoistruzioni e riflettere sull’accaduto. Potrebbe essere utilizzata la Flow chart chiedendo al bambino ad esempio, di descrivere una situazione che ritiene essere stata 32 concreto corporeo (emozioni sul volto) a quello rappresentativo (pensieri) deve essere guidato dall’insegnante. L’ultima fase dell’attività mira a far riconoscere che ad una stessa emozione possono corrispondere comportamenti differenti, proponendo di fare dei mimi di situazioni di vita quotidiana (ad esempio, un bambino che gioca a palla nel cortile e un altro bambino che lo spinge senza motivo). I bambini devono esprimere mimando i possibili modi di reagire a questa situazione. Alcuni modi di reagire sono funzionali (il bambino dopo aver ricevuto la spinta chiede spiegazioni per questo gesto), altri meno (il bambino dopo aver ricevuto una spinta picchia il compagno). Esempio di intervento educativo per la scuola secondaria di primo grado: lo scopo di questa attività è rendere consapevoli gli adolescenti delle variabili che entrano in gioco quando devono prendere una decisione, per arrivare a una conoscenza approfondita di sé. Gli studenti sono invitati a riflettere sui seguenti aspetti: il proprio carattere, le proprie capacità, le proprie attitudini, i propri interessi, le proprie emozioni e la capacita di affrontare e risolvere le situazioni problematiche. Successivamente si provvede all’alfabetizzazione emotiva dei ragazzi (devono conoscere molti termini riferiti alle emozioni), invitandoli a trovare dei sinonimi per ogni emozione (es: felicità, gioia, contentezza, allegria). La seconda parte del percorso è caratterizzata dal legame tra pensiero ed emozione, i ragazzi vedranno delle immagini e individueranno pensieri ed emozioni dei protagonisti. L’obiettivo è comprendere che cambiando il pensiero delle persone di possono modificare anche le emozioni. Un’altra attività consiste nel lavorare sui pensieri disfunzionali (ingigantire, svalutare, interpretare in modo sbagliato, pretendere). La classe viene suddivisa in gruppi, ognuno dei quali sceglie una situazione su cui lavorare, la situazione è divisa in due parti: la prima caratterizzata da un pensiero disfunzionale che porterà a conseguenze negative (es: un ragazzo viene preso in giro dai compagni e quindi si sente triste e reagisce isolandosi dal gruppo e non parlando con nessuno) e la seconda da uno funzionale (es: il ragazzo che viene preso in giro invece di isolarsi chiede ai compagni perché lo deridono sottolineando che ognuno ha i suoi difetti e non per questo dobbiamo aggredire le persone. In questa situazione il ragazzo non prova tristezza ma felicità per non essersi chiuso in se stesso), i ragazzi dovranno notare come variano le conseguenze. CAPITOLO 9 – AUTOSTIMA E PERCEZIONE DI SE La percezione che un individuo ha di sé è dovuta al modo in cui si vede e da come riesce a dirigere i suoi comportamenti e le sue attività. L’autostima è il divario tra il concetto di sé reale (come si è effettivamente) e il concetto di sé ideale (come si vorrebbe essere) è strettamente correlata alle competenze di autoregolazione del comportamento. Un bambino capace di governare le proprie attività e i propri comportamenti si sente più competente. I bambini ADHD con scarse capacità di autoregolazione si sentono poco competenti in molti ambiti. Quindi per questi bambini c’è un grande divario tra sé reale e ideale. L’insegnante può intervenire modificando il livello di autostima del bambino aiutandolo ad aumentare le sue capacità di autocontrollo, autovalutazione (sapere se un comportamento è adeguato o meno a una situazione) e portandolo ad utilizzare l’auto rinforzamento (ricompensare se stessi per aver tenuto un comportamento accettabile). Un altro modo per aiutarli è renderli consapevoli delle cause che attribuiscono ai loro successi e insuccessi, spingendolo ad esplicitare il dialogo interiore che fa davanti ad alcuni eventi. “L’essere umano ha l’esigenza di attribuire cause e spiegazioni ai fenomeni con cui entra a contatto”. Un’ attribuzione è un’interpretazione, una spiegazione che ciascun individuo da alle cause dei propri successi/insuccessi, comportamenti e sentimenti. Le attribuzioni possono essere: INTERNE se la causa di ciò che è successo è dipesa da me. Es: “Sono riuscita a prendere un bel voto perché sono stata brava e mi sono impegnata”. ESTERNE se la causa di ciò che è successo è dipesa da qualcosa o qualcuno di esterno. Es: “Sono riuscita a prendere un bel voto perché il compito preparato dalla maestra era molto semplice. 35 GLOBALI se la spiegazione di un fatto è generalizzata rispetto ad una situazione quotidiana. La causa agisce anche su altri eventi oltre che a quello spiegato. Es: “E’ successo perché io in matematica non valgo niente”. SPECIFICHE se la causa riguarda solo l’evento spiegato. Es: “E’ successo perché non ho capito questo argomento”. STABILI se molti accadimenti simili si sono verificati in passato e si ripeteranno inevitabilmente nel futuro. Es: “E’ successo perché non mi è mai andata bene una prova di matematica”. INSTABILI se considerano la causa di un evento come un fatto isolato che non necessariamente potrebbe riverificarsi in futuro. Es: “E’ successo perché oggi avevo la testa tra le nuvole”. Il bambino ADHD non riesce a compiere attribuzioni corrette, a causa dell’impulsività e delle scarse capacità metacognitive. Esempio di attribuzione del bambino ADHD: “Io non valgo niente”. Questo provoca in loro bassa autostima. Il bambino è convinto di non poter cambiare, migliorare. Le attribuzioni interne, specifiche e instabili sono quelle che motivano il bambino ad operare un cambiamento per raggiungere un obiettivo. Le insegnati attraverso osservazioni e questionari devono prestare attenzione alle attribuzioni che il bambino fa. Esempio di questionario: in un compito di matematica hai eseguito tutti i problemi correttamente. Perché è successo? A: sono stato fortunato. B: ce l’ho messa tutta. C: era facile. D: sono bravo. E: mi hanno aiutato. Concluso il test verrà sommato il punteggio: se ha ottenuto più di 7 il bambino crede molto in se steso. Se ha ottenuto da 4 a 6 punti significa che a volte crede in se stesso e altre viene condizionato dall’esterno. Se ha ottenuto meno di 4 significa che si sente in balia degli altri o del destino, anche quando le cose gli vanno bene non riesce a credere che è merito suo. Il docente deve insegnare al bambino che è possibile modificare le attribuzioni, ad esempio attraverso un gioco: il bambino deve dire un avvenimento positivo e uno negativo che gli sono accaduti. Per ogni avvenimento deve essere proposto un esempio di ciascun tipo di attribuzione e scritto alla lavagna. Si chiederà al bambino quale ha effettivamente pensato in quel momento e se lo ha fatto sentire bene o male. Successivamente portarli a capire che le attribuzioni globali, interne e stabili producono stati d’animo positivi in situazioni positive e attribuzioni specifiche, interne e instabili producono stati d’animo buoni in situazioni negative. In sintesi, per le situazioni positive imparare ad attribuirsi il merito dei propri successi, per quelle negative imparare a correggere o impedire che si verifichino, se ciò non è possibile ridurre lo stato d’animo negativo. Come favorire una buona autostima nei ragazzi? Renderli consapevoli di cosa sia l’ADHD in modo che non si sentano stupidi per le cose che gli riescono difficili. Incoraggiarli e lodarli ogni volta che agiscono in modo positivo (l’elogio deve essere specifico: sostituire “sei stato bravo” con “sei stato bravo a …”), stabilendo anche una ricompensa. Sarebbe di aiuto creare un cartellone che riporta tutti i loro successi in modo che possano osservarli costantemente. Se agiscono in modo sbagliato dobbiamo fare critiche costruttive con chiarezza e sincerità, evitando i paragoni. Un ulteriore modo per aumentare l’autostima è spingere ragazzi a partecipare a varie attività che si basano sui loro punti di forza, dove avranno molteplici opportunità di riuscita. Dovranno imparare ad essere gentili e riconoscenti con se stessi per i loro successi, “Sono bravo a giocare a calcio”. Inoltre è necessario spingerli ad aiutare gli altri (ad esempio un amico in difficoltà o fare la beneficenza) perché in questo modo si sentiranno più soddisfatti. E infine è importante mantenersi attivi attraverso lo sport, una passeggiata e altre attività, in questo modo il corpo produce sostanze chimiche “del benessere”. L’esperto Mario di Pietro sostiene che è molto più importante un feedback sulla prestazione che sulla lode. Esprimere un apprezzamento in cui si loda il bambino e basta non è efficacie. Se il bambino percepisce che è “bravo” perché ha fatto bene, significa che quando sbaglia percepisce di essere “un buono a niente”. L’insegnante deve specificare sempre il motivo per cui loda il bambino. “Luca ho visto che in questi 5 minuti hai lavorato sempre su questi esercizi, così va molto bene, sono contenta di te”. In questo modo il bambino sa perché viene incoraggiato. 36 CAPITOLO 10 – LA PRSESA IN CARICO DEL BAMBINO CON ADHD Per il bambino con ADHD è necessario un intervento integrato, completo (nelle terapie mediche si tende a concentrarsi solo sull’organo interessato dalla patologia, con l’ADHD non funziona così). Perché non si tratta di intervenire su una patologia o un organo malato ma su tutta la persona che non riesce ad interagire correttamente con il contesto sociale. Quindi un modello sanitario classico che si occupa solo dei sintomi non può rispondere correttamente alle esigenze dei bambini ADHD e delle loro famiglie. Il modello sanitario modulare sostiene che ogni sintomo possa essere etichettato e la patologia possa essere trattata in modo specifico. I bambini ADHD sono il risultato di fattori genetici e ambientali (non esiste un unico fattore che può causare un disagio. Ad esempio emotivo, di autostima ecc…). Quindi il terapista ha necessità di coinvolgere la scuola e la famiglia. Il contesto ambientale può amplificare i problemi di un bambino: un bambino ADHD spesso in classe manifesta comportamenti inadeguati e viene etichettato come un elemento di disturbo e rimproverato. Questa situazione che si viene a creare fa in modo che il bambino sviluppi un’immagine di sé negativa (se io sono convinto di essere un bambino che disturba mi comporterò sempre in questo modo). Dopo la diagnosi della ADHD il bambino deve essere preso in carico da qualcuno, cioè qualcuno si deve occupare di progettare una serie di risposte finalizzate a far star meglio il bambino. I due obiettivi fondamentali sono di: Adottare tutti gli accorgimenti possibili per garantire il suo benessere, aiutandolo a sviluppare maggiore consapevolezza cognitiva ed emotiva. Far acquisire a scuola e famiglia sufficiente autonomia per riuscire a gestire le esigenze del bambino evitando di sottoporlo continuamente al terapista. A seconda dell’età del bambino cambiano le strategie che si devono adottare, con un alunno con disturbi dell’attenzione i primi anni di scuola primaria dobbiamo lavorare sul rispetto delle regole sociali. Successivamente le strategie utilizzate dovranno aiutare il bambino a gestire aspetti organizzativi della quotidianità, relazionali ed emotivi. L’obiettivo principale del lavoro psicoeducativo adottato con questi bambini è volto a favorire il loro benessere (si intende la possibilità di far “star bene” il bambino negli ambienti in cui è inserito). I fattori che contribuiscono a migliorare il benessere sono: la conoscenza del disturbo, la conoscenza delle proprie caratteristiche emotive e cognitive e l’uso di strategie che gli permettono di affrontare il problema. L’attenzione è una funzione cognitiva trasversale che ciascuno di noi può controllare e attivare in modo consapevole. Quindi possiamo richiedere al bambino l’attivazione volontaria dell’attenzione. Anche se l’attenzione non è un organo da allenare è bene proporre al bambino degli esercizi che gli richiedono di aumentare lo sforzo attentivo. L’obiettivo è far acquisire consapevolezza della propria attenzione e delle capacità di regolarla. Se il bambino riesce a fare un miglioramento esso non è dovuto dall’allenamento del sistema ma dalla sua capacità di regolare l’attenzione e di sentirsi rinforzato anche quando sbaglia. Il bambino ADHD ha un’immagine di sé negativa perché percepisce ce i suoi sforzi non vengono ripagati in termini di risultati. La reazione più frequente è cercare di nascondere questi pensieri ed emozioni negative perché non sa codificarli, non vuole parlarne con altri per evitare di renderli più veri o di ferire i genitori. Oltre a questa autovalutazione negativa che il bambino fa di se ci sono anche i giudizi negativi delle insegnanti, le verifiche non sufficienti, note sul diario e rimproveri verbali (“non ti impegni abbastanza”). TUTTI QUESTI GIUDIZI NEGATIVI NON AIUTANO IL BAMBINO. Per aiutarlo dobbiamo motivarlo a perseguire i suoi obiettivi facendolo riflettere sugli episodi accaduti ma senza demoralizzarlo. Dobbiamo portarlo a riflettere su: EPISODI, PENSIERI E EMOZIONI (cosa è accaduto? Cosa hai pensato? Quali emozioni hai provato?). 37